Avatar - La leggenda di Aang
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Potente, romantico, appassionante, titanico, vasto ed immenso, mistico, misterioso, magistrale e trascendentale. Sono solo alcuni degli aggettivi che si potrebbero utilizzare per descrivere questa serie. Ma "Avatar-La leggenda di Aang" non è solo un cartone animato; è molto di più, è un modo di pensare, di essere, di vivere e quindi di esistere, soprattutto perché i temi affrontati sono tanti come ad esempio l'onore, l'orgoglio, ma anche e soprattutto la comprensione di sé stessi e del proprio ruolo nel mondo e quindi della necessità di compiere un viaggio sia dentro di noi che al di fuori di noi.
Proprio per questo ho sempre sentito di avere un forte legame con questo anime/wuxia, perché esplora appunto il nostro mondo interiore e non solo quello esterno e ci mette quindi nella posizione di capire chi siamo e che cosa veramente desideriamo. Ogni attimo di ogni episodio di questa serie, dall'inizio alla fine, conduce i nostri amici al momento decisivo; essi già dall'inizio sono consapevoli del loro destino, ma devono comprendere le scelte e decisioni che li hanno condotti, li conducono e li condurranno fino a quel momento e di conseguenza dovranno combattere le tre battaglie fondamentali, la battaglia del corpo, la battaglia dello spirito e la battaglia della mente. Per fare ciò incontreranno persone straordinarie, ma dovranno fare attenzione e dimostrare di essere all'altezza del loro aiuto e a poco a poco scopriranno i segreti e i misteri della propria natura, indole, attitudine, predisposizione. Le loro inclinazioni che si riflettono anche nel loro carattere e, di conseguenza, nel loro modo di comportarsi e agire. Quindi personaggi e storia sono proprio un'unica cosa, un'unica entità e quindi un'unica grande famiglia, per usare le parole del guru Patik. A tal proposito le battute sono dense e cariche di significato e indirizzano i nostri personaggi verso il loro destino sotto forma di consigli, ma anche di indizi, tracce, enigmi, indovinelli, rebus che aspettano di essere risolti.
Anche la colonna sonora, partendo dalla sigla di apertura, attraversando ogni episodio per giungere alla conclusione e quindi alla sigla di chiusura, è semplicemente incantevole, variegata ed è composta di variazioni, ciascuna delle quali è appositamente collocata in una determinata scena per descrivere e quindi metterne in risalto la carica emotiva, sentimentale e gli stati mentali relativi. Essa si dimostra toccante, commovente, ma anche dura, cruda e a tratti inquietante a seconda delle situazioni in cui i singoli frammenti vengono incastrati.
La grafica è semplicemente magnifica, curata nei minimi dettagli, dove ogni particolare assume appunto la sua vasta portata e connotazione/denotazione psicologica, come a raccontarci e donarci un frammento di informazioni irrinunciabile, indispensabile. I colori sono sgargianti, ma anche molto equilibrati. I disegni sono fluidi, dinamici, così come le inquadrature e i primi piani per mettere in risalto i personaggi stessi e le sfide che sono costretti ad affrontare nel loro lungo e difficile viaggio; a proposito i personaggi animali svolgono un ruolo significativo; sicuramente i produttori si saranno ispirati a niente poco di meno che i film dello studio Ghibli e del Maestro Miyazaki insieme ai suoi colleghi Takahata e molti altri, così come si saranno ispirati a molti altri wuxia e anime per rielaborarne i movimenti e creare gli appositi stili di combattimento per i rispettivi domini degli elementi come ad esempio "Naruto", "Bleach", "Inuyasha" e sicuramente "Pokemon" per via della presenza degli elementi e delle creature che sono anche in grado di esercitare il dominio su di essi.
Ma un'altro punto forte di questa serie sta nella sua capacità di conciliare le componenti fantastiche ed immaginarie con le principali tradizioni più o meno reali. I paesaggi, ma soprattutto gli edifici delle diverse civiltà ivi rappresentate mostrano una certa fedeltà di stile architettonico e dimostrano quindi un'adesione anche alla realtà. Il principale messaggio che i produttori hanno voluto lasciarci con questa serie è il rispetto per le altre civiltà e per estensione il rispetto per il concetto stesso di civiltà, quindi di lasciar perdere atteggiamenti come orgoglio e/o superbia, arroganza, prepotenza e comportamenti minacciosi ed intimidatori e soprattutto manipolatori insieme alle menzogne, poiché essi hanno il potere principale di distruggere e devastare proprio come le armi, se non addirittura peggio; tra questi, per fare un'esempio collegato al senso di superiorità e superbia viene smentito il concetto di "guerra giusta"; non esistono guerre giuste, nessuna guerra vale sacrifici umani così alti e nessuna motivazione la giustifica; a prova di ciò si è scelto di fondere due eventi fondamentali della storia reale, la Guerra dei Cent'anni nel Medioevo e fonderla con la Seconda Guerra Mondiale, dove la fusione della durata della prima e il fattore tecnologico della seconda non fa altro che amplificare la denotazione negativa della medesima, amplificata dal ricorso di un potere enorme che porterebbe il mondo alla fine. A tal proposito altri temi fondamentali trattati sono la famiglia e l'amicizia che qui vengono rappresentati come una sorta di matrioska ovvero le guerre nella guerra. Purtroppo la guerra crea divisioni ad effetto domino e a doppio taglio: abbiamo Zuko bandito e rinnegato da suo padre e sbeffeggiato e manipolato da sua sorella Azula, la quale invece gode del sostegno "apparente" del padre e delle "amiche" Mei e Ty Lee, le quali alla fine aprono gli occhi. Abbiamo Toph che è tenuta come una sorta di uccello in gabbia dai propri genitori, poi abbiamo Katara e Sokka che non sempre vanno d'accordo nonostante riescano sempre a riappacificarsi, così come altre combinazioni di rapporti ad esempio Aang e Toph o Toph e Katara o Katara e Zuko che faticano ad andare d'accordo come a testimoniare come differenze di punti di vista, opinioni, mentalità, approccio e visione del mondo portino molto spesso a conflitti piccoli da cui poi si scatenano quelli più grandi (es.principale è il rapporto incrinato tra Roku e Sozin). Quindi questa serie vuole essere anche una sorta di critica al potere (oltre che denuncia della guerra) e sugli effetti devastanti che esso comporta quando non lo si esercita con il buon senso, giudizio, coscienza, avvedutezza e quindi sull'importanza di ricordarsi chi si è e per quale motivo si è al mondo e qual è lo scopo della propria vita.
Mi tornano in mente due citazioni: la prima citazione di Charlie Chaplin "Serve il potere solo per distruggere qualcosa, per tutto il resto basta l'amore" mentre la seconda citazione di Gandhi (per restare in ambito orientale, a cui la serie è ispirata), "Quando il potere dell'amore sconfiggerà l'amore per il potere, allora l'umanità sarà libera", citazioni non sono presenti nell'opera ma che mi fanno pensare un'altro tema affine a quello della famiglia, ovvero l'amore stesso e questo funge anche da spartiacque tra i personaggi i quali alimentano il proprio karma ed ottengono ciò che meritano, sia nel bene che nel male. Da qui l'importanza di comprendere le proprie scelte e di affrontarne le conseguenze e porvi rimedio.
Altro tema fondamentale che viene trattato è quello di mantenere una mente aperta e soprattutto di imparare sempre da ciò che ci circonda, perché ci permette di acquisire fiducia in noi stessi attraverso la spontaneità e quindi la nostra forza interiore e il nostro coraggio ed anche la presa di iniziativa e soprattutto imparare ad osservare, ascoltare, riflettere e rielaborare ed approfondire prospettive diverse da quelle alle quali si è abituati come dicono ed insegnano i membri del Loto Bianco. Un vero capolavoro, completo, esaustivo, diversamente inclusivo ed anche una sorta di ponte per coloro che desiderano approcciarsi ad un mondo a loro "apparentemente" estraneo, ma che in realtà è molto più reale di quello che può sembrare.
Voto: 10 e Lode
Potente, romantico, appassionante, titanico, vasto ed immenso, mistico, misterioso, magistrale e trascendentale. Sono solo alcuni degli aggettivi che si potrebbero utilizzare per descrivere questa serie. Ma "Avatar-La leggenda di Aang" non è solo un cartone animato; è molto di più, è un modo di pensare, di essere, di vivere e quindi di esistere, soprattutto perché i temi affrontati sono tanti come ad esempio l'onore, l'orgoglio, ma anche e soprattutto la comprensione di sé stessi e del proprio ruolo nel mondo e quindi della necessità di compiere un viaggio sia dentro di noi che al di fuori di noi.
Proprio per questo ho sempre sentito di avere un forte legame con questo anime/wuxia, perché esplora appunto il nostro mondo interiore e non solo quello esterno e ci mette quindi nella posizione di capire chi siamo e che cosa veramente desideriamo. Ogni attimo di ogni episodio di questa serie, dall'inizio alla fine, conduce i nostri amici al momento decisivo; essi già dall'inizio sono consapevoli del loro destino, ma devono comprendere le scelte e decisioni che li hanno condotti, li conducono e li condurranno fino a quel momento e di conseguenza dovranno combattere le tre battaglie fondamentali, la battaglia del corpo, la battaglia dello spirito e la battaglia della mente. Per fare ciò incontreranno persone straordinarie, ma dovranno fare attenzione e dimostrare di essere all'altezza del loro aiuto e a poco a poco scopriranno i segreti e i misteri della propria natura, indole, attitudine, predisposizione. Le loro inclinazioni che si riflettono anche nel loro carattere e, di conseguenza, nel loro modo di comportarsi e agire. Quindi personaggi e storia sono proprio un'unica cosa, un'unica entità e quindi un'unica grande famiglia, per usare le parole del guru Patik. A tal proposito le battute sono dense e cariche di significato e indirizzano i nostri personaggi verso il loro destino sotto forma di consigli, ma anche di indizi, tracce, enigmi, indovinelli, rebus che aspettano di essere risolti.
Anche la colonna sonora, partendo dalla sigla di apertura, attraversando ogni episodio per giungere alla conclusione e quindi alla sigla di chiusura, è semplicemente incantevole, variegata ed è composta di variazioni, ciascuna delle quali è appositamente collocata in una determinata scena per descrivere e quindi metterne in risalto la carica emotiva, sentimentale e gli stati mentali relativi. Essa si dimostra toccante, commovente, ma anche dura, cruda e a tratti inquietante a seconda delle situazioni in cui i singoli frammenti vengono incastrati.
La grafica è semplicemente magnifica, curata nei minimi dettagli, dove ogni particolare assume appunto la sua vasta portata e connotazione/denotazione psicologica, come a raccontarci e donarci un frammento di informazioni irrinunciabile, indispensabile. I colori sono sgargianti, ma anche molto equilibrati. I disegni sono fluidi, dinamici, così come le inquadrature e i primi piani per mettere in risalto i personaggi stessi e le sfide che sono costretti ad affrontare nel loro lungo e difficile viaggio; a proposito i personaggi animali svolgono un ruolo significativo; sicuramente i produttori si saranno ispirati a niente poco di meno che i film dello studio Ghibli e del Maestro Miyazaki insieme ai suoi colleghi Takahata e molti altri, così come si saranno ispirati a molti altri wuxia e anime per rielaborarne i movimenti e creare gli appositi stili di combattimento per i rispettivi domini degli elementi come ad esempio "Naruto", "Bleach", "Inuyasha" e sicuramente "Pokemon" per via della presenza degli elementi e delle creature che sono anche in grado di esercitare il dominio su di essi.
Ma un'altro punto forte di questa serie sta nella sua capacità di conciliare le componenti fantastiche ed immaginarie con le principali tradizioni più o meno reali. I paesaggi, ma soprattutto gli edifici delle diverse civiltà ivi rappresentate mostrano una certa fedeltà di stile architettonico e dimostrano quindi un'adesione anche alla realtà. Il principale messaggio che i produttori hanno voluto lasciarci con questa serie è il rispetto per le altre civiltà e per estensione il rispetto per il concetto stesso di civiltà, quindi di lasciar perdere atteggiamenti come orgoglio e/o superbia, arroganza, prepotenza e comportamenti minacciosi ed intimidatori e soprattutto manipolatori insieme alle menzogne, poiché essi hanno il potere principale di distruggere e devastare proprio come le armi, se non addirittura peggio; tra questi, per fare un'esempio collegato al senso di superiorità e superbia viene smentito il concetto di "guerra giusta"; non esistono guerre giuste, nessuna guerra vale sacrifici umani così alti e nessuna motivazione la giustifica; a prova di ciò si è scelto di fondere due eventi fondamentali della storia reale, la Guerra dei Cent'anni nel Medioevo e fonderla con la Seconda Guerra Mondiale, dove la fusione della durata della prima e il fattore tecnologico della seconda non fa altro che amplificare la denotazione negativa della medesima, amplificata dal ricorso di un potere enorme che porterebbe il mondo alla fine. A tal proposito altri temi fondamentali trattati sono la famiglia e l'amicizia che qui vengono rappresentati come una sorta di matrioska ovvero le guerre nella guerra. Purtroppo la guerra crea divisioni ad effetto domino e a doppio taglio: abbiamo Zuko bandito e rinnegato da suo padre e sbeffeggiato e manipolato da sua sorella Azula, la quale invece gode del sostegno "apparente" del padre e delle "amiche" Mei e Ty Lee, le quali alla fine aprono gli occhi. Abbiamo Toph che è tenuta come una sorta di uccello in gabbia dai propri genitori, poi abbiamo Katara e Sokka che non sempre vanno d'accordo nonostante riescano sempre a riappacificarsi, così come altre combinazioni di rapporti ad esempio Aang e Toph o Toph e Katara o Katara e Zuko che faticano ad andare d'accordo come a testimoniare come differenze di punti di vista, opinioni, mentalità, approccio e visione del mondo portino molto spesso a conflitti piccoli da cui poi si scatenano quelli più grandi (es.principale è il rapporto incrinato tra Roku e Sozin). Quindi questa serie vuole essere anche una sorta di critica al potere (oltre che denuncia della guerra) e sugli effetti devastanti che esso comporta quando non lo si esercita con il buon senso, giudizio, coscienza, avvedutezza e quindi sull'importanza di ricordarsi chi si è e per quale motivo si è al mondo e qual è lo scopo della propria vita.
Mi tornano in mente due citazioni: la prima citazione di Charlie Chaplin "Serve il potere solo per distruggere qualcosa, per tutto il resto basta l'amore" mentre la seconda citazione di Gandhi (per restare in ambito orientale, a cui la serie è ispirata), "Quando il potere dell'amore sconfiggerà l'amore per il potere, allora l'umanità sarà libera", citazioni non sono presenti nell'opera ma che mi fanno pensare un'altro tema affine a quello della famiglia, ovvero l'amore stesso e questo funge anche da spartiacque tra i personaggi i quali alimentano il proprio karma ed ottengono ciò che meritano, sia nel bene che nel male. Da qui l'importanza di comprendere le proprie scelte e di affrontarne le conseguenze e porvi rimedio.
Altro tema fondamentale che viene trattato è quello di mantenere una mente aperta e soprattutto di imparare sempre da ciò che ci circonda, perché ci permette di acquisire fiducia in noi stessi attraverso la spontaneità e quindi la nostra forza interiore e il nostro coraggio ed anche la presa di iniziativa e soprattutto imparare ad osservare, ascoltare, riflettere e rielaborare ed approfondire prospettive diverse da quelle alle quali si è abituati come dicono ed insegnano i membri del Loto Bianco. Un vero capolavoro, completo, esaustivo, diversamente inclusivo ed anche una sorta di ponte per coloro che desiderano approcciarsi ad un mondo a loro "apparentemente" estraneo, ma che in realtà è molto più reale di quello che può sembrare.
Voto: 10 e Lode
"Avatar - la leggenda di Aang" è una serie animata americana, di genere avventuroso. è un prodotto molto ambizioso e straordinario, ed è facile capire perché piaccia a moltissimi. Prima di inoltrarmi nella recensione, dirò sin da subito che è piaciuta anche a me. Non mi ritengo, però, una sua fan. E ora ne spiegherò più in dettaglio i motivi.
Ora, cosa dire in generale di "Avatar - la leggenda di Aang"? È indubbiamente una bella serie. Parliamo subito dei punti di forza: a me è sembrato che Avatar sia un cartone fortemente innovativo, che ha cercato davvero di rinnovare il panorama dell’animazione occidentale. Normalmente le serie animate occidentali sono episodiche e non hanno un intreccio da seguire; Avatar è invece un cartone che prende molti spunti dall’animazione giapponese. Perciò segue un filo conduttore, una trama.
Avatar esplora temi maturi, che solitamente non si toccano nelle serie per bambini. Il cartone è ambientato in un mondo in guerra, i protagonisti hanno subito delle perdite; la storia di Zuko è straordinariamente diversa da quanto ci si sarebbe potuto aspettare da un cartone per bambini. A vedere certe scene, giuro, mi sembrava di vedere un anime. Non che gli anime siano migliori dei cartoni occidentali; sono semplicemente un medium diverso. Ma vedere un cartone occidentale ispirarsi così a piene mani alle produzioni giapponesi, anche dal punto di vista del contenuto, è sicuramente sorprendente, e mi congratulo con gli autori per essersene assunti il rischio.
Parliamo poi dei disegni e dell’animazione: su questo lato, "Avatar - la leggenda di Aang" è impeccabile. Questo cartone è una gioia per gli occhi. Non solo non vediamo mai cali di qualità nei disegni e nelle animazioni, ma anche lo stile di disegno e i colori scelti sono un piacere da vedere. Anche l’ombreggiatura dei personaggi è fatta molto bene, e ricorda quella degli anime. Le animazioni, poi, sono perfette secondo me. Non me ne intendo, ma i combattimenti sono davvero ben fatti, spettacolari, e per la qualità ricordano quelli di anime come "Full Metal Alchemist: Brotherood".
Le ambientazioni, poi, sono davvero molto ispirate. In generale prendono in prestito lo stile orientale e riescono a essere molto suggestivi. Templi in rovina, isole fantastiche... insomma, è un cartone che si presenta proprio come un gioiello visivo.
La trama non è nulla di eccezionale od originalissimo; a sostenerla sono sicuramente i personaggi, i rapporti tra di loro e le tematiche.
I protagonisti principali del cartone sono tutti bambini, e questo è simbolico del fatto che la serie si propone come una metafora della crescita. Ciascun personaggio, in questo mondo, ha la capacità di dominare uno dei quattro elementi: fuoco, terra, aria e acqua. Anche il mondo è suddiviso in quattro nazioni, in base a questa suddivisione. Il dominio dei quattro elementi è chiaramente un simbolo dell’equilibrio interiore, che all’inizio ai personaggi manca, non solo a livello individuale ma anche collettivo. La formazione di un gruppo eterogeneo di dominatori di tutti e quattro gli elementi, e le difficoltà che derivano dalla convivenza, rappresentano così il raggiungimento dell'equilibrio collettivo; e così la auspicata riunificazione di tutti e quattro i regni rappresenta il raggiungimento di un equilibrio universale.
Non mi dilungherò troppo a parlare dei personaggi, per evitare troppi spoiler. Non posso però fare a meno di parlare di Zuko, il mio personaggio preferito. Zuko è un dominatore del fuoco, ed è un personaggio molto sfaccettato e complesso. Il suo ruolo nella storia cambia progressivamente, e non rimane fisso. Sin da subito lo spettatore intuisce di trovarsi davanti a un ragazzo problematico, fragile. Personalmente, ho adorato questo personaggio non solo per la sua evoluzione nella storia e nel ruolo che ricopre, ma anche per il suo carattere. Apparentemente duro e introverso, Zuko si rivela essere un ragazzo insicuro e anche molto dolce. Orfano della madre, figlio di un padre tirannico, è lo zio Iroh che lo accompagna in questo percorso di crescita, mosso da un genuino amore verso il nipote. Molto bello anche il rapporto di intesa immediata che Zuko stabilisce con Sokka. In generale, nel cartone ci sono molti rapporti interessanti tra i personaggi, e c'è veramente uno sforzo, da parte degli scrittori, di approfondirne anche l'interiorità.
Di questo cartone colpisce, poi, il fatto che ogni episodio abbia una storia interessante da raccontare. A parte qualche piccola incongruenza, i personaggi sono ben sviluppati, e questo rende i vari episodi intriganti da seguire. Colpisce anche la scelta di un contesto cupo, come quello di una guerra in corso. Normalmente i cartoni per bambini non fanno questo tipo di scelte, e preferiscono inquadrare le vicende in un contesto più o meno sereno. Si tratta di una scelta molto coraggiosa, e bisogna riconoscerlo agli scrittori.
Però, se ho apprezzato molto il cartone per tutti i meriti sopra indicati, ci sono anche degli elementi che mi hanno trattenuta dal diventarne una fan. Li spiegherò ora.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Anzitutto, come in tutti i cartoni animati per bambini, a volte ho trovato la trama un po’ confusa, e non manca qualche buco logico. Per esempio, nell’episodio in cui Aang deve procurarsi le rane ghiacciate per guarire Katara e Sokka dalla febbre: prima lo vediamo saltare in alto, poi dopo, quando deve fuggire da una cittadella con alte mura, non salta.
Oppure la scena in cui il gruppo fugge dalla biblioteca che sta crollando, lasciando indietro un antropologo che li aveva accompagnati. È vero che l’antropologo aveva detto di volerci rimanere, però non potevano lasciarlo davvero lì (a proposito, di quell’episodio mi è piaciuto molto quel personaggio simile a un gufo enorme: aveva un design e una voce spettacolari).
Poi c’è un altro problema che riguarda i personaggi: nonostante siano ben caratterizzati, un po’ tutti (tranne Zuko e Iroh) almeno una volta mi sono riusciti irritanti. Katara soprattutto. All'inizio mi piaceva molto come personaggio, anzi era uno dei miei preferiti. Era una ragazzina con le sue debolezze, capace di provare invidia, gelosia e senso di competizione; ma era pur sempre una persona positiva, pronta a chiedere scusa e ad ammettere i propri errori. Andando avanti nella serie, non solo Katara diventa mostruosamente forte, ma anche fastidiosa. Difficilmente i traumi da lei subiti per la perdita della mamma giustificano, a mio parere, certi atteggiamenti gratuitamente antipatici e scontrosi.
Anche Aang e Toph a volte mi hanno rotto le scatole. Toph più che altro mi è stata antipatica agli inizi, ma poi si è calmata, e poi è diventata una dei miei personaggi preferiti. Per quel che riguarda il protagonista Aang, invece, mi è stato antipatico in più di una circostanza. Spesso Aang si arrabbia con gli altri senza un evidente motivo, e attribuisce loro delle colpe che non si meritano.
In generale, ho percepito in tutta la serie una mancanza di fiducia reciproca tra i personaggi, unita a una certa intolleranza. Puoi dimostrare di essere una bravissima persona, ma basta un errore e sei ostracizzato. Questo, per esempio, succede nell’episodio in cui Zuko si prodiga per una famiglia di contadini della nazione della terra: basta per loro scoprire che è della nazione del fuoco, che lo scacciano malamente, senza ringraziarlo. O quando Katara rivede il ragazzo brigante che nei primi episodi aveva tentato di affogare un intero villaggio. Quando lui le si ripresenta a Basing-see, lei lo aggredisce subito, senza lasciargli il tempo di fiatare.
C’è anche la scena in cui Aang strappa la mappa per raggiungere il padre di Sokka e Katara, perché non vuole separarsi da loro. Quando i due fratelli vengono a saperlo, lo piantano subito, senza troppe parole.
O anche la scena in cui Aang colpisce per sbaglio Katara con il fuoco e Sokka lo attacca, accusandolo ripetutamente di aver bruciato Katara. Ma dannazione, non vuoi capire che non l’ha fatta apposta?!
E gli esempi di questo atteggiamento sono davvero tanti. Se da un lato potrei anche giustificarli, dal momento che il cartone è ambientato in un contesto difficile, dall'altro lato mi sono pur sempre sembrati gratuiti ed eccessivi.
Non ho apprezzato neanche la netta divisione tra buoni e cattivi. I cattivi hanno il classico atteggiamento da cattivi, con lo sguardo sadico e un modo di esprimersi minaccioso; in più, non c’è molto spazio per la loro redenzione. Non ho apprezzato molto che, dopo la sconfitta del cattivone, i bravi vengano da lui soltanto per sbeffeggiarlo. È stato sconfitto? Amen, non c’è bisogno di infierire. Comunque, ripeto, si tratta soltanto di scelte che sono tipiche dei cartoni per bambini e quindi non c’è da meravigliarsene troppo.
A volte, inoltre, non mi è piaciuto molto l’atteggiamento del gruppo nei confronti di Sokka, soprattutto agli inizi. Ora, sia chiaro, non ho nulla contro il fatto che Sokka sia un po’ preso in giro dagli altri e faccia la macchietta comica; anche questa cosa fa parte del linguaggio dei cartoni per bambini. E va apprezzato il fatto che Sokka non è soltanto una macchietta comica, ma sa anche essere generoso, premuroso e a suo modo dolce.
Il problema è che a volte Sokka non è ascoltato solo per partito preso. In un episodio, Sokka pensa di lasciare Appa per un po’ perché è vistoso e rischia di essere visto dagli avversari; allora Aang e soprattutto Katara lo prendono in giro senza ascoltare la sua proposta, che dopotutto è ragionevole. E la stessa cosa si ripete più avanti quando Sokka si rende conto del fatto che il ragazzo brigante si comporta male. Quando espone i suoi dubbi agli altri due, loro non lo ascoltano e preferiscono fidarsi del ragazzo. Insomma, Katara si fida più di lui che del fratello, che conosce da una vita...Comunque, quell’episodio mi è piaciuto molto ed è uno dei miei preferiti, perché esplora il personaggio di Sokka.
Un altro problema riguarda la gestione dei poteri dei protagonisti. A me sono spesso sembrati troppo pompati. Non ho trovato molto credibile che Katara, che dopotutto è una ragazzina, riesce a stracciare i maestri della tribù del nord muovendogli tonnellate di acqua addosso, tanto più se si considera che prima non si era mai detto che Katara fosse un prodigio. E la cosa vale un po’ anche per gli altri, a momenti sono davvero troppo forti e sembra che da soli possano stendere tutta la nazione del fuoco.
Infine, un ultimo appunto sul tono. Il tono è buono; riesce a bilanciare discretamente momenti di genuina comicità con momenti drammatici. L'umorismo del cartone ha un retrogusto un po' squallido che personalmente mi diverte molto (vedasi Aang che sogna il cattivone privo di pantaloni, e il cattivone tutto imbarazzato strilla "i miei gioielli reali sono esposti!"; o la posa a luci rosse di Sokka). Le scene drammatiche, invece, non mi hanno coinvolta molto. Il problema è che io ho faticato a commuovermi nella serie. Mi sono commossa solo in una scena verso la fine della serie, una scena in cui sono coinvolti Zuko e Iroh. E questo è, per me, una dimostrazione del fatto che una scena è tanto più commovente quanto più lo spettatore è legato ai personaggi coinvolti. Ci sono molte altre scene che dal punto di vista emotivo sono meritevoli, con un'ottima scelta dei colori e dei dialoghi, ma purtroppo non mi hanno lasciato molto.
Forse il problema è che il cartone non segue molto la regola del "mostra, non dire". Molte cose vengono semplicemente dette dai personaggi, ma non percepite emotivamente dallo spettatore. Primo tra tutti, il senso di pericolo imminente alla fine della serie, visto che si avvicina la grande battaglia finale. Vediamo il protagonista Aang che è insonne, preoccupatissimo per questa lotta imminente, ma il tutto viene trattato con una leggerezza eccessiva, e tu spettatore non avverti un briciolo di tensione. In generale, è la terza stagione a soffrire di questo problema, ma possiamo notare problemi di tono in tutto il cartone.
In ogni caso, ho spesso avuto l’impressione che gli scrittori abbiano fatto fatica a bilanciare il tutto, perché comunque si tratta di un cartone per bambini. Avatar è riuscito a rappresentare temi, situazioni e personaggi molto maturi, e se spesso ci è riuscito, a volte invece sembra che abbia fatto il passo più lungo della gamba. C’è quindi un certo dualismo del cartone, tra il suo voler essere maturo e impegnato e il suo non poterlo essere troppo; ne deriva un tono buono, ma non armonioso, e suscettibile di miglioramenti.
Fine parte contenente spoiler
In sostanza, Avatar è sicuramente una bella serie. È sorprendente perché ha provato a spingersi oltre i limiti dell’animazione occidentale, regalandoci una bella storia di amicizia e un ottimo sviluppo dei personaggi. E un altro indubbio punto di forza è che è molto curata dal punto di vista grafico.
Non è impeccabile come avevo pensato all’inizio, soprattutto per quel che riguarda il tono, ma lo sforzo è assolutamente apprezzabile.
Ora, cosa dire in generale di "Avatar - la leggenda di Aang"? È indubbiamente una bella serie. Parliamo subito dei punti di forza: a me è sembrato che Avatar sia un cartone fortemente innovativo, che ha cercato davvero di rinnovare il panorama dell’animazione occidentale. Normalmente le serie animate occidentali sono episodiche e non hanno un intreccio da seguire; Avatar è invece un cartone che prende molti spunti dall’animazione giapponese. Perciò segue un filo conduttore, una trama.
Avatar esplora temi maturi, che solitamente non si toccano nelle serie per bambini. Il cartone è ambientato in un mondo in guerra, i protagonisti hanno subito delle perdite; la storia di Zuko è straordinariamente diversa da quanto ci si sarebbe potuto aspettare da un cartone per bambini. A vedere certe scene, giuro, mi sembrava di vedere un anime. Non che gli anime siano migliori dei cartoni occidentali; sono semplicemente un medium diverso. Ma vedere un cartone occidentale ispirarsi così a piene mani alle produzioni giapponesi, anche dal punto di vista del contenuto, è sicuramente sorprendente, e mi congratulo con gli autori per essersene assunti il rischio.
Parliamo poi dei disegni e dell’animazione: su questo lato, "Avatar - la leggenda di Aang" è impeccabile. Questo cartone è una gioia per gli occhi. Non solo non vediamo mai cali di qualità nei disegni e nelle animazioni, ma anche lo stile di disegno e i colori scelti sono un piacere da vedere. Anche l’ombreggiatura dei personaggi è fatta molto bene, e ricorda quella degli anime. Le animazioni, poi, sono perfette secondo me. Non me ne intendo, ma i combattimenti sono davvero ben fatti, spettacolari, e per la qualità ricordano quelli di anime come "Full Metal Alchemist: Brotherood".
Le ambientazioni, poi, sono davvero molto ispirate. In generale prendono in prestito lo stile orientale e riescono a essere molto suggestivi. Templi in rovina, isole fantastiche... insomma, è un cartone che si presenta proprio come un gioiello visivo.
La trama non è nulla di eccezionale od originalissimo; a sostenerla sono sicuramente i personaggi, i rapporti tra di loro e le tematiche.
I protagonisti principali del cartone sono tutti bambini, e questo è simbolico del fatto che la serie si propone come una metafora della crescita. Ciascun personaggio, in questo mondo, ha la capacità di dominare uno dei quattro elementi: fuoco, terra, aria e acqua. Anche il mondo è suddiviso in quattro nazioni, in base a questa suddivisione. Il dominio dei quattro elementi è chiaramente un simbolo dell’equilibrio interiore, che all’inizio ai personaggi manca, non solo a livello individuale ma anche collettivo. La formazione di un gruppo eterogeneo di dominatori di tutti e quattro gli elementi, e le difficoltà che derivano dalla convivenza, rappresentano così il raggiungimento dell'equilibrio collettivo; e così la auspicata riunificazione di tutti e quattro i regni rappresenta il raggiungimento di un equilibrio universale.
Non mi dilungherò troppo a parlare dei personaggi, per evitare troppi spoiler. Non posso però fare a meno di parlare di Zuko, il mio personaggio preferito. Zuko è un dominatore del fuoco, ed è un personaggio molto sfaccettato e complesso. Il suo ruolo nella storia cambia progressivamente, e non rimane fisso. Sin da subito lo spettatore intuisce di trovarsi davanti a un ragazzo problematico, fragile. Personalmente, ho adorato questo personaggio non solo per la sua evoluzione nella storia e nel ruolo che ricopre, ma anche per il suo carattere. Apparentemente duro e introverso, Zuko si rivela essere un ragazzo insicuro e anche molto dolce. Orfano della madre, figlio di un padre tirannico, è lo zio Iroh che lo accompagna in questo percorso di crescita, mosso da un genuino amore verso il nipote. Molto bello anche il rapporto di intesa immediata che Zuko stabilisce con Sokka. In generale, nel cartone ci sono molti rapporti interessanti tra i personaggi, e c'è veramente uno sforzo, da parte degli scrittori, di approfondirne anche l'interiorità.
Di questo cartone colpisce, poi, il fatto che ogni episodio abbia una storia interessante da raccontare. A parte qualche piccola incongruenza, i personaggi sono ben sviluppati, e questo rende i vari episodi intriganti da seguire. Colpisce anche la scelta di un contesto cupo, come quello di una guerra in corso. Normalmente i cartoni per bambini non fanno questo tipo di scelte, e preferiscono inquadrare le vicende in un contesto più o meno sereno. Si tratta di una scelta molto coraggiosa, e bisogna riconoscerlo agli scrittori.
Però, se ho apprezzato molto il cartone per tutti i meriti sopra indicati, ci sono anche degli elementi che mi hanno trattenuta dal diventarne una fan. Li spiegherò ora.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Anzitutto, come in tutti i cartoni animati per bambini, a volte ho trovato la trama un po’ confusa, e non manca qualche buco logico. Per esempio, nell’episodio in cui Aang deve procurarsi le rane ghiacciate per guarire Katara e Sokka dalla febbre: prima lo vediamo saltare in alto, poi dopo, quando deve fuggire da una cittadella con alte mura, non salta.
Oppure la scena in cui il gruppo fugge dalla biblioteca che sta crollando, lasciando indietro un antropologo che li aveva accompagnati. È vero che l’antropologo aveva detto di volerci rimanere, però non potevano lasciarlo davvero lì (a proposito, di quell’episodio mi è piaciuto molto quel personaggio simile a un gufo enorme: aveva un design e una voce spettacolari).
Poi c’è un altro problema che riguarda i personaggi: nonostante siano ben caratterizzati, un po’ tutti (tranne Zuko e Iroh) almeno una volta mi sono riusciti irritanti. Katara soprattutto. All'inizio mi piaceva molto come personaggio, anzi era uno dei miei preferiti. Era una ragazzina con le sue debolezze, capace di provare invidia, gelosia e senso di competizione; ma era pur sempre una persona positiva, pronta a chiedere scusa e ad ammettere i propri errori. Andando avanti nella serie, non solo Katara diventa mostruosamente forte, ma anche fastidiosa. Difficilmente i traumi da lei subiti per la perdita della mamma giustificano, a mio parere, certi atteggiamenti gratuitamente antipatici e scontrosi.
Anche Aang e Toph a volte mi hanno rotto le scatole. Toph più che altro mi è stata antipatica agli inizi, ma poi si è calmata, e poi è diventata una dei miei personaggi preferiti. Per quel che riguarda il protagonista Aang, invece, mi è stato antipatico in più di una circostanza. Spesso Aang si arrabbia con gli altri senza un evidente motivo, e attribuisce loro delle colpe che non si meritano.
In generale, ho percepito in tutta la serie una mancanza di fiducia reciproca tra i personaggi, unita a una certa intolleranza. Puoi dimostrare di essere una bravissima persona, ma basta un errore e sei ostracizzato. Questo, per esempio, succede nell’episodio in cui Zuko si prodiga per una famiglia di contadini della nazione della terra: basta per loro scoprire che è della nazione del fuoco, che lo scacciano malamente, senza ringraziarlo. O quando Katara rivede il ragazzo brigante che nei primi episodi aveva tentato di affogare un intero villaggio. Quando lui le si ripresenta a Basing-see, lei lo aggredisce subito, senza lasciargli il tempo di fiatare.
C’è anche la scena in cui Aang strappa la mappa per raggiungere il padre di Sokka e Katara, perché non vuole separarsi da loro. Quando i due fratelli vengono a saperlo, lo piantano subito, senza troppe parole.
O anche la scena in cui Aang colpisce per sbaglio Katara con il fuoco e Sokka lo attacca, accusandolo ripetutamente di aver bruciato Katara. Ma dannazione, non vuoi capire che non l’ha fatta apposta?!
E gli esempi di questo atteggiamento sono davvero tanti. Se da un lato potrei anche giustificarli, dal momento che il cartone è ambientato in un contesto difficile, dall'altro lato mi sono pur sempre sembrati gratuiti ed eccessivi.
Non ho apprezzato neanche la netta divisione tra buoni e cattivi. I cattivi hanno il classico atteggiamento da cattivi, con lo sguardo sadico e un modo di esprimersi minaccioso; in più, non c’è molto spazio per la loro redenzione. Non ho apprezzato molto che, dopo la sconfitta del cattivone, i bravi vengano da lui soltanto per sbeffeggiarlo. È stato sconfitto? Amen, non c’è bisogno di infierire. Comunque, ripeto, si tratta soltanto di scelte che sono tipiche dei cartoni per bambini e quindi non c’è da meravigliarsene troppo.
A volte, inoltre, non mi è piaciuto molto l’atteggiamento del gruppo nei confronti di Sokka, soprattutto agli inizi. Ora, sia chiaro, non ho nulla contro il fatto che Sokka sia un po’ preso in giro dagli altri e faccia la macchietta comica; anche questa cosa fa parte del linguaggio dei cartoni per bambini. E va apprezzato il fatto che Sokka non è soltanto una macchietta comica, ma sa anche essere generoso, premuroso e a suo modo dolce.
Il problema è che a volte Sokka non è ascoltato solo per partito preso. In un episodio, Sokka pensa di lasciare Appa per un po’ perché è vistoso e rischia di essere visto dagli avversari; allora Aang e soprattutto Katara lo prendono in giro senza ascoltare la sua proposta, che dopotutto è ragionevole. E la stessa cosa si ripete più avanti quando Sokka si rende conto del fatto che il ragazzo brigante si comporta male. Quando espone i suoi dubbi agli altri due, loro non lo ascoltano e preferiscono fidarsi del ragazzo. Insomma, Katara si fida più di lui che del fratello, che conosce da una vita...Comunque, quell’episodio mi è piaciuto molto ed è uno dei miei preferiti, perché esplora il personaggio di Sokka.
Un altro problema riguarda la gestione dei poteri dei protagonisti. A me sono spesso sembrati troppo pompati. Non ho trovato molto credibile che Katara, che dopotutto è una ragazzina, riesce a stracciare i maestri della tribù del nord muovendogli tonnellate di acqua addosso, tanto più se si considera che prima non si era mai detto che Katara fosse un prodigio. E la cosa vale un po’ anche per gli altri, a momenti sono davvero troppo forti e sembra che da soli possano stendere tutta la nazione del fuoco.
Infine, un ultimo appunto sul tono. Il tono è buono; riesce a bilanciare discretamente momenti di genuina comicità con momenti drammatici. L'umorismo del cartone ha un retrogusto un po' squallido che personalmente mi diverte molto (vedasi Aang che sogna il cattivone privo di pantaloni, e il cattivone tutto imbarazzato strilla "i miei gioielli reali sono esposti!"; o la posa a luci rosse di Sokka). Le scene drammatiche, invece, non mi hanno coinvolta molto. Il problema è che io ho faticato a commuovermi nella serie. Mi sono commossa solo in una scena verso la fine della serie, una scena in cui sono coinvolti Zuko e Iroh. E questo è, per me, una dimostrazione del fatto che una scena è tanto più commovente quanto più lo spettatore è legato ai personaggi coinvolti. Ci sono molte altre scene che dal punto di vista emotivo sono meritevoli, con un'ottima scelta dei colori e dei dialoghi, ma purtroppo non mi hanno lasciato molto.
Forse il problema è che il cartone non segue molto la regola del "mostra, non dire". Molte cose vengono semplicemente dette dai personaggi, ma non percepite emotivamente dallo spettatore. Primo tra tutti, il senso di pericolo imminente alla fine della serie, visto che si avvicina la grande battaglia finale. Vediamo il protagonista Aang che è insonne, preoccupatissimo per questa lotta imminente, ma il tutto viene trattato con una leggerezza eccessiva, e tu spettatore non avverti un briciolo di tensione. In generale, è la terza stagione a soffrire di questo problema, ma possiamo notare problemi di tono in tutto il cartone.
In ogni caso, ho spesso avuto l’impressione che gli scrittori abbiano fatto fatica a bilanciare il tutto, perché comunque si tratta di un cartone per bambini. Avatar è riuscito a rappresentare temi, situazioni e personaggi molto maturi, e se spesso ci è riuscito, a volte invece sembra che abbia fatto il passo più lungo della gamba. C’è quindi un certo dualismo del cartone, tra il suo voler essere maturo e impegnato e il suo non poterlo essere troppo; ne deriva un tono buono, ma non armonioso, e suscettibile di miglioramenti.
Fine parte contenente spoiler
In sostanza, Avatar è sicuramente una bella serie. È sorprendente perché ha provato a spingersi oltre i limiti dell’animazione occidentale, regalandoci una bella storia di amicizia e un ottimo sviluppo dei personaggi. E un altro indubbio punto di forza è che è molto curata dal punto di vista grafico.
Non è impeccabile come avevo pensato all’inizio, soprattutto per quel che riguarda il tono, ma lo sforzo è assolutamente apprezzabile.
"Avatar - la leggenda di Aang" è una serie animata del 2005, di origine americana. In buona sostanza è un tipico fantasy cinese, un wuxia.
Prima di cominciare con la recensione vera e propria, un piccolo appunto su quanto, secondo me, sia ridicola la questione "è un anime?". La ragione è semplice, ma prima di tutto, c'è da dire che essere anime o meno, non da alcun valore aggiunto, e in secondo luogo, non lo è per il semplice motivo che sono anime i cartoni animati giapponesi. Anime non è un genere, e comunque, tra le altre cose, questa serie non ha proprio niente di anime, né a livello di sceneggiatura, né a livello grafico (animazioni, regia e quant'altro). L'unica cosa che dovrebbe renderlo anime sarebbe il fatto che è un wuxia (che comunque è un fantasy cinese, neanche giapponese), che comunque non ha senso.
Se, come detto, essere un anime non da alcun valore aggiunto, c'è anche da dire che alla fin fine, i problemi (ma anche i pregi) principali di questa serie, si ritrovano tutti proprio nel fatto che, essendo una serie americana, ha una sceneggiatura e un target tipico dei cartoni americani. Perché dopotutto, ci deve pur essere un motivo se le serie animate giapponesi hanno una schiera di appassionati e quelle provenienti dagli altri Paesi no.
Infatti, per quanto mi riguarda, il problema principale della serie sta proprio nella sceneggiatura. Gli episodi, infatti, sono praticamente tutti autoconclusivi. La cosa non sarebbe comunque un problema, se non fosse che, come tipicamente succede dei prodotti di intrattenimento seriali americani, il grosso degli avvenimenti principali della serie, si concentrano all'inizio e alla fine della stagione, relegando gli altri ad un inutile filler il cui unico scopo è raggiungere i canonici 20 episodi (circa) tipici delle produzioni made in USA (ovviamente ci sono eccezioni nell'animazione giapponese, ma a livello generale è così, e comunque le eccezioni risalgono piuttosto agli albori, non al secolo corrente).
Quello che voglio dire è che probabilmente non esagero dicendo che guardando 10 episodi accuratamente selezionati, si avrebbe comunque una visione del 90% degli avvenimenti della serie (e in realtà ci si eviterebbe anche delle piuttosto evidenti incongruenze, la più importante delle quali, è secondo me l'episodio in cui viene mostrato che Aang ha superato Katara nel dominio dell'acqua, salvo poi, a fine stagione, prenderla come sua maestra di dominio dell'acqua, ma ce ne sono altri).
Questo è il motivo principale per cui secondo me, nonostante sia tutto sommato una bella serie, non può meritare il sei.
Altro difetto principale è la praticamente assenza di tematiche. Praticamente, perché l'unica vera tematica presente all'interno della serie, è una tutto sommato banale (visto che le parti risultano stereotipate) lotta tra bene e male. Sparse per i vari episodi autoconclusivi-filler che compongono la grande maggioranza della serie, qualcosa sparsa in giro comunque c'è, ma risultano del tutto sorvolabili, a causa del loro scarso approfondimento dovuto anche al limite dei canonici venti minuti (e comunque i filler sono talmente tanti e talmente di poco peso da essere tutti dimenticabili).
Come accennato, essere made in USA ha anche dei pregi, ed infatti, dal punto di vista sentimentale, risulta tutto sommato ben fatto (sicuramente nettamente superiore alla stragrande maggioranza degli anime).
Per quanto riguarda i personaggi, come detto in precedenza, risultano tutti decisamente banali, con i cattivi che vogliono conquistare il mondo e i buoni che vogliono fermarli e portare la pace. L'unica vera eccezione di spicco è Zuko. Zuko infatti è il figlio del signore del fuoco, esiliato dal suo Paese, che cerca l'avatar per poter fare ritorno a cosa e riacquistare il suo onore. Oltre alla particolare caratterizzazione, è fantastica anche la sua evoluzione, nel corso della storia, condizionata degli eventi che vive.
Il sistema dei poteri risulta funzionale, anche se non particolarmente degno di nota. In buona sostanza è buono, ma niente di più. Inoltre, molte volte, i poteri dei personaggi sembrano piuttosto variabili di livello, infatti a volte li vediamo capaci di affrontare un gran numero di soldati, altre volte si trovano in difficoltà contro pochi (che più o meno dovrebbero essere pari agli altri).
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Inoltre, la forma di mostro pesce gigante che Aang assume sul finire della prima stagione, viene abbandonata completamente nel dimenticatoio, senza ricevere una spiegazione esaustiva, senza essere più riutilizzata, nè altro.
Fine parte contenente spoiler
Nota finale, il sentire chiamare le forme delle arti marziali "balletti" e le tecniche mosse".
Prima di cominciare con la recensione vera e propria, un piccolo appunto su quanto, secondo me, sia ridicola la questione "è un anime?". La ragione è semplice, ma prima di tutto, c'è da dire che essere anime o meno, non da alcun valore aggiunto, e in secondo luogo, non lo è per il semplice motivo che sono anime i cartoni animati giapponesi. Anime non è un genere, e comunque, tra le altre cose, questa serie non ha proprio niente di anime, né a livello di sceneggiatura, né a livello grafico (animazioni, regia e quant'altro). L'unica cosa che dovrebbe renderlo anime sarebbe il fatto che è un wuxia (che comunque è un fantasy cinese, neanche giapponese), che comunque non ha senso.
Se, come detto, essere un anime non da alcun valore aggiunto, c'è anche da dire che alla fin fine, i problemi (ma anche i pregi) principali di questa serie, si ritrovano tutti proprio nel fatto che, essendo una serie americana, ha una sceneggiatura e un target tipico dei cartoni americani. Perché dopotutto, ci deve pur essere un motivo se le serie animate giapponesi hanno una schiera di appassionati e quelle provenienti dagli altri Paesi no.
Infatti, per quanto mi riguarda, il problema principale della serie sta proprio nella sceneggiatura. Gli episodi, infatti, sono praticamente tutti autoconclusivi. La cosa non sarebbe comunque un problema, se non fosse che, come tipicamente succede dei prodotti di intrattenimento seriali americani, il grosso degli avvenimenti principali della serie, si concentrano all'inizio e alla fine della stagione, relegando gli altri ad un inutile filler il cui unico scopo è raggiungere i canonici 20 episodi (circa) tipici delle produzioni made in USA (ovviamente ci sono eccezioni nell'animazione giapponese, ma a livello generale è così, e comunque le eccezioni risalgono piuttosto agli albori, non al secolo corrente).
Quello che voglio dire è che probabilmente non esagero dicendo che guardando 10 episodi accuratamente selezionati, si avrebbe comunque una visione del 90% degli avvenimenti della serie (e in realtà ci si eviterebbe anche delle piuttosto evidenti incongruenze, la più importante delle quali, è secondo me l'episodio in cui viene mostrato che Aang ha superato Katara nel dominio dell'acqua, salvo poi, a fine stagione, prenderla come sua maestra di dominio dell'acqua, ma ce ne sono altri).
Questo è il motivo principale per cui secondo me, nonostante sia tutto sommato una bella serie, non può meritare il sei.
Altro difetto principale è la praticamente assenza di tematiche. Praticamente, perché l'unica vera tematica presente all'interno della serie, è una tutto sommato banale (visto che le parti risultano stereotipate) lotta tra bene e male. Sparse per i vari episodi autoconclusivi-filler che compongono la grande maggioranza della serie, qualcosa sparsa in giro comunque c'è, ma risultano del tutto sorvolabili, a causa del loro scarso approfondimento dovuto anche al limite dei canonici venti minuti (e comunque i filler sono talmente tanti e talmente di poco peso da essere tutti dimenticabili).
Come accennato, essere made in USA ha anche dei pregi, ed infatti, dal punto di vista sentimentale, risulta tutto sommato ben fatto (sicuramente nettamente superiore alla stragrande maggioranza degli anime).
Per quanto riguarda i personaggi, come detto in precedenza, risultano tutti decisamente banali, con i cattivi che vogliono conquistare il mondo e i buoni che vogliono fermarli e portare la pace. L'unica vera eccezione di spicco è Zuko. Zuko infatti è il figlio del signore del fuoco, esiliato dal suo Paese, che cerca l'avatar per poter fare ritorno a cosa e riacquistare il suo onore. Oltre alla particolare caratterizzazione, è fantastica anche la sua evoluzione, nel corso della storia, condizionata degli eventi che vive.
Il sistema dei poteri risulta funzionale, anche se non particolarmente degno di nota. In buona sostanza è buono, ma niente di più. Inoltre, molte volte, i poteri dei personaggi sembrano piuttosto variabili di livello, infatti a volte li vediamo capaci di affrontare un gran numero di soldati, altre volte si trovano in difficoltà contro pochi (che più o meno dovrebbero essere pari agli altri).
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Inoltre, la forma di mostro pesce gigante che Aang assume sul finire della prima stagione, viene abbandonata completamente nel dimenticatoio, senza ricevere una spiegazione esaustiva, senza essere più riutilizzata, nè altro.
Fine parte contenente spoiler
Nota finale, il sentire chiamare le forme delle arti marziali "balletti" e le tecniche mosse".
"Avatar - La leggenda di Aang" a mio parere è un anime semplice con una trama lineare che tratta temi vicini alle fantasie giovanili di ognuno di noi.
La storia, ambientata in un mondo in cui le persone sono divise quasi cromaticamente tra Paesi del "fuoco, terra, acqua e aria", parla di come in questi Paesi vi abitino dei cosiddetti "dominatori" degli elementi che possono manipolarli a loro vantaggio e della figura dell' "Avatar", persona capace di "dominare" tutti gli elementi che tenta di mantenere un equilibrio tra i vari Paesi. L'Avatar in questa storia è un ragazzo che si ritrova a dover affrontare una miriade di battaglie contro la nazione del fuoco che ha conquistato il Paese della terra, messo all'angolo il Paese dell'acqua e sterminato i dominatori dell'aria alla ricerca dell'Avatar stesso, che in quel periodo doveva nascere tra questi ultimi. Oltre alle continue battaglie, questo ragazzo dovrà anche cercare di apprendere il "dominio" di tutti gli elementi, in quanto a causa della guerra non ha finito il suo addestramento.
Considero la serie un anime di livello, che in certi momenti ci fa tornare tutti un po' bambini, con momenti divertenti e altri di riflessione. La grafica rispetto agli anime giapponesi la trovo un po' sempliciotta.
La storia, ambientata in un mondo in cui le persone sono divise quasi cromaticamente tra Paesi del "fuoco, terra, acqua e aria", parla di come in questi Paesi vi abitino dei cosiddetti "dominatori" degli elementi che possono manipolarli a loro vantaggio e della figura dell' "Avatar", persona capace di "dominare" tutti gli elementi che tenta di mantenere un equilibrio tra i vari Paesi. L'Avatar in questa storia è un ragazzo che si ritrova a dover affrontare una miriade di battaglie contro la nazione del fuoco che ha conquistato il Paese della terra, messo all'angolo il Paese dell'acqua e sterminato i dominatori dell'aria alla ricerca dell'Avatar stesso, che in quel periodo doveva nascere tra questi ultimi. Oltre alle continue battaglie, questo ragazzo dovrà anche cercare di apprendere il "dominio" di tutti gli elementi, in quanto a causa della guerra non ha finito il suo addestramento.
Considero la serie un anime di livello, che in certi momenti ci fa tornare tutti un po' bambini, con momenti divertenti e altri di riflessione. La grafica rispetto agli anime giapponesi la trovo un po' sempliciotta.
Se c'è una serie che merita il massimo dei voti, questa è proprio "Avatar - La leggenda di Aang".
Una serie fantasiosa, avventurosa, divertente, profonda, ben animata, con un'ottima storia: in poche parole, assolutamente perfetta sotto tutti i punti di vista.
Nelle quattro serie di cui è composta la serie tutti i personaggi trovano il proprio spazio, ogni sotto-trama viene sviluppata in maniera più che soddisfacente. E' tra le pochissime serie che mi sento di consigliare non solo per una prima visione, ma anche per una seconda e una terza, visto che ogni volta è possibile scorgere nuove sfumature a cui non si aveva fatto caso. E' decisamente una delle serie che gradirei avesse uno o più prequel (un sequel è infatti già stato fatto con ottimi risultati, si chiama "La leggenda di Korra"... anche se è stato un po' perso il mondo fantastico creato in questa versione).
Il doppiaggio in italiano è ottimo e non sono presenti censure (che io ricordi).
E' tra le pochissime produzioni americane che apprezzo senza se e senza ma, consigliatissimo anche a un pubblico che non ama le serie animate.
Una serie fantasiosa, avventurosa, divertente, profonda, ben animata, con un'ottima storia: in poche parole, assolutamente perfetta sotto tutti i punti di vista.
Nelle quattro serie di cui è composta la serie tutti i personaggi trovano il proprio spazio, ogni sotto-trama viene sviluppata in maniera più che soddisfacente. E' tra le pochissime serie che mi sento di consigliare non solo per una prima visione, ma anche per una seconda e una terza, visto che ogni volta è possibile scorgere nuove sfumature a cui non si aveva fatto caso. E' decisamente una delle serie che gradirei avesse uno o più prequel (un sequel è infatti già stato fatto con ottimi risultati, si chiama "La leggenda di Korra"... anche se è stato un po' perso il mondo fantastico creato in questa versione).
Il doppiaggio in italiano è ottimo e non sono presenti censure (che io ricordi).
E' tra le pochissime produzioni americane che apprezzo senza se e senza ma, consigliatissimo anche a un pubblico che non ama le serie animate.
Ricordo quando avevo l'eta di otto anni. In quegli anni avevamo in famiglia SKY. La sera, sul tardi, mettendo sul canale che aveva supremazia in fatto di cartoni animati, Nichelodeon, vedevo un cartone dai disegni suggestivi, storia incredibile, accompagnato il tutto da ritmate ed esotiche musiche. Ambienti dal clima e dalla vegetazione totalmente differenti uno dall'altro. Insomma, un qualcosa di misterioso ma estremamente intrigante al tempo stesso che, purtroppo, in quegli anni abbandonavo a causa del sonno che mi prendeva per l'ora tarda i cui veniva trasmesso. Un ricordo bellissimo, poiché "Avatar" è un cartone che facilmente cattura coloro che sono appassionati di mondi diversi, "esotici", come me.
Questa è la prima volta che valuta un opera con un dieci totale, questo è una cosa da tenere attentamente in considerazione, poiché essendo io un tipo che nel valutare segue un preciso criterio (naturalmente qui non lo espongo per non annoiare), raggiungere il dieci vuol significa essere giunti di fronte alla perfezione. Infatti, per quanto mi possa sforzare, "Avatar - La leggenda di Aang" è un cartone senza difetto, mai con parti superflue, mai che annoia, né lungo né tantomeno breve.
Un gioiello dell'animazione che dimostra che anche gli americani sanno fare cartoni animati che non siano alla maniera della Disney o colla sempre più abusata CGI.
"Avatar" è un anime che consiglio a tutti, di qualsiasi età, sia bambini sia, persino, anziani che superino i settant'anni.
Per quanto mi riguarda, non vedere questo cartone animato significa perdersi un grande pezzo dell'animazione mondiale.
Questa è la prima volta che valuta un opera con un dieci totale, questo è una cosa da tenere attentamente in considerazione, poiché essendo io un tipo che nel valutare segue un preciso criterio (naturalmente qui non lo espongo per non annoiare), raggiungere il dieci vuol significa essere giunti di fronte alla perfezione. Infatti, per quanto mi possa sforzare, "Avatar - La leggenda di Aang" è un cartone senza difetto, mai con parti superflue, mai che annoia, né lungo né tantomeno breve.
Un gioiello dell'animazione che dimostra che anche gli americani sanno fare cartoni animati che non siano alla maniera della Disney o colla sempre più abusata CGI.
"Avatar" è un anime che consiglio a tutti, di qualsiasi età, sia bambini sia, persino, anziani che superino i settant'anni.
Per quanto mi riguarda, non vedere questo cartone animato significa perdersi un grande pezzo dell'animazione mondiale.
"Acqua. Terra. Fuoco. Aria. Molto tempo fa, nel mondo regnava la più completa armonia, poi tutto cambiò, quando la Nazione del Fuoco decise di attaccare. Solo l'Avatar, padrone di tutti e quattro gli Elementi, poteva fermarla. Ma, quando il mondo aveva più bisogno di lui, scomparve.
Sono passati cento anni e io e mio fratello abbiamo scoperto il nuovo Avatar, un dominatore dell'Aria di nome Aang. Ma, nonostante la sua abilità nel dominio dell'aria, ha ancora molto da imparare.
Ma io ne sono certa, Aang salverà il mondo."
Queste sono le parole che, all'inizio di ogni episodio, compensano l'assenza di una vera e propria sigla di apertura per "Avatar: The Last Airbender" (arrivato in Italia come "Avatar - La leggenda di Aang"), cartone animato statunitense ideato da Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko e costituito da sessantuno puntate di durata canonica, andate in onda in patria tra il 2005 e il 2008.
A pronunciarle è Katara, coprotagonista della serie, la quale ha luogo in un mondo diviso tra Tribù dell'Acqua, Regno della Terra, Nazione del Fuoco e Nomadi dell'Aria, ciascuno dei quali è specializzato nel dominio del corrispettivo Elemento, cioè nella capacità di manipolarlo a proprio piacimento, anche se in seguito a rigidi addestramenti. Tale mondo è però sconvolto da un secolare conflitto, che vede contrapposta la Nazione del Fuoco, con i suoi feroci propositi di supremazia globale, a tutte le altre entità territoriali.
Sarà proprio Katara, insieme al fratello maggiore Sokka, a risvegliare l'Avatar Aang da un sonno lungo cent'anni. Insieme, decideranno di intraprendere un lungo e periglioso viaggio per aiutare l'impreparato Aang a compiere il proprio destino: ripristinare l'equilibrio tra tutti i popoli.
Tralasciando lo spostamento fisico da una località all'altra, quello del viaggio, soprattutto di crescita interiore, è uno dei temi portanti del cartoon: la maggior parte dei personaggi è costituita da adolescenti, con un'età compresa tra i dodici e i sedici anni. Questo comporta una tempesta emotiva che la serie riesce a rappresentare con grande cura, presentandoci un campionario di sentimenti estremamente vario e realistico: ci sono coraggio, timore, senso di inadeguatezza, egoismo, amore, amicizia, orgoglio, la dicotomia tra un'inaspettata maturità e la prevedibile puerilità, tutte sensazioni che coinvolgono sia i protagonisti che gli antagonisti, non meno complessi e affascinanti.
Aang, nonostante tutte le responsabilità che comporta l'essere l'Avatar, è pur sempre un ragazzino di dodici anni che, dopo cento anni di stasi criogenica, si ritrova improvvisamente ad essere l'ultimo della propria gente, affrontando così solitudine e dolore, ma senza mai perdere il proprio altruismo e il proprio desiderio di conoscenza e la propensione alla spensieratezza e al divertimento. Ciononostante, anche lui sarà dominato in alcune sequenze da sentimenti meno nobili, come rabbia e gelosia.
La continua lotta tra il destino, inteso come un percorso predeterminato, e il futuro che è possibile costruirsi da sé, seguendo il proprio cuore, accentua il dualismo tra Aang e Zuko, tormentato principe esiliato della Nazione del Fuoco, inviato a dare la caccia all'Avatar per riconquistare il proprio onore.
Katara, avendo perso la madre in giovane età, mostra spesso e volentieri un atteggiamento affettuoso e quasi materno nei confronti di coloro che la circondano, preoccupandosi per la loro incolumità e per il loro benessere psichico, sempre pronta a donare loro parole di conforto e speranza. Tuttavia, questo non la rende un personaggio femminile debole e banale, poiché anche lei saprà dimostrare grande forza e determinazione, così come disprezzo e mancanza di fiducia.
Sokka è il mattatore della serie, capace di tirar fuori dal nulla spassose battute nei momenti più inaspettati, ma, essendo un ragazzo normale circondato da individui eccezionali e potenti dominatori, non è raro che si interroghi sul proprio valore.
Toph, ragazzina cieca cresciuta tra gli agi e l'apprensione dei genitori, ma segretamente rude e insofferente alle regole, è assolutamente priva di autocommiserazione, diventando, al contrario, forse la più ironica e geniale tra i protagonisti.
Indubbiamente, i personaggi sono il punto di forza di "Avatar - La leggenda di Aang": ognuno di essi possiede personalità e motivazioni uniche e ben costruite, talmente convincenti e accattivanti da rendere impossibile anche il semplice odio nei confronti di uno solo di essi, fosse anche il più crudele e spietato dei villain. Gli stereotipi comportamentali, per quanto presenti, sono utilizzati con criterio, in contesti che li rendono quantomeno plausibili e sopportabili, senza che questo comporti il rinunciare a una buona dose di originalità. Nel corso dei sessantuno episodi, il gruppo di eroi entrerà a contatto con numerose figure molto eterogenee, traendone preziosi insegnamenti o fungendo essi stessi da ispirazione per gli altri, realizzando una continua e reciproca maturazione psicologica. Anche i rapporti che instaurano mutuamente sono brillanti e profondi, con la sola eccezione di alcune relazioni sentimentali di secondo piano, che appaiono come forzate e in qualche misura immotivate.
Il comparto tecnico, nonostante cali trascurabili, si distingue per animazioni eccellenti, che rendono al meglio nelle frequenti scene d'azione, in cui è evidente la grande cura prestata alle coreografie dei combattimenti (esaltate dalla regia), alle arti marziali che accompagnano il dominio dei vari Elementi e agli effetti speciali e sonori. La colonna sonora, per quanto non presenti brani particolari che spicchino sugli altri, è di buon livello e affianca alla perfezione le scene mostrate sullo schermo. Ottimo il doppiaggio italiano.
Il design dei personaggi è molto curato e piacevole, sia per quanto riguarda la loro fisionomia che il vestiario. Nella realizzazione delle ambientazioni di carattere antropico è palese l'influenza dell'architettura tradizionale orientale, mentre i paesaggi naturali sono estremamente vari, passando da distese di neve e ghiaccio a foreste tropicali a ripidi picchi rocciosi. Molti scorci sono estremamente suggestivi e dettagliati, nonostante sia possibile percepire, a volte, una certa mancanza di spessore. Occorre sottolineare la presenza di flashback e leggende raccontate utilizzando stili grafici peculiari, contribuendo a rendere la serie ancora più varia e fresca.
Il mondo in cui si svolge la vicenda è tratteggiato con grande attenzione, sia per quanto riguarda le forse non troppo fantasiose creature che lo abitano, sia per le culture dei popoli presenti, ciascuna delle quali è ben differenziata dalle altre: è impossibile non notare il peso delle tradizioni cinesi, giapponesi, Inuit e tibetane, nonché di vari concetti e principi religiosi provenienti dalle dottrine induiste e buddiste. Alcune scelte stilistiche e grafiche, invece, rivelano anche la forte influenza dell'animazione nipponica.
"Avatar - La leggenda di Aang" è quello che tutti gli shounen commerciali odierni dovrebbero essere: una trama effettivamente semplice (un eroe predestinato e un grande malvagio da sconfiggere per salvare il mondo), ma coadiuvata da un intreccio avvincente e prevedibile, ma non scontato. Si tratta di un'opera genuina che punta sul carisma dei suoi personaggi, sulla forza dei loro sentimenti e sulla maestria nella realizzazione degli scontri per conquistare lo spettatore, senza ricorrere a facili lezioncine morali ripetute fino allo sfinimento, al fanservice o alla violenza, dimostrando di poter dar vita a una storia adulta anche senza sangue e/o corpi nudi. La gestione dei momenti comici e drammatici è magistrale: dosati con criterio, non arrivano mai a privare i personaggi della loro carica ironica e della profondità, anche nelle situazioni più ardue o in quelle più leggere.
Una serie d'animazione assolutamente consigliata.
Sono passati cento anni e io e mio fratello abbiamo scoperto il nuovo Avatar, un dominatore dell'Aria di nome Aang. Ma, nonostante la sua abilità nel dominio dell'aria, ha ancora molto da imparare.
Ma io ne sono certa, Aang salverà il mondo."
Queste sono le parole che, all'inizio di ogni episodio, compensano l'assenza di una vera e propria sigla di apertura per "Avatar: The Last Airbender" (arrivato in Italia come "Avatar - La leggenda di Aang"), cartone animato statunitense ideato da Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko e costituito da sessantuno puntate di durata canonica, andate in onda in patria tra il 2005 e il 2008.
A pronunciarle è Katara, coprotagonista della serie, la quale ha luogo in un mondo diviso tra Tribù dell'Acqua, Regno della Terra, Nazione del Fuoco e Nomadi dell'Aria, ciascuno dei quali è specializzato nel dominio del corrispettivo Elemento, cioè nella capacità di manipolarlo a proprio piacimento, anche se in seguito a rigidi addestramenti. Tale mondo è però sconvolto da un secolare conflitto, che vede contrapposta la Nazione del Fuoco, con i suoi feroci propositi di supremazia globale, a tutte le altre entità territoriali.
Sarà proprio Katara, insieme al fratello maggiore Sokka, a risvegliare l'Avatar Aang da un sonno lungo cent'anni. Insieme, decideranno di intraprendere un lungo e periglioso viaggio per aiutare l'impreparato Aang a compiere il proprio destino: ripristinare l'equilibrio tra tutti i popoli.
Tralasciando lo spostamento fisico da una località all'altra, quello del viaggio, soprattutto di crescita interiore, è uno dei temi portanti del cartoon: la maggior parte dei personaggi è costituita da adolescenti, con un'età compresa tra i dodici e i sedici anni. Questo comporta una tempesta emotiva che la serie riesce a rappresentare con grande cura, presentandoci un campionario di sentimenti estremamente vario e realistico: ci sono coraggio, timore, senso di inadeguatezza, egoismo, amore, amicizia, orgoglio, la dicotomia tra un'inaspettata maturità e la prevedibile puerilità, tutte sensazioni che coinvolgono sia i protagonisti che gli antagonisti, non meno complessi e affascinanti.
Aang, nonostante tutte le responsabilità che comporta l'essere l'Avatar, è pur sempre un ragazzino di dodici anni che, dopo cento anni di stasi criogenica, si ritrova improvvisamente ad essere l'ultimo della propria gente, affrontando così solitudine e dolore, ma senza mai perdere il proprio altruismo e il proprio desiderio di conoscenza e la propensione alla spensieratezza e al divertimento. Ciononostante, anche lui sarà dominato in alcune sequenze da sentimenti meno nobili, come rabbia e gelosia.
La continua lotta tra il destino, inteso come un percorso predeterminato, e il futuro che è possibile costruirsi da sé, seguendo il proprio cuore, accentua il dualismo tra Aang e Zuko, tormentato principe esiliato della Nazione del Fuoco, inviato a dare la caccia all'Avatar per riconquistare il proprio onore.
Katara, avendo perso la madre in giovane età, mostra spesso e volentieri un atteggiamento affettuoso e quasi materno nei confronti di coloro che la circondano, preoccupandosi per la loro incolumità e per il loro benessere psichico, sempre pronta a donare loro parole di conforto e speranza. Tuttavia, questo non la rende un personaggio femminile debole e banale, poiché anche lei saprà dimostrare grande forza e determinazione, così come disprezzo e mancanza di fiducia.
Sokka è il mattatore della serie, capace di tirar fuori dal nulla spassose battute nei momenti più inaspettati, ma, essendo un ragazzo normale circondato da individui eccezionali e potenti dominatori, non è raro che si interroghi sul proprio valore.
Toph, ragazzina cieca cresciuta tra gli agi e l'apprensione dei genitori, ma segretamente rude e insofferente alle regole, è assolutamente priva di autocommiserazione, diventando, al contrario, forse la più ironica e geniale tra i protagonisti.
Indubbiamente, i personaggi sono il punto di forza di "Avatar - La leggenda di Aang": ognuno di essi possiede personalità e motivazioni uniche e ben costruite, talmente convincenti e accattivanti da rendere impossibile anche il semplice odio nei confronti di uno solo di essi, fosse anche il più crudele e spietato dei villain. Gli stereotipi comportamentali, per quanto presenti, sono utilizzati con criterio, in contesti che li rendono quantomeno plausibili e sopportabili, senza che questo comporti il rinunciare a una buona dose di originalità. Nel corso dei sessantuno episodi, il gruppo di eroi entrerà a contatto con numerose figure molto eterogenee, traendone preziosi insegnamenti o fungendo essi stessi da ispirazione per gli altri, realizzando una continua e reciproca maturazione psicologica. Anche i rapporti che instaurano mutuamente sono brillanti e profondi, con la sola eccezione di alcune relazioni sentimentali di secondo piano, che appaiono come forzate e in qualche misura immotivate.
Il comparto tecnico, nonostante cali trascurabili, si distingue per animazioni eccellenti, che rendono al meglio nelle frequenti scene d'azione, in cui è evidente la grande cura prestata alle coreografie dei combattimenti (esaltate dalla regia), alle arti marziali che accompagnano il dominio dei vari Elementi e agli effetti speciali e sonori. La colonna sonora, per quanto non presenti brani particolari che spicchino sugli altri, è di buon livello e affianca alla perfezione le scene mostrate sullo schermo. Ottimo il doppiaggio italiano.
Il design dei personaggi è molto curato e piacevole, sia per quanto riguarda la loro fisionomia che il vestiario. Nella realizzazione delle ambientazioni di carattere antropico è palese l'influenza dell'architettura tradizionale orientale, mentre i paesaggi naturali sono estremamente vari, passando da distese di neve e ghiaccio a foreste tropicali a ripidi picchi rocciosi. Molti scorci sono estremamente suggestivi e dettagliati, nonostante sia possibile percepire, a volte, una certa mancanza di spessore. Occorre sottolineare la presenza di flashback e leggende raccontate utilizzando stili grafici peculiari, contribuendo a rendere la serie ancora più varia e fresca.
Il mondo in cui si svolge la vicenda è tratteggiato con grande attenzione, sia per quanto riguarda le forse non troppo fantasiose creature che lo abitano, sia per le culture dei popoli presenti, ciascuna delle quali è ben differenziata dalle altre: è impossibile non notare il peso delle tradizioni cinesi, giapponesi, Inuit e tibetane, nonché di vari concetti e principi religiosi provenienti dalle dottrine induiste e buddiste. Alcune scelte stilistiche e grafiche, invece, rivelano anche la forte influenza dell'animazione nipponica.
"Avatar - La leggenda di Aang" è quello che tutti gli shounen commerciali odierni dovrebbero essere: una trama effettivamente semplice (un eroe predestinato e un grande malvagio da sconfiggere per salvare il mondo), ma coadiuvata da un intreccio avvincente e prevedibile, ma non scontato. Si tratta di un'opera genuina che punta sul carisma dei suoi personaggi, sulla forza dei loro sentimenti e sulla maestria nella realizzazione degli scontri per conquistare lo spettatore, senza ricorrere a facili lezioncine morali ripetute fino allo sfinimento, al fanservice o alla violenza, dimostrando di poter dar vita a una storia adulta anche senza sangue e/o corpi nudi. La gestione dei momenti comici e drammatici è magistrale: dosati con criterio, non arrivano mai a privare i personaggi della loro carica ironica e della profondità, anche nelle situazioni più ardue o in quelle più leggere.
Una serie d'animazione assolutamente consigliata.
La Leggenda di Aang è un capolavoro sotto ogni aspetto ed è davvero un'opera di rara bellezza. A partire dalla trama pensata dall'inizio della prima serie fino alla fine della terza ed ultima, la storia non è mai superflua. Ogni personaggio, ogni evento, compresi i molti siparietti comici che caratterizzano lo stile di questo cartone, che può farci ridere e piangere nello stesso episodio più volte, ogni particolare è lì per una ragione. E questa serie ha nel suo messaggio una grandissima ragione di essere. Perché La "Leggenda di Aang" è una vera e propria scuola di vita, che poi proseguirà ne "La Leggenda di Korra", che si rivolge ad un pubblico più adulto, con particolare attenzione agli adolescenti.
"Avatar - The Last Airbender" (o "Avatar: The Legend of Aang"): un anime inaspettatamente e incredibilmente interessante! Vidi in un primo momento qualche episodio in tv senza dargli troppo peso (in fondo era solo un "cartone per bambini"), e invece, dopo i ripetuti consigli di alcuni amici, eccomi lì a guardare con passione un prodotto diverso da quello che mi aspettavo: "Avatar", un anime davvero di magnifica fattura. Ma andiamo con ordine.
"Avatar" è una serie di animazione americana riuscita particolarmente bene. È divisa in tre stagioni chiamate, in ordine, Acqua, Terra e Fuoco. Il motivo è presto detto: nel mondo delineato nell'anime esistono persone in grado di dominare e sfruttare a proprio piacimento i classici quattro elementi: terra, fuoco, aria e acqua. Chi ha questa abilità innata può sfruttare però un solo elemento, mentre l'unico che li padroneggia tutti e quattro è il leggendario avatar. Costui è Aang, un adolescente dominatore dell'aria e protagonista della nostra storia. Per il resto la trama è semplice: il nostro eroe dovrà imparare a manipolare tutti gli elementi e sconfiggere il re della nazione del fuoco che spadroneggia e sottomette le altre nazioni.
Durante il suo viaggio Aang si circonda di amici e nemici e nascono così filoni narrativi paralleli i quali si riconducono sempre e comunque, in qualche modo, alla trama principale. Personaggi secondari, visti solo per una puntata, spesso in seguito riappaiono, alle volte in maniera decisiva. È una caratteristica non da poco in una serie lunga come questa e che perciò valuto molto positivamente.
I personaggi principali che ruotano attorno ad Aang aumentano sempre più durante l'arco narrativo arrivando a contare, alla fine dell'opera, circa undici figure tra protagonisti e antagonisti (tredici se vogliamo contare il curioso lemure alato Momo e il fantastico bisonte gigante volante Appa, a cui è impossibile non affezionarsi). Il carattere di ognuno di essi è ben delineato nei tratti principali ma, come in tutte le storie di avventura e crescita formativa, mutano e si arricchiscono di tratti particolari che alla fine rendono ogni personaggio unico nel racconto. I sentimenti e i ricordi delle varie figure avranno più volte modo, durante gli episodi, di venire alla luce rendendo così il legame fra loro e lo spettatore sempre più forte.
Sebbene concettualmente la storia sia semplice, la sceneggiatura è realizzata magistralmente. Ogni episodio aumenta il pathos narrativo. Non esistono episodi inutili - dico davvero -, nessuna puntata filler in una serie da 3 stagioni e complessivamente da sessantuno episodi! È veramente difficile trovare anime così. A guardare "Avatar" non ci si annoia mai: si ride un sacco, ci si emoziona, ci si carica a guardare gli scontri (mai banali) e si resta incollati allo schermo mentre la storia va avanti e la trama diventa sempre più fitta e robusta. Purtroppo capita che certi aspetti dell'avventura risultino un po' troppo semplicistici e poco realistici, ma in fondo l'anime è di fantasia e, con tutta la carne al fuoco, ci si può aspettare che alcuni dettagli vengano tralasciati, anche considerato il target principale per cui l'opera è stata concepita.
Per quanto riguarda l'impianto grafico, chiunque può osservare quanto sia ben curato. Il disegno è semplice ma mai trascurato, neanche negli sfondi. A volte può capitare che certi soggetti vengano resi in modo un po' "cartonato", ma credo che anche questo faccia parte della semplicità con cui l'anime inizialmente si propone. È negli scontri e nelle battaglie che "Avatar" dà però il massimo. Combattimenti fluidi, dinamici e curatissimi; una scena non viene mai riutilizzata due volte (e vale per tutto l'anime, non solo per i combattimenti). Vedere i dominatori utilizzare gli elementi e scontrarsi fra loro è davvero appassionante e man mano che la serie prosegue le tecniche e le abilità dei personaggi si moltiplicano, migliorano e si affinano.
Anche il comparto audio non è niente male. Sebbene non esista una opening, l'anime si correda di molte colonne sonore specifiche per i diversi momenti scenici: combattimenti, momenti di pace o romantici, attimi di suspance e così via. Ovviamente le musiche non sono le stesse dall'inizio alla fine, ma vengono gradualmente modificate durante l'arco di tutta la serie.
Nel complesso "Avatar: The Last Airbender" (o "Avatar: The Legend of Aang" che dir si voglia) è un prodotto incredibilmente ben riuscito. Nonostante sia stato proposto come un titolo per bambini (e forse questo lo penalizza po'), risulta uno degli anime più completi e ben fatti che abbia mai visto: mai un momento di defaillance; ogni episodio ha un suo obbiettivo da raggiungere e lo centra in pieno; personaggi curati, che ritornano sempre in scena al momento giusto; una trama per niente scontata, che si dipana in un intreccio narrativo ben strutturato e mai trascurato; disegni semplici ma perfetti. Insomma, un anime che sa appassionare lo spettatore su più fronti. Di certo una delle migliori opere che abbia visto.
Un consiglio? Guardatelo in inglese: i dialoghi sono semplici da capire e secondo me rendono molto meglio.
"Avatar" è una serie di animazione americana riuscita particolarmente bene. È divisa in tre stagioni chiamate, in ordine, Acqua, Terra e Fuoco. Il motivo è presto detto: nel mondo delineato nell'anime esistono persone in grado di dominare e sfruttare a proprio piacimento i classici quattro elementi: terra, fuoco, aria e acqua. Chi ha questa abilità innata può sfruttare però un solo elemento, mentre l'unico che li padroneggia tutti e quattro è il leggendario avatar. Costui è Aang, un adolescente dominatore dell'aria e protagonista della nostra storia. Per il resto la trama è semplice: il nostro eroe dovrà imparare a manipolare tutti gli elementi e sconfiggere il re della nazione del fuoco che spadroneggia e sottomette le altre nazioni.
Durante il suo viaggio Aang si circonda di amici e nemici e nascono così filoni narrativi paralleli i quali si riconducono sempre e comunque, in qualche modo, alla trama principale. Personaggi secondari, visti solo per una puntata, spesso in seguito riappaiono, alle volte in maniera decisiva. È una caratteristica non da poco in una serie lunga come questa e che perciò valuto molto positivamente.
I personaggi principali che ruotano attorno ad Aang aumentano sempre più durante l'arco narrativo arrivando a contare, alla fine dell'opera, circa undici figure tra protagonisti e antagonisti (tredici se vogliamo contare il curioso lemure alato Momo e il fantastico bisonte gigante volante Appa, a cui è impossibile non affezionarsi). Il carattere di ognuno di essi è ben delineato nei tratti principali ma, come in tutte le storie di avventura e crescita formativa, mutano e si arricchiscono di tratti particolari che alla fine rendono ogni personaggio unico nel racconto. I sentimenti e i ricordi delle varie figure avranno più volte modo, durante gli episodi, di venire alla luce rendendo così il legame fra loro e lo spettatore sempre più forte.
Sebbene concettualmente la storia sia semplice, la sceneggiatura è realizzata magistralmente. Ogni episodio aumenta il pathos narrativo. Non esistono episodi inutili - dico davvero -, nessuna puntata filler in una serie da 3 stagioni e complessivamente da sessantuno episodi! È veramente difficile trovare anime così. A guardare "Avatar" non ci si annoia mai: si ride un sacco, ci si emoziona, ci si carica a guardare gli scontri (mai banali) e si resta incollati allo schermo mentre la storia va avanti e la trama diventa sempre più fitta e robusta. Purtroppo capita che certi aspetti dell'avventura risultino un po' troppo semplicistici e poco realistici, ma in fondo l'anime è di fantasia e, con tutta la carne al fuoco, ci si può aspettare che alcuni dettagli vengano tralasciati, anche considerato il target principale per cui l'opera è stata concepita.
Per quanto riguarda l'impianto grafico, chiunque può osservare quanto sia ben curato. Il disegno è semplice ma mai trascurato, neanche negli sfondi. A volte può capitare che certi soggetti vengano resi in modo un po' "cartonato", ma credo che anche questo faccia parte della semplicità con cui l'anime inizialmente si propone. È negli scontri e nelle battaglie che "Avatar" dà però il massimo. Combattimenti fluidi, dinamici e curatissimi; una scena non viene mai riutilizzata due volte (e vale per tutto l'anime, non solo per i combattimenti). Vedere i dominatori utilizzare gli elementi e scontrarsi fra loro è davvero appassionante e man mano che la serie prosegue le tecniche e le abilità dei personaggi si moltiplicano, migliorano e si affinano.
Anche il comparto audio non è niente male. Sebbene non esista una opening, l'anime si correda di molte colonne sonore specifiche per i diversi momenti scenici: combattimenti, momenti di pace o romantici, attimi di suspance e così via. Ovviamente le musiche non sono le stesse dall'inizio alla fine, ma vengono gradualmente modificate durante l'arco di tutta la serie.
Nel complesso "Avatar: The Last Airbender" (o "Avatar: The Legend of Aang" che dir si voglia) è un prodotto incredibilmente ben riuscito. Nonostante sia stato proposto come un titolo per bambini (e forse questo lo penalizza po'), risulta uno degli anime più completi e ben fatti che abbia mai visto: mai un momento di defaillance; ogni episodio ha un suo obbiettivo da raggiungere e lo centra in pieno; personaggi curati, che ritornano sempre in scena al momento giusto; una trama per niente scontata, che si dipana in un intreccio narrativo ben strutturato e mai trascurato; disegni semplici ma perfetti. Insomma, un anime che sa appassionare lo spettatore su più fronti. Di certo una delle migliori opere che abbia visto.
Un consiglio? Guardatelo in inglese: i dialoghi sono semplici da capire e secondo me rendono molto meglio.
La leggenda dell'ultimo dominatore dell'aria (titolo che col seguito perde un po di senso) fu un fulmine a ciel sereno. Dopo averci abituato ad una brutta contaminazione di stili, con prodotti poco pretenziosi quali Totally Spies, Martin Mystere e Team Galaxy, l'america tenta finalmente di sfornare un prodotto curato, che si prenda un minimo sul serio pur offrendo uno stile anime dal tratto certamente più occidentale, evitando però gag come miniaturizzaioni deformed, smorfie sdentate e goccioloni sailomooneschi. Nasce cosi Avatar The last Airbender, la storia di un dominatore capace di controllare tutti gli elementi ed entrare in uno stato speciale quando lui o i suoi amici sono particolarmente minacciati. Il cartone si divide in libri, ognuno inerente all'elemento/paese/amico che Aang dovrà affrontare, in un ordine meno casuale di quanto si pensi essendo gli avatar nati con elementi di partenza dal precisio ordine rotatorio per difficoltà di apprendimento. Ogni libro viene sufficientemente trattato in modo da dare nel complesso ampio respiro narrativo. Nonostante infatti l'idea di base possa risultare abusatissima, i personaggi sono piuttosto ben delineati e sentiti, in particolar modo il principe Zuko del fuoco e Katara dell'acqua, che offrono il passato più tormentato del gruppo, al punto da essere diventati tra i preferiti dei fan che speravano in un mix sentimentale, un po forzato ma sempre meno di quello poi offerto per la ragazza. Durante questo viaggio per fermare la tribù del fuoco che per via del suo maggior progresso e benessere vuole dominare il mondo, il gruppo di dominatori, inizialmente su fronti opposti farà molte esperienze volti a maturarli, persino Sokka il giullare del gruppo, fratello di Katara senza poteri saprà nel tempo ritagliarsi, con la sua inventiva e voglia di migliorarsi un posto d'onore nel gruppo di eroi, oltre ad offrici con incredibile naturalezza una vita privata tra le più attive (sacerdotessa lunare, la guerriera Kyoshi, tirapiedi del fuoco ecc). Un buon misto di sentimento e azione dunque, dove per sentimento non si intende solo quello classico di coppia o quello non subito ricambiato di Aang per Katara, che lo vede come un fratellino, ma anche quello più inaspettato dovuto alla sensazione di libertà per un semplice ballo, che infrange l' austera cultura del paese del fuoco, o la voglia di vendetta sull'assassinio della propria madre, il rammarico ecologico per gli scarichi delle fabbriche ferrose dell'impero, della sofferenza degli schiavi dal cui odio possono nascere tecniche proibite o più semplicemente il sentimento d'onore e quello paterno tra Zuko e lo Zio Iroh, che dopo aver perso il figlio funge praticamente da figura paterna e saggia del complessato ed irruento ragazzo, diviso tra giusto e voglia d'affetto. A perdere forse un po di possibili smussamenti sono forse la dominatrice della terra, un po rinchiusa nel suo personaggio di rozza con genitori protettivi e in generale i cattivi del fuoco; Azula, minacciosa sorella di Zuko, finisce un po forzatamente nell'isteria, Ozai il signore del fuoco quando compare perde moltissimo carisma rispetto a quel-vedo-non-vedo dei ricordi del principe, l'avatar Roku pare eccessivamente minaccioso dittatore a volte e le due aiutanti di Azula sono un po contraddittorie, in particolar modo la validissima Mei, divisa per differenti ragioni tra i due rampolli, ma nonostante la sincera passione per Zuko talvolta risulta eccessivamente frigida e lunatica, come nel filler della spiaggia. Globalmente un buon lavoro, a parte uno scontro finale imho un po fiacco tra Azula-Zuko, l'improvvisa totale freddezza del principe per la possibile morte paterna e per la vendetta di Katara (che per primo non avrebbe attuato), la confusione dovuta alla morte edulcorata di un giovane criminale dal difficile passato, poi chiarita irritantemente a mo di sberleffo teatrale e infine la soluzione, per qualcuno non pienamente soddisfacente, tra l'imperatore ed Aang, che però giudico ben affrontata dal dialogo avataresco del ragazzo. La serie mostra un impegno indubbio nella sceneggiatura e nella direzione delle tecniche marziali, rendendo la serie superiore alla media. Un prodotto yankee non perfetto, ma altamente consigliato.
"Avatar - La leggenda di Aang" è un cartone animato americano del 2005, trasmesso in Italia nello stesso anno sul canale Nickelodeon, creato da Bryan Konietzko e Michael Dante DiMartino, i quali hanno tenuto a precisare di essersi ispirati ai lavori del ben più famoso Hayao Miyazaki ("La principessa Mononoke", "La Città Incantata") e ad altri titoli di madrepatria nipponica.
Ha poco senso stare a chiedersi se questo titolo si possa considerare un anime o meno a causa delle sue origini. Avatar è un prodotto unico nel suo genere con un sapore tutto suo, un sapore di connubio tra Occidente e Oriente, che inizialmente può far sorridere, ma in poco tempo spinge a rendergli conto di tutto il rispetto che merita.
Comincio con il dire che non è la trama il motivo del voto che ho deciso per Avatar, seppure bisogna ammettere che la semplicità dei presupposti sulla quale si basa si concede in maniera eccelsa allo sviluppo.
Il concetto principale è il dominio degli elementi naturali. Infatti gli abitanti del mondo di Avatar (non tutti però) sono in grado di manipolare un elemento naturale tra fuoco, acqua, terra e aria, a seconda della loro terra di appartenenza. Questo mondo è infatti suddiviso in quattro nazioni, che differiscono per cultura e tradizione, e ognuna di esse è custode di un elemento.
I quattro domini sono in strettissima analogia con le arti marziali; ad ogni dominio è associato uno specifico stile che lo caratterizza, il quale è effettivamente uno stile orientale, e ogni stile è stato scelto accuratamente per risultare in simbiosi con l'elemento associato: il Tai Chi presta i suoi movimenti fluidi e armoniosi al dominio dell'acqua, l'Hung Gar presta il suo carattere forte e deciso al dominio della terra, e seguendo lo stesso ragionamento lo Shaolin e il Pa Kua si prestano perfettamente al domino del fuoco e dell'aria.
In ultimo volendo si potrebbero notare molti casi in cui la stessa analogia si presenta tra il dominio e la personalità di colui che lo utilizza (un po' come un segno zodiacale).
Estremamente interessante è anche il modo in cui elementi esterni influiscono sull'efficacia di un dominio, come ad esempio il caso del domino dell'acqua, che trae forza dalla Luna, alla quale gli stessi dominatori dell'acqua si ispirano nel loro "spingere e tirare" masse d'acqua, e raggiungono quindi il loro massimo livello d'espressione in presenza di Luna piena.
Interessante anche come in realtà non si parli solo dei quattro elementi in senso stretto. Infatti si può vedere come alcuni stili separati, nati come ramificazioni dai quattro stili principali, siano in grado di raffinarne il dominio e manipolare diversi tipi di liquido, solido, fluido e plasma. <b>*SPOILER*</b> Il concetto si estende a tal punto durante le vicende che si arriva alla naturale conclusione che i quattro elementi siano in verità le quattro parti di una stessa cosa. <b>*FINE SPOILER*</b>
E così arriviamo alla trama vera e propria. In questo mondo pieno di strani animali e domini degli elementi si dilunga da cento anni un conflitto portato avanti dalla nazione del fuoco, nel tentativo di espandere il proprio potere e sottomettere ogni altra nazione al proprio comando. Senza entrare nei dettagli degli avvenimenti e delle manovre della nazione del fuoco, mi limito a dire che a questo punto della storia ci si sta riuscendo molto bene.
Ma in questo scenario manca un importante tassello di questo mondo: l'avatar.
L'avatar è una figura che rappresenta letteralmente l'equilibrio del mondo, e il collegamento tra questo e la dimensione spirituale delle cose, che si reincarna ciclicamente in forma umana da tempi immemori ogni volta che il precedente avatar muore, ed è l'unico essere in grado di esercitare tutti e quattro i domini degli elementi. A patto di apprenderli, ovviamente.
In questa situazione di guerra però, l'avatar non è mai apparso. La verità è che nonostante i tentativi da parte della nazione del fuoco di toglierlo di mezzo finché si trattava ancora di un bambino inesperto, l'avatar è ancora vivo, ed è rimasto ibernato in un iceberg creato da lui stesso per tutta la durata dei cento anni.
Qui facciamo quindi la conoscenza di Katara, l'ultima dominatrice della tribù dell'acqua del Polo Sud (piccolo insediamento separato dalla tribù principale del Polo Nord), e suo fratello Sokka, la fonte inesauribile di gag di questo cartone, che mentre sono a caccia scoprono per caso l'avatar ibernato in un iceberg. E da qui cominciano quindi le vicende di Aang, il piccolo avatar, che nato come dominatore dell'aria deve ancora imparare gli altri tre domini prima di poter anche solo pensare di combattere il signore della nazione del fuoco. In parallelo facciamo la conoscenza di Zuko, ex principe della nazione del fuoco, esiliato dal suo paese, a caccia dell'avatar per riconquistare il suo onore. Successivamente altre storie si intrecceranno lungo la trama principale, ad arricchirla di svolte e avvenimenti che culmineranno tutte allo stesso epilogo. E che epilogo.
Avatar è suddiviso in capitoli (le puntate), e libri (le stagioni), e il tutto contribuisce, insieme ad altri elementi, tra i quali l'ambientazione e la colonna sonora - fino a piccoli dettagli come il fatto che ogni diversa forma dei domini sia gelosamente contenuta in rotoli di pergamena - a dare un senso di rispettabile tradizione, se così la si può chiamare, come se ci venisse mostrata effettivamente un'antica leggenda del folklore orientale.
Si tratta in definitiva di un titolo che, nonostante il marchio occidentale, risulta essere piacevolmente ispirato dalla cultura orientale, colmo di tradizione, spiritualità e antica saggezza, con forti richiami al Buddhismo e al Taoismo, forse soprattutto Induismo, ma il suo punto di forza è che ognuna di queste cose viene trattata in modo semplice e senza nulla pretendere.
Non dimentichiamoci infatti che stiamo comunque parlando di un titolo estremamente leggero, che nonostante la cura nei dettagli della storia e di tutti i suoi contorni non si spinge mai oltre la soglia del semplice e immediato, molto spesso divertente, adatto a qualunque tipo di pubblico, che sia esso esigente o che cerchi semplicemente un titolo per passare il tempo.
Le risate e l'intrattenimento sono assicurati.
Ha poco senso stare a chiedersi se questo titolo si possa considerare un anime o meno a causa delle sue origini. Avatar è un prodotto unico nel suo genere con un sapore tutto suo, un sapore di connubio tra Occidente e Oriente, che inizialmente può far sorridere, ma in poco tempo spinge a rendergli conto di tutto il rispetto che merita.
Comincio con il dire che non è la trama il motivo del voto che ho deciso per Avatar, seppure bisogna ammettere che la semplicità dei presupposti sulla quale si basa si concede in maniera eccelsa allo sviluppo.
Il concetto principale è il dominio degli elementi naturali. Infatti gli abitanti del mondo di Avatar (non tutti però) sono in grado di manipolare un elemento naturale tra fuoco, acqua, terra e aria, a seconda della loro terra di appartenenza. Questo mondo è infatti suddiviso in quattro nazioni, che differiscono per cultura e tradizione, e ognuna di esse è custode di un elemento.
I quattro domini sono in strettissima analogia con le arti marziali; ad ogni dominio è associato uno specifico stile che lo caratterizza, il quale è effettivamente uno stile orientale, e ogni stile è stato scelto accuratamente per risultare in simbiosi con l'elemento associato: il Tai Chi presta i suoi movimenti fluidi e armoniosi al dominio dell'acqua, l'Hung Gar presta il suo carattere forte e deciso al dominio della terra, e seguendo lo stesso ragionamento lo Shaolin e il Pa Kua si prestano perfettamente al domino del fuoco e dell'aria.
In ultimo volendo si potrebbero notare molti casi in cui la stessa analogia si presenta tra il dominio e la personalità di colui che lo utilizza (un po' come un segno zodiacale).
Estremamente interessante è anche il modo in cui elementi esterni influiscono sull'efficacia di un dominio, come ad esempio il caso del domino dell'acqua, che trae forza dalla Luna, alla quale gli stessi dominatori dell'acqua si ispirano nel loro "spingere e tirare" masse d'acqua, e raggiungono quindi il loro massimo livello d'espressione in presenza di Luna piena.
Interessante anche come in realtà non si parli solo dei quattro elementi in senso stretto. Infatti si può vedere come alcuni stili separati, nati come ramificazioni dai quattro stili principali, siano in grado di raffinarne il dominio e manipolare diversi tipi di liquido, solido, fluido e plasma. <b>*SPOILER*</b> Il concetto si estende a tal punto durante le vicende che si arriva alla naturale conclusione che i quattro elementi siano in verità le quattro parti di una stessa cosa. <b>*FINE SPOILER*</b>
E così arriviamo alla trama vera e propria. In questo mondo pieno di strani animali e domini degli elementi si dilunga da cento anni un conflitto portato avanti dalla nazione del fuoco, nel tentativo di espandere il proprio potere e sottomettere ogni altra nazione al proprio comando. Senza entrare nei dettagli degli avvenimenti e delle manovre della nazione del fuoco, mi limito a dire che a questo punto della storia ci si sta riuscendo molto bene.
Ma in questo scenario manca un importante tassello di questo mondo: l'avatar.
L'avatar è una figura che rappresenta letteralmente l'equilibrio del mondo, e il collegamento tra questo e la dimensione spirituale delle cose, che si reincarna ciclicamente in forma umana da tempi immemori ogni volta che il precedente avatar muore, ed è l'unico essere in grado di esercitare tutti e quattro i domini degli elementi. A patto di apprenderli, ovviamente.
In questa situazione di guerra però, l'avatar non è mai apparso. La verità è che nonostante i tentativi da parte della nazione del fuoco di toglierlo di mezzo finché si trattava ancora di un bambino inesperto, l'avatar è ancora vivo, ed è rimasto ibernato in un iceberg creato da lui stesso per tutta la durata dei cento anni.
Qui facciamo quindi la conoscenza di Katara, l'ultima dominatrice della tribù dell'acqua del Polo Sud (piccolo insediamento separato dalla tribù principale del Polo Nord), e suo fratello Sokka, la fonte inesauribile di gag di questo cartone, che mentre sono a caccia scoprono per caso l'avatar ibernato in un iceberg. E da qui cominciano quindi le vicende di Aang, il piccolo avatar, che nato come dominatore dell'aria deve ancora imparare gli altri tre domini prima di poter anche solo pensare di combattere il signore della nazione del fuoco. In parallelo facciamo la conoscenza di Zuko, ex principe della nazione del fuoco, esiliato dal suo paese, a caccia dell'avatar per riconquistare il suo onore. Successivamente altre storie si intrecceranno lungo la trama principale, ad arricchirla di svolte e avvenimenti che culmineranno tutte allo stesso epilogo. E che epilogo.
Avatar è suddiviso in capitoli (le puntate), e libri (le stagioni), e il tutto contribuisce, insieme ad altri elementi, tra i quali l'ambientazione e la colonna sonora - fino a piccoli dettagli come il fatto che ogni diversa forma dei domini sia gelosamente contenuta in rotoli di pergamena - a dare un senso di rispettabile tradizione, se così la si può chiamare, come se ci venisse mostrata effettivamente un'antica leggenda del folklore orientale.
Si tratta in definitiva di un titolo che, nonostante il marchio occidentale, risulta essere piacevolmente ispirato dalla cultura orientale, colmo di tradizione, spiritualità e antica saggezza, con forti richiami al Buddhismo e al Taoismo, forse soprattutto Induismo, ma il suo punto di forza è che ognuna di queste cose viene trattata in modo semplice e senza nulla pretendere.
Non dimentichiamoci infatti che stiamo comunque parlando di un titolo estremamente leggero, che nonostante la cura nei dettagli della storia e di tutti i suoi contorni non si spinge mai oltre la soglia del semplice e immediato, molto spesso divertente, adatto a qualunque tipo di pubblico, che sia esso esigente o che cerchi semplicemente un titolo per passare il tempo.
Le risate e l'intrattenimento sono assicurati.
In questo mondo fantastico la terra è divisa in 4 grandi regni: il regno della terra , le tribù dell'acqua, i nomadi dell'aria e la nazione del fuoco. In questo mondo ci sono persone speciali che possono dominare l' elemento del proprio regno. Queste persone vengono appunto chiamate Dominatori. Solo l'avatar, l'incarnazione dello spirito della terra, può dominare tutti e quattro gli elementi. Un giorno la nazione del fuoco decise di attaccare, sterminando così tutti i nomadi dell'aria. Solo uno riusci a fuggire: Aang destinato a diventare il nuovo avatar, ma il mondo quando aveva più bisogno di lui, scomparve. 100 anni dopo due fratelli della tribù dell'acqua Katara e Sokka lo ritrovarono ibernato in un iceberg. Da qui inizia la storia di Aang l'ultimo dominatore dell'aria.
Il cartone è una perfetta fusione del cartone animato americano e l'anime giapponese. Il disegno non si rifà completamente ne a uno nè all'altro.Il dibattito sul fatto che Avatar possa o non possa essere considerato un anime è molto controverso; un critico americano ha commentato: «Avatar rende confusa la linea di separazione fra i cartoni "domestici" americani e gli anime giapponesi fino a farla diventare irrilevante»
I personaggi vengono definiti con un'insolita precisione tanto che non è presente un personaggio uguale ad un'altro. Tutti hanno una loro storia, una loro mentalità e un modo di vedere la vita in una prospettiva diversa. L'innocenza di Aang che sembra incarnare lo spirito stesso dell'infanzia incapace di vedere il cattivo nelle cose, ma anche capace di prendere decisioni dure. L'amore materno che ispira Katara, l'umorismo dissacrante di Sokka, la visione, a volte cinica, di Toph e l'incommensurabile ricerca della verità, dell'onore e della pace interiore di Zuko e tanti altri. Ognuno di questi personaggi incarna perfettamente le caratteristiche che sono proprie alla nazionalità da cui provengono.
Il cartone è una miscela esplosiva di umorismo (mai demenziale), spiritualità, etica,e azione. Tratta senza riserbo di ogni tematica senza risparmiarsi di nulla, a volte fornendo visioni contrastanti per non dare allo spettatore una moralità spicciola che non soddisfa pienamente.
Un'altra cosa che trovo semplicemente straordinaria sono le scene d'azione con lo sfoggio dei vari domini.
Ogni dominio infatti attinge ad una corrente di arti marziali. Il Tai-chi viene usata per l'acqua esprimendo così la caratteristica dell'adattabilità e della benevolenza del popolo dell'acqua. Il Ba Gua Zhang per il Dominio dell'aria che riflette appieno la mentalità della pace e dell'armonia. Lo stile Shaolin della Cina settentrionale per il Dominio del fuoco rappresenta l'orgoglio e la ferocia. Lo stile Hung Gar per il Dominio della terra facendo così diventare reale la forza d'animo dei dominatori della terra. Vengono inoltre usate varianti per i vari personaggi in modo da rispecchiarli perfettamente. Lo stile Chu Gar della Mantide Religiosa del Sud, che utilizza un particolare movimento dei piedi, viene utilizzato da Toph Bei Fong per compensare la sua cecità, contraddistinguendola con uno stile di Dominio della terra unico.
In definitiva questo è uno dei miei cartoni preferiti che riguardo sempre volentieri.
Il cartone è una perfetta fusione del cartone animato americano e l'anime giapponese. Il disegno non si rifà completamente ne a uno nè all'altro.Il dibattito sul fatto che Avatar possa o non possa essere considerato un anime è molto controverso; un critico americano ha commentato: «Avatar rende confusa la linea di separazione fra i cartoni "domestici" americani e gli anime giapponesi fino a farla diventare irrilevante»
I personaggi vengono definiti con un'insolita precisione tanto che non è presente un personaggio uguale ad un'altro. Tutti hanno una loro storia, una loro mentalità e un modo di vedere la vita in una prospettiva diversa. L'innocenza di Aang che sembra incarnare lo spirito stesso dell'infanzia incapace di vedere il cattivo nelle cose, ma anche capace di prendere decisioni dure. L'amore materno che ispira Katara, l'umorismo dissacrante di Sokka, la visione, a volte cinica, di Toph e l'incommensurabile ricerca della verità, dell'onore e della pace interiore di Zuko e tanti altri. Ognuno di questi personaggi incarna perfettamente le caratteristiche che sono proprie alla nazionalità da cui provengono.
Il cartone è una miscela esplosiva di umorismo (mai demenziale), spiritualità, etica,e azione. Tratta senza riserbo di ogni tematica senza risparmiarsi di nulla, a volte fornendo visioni contrastanti per non dare allo spettatore una moralità spicciola che non soddisfa pienamente.
Un'altra cosa che trovo semplicemente straordinaria sono le scene d'azione con lo sfoggio dei vari domini.
Ogni dominio infatti attinge ad una corrente di arti marziali. Il Tai-chi viene usata per l'acqua esprimendo così la caratteristica dell'adattabilità e della benevolenza del popolo dell'acqua. Il Ba Gua Zhang per il Dominio dell'aria che riflette appieno la mentalità della pace e dell'armonia. Lo stile Shaolin della Cina settentrionale per il Dominio del fuoco rappresenta l'orgoglio e la ferocia. Lo stile Hung Gar per il Dominio della terra facendo così diventare reale la forza d'animo dei dominatori della terra. Vengono inoltre usate varianti per i vari personaggi in modo da rispecchiarli perfettamente. Lo stile Chu Gar della Mantide Religiosa del Sud, che utilizza un particolare movimento dei piedi, viene utilizzato da Toph Bei Fong per compensare la sua cecità, contraddistinguendola con uno stile di Dominio della terra unico.
In definitiva questo è uno dei miei cartoni preferiti che riguardo sempre volentieri.
In un mondo dove la popolazione è divisa in tribù che hanno una particolare "affinità" rispetto ai quattro elementi, alcune persone hanno l'abilità innata di dominare suddetti elementi: la tribù del fuoco ha i dominatori del fuoco, la tribù dell'acqua ha i dominatori dell'acqua, eccetra. Esiste un'entità divina superiore, l'Avatar, che a ogni generazione si reincarna in una persona appartenente ad una delle quattro tribù. Aang è l'Avatar corrente, che risvegliatosi dopo 100 anni di ibernazione in un iceberg, scopre non solo che la Nazione del Fuoco sta espandendo il suo impero su tutto il resto del mondo, ma che la tribù dell'aria da cui Aang stesso proviene è stata sterminata poco dopo la sua ibernazione. L'iperattivo dodicenne si ritrova quindi sia con il fardello di essere una divinità in terra, sia con quello di essere l'ultimo dominatore dell'aria rimasto. Non solo: per poter essere Avatar a pieno titolo deve imparare a padroneggiare tutti e quattro gli elementi, e l'unico a lui familiare è, appunto, l'aria. Le tre serie ci raccontano di come il nostro impara a dominare acqua, terra e fuoco e di come riesce in contemporanea a sconfiggere il malvagio Signore del Fuoco Ozai.
Dopo avere bollato i cartoon di serie americane "roba da bambini" per anni, due serie che ho cominciato a seguire quasi in contemporanea mi hanno fatto completamente cambiare idea. Una era "Young Justice", l'altra (in relativo ritardo rispetto alla sua messa in onda) questa.
Cosa abbiamo qui? Da un lato l'animazione giapponese, qui omaggiata in tanti piccoli e grandi dettagli ma che in nessun caso si potrebbe definire plagio. Dall'altro una storia di iniziale semplicità che con il passare delle puntate infiamma gli animi, fa ridere e fa piangere, e mai e poi mai dà l'impressione di essere una storia pensata per dei bambini.
Ma la cosa più importante sono i personaggi: tantissimi e assolutamente indimenticabili. Lo spiazzante candore di Aang, rimasto pressoché invariato per tutto il tempo, così come l'evoluzione di Zuko (sia nel senso di redenzione sia in quello di troviamoci-un-altro-taglio-di-capelli) o la personalità di Toph, per la quale gli aggettivi non bastano, sono solo alcuni degli esempi che rendono questa serie così magica e meritevole di essere vista. Infine, a tutti coloro che continuano ad interpretare questa serie come uno scopiazzatura delle più popolari serie shounen giapponesi, non posso che suggerire di riguardarselo a mente fredda e di considerarla per quello che è: un bellissimo cartoon seriale, emozionante come pochi, curato come pochissimi, con un doppiaggio, sia l'originale sia quello italiano, veramente pregevole.
Punti negativi? Sì, uno. Non si trovano né DVD né Blueray né versioni scaricabili legalmente, e questi sono soldi che spenderei davvero volentieri. E non solo io.
Dopo avere bollato i cartoon di serie americane "roba da bambini" per anni, due serie che ho cominciato a seguire quasi in contemporanea mi hanno fatto completamente cambiare idea. Una era "Young Justice", l'altra (in relativo ritardo rispetto alla sua messa in onda) questa.
Cosa abbiamo qui? Da un lato l'animazione giapponese, qui omaggiata in tanti piccoli e grandi dettagli ma che in nessun caso si potrebbe definire plagio. Dall'altro una storia di iniziale semplicità che con il passare delle puntate infiamma gli animi, fa ridere e fa piangere, e mai e poi mai dà l'impressione di essere una storia pensata per dei bambini.
Ma la cosa più importante sono i personaggi: tantissimi e assolutamente indimenticabili. Lo spiazzante candore di Aang, rimasto pressoché invariato per tutto il tempo, così come l'evoluzione di Zuko (sia nel senso di redenzione sia in quello di troviamoci-un-altro-taglio-di-capelli) o la personalità di Toph, per la quale gli aggettivi non bastano, sono solo alcuni degli esempi che rendono questa serie così magica e meritevole di essere vista. Infine, a tutti coloro che continuano ad interpretare questa serie come uno scopiazzatura delle più popolari serie shounen giapponesi, non posso che suggerire di riguardarselo a mente fredda e di considerarla per quello che è: un bellissimo cartoon seriale, emozionante come pochi, curato come pochissimi, con un doppiaggio, sia l'originale sia quello italiano, veramente pregevole.
Punti negativi? Sì, uno. Non si trovano né DVD né Blueray né versioni scaricabili legalmente, e questi sono soldi che spenderei davvero volentieri. E non solo io.