Si dice che la paura sia figlia dell'ignoranza. Ciò che non si conosce ci spaventa e ci blocca. Occorre avere coraggio per sfidare l'ignoto, ma spesso si viene ripagati. Vale per il mondo che ci circonda, per il nuovo che arriva ma anche per la scoperta di se stessi. Imparare a conoscersi non è facile, affrontare i propri demoni serve a sconfiggerli e ad amarsi per quello che si è.
Di questo e molto altro parla Oni:Thunder God's Tale (in italiano Oni: La leggenda del dio del tuono), una miniserie composta da 4 episodi della durata di circa 40 minuti l'uno, disponibile sulla piattaforma Netflix. Il colosso dello streaming ha unito le forze con lo studio di animazione candidato all’Oscar Tonko House (The Dam Keeper, Pig: The Dam Keeper Poems), per dare vita ad un ibrido di stop motion e animazione generata dal computer.
Nomi di tutto rispetto hanno lavorato a questa serie. Daisuke “Dice” Tsutsumi è il creatore e lo showrunner della serie. Nato a Tokyo e poi trasferitosi negli Stati Uniti, Dice è un regista e pittore. Laureato alla School of Visual Arts di New York, ha lavorato in veste di art director, lead color designer o lighting designer per Blue Sky Studios (L’era glaciale, Robots) e successivamente per Pixar (Toy Story 3, Monsters University). Dopo il successo del debutto alla regia con il cortometraggio candidato all’Oscar The Dam Keeper, ha lasciato la Pixar per co-fondare Tonko House con Robert Kondo. Tsutsumi è anche fumettista: in Italia è stato pubblicato da Bao Publishing Il guardiano della diga (The Dam Keeper, scritto da Robert Kondo), che è un’espansione dell’universo narrativo dell’omonimo cortometraggio. Megan Bartel è la produttrice e Robert Kondo, Kane Lee e Zen Miyake di Tonko House sono i produttori esecutivi.
Altri partner includono la casa di animazione in stop motion giapponese Dwarf Studios che ha prodotto la serie per bambini Rilakkuma e Kaoru disponibile sempre su Netflix e la casa di effetti CG Megalis VFX, anch’essa con sede in Giappone. Ma non solo: a questo team si è aggiuta Mari Okada, nota per aver lavorato ad opere del calibro di Toradora, Anohana, Savage Season, Maquia e il recente Miyo – Un amore felino.
La Okada, che si è occupata della sceneggiatura, ha rivelato di essere rimasta sbalordita quando Daisuke Tsutsumi le ha presentato il progetto, spiegando quanto si sia rivista e sentita profondamente connessa con questa storia. Dato che anche molte altre persone potrebbero sentirsi allo stesso modo, l'Okada ha voluto cogliere questa opportunità, pur essendo conscia di dover affrontare per la prima volta le difficoltà che comporta la scrittura di una produzione inglese.
”Avendo trascorso tutta la mia carriera nell’industria dell’animazione americana, una parte di me si è sempre chiesta se nelle storie che racconto ci sarebbe mai stato un posto per l’altra metà della mia identità, di origine giapponese. Questa collaborazione di Tonko House con Netflix è forse un’opportunità irripetibile per me di abbracciare liberamente il mio background unico per condividere con il resto del mondo le meravigliose storie con cui sono cresciuto in Giappone, in particolare quelle che credo siano attuali per la società in cui viviamo oggi” ha affermato Daisuke Tsutsumi.
D'altronde l’accettazione del diverso e della propria unicità in un mondo che tende ad uniformare e catalogare è il tema portante di Oni che a detta dello stesso regista è da considerarsi come un unico film diviso in quattro parti.
Identità e diversità: forse non è un caso se buona parte delle persone che hanno lavorato e contribuito alla realizzazione di quest'opera sono giapponesi o hāfu (termine con cui in giapponese si indicano coloro che hanno genitori o discendenze nipponiche) che hanno indubbiamente messo un parte della loro storia in quella di Onari e del suo villaggio. In questo è azzeccatissimo il personaggio di Calvin che (senza fare spoiler) si rivelerà fondamentale per veicolare un forte messaggio di integrazione.
La trama è ben congegnata, con diversi colpi di scena, alcuni più prevedibili altri meno e che va a toccare temi molto importanti senza risultare retorica o ergersi a giudice. Tutti i personaggi hanno pregi e difetti e nel momento in cui sapranno accettarsi, diventeranno più forti e sapranno sfruttare le loro debolezze per renderle punti di forza.
Il tutto immerso nel mondo folkloristico e animistico giapponese che abbiamo imparato a conoscere attraverso molte serie e film. Se è inevitabile vedere riferimenti alle pellicole dello Studio Ghibli, in primis Pom Poko con il suo messaggio ecologista, ma anche La principessa splendente, La città incantata e Principessa Mononoke (piccola curiosità: il regista è sposato con Mei Okuyama, nipote di Hayao Miyazaki), Onari e suo padre Naridon sembrano parenti stretti di Lamù di Rumiko Takahashi.
Per non parlare di tengu, kappa e daruma, visti sia nelle stampe tradizionali nipponiche sia sdoganati come souvenir. Eppure la sensazione non è di dejà vu ripetitivo ma Oni La leggenda del dio del tuono riesce a crearsi una sua identità, unendo bene divertimento e positività, riflessioni e commozione. Il tutto attraverso un ottimo comparto tecnico.
La serie infatti è stata realizzata mescolando computer graphic e stop motion in modo così omogeneo che diventa difficile stabilire quanto ci sia di uno e dell'altra. Questo risultato è stato ottenuto grazie soprattutto ad un grande lavoro sul character design per cui si ha la sensazione quasi tattile che i personaggi siano di plastilina o di feltro, mentre i movimenti sono soprattutto nella prima parte volutamente a scatti per dare maggiormente l'impressione di trovarsi davanti ad un'opera in stop motion.
Nonostante questo, ci si trova di fronte anche a qualcosa di esteticamente poetico, con un'attenzione particolare ai colori, ora pastellati per le scene più bucoliche, ora più vividi per quelle più cariche di tensione, oppure esplorando tutta la gamma dei grigi per quelle più tristi. Così facendo l'aspetto grafico non è mero esercizio stilistico ma ben veicola i sentimenti di tutti i personaggi di Oni.
Il doppiaggio originale è in inglese e il cast è composto da nomi molto variegati come Momona Tamada, Archie Yates, Craig Robinson, Tantoo Cardinal, Brittany Ishibashi, Omar Miller, Anna Akana, Charlet Takahashi Chung, Miyuki Sawashiro, Yuki Matsuzaki, Seth Carr, Robert Kondo e George Takei, confermando quel mondo a cavallo fra due culture che è il perno centrale della serie.
Molto buono anche il doppiaggio giapponese e quello italiano, con voci azzeccate per il carattere dei vari personaggi. Giulietta Rebeggiani è Onari, Roberto Stocchi è Putaro, Diego Croce è Kappa, Dario Oppido è Tengu, Alessandro Carloni è Calvin, Cristina Garosi è Amaten e Antonella Alessandro è la Preside. Ho volutamente messo i trailer nelle tre lingue proprio perché così possiate farvi un'idea.
Di questo e molto altro parla Oni:Thunder God's Tale (in italiano Oni: La leggenda del dio del tuono), una miniserie composta da 4 episodi della durata di circa 40 minuti l'uno, disponibile sulla piattaforma Netflix. Il colosso dello streaming ha unito le forze con lo studio di animazione candidato all’Oscar Tonko House (The Dam Keeper, Pig: The Dam Keeper Poems), per dare vita ad un ibrido di stop motion e animazione generata dal computer.
In un mondo mistico fatto di divinità e spiriti giapponesi, una ragazzina coraggiosa decide di scoprire i suoi veri poteri seguendo le orme dell'enigmatico padre.
Onari, una bambina forte e dallo spirito libero non ha però abilità particolari nè doni speciali e quindi riuscirà a proteggere il suo pacifico villaggio dalla presenza invadente dei misteriosi “Oni” che minacciano gli dei?
Onari, una bambina forte e dallo spirito libero non ha però abilità particolari nè doni speciali e quindi riuscirà a proteggere il suo pacifico villaggio dalla presenza invadente dei misteriosi “Oni” che minacciano gli dei?
Nomi di tutto rispetto hanno lavorato a questa serie. Daisuke “Dice” Tsutsumi è il creatore e lo showrunner della serie. Nato a Tokyo e poi trasferitosi negli Stati Uniti, Dice è un regista e pittore. Laureato alla School of Visual Arts di New York, ha lavorato in veste di art director, lead color designer o lighting designer per Blue Sky Studios (L’era glaciale, Robots) e successivamente per Pixar (Toy Story 3, Monsters University). Dopo il successo del debutto alla regia con il cortometraggio candidato all’Oscar The Dam Keeper, ha lasciato la Pixar per co-fondare Tonko House con Robert Kondo. Tsutsumi è anche fumettista: in Italia è stato pubblicato da Bao Publishing Il guardiano della diga (The Dam Keeper, scritto da Robert Kondo), che è un’espansione dell’universo narrativo dell’omonimo cortometraggio. Megan Bartel è la produttrice e Robert Kondo, Kane Lee e Zen Miyake di Tonko House sono i produttori esecutivi.
Altri partner includono la casa di animazione in stop motion giapponese Dwarf Studios che ha prodotto la serie per bambini Rilakkuma e Kaoru disponibile sempre su Netflix e la casa di effetti CG Megalis VFX, anch’essa con sede in Giappone. Ma non solo: a questo team si è aggiuta Mari Okada, nota per aver lavorato ad opere del calibro di Toradora, Anohana, Savage Season, Maquia e il recente Miyo – Un amore felino.
La Okada, che si è occupata della sceneggiatura, ha rivelato di essere rimasta sbalordita quando Daisuke Tsutsumi le ha presentato il progetto, spiegando quanto si sia rivista e sentita profondamente connessa con questa storia. Dato che anche molte altre persone potrebbero sentirsi allo stesso modo, l'Okada ha voluto cogliere questa opportunità, pur essendo conscia di dover affrontare per la prima volta le difficoltà che comporta la scrittura di una produzione inglese.
”Avendo trascorso tutta la mia carriera nell’industria dell’animazione americana, una parte di me si è sempre chiesta se nelle storie che racconto ci sarebbe mai stato un posto per l’altra metà della mia identità, di origine giapponese. Questa collaborazione di Tonko House con Netflix è forse un’opportunità irripetibile per me di abbracciare liberamente il mio background unico per condividere con il resto del mondo le meravigliose storie con cui sono cresciuto in Giappone, in particolare quelle che credo siano attuali per la società in cui viviamo oggi” ha affermato Daisuke Tsutsumi.
D'altronde l’accettazione del diverso e della propria unicità in un mondo che tende ad uniformare e catalogare è il tema portante di Oni che a detta dello stesso regista è da considerarsi come un unico film diviso in quattro parti.
Identità e diversità: forse non è un caso se buona parte delle persone che hanno lavorato e contribuito alla realizzazione di quest'opera sono giapponesi o hāfu (termine con cui in giapponese si indicano coloro che hanno genitori o discendenze nipponiche) che hanno indubbiamente messo un parte della loro storia in quella di Onari e del suo villaggio. In questo è azzeccatissimo il personaggio di Calvin che (senza fare spoiler) si rivelerà fondamentale per veicolare un forte messaggio di integrazione.
La trama è ben congegnata, con diversi colpi di scena, alcuni più prevedibili altri meno e che va a toccare temi molto importanti senza risultare retorica o ergersi a giudice. Tutti i personaggi hanno pregi e difetti e nel momento in cui sapranno accettarsi, diventeranno più forti e sapranno sfruttare le loro debolezze per renderle punti di forza.
Il tutto immerso nel mondo folkloristico e animistico giapponese che abbiamo imparato a conoscere attraverso molte serie e film. Se è inevitabile vedere riferimenti alle pellicole dello Studio Ghibli, in primis Pom Poko con il suo messaggio ecologista, ma anche La principessa splendente, La città incantata e Principessa Mononoke (piccola curiosità: il regista è sposato con Mei Okuyama, nipote di Hayao Miyazaki), Onari e suo padre Naridon sembrano parenti stretti di Lamù di Rumiko Takahashi.
Per non parlare di tengu, kappa e daruma, visti sia nelle stampe tradizionali nipponiche sia sdoganati come souvenir. Eppure la sensazione non è di dejà vu ripetitivo ma Oni La leggenda del dio del tuono riesce a crearsi una sua identità, unendo bene divertimento e positività, riflessioni e commozione. Il tutto attraverso un ottimo comparto tecnico.
La serie infatti è stata realizzata mescolando computer graphic e stop motion in modo così omogeneo che diventa difficile stabilire quanto ci sia di uno e dell'altra. Questo risultato è stato ottenuto grazie soprattutto ad un grande lavoro sul character design per cui si ha la sensazione quasi tattile che i personaggi siano di plastilina o di feltro, mentre i movimenti sono soprattutto nella prima parte volutamente a scatti per dare maggiormente l'impressione di trovarsi davanti ad un'opera in stop motion.
Nonostante questo, ci si trova di fronte anche a qualcosa di esteticamente poetico, con un'attenzione particolare ai colori, ora pastellati per le scene più bucoliche, ora più vividi per quelle più cariche di tensione, oppure esplorando tutta la gamma dei grigi per quelle più tristi. Così facendo l'aspetto grafico non è mero esercizio stilistico ma ben veicola i sentimenti di tutti i personaggi di Oni.
Il doppiaggio originale è in inglese e il cast è composto da nomi molto variegati come Momona Tamada, Archie Yates, Craig Robinson, Tantoo Cardinal, Brittany Ishibashi, Omar Miller, Anna Akana, Charlet Takahashi Chung, Miyuki Sawashiro, Yuki Matsuzaki, Seth Carr, Robert Kondo e George Takei, confermando quel mondo a cavallo fra due culture che è il perno centrale della serie.
Molto buono anche il doppiaggio giapponese e quello italiano, con voci azzeccate per il carattere dei vari personaggi. Giulietta Rebeggiani è Onari, Roberto Stocchi è Putaro, Diego Croce è Kappa, Dario Oppido è Tengu, Alessandro Carloni è Calvin, Cristina Garosi è Amaten e Antonella Alessandro è la Preside. Ho volutamente messo i trailer nelle tre lingue proprio perché così possiate farvi un'idea.
Oni: La leggenda del dio del tuono è un'ottima opera da vedere sia da soli che in compagnia, adatta a tutte le età, perfetta per passare un paio di ore leggere ma non prive di insegnamenti, senza scadere nella retorica, dando vari messaggi su cui riflettere.
Per chi non conosce nulla del folklore nipponico e del suo pantheon alcune cose potrebbero lasciare forse perplessi (il kappa che inchinandosi perde l'acqua che ha in testa e sviene per un appassionato è normale mentre per chi non è avvezzo potrebbe far sorgere almeno qualche domanda), ma questo non pregiudica in alcun modo la visione e il sense of wonder che si prova.
Per chi non conosce nulla del folklore nipponico e del suo pantheon alcune cose potrebbero lasciare forse perplessi (il kappa che inchinandosi perde l'acqua che ha in testa e sviene per un appassionato è normale mentre per chi non è avvezzo potrebbe far sorgere almeno qualche domanda), ma questo non pregiudica in alcun modo la visione e il sense of wonder che si prova.
Pro
- Personaggi molto simpatici, in cui identificarsi
- Imperdibile per gli amanti del folklore nipponico
- Graficamente molto particolare con una stop motion realizzata in computer grafica
Contro
- I più smaliziati capiranno alcune cose ben prima della fine
Vedilo perché è fatto davvero bene, ammetto che ho empatizzato molto con il personaggio di Kevin , sebbene si capisce che sia giapponese da parte di di madre ,venga considera gaijjin (spero di averlo scritto bene) per via de colore della sua pelle
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.