Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo a serie brevi con Paranoia Agent, Usagi Drop e My Little Monster.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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10.0/10
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Tokyo psycho killer

Sulla scia dei consensi che critica e pubblico avevano riservato ai suoi tre precedenti lungometraggi, Satoshi Kon affronta il medium televisivo raccogliendo le sue esperienze cinematografiche e trasferendole in un thriller su scala seriale, diviso in tredici capitoli magistralmente intrecciati, dal ritmo avvincente e dal linguaggio eclettico e multiforme.

La storia prende le mosse da alcuni misteriosi atti di aggressione notturni che ben presto assumono i contorni del giallo in un'aura da leggenda metropolitana alimentata dai media. L'indagine poliziesca si sviluppa in un racconto corale dove l'intero cast trova un suo peso e un suo rilievo nell'ambito di episodi monografici, fino all'epilogo catastrofico nella babelica Tokyo in preda alla psicosi collettiva. La narrazione si dirama su più livelli di percezione della realtà, mescolando elementi onirici/psicoanalitici, sociologici e mediatici in un unica dimensione narrativa.
Fra i capitoli più significativi quello dal titolo "Maromi dolce-sonno": un vero e proprio omaggio al mondo dell'animazione in cui si riflette sul bisogno di fuga dalla realtà e si critica l'iper-produttività stressante del sistema capitalistico. Molto riuscito anche l'episodio degli aspiranti suicidi dal titolo "Happy family planning", pieno di sarcasmo e caustico humour nero, in cui si mette l'accento sulla solitudine e sull'incomunicabilità.

L'autore calibra alla perfezione i meccanismi drammaturgici, i tempi della narrazione e la scansione dei capitoli e, come aveva fatto più velatamente in "Perfect blue", si sofferma a osservare analiticamente ogni aspetto del linguaggio mass-mediatico contemporaneo prendendo in esame sistematicamente l'intera rassegna dei mezzi di comunicazione, dalla TV al web passando per l'RPG, il manga e i pettegolezzi da portinaia. Gli stessi linguaggi ibridi sono usati come esempi funzionali in una miscela di soluzioni visive sempre spiazzanti. Disseminati qua e là si trovano riferimenti alla cultura tipica e tradizionale nipponica, come flash nostalgici verso un passato mitico alla ricerca di valori perduti.

Il design è meno realistico rispetto a quello dei film e si presta al clima di sperimentazione della serie con i suoi repentini cambi di registro.
L'eccezionale colonna sonora si adatta mimeticamente allo stile cangiante dei capitoli e supporta l'atmosfera da thriller enfatizzando la suspense. Così come il regista visualizza e dà forma al senso di colpa e alle fobie dei personaggi, il compositore Susumu Hirasawa riesce a rendere in musica il senso di follia latente e le alterazioni mentali attraverso sonorità schizofreniche e armonie atonali ripetute ossessivamente. Il sognante e ipnotico tema principale è un sedativo che culla lo spettatore accompagnandolo negli oscuri labirinti della psiche. Meritano una menzione le splendide sigle e gli stacchetti d'intermezzo.

Brillante e originale, "Paranoia Agent" è un'opera di valore indiscusso, si presta a svariate chiavi di lettura (sociologica, metalinguistica, psicoanalitica) e propone non solo d'intrattenere ma anche di stimolare la riflessione con una pungente critica della società contemporanea giapponese.
Satoshi Kon cambia il medium ma non la sua classe cristallina.



9.0/10
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"Usagi Drop" è un piacevole slice of life che si differenzia in modo netto dalle altre produzioni e strizza l'occhio a un pubblico abbastanza adulto. Sebbene la giovane età della protagonista, esso tratta tematiche spinose e non facili da raccontare senza annoiare. Non si tratta certamente di un titolo dal ritmo incalzante e in certi momenti risulta lento, tuttavia riesce a coinvolgere ed emozionare, in modo semplice e delicato, senza alcun clamore o facile scorciatoia. Vi è molta poesia e dolcezza in "Usagi Drop", farà apparire timidi sorrisi sulle vostre labbra e probabilmente vi affezionerete alla giovane protagonista. Basta lei per animare un episodio, con le sue curiose e pungenti osservazioni, il suo entusiasmarsi per piccole cose, la sua dolcezza e tenerezza, la sua capacità di donare affetto, la sua necessità di riceverne e il suo timore di rimanere di nuovo da sola. Il tutto è raccontato in modo fluido e naturale, con una semplicità che risulta l'arma vincente di "Usagi Drop".

Se non bastasse la giovane protagonista, vi è al suo fianco un uomo che vede la sua vita stravolta, che è obbligato a rinunciare alla carriera e viene praticamente privato del suo tempo libero. Non è obbligato a questa scelta, viene spinto solo dal suo buon cuore, ma più si prosegue con gli episodi più risulta evidente che il prezzo che ha dovuto pagare è stato ben poco per quello che ha ricevuto in cambio. Crescere un bambino non è un gioco e "Usagi Drop" ve lo mostra in modo chiaro: già un piccolo raffreddore può essere un grosso problema, ancor più se si è genitori single. Eppure, nonostante queste difficoltà, la vita del protagonista finalmente acquisisce un senso.

Il soggetto è quantomeno curioso: il nonno di Daikichi ha, a seguito di un rapporto non ufficiale, una bambina. Vista l'età, muore quando Rin è ancora una bambina. Nessuno sa chi sia sua madre e la presenza della bambina al funerale è vissuta con imbarazzo dai familiari. Daikichi è l'unico a notarla e, bene o male, lei timidamente lo contraccambia. Decide, tra lo stupore di tutti, di portarla a casa con sé.

L'anime si conclude senza una vera e propria fine, ma d'altronde va benissimo così, non l'ho trovata necessaria.
"Usagi Drop" è realizzato con cura e attenzione, un prodotto di qualità che può avere, per alcuni, l'unico limite di essere un semplice slice of life, quindi non avere una vera e propria trama. Si limita a raccontare piccoli spicchi di quotidianità tra Rin e Daikichi, ma ha il gran pregio di riuscire a farlo in modo piacevole ed emozionante, senza risultare né finto né forzato.



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Probabilmente si cataloga tra le peggiori commedie sentimentali che mi sia mai capitato di incontrare, e posso già affermarlo a tre episodi dal completamento della visione. Più che altro desideravo anticipatamente togliermi questo sassolino dalla scarpa e risvegliarmi dal mio dattilografico letargo per evidenziare, in netta controtendenza, cos'è che renda ai miei occhi Tonari no Kaibutsu-kun estremamente evitabile, malriuscito, nonché odioso. Innanzitutto, la coppia di protagonisti, che dovrebbe tenere in piedi il lato sentimentale dell'opera, e quindi provocare una certa empatia nello spettatore, come in una qualsiasi storiella d'amore decente, è formata da due individui che in alcun modo credo possano ispirare simpatia. Perché? Perché da quanto ne possa sapere io di come funzioni il mondo da un po' a questa parte - magari è cambiato tutto in un colpo, non so - trovo che due simili personalità, rapportate alla nostra realtà, sarebbero tra quelle che nessuno si sognerebbe di avere nelle vicinanze, o almeno non io: lei Shizuku, scontrosa, egoista, volubile, scorbutica; lui Haru, sciocco, immaturo, prepotente e perfino manesco. E dovrei pure affezionarmici? Due adolescentelli viziati e indisponenti che vengono trattati alla stregua di 'bravi ragazzi', di quelli da 'comprendere', come se chissà quali retroscena del loro misero passato potessero giustificarne il più che irritante carattere. Ma proprio no, mi fanno addirittura rimpiangere Taiga e Ryuuji.
Secondo punto: la vena 'umoristica'. Supponendosi essere principalmente una normale commedia scolastica ci si aspetterebbe, nel peggiore dei casi possibili, una sequela delle 'solite' gag, invece no, si riesce ad andare oltre il baratro, assistendo a certe situazioni fini a se stesse, ricolme di battute senza capo né coda. Forse per la prima volta che mi sono trovato a non comprendere il motivo della mia stessa indifferenza a dispetto delle risate altrui... Ma sarà forse che "non c'è" alcun motivo per ridere, ma nemmeno sorridere, smuovere le labbra? Molto probabile, e neanche mi dispiace del fatto di non riuscire a giovare del presunto divertimento che gli sceneggiatori avrebbero voluto ricreare. Come non mi dispiace del fatto che la sceneggiatura stessa non mi abbia mai dato lo stimolo ad andare avanti, se non per sfidare la mia apatia a restare tale fino al tredicesimo capitolo di una trama inesistente, sviluppata malissimo nelle prime battute, e mai rinnovatasi con vere e proprie progressioni, colpi di scena... no. Contenuti vuoti, parole vuote, sequenze di una ripetitività disarmante.
A non migliorare affatto il mio punto di vista è l'aspetto tecnico, fatto di animazioni mediocri, disegni ricchi di imprecisioni specialmente nei fondali, e una gestione semplicistica della tavolozza. Regia? Non pervenuta, come la colonna sonora a eccezione di pochi brani.
Anime antipatico, come questo mio commento.