B: The Beginning
Attenzione: la recensione contiene spoiler!
Anche sul film "Seven"
“B: The Beginning” è un anime originale non tratto da manga o novel; è forse questo il principale aspetto che lo contraddistingue, nel senso di sua “croce e delizia”, per non essere ancorato o derivato da qualcosa di già esistente.
Nelle precedenti recensioni giustamente è stato definito un “mischione”… e io condivido questo giudizio: per essere meno “negativi”, lo definirei piuttosto un “patchwork” di idee non sempre originali, dove l’originalità sta nel mettere insieme due generi (il fantasy/soprannaturale con quello thriller/poliziesco/azione/psicologico/complotto/fantapolitica) a mio modesto avviso difficilmente conciliabili, anche perché il fantasy in questo anime sembra un po’ “avulso” sia dal contesto storico, sia dall’ambientazione dell’anime: a mero titolo di esempio, al termine della visione dei dodici episodi non ho ben compreso come l’uomo “normale” sia riuscito a riprodurre ed allevare questi esseri misteriosi dotati di poteri soprannaturali, rifugiandosi in “spiegazioni di comodo” quali, ad esempio, i “Market Makers”.
Sembra che i misteriosi esseri superdotati siano più il frutto della avidità e cattiveria umana che di una stirpe di esseri semidivini residenti sul nostro pianeta in un contesto di pura fantasia (ne scrivo dopo), rendendo l’elemento fantasy un po’ simile come logica ad un film e ad un’altra serie di Netlflix (Hannah), in cui i servizi segreti creavano e allevavano super soldati (attraverso l’utilizzo di sostanze speciali e la genetica) per compiere missioni impossibili e poi il “giochino” sfugge loro di mano e l’elemento migliore diventa una sorta di nemesi delle losche intenzioni (idea alla base anche della serie J. Bourne). Qui Koku (l’essere soprannaturale alato) e tutta la progenie di bambini soprannaturali sembrano un po’ dei super agenti speciali alla mercé del potere, ma in questa serie si capisce poco o nulla delle motivazioni in base alle quali operano. E allora: a cosa serviva l’elemento “soprannaturale”?
Passiamo al secondo filone, quello “thriller/poliziesco/azione/psicologico/complotto/fantapolitica”. Tra il precedente e questo l’anello di congiunzione è rappresentato da Keith Flick, soprannominato il “genio” per le sue straordinarie qualità investigative, ossia il solito ex poliziotto che ricompare all’improvviso, dopo anni dal caso dell’omicidio della sorella sul quale ha indagato senza successo. Tralasciando, per non spoilerare troppo, l’aspetto che lo lega per il suo passato agli esseri soprannaturali (e che tornerà utile a Koku per prendere consapevolezza sul suo passato), la trama si sviluppa sulle azioni criminali di una frangia di tali semidei per poi sfociare nel thriller psicologico finale ove la trama sembra assomigliare per come è costruita a “Seven”, il film di qualche annetto fa, in cui lo psicopatico di turno mette in piedi una serie di delitti (ispirandosi ai sette peccati capitali) per fare in modo che il poliziotto prescelto per il suo disegno lo uccida, realizzando pertanto il suo delirante disegno. E non si può negare che tale impostazione assomiglia molto, soprattutto negli episodi finali, alla “sfida” tra Keith e il suo vecchio amico Gilbert.
E così, mentre Koku, e la parte di trama sul soprannaturale, continua la sua missione per ritrovare e salvare la “amata” Yuma, nel filone thriller/poliziesco c’è la parte più avvincente della storia con il finale anche un po’ lirico in cui Gilbert sperava nel profondo del suo ego di essere fermato proprio dall’unica persona di cui nutriva una profonda stima, amicizia e rispetto, ossia Keith... e il tutto per dimostrare a Keith in una sorta di diatriba filosofica e psicologica che in caso di estrema necessità uccidere è l’unica soluzione per il bene.
Quest’ultima parte della serie è ovviamente quella che ho potuto apprezzare di più e riconosco che la scopiazzatura/adattamento da “Seven” è comunque ben riuscita: il momento in cui Keith si decide ad uccidere Gilbert è a mio avviso descritta, resa e animata molto bene soprattutto per le implicazioni umane e filosofiche: Keith vince per aver salvato una vita umana e Gilbert vince (morendo) per dimostrare la sua teoria sull’amico e unica persona che riteneva a lui pari per intelligenza (paradigmatica l’affermazione di Keith sul loro “insano” rapporto di amicizia: “Gilbert costruisce enigmi indecifrabili cui solo Keith riesce a trovare la soluzione”).
L’ambientazione della trama è coerente con il genere “melting pot” cui si ispira la storia: il regno di Cremona. Un’ambientazione fantasy in una città di mare, con il Torrazzo (simbolo di Cremona), un laboratorio di liuteria (altra specialità di Cremona), negozi con l’insegna “panetteria” con il nome seguente in giapponese che vendono panini ripieni alla crema di fagioli e le zeppole di san Giuseppe (che per quanto ne so è un dolce tipico di Napoli e dintorni). In questa città le auto che girano sono un mix di anni 50-60 (Mini e Isetta, utilizzate da una delle protagoniste: Lily) e modernità (Land Rover, utilizzata dalla polizia). Il tutto senza molto senso, visto che le tecnologie rappresentate nell’anime sono del tutto coerenti con quelle attuali (computer, smartphone, ecc.).
I personaggi sono tanti e, mentre quelli soprannaturali sono poco caratterizzati ed approfonditi (anche Koku è un po’ deludente), quelli umani normali sono più intriganti, soprattutto Keith, Gilbert, Lily e il capo della squadra RIS.
Tutto sommato un anime che per quanto mi riguarda merita di essere visto per la parte poliziesca e thriller piuttosto che per quella fantasy/soprannaturale... Ma credo che con questo prodotto gli autori volessero strizzare l’occhio a più “mercati” rendendolo ibrido senza particolari eccellenze e originalità.
Il giudizio va di conseguenza: positivo per la parte che ho apprezzato di più e non lusinghiero per quella di minor interesse.
Anche sul film "Seven"
“B: The Beginning” è un anime originale non tratto da manga o novel; è forse questo il principale aspetto che lo contraddistingue, nel senso di sua “croce e delizia”, per non essere ancorato o derivato da qualcosa di già esistente.
Nelle precedenti recensioni giustamente è stato definito un “mischione”… e io condivido questo giudizio: per essere meno “negativi”, lo definirei piuttosto un “patchwork” di idee non sempre originali, dove l’originalità sta nel mettere insieme due generi (il fantasy/soprannaturale con quello thriller/poliziesco/azione/psicologico/complotto/fantapolitica) a mio modesto avviso difficilmente conciliabili, anche perché il fantasy in questo anime sembra un po’ “avulso” sia dal contesto storico, sia dall’ambientazione dell’anime: a mero titolo di esempio, al termine della visione dei dodici episodi non ho ben compreso come l’uomo “normale” sia riuscito a riprodurre ed allevare questi esseri misteriosi dotati di poteri soprannaturali, rifugiandosi in “spiegazioni di comodo” quali, ad esempio, i “Market Makers”.
Sembra che i misteriosi esseri superdotati siano più il frutto della avidità e cattiveria umana che di una stirpe di esseri semidivini residenti sul nostro pianeta in un contesto di pura fantasia (ne scrivo dopo), rendendo l’elemento fantasy un po’ simile come logica ad un film e ad un’altra serie di Netlflix (Hannah), in cui i servizi segreti creavano e allevavano super soldati (attraverso l’utilizzo di sostanze speciali e la genetica) per compiere missioni impossibili e poi il “giochino” sfugge loro di mano e l’elemento migliore diventa una sorta di nemesi delle losche intenzioni (idea alla base anche della serie J. Bourne). Qui Koku (l’essere soprannaturale alato) e tutta la progenie di bambini soprannaturali sembrano un po’ dei super agenti speciali alla mercé del potere, ma in questa serie si capisce poco o nulla delle motivazioni in base alle quali operano. E allora: a cosa serviva l’elemento “soprannaturale”?
Passiamo al secondo filone, quello “thriller/poliziesco/azione/psicologico/complotto/fantapolitica”. Tra il precedente e questo l’anello di congiunzione è rappresentato da Keith Flick, soprannominato il “genio” per le sue straordinarie qualità investigative, ossia il solito ex poliziotto che ricompare all’improvviso, dopo anni dal caso dell’omicidio della sorella sul quale ha indagato senza successo. Tralasciando, per non spoilerare troppo, l’aspetto che lo lega per il suo passato agli esseri soprannaturali (e che tornerà utile a Koku per prendere consapevolezza sul suo passato), la trama si sviluppa sulle azioni criminali di una frangia di tali semidei per poi sfociare nel thriller psicologico finale ove la trama sembra assomigliare per come è costruita a “Seven”, il film di qualche annetto fa, in cui lo psicopatico di turno mette in piedi una serie di delitti (ispirandosi ai sette peccati capitali) per fare in modo che il poliziotto prescelto per il suo disegno lo uccida, realizzando pertanto il suo delirante disegno. E non si può negare che tale impostazione assomiglia molto, soprattutto negli episodi finali, alla “sfida” tra Keith e il suo vecchio amico Gilbert.
E così, mentre Koku, e la parte di trama sul soprannaturale, continua la sua missione per ritrovare e salvare la “amata” Yuma, nel filone thriller/poliziesco c’è la parte più avvincente della storia con il finale anche un po’ lirico in cui Gilbert sperava nel profondo del suo ego di essere fermato proprio dall’unica persona di cui nutriva una profonda stima, amicizia e rispetto, ossia Keith... e il tutto per dimostrare a Keith in una sorta di diatriba filosofica e psicologica che in caso di estrema necessità uccidere è l’unica soluzione per il bene.
Quest’ultima parte della serie è ovviamente quella che ho potuto apprezzare di più e riconosco che la scopiazzatura/adattamento da “Seven” è comunque ben riuscita: il momento in cui Keith si decide ad uccidere Gilbert è a mio avviso descritta, resa e animata molto bene soprattutto per le implicazioni umane e filosofiche: Keith vince per aver salvato una vita umana e Gilbert vince (morendo) per dimostrare la sua teoria sull’amico e unica persona che riteneva a lui pari per intelligenza (paradigmatica l’affermazione di Keith sul loro “insano” rapporto di amicizia: “Gilbert costruisce enigmi indecifrabili cui solo Keith riesce a trovare la soluzione”).
L’ambientazione della trama è coerente con il genere “melting pot” cui si ispira la storia: il regno di Cremona. Un’ambientazione fantasy in una città di mare, con il Torrazzo (simbolo di Cremona), un laboratorio di liuteria (altra specialità di Cremona), negozi con l’insegna “panetteria” con il nome seguente in giapponese che vendono panini ripieni alla crema di fagioli e le zeppole di san Giuseppe (che per quanto ne so è un dolce tipico di Napoli e dintorni). In questa città le auto che girano sono un mix di anni 50-60 (Mini e Isetta, utilizzate da una delle protagoniste: Lily) e modernità (Land Rover, utilizzata dalla polizia). Il tutto senza molto senso, visto che le tecnologie rappresentate nell’anime sono del tutto coerenti con quelle attuali (computer, smartphone, ecc.).
I personaggi sono tanti e, mentre quelli soprannaturali sono poco caratterizzati ed approfonditi (anche Koku è un po’ deludente), quelli umani normali sono più intriganti, soprattutto Keith, Gilbert, Lily e il capo della squadra RIS.
Tutto sommato un anime che per quanto mi riguarda merita di essere visto per la parte poliziesca e thriller piuttosto che per quella fantasy/soprannaturale... Ma credo che con questo prodotto gli autori volessero strizzare l’occhio a più “mercati” rendendolo ibrido senza particolari eccellenze e originalità.
Il giudizio va di conseguenza: positivo per la parte che ho apprezzato di più e non lusinghiero per quella di minor interesse.
Il sunto di questo anime si scorge su un’insegna di un negozio, che compare all’inizio del primo episodio: “Panetteria Matsumoto”, dove “Panetteria” è scritto in perfetto italiano , mentre” Matstumoto” è rappresentato in kanji.
Il “prodotto” ha molto del genere “crime mistery” ma anche del “battle shonen”; i paesaggi e le città si rifanno agli ambienti e alle strutture dell’Italia moderna, tuttavia è locato nel “Regno di Cremona”, che non è una penisola, ma un arcipelago circondato dal mare, che quindi ricorda molto il Giappone; Il tutto è inserito in un contesto “tecnico/scientifico”, ma ha molti tratti del fantasy; i prodotti tipici di questo paese sono “i panini alla crema di fagioli ”, “il gumbo” e le “zeppole di San Giuseppe”. Insomma se vogliamo rimanere in un ambito gastronomico, ci troviamo davanti ad una pietanza della cucina “fusion”, o semplicemente, come direbbe uno dei pesonaggi dei “Fratelli di Crozza”: a un bel "mischione"!
Riguardo i protagonisti, uno assomiglia molto a “il professore” de “La casa di carta”, ma con delle caratteristiche di “Elle” di “Death Note”; l’altro ha un so che di “Edward mani di forbice”, anche se qui dovremmo chiamarlo “mani di lama”, inoltre è un tipo "dark" e alato. I suoi avversari ricordano molto i clown, fanno rapine ed escogitano piani tanto malvagi, quanto cervellotici. Quest’ultimo e i suoi rivali, mi hanno fatto arrovellare le rotelle per un’intera nottata, perché avevo come un effetto déjà vu, ma senza capire da dove venisse: un protagonista "dark", alato; degli antagonisti clown malvagi e cervellotici; dark, alato, clown, rapine, oscuro… dove accidenti avevo visto qualcosa del genere? Poi alle prime luci dell’alba, complice anche una zanzara che non aveva nessuna intenzione di uscire dalla finestra per farsi mangiare, ho finalmente avuto la rivelazione ma, nel caso vogliate anche voi provare a indovinare, non spoilererò (però vi avverto, è difficile!).
Una delle protagoniste, Yuma, mi ricorda, sia nel modo di vestire che nell’aspetto, una scrittrice italiana, ma non essendo questa narratrice “main stream”, nemmeno qui in Italia, penso che sia solo un caso (qui sono serio). Ci sono poi delle scene, che rimandano anche alla scuola degli “X-men”, mentre un’altro dei personaggi, richiama alla memoria uno dei “drughi” di “Arancia meccanica” (ma qui, la “bombetta”, fa pensare più ad un tributo).
I “kattivi” si riconosco a distanza di un kilometro per un ghigno stampato sulla loro faccia, ma nel caso ci sia una talpa, questa lo mostrerà solo quando l’avranno scoperta (complimenti ottima interpretazione, oltre all’intera squadra, avevi ingannato anche me!). Poi ci sono i “kattivi kattivi”, che hanno tutti una caratteristica fisica in comune, ma non dico quale perché altrimenti vi svelo il finale.
Questa lunga introduzione giustificherebbe un voto totalmente insufficiente, tuttavia ci sono cose che invece mi sono piaciute:
Il comparto tecnico, al quale di solito non do molta importanza, devo dire che qui splende per il sol alto profilo:
I fondali della città sono straordinari; le animazioni fluide; ottimo il chara design; la CGI sui mezzi in movimento, anche se ancora non perfetta, perché rimane sempre quell'effetto scivolamento, è la migliore che abbia mai visto.
C’è anche una parte umoristica, a tratti un po’ forzata, ma che riesce comunque a strappare qualche sorriso ed alleggerire la narrazione; la squadra dei R.I.S., nel suo insieme, mi ha convinto decisamente. L’ending oltre che orecchiabile, si cala perfettamente nel contesto.
La storia come già accennato precedentemente è particolare, perché sembra procedere su binari paralleli, quasi come se si stia assistendo contemporaneamente a due anime differenti, ognuno dei quali ha un suo filo narrativo e una sua coppia protagonista/antagonista e lui/lei, e che sono in qualche modo speculari. Per un duo la sfida è prettamente intellettuale, ricorda molto il duello Holmes / Moriarty,per l’altro è totalmente fisica.
C’è poi tutta una sottotrama fatta di profezie, testi sacri, sacre scritture… che ha il compito di collegare la parte crime/terrestre con quella shonen/fantasy e di spiegare il perché di tutti questi accadimenti, tuttavia, questo intreccio, mi ha lasciato un senso di rammarico e di colpa, che ancora percepisco mentre sto scrivendo: non perché non l’ho proprio capito, ma perché mi sono impegnato, nel cercare di capirlo.
Infine devo dire che, oltre ad ammirare lo sforzo tecnico che è stato profuso, ho apprezzato anche l’intenzione di fare un esperimento narrativo, chissà magari prettamente commerciale, nel cercare di catturare l’attenzione dei più giovani con il lato “battle” e un pubblico più maturo con quello “crime”. Purtroppo però questo esperimento non è riuscito, e dal mio punto di vista, sarebbe stato molto meglio lo “split” in due distinte opere, dove avrei guardato volentieri quella “crime”, visto che per la “shonen”, sfortunatamente, non ho più l’età.
Il mio voto finale supera comunque la sufficienza.
Il “prodotto” ha molto del genere “crime mistery” ma anche del “battle shonen”; i paesaggi e le città si rifanno agli ambienti e alle strutture dell’Italia moderna, tuttavia è locato nel “Regno di Cremona”, che non è una penisola, ma un arcipelago circondato dal mare, che quindi ricorda molto il Giappone; Il tutto è inserito in un contesto “tecnico/scientifico”, ma ha molti tratti del fantasy; i prodotti tipici di questo paese sono “i panini alla crema di fagioli ”, “il gumbo” e le “zeppole di San Giuseppe”. Insomma se vogliamo rimanere in un ambito gastronomico, ci troviamo davanti ad una pietanza della cucina “fusion”, o semplicemente, come direbbe uno dei pesonaggi dei “Fratelli di Crozza”: a un bel "mischione"!
Riguardo i protagonisti, uno assomiglia molto a “il professore” de “La casa di carta”, ma con delle caratteristiche di “Elle” di “Death Note”; l’altro ha un so che di “Edward mani di forbice”, anche se qui dovremmo chiamarlo “mani di lama”, inoltre è un tipo "dark" e alato. I suoi avversari ricordano molto i clown, fanno rapine ed escogitano piani tanto malvagi, quanto cervellotici. Quest’ultimo e i suoi rivali, mi hanno fatto arrovellare le rotelle per un’intera nottata, perché avevo come un effetto déjà vu, ma senza capire da dove venisse: un protagonista "dark", alato; degli antagonisti clown malvagi e cervellotici; dark, alato, clown, rapine, oscuro… dove accidenti avevo visto qualcosa del genere? Poi alle prime luci dell’alba, complice anche una zanzara che non aveva nessuna intenzione di uscire dalla finestra per farsi mangiare, ho finalmente avuto la rivelazione ma, nel caso vogliate anche voi provare a indovinare, non spoilererò (però vi avverto, è difficile!).
Una delle protagoniste, Yuma, mi ricorda, sia nel modo di vestire che nell’aspetto, una scrittrice italiana, ma non essendo questa narratrice “main stream”, nemmeno qui in Italia, penso che sia solo un caso (qui sono serio). Ci sono poi delle scene, che rimandano anche alla scuola degli “X-men”, mentre un’altro dei personaggi, richiama alla memoria uno dei “drughi” di “Arancia meccanica” (ma qui, la “bombetta”, fa pensare più ad un tributo).
I “kattivi” si riconosco a distanza di un kilometro per un ghigno stampato sulla loro faccia, ma nel caso ci sia una talpa, questa lo mostrerà solo quando l’avranno scoperta (complimenti ottima interpretazione, oltre all’intera squadra, avevi ingannato anche me!). Poi ci sono i “kattivi kattivi”, che hanno tutti una caratteristica fisica in comune, ma non dico quale perché altrimenti vi svelo il finale.
Questa lunga introduzione giustificherebbe un voto totalmente insufficiente, tuttavia ci sono cose che invece mi sono piaciute:
Il comparto tecnico, al quale di solito non do molta importanza, devo dire che qui splende per il sol alto profilo:
I fondali della città sono straordinari; le animazioni fluide; ottimo il chara design; la CGI sui mezzi in movimento, anche se ancora non perfetta, perché rimane sempre quell'effetto scivolamento, è la migliore che abbia mai visto.
C’è anche una parte umoristica, a tratti un po’ forzata, ma che riesce comunque a strappare qualche sorriso ed alleggerire la narrazione; la squadra dei R.I.S., nel suo insieme, mi ha convinto decisamente. L’ending oltre che orecchiabile, si cala perfettamente nel contesto.
La storia come già accennato precedentemente è particolare, perché sembra procedere su binari paralleli, quasi come se si stia assistendo contemporaneamente a due anime differenti, ognuno dei quali ha un suo filo narrativo e una sua coppia protagonista/antagonista e lui/lei, e che sono in qualche modo speculari. Per un duo la sfida è prettamente intellettuale, ricorda molto il duello Holmes / Moriarty,per l’altro è totalmente fisica.
C’è poi tutta una sottotrama fatta di profezie, testi sacri, sacre scritture… che ha il compito di collegare la parte crime/terrestre con quella shonen/fantasy e di spiegare il perché di tutti questi accadimenti, tuttavia, questo intreccio, mi ha lasciato un senso di rammarico e di colpa, che ancora percepisco mentre sto scrivendo: non perché non l’ho proprio capito, ma perché mi sono impegnato, nel cercare di capirlo.
Infine devo dire che, oltre ad ammirare lo sforzo tecnico che è stato profuso, ho apprezzato anche l’intenzione di fare un esperimento narrativo, chissà magari prettamente commerciale, nel cercare di catturare l’attenzione dei più giovani con il lato “battle” e un pubblico più maturo con quello “crime”. Purtroppo però questo esperimento non è riuscito, e dal mio punto di vista, sarebbe stato molto meglio lo “split” in due distinte opere, dove avrei guardato volentieri quella “crime”, visto che per la “shonen”, sfortunatamente, non ho più l’età.
Il mio voto finale supera comunque la sufficienza.
Attenzione: la recensione contiene spoiler!
"B: The Beginning" è una serie del 2018, originale Netflix. La storia ruota attorno a due personaggi principali, Keith Flick, un investigatore geniale (della serie che, se Holmes riconosceva tutti i fanghi di Londra, questo qui con delle formule matematiche riesce a capire tutte le variabili in gioco nei vari casi), e Killer B, omicida misterioso e giustiziere. Loro due agiscono sempre in relazione ad avvenimenti passati e con spirito di vendetta non indifferente. Il fatto stesso che questo passato sia poi rivelato, non del tutto, un po' alla volta nei vari episodi fa sì che si abbia un certo alone di mistero intorno a queste due figure.
I "buoni" della situazione sono i RIS mentre il dipartimento centrale della polizia reale rappresenta la parte corrotta delle forze dell'ordine (non vi vengono in mente Gendarmeria centrale e Corpo di Ricerca di AOT?) che nascondono nell'ombra i Market Maker, organizzazione che agisce nell'ombra ed è formata da esseri umani modificati, i Reggie.
Al contrario di tutti gli altri, però, due (o tre) personaggi (tra cui Killer B) non sono Reggie, ma esseri antropomorfi del passato riportati in vita (anche se non si capisce bene se siano delle sorte di cloni o esseri redivivi). Tutti questi, ed altri personaggi (come Lyly) intersecano le loro storie e i loro obiettivi in una trama che non si riesce a sbrogliare del tutto, che è interessante ma che vuole inserire troppe cose in pochi episodi, dovendo quindi introdurre delle soluzioni un po' troppo veloci e che rovinano l'alone di mistero, talvolta quasi thriller, che si forma grazie a storie antiche che si mischiano con fantascienza, investigazione, poteri speciali, sentimenti, pazzia. Alcune scene sono davvero davvero inutili, alcuni personaggi che dovrebbero essere gli antagonisti principali sono senza un vero background. Il finale, non solo aperto, ma così rapido e gioioso mi ha un po' deluso... un po' tanto.
Il comparto tecnico è molto buono. L'opening è molto particolare e verso gli ultimi episodi acquista anche un senso un po' chiarificatore. Il chara design è soddisfacente e molte animazioni sono davvero fluide, coinvolgenti ed esprimono bene i concetti di agilità e potenza.
"B: The Beginning" è una serie del 2018, originale Netflix. La storia ruota attorno a due personaggi principali, Keith Flick, un investigatore geniale (della serie che, se Holmes riconosceva tutti i fanghi di Londra, questo qui con delle formule matematiche riesce a capire tutte le variabili in gioco nei vari casi), e Killer B, omicida misterioso e giustiziere. Loro due agiscono sempre in relazione ad avvenimenti passati e con spirito di vendetta non indifferente. Il fatto stesso che questo passato sia poi rivelato, non del tutto, un po' alla volta nei vari episodi fa sì che si abbia un certo alone di mistero intorno a queste due figure.
I "buoni" della situazione sono i RIS mentre il dipartimento centrale della polizia reale rappresenta la parte corrotta delle forze dell'ordine (non vi vengono in mente Gendarmeria centrale e Corpo di Ricerca di AOT?) che nascondono nell'ombra i Market Maker, organizzazione che agisce nell'ombra ed è formata da esseri umani modificati, i Reggie.
Al contrario di tutti gli altri, però, due (o tre) personaggi (tra cui Killer B) non sono Reggie, ma esseri antropomorfi del passato riportati in vita (anche se non si capisce bene se siano delle sorte di cloni o esseri redivivi). Tutti questi, ed altri personaggi (come Lyly) intersecano le loro storie e i loro obiettivi in una trama che non si riesce a sbrogliare del tutto, che è interessante ma che vuole inserire troppe cose in pochi episodi, dovendo quindi introdurre delle soluzioni un po' troppo veloci e che rovinano l'alone di mistero, talvolta quasi thriller, che si forma grazie a storie antiche che si mischiano con fantascienza, investigazione, poteri speciali, sentimenti, pazzia. Alcune scene sono davvero davvero inutili, alcuni personaggi che dovrebbero essere gli antagonisti principali sono senza un vero background. Il finale, non solo aperto, ma così rapido e gioioso mi ha un po' deluso... un po' tanto.
Il comparto tecnico è molto buono. L'opening è molto particolare e verso gli ultimi episodi acquista anche un senso un po' chiarificatore. Il chara design è soddisfacente e molte animazioni sono davvero fluide, coinvolgenti ed esprimono bene i concetti di agilità e potenza.
Attenzione: la recensione contiene lievi spoiler
Questo è un anime originale, con una buona trama e un ottimo intreccio narrativo, i protagonisti sono due e le loro storie sono intrecciate l'una con l'altra sebbene sembri che viaggino parallelamente.
La storia del ragazzo e la storia dell'investigatore geniale, in molti punti persino collidono; la trama è interessante e coinvolgente, il finale lascia un pochino con l'amaro in bocca e con l'ultima scena che fa capire ci sarà una seconda stagione.
I personaggi sono tanti e tutti ben caratterizzati partendo dai protagonisti per arrivare agli antagonisti, che hanno un ottimo background e un risvolto psicologico davvero notevole, cosa che ho molto apprezzato; sono tutti interessanti e vengono ben articolati durante tutta l'opera.
Il comparto tecnico è buono, senza cali di frame rate e con animazioni piuttosto fluide, combattimenti spettacolari con ottimi effetti, buona anche la colonna sonora e davvero originale e singolare l'intro, avrebbero potuto osare un po' di più sulle colonne sonore. Il character design è buono. È presente il doppiaggio in italiano.
In conclusione un buono/ottimo anime da guardare, che consiglio sperando nella seconda stagione a breve.
Questo è un anime originale, con una buona trama e un ottimo intreccio narrativo, i protagonisti sono due e le loro storie sono intrecciate l'una con l'altra sebbene sembri che viaggino parallelamente.
La storia del ragazzo e la storia dell'investigatore geniale, in molti punti persino collidono; la trama è interessante e coinvolgente, il finale lascia un pochino con l'amaro in bocca e con l'ultima scena che fa capire ci sarà una seconda stagione.
I personaggi sono tanti e tutti ben caratterizzati partendo dai protagonisti per arrivare agli antagonisti, che hanno un ottimo background e un risvolto psicologico davvero notevole, cosa che ho molto apprezzato; sono tutti interessanti e vengono ben articolati durante tutta l'opera.
Il comparto tecnico è buono, senza cali di frame rate e con animazioni piuttosto fluide, combattimenti spettacolari con ottimi effetti, buona anche la colonna sonora e davvero originale e singolare l'intro, avrebbero potuto osare un po' di più sulle colonne sonore. Il character design è buono. È presente il doppiaggio in italiano.
In conclusione un buono/ottimo anime da guardare, che consiglio sperando nella seconda stagione a breve.
Questa serie TV è davvero molto strana e insolita. Mi sono avvicinato ad essa in quanto mi piaceva l'ambientazione, in qualche modo vicina all'Italia, così come il filone criminale investigativo. Già da subito è chiaro che non è quello che può sembrare dai primi minuti, ed è un eufemismo dire che andando avanti le cose si fanno sempre più strane.
I personaggi sono molto diversi e sono parecchi, forse anche troppi, tra antagonisti e protagonisti. Si parte dall’investigatore geniale e un po’ sconnesso con il mondo circostante, alla sua squadra molto più normale e la sua solare e volenterosa compagna di investigazioni. Poi c’è l’altro vero protagonista, un ragazzo con un passato oscuro, tormentato e con poteri grandiosi. Già questo contrasto tra un protagonista razionale e logico, alla Sherlock Holmes per intenderci, e uno invece tutto superpoteri e azione, mi fa strano. Poi ci sono gli antagonisti, si va dal politico al serial killer, passando dal tossico e tanto altro. Non mancano poi altre figure in gioco, entità molto più grandi, organizzazioni, corporazioni, governi, profezie e così via (non sono preciso per non fare spoiler).
Tutto questo per dire che ho trovato "B: The Beginning" come un prodotto con grandi potenzialità, ma che vuol strafare, e quello lo porta a essere secondo la mia opinione meno coinvolgente e appassionante di quello che è. Avrebbe potuto tenere le cose più semplici, concentrarsi a fare bene poche cose, piuttosto che voler prendere dieci idee, generi, ambientazioni, spunti e fonderli in qualcosa che inevitabilmente si dimostra confuso.
Proprio questa confusione lo porta a prendere di mordente, ho faticato ad appassionarmi a qualcuno, perché in dodici episodi si salta continuamente di qua e di là, tra flashback, deduzioni, investigazioni, combattimenti, colpi di scena e così via. Tantissime cose, ma messe insieme senza un vero filo logico coerente mentre, quello che traspare, sono tanti cliché e un po’ di banalità. Tante idee, ma confuse, rimesse insieme in qualche modo. Tanti personaggi, troppi variegati che faticano a formare un team carismatico. Tantissimi spunti, ancor più confusione. Insomma, un caos.
Dal punto di vista tecnico, davvero eccellente, belli gli scontri e il character design, splendide alcuni animazioni, belli i fondali e le ambientazioni.
Alla fine, l’ho guardato fino alla fine, non mi è dispiaciuto, non mi è nemmeno piaciuto. Non so se guarderò la seconda.
I personaggi sono molto diversi e sono parecchi, forse anche troppi, tra antagonisti e protagonisti. Si parte dall’investigatore geniale e un po’ sconnesso con il mondo circostante, alla sua squadra molto più normale e la sua solare e volenterosa compagna di investigazioni. Poi c’è l’altro vero protagonista, un ragazzo con un passato oscuro, tormentato e con poteri grandiosi. Già questo contrasto tra un protagonista razionale e logico, alla Sherlock Holmes per intenderci, e uno invece tutto superpoteri e azione, mi fa strano. Poi ci sono gli antagonisti, si va dal politico al serial killer, passando dal tossico e tanto altro. Non mancano poi altre figure in gioco, entità molto più grandi, organizzazioni, corporazioni, governi, profezie e così via (non sono preciso per non fare spoiler).
Tutto questo per dire che ho trovato "B: The Beginning" come un prodotto con grandi potenzialità, ma che vuol strafare, e quello lo porta a essere secondo la mia opinione meno coinvolgente e appassionante di quello che è. Avrebbe potuto tenere le cose più semplici, concentrarsi a fare bene poche cose, piuttosto che voler prendere dieci idee, generi, ambientazioni, spunti e fonderli in qualcosa che inevitabilmente si dimostra confuso.
Proprio questa confusione lo porta a prendere di mordente, ho faticato ad appassionarmi a qualcuno, perché in dodici episodi si salta continuamente di qua e di là, tra flashback, deduzioni, investigazioni, combattimenti, colpi di scena e così via. Tantissime cose, ma messe insieme senza un vero filo logico coerente mentre, quello che traspare, sono tanti cliché e un po’ di banalità. Tante idee, ma confuse, rimesse insieme in qualche modo. Tanti personaggi, troppi variegati che faticano a formare un team carismatico. Tantissimi spunti, ancor più confusione. Insomma, un caos.
Dal punto di vista tecnico, davvero eccellente, belli gli scontri e il character design, splendide alcuni animazioni, belli i fondali e le ambientazioni.
Alla fine, l’ho guardato fino alla fine, non mi è dispiaciuto, non mi è nemmeno piaciuto. Non so se guarderò la seconda.
"B the Begining" è quel tipo di anime che sulla carta possedeva ogni caratteristica per essere un prodotto di qualità. Casa di animazione I.G (quella di "Ghost in the Shell" e per la parte animata in "Kill Bill Vol 1"), uno dei registi che si era occupato in seconda unità proprio del segmento animato di "Kill Bill" e poi l'animatore di "Samurai Champloo", un'ottima colonna sonora e dei personaggi interessanti, in primis il detective Keith Flick.
Cosa non va? In primis un numero esiguo di episodi, 12, quando la storia se seguita attentamente è molto complessa. Complessità che si traduce nel risolvere velocemente molto passaggi, concentrarsi su alcuni personaggi, lasciando in ombra altri, arrivando ad un finale che chiarisce alcuni aspetti e ne lascia inspiegati molti.
Tornando ai personaggi, per quanto i secondari si presentino interessanti, l'unico che emerge è il solo detective Keith Flick, il tutto comporta che per quanto caratterizzati, i secondari, e anche i vari antagonisti, non lasciano eccessivamente il segno.
Tutto questo comporta che una volta terminata la visione su Netflix, si resti con l'amaro in bocca, soprattutto perché realizzata non da esordienti. Vale in ogni caso la visione se si cerca una serie da consumare in fretta e che lasci qualcosa. Una trama gestita meglio, ne avrebbe fatto un'ottimo prodotto, che così non può che rimanere sulla sufficienza.
Cosa non va? In primis un numero esiguo di episodi, 12, quando la storia se seguita attentamente è molto complessa. Complessità che si traduce nel risolvere velocemente molto passaggi, concentrarsi su alcuni personaggi, lasciando in ombra altri, arrivando ad un finale che chiarisce alcuni aspetti e ne lascia inspiegati molti.
Tornando ai personaggi, per quanto i secondari si presentino interessanti, l'unico che emerge è il solo detective Keith Flick, il tutto comporta che per quanto caratterizzati, i secondari, e anche i vari antagonisti, non lasciano eccessivamente il segno.
Tutto questo comporta che una volta terminata la visione su Netflix, si resti con l'amaro in bocca, soprattutto perché realizzata non da esordienti. Vale in ogni caso la visione se si cerca una serie da consumare in fretta e che lasci qualcosa. Una trama gestita meglio, ne avrebbe fatto un'ottimo prodotto, che così non può che rimanere sulla sufficienza.
Ottima fatturazione! La storia è un po' particolare come i personaggi e le animazioni presenti.
Possiamo dire che almeno vediamo qualcosa di un po' diverso! Quello che mi ha colpito di più sono dei tratti di alcuni combattimenti di alto livello che in poche altre serie animate ho potuto vedere a parer mio. Non è di certo un opera che posso consigliare a tutti, comunque, visto che la trama e la grafica di certo non si avvicinano nemmeno a un genere azione di quelli che siamo abituati a vedere tutti i giorni. Guardatelo solo se vi piacciono le cose alternative.
Possiamo dire che almeno vediamo qualcosa di un po' diverso! Quello che mi ha colpito di più sono dei tratti di alcuni combattimenti di alto livello che in poche altre serie animate ho potuto vedere a parer mio. Non è di certo un opera che posso consigliare a tutti, comunque, visto che la trama e la grafica di certo non si avvicinano nemmeno a un genere azione di quelli che siamo abituati a vedere tutti i giorni. Guardatelo solo se vi piacciono le cose alternative.
"B: The Beginning" è un anime del 2018 dello studio Production I.G., di genere thriller, poliziesco e soprannaturale.
La storia si svolge su un’isola che sembra leggermente ispirata a un’isola italiana; qui un reparto speciale della polizia chiamato RIS deve indagare su un particolare serial killer soprannominato B.
Questo serial killer sembra dotato di poteri soprannaturali, in quanto riesce a uccidere tantissime persone (anche armate) contemporaneamente, usando strumenti da taglio o addirittura a mani nude. Un‘altra sua particolarità è quella che uccide solo criminali o presunti tali, come se fosse un giustiziere.
Il motivo per cui viene chiamato B è perché lascia questa lettera dove compie i suoi omicidi. Ai RIS si unirà una persona molto speciale, che viene chiamata "Genio", ma il suo vero nome è Keith Flick: egli è un investigatore di fama mondiale, ma da molti anni non si sapeva che fine avesse fatto.
Il "Genio", insieme ai RIS, cercherà di andare in fondo alla vicenda e ci saranno importantissimi colpi di scena: si scoprirà che non si tratta di un "semplice" serial killer, ma di qualcosa di più profondo e oscuro.
Non continuo dicendo cosa succederà nella trama dato che sarebbe spoiler, ma per la valutazione devo dire una cosa: l'opera sembra quasi avere due trame: da una parte il lato poliziesco e thriller, mentre dall'altro un aspetto soprannaturale; il fatto di averli sviluppati entrambi penso che sia stato un errore.
Sarebbe stato molto meglio a mio avviso sviluppare solo una di queste due trame, e mi riferisco alla parte poliziesca e thriller, che era molto più interessante e bella. In quel caso avrei dato un voto molto più alto, soprattutto perché la trama soprannaturale (di cui non faccio spoiler), per come è stata impostata qui, è qualcosa di già visto e rivisto, e l'ho considerata molto noiosa e banale.
Passiamo all'aspetto tecnico dell'opera: le animazioni sono molto belle, escludendo un calo nei primi episodi, soprattutto per alcuni veicoli (troppa CGI), nel resto dell'anime non assistiamo a particolari cali, e gli scontri sono particolarmente belli.
Per quanto riguarda le musiche, escludendo l'opening, l'ending e le colonne sonore sono state di mio gradimento, quest'ultime molto "delicate" per così dire.
Passiamo ora alla caratterizzazione dei personaggi, che considero uno dei punti di forza dell'anime: il lato umano e psicologico dei personaggi è ben fatto, vediamo la parte più nascosta di loro, ed agiscono in modo coerente. Tra i migliori, a mio avviso, ci sono il "Genio" e l'antagonista, e questo si vedrà nella parte finale della serie.
Nell'opera lo scontro psicologico e il tema del complotto sono molto presenti, e a mio avviso sono ben rappresentati, rendendoli dei punti di forza.
Nell'anime sono presenti anche altri temi, come la religione, la scienza, la politica, ecc., ma una serie da dodici episodi non permette ovviamente di trattare questi temi in modo completo, quindi risultano solo dei semplici accenni.
In conclusione, ritengo "B: The Beginning" un anime decisamente buono, consigliato a chi vuole un‘opera poliziesca e thriller, e con un forte scontro psicologico tra personaggi, ma che poteva essere una piccola perla, se non avesse avuto la parte soprannaturale, rendendolo "solamente" un anime decisamente buono .
La storia si svolge su un’isola che sembra leggermente ispirata a un’isola italiana; qui un reparto speciale della polizia chiamato RIS deve indagare su un particolare serial killer soprannominato B.
Questo serial killer sembra dotato di poteri soprannaturali, in quanto riesce a uccidere tantissime persone (anche armate) contemporaneamente, usando strumenti da taglio o addirittura a mani nude. Un‘altra sua particolarità è quella che uccide solo criminali o presunti tali, come se fosse un giustiziere.
Il motivo per cui viene chiamato B è perché lascia questa lettera dove compie i suoi omicidi. Ai RIS si unirà una persona molto speciale, che viene chiamata "Genio", ma il suo vero nome è Keith Flick: egli è un investigatore di fama mondiale, ma da molti anni non si sapeva che fine avesse fatto.
Il "Genio", insieme ai RIS, cercherà di andare in fondo alla vicenda e ci saranno importantissimi colpi di scena: si scoprirà che non si tratta di un "semplice" serial killer, ma di qualcosa di più profondo e oscuro.
Non continuo dicendo cosa succederà nella trama dato che sarebbe spoiler, ma per la valutazione devo dire una cosa: l'opera sembra quasi avere due trame: da una parte il lato poliziesco e thriller, mentre dall'altro un aspetto soprannaturale; il fatto di averli sviluppati entrambi penso che sia stato un errore.
Sarebbe stato molto meglio a mio avviso sviluppare solo una di queste due trame, e mi riferisco alla parte poliziesca e thriller, che era molto più interessante e bella. In quel caso avrei dato un voto molto più alto, soprattutto perché la trama soprannaturale (di cui non faccio spoiler), per come è stata impostata qui, è qualcosa di già visto e rivisto, e l'ho considerata molto noiosa e banale.
Passiamo all'aspetto tecnico dell'opera: le animazioni sono molto belle, escludendo un calo nei primi episodi, soprattutto per alcuni veicoli (troppa CGI), nel resto dell'anime non assistiamo a particolari cali, e gli scontri sono particolarmente belli.
Per quanto riguarda le musiche, escludendo l'opening, l'ending e le colonne sonore sono state di mio gradimento, quest'ultime molto "delicate" per così dire.
Passiamo ora alla caratterizzazione dei personaggi, che considero uno dei punti di forza dell'anime: il lato umano e psicologico dei personaggi è ben fatto, vediamo la parte più nascosta di loro, ed agiscono in modo coerente. Tra i migliori, a mio avviso, ci sono il "Genio" e l'antagonista, e questo si vedrà nella parte finale della serie.
Nell'opera lo scontro psicologico e il tema del complotto sono molto presenti, e a mio avviso sono ben rappresentati, rendendoli dei punti di forza.
Nell'anime sono presenti anche altri temi, come la religione, la scienza, la politica, ecc., ma una serie da dodici episodi non permette ovviamente di trattare questi temi in modo completo, quindi risultano solo dei semplici accenni.
In conclusione, ritengo "B: The Beginning" un anime decisamente buono, consigliato a chi vuole un‘opera poliziesca e thriller, e con un forte scontro psicologico tra personaggi, ma che poteva essere una piccola perla, se non avesse avuto la parte soprannaturale, rendendolo "solamente" un anime decisamente buono .
Anime ben fatto sotto molti aspetti: character design, sfondi (i migliori che io abbia mai visto finora), combattimenti spettacolari (il mio preferito è quello tra Koku e Izanami), colonna sonora e tutti gli aspetti tecnici in generale. Nonostante non sia proprio una fan del genere splatter, che a dirla tutta ogni volta che cominciano schizzi di sangue chiudo gli occhi e tolgo l'audio, questo anime mi ha preso moltissimo per la trama, che secondo me non è proprio banale e difatti spero esca presto la seconda stagione in cui magari mostreranno un po' di più il passato dei protagonisti.
La psicologia che c'è dietro ai personaggi è molto contorta ma verso la fine viene sciolta abbastanza bene.
Per quanto riguarda l'evoluzione della storia nei primi episodi cercavo di ricostruire gli eventi ma senza successo perché era un susseguirsi di enigmi, ma da circa metà sono riuscita a capire praticamente tutto grazie anche ai continui flashback.
Molto consigliato, a parere mio, a tutti gli amanti di thriller psicologici nonostante i fiumi di sangue che, secondo me, sono una grande pecca per chi non ama il genere splatter (ovviamente essendo un poliziesco è naturale che un po' ce ne sia). Si sarebbe meritato anche 9 se ci fosse stato meno sangue perché è proprio un buon anime.
La psicologia che c'è dietro ai personaggi è molto contorta ma verso la fine viene sciolta abbastanza bene.
Per quanto riguarda l'evoluzione della storia nei primi episodi cercavo di ricostruire gli eventi ma senza successo perché era un susseguirsi di enigmi, ma da circa metà sono riuscita a capire praticamente tutto grazie anche ai continui flashback.
Molto consigliato, a parere mio, a tutti gli amanti di thriller psicologici nonostante i fiumi di sangue che, secondo me, sono una grande pecca per chi non ama il genere splatter (ovviamente essendo un poliziesco è naturale che un po' ce ne sia). Si sarebbe meritato anche 9 se ci fosse stato meno sangue perché è proprio un buon anime.
Inizio dicendo che è davvero un bell'anime, è riuscito a mantenere vivo il mio interesse fino alla fine.
Animazioni curate, trama accattivante, il sovrannaturale che si fonde e si incastra benissimo con la realtà trattando tematiche anche complesse. Sono molti i punti a favore ma sono presenti anche fattori negativi fondamentalmente legati alla breve durata di questa prima stagione. Dodici episodi non sono stati sufficienti (e facile non è) per approfondire alcuni aspetti, come il passato dei protagonisti e la loro psiche, aspetti che avrebbero meritato sicuramente più spazio e che avrebbero certamente permesso allo spettatore di legarsi maggiormente dal punto di vista emotivo ai personaggi facendolo sentire ancora più partecipe. Per concludere, è decisamente un buon prodotto ma che sarebbe potuto essere ancora migliore se si fossero approfonditi alcuni di quegli aspetti fondamentali tipici del genere.
Animazioni curate, trama accattivante, il sovrannaturale che si fonde e si incastra benissimo con la realtà trattando tematiche anche complesse. Sono molti i punti a favore ma sono presenti anche fattori negativi fondamentalmente legati alla breve durata di questa prima stagione. Dodici episodi non sono stati sufficienti (e facile non è) per approfondire alcuni aspetti, come il passato dei protagonisti e la loro psiche, aspetti che avrebbero meritato sicuramente più spazio e che avrebbero certamente permesso allo spettatore di legarsi maggiormente dal punto di vista emotivo ai personaggi facendolo sentire ancora più partecipe. Per concludere, è decisamente un buon prodotto ma che sarebbe potuto essere ancora migliore se si fossero approfonditi alcuni di quegli aspetti fondamentali tipici del genere.
Qualche tempo fa affermai, in un'altra mia recensione, che per capire appieno le opere appartenenti ad una certa tipologia di anime, è necessario guardarseli due volte: una prima volta per apprendere gli eventi che compongono la storia, e una seconda volta per cercare di metterli assieme e dargli un senso compiuto. Secondo il parere di chi scrive, anche per "B: the Beginning" vale questa considerazione, e questo non perché l'anime presenti grossi problemi di comprensibilità, ma solo per una questione di godibilità: se non ci si distrae troppo, le linee generali della storia possono essere intuite subito per cui, almeno in teoria, una seconda visione non è strettamente necessaria. Ma il ritmo serrato, il continuo avvicendarsi di misteri e il doppio binario su cui si muove la storia ne rendono particolarmente impegnativa la visione, e richiedono un livello di attenzione pieno e stabile. Per questo motivo scegliere di rivedersi tutto senza aver più il peso di dover memorizzare ogni evento, ogni azione o ogni discussione, consentirebbe allo spettatore di godersi maggiormente l'anime. In più, sia che si sia stati attenti sia che ci sia lasciati distrarre dagli imprevisti della vita, la seconda visione consentirebbe comunque di fare luce su alcuni dettagli che erano stati trascurati o dimenticati al primo “giro”.
"B: the beginning" è una serie anime nata dalla penna di Katsuya Ishida, prodotta da Production I.G e diretta da Kazuto Nakazawa e Yoshiki Yamakawa; la serie è stata poi inclusa tra le esclusive del catalogo Netflix.
Il regno di Cremona è in fermento a causa di una serie di omicidi compiuti da un misterioso assassino a cui è stato dato il nome di Killer B, a causa del simbolo che è solito disegnare accanto al corpo delle vittime. Sulle sue tracce si muoveranno i poliziotti del RIS i quali, però, scopriranno che la situazione è molto più complessa rispetto a quanto ci si potesse aspettare: dovranno fare i conti con misteri millenari, complotti scientifico-militari, assassini di origine non umana, psicopatici di origine umana e con una serie all'apparenza interminabile di segreti e misteri.
Cominciamo la nostra analisi facendo una piccola precisazione: anche se il nome della città in cui si svolgono i fatti si chiama Cremona, anche se la squadra di polizia locale si chiama RIS (che non corrisponde al nostro Reparto Investigazioni Scientifiche ma alla più fantasiosa Royal Intelligence Service), anche se molti negozi hanno insegne in lingua italiana, anche se le zeppole di San Giuseppe fanno parte della tradizione gastronomica locale, la storia non si svolge affatto in Italia, ma è ambientata in un mondo di fantasia. A dimostrazione di questo, ad esempio, si pensi che i nomi dei personaggi e di molte pietanze sono giapponesi e che i giornali locali usano la lingua inglese. Per questo motivo troverei infondate eventuali critiche che si basino sulle incongruenze tra la Cremona rappresentata nell’anime ed i tratti caratteristici di una qualsiasi città italiana: l’autore ha solo voluto fare degli omaggi al nostro paese e non ambientare la storia in Italia.
La sceneggiatura, come si sarà ormai intuito, ha nella complessità la sua caratteristica principale ma, a differenza di quanto ci si possa aspettare, non risulta quasi mai stancante o ammorbante: l'anime, infatti, riesce ad alternare intelligentemente misteri e spiegazioni, attraverso un dosaggio che da un lato dà soddisfazione allo spettatore, perché quest'ultimo riceve sempre le risposte che necessita nel breve periodo, ma che dall'altro non chiude mai il cerchio e lascia aperte molte questioni che verranno risolte solo col tempo. In questo contesto mi sento di condividere l'idea, espressa da molti, secondo cui alcune complicazioni erano evitabili, poiché appesantiscono inutilmente la trama; ma si tratta di un difetto trascurabile in quanto, generalmente, si riferiscono a dettagli di scarsa importanza. A completare il quadro ci sono molti momenti di puro alleggerimento che risultano molto utili a far legare emotivamente lo spettatore coi vari protagonisti.
Sempre in relazione alla sceneggiatura, la trama può essere comodamente divisa in due parti: a seconda dei personaggi coinvolti, infatti, si può parlare di una componente “umana” e di una componente “non umana”. Pur essendoci, ovviamente, molti punti di contatto, la sensazione che resta dopo la visione dell'anime è che una parte non era strettamente necessaria all'altra ma che ognuna avrebbe potuto vivere benissimo di vita propria. La cosa potrebbe essere interpretata come un difetto, e forse lo è; tuttavia anche in questo caso non darei troppa importanza alla cosa, dato che da un lato tutte e due le parti risultano comunque coinvolgenti e che dall'altro si tratta pur sempre della stessa storia vista da due diversi punti di vista.
Dove, invece, questa bipartizione diventa importante è nell'analisi dei personaggi. Il grado di attrattività di questi ultimi, infatti, è diversa: i RIS risultano di gran lunga più affascinanti rispetto a Koku ed ai “Market Makers”. La spiegazione del diverso livello di appeal sta nel fatto che le personalità di questi ultimi, almeno secondo il parere di chi scrive, non sono state approfondite sufficientemente. Koku, ad esempio, è un personaggio con una personalità all'apparenza piena di sfaccettature ma che, paradossalmente, rischia di essere ricordato solo per il suo ripetere ossessivamente “dov'è Yuna?” di fronte al nemico di turno.
Molto diverso, invece, il discorso sugli umani. Sia che si parli di personaggi importanti che si parli di personaggi secondari, è molto semplice instaurare un legame con loro, perché le loro personalità sono state approfondite decisamente meglio. La vera mossa vincente, però, è stata quella di non aver puntato su poche personalità carismatiche ma su un team brillante ed affiatato: da questo punto di vista posso spingermi ad affermare che i veri protagonisti di questo anime non sono né Keith né Lily ma i “RIS” considerati nel loro complesso.
A completare l'opera concorrono anche un comparto grafico di primissimo ordine ed una colonna sonora eccezionale. Una menzione particolare merita la sigla di chiusura, “The Perfect World” composta da Marty Friedman e cantata da Jean-Ken Johnny, il vocalist dei Man with a mission: mai saltata una volta alla fine di ogni episodio. Non c’è invece una sigla iniziale vera e propria ma la sua assenza non si nota affatto.
In definitiva il mio giudizio su questo anime è molto buono. Nonostante i difetti evidenziati, infatti, "B: the beginning" è un anime che riesce a mantenere sempre alta l'attenzione dello spettatore; e grazie alla decisione di Netflix di proporre tutti insieme i dodici episodi che compongono la serie, la possibilità che la sua visione si trasformi in una maratona è un'eventualità tutt'altro che remota. Probabilmente non piacerà a tutti: ma a parere di chi scrive andrebbe almeno provato.
"B: the beginning" è una serie anime nata dalla penna di Katsuya Ishida, prodotta da Production I.G e diretta da Kazuto Nakazawa e Yoshiki Yamakawa; la serie è stata poi inclusa tra le esclusive del catalogo Netflix.
Il regno di Cremona è in fermento a causa di una serie di omicidi compiuti da un misterioso assassino a cui è stato dato il nome di Killer B, a causa del simbolo che è solito disegnare accanto al corpo delle vittime. Sulle sue tracce si muoveranno i poliziotti del RIS i quali, però, scopriranno che la situazione è molto più complessa rispetto a quanto ci si potesse aspettare: dovranno fare i conti con misteri millenari, complotti scientifico-militari, assassini di origine non umana, psicopatici di origine umana e con una serie all'apparenza interminabile di segreti e misteri.
Cominciamo la nostra analisi facendo una piccola precisazione: anche se il nome della città in cui si svolgono i fatti si chiama Cremona, anche se la squadra di polizia locale si chiama RIS (che non corrisponde al nostro Reparto Investigazioni Scientifiche ma alla più fantasiosa Royal Intelligence Service), anche se molti negozi hanno insegne in lingua italiana, anche se le zeppole di San Giuseppe fanno parte della tradizione gastronomica locale, la storia non si svolge affatto in Italia, ma è ambientata in un mondo di fantasia. A dimostrazione di questo, ad esempio, si pensi che i nomi dei personaggi e di molte pietanze sono giapponesi e che i giornali locali usano la lingua inglese. Per questo motivo troverei infondate eventuali critiche che si basino sulle incongruenze tra la Cremona rappresentata nell’anime ed i tratti caratteristici di una qualsiasi città italiana: l’autore ha solo voluto fare degli omaggi al nostro paese e non ambientare la storia in Italia.
La sceneggiatura, come si sarà ormai intuito, ha nella complessità la sua caratteristica principale ma, a differenza di quanto ci si possa aspettare, non risulta quasi mai stancante o ammorbante: l'anime, infatti, riesce ad alternare intelligentemente misteri e spiegazioni, attraverso un dosaggio che da un lato dà soddisfazione allo spettatore, perché quest'ultimo riceve sempre le risposte che necessita nel breve periodo, ma che dall'altro non chiude mai il cerchio e lascia aperte molte questioni che verranno risolte solo col tempo. In questo contesto mi sento di condividere l'idea, espressa da molti, secondo cui alcune complicazioni erano evitabili, poiché appesantiscono inutilmente la trama; ma si tratta di un difetto trascurabile in quanto, generalmente, si riferiscono a dettagli di scarsa importanza. A completare il quadro ci sono molti momenti di puro alleggerimento che risultano molto utili a far legare emotivamente lo spettatore coi vari protagonisti.
Sempre in relazione alla sceneggiatura, la trama può essere comodamente divisa in due parti: a seconda dei personaggi coinvolti, infatti, si può parlare di una componente “umana” e di una componente “non umana”. Pur essendoci, ovviamente, molti punti di contatto, la sensazione che resta dopo la visione dell'anime è che una parte non era strettamente necessaria all'altra ma che ognuna avrebbe potuto vivere benissimo di vita propria. La cosa potrebbe essere interpretata come un difetto, e forse lo è; tuttavia anche in questo caso non darei troppa importanza alla cosa, dato che da un lato tutte e due le parti risultano comunque coinvolgenti e che dall'altro si tratta pur sempre della stessa storia vista da due diversi punti di vista.
Dove, invece, questa bipartizione diventa importante è nell'analisi dei personaggi. Il grado di attrattività di questi ultimi, infatti, è diversa: i RIS risultano di gran lunga più affascinanti rispetto a Koku ed ai “Market Makers”. La spiegazione del diverso livello di appeal sta nel fatto che le personalità di questi ultimi, almeno secondo il parere di chi scrive, non sono state approfondite sufficientemente. Koku, ad esempio, è un personaggio con una personalità all'apparenza piena di sfaccettature ma che, paradossalmente, rischia di essere ricordato solo per il suo ripetere ossessivamente “dov'è Yuna?” di fronte al nemico di turno.
Molto diverso, invece, il discorso sugli umani. Sia che si parli di personaggi importanti che si parli di personaggi secondari, è molto semplice instaurare un legame con loro, perché le loro personalità sono state approfondite decisamente meglio. La vera mossa vincente, però, è stata quella di non aver puntato su poche personalità carismatiche ma su un team brillante ed affiatato: da questo punto di vista posso spingermi ad affermare che i veri protagonisti di questo anime non sono né Keith né Lily ma i “RIS” considerati nel loro complesso.
A completare l'opera concorrono anche un comparto grafico di primissimo ordine ed una colonna sonora eccezionale. Una menzione particolare merita la sigla di chiusura, “The Perfect World” composta da Marty Friedman e cantata da Jean-Ken Johnny, il vocalist dei Man with a mission: mai saltata una volta alla fine di ogni episodio. Non c’è invece una sigla iniziale vera e propria ma la sua assenza non si nota affatto.
In definitiva il mio giudizio su questo anime è molto buono. Nonostante i difetti evidenziati, infatti, "B: the beginning" è un anime che riesce a mantenere sempre alta l'attenzione dello spettatore; e grazie alla decisione di Netflix di proporre tutti insieme i dodici episodi che compongono la serie, la possibilità che la sua visione si trasformi in una maratona è un'eventualità tutt'altro che remota. Probabilmente non piacerà a tutti: ma a parere di chi scrive andrebbe almeno provato.
"B: The beginning".
Ottimo anime, no?
Sì e no. Per alcune cose un gran titolo, per altre banale dove non dovrebbe.
Ma andiamo per ordine. Cosa mi è piaciuto del nuovo anime di Netflix? Facile: grafica, combattimenti, animazioni, character design e musiche. Insomma, tutto il comparto tecnico. Tra le cose citate il migliore penso sia il Character design: pulito, originale e molto, molto suggestivo. Soprattutto nei "cattivi". Migliore su tutti "Izanami".
Senza infamia e senza lode la trama. Molto avvincente all'inizio e sempre più banale con il passare del tempo.
Cosa non mi ha convinto, invece? I personaggi. Tutti abbastanza prevedibili e mai con quella marcia in più che tanto piace a me. Per carità, non erano da buttare, ma mi aspettavo molto di più, soprattutto considerando che ad un certo punto la trama cala, lasciando presagire tutto ciò che succederà.
Nel complesso è stato un anime molto gradevole da guardare, solo gli ultimi tre/quattro episodi mi hanno un po' stancato, ma compensati dai primi quattro veramente eccezionali. Purtroppo è uno di quei titoli discendenti, inizio strepitoso, finale in sordina.
Comunque, un solido 7.5.
Ottimo anime, no?
Sì e no. Per alcune cose un gran titolo, per altre banale dove non dovrebbe.
Ma andiamo per ordine. Cosa mi è piaciuto del nuovo anime di Netflix? Facile: grafica, combattimenti, animazioni, character design e musiche. Insomma, tutto il comparto tecnico. Tra le cose citate il migliore penso sia il Character design: pulito, originale e molto, molto suggestivo. Soprattutto nei "cattivi". Migliore su tutti "Izanami".
Senza infamia e senza lode la trama. Molto avvincente all'inizio e sempre più banale con il passare del tempo.
Cosa non mi ha convinto, invece? I personaggi. Tutti abbastanza prevedibili e mai con quella marcia in più che tanto piace a me. Per carità, non erano da buttare, ma mi aspettavo molto di più, soprattutto considerando che ad un certo punto la trama cala, lasciando presagire tutto ciò che succederà.
Nel complesso è stato un anime molto gradevole da guardare, solo gli ultimi tre/quattro episodi mi hanno un po' stancato, ma compensati dai primi quattro veramente eccezionali. Purtroppo è uno di quei titoli discendenti, inizio strepitoso, finale in sordina.
Comunque, un solido 7.5.
"B: The Beginning" si è rivelato una piacevole sorpresa, anche se i numerosi cliché presenti non hanno prodotto la ciambella col buco.
Si propone come un prodotto curato, dal character design maturo all'ambientazione simil-italiana, con vetture e mezzi vintage ma con computer, hacker, videosorveglianza, cellulari, quindi un approccio tecnologico moderno.
La storia, un pò criptica all'inizio, propone lo scontro tra due fazioni dotate di superforza e poteri: una con grossi agganci e finanziamenti, composta da pazzoidi col viso dipinto come piace ai character giapponesi, si muove nell'ombra e crea caos e conflitto con lo scopo di attirare allo scoperto B13; l'altra è B13, frutto di un esperimento atto a dare vita all'essere perfetto (con le ali che non reggerebbero metà del suo peso) e privo di memoria che vive solo per vendetta e per ricercare la sua amata, di cui conserva pochi ricordi.
In mezzo a questo scontro si infilano i RIS di Par... no di Cremona che provano a venirne a capo.
Da un lato vi sono piani cervellotici per far uscire allo scoperto B13, dall'altra vi sono deduzioni impossibili degli investigatori che seguono una doppia trama. Tutto infarcito di pazzoidi e scene sanguinolente e un'atmosfera a tratti cupa in cui tutto è manipolato.
Tra tutti emerge la figura dell'ispettore alternativo e "genio" che scarabocchiando lavagne trova soluzioni.
Se da un lato la scelta di avere molti protagonisti adulti è di mio gusto, non capisco perché tutti i pazzi o i cattivi debbano avere disegni in volto. Non capisco nemmeno perché quasi tutti i cattivi devono essere pazzi (anche se è spiegato), ne perché il buono debba venire trafitto venti volte, prima di urlare alla Goku e sconfiggere il cattivo di turno.
La parte inerente all'approfondimento "archeologico" viene quasi subito liquidata, spero sia ripresa nella prossima stagione.
Il ritmo è abbastanza sostenuto per dieci episodi, poi cala improvvisamente ed assistiamo a due episodi con lunghi monologhi ed altrettanti spiegoni, che potevano essere gestiti in modo migliore.
Ottima l'ending finale, ho sempre bloccato l'avvio automatico dell'episodio successivo per ascoltarmela tutta.
Tutto sommato un bilancio positivo, anche se con troppi cliché.
Si propone come un prodotto curato, dal character design maturo all'ambientazione simil-italiana, con vetture e mezzi vintage ma con computer, hacker, videosorveglianza, cellulari, quindi un approccio tecnologico moderno.
La storia, un pò criptica all'inizio, propone lo scontro tra due fazioni dotate di superforza e poteri: una con grossi agganci e finanziamenti, composta da pazzoidi col viso dipinto come piace ai character giapponesi, si muove nell'ombra e crea caos e conflitto con lo scopo di attirare allo scoperto B13; l'altra è B13, frutto di un esperimento atto a dare vita all'essere perfetto (con le ali che non reggerebbero metà del suo peso) e privo di memoria che vive solo per vendetta e per ricercare la sua amata, di cui conserva pochi ricordi.
In mezzo a questo scontro si infilano i RIS di Par... no di Cremona che provano a venirne a capo.
Da un lato vi sono piani cervellotici per far uscire allo scoperto B13, dall'altra vi sono deduzioni impossibili degli investigatori che seguono una doppia trama. Tutto infarcito di pazzoidi e scene sanguinolente e un'atmosfera a tratti cupa in cui tutto è manipolato.
Tra tutti emerge la figura dell'ispettore alternativo e "genio" che scarabocchiando lavagne trova soluzioni.
Se da un lato la scelta di avere molti protagonisti adulti è di mio gusto, non capisco perché tutti i pazzi o i cattivi debbano avere disegni in volto. Non capisco nemmeno perché quasi tutti i cattivi devono essere pazzi (anche se è spiegato), ne perché il buono debba venire trafitto venti volte, prima di urlare alla Goku e sconfiggere il cattivo di turno.
La parte inerente all'approfondimento "archeologico" viene quasi subito liquidata, spero sia ripresa nella prossima stagione.
Il ritmo è abbastanza sostenuto per dieci episodi, poi cala improvvisamente ed assistiamo a due episodi con lunghi monologhi ed altrettanti spiegoni, che potevano essere gestiti in modo migliore.
Ottima l'ending finale, ho sempre bloccato l'avvio automatico dell'episodio successivo per ascoltarmela tutta.
Tutto sommato un bilancio positivo, anche se con troppi cliché.