Giappone, inizio degli anni ’90, al boom economico segue una nuova esplosione: la bolla speculativa, che passerà tristemente alla storia come decennio perduto. L’industria dei manga è però già da tempo un colosso dell’intrattenimento, e già dal 1989 si potevano contare più di 200 riviste dedicate ai fumetti.
È proprio in questo periodo che emerge la figura lavorativa dell’editor: le case editrici consolidano l’ormai usuale pratica di far compilare ai loro lettori schede di valutazione su ogni singola opera pubblicata.
Altro non si tratta che di uno stratagemma, che ancora oggi ci portiamo dietro, per limitare al minimo gli investimenti infruttuosi, andando a tagliare “i rami secchi” degli sfortunati autori caduti in basso nelle classifiche di gradimento e condannando i più apprezzati a vivere come schiavi del proprio successo.
È emblematico il caso di Hideo Azuma, autore di “C’era una volta Pollon”, il quale, schiacciato dalle pressanti richieste dei suoi editori e dai problemi con l’alcool, decise di scappare e sparì per un anno senza dare alcuna notizia di sé. In seguito, Azuma narrerà questa parentesi della sua vita nel pluripremiato “Il diario della mia scomparsa”.
I racconti di autori che scappavano dalle finestre dei bagni delle case editrici per non morire (letteralmente) a causa del troppo lavoro sono purtroppo molteplici, ed estremamente rappresentativi del clima che si viveva in quel periodo nell’industria del manga.
Eppure, proprio nel 1989, sulle pagine di Monthly Animal House, una rivista )prossima al fallimento) di manga a target seinen (fumetti destinati ai giovani adulti) debutta uno dei fumetti più importanti della storia del fumetto mondiale: Berserk.
Per celebrare la magnificenza dell’operato del suo compianto autore, venite assieme a noi in questo primo viaggio indietro nel tempo per esplorare, insieme, le origini dell’Opera Omnia di Kentaro Miura.
“L’uomo si illude di essere il fautore della propria vita, ma esistono elementi superiori che guidano e controllano il destino di ognuno di noi. Chiamateli forze sovrannaturali oppure intervento divino, ciò che è certo è che le nostre azioni non sono il risultato del libero arbitrio.”
Questo era l’incipit della serie animata degli anni ’90 tratta dal lavoro, ormai cult, di un giovanissimo Kentarō Miura, già collaboratore di Yoshiyuki Okamura, noto ai più con lo pseudonimo di Buronson, lo sceneggiatore di Ken il Guerriero. Tuttavia, in quel periodo l’esordiente Miura viene rimbalzato da un editor all’altro, e nessuno si cura davvero di mettere ordine alla sua fantasia.
Il manga di Berserk nasce sul finire del 1989 derivante da un racconto breve (quello che noi conosciamo come Berserk the Prototype), venuto un anno prima della sterilizzazione del titolo principale e fungendo da banco di prova per esso.
La volontà dell’autore di mixare tematiche cupe horror al fantasy di stampo eroico, che aveva molto amato in altre produzioni, sfociarono nella realizzazione di un romanzo grafico dark fantasy e pseudo-storico. La creazione di Berserk ha anche inglobato aspetti ripresi e rimodellati dalla storia e dalla geografia europea e soprattutto italiana, e una minuziosa ricerca filosofico-esoterica per ciò che concerne gli aspetti più fantastici. Pertanto, l’opera passa continuamente dal raccontarci cruente battaglie con spade e cannoni al mostrarci tremende incursioni in ambienti più horrorifici, tra intrighi di corte, momenti di riflessione, magie e creature del folklore del vecchio continente. Nulla, nella fumettistica giapponese, è più europeo e ha fatto più scuola in questo ambito di “Berserk”.
La base della storia (il già citato Berserk the Prototype) venne ideata e scritta come one-shot di 48 pagine per un concorso indetto dalla Hakusensha nel 1988. Lavorò molto sul protagonista e sul genere dell’episodio, volendo ambientare la storia in un medioevo fantastico e mostruoso, ma anche credibile e violento: Guts è un misterioso guerriero che si muove, andando a caccia di mostri, in un mondo simil-europeo, accompagnato dall’elfo Puck.
Orbo, privo del braccio sinistro e con un marchio sacrificale inciso sul petto, Guts salva involontariamente da un gruppo di predoni la giovane Frikka, fatta scappare dal suo villaggio per evitarle la triste fine a cui sono andate incontro altre ragazze: il Granduca Vlad “l’Impalatore” (chiaro riferimento alla figura storica di Vlad III di Valacchia) rapisce infatti le giovani fanciulle per i suoi viscidi scopi.
I genitori della ragazza e gli altri abitanti del villaggio intendono ingaggiare Guts per porre fine alle malefatte del Granduca Vlad, che per coincidenza si rivela essere proprio l’obiettivo del Cavaliere Nero. Dopo un furibondo scontro con il Duca, rivelatosi un ferale mostro in quanto Apostolo di Varna, Guts ha la meglio e ha compiuto un altro passo della sua vendetta.
Questo è l’antesignano del Berserk che venne in seguito, e nonostante alcuni dettagli siano diversi l’atmosfera che circonda Prototype è la stessa che si riscontra nei primi volumi dell’edizione regolare, quelli che raccontano gli episodi della vendetta appena dopo l’eclissi. Guts non ha grandi differenze visive con la sua versione definitiva, tranne che per due particolarità: nel one-shot il Cavaliere Nero indossa una benda da pirata sull’occhio destro, e ha inoltre un tic nervoso che lo porta a poggiare la sua mano di ferro sulla’orecchio. Tuttavia, è nella caratterizzazione che riscontriamo le maggiori differenze: infatti, la versione Prototype è un personaggio molto più leggero e tende spesso a scherzare, e il suo volto diventa davvero serio solo in occasione di un reale pericolo, altrimenti lo vediamo spesso disteso e persino comico, come quasi mai lo abbiamo visto nella serie ufficiale. Il marchio sacrificale, inoltre, è impresso sul petto e non sul collo, e lo scopo del suo viaggio è vendicare la morte di sua madre.
La storia di Prototype è abbastanza lineare, prediligendo uno schema tipico dell’epoca, ma contiene già elementi caratteristici del modus operandi di Miura, introducendo diversi interrogativi sottotraccia, ripresi poi tutti, con le dovute modifiche, nell’edizione regolare del fumetto. Traspare, inoltre, un certo interesse di Miura per nomi e concetti orientali (vedasi Varna), e la scelta, rimasta immutata, (pur avendo negli anni cambiato i protagonisti) di affiancare a Guts la presenza di un giovane ragazzo, prima vittima e poi comprimario, specchio della purezza nell’oscuro mondo di Berserk.
Prototype è stato pubblicato in madrepatria come appendice al volume 14, mentre in Italia è apparso per la prima volta nel volume 34 della prima storica edizione nel Luglio del 2000.
Perché, però, chiamare questo manga “Berserk”, cosa vuol dire questo termine? La parola deriva dall’inglese, e indica uno stato di rabbia e furia cieca, totalmente fuori controllo. Il termine è sempre più presente nella lingua moderna e deriva dai guerrieri vichinghi noti come “Berserker”, combattenti ferocissimi in grado di raggiungere uno stato di trance, detto berserksgangr, grazie al quale si diceva che, grazie allo spirito di Odino di cui erano invasati, fossero in grado di ignorare completamente il dolore fisico e le ferite. Secondo alcune leggende, questi guerrieri in battaglia si trasformavano in orsi, cosa dalla quale Miura ha sicuramente tratto ispirazione per la trasformazione ferale di Guts con indosso l’Armatura del Berserker.
Lo studio di Miura per la creazione di Berserk è stato colossale e le sue ispirazioni molteplici, riuscendo a rielaborarle per farle sue e inserirle nella sua storia: una prima chiara fonte da cui Miura ha attinto è stata la serie di light novel fantasy “Guin Saga” di Kaoro Kurimoto. Si tratta della serie di libri più lunga del mondo, infatti l’autrice ha scritto ben 130 libri prima della sua morte avvenuta nel 2009, e la serie è tutt’ora in corso, affidata a un altro autore.
Il protagonista è Guin, un abilissimo guerriero con corpo umano e testa di leopardo, il cui passato è avvolto nel mistero. Intrighi politici, battaglie e magia condiscono questa saga davvero infinita e che, purtroppo, da noi è davvero molto poco conosciuta. Era però una delle opere preferite di Miura, e infatti il suo sogno era realizzare un’opera che potesse essere all’altezza di Guin Saga, riuscendoci sicuramene in pieno.
Non possiamo però negare l’ispirazione storica: il braccio d’acciaio di Guts è una delle trovate più azzeccate di Miura, quella sorta di antesignano delle moderne protesi e anche più funzionale di queste ultime, che contribuisce a rendere sempre meno umano il personaggio anche dal punto di vista fisico. In molti hanno pensato che l’ispirazione fosse venuta da Bruce Campbell nel film “L’Armata delle Tenebre”, ma in realtà quel film venne dopo. L’ispirazione, anche se mai ammessa da Miura, viene in realtà da un unione di due personaggi storici: il primo è Götz von Berlinchen (il cui nome ha una chiara assonanza con Guts), un mercenario tedesco che subì un’amputazione al suo braccio colpito da una palla di cannone, ma che continuò ad esercitare la sua professione per altri quarant’anni grazie ad una protesi decisamente all’avanguardia.
Prese parte assieme al suo signore, il Margravo di Brandeburgo, ad alcune campagne nella guerra di successione di Baviera nel 1504, e perduta la mano destra dovette sostituirla con un guanto di ferro che gli consentisse di fargli maneggiare la spada. Le giunture della mano metallica, infatti, consentivano a Götz di combattere, cavalcare, afferrare saldamente un bicchiere e scrivere con la piuma d’oca. Miura ha affermato di aver saputo di questo personaggio solo dopo aver scritto diversi volumi di Berserk, ma è sinceramente molto difficile credergli.
Il secondo personaggio storico che viene spesso accostato a Guts è Pier Gerlofs Donia, che visse all’incirca nello stesso periodo di Götz, in una zona dell’attuale Olanda denominata Frisia. Il 29 Gennaio del 1515, la truppe di lanzichenecchi assoldate da Giorgio il Barbuto, Duca di Sassonia, misero a ferro e fuoco tutta la regione. Uno di questi gruppi, la Banda Nera, oltre a distruggere il villaggio e le proprietà di Pier Gerlofs Donia, violentarono e uccisero sua moglie. L’accaduto innescò nel cavaliere una rabbia “da Berserk”, grazie alla quale fu in grado di imbracciare un enorme spadone a due mani con cui si vendicò, uccidendo i carnefici della sua famiglia.
C’è un’ispirazione storica anche dietro il cattivo principale di Berserk, Griffith, che si rifà al condottiero britannico John Hawkwood, entrambi infatti uomini ambiziosi ma dalle umili origini. Prese parte alla Guerra dei cent’anni (menzionata anche in Berserk), e dopo la fine delle ostilità con il Trattato di Brétigny fondò la propria armata di mercenari, chiamata “Compagnia dei Falchi Bianchi”, omonima di quella capeggiata da Griffith e presente in Berserk.
Sono quindi tantissimi i lapalissiani richiami storici, come la stessa ambientazione del l’universo del fumetto, contrassegnata da rifacimenti del panorama generale europeo: da un punto di vista architettonico si uniscono infatti architetture dell’Alto e Basso Medioevo con richiami Gotici, Rinascimentali e Barocchi. Vengono anche riportati molti edifici, come ad esempio il Palazzo Vecchio di Firenze, o i colonnati bicromi della Moschea di Cordoba. I riferimenti all’Italia sono anche presenti nei nomi dei successivi compagni i avventure di Guts, basti pensare a Farnese, Isidoro e Serpico.
Soffermiamoci invece sullo stile grafico dei mostri e delle creature che abitano il mondo di Berserk: Miura ha dichiarato, in molteplici interviste, di aver apprezzato ed essersi ispirato ai lavori di Doré, Bosch, Escher, Bruegel e di vari illustratori statunitensi, grazie ai quali è riuscito a rendere unica la resa grafica delle sue tavole.
L’intero sviluppo iconografico del manga, oltre a far riferimento al celebre illustratore ottocentesco Gustav Doré, cela però alcuni richiami ai lavori di Go Nagai (Devilman, Mazinga Z, Jeeg Robot). Da Nagai, infatti, Miura riprende non solo lo stile grafico, ma anche il dualismo presente nei due personaggi principali di Devilman, Akira Fudo e Ryo Asuka, il cui rapporto ricorda molto quello tra Guts e Griffith. I lavori dei due mangaka, inoltre, condividono alcuni rimandi al cristianesimo, infatti le azioni di Griffith ricalcano i passi dell’Apocalisse di San Giovanni Evangelista e il tema dello scontro tra luce e oscurità.
Torniamo, però, alle vicende che vedono protagonista Guts: i suoi nemici principali sono I Cinque della Mano di Dio (che approfondiremo nel prossimo articolo): si tratta di entità ultraterrene, un tempo umane, che hanno sacrificato tutto ciò a cui tenevano per saziare la loro sete di potere divenendo così signori delle tenebre. Tra le loro fila, vi troveremo lo stesso Griffith. Il design grafico di queste creature è speculare a quello dei cenobiti del film “Hellraiser”, creature né angeli né demoni che risiedono in un limbo tra il razionale e l’irrazionale, dalla quale possono essere evocati solo tramite l’utilizzo del cubo di Lemarchand, l’equivalente del bejelith in Berserk, e da essi Miura non riprende solo l’estetica, ma anche l’incerta e dubbia morale.
Tuttavia, questa non è l’unica ispirazione cinematografica, in quanto Miura si rifà anche al film "Flesh & Blood”, da noi arrivato col nome “L’amore e il sangue”, una pellicola creata da Paul Verhoeven in risposta a tutti quei film che dipingevano il medioevo come un posto tranquillo, preciso, pulito, con dolci dame e baldi cavalieri.
Il medioevo di Verhoeven è infatti truce, lurido, pericoloso e decadente, un medioevo che fino a quell’epoca non era mai stato rappresentato in quel modo al cinema, un posto dove se non vieni passato a fil di spada puoi morire in altri “adorabili” modi come la peste (sempre se qualcuno non ti violenta prima).
Sempre con un occhio rivolto al cinema americano come già dimostrato in “Spetters”, Paul Verhoeven era estremamente interessato a raccontare una storia che prevedesse due alleati che, improvvisamente, si ritrovano a combattere tra di loro dai due lati opposti della barricata. Il protagonista di questo film era niente di meno che Rutger Hauer, che a quell’epoca veniva da un successo clamoroso quale “Ladyhawke”, e proprio sulla sua interpretazione in “Flesh & Blood” Miura baserà il design di Guts.
Tantissime sono quindi le ispirazioni per un fumetto sontuoso che, seppur non sia ancora finito e abbia, forse, un calo dopo l’Eclissi, è senza ombra di dubbio uno dei manga più belli e importanti da leggere. Fumetti come Berserk hanno fatto la storia del loro genere, ed è un fumetto che va letto a prescindere, che abbia un finale o meno, perché è un fumetto incredibile dal punto di vista grafico, tecnico e dell’approccio del mangaka al racconto della storia.
Soprattutto i primi volumi sono crudi, violenti e brutali, e la potenza scenica mostrata è incredibile, e ciò che ha dato questo manga, soprattutto alla prima generazione che lo ha potuto leggere, è stato fondamentale per proseguire nella lettura e nella scoperta di questo genere.
Perché l’importante non è che ci sia una fine, ma il viaggio che percorri prima di raggiungerla.
Per oggi, infatti, il nostro viaggio si prende una pausa, ma nel prossimo articolo ci rimettiamo in cammino per esplorare l’ascesa al successo di Berserk parlando anche delle sue trasposizioni animate, tuffandoci, insieme, nell’Epoca d’Oro di Berserk.
To be continued…
Si ringrazia Cristiano Paglionico per aver riportato la puntata di Tokyo Eyes andata in onda su Radioanimati "Berserk – prima parte – le origini del mito" in forma scritta.
È proprio in questo periodo che emerge la figura lavorativa dell’editor: le case editrici consolidano l’ormai usuale pratica di far compilare ai loro lettori schede di valutazione su ogni singola opera pubblicata.
Altro non si tratta che di uno stratagemma, che ancora oggi ci portiamo dietro, per limitare al minimo gli investimenti infruttuosi, andando a tagliare “i rami secchi” degli sfortunati autori caduti in basso nelle classifiche di gradimento e condannando i più apprezzati a vivere come schiavi del proprio successo.
È emblematico il caso di Hideo Azuma, autore di “C’era una volta Pollon”, il quale, schiacciato dalle pressanti richieste dei suoi editori e dai problemi con l’alcool, decise di scappare e sparì per un anno senza dare alcuna notizia di sé. In seguito, Azuma narrerà questa parentesi della sua vita nel pluripremiato “Il diario della mia scomparsa”.
I racconti di autori che scappavano dalle finestre dei bagni delle case editrici per non morire (letteralmente) a causa del troppo lavoro sono purtroppo molteplici, ed estremamente rappresentativi del clima che si viveva in quel periodo nell’industria del manga.
Eppure, proprio nel 1989, sulle pagine di Monthly Animal House, una rivista )prossima al fallimento) di manga a target seinen (fumetti destinati ai giovani adulti) debutta uno dei fumetti più importanti della storia del fumetto mondiale: Berserk.
Per celebrare la magnificenza dell’operato del suo compianto autore, venite assieme a noi in questo primo viaggio indietro nel tempo per esplorare, insieme, le origini dell’Opera Omnia di Kentaro Miura.
Una foto di Miura alla sua postazione di lavoro
“L’uomo si illude di essere il fautore della propria vita, ma esistono elementi superiori che guidano e controllano il destino di ognuno di noi. Chiamateli forze sovrannaturali oppure intervento divino, ciò che è certo è che le nostre azioni non sono il risultato del libero arbitrio.”
Questo era l’incipit della serie animata degli anni ’90 tratta dal lavoro, ormai cult, di un giovanissimo Kentarō Miura, già collaboratore di Yoshiyuki Okamura, noto ai più con lo pseudonimo di Buronson, lo sceneggiatore di Ken il Guerriero. Tuttavia, in quel periodo l’esordiente Miura viene rimbalzato da un editor all’altro, e nessuno si cura davvero di mettere ordine alla sua fantasia.
Il manga di Berserk nasce sul finire del 1989 derivante da un racconto breve (quello che noi conosciamo come Berserk the Prototype), venuto un anno prima della sterilizzazione del titolo principale e fungendo da banco di prova per esso.
La volontà dell’autore di mixare tematiche cupe horror al fantasy di stampo eroico, che aveva molto amato in altre produzioni, sfociarono nella realizzazione di un romanzo grafico dark fantasy e pseudo-storico. La creazione di Berserk ha anche inglobato aspetti ripresi e rimodellati dalla storia e dalla geografia europea e soprattutto italiana, e una minuziosa ricerca filosofico-esoterica per ciò che concerne gli aspetti più fantastici. Pertanto, l’opera passa continuamente dal raccontarci cruente battaglie con spade e cannoni al mostrarci tremende incursioni in ambienti più horrorifici, tra intrighi di corte, momenti di riflessione, magie e creature del folklore del vecchio continente. Nulla, nella fumettistica giapponese, è più europeo e ha fatto più scuola in questo ambito di “Berserk”.
Guts nella versione Prototype
La base della storia (il già citato Berserk the Prototype) venne ideata e scritta come one-shot di 48 pagine per un concorso indetto dalla Hakusensha nel 1988. Lavorò molto sul protagonista e sul genere dell’episodio, volendo ambientare la storia in un medioevo fantastico e mostruoso, ma anche credibile e violento: Guts è un misterioso guerriero che si muove, andando a caccia di mostri, in un mondo simil-europeo, accompagnato dall’elfo Puck.
Orbo, privo del braccio sinistro e con un marchio sacrificale inciso sul petto, Guts salva involontariamente da un gruppo di predoni la giovane Frikka, fatta scappare dal suo villaggio per evitarle la triste fine a cui sono andate incontro altre ragazze: il Granduca Vlad “l’Impalatore” (chiaro riferimento alla figura storica di Vlad III di Valacchia) rapisce infatti le giovani fanciulle per i suoi viscidi scopi.
I genitori della ragazza e gli altri abitanti del villaggio intendono ingaggiare Guts per porre fine alle malefatte del Granduca Vlad, che per coincidenza si rivela essere proprio l’obiettivo del Cavaliere Nero. Dopo un furibondo scontro con il Duca, rivelatosi un ferale mostro in quanto Apostolo di Varna, Guts ha la meglio e ha compiuto un altro passo della sua vendetta.
Questo è l’antesignano del Berserk che venne in seguito, e nonostante alcuni dettagli siano diversi l’atmosfera che circonda Prototype è la stessa che si riscontra nei primi volumi dell’edizione regolare, quelli che raccontano gli episodi della vendetta appena dopo l’eclissi. Guts non ha grandi differenze visive con la sua versione definitiva, tranne che per due particolarità: nel one-shot il Cavaliere Nero indossa una benda da pirata sull’occhio destro, e ha inoltre un tic nervoso che lo porta a poggiare la sua mano di ferro sulla’orecchio. Tuttavia, è nella caratterizzazione che riscontriamo le maggiori differenze: infatti, la versione Prototype è un personaggio molto più leggero e tende spesso a scherzare, e il suo volto diventa davvero serio solo in occasione di un reale pericolo, altrimenti lo vediamo spesso disteso e persino comico, come quasi mai lo abbiamo visto nella serie ufficiale. Il marchio sacrificale, inoltre, è impresso sul petto e non sul collo, e lo scopo del suo viaggio è vendicare la morte di sua madre.
La storia di Prototype è abbastanza lineare, prediligendo uno schema tipico dell’epoca, ma contiene già elementi caratteristici del modus operandi di Miura, introducendo diversi interrogativi sottotraccia, ripresi poi tutti, con le dovute modifiche, nell’edizione regolare del fumetto. Traspare, inoltre, un certo interesse di Miura per nomi e concetti orientali (vedasi Varna), e la scelta, rimasta immutata, (pur avendo negli anni cambiato i protagonisti) di affiancare a Guts la presenza di un giovane ragazzo, prima vittima e poi comprimario, specchio della purezza nell’oscuro mondo di Berserk.
Prototype è stato pubblicato in madrepatria come appendice al volume 14, mentre in Italia è apparso per la prima volta nel volume 34 della prima storica edizione nel Luglio del 2000.
Perché, però, chiamare questo manga “Berserk”, cosa vuol dire questo termine? La parola deriva dall’inglese, e indica uno stato di rabbia e furia cieca, totalmente fuori controllo. Il termine è sempre più presente nella lingua moderna e deriva dai guerrieri vichinghi noti come “Berserker”, combattenti ferocissimi in grado di raggiungere uno stato di trance, detto berserksgangr, grazie al quale si diceva che, grazie allo spirito di Odino di cui erano invasati, fossero in grado di ignorare completamente il dolore fisico e le ferite. Secondo alcune leggende, questi guerrieri in battaglia si trasformavano in orsi, cosa dalla quale Miura ha sicuramente tratto ispirazione per la trasformazione ferale di Guts con indosso l’Armatura del Berserker.
Lo studio di Miura per la creazione di Berserk è stato colossale e le sue ispirazioni molteplici, riuscendo a rielaborarle per farle sue e inserirle nella sua storia: una prima chiara fonte da cui Miura ha attinto è stata la serie di light novel fantasy “Guin Saga” di Kaoro Kurimoto. Si tratta della serie di libri più lunga del mondo, infatti l’autrice ha scritto ben 130 libri prima della sua morte avvenuta nel 2009, e la serie è tutt’ora in corso, affidata a un altro autore.
Il protagonista è Guin, un abilissimo guerriero con corpo umano e testa di leopardo, il cui passato è avvolto nel mistero. Intrighi politici, battaglie e magia condiscono questa saga davvero infinita e che, purtroppo, da noi è davvero molto poco conosciuta. Era però una delle opere preferite di Miura, e infatti il suo sogno era realizzare un’opera che potesse essere all’altezza di Guin Saga, riuscendoci sicuramene in pieno.
Non possiamo però negare l’ispirazione storica: il braccio d’acciaio di Guts è una delle trovate più azzeccate di Miura, quella sorta di antesignano delle moderne protesi e anche più funzionale di queste ultime, che contribuisce a rendere sempre meno umano il personaggio anche dal punto di vista fisico. In molti hanno pensato che l’ispirazione fosse venuta da Bruce Campbell nel film “L’Armata delle Tenebre”, ma in realtà quel film venne dopo. L’ispirazione, anche se mai ammessa da Miura, viene in realtà da un unione di due personaggi storici: il primo è Götz von Berlinchen (il cui nome ha una chiara assonanza con Guts), un mercenario tedesco che subì un’amputazione al suo braccio colpito da una palla di cannone, ma che continuò ad esercitare la sua professione per altri quarant’anni grazie ad una protesi decisamente all’avanguardia.
Prese parte assieme al suo signore, il Margravo di Brandeburgo, ad alcune campagne nella guerra di successione di Baviera nel 1504, e perduta la mano destra dovette sostituirla con un guanto di ferro che gli consentisse di fargli maneggiare la spada. Le giunture della mano metallica, infatti, consentivano a Götz di combattere, cavalcare, afferrare saldamente un bicchiere e scrivere con la piuma d’oca. Miura ha affermato di aver saputo di questo personaggio solo dopo aver scritto diversi volumi di Berserk, ma è sinceramente molto difficile credergli.
Il secondo personaggio storico che viene spesso accostato a Guts è Pier Gerlofs Donia, che visse all’incirca nello stesso periodo di Götz, in una zona dell’attuale Olanda denominata Frisia. Il 29 Gennaio del 1515, la truppe di lanzichenecchi assoldate da Giorgio il Barbuto, Duca di Sassonia, misero a ferro e fuoco tutta la regione. Uno di questi gruppi, la Banda Nera, oltre a distruggere il villaggio e le proprietà di Pier Gerlofs Donia, violentarono e uccisero sua moglie. L’accaduto innescò nel cavaliere una rabbia “da Berserk”, grazie alla quale fu in grado di imbracciare un enorme spadone a due mani con cui si vendicò, uccidendo i carnefici della sua famiglia.
C’è un’ispirazione storica anche dietro il cattivo principale di Berserk, Griffith, che si rifà al condottiero britannico John Hawkwood, entrambi infatti uomini ambiziosi ma dalle umili origini. Prese parte alla Guerra dei cent’anni (menzionata anche in Berserk), e dopo la fine delle ostilità con il Trattato di Brétigny fondò la propria armata di mercenari, chiamata “Compagnia dei Falchi Bianchi”, omonima di quella capeggiata da Griffith e presente in Berserk.
Sono quindi tantissimi i lapalissiani richiami storici, come la stessa ambientazione del l’universo del fumetto, contrassegnata da rifacimenti del panorama generale europeo: da un punto di vista architettonico si uniscono infatti architetture dell’Alto e Basso Medioevo con richiami Gotici, Rinascimentali e Barocchi. Vengono anche riportati molti edifici, come ad esempio il Palazzo Vecchio di Firenze, o i colonnati bicromi della Moschea di Cordoba. I riferimenti all’Italia sono anche presenti nei nomi dei successivi compagni i avventure di Guts, basti pensare a Farnese, Isidoro e Serpico.
Soffermiamoci invece sullo stile grafico dei mostri e delle creature che abitano il mondo di Berserk: Miura ha dichiarato, in molteplici interviste, di aver apprezzato ed essersi ispirato ai lavori di Doré, Bosch, Escher, Bruegel e di vari illustratori statunitensi, grazie ai quali è riuscito a rendere unica la resa grafica delle sue tavole.
L’intero sviluppo iconografico del manga, oltre a far riferimento al celebre illustratore ottocentesco Gustav Doré, cela però alcuni richiami ai lavori di Go Nagai (Devilman, Mazinga Z, Jeeg Robot). Da Nagai, infatti, Miura riprende non solo lo stile grafico, ma anche il dualismo presente nei due personaggi principali di Devilman, Akira Fudo e Ryo Asuka, il cui rapporto ricorda molto quello tra Guts e Griffith. I lavori dei due mangaka, inoltre, condividono alcuni rimandi al cristianesimo, infatti le azioni di Griffith ricalcano i passi dell’Apocalisse di San Giovanni Evangelista e il tema dello scontro tra luce e oscurità.
Torniamo, però, alle vicende che vedono protagonista Guts: i suoi nemici principali sono I Cinque della Mano di Dio (che approfondiremo nel prossimo articolo): si tratta di entità ultraterrene, un tempo umane, che hanno sacrificato tutto ciò a cui tenevano per saziare la loro sete di potere divenendo così signori delle tenebre. Tra le loro fila, vi troveremo lo stesso Griffith. Il design grafico di queste creature è speculare a quello dei cenobiti del film “Hellraiser”, creature né angeli né demoni che risiedono in un limbo tra il razionale e l’irrazionale, dalla quale possono essere evocati solo tramite l’utilizzo del cubo di Lemarchand, l’equivalente del bejelith in Berserk, e da essi Miura non riprende solo l’estetica, ma anche l’incerta e dubbia morale.
Tuttavia, questa non è l’unica ispirazione cinematografica, in quanto Miura si rifà anche al film "Flesh & Blood”, da noi arrivato col nome “L’amore e il sangue”, una pellicola creata da Paul Verhoeven in risposta a tutti quei film che dipingevano il medioevo come un posto tranquillo, preciso, pulito, con dolci dame e baldi cavalieri.
Il medioevo di Verhoeven è infatti truce, lurido, pericoloso e decadente, un medioevo che fino a quell’epoca non era mai stato rappresentato in quel modo al cinema, un posto dove se non vieni passato a fil di spada puoi morire in altri “adorabili” modi come la peste (sempre se qualcuno non ti violenta prima).
Sempre con un occhio rivolto al cinema americano come già dimostrato in “Spetters”, Paul Verhoeven era estremamente interessato a raccontare una storia che prevedesse due alleati che, improvvisamente, si ritrovano a combattere tra di loro dai due lati opposti della barricata. Il protagonista di questo film era niente di meno che Rutger Hauer, che a quell’epoca veniva da un successo clamoroso quale “Ladyhawke”, e proprio sulla sua interpretazione in “Flesh & Blood” Miura baserà il design di Guts.
Tantissime sono quindi le ispirazioni per un fumetto sontuoso che, seppur non sia ancora finito e abbia, forse, un calo dopo l’Eclissi, è senza ombra di dubbio uno dei manga più belli e importanti da leggere. Fumetti come Berserk hanno fatto la storia del loro genere, ed è un fumetto che va letto a prescindere, che abbia un finale o meno, perché è un fumetto incredibile dal punto di vista grafico, tecnico e dell’approccio del mangaka al racconto della storia.
Soprattutto i primi volumi sono crudi, violenti e brutali, e la potenza scenica mostrata è incredibile, e ciò che ha dato questo manga, soprattutto alla prima generazione che lo ha potuto leggere, è stato fondamentale per proseguire nella lettura e nella scoperta di questo genere.
Perché l’importante non è che ci sia una fine, ma il viaggio che percorri prima di raggiungerla.
Per oggi, infatti, il nostro viaggio si prende una pausa, ma nel prossimo articolo ci rimettiamo in cammino per esplorare l’ascesa al successo di Berserk parlando anche delle sue trasposizioni animate, tuffandoci, insieme, nell’Epoca d’Oro di Berserk.
To be continued…
Si ringrazia Cristiano Paglionico per aver riportato la puntata di Tokyo Eyes andata in onda su Radioanimati "Berserk – prima parte – le origini del mito" in forma scritta.
Scena della casa 2, da evitare per chi non avesse visto il film:
Inoltre, per quanto riguarda il Dragon Slayer, Miura ha sempre ribadito che si è ispirato al manga Pygmalio di Shinji Wada. Infatti, Miura gli dedicò anche un commento alla fine di un capitolo per ricordare la sua scomparsa.
Comunque, buon articolo nel complesso anche perchè poi le ispirazioni di Miura sono tantissime e riportarle in unico articolo è impossibile.
Un piccolo appunto: se c'è un opera che è molto simile a Berserk quella è Elric di Melniboné di Michael Moorcock.
In entrambe le opere i protagonisti cercano di spezzare i fili che li rendono burattini di entità superiori (la Mano di Dio per Guts, gli Dei del Caos per Elric).
Entrambe le opere narrano di passione e di vendetta.
In entrambe le opere i protagonisti sono in possesso di oggetti che diminuiscono la loro razionalità (l'armatura da un lato, Tempestosa dall'alto).
Nel romanzo di Moorcock inoltre - si parla degli anni 50/60 - appare il primo esempio di spada gigante: è impugnata dalla dea Xiombarg in forma di fanciulla, il che aumenta ulteriormente la differenza di taglia tra lei e l'arma.
Tantissime le fonti d'ispirazione e le citazioni di Miura alle arti di vari popoli e di varie epoche. Dai mostri di Bomarzo a Frazetta, dal mondo ottomano a de Palma, passando per Dororo e Il Poema del Vento e degli Alberi, era un tripudio di cultura classica e pop.
La grandezza dell'autore era di riuscire ad amalgamare tutto questo in un corpus che risultava sempre organico e coerente, e allo steso tempo autonomo e con una chiara firma autoriale.
hanno anche fatto una serie sequel della saga Evil Dead su Netflix
A livello mangaceo hanno publicato volumi Planet Manga, Giochi Preziosi e Ronin Manga.
Di romanzi in italiano c'è pochissimo.
3 romanzi, editi da Editrice Nord, nel 2005. Introvabili, praticamente.
Invece bisogna credergli. Nelle interviste di Miura, alla questione braccio l'ispirazione arrivò da Cobra di Dezaki, che in Giappone ebbe un gran successo e Tetsuo capolavoro di Tsukamoto.
Aspetto le altre due parti ;3
"L’amore e il sangue" è un film da vedere (ricordo che la prima volta che lo vidi rimasi stupito dalla reale crudeltà del film).
Siete sempre preziosi
Conoscevo già la storia di Giovanni Acuto (John Hawkwood) perché è uno dei personaggi principali dei romanzi storici di Mino Milani su Efrem soldato di ventura, ma ignoravo che anche anche Guts avesse queste ispirazioni da personaggi realmente esistiti.
Penso di no, però puoi recuperare l'anime del 2009 (fansub) e panini ha pubblicato un manga ^^
Voglio solo fare una precisazione su una frase finale che sento tanto spesso quanto mi da fastidio ovvero: "dopo l'eclissi c'è un calo", facendo sotto intendere che il dopo sia da buttare e diventi un manga da 4 soldi.
(è un commento generale e non assolutamente un riferimento a questo articolo che si vede chiaramente esser stato scritto da qualcuno che conosce approfonditamente e ama molto Berserk).
Questa cosa può essere parzialmente vera, ma solo perchè l'epoca d'oro, fino all'eclissi, è forse una delle vette del fumetto mondiale, quindi è naturale che dopo si torni "solo" su ottimi livelli.
Per me Berserk resta un manga da 9 pieno almeno fino all'isola di Isma, unica parte che non ho apprezzato tantissimo.
La vendetta di Gastu contro tutti gli apostoli che parteciparono al banchetto (ad ogni incontro controllavo se veramente ci fosse l'apostolo di turno all'epoca e c'era puntualmente) è qualcosa di sublime. Personalmente poi ho amato tutta la parte di Mozgus, dall'inizio alla fine (la "trasformazione" sua e dei suoi amici è da applausi). Il calo, nel caso, c'è stato dopo, ma solo dopo queste scene, fino a quel punto era perfetto.
Oltre a quello c'è stato anche il perseguire forsennatamente la perfezione grafica: bastava da quel punto di vista ridurre in meno per mantenere la qualità prosaica della prima parte del fumetto.
Essere un'opera visiva non vuol dire giocoforza dover necessariamente puntare i riflettori solo sull'estetica.
Gli ultimi capitoli verranno ricordati più per le bocche a culo di gallina che per la trama.
P.S. Mitica la frase di Guts al Conte: "con due o tre fratture non posso morire, se vuoi uccidermi dovrai ridurmi in pezzi come io farò con te lumacone".
La roba di Idolmaster è un meme babbo che ormai non ha nemmeno più senso di esistere
Mr. Hashino: I've heard and heard in our industry that Mr. Miura is playing "Idol Master" [*] very much (laughs).
Miura: I'm troubled with becoming famous because of what I said on Idol Master (laughs). But all I did was the first "Idol Master".
fonte:
https://news.denfaminicogamer.jp/interview/190709a
Da quanto anni che leggo Berserk (11 anni) non so quante volte ho ripetuto che non fosse vero che Miura era un fan accanito di Idol Master ma che ci aveva giusto giocato qualche volta come svago e per "riposarsi".
Ma ormai, avevo perso la forza di scriverlo ogni volta che mi sono rassegnato e quindi "credete a tutto quello che leggete su Internet".
vero. la saga dove incontrano Farnese con il "papa" e dove viene finalmente introdotta meglio una delle religioni base delle midlands è ancora cruda e affascinante ma non come l'epoca d'oro. poi via via ci si rende anche conto che è lo stesso Miura a voler abbassare il target del prodotto, introducendo non solo ragazzini che - incredibilmente - rimangono vivi e riescono a cavarsela (non fraintendete, questo non inficia la validità della trama) ma che, guardandoci indietro, si ha l'impressione che se fossero apparsi nelle pagine dei primi di berserk dei primi anni 90, avrebbero forse fatto una fine miseranda o raccapricciante. Negli ultimi 15 anni berserk è come se fosse diventato un prodotto "per tutti o quasi", metamorfosi eclatante è stato Pak, da coscienza stile grillo parlante di Guts a vera e propria macchietta per sdrammatizzare, da figura evanescente fatata e preoccupata per l'amico, a caricatura deformed costantemente comica, cosa che a me non è molto piaciuta. E' come se a distanza di anni il fumetto si fosse trasformato, ma era forse inevitabile (?). negli ultimi numeri stava riprendendo quota, era tornato quasi al vecchio splendore, quei colpi di scena con Caska... si annusava ormai l'imminenza dell'arco finale...non so cosa decideranno di fare fra il suo staff editor etc, so solo che il viaggio anche senza finem ne è valso tremendamente la pena.
Grazie di tutto sensei, hai scritto un capolavoro immenso, indimenticabile, inarrivabile.
Umh diversi spunti interessanti, che ricordi Puck è sempre stato l'elemento che serviva a sdrammatizzare la storia e il suo "carattere" mi pare non sia cambiato tanto, e stranamente non mi ha mai dato fastidio (nonostante di base detesti queste cose) facendomi anche sorridere. Su Isidoro che sicuramente sembra stonare con il tutto, io, pensando a quella che sarebbe stata la lotta finale e l'epilogo del tutto ho sempre pensato (se partecipasse o meno alla lotta) che sarebbe stato l'unico superstite, l'erede della storia, così il personaggio avrebbe avuto un senso profondo. (Sto fantasticando certo, ma non è anche in questo la bellezza di un'opera? Lasciare fantasticare i lettori)
PS. Peccato che non sapremo mai la storia dell'Imperatore scheletro (o come si chiama, mi pare non si sappia il suo nome) doveva essere veramente interessante.
Sei cugggggino di Miura per conoscere la verità?
Dovrei quindi credere a quanto tu affermi?
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.