Ghost in the Shell - Stand Alone Complex 2nd GIG
Nel 2004 Kenji Kamiyama torna a dirigere la nuova stagione dell’anime ispirato all’universo cyberpunk creato da Masamune Shirow: “Ghost In the Shell - Stand Alone Complex 2nd GIG” si compone anche stavolta di ventisei episodi ed è sempre realizzata dallo studio Production I.G.
La storia, come in precedenza, segue le indagini del maggiore Motoko Kusanagi e degli altri membri della sezione 9 di Pubblica Sicurezza. Il caso principale che gli agenti dovranno stavolta affrontare è quello degli Undici Individuali, una fittizia organizzazione che compie atti terroristici per la liberazione dei profughi di guerra.
Rispetto alla prima serie, si può notare che l’impostazione è rimasta pressoché invariata: l’anime continua a svilupparsi sotto forma di poliziesco in cui complotti e corruzione la fanno da padrone. Si potrebbe però osservare che la sceneggiatura è leggermente più complessa, tant’è che è necessaria una gran quantità di attenzione da parte dello spettatore per stare dietro ai dialoghi prolissi e agli intricati colpi di scena che si susseguono all’interno di ogni episodio. Ciò non intacca il valore complessivo della serie, al contrario le conferisce nuova bellezza grazie ai temi rinnovati che essa presenta. Il fenomeno dello “Stand Alone Complex”, già messo in rilievo dal caso dell’Uomo che Ride, acquista in questa sede nuova linfa, e ci pone dinnanzi alle problematiche di una massa disorganizzata che si appoggia a un leader carismatico per far valere i propri diritti. Da ricordare, inoltre, le critiche più o meno velate all’ideologia comunista, al sistema capitalista e ai giochi di potere in cui lo Stato più debole soccombe al più forte. Un’altra leggera differenza che ho notato rispetto alla serie del 2002 è che gli episodi autoconclusivi (qui denominati “dividual episodes”) sono in qualche modo collegati alla trama principale (che si sviluppa più accuratamente negli “individual episodes”).
Quanto ai personaggi, questa seconda stagione ci permette di scoprire alcuni lati nascosti dei membri della sezione 9 che già avevamo avuto modo di conoscere (molto interessante il passato di Motoko) e allo stesso tempo ci offre uno scorcio sulla vita di altri rimasti a quel momento abbastanza anonimi (non tutti, purtroppo). La punta di diamante, a mio parere, è però rappresentata dalle new entry Kuze e Gouda, due personaggi costantemente avvolti da un’aura di mistero che non mancheranno di comunicare allo spettatore le proprie ferree ideologie.
Anche il comparto tecnico non ha subito particolari cambiamenti, sebbene sia possibile notare un leggero miglioramento nella qualità di disegni e animazioni. Sempre ottimo il lavoro svolto sulle musiche da Yoko Kanno, che stavolta ci delizia con le suggestive insert song “I Can’t Be Cool” e “I Do” cantate da Ilaria Graziano e la potente “Rise”, che risulta ancora più di impatto se accostata alle immagini dell’opening.
In conclusione, “Ghost in the Shell - Stand Alone Complex 2nd GIG” si rivela perfettamente all’altezza del suo predecessore, e anzi si conferma anche superiore grazie a una trama più compatta e ai messaggi stavolta veicolati.
La storia, come in precedenza, segue le indagini del maggiore Motoko Kusanagi e degli altri membri della sezione 9 di Pubblica Sicurezza. Il caso principale che gli agenti dovranno stavolta affrontare è quello degli Undici Individuali, una fittizia organizzazione che compie atti terroristici per la liberazione dei profughi di guerra.
Rispetto alla prima serie, si può notare che l’impostazione è rimasta pressoché invariata: l’anime continua a svilupparsi sotto forma di poliziesco in cui complotti e corruzione la fanno da padrone. Si potrebbe però osservare che la sceneggiatura è leggermente più complessa, tant’è che è necessaria una gran quantità di attenzione da parte dello spettatore per stare dietro ai dialoghi prolissi e agli intricati colpi di scena che si susseguono all’interno di ogni episodio. Ciò non intacca il valore complessivo della serie, al contrario le conferisce nuova bellezza grazie ai temi rinnovati che essa presenta. Il fenomeno dello “Stand Alone Complex”, già messo in rilievo dal caso dell’Uomo che Ride, acquista in questa sede nuova linfa, e ci pone dinnanzi alle problematiche di una massa disorganizzata che si appoggia a un leader carismatico per far valere i propri diritti. Da ricordare, inoltre, le critiche più o meno velate all’ideologia comunista, al sistema capitalista e ai giochi di potere in cui lo Stato più debole soccombe al più forte. Un’altra leggera differenza che ho notato rispetto alla serie del 2002 è che gli episodi autoconclusivi (qui denominati “dividual episodes”) sono in qualche modo collegati alla trama principale (che si sviluppa più accuratamente negli “individual episodes”).
Quanto ai personaggi, questa seconda stagione ci permette di scoprire alcuni lati nascosti dei membri della sezione 9 che già avevamo avuto modo di conoscere (molto interessante il passato di Motoko) e allo stesso tempo ci offre uno scorcio sulla vita di altri rimasti a quel momento abbastanza anonimi (non tutti, purtroppo). La punta di diamante, a mio parere, è però rappresentata dalle new entry Kuze e Gouda, due personaggi costantemente avvolti da un’aura di mistero che non mancheranno di comunicare allo spettatore le proprie ferree ideologie.
Anche il comparto tecnico non ha subito particolari cambiamenti, sebbene sia possibile notare un leggero miglioramento nella qualità di disegni e animazioni. Sempre ottimo il lavoro svolto sulle musiche da Yoko Kanno, che stavolta ci delizia con le suggestive insert song “I Can’t Be Cool” e “I Do” cantate da Ilaria Graziano e la potente “Rise”, che risulta ancora più di impatto se accostata alle immagini dell’opening.
In conclusione, “Ghost in the Shell - Stand Alone Complex 2nd GIG” si rivela perfettamente all’altezza del suo predecessore, e anzi si conferma anche superiore grazie a una trama più compatta e ai messaggi stavolta veicolati.
INDIVIDUAL ELEVEN
Dopo la memorabile conclusione della prima serie, ecco di ritorno la Sezione 9, guidata dal Maggiore Motoko Kusanagi. Ancora una volta la Sezione 9 deve affrontare una serie di avvenimenti all'apparenza privi di relazione fra loro e, quella che sembra una ripetizione del caso dell'Uomo che Ride, si rivela per essere un complotto volto a destabilizzare il governo giapponese. La storia parte alla grande e procede sempre meglio portando lo spettatore sempre più all'interno del mondo creato da Masamune Shirow. Questa 2nd GIG mantiene tutte le qualità della serie precedente sfornando una trama ancora più avvincente, complessa e ricca di intrecci. In questa serie viene svelato anche il background storico, che nella prima stagione era solo accennato, incluse diverse informazioni sulle ultime guerre mondiali, argomenti non sto ad approfondire in questo commento.
La struttura della serie è simile a Stand Alone Complex ma è divisa in: "individual" episodi legati alla storyline principale e agli Undici Individuali; "dividual" episodi autoconclusivi simili agli stand alone della prima serie; e "dual" che hanno a che fare con Goda e il Dipartimento Informazioni. Qualitativamente tutte le sottotrame sono ben strutturate e diversi episodi vengono quasi interamente dedicati all'approfondimento di alcuni personaggi, fornendo interessanti scorci sul loro passato. In questa serie c'è una maggior presenza degli altri membri della Sezione 9 oltre al solito terzetto (Motoko, Batou e Togusa) e un generale tono critico, da parte dei membri della sezione, nei confronti dei politicanti e del Dipartimento Informazioni che li sottopongono ad uno stretto controllo.
Durante la visione dei primi episodi ho notato alcune citazioni (più o meno) cinematografiche che vi riporto. In Night Cruise, seguiamo in prima persona un pilota di elicotteri che sogna di uccidere il suo capo e salvare una prostituta androide (interpretata da Motoko); dalla visione dell'episodio risulta abbastanza evidente l'analogia con il personaggio interpretato da Robert De Niro in "Taxy Driver". Nell'episodio intitolato Cash Eye, Motoko si finge una ladra per incastrare il presidente di una multinazionale; già dalle prime battute ricorda "Cat's Eye" di Tsukasa Hojo. Durante una scena d'azione in Natural Enemy, vediamo Motoko trattenere un elicottero per un cavo un po' come Neo in "Matrix". L'idea di costruire giocattoli con cocaina compressa, che si vede in Red Data, è lo stratagemma usato anche in "Traffic", di Steven Soderbergh. Infine, Trans Parent è un vero e proprio omaggio al film "Il cielo sopra Berlino" di Wim Wenders.
Lo stile artistico è rimasto pressoché invariato, con la regia di Kenji Kamiyama che riesce ad esaltare al meglio ogni singolo istante. La realizzazione tecnica, invece, è migliorata notevolmente rispetto alla prima serie. Si può notare una maggiore fluidità dei movimenti e un'integrazione della computer grafica ancora più convincente. Il character design è un po' più morbido rispetto alla serie precedente, cosa che si può notare maggiormente nella figura di Motoko che risulta decisamente più sensuale (si nota particolarmente nei primi piani). Un'altra modifica alla figura del maggiore è nel suo abbigliamento; se nella prima serie era quasi sempre vestita con degli abiti (a parte la divisa) che la facevano sembrare una specie di bambola, in questa, la vediamo con dei vestiti un po' più normali (in un episodio appare perfino in jeans e maglietta).
Ancora una volta, la caratterizzazione dei personaggi è ottima, anche se l'evoluzione dei personaggi resta minima, eccezion fatta per Motoko che risulta più "umana" rispetto alla prima serie, sia per quello che riguarda l'aspetto che per il comportamento. Viene inoltre ripresa anche una delle tematiche del primo film di Mamoru Oshii, ovvero l'irrequietezza provata dal maggiore a far parte della Sezione 9 e il suo desiderio di abbandonarla. In questa serie vengono fornite un po' di informazioni sulla vita e sul passato di alcuni membri della Sezione 9. Veniamo a conoscenza del passato di Motoko e di come ha avuto un corpo artificiale completo. Ci viene svelato qualcosa di più su Paz e sul suo stile di vita e, grazie ad un flashback, scopriamo in che modo Saito è entrato a far parte della Sezione 9.
La colonna sonora porta ancora l'impronta inconfondibile di Yoko Kanno. Come per la precedente, i brani di cui è composta, comprendono generi diversi: musica hard-core, dance, elettronica, rock, pop e brani melodici. Anche questa volta le musiche si adattano perfettamente ai vari momenti, esaltandone notevolmente l'atmosfera. Da segnalare la bellissima opening "Rise", cantata sempre dalla russa Origa; e l'ending "Living Inside The Shell" cantata da Steve Conte. Alla colonna sonora di questa serie ha partecipato anche la cantante italiana Ilaria Graziano (che ha già collaborato con Yoko Kanno per Cowboy Bebop e Wolf's Rain) che ci regala alcuni splendidi brani come "I can't be cool" e la dolcissima "I do".
EPISODI
Gli episodi marcati con [IN] (INdividual) riguardano la storyline degli Undici Individuali; quelli marcati con [DI] (DIvidual) sono episodi autoconclusivi e non sono strettamente legati alla trama principale; infine quelli marcati con [DU] (DUal) hanno a che fare con Gouda e il dipartimento Informazioni.
1. Reenbody - [DI]
2. Night Cruise - [DI]
3. Cash Eye - [DI]
4. Natural Enemy - [DU]
5. Inductance - [IN]
6. Excavation - [DI]
7. Pu239 - [DU]
8. Fake Food - [DI]
9. Ambivalence - [DU]
10. Trial - [DI]
11. Affection - [IN]
12. Selecon - [IN]
13. Make Up - [DI]
14. Poker Face - [DI]
15. Pat - [DI]
16. Another Chance - [IN]
17. Red Data - [DI]
18. Trans Parent - [DI]
19. Chain Reaction - [IN]
20. Fabricate Fog - [IN]
21. Embarrassment - [IN]
22. Reversal Process - [DU]
23. Martial Law - [IN]
24. Nuclear Power - [IN]
25. This Side Of Justice - [IN]
26. Endless GIG - [IN]
Dopo la memorabile conclusione della prima serie, ecco di ritorno la Sezione 9, guidata dal Maggiore Motoko Kusanagi. Ancora una volta la Sezione 9 deve affrontare una serie di avvenimenti all'apparenza privi di relazione fra loro e, quella che sembra una ripetizione del caso dell'Uomo che Ride, si rivela per essere un complotto volto a destabilizzare il governo giapponese. La storia parte alla grande e procede sempre meglio portando lo spettatore sempre più all'interno del mondo creato da Masamune Shirow. Questa 2nd GIG mantiene tutte le qualità della serie precedente sfornando una trama ancora più avvincente, complessa e ricca di intrecci. In questa serie viene svelato anche il background storico, che nella prima stagione era solo accennato, incluse diverse informazioni sulle ultime guerre mondiali, argomenti non sto ad approfondire in questo commento.
La struttura della serie è simile a Stand Alone Complex ma è divisa in: "individual" episodi legati alla storyline principale e agli Undici Individuali; "dividual" episodi autoconclusivi simili agli stand alone della prima serie; e "dual" che hanno a che fare con Goda e il Dipartimento Informazioni. Qualitativamente tutte le sottotrame sono ben strutturate e diversi episodi vengono quasi interamente dedicati all'approfondimento di alcuni personaggi, fornendo interessanti scorci sul loro passato. In questa serie c'è una maggior presenza degli altri membri della Sezione 9 oltre al solito terzetto (Motoko, Batou e Togusa) e un generale tono critico, da parte dei membri della sezione, nei confronti dei politicanti e del Dipartimento Informazioni che li sottopongono ad uno stretto controllo.
Durante la visione dei primi episodi ho notato alcune citazioni (più o meno) cinematografiche che vi riporto. In Night Cruise, seguiamo in prima persona un pilota di elicotteri che sogna di uccidere il suo capo e salvare una prostituta androide (interpretata da Motoko); dalla visione dell'episodio risulta abbastanza evidente l'analogia con il personaggio interpretato da Robert De Niro in "Taxy Driver". Nell'episodio intitolato Cash Eye, Motoko si finge una ladra per incastrare il presidente di una multinazionale; già dalle prime battute ricorda "Cat's Eye" di Tsukasa Hojo. Durante una scena d'azione in Natural Enemy, vediamo Motoko trattenere un elicottero per un cavo un po' come Neo in "Matrix". L'idea di costruire giocattoli con cocaina compressa, che si vede in Red Data, è lo stratagemma usato anche in "Traffic", di Steven Soderbergh. Infine, Trans Parent è un vero e proprio omaggio al film "Il cielo sopra Berlino" di Wim Wenders.
Lo stile artistico è rimasto pressoché invariato, con la regia di Kenji Kamiyama che riesce ad esaltare al meglio ogni singolo istante. La realizzazione tecnica, invece, è migliorata notevolmente rispetto alla prima serie. Si può notare una maggiore fluidità dei movimenti e un'integrazione della computer grafica ancora più convincente. Il character design è un po' più morbido rispetto alla serie precedente, cosa che si può notare maggiormente nella figura di Motoko che risulta decisamente più sensuale (si nota particolarmente nei primi piani). Un'altra modifica alla figura del maggiore è nel suo abbigliamento; se nella prima serie era quasi sempre vestita con degli abiti (a parte la divisa) che la facevano sembrare una specie di bambola, in questa, la vediamo con dei vestiti un po' più normali (in un episodio appare perfino in jeans e maglietta).
Ancora una volta, la caratterizzazione dei personaggi è ottima, anche se l'evoluzione dei personaggi resta minima, eccezion fatta per Motoko che risulta più "umana" rispetto alla prima serie, sia per quello che riguarda l'aspetto che per il comportamento. Viene inoltre ripresa anche una delle tematiche del primo film di Mamoru Oshii, ovvero l'irrequietezza provata dal maggiore a far parte della Sezione 9 e il suo desiderio di abbandonarla. In questa serie vengono fornite un po' di informazioni sulla vita e sul passato di alcuni membri della Sezione 9. Veniamo a conoscenza del passato di Motoko e di come ha avuto un corpo artificiale completo. Ci viene svelato qualcosa di più su Paz e sul suo stile di vita e, grazie ad un flashback, scopriamo in che modo Saito è entrato a far parte della Sezione 9.
La colonna sonora porta ancora l'impronta inconfondibile di Yoko Kanno. Come per la precedente, i brani di cui è composta, comprendono generi diversi: musica hard-core, dance, elettronica, rock, pop e brani melodici. Anche questa volta le musiche si adattano perfettamente ai vari momenti, esaltandone notevolmente l'atmosfera. Da segnalare la bellissima opening "Rise", cantata sempre dalla russa Origa; e l'ending "Living Inside The Shell" cantata da Steve Conte. Alla colonna sonora di questa serie ha partecipato anche la cantante italiana Ilaria Graziano (che ha già collaborato con Yoko Kanno per Cowboy Bebop e Wolf's Rain) che ci regala alcuni splendidi brani come "I can't be cool" e la dolcissima "I do".
EPISODI
Gli episodi marcati con [IN] (INdividual) riguardano la storyline degli Undici Individuali; quelli marcati con [DI] (DIvidual) sono episodi autoconclusivi e non sono strettamente legati alla trama principale; infine quelli marcati con [DU] (DUal) hanno a che fare con Gouda e il dipartimento Informazioni.
1. Reenbody - [DI]
2. Night Cruise - [DI]
3. Cash Eye - [DI]
4. Natural Enemy - [DU]
5. Inductance - [IN]
6. Excavation - [DI]
7. Pu239 - [DU]
8. Fake Food - [DI]
9. Ambivalence - [DU]
10. Trial - [DI]
11. Affection - [IN]
12. Selecon - [IN]
13. Make Up - [DI]
14. Poker Face - [DI]
15. Pat - [DI]
16. Another Chance - [IN]
17. Red Data - [DI]
18. Trans Parent - [DI]
19. Chain Reaction - [IN]
20. Fabricate Fog - [IN]
21. Embarrassment - [IN]
22. Reversal Process - [DU]
23. Martial Law - [IN]
24. Nuclear Power - [IN]
25. This Side Of Justice - [IN]
26. Endless GIG - [IN]
Come per la prima stagione nutrivo grandi aspettative per questa serie, e anche stavolta il risultato è stato più che altro una delusione. Al centro delle vicende vi sono sempre i membri della sezione 9, così come li avevamo lasciati nell'ultimo episodio di "Ghost in the Shell - Stand Alone Complex"; questa volta visto che ormai i personaggi sono già conosciuti e i ruoli ben delineati mi sarei aspettato un inizio col botto, una trama continua senza interruzioni, invece anche in questo caso il tutto tarda a partire. Inizialmente verremo nuovamente catapultati all'interno di una serie di episodi autoconclusivi, il più dei queli completamente inutili ai fini della trama che come per la prima serie parte in modo veloce nelle ultime puntate.
Nelle prime puntate venogno lasciati troppi spazi a discorsi riguardanti intrighi politici e sociologici che saranno sicuramente apprezzati dagli amanti del genere, ma personalmente sono risultati pesanti e noiosi da seguire, soprattutto se l'intenzione era quella, come nel mio caso, di avere ben chiara la situazione. Dal punto di vista dei personaggi ho molto apprezzato la "debolezza" del maggiore, che fino ad ora si era mostrato come una persona fin troppo sicura di sè, invece credo che con questo caso sia stata messa in luce la sua umanità.
Dal punto di vista grafico e delle regia, non ho notato particolari differenze rispetto alla prima stagione, forse un po' di fluidità in più nelle animazioni, ma niente di rilevante.
Ho molto apprezzato invece gli episodi riguardati il passato dei membri della sezione, che hanno mostrato il percorso che hanno dovuto intraprendere, o comunque le circostanza in cui si sono trovati prima di entrare a far parte del gruppo specializzato.
In conclusione consiglio la visione di questa serie solo agli amanti del genere, o a coloro che hanno seguito la prima e sono curiosi di sapere come va a finire, e quale sarà il futuro della sezione 9; sconsigliata invece a tutti gli altri, soprattutto a coloro che cercano una serie facile e leggera.
Nelle prime puntate venogno lasciati troppi spazi a discorsi riguardanti intrighi politici e sociologici che saranno sicuramente apprezzati dagli amanti del genere, ma personalmente sono risultati pesanti e noiosi da seguire, soprattutto se l'intenzione era quella, come nel mio caso, di avere ben chiara la situazione. Dal punto di vista dei personaggi ho molto apprezzato la "debolezza" del maggiore, che fino ad ora si era mostrato come una persona fin troppo sicura di sè, invece credo che con questo caso sia stata messa in luce la sua umanità.
Dal punto di vista grafico e delle regia, non ho notato particolari differenze rispetto alla prima stagione, forse un po' di fluidità in più nelle animazioni, ma niente di rilevante.
Ho molto apprezzato invece gli episodi riguardati il passato dei membri della sezione, che hanno mostrato il percorso che hanno dovuto intraprendere, o comunque le circostanza in cui si sono trovati prima di entrare a far parte del gruppo specializzato.
In conclusione consiglio la visione di questa serie solo agli amanti del genere, o a coloro che hanno seguito la prima e sono curiosi di sapere come va a finire, e quale sarà il futuro della sezione 9; sconsigliata invece a tutti gli altri, soprattutto a coloro che cercano una serie facile e leggera.
"Ghost in the Shell: Stand Alone Complex - 2nd GIG" è una serie d'animazione giapponese del 2004, costituita da 26 episodi di durata canonica, sequel dell'anime "Ghost in the Shell: Stand Alone Complex", mantenendo alla regia Kenji Kamiyama. L'anime è prodotto dallo studio Production I.G.
La vicenda si pone in continuità con gli eventi della prima stagione, mostrando la ricostituzione della Sezione 9, messa precedentemente in crisi da un complotto, e il ritorno con stile del Direttore Aramaki, del Maggiore e dei suoi fedeli subordinati.
Ancora una volta, questa squadra più che affiatata si trova ad affrontare casi di omicidio, riciclaggio di denaro sporco, sequestri e crimini informatici, sempre districandosi tra oscure manovre governative e burocrati disonesti. In particolare, così come la prima serie aveva come indagine principale quella relativa all'Uomo che Ride, il filo conduttore dei nuovi episodi è costituito dall'investigazione riguardante gli Undici Individuali, un gruppo sovversivo che compie attacchi terroristici per costringere l'opinione pubblica a prendere una posizione riguardo la situazione dei profughi delle precedenti guerre mondiali.
Quando ci si appresta a visionare il seguito di una serie molto apprezzata, si nutrono generalmente sentimenti misti di speranza e timore. Ebbene, "Ghost in the Shell: Stand Alone Complex - 2nd GIG" riconferma l'altissima qualità, sia tecnica che di sceneggiatura, del suo predecessore, apportando anche dei miglioramenti e rivelandosi un prodotto eccellente sotto ogni aspetto.
Le animazioni sono molto fluide, che si tratti di scene di combattimento o di vita quotidiana.
Graficamente è ineccepibile, nonostante qualche trascurabile calo. Le ambientazioni sono estremamente particolareggiate e dipinte con grande maestria. Sono, soprattutto, molto varie: si passa da strutture industriali, più moderne e futuristiche, tecnologicamente avanzate, fredde ed essenziali, a memorabili scorci metropolitani, a periferie disagiate, niente più che infelici ammassi di ruggine e sudice baracche. Addirittura, in alcuni episodi è persino possibile vedere stili architettonici più classici, appartenenti ad un'era passata. In ogni caso, non ci si abbandona mai agli eccessi architettonici, rimanendo fedeli ad uno stile concreto e realistico.
L'aspetto dei personaggi è molto curato: i volti sono iperdettagliati, dotati di lineamenti molto precisi, caratterizzati da rughe e numerosi segni peculiari. Stesso dicasi per le componenti meccaniche dei cyborg e per il mecha design, sempre ottimo e studiato nei minimi particolari. La CG, benché appaia a tratti un po' pesante, riesce sempre ad amalgamarsi senza difficoltà con l'animazione tradizionale.
La caratterizzazione dei personaggi è rimasta pressoché identica a quella rappresentata nella prima serie, anche se, in questo caso, quelli secondari, finora ignorati, acquisiscono un notevole spessore psicologico, anche in virtù di interi episodi dedicati a flashback e vite personali. Ai protagonisti (Motoko, Togusa, Batou, ecc.) vengono attribuiti risvolti sempre più umani e articolati, rendendoli ancor più completi. Davvero notevole è l'analisi del Maggiore, mai così affascinante.
I Tachikoma, le IA di supporto alla squadra del Maggiore, mantengono il loro ormai celebre atteggiamento infantile, anche se notevolmente maturato rispetto all'anime precedente e sottoposto ad una continua crescita: sono indubbiamente più altruisti, complessi e dediti a conversazioni su temi impegnativi. Anche i siparietti di fine episodio che li vedono protagonisti sono divenuti decisamente più surreali e, di conseguenza, più divertenti.
I nuovi arrivi non sono da meno e posseggono personalità interessanti e ambigue, ma anche decise e risolute, al punto di poter competere e scontrarsi sullo stesso livello dei membri della Sezione 9.
Allo stile narrativo è prestata indiscutibile attenzione: se nelle scene d'azione, adrenaliniche e cariche di tensione, essa è più asciutta e priva di fronzoli, durante le discussioni di carattere filosofico e esistenziale e nelle sequenze introspettive, si lascia andare ad un tocco di pura poesia, regalando momenti intensi e emozionanti. A differenza di "Ghost in the Shell: Stand Alone Complex", in cui gli episodi slegati dalla trama principale possedevano un'indipendenza totale, nel "2nd GIG" ogni puntata, per quanto autonoma, fornisce un indizio riguardo il caso degli Undici Individuali. In questo modo, si garantisce una più forte sensazione di uniformità e solidità.
Non mancano alcune strizzatine d'occhio a tutti coloro che hanno seguito il manga e i lungometraggi, grazie a citazioni piuttosto esplicite e sequenze ricalcate con fedeltà. I riferimenti alla prima stagione riguardano soprattutto lo Stand Alone Complex e il fenomeno di emulazione ad esso collegato.
Ho trovato ben realizzate e coinvolgenti anche le incursioni nella Rete, contraddistinte da sfere e flussi di dati luminosi, che riescono perfettamente a rendere il senso di magnificenza e confusione, nonché l'ampissimo range di possibilità associato alla Rete stessa.
La colonna sonora, la cui autrice rimane Yoko Kanno, è semplicemente sublime: la varietà di brani è abbastanza estesa e tutti sono orecchiabili e adeguati alle circostanze cui si accompagnano. Anche la scelta di realizzarne alcuni in diverse lingue si è rivelata innovativa e azzeccata. Ottime l'opening, ancora una volta affidata alla cantautrice Origa, e l'ending, cantata da Steve Conte.
I temi trattati sono estremamente importanti e attuali: malcostume e corruzione dilaganti nella società moderna, la collusione dei politici con le onnipotenti e spietate multinazionali, gli orrori dei conflitti bellici, il grave problema dei rifugiati di guerra, abbandonati a loro stessi, lasciati a vivere nella miseria, ma invisi alla popolazione locale perché "mantenuti" dai contribuenti. Viene anche affrontata la situazione di coloro che desiderano ardentemente porre fine alla disastrosa condizione in cui versa il sistema, ma che non portano a compimento i propri propositi per paura o debolezza, limitandosi a sognare un mondo migliore. Di carattere più intimo e spirituale è l'argomento relativo alla separazione tra corpo fisico e anima e all'esistenza di una coscienza collettiva, superiore a quella individuale.
Proprio agli Undici Individuali è legata, infatti, la questione della dicotomia tra collettività e individualità, che assume una posizione centrale all'interno dell'insieme di dibattiti cui si assiste nel corso della serie. Coloro che agiscono in nome dell'individualità, che operano separatamente anche se spinti da una motivazione comune, non sono forse i meno individualisti di tutti, con il loro secco rifiuto verso ogni altra ideologia? Le persone non sono definite tali proprio in base alle interazioni reciproche, quindi immerse in una dimensione collettiva?
L'estrema complessità delle tematiche discusse, che spesso costringe lo spettatore a rivedere lo stesso dialogo più volte, per riuscire a seguire il passo di tutte queste articolate elucubrazioni, costituisce in parte l'unica pecca di questa serie, che potrebbe risultare a qualcuno troppo pesante.
In conclusione, trovo che "Ghost in the Shell: Stand Alone Complex - 2nd GIG" compia un decisivo passo avanti, rispetto al suo predecessore, su tutti i fronti, mescolando sapientemente scene d'azione, argomenti molto maturi, una trama ricca di mistero e fascino e degli ottimi personaggi, accompagnando il tutto con un comparto tecnico di prim'ordine. Merita sicuramente un voto in più.
La vicenda si pone in continuità con gli eventi della prima stagione, mostrando la ricostituzione della Sezione 9, messa precedentemente in crisi da un complotto, e il ritorno con stile del Direttore Aramaki, del Maggiore e dei suoi fedeli subordinati.
Ancora una volta, questa squadra più che affiatata si trova ad affrontare casi di omicidio, riciclaggio di denaro sporco, sequestri e crimini informatici, sempre districandosi tra oscure manovre governative e burocrati disonesti. In particolare, così come la prima serie aveva come indagine principale quella relativa all'Uomo che Ride, il filo conduttore dei nuovi episodi è costituito dall'investigazione riguardante gli Undici Individuali, un gruppo sovversivo che compie attacchi terroristici per costringere l'opinione pubblica a prendere una posizione riguardo la situazione dei profughi delle precedenti guerre mondiali.
Quando ci si appresta a visionare il seguito di una serie molto apprezzata, si nutrono generalmente sentimenti misti di speranza e timore. Ebbene, "Ghost in the Shell: Stand Alone Complex - 2nd GIG" riconferma l'altissima qualità, sia tecnica che di sceneggiatura, del suo predecessore, apportando anche dei miglioramenti e rivelandosi un prodotto eccellente sotto ogni aspetto.
Le animazioni sono molto fluide, che si tratti di scene di combattimento o di vita quotidiana.
Graficamente è ineccepibile, nonostante qualche trascurabile calo. Le ambientazioni sono estremamente particolareggiate e dipinte con grande maestria. Sono, soprattutto, molto varie: si passa da strutture industriali, più moderne e futuristiche, tecnologicamente avanzate, fredde ed essenziali, a memorabili scorci metropolitani, a periferie disagiate, niente più che infelici ammassi di ruggine e sudice baracche. Addirittura, in alcuni episodi è persino possibile vedere stili architettonici più classici, appartenenti ad un'era passata. In ogni caso, non ci si abbandona mai agli eccessi architettonici, rimanendo fedeli ad uno stile concreto e realistico.
L'aspetto dei personaggi è molto curato: i volti sono iperdettagliati, dotati di lineamenti molto precisi, caratterizzati da rughe e numerosi segni peculiari. Stesso dicasi per le componenti meccaniche dei cyborg e per il mecha design, sempre ottimo e studiato nei minimi particolari. La CG, benché appaia a tratti un po' pesante, riesce sempre ad amalgamarsi senza difficoltà con l'animazione tradizionale.
La caratterizzazione dei personaggi è rimasta pressoché identica a quella rappresentata nella prima serie, anche se, in questo caso, quelli secondari, finora ignorati, acquisiscono un notevole spessore psicologico, anche in virtù di interi episodi dedicati a flashback e vite personali. Ai protagonisti (Motoko, Togusa, Batou, ecc.) vengono attribuiti risvolti sempre più umani e articolati, rendendoli ancor più completi. Davvero notevole è l'analisi del Maggiore, mai così affascinante.
I Tachikoma, le IA di supporto alla squadra del Maggiore, mantengono il loro ormai celebre atteggiamento infantile, anche se notevolmente maturato rispetto all'anime precedente e sottoposto ad una continua crescita: sono indubbiamente più altruisti, complessi e dediti a conversazioni su temi impegnativi. Anche i siparietti di fine episodio che li vedono protagonisti sono divenuti decisamente più surreali e, di conseguenza, più divertenti.
I nuovi arrivi non sono da meno e posseggono personalità interessanti e ambigue, ma anche decise e risolute, al punto di poter competere e scontrarsi sullo stesso livello dei membri della Sezione 9.
Allo stile narrativo è prestata indiscutibile attenzione: se nelle scene d'azione, adrenaliniche e cariche di tensione, essa è più asciutta e priva di fronzoli, durante le discussioni di carattere filosofico e esistenziale e nelle sequenze introspettive, si lascia andare ad un tocco di pura poesia, regalando momenti intensi e emozionanti. A differenza di "Ghost in the Shell: Stand Alone Complex", in cui gli episodi slegati dalla trama principale possedevano un'indipendenza totale, nel "2nd GIG" ogni puntata, per quanto autonoma, fornisce un indizio riguardo il caso degli Undici Individuali. In questo modo, si garantisce una più forte sensazione di uniformità e solidità.
Non mancano alcune strizzatine d'occhio a tutti coloro che hanno seguito il manga e i lungometraggi, grazie a citazioni piuttosto esplicite e sequenze ricalcate con fedeltà. I riferimenti alla prima stagione riguardano soprattutto lo Stand Alone Complex e il fenomeno di emulazione ad esso collegato.
Ho trovato ben realizzate e coinvolgenti anche le incursioni nella Rete, contraddistinte da sfere e flussi di dati luminosi, che riescono perfettamente a rendere il senso di magnificenza e confusione, nonché l'ampissimo range di possibilità associato alla Rete stessa.
La colonna sonora, la cui autrice rimane Yoko Kanno, è semplicemente sublime: la varietà di brani è abbastanza estesa e tutti sono orecchiabili e adeguati alle circostanze cui si accompagnano. Anche la scelta di realizzarne alcuni in diverse lingue si è rivelata innovativa e azzeccata. Ottime l'opening, ancora una volta affidata alla cantautrice Origa, e l'ending, cantata da Steve Conte.
I temi trattati sono estremamente importanti e attuali: malcostume e corruzione dilaganti nella società moderna, la collusione dei politici con le onnipotenti e spietate multinazionali, gli orrori dei conflitti bellici, il grave problema dei rifugiati di guerra, abbandonati a loro stessi, lasciati a vivere nella miseria, ma invisi alla popolazione locale perché "mantenuti" dai contribuenti. Viene anche affrontata la situazione di coloro che desiderano ardentemente porre fine alla disastrosa condizione in cui versa il sistema, ma che non portano a compimento i propri propositi per paura o debolezza, limitandosi a sognare un mondo migliore. Di carattere più intimo e spirituale è l'argomento relativo alla separazione tra corpo fisico e anima e all'esistenza di una coscienza collettiva, superiore a quella individuale.
Proprio agli Undici Individuali è legata, infatti, la questione della dicotomia tra collettività e individualità, che assume una posizione centrale all'interno dell'insieme di dibattiti cui si assiste nel corso della serie. Coloro che agiscono in nome dell'individualità, che operano separatamente anche se spinti da una motivazione comune, non sono forse i meno individualisti di tutti, con il loro secco rifiuto verso ogni altra ideologia? Le persone non sono definite tali proprio in base alle interazioni reciproche, quindi immerse in una dimensione collettiva?
L'estrema complessità delle tematiche discusse, che spesso costringe lo spettatore a rivedere lo stesso dialogo più volte, per riuscire a seguire il passo di tutte queste articolate elucubrazioni, costituisce in parte l'unica pecca di questa serie, che potrebbe risultare a qualcuno troppo pesante.
In conclusione, trovo che "Ghost in the Shell: Stand Alone Complex - 2nd GIG" compia un decisivo passo avanti, rispetto al suo predecessore, su tutti i fronti, mescolando sapientemente scene d'azione, argomenti molto maturi, una trama ricca di mistero e fascino e degli ottimi personaggi, accompagnando il tutto con un comparto tecnico di prim'ordine. Merita sicuramente un voto in più.
Non si può fare a meno di vedere la prima stagione di GITS SAC senza essere tentati dalla seconda.
A malincuore, e probabilmente tirandomi anche tanto odio dai fans sfegatati, ammetto che sono stata un po' delusa da questo seguito, forse le mie aspettative erano esagerate, immaginavo chissà quale miglioramento!
Ma procediamo con ordine:
come del primo SAC troviamo il reparto della pubblica sicurezza, la sezione 9, capeggiata sempre da un brillantissimo Aramaki, alle prese con attentati terroristici che stanno sconvolgendo il paese, questa volta invece del caso dell'uomo che ride Motoko e co. Vengono coinvolti nel caso degli undici individuali, ovvero una mente terroristica che punta alla liberazione e indipendenza dei profughi delle precedenti guerre mondiali attraverso l'insurrezione contro il governo.
La trama si sviluppa in modo più complesso rispetto alla precedente stagione, soprattutto negli aspetti politici e sociologici (fatti estremamente interessanti che rispecchiano pienamente i problemi politici della società odierna), questo richiede una maggiore concentrazione per riuscire a seguire tutti gli intrecci politici( secondo me alcuni episodi richiedono anche una seconda visione per capirli appieno), inoltre le scene di azione sembrano molto diminuite (per forza, tra tutti quei complotti scervellanti dove li metti???) rendendo il tutto meno fluido e meno scorrevole, soprattutto nei primi episodi, ma è anche vero che ci si sofferma molto sull' affascinante rapporto macchineuomo, aspetto che rende unica la fantascientifica saga di GITS. La trama un po' troppo complessa è probabilmente la pecca maggiore, i numero discorsi necessari al suo iniziale sviluppo personalmente mi hanno spesso annoiato, sostanziale differenza con la prima stagione dove potevi gustarti anche 4 o 5 episodi di fila senza sentire alcuna pesantezza.
Ma adesso passiamo ai lati positivi, uno dei punti di forza di questa seconda serie invece sono l' introduzione di episodi che raccontano il passato di alcuni membri della sezione 9. La psicologia dei personaggi è sempre stata ottima, mai scontata ho appiattita, e con l'aggiunta di situazioni che richiamano il loro passato non si fa altro che rendere il Maggiore e i suoi sottoposti ancora più interessanti e carismatici.
Come in precedenza troviamo un' OST a dir poco fantastica, qui la qualità forse è anche leggermente migliorata, gli amanti delle composizioni della celebre Yoko Kanno, che ci anno incantato per tutta la saga di GITS, non potranno fare a meno di gioire.
Graficamente come ci si aspettava c'è stato qualche miglioramento , ma nulla di eclatante.
Un capitolo dello SAC che parte a rilento ma si riprende alla grande, azione, complotto, manipolazione delle informazioni, politica scorretta … come sempre si riconferma un lavoro d'animazione provocatorio e dai pensieri filosofici agghiaccianti tanto più per la loro cruda realtà, una storia che non è solo azione ma racchiude sentimenti profondi.
Dannata trama che mi costringe ad un 7, per ciò che si racchiude in un simile corpo cibernetico meriterebbe molto di più.
A malincuore, e probabilmente tirandomi anche tanto odio dai fans sfegatati, ammetto che sono stata un po' delusa da questo seguito, forse le mie aspettative erano esagerate, immaginavo chissà quale miglioramento!
Ma procediamo con ordine:
come del primo SAC troviamo il reparto della pubblica sicurezza, la sezione 9, capeggiata sempre da un brillantissimo Aramaki, alle prese con attentati terroristici che stanno sconvolgendo il paese, questa volta invece del caso dell'uomo che ride Motoko e co. Vengono coinvolti nel caso degli undici individuali, ovvero una mente terroristica che punta alla liberazione e indipendenza dei profughi delle precedenti guerre mondiali attraverso l'insurrezione contro il governo.
La trama si sviluppa in modo più complesso rispetto alla precedente stagione, soprattutto negli aspetti politici e sociologici (fatti estremamente interessanti che rispecchiano pienamente i problemi politici della società odierna), questo richiede una maggiore concentrazione per riuscire a seguire tutti gli intrecci politici( secondo me alcuni episodi richiedono anche una seconda visione per capirli appieno), inoltre le scene di azione sembrano molto diminuite (per forza, tra tutti quei complotti scervellanti dove li metti???) rendendo il tutto meno fluido e meno scorrevole, soprattutto nei primi episodi, ma è anche vero che ci si sofferma molto sull' affascinante rapporto macchineuomo, aspetto che rende unica la fantascientifica saga di GITS. La trama un po' troppo complessa è probabilmente la pecca maggiore, i numero discorsi necessari al suo iniziale sviluppo personalmente mi hanno spesso annoiato, sostanziale differenza con la prima stagione dove potevi gustarti anche 4 o 5 episodi di fila senza sentire alcuna pesantezza.
Ma adesso passiamo ai lati positivi, uno dei punti di forza di questa seconda serie invece sono l' introduzione di episodi che raccontano il passato di alcuni membri della sezione 9. La psicologia dei personaggi è sempre stata ottima, mai scontata ho appiattita, e con l'aggiunta di situazioni che richiamano il loro passato non si fa altro che rendere il Maggiore e i suoi sottoposti ancora più interessanti e carismatici.
Come in precedenza troviamo un' OST a dir poco fantastica, qui la qualità forse è anche leggermente migliorata, gli amanti delle composizioni della celebre Yoko Kanno, che ci anno incantato per tutta la saga di GITS, non potranno fare a meno di gioire.
Graficamente come ci si aspettava c'è stato qualche miglioramento , ma nulla di eclatante.
Un capitolo dello SAC che parte a rilento ma si riprende alla grande, azione, complotto, manipolazione delle informazioni, politica scorretta … come sempre si riconferma un lavoro d'animazione provocatorio e dai pensieri filosofici agghiaccianti tanto più per la loro cruda realtà, una storia che non è solo azione ma racchiude sentimenti profondi.
Dannata trama che mi costringe ad un 7, per ciò che si racchiude in un simile corpo cibernetico meriterebbe molto di più.
Potrei definirmi come quel tipo di spettatore che predilige le persone alle storie e "Ghost in the Shell - Stand Alone Complex 2nd GIG" è l'esempio migliore per spiegarlo. Il desiderio di addentrarmi anche nella seconda serie di un'opera davvero impegnativa e dalla trama molto articolata è nato dalla volontà di non abbandonare uno dei personaggi femminili più carismatici dell'intero panorama dell'animazione giapponese, ovvero Motoko Kusanagi. Sebbene in "Stand Alone Complex" il suo personaggio era paragonabile a un calcolatore dai lineamenti femminili estremamente provocanti, glaciale al punto tale da non far trasparire alcuna emozione e da domandarsi se la trasformazione in cyborg privasse l'individuo del proprio "ghost", in "2nd GIG" ritroviamo il maggiore in una veste più umana, a volte persa fra ricordi e nostalgie del passato, addirittura quasi materna. Uno dei miei episodi preferiti è pertanto l'episodio 11, che si districa fra le memorie di una bambina (già! Kusanagi è sempre stata una ragazza, cosa non scontata dato che in Stand Alone Complex" si instaurava qualche dubbio in merito) e piccole gru di origami, rappresentazione di un'incombente esigenza di libertà.
Questo secondo filone di "Ghost in the Shell" non si concentra soltanto sull'unico personaggio femminile, bensì dona ulteriori sfaccettature agli altri membri della sezione 9: Togusa, umano al 100%, si lascia troppo travolgere dalle emozioni, rischiando di danneggiare l'intero gruppo; Saito, il cecchino, parlerà del suo primo incontro con il maggiore, inducendo però a pensare che in realtà si sia inventato tutto; Batou, anche se dall'aspetto burbero e dagli occhi che farebbero concorrenza a uno "sharingan", è colui che meglio rappresenta la transizione uomo-macchina, ovvero corpo potenziato e sentimenti a go go; i tachikoma, i mini-carriarmato intelligenti, sono stati invece puniti dal maggiore per avere quasi violato il confine fra coscienza e non, riducendo le loro conoscenze/capacità all'essenziale, seppur mantenendo un certo livello di personalità individuale. I personaggi sono, dunque, ancora tutti da scoprire, avendo alla fine una visione a tutto tondo di ciascuno di essi.
Per quanto riguarda la trama, non ho alcun timore ad affermare che l'ho trovata particolarmente complessa e non affatto immediata: serve notevole attenzione e memoria per tenere il filo di tutti gli intrighi politico-militari che interessano il governo giapponese. Probabilmente, per avere la giusta chiarezza dei fatti, servirebbero almeno due o tre visioni dell'intera serie. Come accennato, la mia attenzione non si è focalizzata particolarmente sulla trama, anche perché il tema poliziesco/militare non è uno dei miei preferiti; personalmente, l'ho trovata persino superflua in taluni episodi. Ciò è dovuto sostanzialmente all'eccessiva distribuzione degli indizi, alle atmosfere davvero pesanti usate nei vari uffici governativi e al contorto pensiero di Gouda, l'uomo dal volto sfigurato, che sfrutta le critiche condizioni dei profughi dell'ultima guerra mondiale, rifugiati a Dejima, per il suo scopo. Diciamo che è adatta solo ai cultori del genere.
Allora perché guardare "Ghost in the Shell - Stand Alone Complex 2nd GIG"? Di ragioni ce ne sono a sufficienza. La seconda serie di "Ghost in the Shell" trasuda, come la prima, di temi di grande profondità. Tratta dalla psicologia più spicciola dei poveracci scappati dalle atrocità della guerra e in attesa di un eroe che li salvi, alla quasi ossessione di definire il concetto di anima e le relazioni fra anima-corpo. Si sfiora poi, attraverso gli undici individuali, un tema abbastanza drammatico e attuale come quello dei suicidi di massa, il cui primato per numero di casi spetta proprio al Giappone. Insomma, c'è molta carne al fuoco. Altra ragione, non meno importante, è la qualità della grafica. Va ricordato che questo anime è del 2004, eppure i suoi disegni, le sue animazioni, il "fattore digitale", sono di gran lunga superiori a molti anime più recenti. La regia delle scene d'azione è superba. Al video si intreccia l'audio in una perfetta simbiosi: la colonna sonora è a cura di Yoko Kanno, la quale ha curato sia l'opening, "Rise" di Origa, che l'ending, "Living inside the shell" di Steve Conte, casualmente capitate sul mio Ipod. La particolarità interessante è la presenza anche di alcuni pezzi in lingua italiana, come "I Do", cantata da Ilaria Graziano.
In conclusione, consiglio la visione a tutti coloro che abbiano già visto la prima serie o ai fan del genere "cyberpunk"; direi, invece, che è da evitare assolutamente per chi cerca un anime soft, giusto per passare il tempo. Sebbene l'opera sia meritevole di un altissimo voto, viene, secondo me, troppo penalizzata dalla trama, una palla... al piede.
Questo secondo filone di "Ghost in the Shell" non si concentra soltanto sull'unico personaggio femminile, bensì dona ulteriori sfaccettature agli altri membri della sezione 9: Togusa, umano al 100%, si lascia troppo travolgere dalle emozioni, rischiando di danneggiare l'intero gruppo; Saito, il cecchino, parlerà del suo primo incontro con il maggiore, inducendo però a pensare che in realtà si sia inventato tutto; Batou, anche se dall'aspetto burbero e dagli occhi che farebbero concorrenza a uno "sharingan", è colui che meglio rappresenta la transizione uomo-macchina, ovvero corpo potenziato e sentimenti a go go; i tachikoma, i mini-carriarmato intelligenti, sono stati invece puniti dal maggiore per avere quasi violato il confine fra coscienza e non, riducendo le loro conoscenze/capacità all'essenziale, seppur mantenendo un certo livello di personalità individuale. I personaggi sono, dunque, ancora tutti da scoprire, avendo alla fine una visione a tutto tondo di ciascuno di essi.
Per quanto riguarda la trama, non ho alcun timore ad affermare che l'ho trovata particolarmente complessa e non affatto immediata: serve notevole attenzione e memoria per tenere il filo di tutti gli intrighi politico-militari che interessano il governo giapponese. Probabilmente, per avere la giusta chiarezza dei fatti, servirebbero almeno due o tre visioni dell'intera serie. Come accennato, la mia attenzione non si è focalizzata particolarmente sulla trama, anche perché il tema poliziesco/militare non è uno dei miei preferiti; personalmente, l'ho trovata persino superflua in taluni episodi. Ciò è dovuto sostanzialmente all'eccessiva distribuzione degli indizi, alle atmosfere davvero pesanti usate nei vari uffici governativi e al contorto pensiero di Gouda, l'uomo dal volto sfigurato, che sfrutta le critiche condizioni dei profughi dell'ultima guerra mondiale, rifugiati a Dejima, per il suo scopo. Diciamo che è adatta solo ai cultori del genere.
Allora perché guardare "Ghost in the Shell - Stand Alone Complex 2nd GIG"? Di ragioni ce ne sono a sufficienza. La seconda serie di "Ghost in the Shell" trasuda, come la prima, di temi di grande profondità. Tratta dalla psicologia più spicciola dei poveracci scappati dalle atrocità della guerra e in attesa di un eroe che li salvi, alla quasi ossessione di definire il concetto di anima e le relazioni fra anima-corpo. Si sfiora poi, attraverso gli undici individuali, un tema abbastanza drammatico e attuale come quello dei suicidi di massa, il cui primato per numero di casi spetta proprio al Giappone. Insomma, c'è molta carne al fuoco. Altra ragione, non meno importante, è la qualità della grafica. Va ricordato che questo anime è del 2004, eppure i suoi disegni, le sue animazioni, il "fattore digitale", sono di gran lunga superiori a molti anime più recenti. La regia delle scene d'azione è superba. Al video si intreccia l'audio in una perfetta simbiosi: la colonna sonora è a cura di Yoko Kanno, la quale ha curato sia l'opening, "Rise" di Origa, che l'ending, "Living inside the shell" di Steve Conte, casualmente capitate sul mio Ipod. La particolarità interessante è la presenza anche di alcuni pezzi in lingua italiana, come "I Do", cantata da Ilaria Graziano.
In conclusione, consiglio la visione a tutti coloro che abbiano già visto la prima serie o ai fan del genere "cyberpunk"; direi, invece, che è da evitare assolutamente per chi cerca un anime soft, giusto per passare il tempo. Sebbene l'opera sia meritevole di un altissimo voto, viene, secondo me, troppo penalizzata dalla trama, una palla... al piede.
La Sezione 9 si ricostruisce e torna al lavoro in questa seconda stagione di 'Ghost in the Shell: Stand Alone Complex', messa su dal medesimo staff della prima serie, che stavolta s'avvale però anche del contributo di Mamoru Oshii, autore della storia qui raccontata. '2nd GIG' ripropone molto esaurientemente, forse anche troppo, tematiche incontrate in precedenza riguardanti questioni diplomatiche e riflessioni politico-sociali-filosofiche, innestandole in uno scenario cyberpunk di grande atmosfera. Spettacolare come sempre è la riproduzione del mondo ultratecnologico del manga di Shirow, logoro di ben quattro guerre mondiali e teatro di un fitto intreccio di eventi che vedrà il maggiore Motoko e i suoi alleati occuparsi di un caso ostico quanto quello dell' 'Uomo che ride'.
I nuovi 'nemici' si fanno chiamare 'Undici individuali', sono a capo di un'intera popolazione di profughi generatasi in seguito ai due precedenti conflitti mondiali, e sono in procinto di dichiarare l'indipendenza di Dejima, cioè l'isola artificiale in cui si sono ghettizzati, dal Giappone. Il 'dietro le quinte' di tali vicende sarà tuttavia svelato a poco a poco: tra un'operazione e l'altra, sarà dato spazio sia al proseguimento del plot primario, sia all'approfondimento di qualche personaggio, tra i quali anche Kusanagi. Scopriremo finalmente qualcosa in più sul suo passato e apprezzeremo qualche altro particolare della sua affascinante personalità. Restando in tema 'caratterizzazione', fa piacere notare che il look donato in quest'occasione alla nostra eroina sia molto più elegante, sensuale e soddisfacente di quello da 'cubista' esibito nella prima serie.
La cura per il design in '2nd GIG' è sempre altissima: volti, computer, veicoli, armi, corpi meccanici si presentano con estremo realismo e la direzione dei fondali tende spesso a lasciare senza parole. Il comparto tecnico spicca letteralmente in volo nelle sezioni più movimentate, dove il rivestimento computerizzato delle animazioni rende l'azione estremamente fluida e 'cinematografica'. La direzione della colonna sonora è ancora in mano a una Yoko Kanno sempre ispirata, anche se devo ammettere di aver trovato discordante la collocazione di alcuni brani in certi frangenti.
In tutto questo, le impressioni che questa seconda serie mi ha lasciato non sono state tutte positive, anzi: a dir la verità, ho trovato non poche difficoltà, specialmente nel corso dei primi dieci episodi, a mandar giù una sceneggiatura piuttosto prolissa e una trama che stentava a ingranare. Per fortuna poi il ritmo è leggermente salito, mantenendosi costante fino alla fine, ma è evidente che, rispetto alla serie del 2002, sia stato tutto appesantito un pochino. Tutto sommato siamo comunque al medesimo livello, per cui anche la mia valutazione resta ferma sull'otto.
I nuovi 'nemici' si fanno chiamare 'Undici individuali', sono a capo di un'intera popolazione di profughi generatasi in seguito ai due precedenti conflitti mondiali, e sono in procinto di dichiarare l'indipendenza di Dejima, cioè l'isola artificiale in cui si sono ghettizzati, dal Giappone. Il 'dietro le quinte' di tali vicende sarà tuttavia svelato a poco a poco: tra un'operazione e l'altra, sarà dato spazio sia al proseguimento del plot primario, sia all'approfondimento di qualche personaggio, tra i quali anche Kusanagi. Scopriremo finalmente qualcosa in più sul suo passato e apprezzeremo qualche altro particolare della sua affascinante personalità. Restando in tema 'caratterizzazione', fa piacere notare che il look donato in quest'occasione alla nostra eroina sia molto più elegante, sensuale e soddisfacente di quello da 'cubista' esibito nella prima serie.
La cura per il design in '2nd GIG' è sempre altissima: volti, computer, veicoli, armi, corpi meccanici si presentano con estremo realismo e la direzione dei fondali tende spesso a lasciare senza parole. Il comparto tecnico spicca letteralmente in volo nelle sezioni più movimentate, dove il rivestimento computerizzato delle animazioni rende l'azione estremamente fluida e 'cinematografica'. La direzione della colonna sonora è ancora in mano a una Yoko Kanno sempre ispirata, anche se devo ammettere di aver trovato discordante la collocazione di alcuni brani in certi frangenti.
In tutto questo, le impressioni che questa seconda serie mi ha lasciato non sono state tutte positive, anzi: a dir la verità, ho trovato non poche difficoltà, specialmente nel corso dei primi dieci episodi, a mandar giù una sceneggiatura piuttosto prolissa e una trama che stentava a ingranare. Per fortuna poi il ritmo è leggermente salito, mantenendosi costante fino alla fine, ma è evidente che, rispetto alla serie del 2002, sia stato tutto appesantito un pochino. Tutto sommato siamo comunque al medesimo livello, per cui anche la mia valutazione resta ferma sull'otto.
La seconda serie di GITS, sempre diretta da Kamiyama, ma con il supporto di Oshii in persona, mostra alcune migliorie e alcune "arretratezze" rispetto alla precedente.
Migliorie tecniche e grafiche indubbiamente, con animazioni ottime, particolareggiate e prive di quel 3D forzato che ogni tanto si osservava nella prima serie. Una trama complessa e intrigante da un punto di vista sociologico è un altro punto a favore di quest'opera, trama che incentra lo sguardo sugli Individual Eleven, individui che in modo terroristico tentano di lottare per la liberazione politica dei rifugiati, ossia i non-nipponici residenti in Giappone dopo le emigrazioni dovute alle guerre.
Questo tema porta a sua volta la questione del come gli allogeni si sentono trattati dagli autoctoni e di come rispondono alla cosa, tema di stretta attualità.
Indispensabili soprattutto gli episodii che trattano il passato di alcuni protagonisti, indubbiamente episodi riempitivi, ma bellissimi.
Una pecca è nella forse eccessiva complessità della trama. Qui ritroviamo gli stessi punti-chiave presenti nella serie precedente: una volontà terroristica, hacking, complotti politici e sotto-complotti finanziari. La differenza rispetto alla storia del Laughing Man è una maggiore complessità, troppi intrecci complessi che dopo un po' mi hanno semplicemente irritato. Come detto non mancano episodi anche ipnotici come l'undicesimo, molto alla stregua di 'Innocence', ma il resto della serie è concentrata soprattutto sull'azione e sul tessere fili 'complottistici' l'uno sull'altro.
Conclusione: indubbiamente superiore alla prima serie in qualità tecnica, il '2nd GIG' è forse leggermente più pesante rispetto alla prima serie per quanto riguarda la trama. L'8 però viene confermato.
Migliorie tecniche e grafiche indubbiamente, con animazioni ottime, particolareggiate e prive di quel 3D forzato che ogni tanto si osservava nella prima serie. Una trama complessa e intrigante da un punto di vista sociologico è un altro punto a favore di quest'opera, trama che incentra lo sguardo sugli Individual Eleven, individui che in modo terroristico tentano di lottare per la liberazione politica dei rifugiati, ossia i non-nipponici residenti in Giappone dopo le emigrazioni dovute alle guerre.
Questo tema porta a sua volta la questione del come gli allogeni si sentono trattati dagli autoctoni e di come rispondono alla cosa, tema di stretta attualità.
Indispensabili soprattutto gli episodii che trattano il passato di alcuni protagonisti, indubbiamente episodi riempitivi, ma bellissimi.
Una pecca è nella forse eccessiva complessità della trama. Qui ritroviamo gli stessi punti-chiave presenti nella serie precedente: una volontà terroristica, hacking, complotti politici e sotto-complotti finanziari. La differenza rispetto alla storia del Laughing Man è una maggiore complessità, troppi intrecci complessi che dopo un po' mi hanno semplicemente irritato. Come detto non mancano episodi anche ipnotici come l'undicesimo, molto alla stregua di 'Innocence', ma il resto della serie è concentrata soprattutto sull'azione e sul tessere fili 'complottistici' l'uno sull'altro.
Conclusione: indubbiamente superiore alla prima serie in qualità tecnica, il '2nd GIG' è forse leggermente più pesante rispetto alla prima serie per quanto riguarda la trama. L'8 però viene confermato.
Ed eccola, la Sezione 9 ritorna con la seconda serie di Ghost in the Shell. Questa nuova serie riprende tutti i punti a favore della precedente migliorandoli: realizzazione tecnica superba e trama migliore.
La struttura su cui si basa sviluppa la trama che in questo caso vedrà la Sezione 9 alle prese contro un gruppo di criminali, gli "Undici Individuali", ispirati a un saggio di Patrick Silvestre. Il tutto inizia con l'assalto all'ambasciata cinese e continuerà in una serie di attentati da parte del gruppo, il quale ha come scopo rendere indipendenti i profughi rifugiatisi in Giappone dopo la quarta guerra mondiale (eh sì, non sempre il futuro è meglio del presente).
Ben presto si capirà che il caso degli "Individual Eleven" è qualcosa di ben più grosso e che si nasconde qualcuno dietro a tutto ciò che sta accadendo, ma per scoprirlo non c'è altro modo che guardare e scoprire.
I personaggi sono i soliti, tornano anche i tachikoma, che ci avevano malamente lasciato al termine della prima serie - dal canto mio è stato il momento più triste di SAC.
In alcune puntate vengono descritti i passati di alcuni membri della sezione, potremo, ad esempio, conoscere qualcosa di più su Saito e Paz, che vengono solitamente relegati a parti minori della storia.
Come nella prima serie, anche in questa al termine di ogni episodio potremo gustarci le gag dei tachikoma con una simpatica sigla stile Metro Goldwyn Mayer. Proprio loro saranno, ancora una volta, uno dei punti forti della serie con le loro continue domande su cosa sia la vita e, finalmente, riusciranno a comprendere cosa sia il "Ghost" e forse ad averne uno anche loro.
Musiche, computer grafica e altri effetti speciali sono i migliori che io abbia mai visto in un anime, gran bel lavoro sotto questo punto di vista. Se avete amato la prima serie dovreste buttarvi letteralmente su questa mentre se, con la mia recensione vi ho incuriosito (spero proprio di sì), correte a vedervi subito la prima. Senza dimenticare il meraviglioso film del 1995.
La struttura su cui si basa sviluppa la trama che in questo caso vedrà la Sezione 9 alle prese contro un gruppo di criminali, gli "Undici Individuali", ispirati a un saggio di Patrick Silvestre. Il tutto inizia con l'assalto all'ambasciata cinese e continuerà in una serie di attentati da parte del gruppo, il quale ha come scopo rendere indipendenti i profughi rifugiatisi in Giappone dopo la quarta guerra mondiale (eh sì, non sempre il futuro è meglio del presente).
Ben presto si capirà che il caso degli "Individual Eleven" è qualcosa di ben più grosso e che si nasconde qualcuno dietro a tutto ciò che sta accadendo, ma per scoprirlo non c'è altro modo che guardare e scoprire.
I personaggi sono i soliti, tornano anche i tachikoma, che ci avevano malamente lasciato al termine della prima serie - dal canto mio è stato il momento più triste di SAC.
In alcune puntate vengono descritti i passati di alcuni membri della sezione, potremo, ad esempio, conoscere qualcosa di più su Saito e Paz, che vengono solitamente relegati a parti minori della storia.
Come nella prima serie, anche in questa al termine di ogni episodio potremo gustarci le gag dei tachikoma con una simpatica sigla stile Metro Goldwyn Mayer. Proprio loro saranno, ancora una volta, uno dei punti forti della serie con le loro continue domande su cosa sia la vita e, finalmente, riusciranno a comprendere cosa sia il "Ghost" e forse ad averne uno anche loro.
Musiche, computer grafica e altri effetti speciali sono i migliori che io abbia mai visto in un anime, gran bel lavoro sotto questo punto di vista. Se avete amato la prima serie dovreste buttarvi letteralmente su questa mentre se, con la mia recensione vi ho incuriosito (spero proprio di sì), correte a vedervi subito la prima. Senza dimenticare il meraviglioso film del 1995.
Questo nuovo capitolo di Ghost in the shell S.A.C. risale al 2004, ancora per la regia di Kenji Kamiyama, e riprende le avventure della Sezione 9 di pubblica sicurezza dove le avevamo lasciate al termine della prima serie. In questo caso gli autori mettono una “pezza” alle molte “falle” presenti nel primo S.A.C., aggiustano il tiro e sfornano un prodotto nettamente migliore sotto diversi aspetti. La formula seriale resta però inalterata con la storia principale (individual episodes) spezzettata e alternata alle puntate autoconclusive (dividual episodes) e a quelle relative alle macchinazioni del Servizio Informazioni (dual episodes). Il mio personale consiglio allo spettatore è di giocare d'anticipo riprogrammando manualmente la sequenza degli episodi, saltando a piè pari i capitoli a sé stanti - riservandosi di visionarli in un secondo momento - per potere fruire in modo continuativo e lineare della corposa e articolata storia principale.
Questa vede i nostri eroi alle prese con l'intricato caso degli Undici Individuali sullo sfondo dei soliti intrighi geopolitici e della crisi umanitaria legata al fenomeno dell'immigrazione di massa e dei profughi di guerra. L'intreccio è folto e complesso e per molti aspetti più maturo e adulto rispetto al caso de "l'Uomo che ride". Mentre in quel caso si rifletteva molto sul rapporto tra media e società in scenari da spionaggio industriale, ora ci si sofferma sui fermenti sociali e sull'insurrezione popolare prendendo spunto direttamente dai moti rivoluzionari di stampo ideologico del secolo scorso con risvolti di terrorismo politico e complottismo governativo.
Le puntate “dividual” questa volta sono trattate con lo stesso riguardo e dignità delle controparti “individual”, presentano trame originali e ricercate con spiccate caratteristiche artistiche e spunti letterari. Si è puntato di più sul racconto monografico che dà un tono da cortometraggio anche a costo di mettere da parte per un attimo i protagonisti principali. Inoltre si ha la possibilità di approfondire la conoscenza di nuovi personaggi (le new entry della sezione 9) che nella prima serie figuravano come poco più che comparse e qui escono finalmente dall'anonimato per acquistare un po' più di rilievo. Da segnalare il bell'episodio incentrato su Saito (a metà fra "Full metal jacket" e "Il nemico alle porte") e quello ambientato a Berlino che fa il paio con quello di Londra del primo S.A.C. e cita arditamente il dittico di Wim Wenders.
Il design dei personaggi varia parecchio a seconda degli artisti che via via si avvicendano, ma la cosa non guasta, anzi dà un senso di freschezza e originalità visto che ognuno ci mette la propria impronta stilistica e la propria firma. Personalmente preferisco il disegnatore dell'episodio “Cena vegetariana”, l'unico che ci regala una Motoko all'altezza del lungometraggio. Il maggiore infatti è quello che soffre di più a livello di design. Sebbene molto migliorato “fisicamente” dal primo S.A.C., sembra non riuscire ancora a trovare una sua dimensione peculiare soprattutto nell'anatomia del volto, che il più delle volte appare irrealistico e fuori contesto rispetto alla fisionomia realistica e verosimile degli altri personaggi. Anche il suo carattere è più autoironico e credibile, mentre il suo costumista rivede molte delle vecchie scelte per un “look” più sobrio e stilisticamente efficace. Gli altri protagonisti sono tutti ben tratteggiati sia nel design sia nella personalità. Da sottolineare il netto miglioramento di Batou, che acquista più spessore e dignità. Fra i personaggi nuovi spicca l'elegante ed impeccabile primo ministro del governo giapponese, alle cui dirette dipendenze lavora la sezione 9.
Inutile dire che anche questa volta tornano a spadroneggiare i Tachikoma, con i loro siparietti dalla grafica minimale. Questa volta citano in chiusura di puntata nientemeno che Dig Dug per la gioia dei retrogamers più accaniti.
Il livello del comparto tecnico-artistico, già elevatissimo nella prima serie, qui è tarato ulteriormente verso l'alto, toccando vette inusitate per una serie TV - anche a livello di budget! Si assiste a una cura maniacale delle scene a tutto vantaggio di un'esperienza visiva spettacolare. Mi spiace non aggiungere nient'altro al fantastico lavoro di “confezionamento”, ma bisogna vedere per credere.
Dispiace constatare la presenza di molte idee prese in prestito da Matrix, che da “ispirato” diviene fatalmente “ispiratore” di Ghost in the shell!
Le musiche di Yoko Kanno si attestano su livelli sublimi, i temi non si discostano molto dall'eccellente lavoro sulla prima serie e virano leggermente verso arrangiamenti rock. Da citare le belle sigle di apertura e chiusura, quest'ultima particolarmente riuscita.
Per concludere direi che la messa in scena di questa seconda tornata di 26 capitoli S.A.C. è stata una piacevole esperienza, di gran lunga migliore rispetto alla precedente serie. Anche se di questa ne ricalca la vena prosaica, l'impostazione generale e la vocazione commerciale, si apprezzano i passi in avanti fatti dai realizzatori e il risultato complessivo è di tutto rispetto e merita senz'altro l'attenzione degli appassionati (e non) di questo titolo.
Questa vede i nostri eroi alle prese con l'intricato caso degli Undici Individuali sullo sfondo dei soliti intrighi geopolitici e della crisi umanitaria legata al fenomeno dell'immigrazione di massa e dei profughi di guerra. L'intreccio è folto e complesso e per molti aspetti più maturo e adulto rispetto al caso de "l'Uomo che ride". Mentre in quel caso si rifletteva molto sul rapporto tra media e società in scenari da spionaggio industriale, ora ci si sofferma sui fermenti sociali e sull'insurrezione popolare prendendo spunto direttamente dai moti rivoluzionari di stampo ideologico del secolo scorso con risvolti di terrorismo politico e complottismo governativo.
Le puntate “dividual” questa volta sono trattate con lo stesso riguardo e dignità delle controparti “individual”, presentano trame originali e ricercate con spiccate caratteristiche artistiche e spunti letterari. Si è puntato di più sul racconto monografico che dà un tono da cortometraggio anche a costo di mettere da parte per un attimo i protagonisti principali. Inoltre si ha la possibilità di approfondire la conoscenza di nuovi personaggi (le new entry della sezione 9) che nella prima serie figuravano come poco più che comparse e qui escono finalmente dall'anonimato per acquistare un po' più di rilievo. Da segnalare il bell'episodio incentrato su Saito (a metà fra "Full metal jacket" e "Il nemico alle porte") e quello ambientato a Berlino che fa il paio con quello di Londra del primo S.A.C. e cita arditamente il dittico di Wim Wenders.
Il design dei personaggi varia parecchio a seconda degli artisti che via via si avvicendano, ma la cosa non guasta, anzi dà un senso di freschezza e originalità visto che ognuno ci mette la propria impronta stilistica e la propria firma. Personalmente preferisco il disegnatore dell'episodio “Cena vegetariana”, l'unico che ci regala una Motoko all'altezza del lungometraggio. Il maggiore infatti è quello che soffre di più a livello di design. Sebbene molto migliorato “fisicamente” dal primo S.A.C., sembra non riuscire ancora a trovare una sua dimensione peculiare soprattutto nell'anatomia del volto, che il più delle volte appare irrealistico e fuori contesto rispetto alla fisionomia realistica e verosimile degli altri personaggi. Anche il suo carattere è più autoironico e credibile, mentre il suo costumista rivede molte delle vecchie scelte per un “look” più sobrio e stilisticamente efficace. Gli altri protagonisti sono tutti ben tratteggiati sia nel design sia nella personalità. Da sottolineare il netto miglioramento di Batou, che acquista più spessore e dignità. Fra i personaggi nuovi spicca l'elegante ed impeccabile primo ministro del governo giapponese, alle cui dirette dipendenze lavora la sezione 9.
Inutile dire che anche questa volta tornano a spadroneggiare i Tachikoma, con i loro siparietti dalla grafica minimale. Questa volta citano in chiusura di puntata nientemeno che Dig Dug per la gioia dei retrogamers più accaniti.
Il livello del comparto tecnico-artistico, già elevatissimo nella prima serie, qui è tarato ulteriormente verso l'alto, toccando vette inusitate per una serie TV - anche a livello di budget! Si assiste a una cura maniacale delle scene a tutto vantaggio di un'esperienza visiva spettacolare. Mi spiace non aggiungere nient'altro al fantastico lavoro di “confezionamento”, ma bisogna vedere per credere.
Dispiace constatare la presenza di molte idee prese in prestito da Matrix, che da “ispirato” diviene fatalmente “ispiratore” di Ghost in the shell!
Le musiche di Yoko Kanno si attestano su livelli sublimi, i temi non si discostano molto dall'eccellente lavoro sulla prima serie e virano leggermente verso arrangiamenti rock. Da citare le belle sigle di apertura e chiusura, quest'ultima particolarmente riuscita.
Per concludere direi che la messa in scena di questa seconda tornata di 26 capitoli S.A.C. è stata una piacevole esperienza, di gran lunga migliore rispetto alla precedente serie. Anche se di questa ne ricalca la vena prosaica, l'impostazione generale e la vocazione commerciale, si apprezzano i passi in avanti fatti dai realizzatori e il risultato complessivo è di tutto rispetto e merita senz'altro l'attenzione degli appassionati (e non) di questo titolo.
Ci troviamo nuovamente di fronte ad un prodotto nato nell’universo di Ghost in the Shell creato da Masmune Shirow. Realizzato nel 2004 da Kenji Kamiyama, esso segue gli avvenimenti della prima serie "Ghost in the Shell: Stand Alone Complex": ci troviamo di fronte agli ormai famosissimi personaggi del Sezione 9, le stesse ambientazioni dei film e alla classica atmosfera tipica dei cyberpunk.
Avverto subito che in quest'anime ci sono diversi legami con la serie precedente, soprattutto nei riferimenti al fantomatico “Stand Alone complex” del titolo. Esso, fondamentalmente, per come l'ho inteso io, consiste nell’imitazione e nella reinterpretazione personale (o sfruttamento) dell’idea del vero creatore. Il messaggio inviato da Kamiyama è che la società è basata, anche se inconsciamente, su questo complesso: moda, amicizie, amore, sentimenti, interessi e la stessa vita seguono il principio della solitudine umana ancorata alla ripetizione e alla falsa reinvenzione di idee precedentemente perseguite. L’unica via d’uscita alla comunione e all’assorbimento umano dello Stand Alone Complex è la curiosità.
Questa è la prima trasposizione animata che delucida l’ignaro spettatore riguardo alla ormai conclusa III guerra mondiale e al passato della protagonista, il maggiore della sezione 9, Motoko Kusanagi. Le vicende sono incentrate su una ribellione da parte dei profughi situati in Giappone (originatisi a causa dei precedenti conflitti mondiali), ridotti a essere dei “paria” della nazione, intoccabili abbandonati in un’isola ghetto, Dejima. In questa situazione drammatica per il paese vi è l’intromissione del Servizio Informazioni, il quale cerca in tutti i modi di fare scoppiare una guerra civile.
La storia è molto complessa e richiede un’attenzione elevata e costante per non perdere dettagli determinanti.
Dal punto di vista grafico la serie segue la falsa riga del primo Stand Alone Complex - il quale è stato l’anime con il budget per la realizzazione più elevato di sempre -; esso risulta indubbiamente di altissimo livello, anche se in alcuni punti secondo me l’ombra e l’oscurità permeano eccessivamente la scena.
Degne di nota le musiche dell’intramontabile Yoko Kanno, la quale, anche questa volta, non nasconde la sua bravura e il suo “mestiere”. Bellissima l’opening cantata da Origa (cantata in russo e inglese) e intitolata Rise.
Il comparto tecnico risulta di livello altissimo e la trama è buona e intrigante. Il mix è ottimo, però nonostante questo considero i precedenti lavori legati a Ghost in the Shell un gradino più in alto - questi erano dei veri capolavori.
Avverto subito che in quest'anime ci sono diversi legami con la serie precedente, soprattutto nei riferimenti al fantomatico “Stand Alone complex” del titolo. Esso, fondamentalmente, per come l'ho inteso io, consiste nell’imitazione e nella reinterpretazione personale (o sfruttamento) dell’idea del vero creatore. Il messaggio inviato da Kamiyama è che la società è basata, anche se inconsciamente, su questo complesso: moda, amicizie, amore, sentimenti, interessi e la stessa vita seguono il principio della solitudine umana ancorata alla ripetizione e alla falsa reinvenzione di idee precedentemente perseguite. L’unica via d’uscita alla comunione e all’assorbimento umano dello Stand Alone Complex è la curiosità.
Questa è la prima trasposizione animata che delucida l’ignaro spettatore riguardo alla ormai conclusa III guerra mondiale e al passato della protagonista, il maggiore della sezione 9, Motoko Kusanagi. Le vicende sono incentrate su una ribellione da parte dei profughi situati in Giappone (originatisi a causa dei precedenti conflitti mondiali), ridotti a essere dei “paria” della nazione, intoccabili abbandonati in un’isola ghetto, Dejima. In questa situazione drammatica per il paese vi è l’intromissione del Servizio Informazioni, il quale cerca in tutti i modi di fare scoppiare una guerra civile.
La storia è molto complessa e richiede un’attenzione elevata e costante per non perdere dettagli determinanti.
Dal punto di vista grafico la serie segue la falsa riga del primo Stand Alone Complex - il quale è stato l’anime con il budget per la realizzazione più elevato di sempre -; esso risulta indubbiamente di altissimo livello, anche se in alcuni punti secondo me l’ombra e l’oscurità permeano eccessivamente la scena.
Degne di nota le musiche dell’intramontabile Yoko Kanno, la quale, anche questa volta, non nasconde la sua bravura e il suo “mestiere”. Bellissima l’opening cantata da Origa (cantata in russo e inglese) e intitolata Rise.
Il comparto tecnico risulta di livello altissimo e la trama è buona e intrigante. Il mix è ottimo, però nonostante questo considero i precedenti lavori legati a Ghost in the Shell un gradino più in alto - questi erano dei veri capolavori.
Sono passati due anni da quando la Sezione 9 fu forzatamente sciolta; in quel periodo i membri si sono ritrovati, hanno ricostruito il loro quartier generale e hanno ripreso il loro ruolo di forze speciali esperte di tecnologie informatiche, ma lo fanno senza il consenso ufficiale del governo giapponese.
La sede dell’Ambasciata Cinese viene assaltata da un gruppo di terroristi che si fanno chiamare “Individual Eleven”: prendono molti ostaggi e minacciano di ucciderli se non sarà cambiata la politica di accoglienza verso i profughi di guerra. Sul posto vengono subito inviate le squadre anti-terrorismo, ma non riescono a fare nulla.
Il Primo Ministro Kayabuki (eletta dopo il caso del Laughing Man della scorsa stagione) affida quindi ad Aramaki il compito di risolvere la situazione, promettendogli che ripristinerà la Sezione 9, a patto che nessun ostaggio muoia nell’operazione; tutto fila liscio, così i protagonisti possono ritornare a essere un’unità riconosciuta ufficialmente.
Nel 2nd GIG viene fatta più chiarezza sul mondo futuristico dove avvengono le vicende: ben due guerre mondiali (la terza nucleare e la quarta non nucleare) hanno sconvolto l’assetto internazionale. Il Giappone ha quindi invitato tutti i profughi asiatici a entrare nel paese, offrendo loro lavori che richiedono molta manodopera a basso costo; ma i numerosissimi “ospiti” non hanno diritti, sono delusi dalla vita misera che conducono; l’equilibrio che si è creato tra la loro e lo Stato sta per crollare. Le vicende di tutta la serie ruoteranno intorno a questa delicata situazione, affrontando quindi difficili e profonde tematiche politiche e sociali.
A complicare ulteriormente le cose ci sarà Kazundo Gouda, misterioso capo del servizio di Intelligence, che ficcherà sempre più spesso il naso negli affari della Sezione 9.
Non mancheranno anche questa volta gli episodi con trama a sé stante: quello intitolato Trial mi è particolarmente piaciuto, perché affronta, attraverso un processo in tribunale, lo spinoso e complicato rapporto uomo-macchina, perno centrale dell’universo GITS.
Si saprà qualcosa in più su alcuni membri della Sezione 9 dei quali nulla era stato detto nella prima stagione, e verrà anche fatta luce sul passato del Maggiore.
I simpaticissimi Tachikoma ricopriranno un ruolo fondamentale nello svolgersi delle vicende, e ovviamente non mancheranno di porsi le solite domande esistenziali.
Chi ha apprezzato GITS SAC non può non vedere questa seconda serie, a mio avviso superiore alla prima.
La sede dell’Ambasciata Cinese viene assaltata da un gruppo di terroristi che si fanno chiamare “Individual Eleven”: prendono molti ostaggi e minacciano di ucciderli se non sarà cambiata la politica di accoglienza verso i profughi di guerra. Sul posto vengono subito inviate le squadre anti-terrorismo, ma non riescono a fare nulla.
Il Primo Ministro Kayabuki (eletta dopo il caso del Laughing Man della scorsa stagione) affida quindi ad Aramaki il compito di risolvere la situazione, promettendogli che ripristinerà la Sezione 9, a patto che nessun ostaggio muoia nell’operazione; tutto fila liscio, così i protagonisti possono ritornare a essere un’unità riconosciuta ufficialmente.
Nel 2nd GIG viene fatta più chiarezza sul mondo futuristico dove avvengono le vicende: ben due guerre mondiali (la terza nucleare e la quarta non nucleare) hanno sconvolto l’assetto internazionale. Il Giappone ha quindi invitato tutti i profughi asiatici a entrare nel paese, offrendo loro lavori che richiedono molta manodopera a basso costo; ma i numerosissimi “ospiti” non hanno diritti, sono delusi dalla vita misera che conducono; l’equilibrio che si è creato tra la loro e lo Stato sta per crollare. Le vicende di tutta la serie ruoteranno intorno a questa delicata situazione, affrontando quindi difficili e profonde tematiche politiche e sociali.
A complicare ulteriormente le cose ci sarà Kazundo Gouda, misterioso capo del servizio di Intelligence, che ficcherà sempre più spesso il naso negli affari della Sezione 9.
Non mancheranno anche questa volta gli episodi con trama a sé stante: quello intitolato Trial mi è particolarmente piaciuto, perché affronta, attraverso un processo in tribunale, lo spinoso e complicato rapporto uomo-macchina, perno centrale dell’universo GITS.
Si saprà qualcosa in più su alcuni membri della Sezione 9 dei quali nulla era stato detto nella prima stagione, e verrà anche fatta luce sul passato del Maggiore.
I simpaticissimi Tachikoma ricopriranno un ruolo fondamentale nello svolgersi delle vicende, e ovviamente non mancheranno di porsi le solite domande esistenziali.
Chi ha apprezzato GITS SAC non può non vedere questa seconda serie, a mio avviso superiore alla prima.
Ghost in the Shell: Stand Alone Complex - 2nd GIG è la seconda serie animata, composta da ventisei episodi, dell'omonimo anime che ha sbalordito ed affascinato milioni di utenti.
In questa seconda serie viene privilegiata la parte comprendente azione e politica, essi si trovano ad intrecciarsi in decine e decine di maglie sempre più fitte e complesse.
Tali maglie tal volta risultano però essere soffocanti, in quanto le problematiche economico-politiche-sociali iniziano a diventare talmente importanti e sottili da estraniare un'utente con una cultura media.
Praticamente l'anime, penso, tenti di elevarsi ulteriormente implementando in se citazioni e moventi sempre più impliciti e particolarmente nascosti fra le righe di dialoghi, scene e situazioni.
La trama infatti narra di un gruppo di ribelli chiamati "Undici individuali" , che in segno di protesta e sabotaggio compiono spesso azioni terroristiche apparentemente senza senso.
Essi risulteranno non essere altro che uno specchio per le allodole in cui si è insediato Hideo Kuze un influente rivoluzionario.
La finalità di Kuze è quella di rendere indipendente o meglio inglobare l'isola di Dejima dove si sono stabiliti da tempo tutti i profughi scaturiti dalle due guerre mondiali.
Essi rivendicano il diritto di essere riconosciuti ufficialmente dal Giappone come cittadini normali.
Sotto la minaccia di un'insurrezione si viene delineando un curioso retroscena legato a vicende internazionali.
A tirare le file di tutta la vicenda è in realtà il capo del servizio informazioni giapponese, che in accordo con gli Stati Uniti mira ad una militarizzazione del proprio paese al fine di prenderne il potere.
Oltre a tutto ciò verranno delineati, col passare delle puntate, interessanti rapporti fra il maggiore Motoko Kusanagi e il ribelle Kuze, che affondano le proprie radici nel lontano passato dei due.
Come già detto in precedenza, la seconda serie di Ghost in the Shell si differenzia dalla prima in fatto di tematiche, non in senso di argomentazioni, ma in fatto di quantità e qualità espressive.
Infatti nella seconda serie viene data maggior importanza e rilevanza alla struttura narrativa piuttosto che alle riflessioni e alle denunce socio-psicologiche derivanti dalla meccanizzazione del mondo e dalla nascita di androidi sempre pi alienanti.
Dal punto di vista tecnico l'anime è comunque realizzato in modo ineccepibile, sia la colonna sonora, che il doppiaggio sono di buonissimo livello (anche se sempre inferiori al suo predecessore).
Graficamente invece è denotabile un lieve miglioramento, che riesce nel compito di spettacolarizzare molte scene clou.
In definitiva Ghost in the Shell: Stand Alone Complex - 2nd GIG risulta essere un ottimo titolo, che però non riesce ad eguagliare lo splendore del suo antenato.
Si ci trova dinanzi ad un figlio che, anche se con buoni risultati, cerca di imitare il padre senza però riuscire ad eguagliarlo.
Questa è l'eccezione che conferma la regola che dice "l'allevo supera il maestro".
In questa seconda serie viene privilegiata la parte comprendente azione e politica, essi si trovano ad intrecciarsi in decine e decine di maglie sempre più fitte e complesse.
Tali maglie tal volta risultano però essere soffocanti, in quanto le problematiche economico-politiche-sociali iniziano a diventare talmente importanti e sottili da estraniare un'utente con una cultura media.
Praticamente l'anime, penso, tenti di elevarsi ulteriormente implementando in se citazioni e moventi sempre più impliciti e particolarmente nascosti fra le righe di dialoghi, scene e situazioni.
La trama infatti narra di un gruppo di ribelli chiamati "Undici individuali" , che in segno di protesta e sabotaggio compiono spesso azioni terroristiche apparentemente senza senso.
Essi risulteranno non essere altro che uno specchio per le allodole in cui si è insediato Hideo Kuze un influente rivoluzionario.
La finalità di Kuze è quella di rendere indipendente o meglio inglobare l'isola di Dejima dove si sono stabiliti da tempo tutti i profughi scaturiti dalle due guerre mondiali.
Essi rivendicano il diritto di essere riconosciuti ufficialmente dal Giappone come cittadini normali.
Sotto la minaccia di un'insurrezione si viene delineando un curioso retroscena legato a vicende internazionali.
A tirare le file di tutta la vicenda è in realtà il capo del servizio informazioni giapponese, che in accordo con gli Stati Uniti mira ad una militarizzazione del proprio paese al fine di prenderne il potere.
Oltre a tutto ciò verranno delineati, col passare delle puntate, interessanti rapporti fra il maggiore Motoko Kusanagi e il ribelle Kuze, che affondano le proprie radici nel lontano passato dei due.
Come già detto in precedenza, la seconda serie di Ghost in the Shell si differenzia dalla prima in fatto di tematiche, non in senso di argomentazioni, ma in fatto di quantità e qualità espressive.
Infatti nella seconda serie viene data maggior importanza e rilevanza alla struttura narrativa piuttosto che alle riflessioni e alle denunce socio-psicologiche derivanti dalla meccanizzazione del mondo e dalla nascita di androidi sempre pi alienanti.
Dal punto di vista tecnico l'anime è comunque realizzato in modo ineccepibile, sia la colonna sonora, che il doppiaggio sono di buonissimo livello (anche se sempre inferiori al suo predecessore).
Graficamente invece è denotabile un lieve miglioramento, che riesce nel compito di spettacolarizzare molte scene clou.
In definitiva Ghost in the Shell: Stand Alone Complex - 2nd GIG risulta essere un ottimo titolo, che però non riesce ad eguagliare lo splendore del suo antenato.
Si ci trova dinanzi ad un figlio che, anche se con buoni risultati, cerca di imitare il padre senza però riuscire ad eguagliarlo.
Questa è l'eccezione che conferma la regola che dice "l'allevo supera il maestro".
Potrei scrivere pagine infinite sui meravigliosi disegni, sulle animazioni eccezionali, sui colori e le luci superbi, sui fondali e le ambientazioni da togliere il fiato. Potrei sommare righe su righe sull'azzeccatissima regia , sulla sceneggiatura sbalorditiva, sulla profondità agghiacciante dei personaggi, sulla colonna sonora/portante da incanto di Yoko Kanno (sempre sia lodata!). Potrei scrivere su tanto altro ancora, potrei tirarne fuori un'enciclopedia per gli Stand Alone Complex (d'altronde visto che c'è già quella per gli Eva-ngelisti, ce la meriteremmo pure noi), potrei e ne sarei tentato e mi piacerebbe davvero farlo, ma non lo farò. Chiunque può accorgersi da solo quanto sia accecante lo scintillare della conchiglia. Ma dentro questa, brilla una luce più profonda, una luce più segreta, una luce che è emanazione di un Ghost, un Ghost che è una storia d'amore infranta. Una storia d'amore infranta tra due bambini, una storia d'amore infranta tra un uomo e una donna, una storia d'amore infranta tra un Maggiore e il suo ufficiale, tra l'anima delle IA e la vita, tra lo stato e la nazione, tra la rivoluzione e il sogno, una storia d'amore infranta tra l'utopia e la realtà. Storia d'amore infranta potente, toccante, struggente, che fa riflettere, che mozza il respiro, ma che soprattutto emoziona in un modo senza eguali, che pochi altri hanno avvicinato nell'animazione e non soltanto.
Un 2nd GIG che è solo infinito.
Sezione 9 - curiosità
Per la serie "Quale personaggio avreste voluto interpretare?":
Il 96% del pubblico maschile ha votato lo spacciatore ragazzino scemo dell'episodio 17 che dorme con Motoko (altro che "passo"!!!).
Un 2nd GIG che è solo infinito.
Sezione 9 - curiosità
Per la serie "Quale personaggio avreste voluto interpretare?":
Il 96% del pubblico maschile ha votato lo spacciatore ragazzino scemo dell'episodio 17 che dorme con Motoko (altro che "passo"!!!).
Se avete visto la prima dovete guardare la seconda, qui tanti dubbi che si sono creati con la prima serie troveranno una risposta.
Ora la storia si fà man mano più chiara, diciamo che l'autore con la prima serie ha buttato le fondamenta e ora con la seconda da libero sfogo. Intrigante, appassionante e da brivido quando vi accorgerete che anche le macchine hanno un'anima e che, chi sembrava così freddo e cinico alla fine si rivela tutto il contrario...
Ora la storia si fà man mano più chiara, diciamo che l'autore con la prima serie ha buttato le fondamenta e ora con la seconda da libero sfogo. Intrigante, appassionante e da brivido quando vi accorgerete che anche le macchine hanno un'anima e che, chi sembrava così freddo e cinico alla fine si rivela tutto il contrario...
Una serie che merita sicuramente il voto pieno. Un lavoro di qualità sia per quanto riguarda l'aspetto tecnico (colonna sonora, Cg, animazione, disegni) sia per la trama. E' la storia di giochi di potere e di lotte interne al governo. La storia della Sezione 9 obbligata a superare diversi ostacoli per aiutare il proprio paese. E' la storia di 9 Tachikoma e del loro cammino verso la conquista di un ghost. Ottima storia, con un finale drammatico e intenso.
Non è semplice esprimere pareri su un anime come Ghost in the shell in quanto l'elemento soggettivo ha un ruolo notevole sulla percezione che il mondo di Kidoutai dà allo spettatore.
Il motivo di questa partecipazione a mio parere risiede nel fatto che la visione dell'autore può considerarsi come una proiezione verso il futuro del nostro tempo.
E' chiaro quindi che se da una parte alcuni possono rimanere indifferenti e vederlo solo come l'avventura di un gruppo scelto che combatte terribili minacce cybernetiche altri possono scorgere un significato molto più profondo.
In un futuro dove non è più possibile scindere la componente umana da quella robotica,dove la biogenetica ha preso il posto della meccanica e dove l'etica dell'unicità di ogni individuo appartiene al passato l' ''anima'' nella sua accezione più Platonica pare trasparire anche da corpi robotici e pure dalla stessa rete.
L'idea che traspare è che il binomio anima/corpo si identifichi con il binomio software/hardware.
Allora appare questo ciò che GiTS vuole trasmettere?
In realtà l'autore va oltre.
L'idea dello Stand Alone (per intenderci l'idea di copie dell'originale che del loro modello conservano solo una forma e uno fine simile) porta con se una forte carica di individualismo e di autonomia.
Durante la storia a ben vedersi questo fenomeno metterà più volte in difficoltà la sezione nove e in particolare il Maggiore ovvero il personaggio più convinto della sottile linea di demarcazione che distingue l’anima e il software.
Una serie senza dubbio interessante.
Il motivo di questa partecipazione a mio parere risiede nel fatto che la visione dell'autore può considerarsi come una proiezione verso il futuro del nostro tempo.
E' chiaro quindi che se da una parte alcuni possono rimanere indifferenti e vederlo solo come l'avventura di un gruppo scelto che combatte terribili minacce cybernetiche altri possono scorgere un significato molto più profondo.
In un futuro dove non è più possibile scindere la componente umana da quella robotica,dove la biogenetica ha preso il posto della meccanica e dove l'etica dell'unicità di ogni individuo appartiene al passato l' ''anima'' nella sua accezione più Platonica pare trasparire anche da corpi robotici e pure dalla stessa rete.
L'idea che traspare è che il binomio anima/corpo si identifichi con il binomio software/hardware.
Allora appare questo ciò che GiTS vuole trasmettere?
In realtà l'autore va oltre.
L'idea dello Stand Alone (per intenderci l'idea di copie dell'originale che del loro modello conservano solo una forma e uno fine simile) porta con se una forte carica di individualismo e di autonomia.
Durante la storia a ben vedersi questo fenomeno metterà più volte in difficoltà la sezione nove e in particolare il Maggiore ovvero il personaggio più convinto della sottile linea di demarcazione che distingue l’anima e il software.
Una serie senza dubbio interessante.
L influenza di Oshii si sente. Anche solo come coideatore le sue trovate sono semplicemente geniali. Credo sia il caso di parlare di unico progetto che comprende (cronologicamente): I due film, la prima e la seconda serie, e lo speciale Solid State. Si e' fatta un po' confusione nelle date, ma si sa'... la perfezione non e' di questo mondo. Invidio i Nippo che i ritrovano in Tv simili capolavori.
La Sezione 9 di Pubblica Sicurezza torna in scena con una nuova serie di 26 episodi. Come per la prima serie, alcuni episodi porteranno avanti la trama principale (Complex Episodes) mentre altri saranno completamente indipendenti (Stand Alone Episodes).
Lo standard grafico è lo stesso se non migliore, di quella della prima serie con ambienti e mecha reallizzati alla perfezione grazie al contributo della già sperimentata tecnica del cel-shading che permette di ottenere sui modelli 3D delle sfumature e delle ombre che simulano la classica resa cromatica dei cartoni animati.
Per quanto riguarda le musiche, sono ancora una volta a cura di Yoko Kanno (Cowboy Bebop, Wolf's Rain). La colonna sonora presenta oltre alla sigla iniziale in russo e inglese cantata da Origa e alla sigla finale in inglese cantata da Steve Conte, anche due canzoni in italiano cantate da Ilaria Graziano.
Da gennaio 2004 la serie è stata trasmessa in Giappone su Sky Perfect Tv (pay per view giapponese) al ritmo di due episodi al mese.
Lo standard grafico è lo stesso se non migliore, di quella della prima serie con ambienti e mecha reallizzati alla perfezione grazie al contributo della già sperimentata tecnica del cel-shading che permette di ottenere sui modelli 3D delle sfumature e delle ombre che simulano la classica resa cromatica dei cartoni animati.
Per quanto riguarda le musiche, sono ancora una volta a cura di Yoko Kanno (Cowboy Bebop, Wolf's Rain). La colonna sonora presenta oltre alla sigla iniziale in russo e inglese cantata da Origa e alla sigla finale in inglese cantata da Steve Conte, anche due canzoni in italiano cantate da Ilaria Graziano.
Da gennaio 2004 la serie è stata trasmessa in Giappone su Sky Perfect Tv (pay per view giapponese) al ritmo di due episodi al mese.