Raya e l'ultimo drago
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Questo film è decisamente ricco e dettagliato sotto ogni punto di vista, e questo non lo rende di facile interpretazione.
Partiamo dicendo che già dall'introduzione presenta diverse sfumature su ogni elemento, dai personaggi fino alle ambientazioni, le quali sono ricche e variegate. Infatti, proprio l'ambientazione è ispirata a niente poco di meno che a Thailandia, Cambogia, Vietnam, Laos, Filippine, Birmania e all'arcipelago dell'Indonesia, uno degli stati più ricchi di diversità culturale e con paradossalmente un moto nazionale che ben rispecchia questo sistema, "Bhinneka Tunggal Ika", ovvero "Uniti nella diversità", o più precisamente "Molti per uno" (molto simile al moto dei moschettieri di Dumas "Uno per tutti, tutti per uno"), come a sottolineare il forte carattere pluralista della popolazione indonesiana e delle altre popolazioni alle quali quelle del film sono ispirate. Purtroppo, ahimè, questa diversità rischia di scomparire a causa dei Druun, queste nubi violacee le quali pietrificano chiunque ne venga toccato e fanno appassire tutto quello che toccano, vere e proprie rappresentazioni dell'avidità umana che qui rischia di annientare le tribù ivi presenti, poiché ciascuna di esse reclama il potere dei draghi per sé stessa e non intende condividerlo, scatenando così guerre ancora più sanguinose. Ogni speranza di riconciliazione sembra persa, ma Raya, che ha sempre creduto negli insegnamenti trasmessile da suo padre, è decisa a riportare l'armonia e la pace tra le tribù e a risvegliare anche gli antichi draghi tramutati in pietra. Per farlo, però, deve recuperare i frammenti della gemma del drago andata in frantumi sei anni prima a causa dell'ennesima lite delle tribù, e in particolare a causa del tradimento della sua amica Nahaari, figlia di Virana, regina della Tribù Zanna. Occorre però evocare Sisu, affinché si possa ricomporre la gemma e utilizzare il suo potere per riportare Kumandra alla gloria di un tempo. Presto fatto, Raya riesce a trovare il luogo del suo nascondiglio e ad evocarla grazie a un amuleto lasciatole da Nahaari. Raya spiega tutto a Sisu, e questa decide di aiutarla a recuperare i frammenti della gemma. Quindi, attraverso un pericolo e un altro, incontrando nuovi personaggi, prima antagonisti e poi alleati, e soprattutto affrontando la dolorosa questione della fiducia, Raya, Sisu e i loro alleati attraversano tutta Kumandra, recuperando un frammento dopo l'altro e giungendo al Regno di Zanna, dov'è custodito l'ultimo frammento della gemma. Qui però la situazione si fa critica, perché, pur avendo provato a darle fiducia, Raya assiste all'apparente uccisione di Sisu per mano di Nahaari. Ma questo non fa che peggiorare la situazione, perché Sisu, come gli altri draghi, proteggeva i corsi d'acqua, e ora che è morta questi si prosciugano, permettendo così ai Druun di consumare e pietrificare chiunque e qualunque cosa. La situazione sembra disperata, persino Nahaari non sa cosa fare e cerca di chiedere a Raya e ai suoi alleati di fidarsi di lei, ma, a parte lei, questi non vogliono sentire ragione, dopo tutto quello che ha fatto per rubare i loro frammenti della gemma. Tuttavia, Raya li convince che è l'unico modo per riportare Kumandra allo splendore di un tempo, e quindi fa il primo passo e consegna il proprio frammento della gemma a Nahaari, prima di essere pietrificata. Seguendo il suo esempio, anche gli altri fanno la stessa cosa, e le consegnano i rispettivi frammenti della gemma, prima di essere pietrificati. A questo punto spetta a Naharri riportare lo stato delle cose alla condizione originale, e riesce nell'impresa disperata di ricomporre la gemma prima di essere pietrificata a sua volta. La gemma all'inizio non sembra voler funzionare, ma poi alla fine riacquista il suo potere e lo sprigiona, spazzando via i Druun e liberando dalla loro pietrificazione tutte le vittime, persino i draghi, i quali riportano a loro volta in vita Sisu. A questo punto, resasi conto del proprio errore di giudizio e di valutazione, Nahaari chiede perdono a Raya e ai suoi amici. È tempo di tornare alla pace e alle rispettive tribù di appartenenza per i nostri eroi, ma non prima di aver festeggiato come un'unica grande famiglia, Kumandra!
Come detto sopra, questo film ha un forte e marcato carattere pluralista nel vero senso della parola, e vuole sottolineare che la vera forza e il vero potere stanno nella diversità e nel rispetto che si ha per questa, perché è da questi che scaturisce la fiducia. La grafica è semplicemente meravigliosa, con colori vivi, accesi e vivaci, che si uniscono in armonia per meglio descrivere l'eterogeneità delle ambientazioni e delle persone. La colonna sonora è semplice ma grandiosa, ed è in armonia con l'ambientazione e la vicenda. I personaggi sono appunto meravigliosi, sia con i loro punti forti che con i loro punti deboli, ma è questo che piace al pubblico. Raya è genuina, Nahaari è tosta e indomita, Tong sembra inquietante, ma in realtà è comico e spassoso, così come Noi e gli Ongi e Boun, i quali hanno molto spirito d'iniziativa e dimostrano di essere imprevedibili e inarrestabili, astuti. E questo nel rispetto della diversità e della tolleranza, e del rispetto che dovrebbe regnare tra tutti i popoli del mondo, che quindi si dovrebbe imparare a "convivere" e "condividere" nel segno della pace e dell'armonia. Voto: 9.
Questo film è decisamente ricco e dettagliato sotto ogni punto di vista, e questo non lo rende di facile interpretazione.
Partiamo dicendo che già dall'introduzione presenta diverse sfumature su ogni elemento, dai personaggi fino alle ambientazioni, le quali sono ricche e variegate. Infatti, proprio l'ambientazione è ispirata a niente poco di meno che a Thailandia, Cambogia, Vietnam, Laos, Filippine, Birmania e all'arcipelago dell'Indonesia, uno degli stati più ricchi di diversità culturale e con paradossalmente un moto nazionale che ben rispecchia questo sistema, "Bhinneka Tunggal Ika", ovvero "Uniti nella diversità", o più precisamente "Molti per uno" (molto simile al moto dei moschettieri di Dumas "Uno per tutti, tutti per uno"), come a sottolineare il forte carattere pluralista della popolazione indonesiana e delle altre popolazioni alle quali quelle del film sono ispirate. Purtroppo, ahimè, questa diversità rischia di scomparire a causa dei Druun, queste nubi violacee le quali pietrificano chiunque ne venga toccato e fanno appassire tutto quello che toccano, vere e proprie rappresentazioni dell'avidità umana che qui rischia di annientare le tribù ivi presenti, poiché ciascuna di esse reclama il potere dei draghi per sé stessa e non intende condividerlo, scatenando così guerre ancora più sanguinose. Ogni speranza di riconciliazione sembra persa, ma Raya, che ha sempre creduto negli insegnamenti trasmessile da suo padre, è decisa a riportare l'armonia e la pace tra le tribù e a risvegliare anche gli antichi draghi tramutati in pietra. Per farlo, però, deve recuperare i frammenti della gemma del drago andata in frantumi sei anni prima a causa dell'ennesima lite delle tribù, e in particolare a causa del tradimento della sua amica Nahaari, figlia di Virana, regina della Tribù Zanna. Occorre però evocare Sisu, affinché si possa ricomporre la gemma e utilizzare il suo potere per riportare Kumandra alla gloria di un tempo. Presto fatto, Raya riesce a trovare il luogo del suo nascondiglio e ad evocarla grazie a un amuleto lasciatole da Nahaari. Raya spiega tutto a Sisu, e questa decide di aiutarla a recuperare i frammenti della gemma. Quindi, attraverso un pericolo e un altro, incontrando nuovi personaggi, prima antagonisti e poi alleati, e soprattutto affrontando la dolorosa questione della fiducia, Raya, Sisu e i loro alleati attraversano tutta Kumandra, recuperando un frammento dopo l'altro e giungendo al Regno di Zanna, dov'è custodito l'ultimo frammento della gemma. Qui però la situazione si fa critica, perché, pur avendo provato a darle fiducia, Raya assiste all'apparente uccisione di Sisu per mano di Nahaari. Ma questo non fa che peggiorare la situazione, perché Sisu, come gli altri draghi, proteggeva i corsi d'acqua, e ora che è morta questi si prosciugano, permettendo così ai Druun di consumare e pietrificare chiunque e qualunque cosa. La situazione sembra disperata, persino Nahaari non sa cosa fare e cerca di chiedere a Raya e ai suoi alleati di fidarsi di lei, ma, a parte lei, questi non vogliono sentire ragione, dopo tutto quello che ha fatto per rubare i loro frammenti della gemma. Tuttavia, Raya li convince che è l'unico modo per riportare Kumandra allo splendore di un tempo, e quindi fa il primo passo e consegna il proprio frammento della gemma a Nahaari, prima di essere pietrificata. Seguendo il suo esempio, anche gli altri fanno la stessa cosa, e le consegnano i rispettivi frammenti della gemma, prima di essere pietrificati. A questo punto spetta a Naharri riportare lo stato delle cose alla condizione originale, e riesce nell'impresa disperata di ricomporre la gemma prima di essere pietrificata a sua volta. La gemma all'inizio non sembra voler funzionare, ma poi alla fine riacquista il suo potere e lo sprigiona, spazzando via i Druun e liberando dalla loro pietrificazione tutte le vittime, persino i draghi, i quali riportano a loro volta in vita Sisu. A questo punto, resasi conto del proprio errore di giudizio e di valutazione, Nahaari chiede perdono a Raya e ai suoi amici. È tempo di tornare alla pace e alle rispettive tribù di appartenenza per i nostri eroi, ma non prima di aver festeggiato come un'unica grande famiglia, Kumandra!
Come detto sopra, questo film ha un forte e marcato carattere pluralista nel vero senso della parola, e vuole sottolineare che la vera forza e il vero potere stanno nella diversità e nel rispetto che si ha per questa, perché è da questi che scaturisce la fiducia. La grafica è semplicemente meravigliosa, con colori vivi, accesi e vivaci, che si uniscono in armonia per meglio descrivere l'eterogeneità delle ambientazioni e delle persone. La colonna sonora è semplice ma grandiosa, ed è in armonia con l'ambientazione e la vicenda. I personaggi sono appunto meravigliosi, sia con i loro punti forti che con i loro punti deboli, ma è questo che piace al pubblico. Raya è genuina, Nahaari è tosta e indomita, Tong sembra inquietante, ma in realtà è comico e spassoso, così come Noi e gli Ongi e Boun, i quali hanno molto spirito d'iniziativa e dimostrano di essere imprevedibili e inarrestabili, astuti. E questo nel rispetto della diversità e della tolleranza, e del rispetto che dovrebbe regnare tra tutti i popoli del mondo, che quindi si dovrebbe imparare a "convivere" e "condividere" nel segno della pace e dell'armonia. Voto: 9.
C’era una volta Kumandra, una terra incantata dove uomini e draghi vivevano in pace e armonia. Ma Kumandra è solo un lontano ricordo, poiché, in seguito all’attacco di creature mostruose che pietrificano chi viene in contatto con loro, i draghi sono scomparsi, la Terra è stata divisa in cinque regni (Cuore, Coda, Artiglio, Dorso e Zanna) e ognuna delle cinque tribù possiede un frammento della magica sfera che racchiude l’essenza di Sisu, l’ultimo esemplare di drago rimasto, e vorrebbe impossessarsi dei restanti in modo da ottenere il potere assoluto. Raya, giovane principessa del regno di Cuore, si mette in viaggio, nella speranza di evocare lo spirito di Sisu e riformare la sfera, in modo da poter salvare il mondo dalla minaccia dei malvagi Druun.
“Raya e l’ultimo drago”, ultimo classico Disney in ordine di tempo, è un film sfortunato, di cui probabilmente nessuno si ricorderà negli anni a venire, a causa del suo aver saltato l’uscita cinematografica per essere caricato direttamente su Disney+, dove è stato schiacciato dalla concorrenza interna del più “easy” “Luca” della Pixar. Il CoVid ha influenzato anche la produzione del film, che è stato realizzato principalmente in smart working, e il lavoro degli animatori, svolto in questa situazione, si può soltanto lodare. È un Disney molto diverso, estremamente moderno. Non ci sono canzoni, la colonna sonora non è niente di che - ed è un delitto, per un Disney! -, non ci sono storie d’amore, perché ormai sembrano ‘bannate’ dai film (d’animazione e non), e la protagonista, rigorosamente femminile, è una guerriera forte e indipendente, perché oggi, se non fai così, non sei apparentemente un personaggio degno. A volte abbiamo la sensazione di non star guardando un film ma un videogioco, un po’ per la computer grafica molto dettagliata, un po’ per questo bell’universo fantasy molto ben descritto, un po’ per la protagonista forte e determinata che si accompagna a un drago, sullo stile di “Drakan - Order of the Flame” (manca solo che Raya cavalchi Sisu e siamo praticamente lì), un po’ per la compagnia di personaggi che man mano si affianca all’eroina, come fosse il “party” di un gioco di ruolo.
La storia è interessante, ricca d’azione, combattimenti di cappa e spada, cosa abbastanza rara in un film Disney, e di viaggi in un mondo finemente rappresentato. Ognuna delle cinque terre che in passato formavano Kumandra è un’ambientazione ben precisa con un suo stile architettonico, una sua cultura e un suo popolo: si va da una città simil-cinese a un villaggio sperduto fra la neve, da ristoranti-battelli a sontuosi e candidi palazzi circondati da bellissime fontane. Raya e l’ultimo drago è ispirato alle credenze popolari del Laos e del Vietnam, ma queste vengono mescolate con creature fantastiche e architetture particolari per creare davvero un bell’insieme, un mondo ben definito, vario, interessante, che sarebbe stato bello vedere esplorato in una serie a puntate o magari proprio in un videogioco, che, se fossimo nei primi anni del 2000, sarebbe uscito subito. Raya va di qua e di là seguendo una storia che ha anche parecchie suggestioni dal mondo di anime e manga: il gruppo di personaggi (il mercante, il guerriero, la ladruncola...) che pian piano si unisce alla protagonista nella sua missione, i cattivi redenti, i frammenti della sfera (dei Quattro spir... no) da recuperare e rimettere insieme, l’amica/rivale che, quando meno te lo aspetti, spunta a mettere i bastoni tra le ruote all’eroina.
Nel suo essere una sorta di videogioco con molte influenze da altri campi dell’intrattenimento, “Raya e l’ultimo drago” forse ogni tanto risulta essere poco “Disney”, vista l’eccessiva serietà della protagonista, il travagliato rapporto con l’amica/rivale, l’atmosfera abbastanza cupa e seriosa da fine del mondo, stemperata da un gruppo di personaggi secondari molto simpatici, in primis l’assurdo drago trasformista Sisu, ma anche gli altri fanno la loro parte. È comunque una serietà solo apparente, dato che siamo comunque in un film per famiglie e quindi nessuno muore (i nemici hanno il potere di pietrificare gli altri e l’incantesimo si rompe una volta eliminati i mostri), ma rimane comunque un’atmosfera apocalittica spesso un po’ troppo pesante, rispetto a quello che ci si aspetterebbe da un film Disney. Forse questa atmosfera un po’ troppo seriosa rende un po’ arduo, per “Raya e l’ultimo drago”, raggiungere il cuore dei bambini, a cui magari bastano principesse “classiche”, un’atmosfera più solare e canzoni orecchiabili per amare un film Disney.
Il tema del viaggio della nostra protagonista è, tuttavia, molto interessante, quello della fiducia. Si è detto che Raya è un’eroina forte e indipendente... forse anche troppo, dato che, essendo stata tradita e abbandonata da molte persone in passato, e soprattutto da quella che riteneva un’amica, adesso trova difficile aprirsi con gli altri, fidarsi. Nell’ex Kumandra nessuno si fida più di nessuno, i tradimenti, i doppi giochi, gli inganni, i furti sono all’ordine del giorno e in realtà è molto bello vedere come pian piano le cose cambino, come Raya riesca ad aprirsi di più agli altri, a portare dalla sua parte tutta una serie di persone provenienti da diversi Paesi. Il senso ultimo del film è proprio questo: riunire i frammenti della sfera in uno solo, riunire le cinque parti per formare un unico drago/Paese, riunire persone che fino a quel momento non avevano fatto altro che combattersi a vicenda e adesso dovranno imparare a far fronte contro un nemico comune, al di là delle proprie diversità. È un messaggio molto bello e interessante, sicuramente molto attuale nella società contemporanea e in questo preciso momento storico, dove i Paesi dovrebbero unirsi per fronteggiare la pandemia e aiutarsi a vicenda.
“Raya e l’ultimo drago” non ha canzoni che possano farsi ricordare a lungo, ha dei personaggi molto simpatici ma che non si possono definire iconici, fatta eccezione forse per la sola, simpaticissima, Sisu, ha un bellissimo universo narrativo e un bel messaggio, ma è un po’ troppo oscuro e serioso (anche se non ha il coraggio di essere oscuro e drammatico fino in fondo) per piacere a tutti. Un film che sicuramente merita una visione, ma difficilmente rivedremo ancora e ancora come successo con altri e come invece probabilmente succederà con “Luca”, uscito praticamente in contemporanea, di più facile fruizione e molto più chiacchierato. È un film che vive di alti e bassi. Apprezziamo il coraggio di aver creato un universo narrativo originale e intrigante, apprezziamo le tante influenze “nerd” che aiutano a creare un film un po’ più adulto in certe cose, apprezziamo il messaggio di unità, fiducia e fratellanza che sul finale ci ha fatto, come al solito, piangere tantissimo, apprezziamo lo sforzo degli animatori che ci hanno comunque regalato un film graficamente sontuoso, pur lavorando in smart working, apprezziamo il fatto che (probabilmente per un film distribuito solo in streaming non ne valeva la pena?) per una volta non ci sia nessun talent ma solo doppiatori professionisti. Tuttavia, volendo fare un paragone con altri film simili, “Raya e l’ultimo drago” avrà pure una protagonista forte e determinata, ma non risulta incisivo come Mulan o Moana, pur essendo a modo suo una visione piacevole, un film particolare da cui magari si potrà partire in futuro per costruire qualcos'altro.
“Raya e l’ultimo drago”, ultimo classico Disney in ordine di tempo, è un film sfortunato, di cui probabilmente nessuno si ricorderà negli anni a venire, a causa del suo aver saltato l’uscita cinematografica per essere caricato direttamente su Disney+, dove è stato schiacciato dalla concorrenza interna del più “easy” “Luca” della Pixar. Il CoVid ha influenzato anche la produzione del film, che è stato realizzato principalmente in smart working, e il lavoro degli animatori, svolto in questa situazione, si può soltanto lodare. È un Disney molto diverso, estremamente moderno. Non ci sono canzoni, la colonna sonora non è niente di che - ed è un delitto, per un Disney! -, non ci sono storie d’amore, perché ormai sembrano ‘bannate’ dai film (d’animazione e non), e la protagonista, rigorosamente femminile, è una guerriera forte e indipendente, perché oggi, se non fai così, non sei apparentemente un personaggio degno. A volte abbiamo la sensazione di non star guardando un film ma un videogioco, un po’ per la computer grafica molto dettagliata, un po’ per questo bell’universo fantasy molto ben descritto, un po’ per la protagonista forte e determinata che si accompagna a un drago, sullo stile di “Drakan - Order of the Flame” (manca solo che Raya cavalchi Sisu e siamo praticamente lì), un po’ per la compagnia di personaggi che man mano si affianca all’eroina, come fosse il “party” di un gioco di ruolo.
La storia è interessante, ricca d’azione, combattimenti di cappa e spada, cosa abbastanza rara in un film Disney, e di viaggi in un mondo finemente rappresentato. Ognuna delle cinque terre che in passato formavano Kumandra è un’ambientazione ben precisa con un suo stile architettonico, una sua cultura e un suo popolo: si va da una città simil-cinese a un villaggio sperduto fra la neve, da ristoranti-battelli a sontuosi e candidi palazzi circondati da bellissime fontane. Raya e l’ultimo drago è ispirato alle credenze popolari del Laos e del Vietnam, ma queste vengono mescolate con creature fantastiche e architetture particolari per creare davvero un bell’insieme, un mondo ben definito, vario, interessante, che sarebbe stato bello vedere esplorato in una serie a puntate o magari proprio in un videogioco, che, se fossimo nei primi anni del 2000, sarebbe uscito subito. Raya va di qua e di là seguendo una storia che ha anche parecchie suggestioni dal mondo di anime e manga: il gruppo di personaggi (il mercante, il guerriero, la ladruncola...) che pian piano si unisce alla protagonista nella sua missione, i cattivi redenti, i frammenti della sfera (dei Quattro spir... no) da recuperare e rimettere insieme, l’amica/rivale che, quando meno te lo aspetti, spunta a mettere i bastoni tra le ruote all’eroina.
Nel suo essere una sorta di videogioco con molte influenze da altri campi dell’intrattenimento, “Raya e l’ultimo drago” forse ogni tanto risulta essere poco “Disney”, vista l’eccessiva serietà della protagonista, il travagliato rapporto con l’amica/rivale, l’atmosfera abbastanza cupa e seriosa da fine del mondo, stemperata da un gruppo di personaggi secondari molto simpatici, in primis l’assurdo drago trasformista Sisu, ma anche gli altri fanno la loro parte. È comunque una serietà solo apparente, dato che siamo comunque in un film per famiglie e quindi nessuno muore (i nemici hanno il potere di pietrificare gli altri e l’incantesimo si rompe una volta eliminati i mostri), ma rimane comunque un’atmosfera apocalittica spesso un po’ troppo pesante, rispetto a quello che ci si aspetterebbe da un film Disney. Forse questa atmosfera un po’ troppo seriosa rende un po’ arduo, per “Raya e l’ultimo drago”, raggiungere il cuore dei bambini, a cui magari bastano principesse “classiche”, un’atmosfera più solare e canzoni orecchiabili per amare un film Disney.
Il tema del viaggio della nostra protagonista è, tuttavia, molto interessante, quello della fiducia. Si è detto che Raya è un’eroina forte e indipendente... forse anche troppo, dato che, essendo stata tradita e abbandonata da molte persone in passato, e soprattutto da quella che riteneva un’amica, adesso trova difficile aprirsi con gli altri, fidarsi. Nell’ex Kumandra nessuno si fida più di nessuno, i tradimenti, i doppi giochi, gli inganni, i furti sono all’ordine del giorno e in realtà è molto bello vedere come pian piano le cose cambino, come Raya riesca ad aprirsi di più agli altri, a portare dalla sua parte tutta una serie di persone provenienti da diversi Paesi. Il senso ultimo del film è proprio questo: riunire i frammenti della sfera in uno solo, riunire le cinque parti per formare un unico drago/Paese, riunire persone che fino a quel momento non avevano fatto altro che combattersi a vicenda e adesso dovranno imparare a far fronte contro un nemico comune, al di là delle proprie diversità. È un messaggio molto bello e interessante, sicuramente molto attuale nella società contemporanea e in questo preciso momento storico, dove i Paesi dovrebbero unirsi per fronteggiare la pandemia e aiutarsi a vicenda.
“Raya e l’ultimo drago” non ha canzoni che possano farsi ricordare a lungo, ha dei personaggi molto simpatici ma che non si possono definire iconici, fatta eccezione forse per la sola, simpaticissima, Sisu, ha un bellissimo universo narrativo e un bel messaggio, ma è un po’ troppo oscuro e serioso (anche se non ha il coraggio di essere oscuro e drammatico fino in fondo) per piacere a tutti. Un film che sicuramente merita una visione, ma difficilmente rivedremo ancora e ancora come successo con altri e come invece probabilmente succederà con “Luca”, uscito praticamente in contemporanea, di più facile fruizione e molto più chiacchierato. È un film che vive di alti e bassi. Apprezziamo il coraggio di aver creato un universo narrativo originale e intrigante, apprezziamo le tante influenze “nerd” che aiutano a creare un film un po’ più adulto in certe cose, apprezziamo il messaggio di unità, fiducia e fratellanza che sul finale ci ha fatto, come al solito, piangere tantissimo, apprezziamo lo sforzo degli animatori che ci hanno comunque regalato un film graficamente sontuoso, pur lavorando in smart working, apprezziamo il fatto che (probabilmente per un film distribuito solo in streaming non ne valeva la pena?) per una volta non ci sia nessun talent ma solo doppiatori professionisti. Tuttavia, volendo fare un paragone con altri film simili, “Raya e l’ultimo drago” avrà pure una protagonista forte e determinata, ma non risulta incisivo come Mulan o Moana, pur essendo a modo suo una visione piacevole, un film particolare da cui magari si potrà partire in futuro per costruire qualcos'altro.