La via del grembiule - Lo yakuza casalingo
"Gokushufudou" ("Lo yakuza casalingo") è un anime del 2021 tratto dall'omonimo gag manga che seguivo con piacere già da inizio serializzazione nel 2018.
Esordisco dicendo che sono rimasto molto sorpreso dalle recensioni negative precedenti alla mia, non tanto perché bocciato da tutte e tre, ma piuttosto per i voti scelti, che lo fanno quasi sembrare una delle peggior cose mai prodotte dall'umanità.
A mio parere invece la serie ha parecchi aspetti positivi: la trama è originale e abbastanza accattivante, ovvero un ex yakuza noto in tutta la città per la sua forza e spietatezza e adesso un semplice casalingo, ruolo nel quale però mantiene l'aspetto e il modo di fare che ha avuto per tutta la sua vita, dando vita a molti fraintendimenti e scene comiche.
Il secondo punto è ovviamente la comicità, essendo uno slice of life/gag manga direi che compie alla perfezione il suo dovere, e devo dire di essere rimasto soddisfatto della scelta di fare episodi di minor durata, ovvero diciotto minuti l'uno, dai tempi comici molto azzeccati e ancor più dall'eccellente doppiaggio e recitazione (sia dei doppiatori giapponesi che quelli italiani).
L'anime, oltre ad essere generalmente divertente, ha anche diversi momenti che scaldano il cuore, e nel complesso penso possa essere apprezzato un po' da tutti, un po' come il più noto "Spy x Family", dunque da uomini e donne, giovani e meno giovani, e anche da chi solitamente non guarda anime.
Venendo invece agli aspetti negativi, c'è sicuramente l'animazione, che inspiegabilmente è stata purtroppo ridotta al minimo indispensabile. Tuttavia, c'è da dire che la quasi mancanza di animazione tutto sommato si sposa abbastanza bene con questo tipo di serie, e dopo un po' ci si abitua, fino ad arrivare alla seconda stagione, dove questa invece migliora.
Nel complesso, un'ottima e piacevole serie adatta a tutti e di fatto consigliata a tutti, non sarà certamente un po' di risparmio sulle animazioni a farmi scendere sotto un 8 pieno più che meritato.
Esordisco dicendo che sono rimasto molto sorpreso dalle recensioni negative precedenti alla mia, non tanto perché bocciato da tutte e tre, ma piuttosto per i voti scelti, che lo fanno quasi sembrare una delle peggior cose mai prodotte dall'umanità.
A mio parere invece la serie ha parecchi aspetti positivi: la trama è originale e abbastanza accattivante, ovvero un ex yakuza noto in tutta la città per la sua forza e spietatezza e adesso un semplice casalingo, ruolo nel quale però mantiene l'aspetto e il modo di fare che ha avuto per tutta la sua vita, dando vita a molti fraintendimenti e scene comiche.
Il secondo punto è ovviamente la comicità, essendo uno slice of life/gag manga direi che compie alla perfezione il suo dovere, e devo dire di essere rimasto soddisfatto della scelta di fare episodi di minor durata, ovvero diciotto minuti l'uno, dai tempi comici molto azzeccati e ancor più dall'eccellente doppiaggio e recitazione (sia dei doppiatori giapponesi che quelli italiani).
L'anime, oltre ad essere generalmente divertente, ha anche diversi momenti che scaldano il cuore, e nel complesso penso possa essere apprezzato un po' da tutti, un po' come il più noto "Spy x Family", dunque da uomini e donne, giovani e meno giovani, e anche da chi solitamente non guarda anime.
Venendo invece agli aspetti negativi, c'è sicuramente l'animazione, che inspiegabilmente è stata purtroppo ridotta al minimo indispensabile. Tuttavia, c'è da dire che la quasi mancanza di animazione tutto sommato si sposa abbastanza bene con questo tipo di serie, e dopo un po' ci si abitua, fino ad arrivare alla seconda stagione, dove questa invece migliora.
Nel complesso, un'ottima e piacevole serie adatta a tutti e di fatto consigliata a tutti, non sarà certamente un po' di risparmio sulle animazioni a farmi scendere sotto un 8 pieno più che meritato.
Tatsu, alias il Drago Immortale, è un ex yakuza che ha deciso di voltare pagina e di cambiare vita, sposandosi e diventando un casalingo perfetto. La moglie è una donna impegnata, dai ritmi di lavoro quasi estremi, così conta su di lui, cosa che non gli pesa affatto, visto l’impegno maniacale che profonde nella cura della casa e nell’espressione di doti culinarie eccelse. La nomea che Tatsu si è fatto è tanta e tale che, seppur ritiratosi, scatena ancora crisi di panico in uomini grandi, grossi e cattivi al solo nominarlo. D’altra parte il vicinato, tra cui molte casalinghe, lo apprezza con una normalità sconcertante.
Pochi sono i momenti in cui la moglie o i suoceri ricordano il primo incontro assai terrorizzante con quest’uomo tatuato (in Giappone il tatuaggio è una vergogna, come tale è prerogativa degli yakuza averli addosso... infatti non si vedono personaggi tatuati negli anime nipponici se non in rarissimi casi, come questo), dallo sguardo arcigno e minaccioso. La posa del collo, gli occhiali scuri, la cicatrice verticale sulla tempia, la voce profonda e roca conferiscono al protagonista quell’aura intrigante che cozza continuamente con le situazioni folli in cui incappa, come ad esempio quando la polizia lo becca a “spacciare” basilico.
L’anime si sviluppa in episodi brevi, brevissimi, tutti tendenti al paradosso e dunque alla risata.
Il problema di una simile strutturazione è che dopo sei episodietti del genere o ti sei assuefatto a una comicità del genere o non ridi nemmeno più, alzando gli occhi al cielo. È molto divertente partire con situazioni quasi surreali, ma se il copione non cambia di molto, può risultare assurdamente pesante.
Si susseguono scene in cui Tatsu è impegnato in varie situazioni, tra cui lo shopping sfrenato, la lotteria, il mercatino delle pulci, una lezione di cucina, una seduta in palestra, una statuina rotta, uno scarafaggio in casa o lui nelle veste di baby sitter... tutte condite con la sua nuova filosofia, venata dello spirito dello yakuza.
Le scenette del gatto, poi, sono di uno squallore indescrivibile.
In una simile struttura “narrativa”, che di trama non ha nemmeno l’ombra, i personaggi secondari risultano diventare mere comparse, e la stessa moglie apparicchia qua e là in scenette carine, ma nulla di più. Gli altri personaggi sono tratteggiati; tra i più “memorabili” c’è l’ex accolito che si converte a seguito del nostro Tatsu alla via del grembiule, il resto sono apparizioni di circostanza che animano la scenetta. I fatti pregressi allo svolgimento sono solo accennati: nessun personaggio ha una degna biografia alle spalle, si descrivono le situazioni così come sono, con veloci rimandi a “Faceva quella cosa lì”, “Era leader dei...” (nel caso siano yakuza), mentre i personaggi come le casalinghe, la moglie stessa o i genitori di lei non meritano un passato.
L’unico personaggio che spicca è il nostro yakuza casalingo, la cui personalità è trascinante e la cui aura di dannato si scontra spesso e volentieri con la situazione banale in cui si trova a vivere, creando momenti di comicità non ricercata, ma che nasce dall’assurdo fine a sé stesso. Tatsu si muove come un monolito, fedele alla sua mania, con i modi rudi dell’ex yakuza che si sposano con la gentilezza insita nella sua nuova vita. Scritto così pare una gran cosa, ma alla lunga questa comicità (istintiva) o ti prende o ti logora i nervi. La sua aria da sadico, poi, quando espone teorie banali e innocue, di primo acchito fa ridere, poi tende a tediare.
Una nota di merito è la voce di Tatsu, il cui timbro è un bel sentire.
Il chara design si concentra su pochi, pochissimi, personaggi, abbozzando gli altri quasi in maniera grossolana. Come non c’è una trama, non c’è neppure uno sviluppo fluido delle scene, che sembrano incollate una dietro l’altra, stile sketch, appunto. A volte si sentono le voci, ma la scenetta è lì, congelata, con personaggi sbozzati.
Che dire, tirando le somme, di un prodotto simile? Ha le sue belle potenzialità, ma è presentato troppo male. Punta a una comicità del qui-ed-ora, perdendo l’occasione di fare un salto di qualità, perché un buon personaggio può essere favoloso, ma se è presentato così, a gestire le situazioni da solo con comprimari facilmente dimenticabili, stanca per sovraesposizione. E Tatsu rimane là, un monolito di verve tutta sua, uguale a sé stesso, col sempiterno grembiule addosso sul completo nero (il marchio del casalingo!) in scene che si ripetono sconcertanti o assurde sull’assurdo, perdendo il suo fascino per diventare una macchietta trascurabile.
Qualora ci sarà una seconda serie, io ho già dato, e già di mio mi sento di sconsigliare quest’anime facilmente dimenticabile.
Pochi sono i momenti in cui la moglie o i suoceri ricordano il primo incontro assai terrorizzante con quest’uomo tatuato (in Giappone il tatuaggio è una vergogna, come tale è prerogativa degli yakuza averli addosso... infatti non si vedono personaggi tatuati negli anime nipponici se non in rarissimi casi, come questo), dallo sguardo arcigno e minaccioso. La posa del collo, gli occhiali scuri, la cicatrice verticale sulla tempia, la voce profonda e roca conferiscono al protagonista quell’aura intrigante che cozza continuamente con le situazioni folli in cui incappa, come ad esempio quando la polizia lo becca a “spacciare” basilico.
L’anime si sviluppa in episodi brevi, brevissimi, tutti tendenti al paradosso e dunque alla risata.
Il problema di una simile strutturazione è che dopo sei episodietti del genere o ti sei assuefatto a una comicità del genere o non ridi nemmeno più, alzando gli occhi al cielo. È molto divertente partire con situazioni quasi surreali, ma se il copione non cambia di molto, può risultare assurdamente pesante.
Si susseguono scene in cui Tatsu è impegnato in varie situazioni, tra cui lo shopping sfrenato, la lotteria, il mercatino delle pulci, una lezione di cucina, una seduta in palestra, una statuina rotta, uno scarafaggio in casa o lui nelle veste di baby sitter... tutte condite con la sua nuova filosofia, venata dello spirito dello yakuza.
Le scenette del gatto, poi, sono di uno squallore indescrivibile.
In una simile struttura “narrativa”, che di trama non ha nemmeno l’ombra, i personaggi secondari risultano diventare mere comparse, e la stessa moglie apparicchia qua e là in scenette carine, ma nulla di più. Gli altri personaggi sono tratteggiati; tra i più “memorabili” c’è l’ex accolito che si converte a seguito del nostro Tatsu alla via del grembiule, il resto sono apparizioni di circostanza che animano la scenetta. I fatti pregressi allo svolgimento sono solo accennati: nessun personaggio ha una degna biografia alle spalle, si descrivono le situazioni così come sono, con veloci rimandi a “Faceva quella cosa lì”, “Era leader dei...” (nel caso siano yakuza), mentre i personaggi come le casalinghe, la moglie stessa o i genitori di lei non meritano un passato.
L’unico personaggio che spicca è il nostro yakuza casalingo, la cui personalità è trascinante e la cui aura di dannato si scontra spesso e volentieri con la situazione banale in cui si trova a vivere, creando momenti di comicità non ricercata, ma che nasce dall’assurdo fine a sé stesso. Tatsu si muove come un monolito, fedele alla sua mania, con i modi rudi dell’ex yakuza che si sposano con la gentilezza insita nella sua nuova vita. Scritto così pare una gran cosa, ma alla lunga questa comicità (istintiva) o ti prende o ti logora i nervi. La sua aria da sadico, poi, quando espone teorie banali e innocue, di primo acchito fa ridere, poi tende a tediare.
Una nota di merito è la voce di Tatsu, il cui timbro è un bel sentire.
Il chara design si concentra su pochi, pochissimi, personaggi, abbozzando gli altri quasi in maniera grossolana. Come non c’è una trama, non c’è neppure uno sviluppo fluido delle scene, che sembrano incollate una dietro l’altra, stile sketch, appunto. A volte si sentono le voci, ma la scenetta è lì, congelata, con personaggi sbozzati.
Che dire, tirando le somme, di un prodotto simile? Ha le sue belle potenzialità, ma è presentato troppo male. Punta a una comicità del qui-ed-ora, perdendo l’occasione di fare un salto di qualità, perché un buon personaggio può essere favoloso, ma se è presentato così, a gestire le situazioni da solo con comprimari facilmente dimenticabili, stanca per sovraesposizione. E Tatsu rimane là, un monolito di verve tutta sua, uguale a sé stesso, col sempiterno grembiule addosso sul completo nero (il marchio del casalingo!) in scene che si ripetono sconcertanti o assurde sull’assurdo, perdendo il suo fascino per diventare una macchietta trascurabile.
Qualora ci sarà una seconda serie, io ho già dato, e già di mio mi sento di sconsigliare quest’anime facilmente dimenticabile.
Già il trailer non prometteva nulla di buono, e questa promessa purtroppo è stata mantenuta. Ho visto un solo episodio, con la speranza che quella pessima impressione fosse smentita. Purtroppo i vari sketch di cui è costituito mi hanno detto tutto, e non credo me lo faranno proseguire: se il risultato era quello di mettere su schermo un manga, non vi sono riusciti, vedere personaggi che corrono immobili o scene d'azione totalmente prive di movimento è qualcosa che non vale nemmeno la pena di commentare. Non so che dire sul doppiaggio del protagonista, nelle parti oscure ci sta, però non mi dice nulla di che a livello comico.
Da evitare, forse meglio la controparte manga.
Da evitare, forse meglio la controparte manga.
Tanta attesa, tanta curiosità per "La via del grembiule", questa pseudo-commedia con protagonista lo yakuza nei panni di un casalingo.
Netflix ci porta questa stagione animata da cinque episodi composta perlopiù da sei sketch per episodio, e decide di farlo con uno stile d'animazione particolare, che, per dirla in maniera semplice, può sembrare semplicemente simile a dei capitoli manga a colori e in "movimento", oltre che doppiati. Scelta di stile che non mi ha né colpito né convinto.
Onestamente, non ho trovato questa serie assolutamente divertente, anzi, dopo pochi minuti del primo episodio mi stava già annoiando non poco, proseguita per intero giusto perché breve.
Ho trovato simpatico (ma neanche lui è riuscito a strapparmi manco un sorriso) unicamente il gatto di casa, a cui viene dedicato sempre uno sketch dei sei in ogni episodio.
Riguardo il doppiaggio, non mi è piaciuto particolarmente, soprattutto la voce del protagonista, avrei trovato più adatto il doppiatore di Onizuka di "G.T.O." su questo personaggio.
Nel complesso, rimango abbastanza spiazzato e deluso da quest'opera, felice di non aver acquistato il manga ai tempi; dovessero fare un'ulteriore stagione, mi eviterò tranquillamente di vederla. Mediocre.
Netflix ci porta questa stagione animata da cinque episodi composta perlopiù da sei sketch per episodio, e decide di farlo con uno stile d'animazione particolare, che, per dirla in maniera semplice, può sembrare semplicemente simile a dei capitoli manga a colori e in "movimento", oltre che doppiati. Scelta di stile che non mi ha né colpito né convinto.
Onestamente, non ho trovato questa serie assolutamente divertente, anzi, dopo pochi minuti del primo episodio mi stava già annoiando non poco, proseguita per intero giusto perché breve.
Ho trovato simpatico (ma neanche lui è riuscito a strapparmi manco un sorriso) unicamente il gatto di casa, a cui viene dedicato sempre uno sketch dei sei in ogni episodio.
Riguardo il doppiaggio, non mi è piaciuto particolarmente, soprattutto la voce del protagonista, avrei trovato più adatto il doppiatore di Onizuka di "G.T.O." su questo personaggio.
Nel complesso, rimango abbastanza spiazzato e deluso da quest'opera, felice di non aver acquistato il manga ai tempi; dovessero fare un'ulteriore stagione, mi eviterò tranquillamente di vederla. Mediocre.