Vinland Saga Season 2
"Vinland Saga" è l'apoteosi dell'evoluzione.
L'evoluzione della storia, che è passata dall'essere un tripudio di guerre, uccisioni, vendette e sangue, a una rappresentazione della profondità dell'animo umano, che, se anche è il più buio e ferito, può rinascere.
L'evoluzione dei personaggi: Thorfinn, da bestia assetata di sangue e vendetta è diventato una versione vichinga di Gandhi, capace di perdonare e rinunciare alla violenza anche quando sembra non si possa fare altrimenti. Canute, che da principe ritirato nel suo guscio di paure e incertezze si è trasformato dapprima in un sovrano spietato, disposto a qualsiasi cosa pur di realizzare la sua utopia, poi in un re magnanimo che non ricorre più solo alla forza per raggiungere i suoi obbiettivi, ma anche al rispetto e la fiducia dei suoi sudditi. Olmar, che avrei giurato gli animatori uccidessero per appagare l'antipatia dello spettatore, eppure è riuscito ad accettare la sua natura diversa dal fratello e a fare uso delle proprie capacità. Ma ci sono anche cambiamenti in peggio, come Ketil, che da padrone gentile e generoso si è evoluto in un assassino accecato dalla rabbia e i rimorsi.
Insomma, la prima stagione sembrava aver raggiunto il suo apice, invece sono riusciti a superarsi.
Complimenti a Mappa per il capolavoro che hanno creato.
L'evoluzione della storia, che è passata dall'essere un tripudio di guerre, uccisioni, vendette e sangue, a una rappresentazione della profondità dell'animo umano, che, se anche è il più buio e ferito, può rinascere.
L'evoluzione dei personaggi: Thorfinn, da bestia assetata di sangue e vendetta è diventato una versione vichinga di Gandhi, capace di perdonare e rinunciare alla violenza anche quando sembra non si possa fare altrimenti. Canute, che da principe ritirato nel suo guscio di paure e incertezze si è trasformato dapprima in un sovrano spietato, disposto a qualsiasi cosa pur di realizzare la sua utopia, poi in un re magnanimo che non ricorre più solo alla forza per raggiungere i suoi obbiettivi, ma anche al rispetto e la fiducia dei suoi sudditi. Olmar, che avrei giurato gli animatori uccidessero per appagare l'antipatia dello spettatore, eppure è riuscito ad accettare la sua natura diversa dal fratello e a fare uso delle proprie capacità. Ma ci sono anche cambiamenti in peggio, come Ketil, che da padrone gentile e generoso si è evoluto in un assassino accecato dalla rabbia e i rimorsi.
Insomma, la prima stagione sembrava aver raggiunto il suo apice, invece sono riusciti a superarsi.
Complimenti a Mappa per il capolavoro che hanno creato.
Il mio rapporto con “Vinland Saga” inizia nel marzo 2021, quando le parole pandemia e coronavirus non erano ancora un lontano ricordo. Da poco mi ero avvicinato al vastissimo mondo dell’animazione giapponese e, essendo un ignorante in materia, seguivo le live streaming su Twitch o i video su YouTube di alcuni streamer italiani molto famosi. Tra i vari, il buon vecchio Dario Moccia, che, all’epoca, tra le tante opere da lui lette, consigliava al suo pubblico questo manga sui Vichinghi, intitolato “Vinland Saga”. Figurarsi, per uno come me, con la passione per la cultura norrena, quelle parole suonarono così allettanti alle mie orecchie, che subito mi misi alla ricerca. All’epoca, non ero un grande lettore di manga, in realtà non lo sono tuttora, e alla lettura preferivo, allora come oggi, la visione. Venni, quindi, a conoscenza della versione animata di “Vinland Saga”, che adattava il primo arco narrativo del manga. Iniziai così la visione, carico di aspettative, che non vennero affatto deluse. Rimasi sbalordito da quello che avevo appena visto, “Vinland Saga” era stato una rivelazione clamorosa e le emozioni furono talmente tante, che decisi di scriverci una recensione, la prima pubblicata qui sul sito. A quel punto, mi fiondai sul manga, con cui mi misi in pari nell’arco di poche settimane. Da allora sono passati più di due anni e ancora oggi aspetto che quest’opera, entrata ormai nel suo ultimo arco narrativo, giunga alla sua conclusione. Inutile puntualizzare, dunque, che conoscevo già il contenuto di questa seconda stagione, eppure non pensavo che “Vinland Saga” sarebbe riuscito ad emozionarmi come, se non più, della prima volta, rivelando la sua caratura da capolavoro senza tempo dell’animazione giapponese.
Al termine delle vicende della prima stagione, dopo aver sfregiato il futuro Re Canuto, Thorfinn è finito in schiavitù e ha perso ogni desiderio di vivere. Proprio nella fattoria dove lavora, al servizio di Ketil Pugno di Ferro, Thorfinn fa la conoscenza di Einar, un giovane inglese anche lui schiavo, ma desideroso di vivere. L’incontro con lui e la bella Arnheid, oggetto della passione di Einar, cambiano per sempre la vita di Thorfinn, che, ridotto in schiavitù, si troverà a riflettere sul proprio passato e, ancor più importante, sul proprio futuro, che per lui potrebbe avere ancora in serbo qualche sorpresa.
La differenza con la prima stagione, in cui si lasciava spazio quasi solo ed esclusivamente ai combattimenti, di pregevole fattura, è notevole. A mio modesto parere, infatti, questa seconda stagione adatta il miglior arco narrativo dell’intera opera originale, non ancora conclusasi. Lo Slave Arc coincide con un’impennata clamorosa della storia, che da questo momento in poi spicca il volo, intenzionata a non perdere assolutamente quota. Soltanto al termine di queste ventiquattro puntate vi renderete conto che “Vinland Saga” è un seinen di quelli seri, con la ‘s’ maiuscola, che tratta temi di una certa importanza. Su tutti, il tema del cambiamento, che si intreccia a quello del pentimento. Nel corso di tutta la prima stagione, dopo la perdita del padre e la scelta di unirsi ai seguaci di Askeladd, Thorfinn si è macchiato di crimini orribili, senza che la questione gli pesasse minimamente. In un mondo come quello medievale, in cui tutto è concesso, quando appartieni alla casta dei guerrieri, non è necessario riflettere sul peso delle proprie azioni, talvolta efferate, commesse ai danni dei meno fortunati. Quando la ruota della fortuna, però, inverte drasticamente il proprio giro e ti ritrovi sull'altra sponda del fiume, cambia anche la tua visione del mondo. La schiavitù è al tempo stesso un peso, ma anche una liberazione per Thorfinn, che si è visto privato di uno dei diritti inalienabili dell’uomo, la libertà, ma ha finalmente compreso come dev’essersi sentita tutta quella gente contro cui, negli anni addietro, ha puntato i suoi pugnali. Da questa presa di coscienza, inizia il percorso di cambiamento e redenzione del nostro protagonista, il cui primo passo è proprio il pentimento. Thorfinn si sente perseguitato dagli uomini, donne e bambini che ha ucciso in passato. Il peso che porta è gravosissimo e non gli dà tregua neanche in sonno. La metafora del precipizio, mostrata all’episodio otto, è quella che meglio gli si addice e, dopo la caduta, come ci insegnano le grandi storie del passato, si può solamente risalire. Per dirla nei termini del vecchio padrone: “Se sei vuoto, hai spazio per metterci dentro di tutto”. Qui inizia la nuova vita di Thorfinn, che ripudia quella del guerriero, per intraprendere la strada verso la libertà. In questo percorso, però, non sarà solo, perché al suo fianco avrà la prima persona che possa definire veramente suo amico, Einar. La sua presenza è fondamentale, per svegliare Thorfinn dal suo torpore e riportarlo sulla retta via. In quanto coprotagonista, gli viene dedicato il giusto spazio e l’approfondimento che un personaggio del suo calibro si merita. Conosciuta la sua storia, non potrete non affezionarvi ad Einar, quest’uomo dal cuore puro, pronto a lottare per le persone che ama, tra cui la bella Arnheid. Su di lei si potrebbe dire tanto, entrando per forza di cose in zona allerta spoiler, ma preferisco conservare le parole per recensioni future, quando alcuni eventi, uno in particolare, darà la possibilità di approfondire un personaggio tanto importante e decisivo per il corso della storia.
A conti fatti, i primi episodi rappresentano un punto di svolta epocale nella serie, e l’atmosfera cupa che trasuda da ognuno di essi rende chiara la portata del cambiamento a cui il protagonista sta per andare incontro. Il carico emotivo è notevole e, dove alcuni hanno visto lentezza, io ho trovato quel tatto necessario a trattare certi temi, che solo un seinen ti può dare. Ciò che avviene nella prima parte di questa stagione fa da trampolino di lancio per le successive, in cui Thorfinn si troverà ad inseguire il suo nuovo sogno, quello che rivela nelle ultime puntate, che ci traghettano verso un finale dolceamaro, ma tutto sommato speranzoso.
Ottimo il comparto musicale; personalmente ho preferito la prima opening alla seconda. Alle animazioni lo Studio MAPPA non sbaglia un colpo. Impeccabile il modo in cui hanno mostrato i dettagli delle mani martoriate degli schiavi e animato i pochi scontri presenti in questa seconda stagione. Discutibile la scelta, spesso e volentieri, di omettere gli occhi, nel disegnare i personaggi.
Insomma, se volete un seinen degno di questo nome, “Vinland Saga” è la serie che fa per voi.
Al termine delle vicende della prima stagione, dopo aver sfregiato il futuro Re Canuto, Thorfinn è finito in schiavitù e ha perso ogni desiderio di vivere. Proprio nella fattoria dove lavora, al servizio di Ketil Pugno di Ferro, Thorfinn fa la conoscenza di Einar, un giovane inglese anche lui schiavo, ma desideroso di vivere. L’incontro con lui e la bella Arnheid, oggetto della passione di Einar, cambiano per sempre la vita di Thorfinn, che, ridotto in schiavitù, si troverà a riflettere sul proprio passato e, ancor più importante, sul proprio futuro, che per lui potrebbe avere ancora in serbo qualche sorpresa.
La differenza con la prima stagione, in cui si lasciava spazio quasi solo ed esclusivamente ai combattimenti, di pregevole fattura, è notevole. A mio modesto parere, infatti, questa seconda stagione adatta il miglior arco narrativo dell’intera opera originale, non ancora conclusasi. Lo Slave Arc coincide con un’impennata clamorosa della storia, che da questo momento in poi spicca il volo, intenzionata a non perdere assolutamente quota. Soltanto al termine di queste ventiquattro puntate vi renderete conto che “Vinland Saga” è un seinen di quelli seri, con la ‘s’ maiuscola, che tratta temi di una certa importanza. Su tutti, il tema del cambiamento, che si intreccia a quello del pentimento. Nel corso di tutta la prima stagione, dopo la perdita del padre e la scelta di unirsi ai seguaci di Askeladd, Thorfinn si è macchiato di crimini orribili, senza che la questione gli pesasse minimamente. In un mondo come quello medievale, in cui tutto è concesso, quando appartieni alla casta dei guerrieri, non è necessario riflettere sul peso delle proprie azioni, talvolta efferate, commesse ai danni dei meno fortunati. Quando la ruota della fortuna, però, inverte drasticamente il proprio giro e ti ritrovi sull'altra sponda del fiume, cambia anche la tua visione del mondo. La schiavitù è al tempo stesso un peso, ma anche una liberazione per Thorfinn, che si è visto privato di uno dei diritti inalienabili dell’uomo, la libertà, ma ha finalmente compreso come dev’essersi sentita tutta quella gente contro cui, negli anni addietro, ha puntato i suoi pugnali. Da questa presa di coscienza, inizia il percorso di cambiamento e redenzione del nostro protagonista, il cui primo passo è proprio il pentimento. Thorfinn si sente perseguitato dagli uomini, donne e bambini che ha ucciso in passato. Il peso che porta è gravosissimo e non gli dà tregua neanche in sonno. La metafora del precipizio, mostrata all’episodio otto, è quella che meglio gli si addice e, dopo la caduta, come ci insegnano le grandi storie del passato, si può solamente risalire. Per dirla nei termini del vecchio padrone: “Se sei vuoto, hai spazio per metterci dentro di tutto”. Qui inizia la nuova vita di Thorfinn, che ripudia quella del guerriero, per intraprendere la strada verso la libertà. In questo percorso, però, non sarà solo, perché al suo fianco avrà la prima persona che possa definire veramente suo amico, Einar. La sua presenza è fondamentale, per svegliare Thorfinn dal suo torpore e riportarlo sulla retta via. In quanto coprotagonista, gli viene dedicato il giusto spazio e l’approfondimento che un personaggio del suo calibro si merita. Conosciuta la sua storia, non potrete non affezionarvi ad Einar, quest’uomo dal cuore puro, pronto a lottare per le persone che ama, tra cui la bella Arnheid. Su di lei si potrebbe dire tanto, entrando per forza di cose in zona allerta spoiler, ma preferisco conservare le parole per recensioni future, quando alcuni eventi, uno in particolare, darà la possibilità di approfondire un personaggio tanto importante e decisivo per il corso della storia.
A conti fatti, i primi episodi rappresentano un punto di svolta epocale nella serie, e l’atmosfera cupa che trasuda da ognuno di essi rende chiara la portata del cambiamento a cui il protagonista sta per andare incontro. Il carico emotivo è notevole e, dove alcuni hanno visto lentezza, io ho trovato quel tatto necessario a trattare certi temi, che solo un seinen ti può dare. Ciò che avviene nella prima parte di questa stagione fa da trampolino di lancio per le successive, in cui Thorfinn si troverà ad inseguire il suo nuovo sogno, quello che rivela nelle ultime puntate, che ci traghettano verso un finale dolceamaro, ma tutto sommato speranzoso.
Ottimo il comparto musicale; personalmente ho preferito la prima opening alla seconda. Alle animazioni lo Studio MAPPA non sbaglia un colpo. Impeccabile il modo in cui hanno mostrato i dettagli delle mani martoriate degli schiavi e animato i pochi scontri presenti in questa seconda stagione. Discutibile la scelta, spesso e volentieri, di omettere gli occhi, nel disegnare i personaggi.
Insomma, se volete un seinen degno di questo nome, “Vinland Saga” è la serie che fa per voi.
Non è mai troppo tardi per cambiare la tua vita.
Anche se, d'un tratto, ti viene strappato il motivo per cui hai vissuto fino ad ora, anche se ti ritrovi ai margini della scala sociale e il fuoco impetuoso che incendiava il tuo cuore e i tuoi pugnali sembra affievolirsi. Ma quel fuoco non si spegne mai veramente.
Lo capisce Thorfinn, finalmente al centro della narrazione, che, smessi i panni del guerriero, impara ad apprezzare il valore del lavoro duro e di una vita dedita al prossimo, capendo l'importanza della cooperazione e dell'abnegazione, e che, grazie all'anziano Sverkel e all'amico fraterno Einar, trova una nuova ragione di vita, plasmando il fuoco interiore che bruciava tutto ciò che toccava (incluso il suo animo) in una fiamma gentile, non più fonte di morte e distruzione, eppur più calorosa e più brillante che mai.
Anche Canuto, sempre più machiavellico e sfaccettato nella sua ascesa al potere, acquisisce un nuovo spessore, confrontandosi con la pesante eredità lasciata dal suo predecessore sul trono e compiendo scelte difficili per realizzare il suo progetto di conquista.
Ma il cambiamento non è né facile né repentino e, nel tratteggiare il tumulto interiore dei personaggi, Yukimura si dimostra vero e proprio maestro, prendendosi il tempo necessario per modellare i suoi personaggi nella maniera più credibile possibile.
Inutile spendere ulteriori parole sulla trama di quella che è (giustamente, oserei dire) una delle opere più celebrate e apprezzate degli ultimi anni, fonte inesauribile di spunti di riflessione e di insegnamenti importanti, sempre veicolati in modo intelligente e senza mai scadere nella retorica da due soldi.
Mi limito solo a fare un plauso a Mappa per aver trasposto in maniera convincente una delle mie saghe preferite di sempre, rispettando il cambio di ritmo impresso alla narrazione da Yukimura in questa seconda saga e nel resto dell'opera, e rappresentando con grande perizia e scelte registiche particolarmente azzeccate alcuni dei suoi momenti più iconici.
Non do il massimo, solo perché la qualità tecnica in alcuni frangenti meno rilevanti a livello di trama risulta inevitabilmente minore, ma, sorvolando su questi piccoli difetti, ci troviamo di fronte a quello che, secondo me, sarà l'anime dell'anno.
Anche se, d'un tratto, ti viene strappato il motivo per cui hai vissuto fino ad ora, anche se ti ritrovi ai margini della scala sociale e il fuoco impetuoso che incendiava il tuo cuore e i tuoi pugnali sembra affievolirsi. Ma quel fuoco non si spegne mai veramente.
Lo capisce Thorfinn, finalmente al centro della narrazione, che, smessi i panni del guerriero, impara ad apprezzare il valore del lavoro duro e di una vita dedita al prossimo, capendo l'importanza della cooperazione e dell'abnegazione, e che, grazie all'anziano Sverkel e all'amico fraterno Einar, trova una nuova ragione di vita, plasmando il fuoco interiore che bruciava tutto ciò che toccava (incluso il suo animo) in una fiamma gentile, non più fonte di morte e distruzione, eppur più calorosa e più brillante che mai.
Anche Canuto, sempre più machiavellico e sfaccettato nella sua ascesa al potere, acquisisce un nuovo spessore, confrontandosi con la pesante eredità lasciata dal suo predecessore sul trono e compiendo scelte difficili per realizzare il suo progetto di conquista.
Ma il cambiamento non è né facile né repentino e, nel tratteggiare il tumulto interiore dei personaggi, Yukimura si dimostra vero e proprio maestro, prendendosi il tempo necessario per modellare i suoi personaggi nella maniera più credibile possibile.
Inutile spendere ulteriori parole sulla trama di quella che è (giustamente, oserei dire) una delle opere più celebrate e apprezzate degli ultimi anni, fonte inesauribile di spunti di riflessione e di insegnamenti importanti, sempre veicolati in modo intelligente e senza mai scadere nella retorica da due soldi.
Mi limito solo a fare un plauso a Mappa per aver trasposto in maniera convincente una delle mie saghe preferite di sempre, rispettando il cambio di ritmo impresso alla narrazione da Yukimura in questa seconda saga e nel resto dell'opera, e rappresentando con grande perizia e scelte registiche particolarmente azzeccate alcuni dei suoi momenti più iconici.
Non do il massimo, solo perché la qualità tecnica in alcuni frangenti meno rilevanti a livello di trama risulta inevitabilmente minore, ma, sorvolando su questi piccoli difetti, ci troviamo di fronte a quello che, secondo me, sarà l'anime dell'anno.