Mononoke - Il film: lo spirito nella pioggia
L'ultima volta che i Mononoke avevano manifestato il loro devastante potere sugli schermi era il lontano 2007.
E dopo ben 17 anni, la loro minaccia continua ad imperversare, e Netflix ha deciso di farcela provare distribuendo internazionalmente il nuovo capitolo di uno dei più singolari e ambiziosi prodotti del panorama animato nipponico, che torna a far parlare di sé per la prima volta in forma di lungometraggio.
L'opera a cui fa da proseguimento (anch'essa resa disponibile su Netflix Italia) è semplicemente, e assolutamente unica, un universo pregno di numerosi elementi distinti che però lo sorreggono in modo così finemente organico che il voler allargare un risultato già magistrale in formato cinematografico (poiché il film in Giappone è approdato direttamente in sala) non può non porre in egual misura interesse e dubbio.
Avendola recuperata pochi giorni prima del film, mi sono approcciato a quest'ultimo senza elevare troppo le mie aspettative, ma comunque ben predisposto e fiducioso ... e ora posso dire con buona ragione.
Mononoke: Lo Spirito nella Pioggia è un grande ritorno nell'universo narrativo ove gli spiriti maledetti sfruttano i più negativi dei sentimenti per mettere ancor più a soqquadro un mondo già caotico di suo.
Ancora una volta sono gli umani in preda alle massime ambizioni, o al dolore più intollerabile, a scatenare il tormento soprannaturale che non lascia scampo, manifestandolo stavolta nella più grande casa di piacere, l'Õoku, dove fervono i preparativi per un'importantissima celebrazione. In quest'occasione arrivano anche due nuove aspiranti lavoratrici, Asa e Kame, del tutto diverse, ma egualmente vogliose di ottenere il successo per soddisfare le loro aspirazioni, pur incontrando subito i più opprimenti ostacoli a causa della rigida e misteriosa condotta del luogo e delle sue direttrici, con contatti perfino nei vertici politici.
Questo attirerà l'interesse anche dello Speziale, puntualmente in attesa del nuovo, pericoloso Mononoke da eliminare...
Chi già ha familiarità con le imprese dell'innominato cacciatore di spettri, non si stupirà nel vederlo alle prese, prima di tutto, con un intricato giallo che affonda nei più contorti desideri e legami che da quest'immenso microcosmo coprono un'intera società, contrastati dalle vere protagoniste Kame e Asa, che riescono con la loro semplice ma forte caratterizzazione ad esprimere l'essenza più frivola e immatura contrapposta a quella più diligente e preparata. Le due, motivate dalla stessa carica che le terrà unite e distanti al tempo stesso, nonché più propense a cadere nell'oblio, rivelandosi così anche due complementari ritratti della figura femminile e del mondo in cui provano a farsi strada sotto il giogo di autorità di ogni tipo devote a mantenere il potere nella struttura imponendo l'annichilimento totale, soprattutto quello più intimo, rivelando così sofferenze rilevanti tanto nelle ere passate, ma anche attuali.
E per esprimere il contorto alone di desolazione vi è l'altro tocco che realmente cattura l'occhio di chiunque lo posi su un'immagine di Mononoke: quello che c'immerge in illustrazioni tradizionali viventi, quasi alla Hokusai, coi precisissimi dettagli soprattutto sulle stanze, la natura e i vestiti, segnati dai più vividi colori che però non rischiarano né alleggeriscono l'atmosfera, ma anzi ampliano il disorientamento e caos che a poco a poco prende il sopravvento, un vero incubo che mescola tutto senza controllo. Aggiungiamo a ciò l'altrettanto singolare animazione che appare altrettanto dettagliata ma anche statica, giocando sulle proporzioni e le angolazioni per riprendere dichiaratamente la messinscena teatrale Kabuki.
Dopo 17 anni, tutti questi elementi sono stati ovviamente portati al livello maggiore, complice anche l'ausilio per niente invasivo o mal assortito della CGI, accecandoci in modo assolutamente variopinto tanto coi colori quanto con la grandezza della trama, ma il regista Kenji Nakamura riesce nuovamente a destreggiarsi mantenendo il tutto coerente e soprattutto fluido dall'inizio alla fine.
Ma è proprio questa fluidità la vera arma a doppio taglio del film: da un lato, non rende la narrazione confusa né pesante, ma si ripercuote sull'animazione togliendole la staticità che enunciava la natura da dipinto/illustrazione vivente, e di contro l'approccio più teatrale, per abbracciare un ritmo e un'immersione pienamente cinematografici; ciò non è necessariamente un difetto, ma personalmente ritengo che questo cambio non solo tolga un marchio essenziale del prodotto, ma rischi in determinati punti di accelerare troppo, oltre a rendere alcune delle scene più dinamiche troppo confusionarie.
Riguardo i personaggi, essi svolgono tutti al meglio il loro ruolo, riuscendo ad essere caratterizzati anche con poco, godendo soprattutto di un'eccellente animazione delle espressioni facciali, valorizzate ulteriormente da un doppiaggio originale davvero fantastico, soprattutto le due protagoniste.
E da qui spendo le dovute parole sull'effettivo volto del franchise: lo Speziale si ripresenta ancora meticoloso e pronto a tutto per fronteggiare lo spettro di turno, ma con qualcosina in più che mi ha sinceramente sorpreso in parte, ma andare troppo nel dettaglio mi porterebbe a spoiler enormi: dico solo che il parziale restyling del suo già iconico look e di alcune sue abilità, insieme alla voce di Hiroshi Kamiya che va a sostituire lo storico Takahiro Sakurai, offrono un approccio un filo più "espansivo" al misterioso commerciante che inizia a mostrare qualcosina in più che culminerà in una sua reazione nell'ultimissima inquadratura che nella sua apparente semplicità mi ha portato a pormi più domande interessanti di quanto non sembri per tutto quel che ci aspetta in futuro...
E questo è l'ultimo punto su cui mi soffermerei: rassicuro subito sul fatto che questo film ha una sua chiusura, ma al tempo stesso apre a due ulteriori capitoli, il 2° dei quali è già pronto ad uscire l'anno prossimo, il che risulta però in una leggera sensazione di incompletezza che m'impedisce di andare più fondo di quanto vorrei nell'analisi, a meno che non spoileri pienamente.
Ciononostante il film si pone fortunatamente e giustamente sotto tutti i punti di vista come un nuovo inizio indipendente dalla serie madre, già di per sé antologica, senza sembrare un mero episodio allungato, ma consiglio comunque di visionare prima l'opera televisiva per trovarsi meglio inseriti nell'atmosfera che altrimenti potrebbe disorientare più del dovuto; altrimenti, se ben disposti ad assaporare uno stile veramente fresco e unico, una volta finito di vedere farà sicuramente venire molta curiosità di visionare anch'essa.
Anche dopo 17 anni, dunque, gli spiriti che tormentano il mondo a causa dei dolori inflitti e subiti sono sempre pronti a colpire, e stavolta facendoci raggiungere vette davvero inimmaginabili ridipingendo coi più distruttivi colori ogni, singolo. strato della realtà circostante.
E dopo ben 17 anni, la loro minaccia continua ad imperversare, e Netflix ha deciso di farcela provare distribuendo internazionalmente il nuovo capitolo di uno dei più singolari e ambiziosi prodotti del panorama animato nipponico, che torna a far parlare di sé per la prima volta in forma di lungometraggio.
L'opera a cui fa da proseguimento (anch'essa resa disponibile su Netflix Italia) è semplicemente, e assolutamente unica, un universo pregno di numerosi elementi distinti che però lo sorreggono in modo così finemente organico che il voler allargare un risultato già magistrale in formato cinematografico (poiché il film in Giappone è approdato direttamente in sala) non può non porre in egual misura interesse e dubbio.
Avendola recuperata pochi giorni prima del film, mi sono approcciato a quest'ultimo senza elevare troppo le mie aspettative, ma comunque ben predisposto e fiducioso ... e ora posso dire con buona ragione.
Mononoke: Lo Spirito nella Pioggia è un grande ritorno nell'universo narrativo ove gli spiriti maledetti sfruttano i più negativi dei sentimenti per mettere ancor più a soqquadro un mondo già caotico di suo.
Ancora una volta sono gli umani in preda alle massime ambizioni, o al dolore più intollerabile, a scatenare il tormento soprannaturale che non lascia scampo, manifestandolo stavolta nella più grande casa di piacere, l'Õoku, dove fervono i preparativi per un'importantissima celebrazione. In quest'occasione arrivano anche due nuove aspiranti lavoratrici, Asa e Kame, del tutto diverse, ma egualmente vogliose di ottenere il successo per soddisfare le loro aspirazioni, pur incontrando subito i più opprimenti ostacoli a causa della rigida e misteriosa condotta del luogo e delle sue direttrici, con contatti perfino nei vertici politici.
Questo attirerà l'interesse anche dello Speziale, puntualmente in attesa del nuovo, pericoloso Mononoke da eliminare...
Chi già ha familiarità con le imprese dell'innominato cacciatore di spettri, non si stupirà nel vederlo alle prese, prima di tutto, con un intricato giallo che affonda nei più contorti desideri e legami che da quest'immenso microcosmo coprono un'intera società, contrastati dalle vere protagoniste Kame e Asa, che riescono con la loro semplice ma forte caratterizzazione ad esprimere l'essenza più frivola e immatura contrapposta a quella più diligente e preparata. Le due, motivate dalla stessa carica che le terrà unite e distanti al tempo stesso, nonché più propense a cadere nell'oblio, rivelandosi così anche due complementari ritratti della figura femminile e del mondo in cui provano a farsi strada sotto il giogo di autorità di ogni tipo devote a mantenere il potere nella struttura imponendo l'annichilimento totale, soprattutto quello più intimo, rivelando così sofferenze rilevanti tanto nelle ere passate, ma anche attuali.
E per esprimere il contorto alone di desolazione vi è l'altro tocco che realmente cattura l'occhio di chiunque lo posi su un'immagine di Mononoke: quello che c'immerge in illustrazioni tradizionali viventi, quasi alla Hokusai, coi precisissimi dettagli soprattutto sulle stanze, la natura e i vestiti, segnati dai più vividi colori che però non rischiarano né alleggeriscono l'atmosfera, ma anzi ampliano il disorientamento e caos che a poco a poco prende il sopravvento, un vero incubo che mescola tutto senza controllo. Aggiungiamo a ciò l'altrettanto singolare animazione che appare altrettanto dettagliata ma anche statica, giocando sulle proporzioni e le angolazioni per riprendere dichiaratamente la messinscena teatrale Kabuki.
Dopo 17 anni, tutti questi elementi sono stati ovviamente portati al livello maggiore, complice anche l'ausilio per niente invasivo o mal assortito della CGI, accecandoci in modo assolutamente variopinto tanto coi colori quanto con la grandezza della trama, ma il regista Kenji Nakamura riesce nuovamente a destreggiarsi mantenendo il tutto coerente e soprattutto fluido dall'inizio alla fine.
Ma è proprio questa fluidità la vera arma a doppio taglio del film: da un lato, non rende la narrazione confusa né pesante, ma si ripercuote sull'animazione togliendole la staticità che enunciava la natura da dipinto/illustrazione vivente, e di contro l'approccio più teatrale, per abbracciare un ritmo e un'immersione pienamente cinematografici; ciò non è necessariamente un difetto, ma personalmente ritengo che questo cambio non solo tolga un marchio essenziale del prodotto, ma rischi in determinati punti di accelerare troppo, oltre a rendere alcune delle scene più dinamiche troppo confusionarie.
Riguardo i personaggi, essi svolgono tutti al meglio il loro ruolo, riuscendo ad essere caratterizzati anche con poco, godendo soprattutto di un'eccellente animazione delle espressioni facciali, valorizzate ulteriormente da un doppiaggio originale davvero fantastico, soprattutto le due protagoniste.
E da qui spendo le dovute parole sull'effettivo volto del franchise: lo Speziale si ripresenta ancora meticoloso e pronto a tutto per fronteggiare lo spettro di turno, ma con qualcosina in più che mi ha sinceramente sorpreso in parte, ma andare troppo nel dettaglio mi porterebbe a spoiler enormi: dico solo che il parziale restyling del suo già iconico look e di alcune sue abilità, insieme alla voce di Hiroshi Kamiya che va a sostituire lo storico Takahiro Sakurai, offrono un approccio un filo più "espansivo" al misterioso commerciante che inizia a mostrare qualcosina in più che culminerà in una sua reazione nell'ultimissima inquadratura che nella sua apparente semplicità mi ha portato a pormi più domande interessanti di quanto non sembri per tutto quel che ci aspetta in futuro...
E questo è l'ultimo punto su cui mi soffermerei: rassicuro subito sul fatto che questo film ha una sua chiusura, ma al tempo stesso apre a due ulteriori capitoli, il 2° dei quali è già pronto ad uscire l'anno prossimo, il che risulta però in una leggera sensazione di incompletezza che m'impedisce di andare più fondo di quanto vorrei nell'analisi, a meno che non spoileri pienamente.
Ciononostante il film si pone fortunatamente e giustamente sotto tutti i punti di vista come un nuovo inizio indipendente dalla serie madre, già di per sé antologica, senza sembrare un mero episodio allungato, ma consiglio comunque di visionare prima l'opera televisiva per trovarsi meglio inseriti nell'atmosfera che altrimenti potrebbe disorientare più del dovuto; altrimenti, se ben disposti ad assaporare uno stile veramente fresco e unico, una volta finito di vedere farà sicuramente venire molta curiosità di visionare anch'essa.
Anche dopo 17 anni, dunque, gli spiriti che tormentano il mondo a causa dei dolori inflitti e subiti sono sempre pronti a colpire, e stavolta facendoci raggiungere vette davvero inimmaginabili ridipingendo coi più distruttivi colori ogni, singolo. strato della realtà circostante.
Ciò che rese "Mononoke" un anime unico fu la sua meravigliosa direzione artistica, con i suoi sfondi, i suoi colori, la minuziosa attenzione ai dettagli, capaci di creare ambientazioni e atmosferiche psichedeliche, anticlimatiche (colori luminosissimi quando dovrebbe essere buio, colori cupi quando dovrebbe esserci la luce), irreali. Tutto ciò insieme alla narrazione che punta molto sulla tensione, sull’angoscia e sulle paure presenti nella psiche dei personaggi, la rende a mio modesto parere la miglior serie horror mai realizzata nell’animazione giapponese. Ciononostante, la serie non ha mai avuto grande popolarità (ricordo poche centinaia di visualizzazioni su VVVVID), per cui l’uscita di un film dopo più di 15 anni è sicuramente qualcosa che ha generato in me fermento.
Aspettative che sono state sicuramente rispettate, perché questo film lo si potrebbe definire, permettetemi l’espressione, una versione sotto steroidi del "Mononoke" che abbiamo visto in passato. Un ricchissimo caleidoscopio di scene spettacolari, allucinanti e allucinogene con colori che, pur ricordando sempre quelli dei dipinti a mano tradizionali giapponesi, sono molto più saturi e accesi e contribuiscono a rendere questo film a prova di disturbo dell’attenzione poiché ogni scena presenta decine di stimoli, tutti realizzati nel minimo dettaglio. Ciò ha però anche come conseguenza il fatto che, subito dopo la sua visione, ho sentito un bisogno di doverlo rivedere, perché a primo sguardo non è possibile avere una visuale chiara e completa di tutto ciò che è presente. Io ad esempio, che sono amante dei background in generale, ma anche dell’arte tradizionale, mi concentravo molto sui bellissimi disegni sui pannelli delle porte del palazzo e dunque man mano durante la visione ci si potrebbe perdere dei dettagli.
Ad essere amplificato all’ennesima potenza è anche il ritmo della narrazione, elemento per cui il film si discosta maggiormente dalla serie, della quale io amavo molto anche la sua lentezza, i tempi che si prendeva nelle battute, nei respiri dei personaggi… Qui invece il ritmo è molto serrato e richiede un certo impegno per stare al passo poiché il film è anche molto simbolico e metaforico.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
In particolare, sono rimasto molto colpito dall’utilizzo del termine “seccarsi”, “乾いてしまった” (Kawaite shimatta, seccarsi / asciugarsi come conseguenza di qualcosa) nell’originale, che Kitagawa (la donna scomparsa e che noi vediamo come mononoke o come fantasma dal punto di vista di Asa) utilizza per descrivere il suo stato d’animo nell’ultima parte della sua vita nell’ooku, un rimando al fatto che le donne lì siano definite come fiori (fiori che sono molto presenti anche fisicamente nel film) e in un certo senso anche per spiegare l’effetto che il mononoke avrà sulle sue vittime, prosciugando i loro corpi. Sensazione che, per quella che è la mia interpretazione (come detto il film è volutamente criptico), Kitagawa avverte perché nella sua scalata gerarchica ha lasciato indietro delle cose importanti, ha trascurato gli affetti e le passioni; infatti, utilizza questo termine nel momento in cui fa cacciare una sua amica per non avere distrazioni nello svolgere il suo lavoro, per cui cade in uno stato depressivo, perde i ruoli di prestigio e perde la vita, probabilmente lanciandosi nel pozzo. Da qui la trasformazione in mononoke. La sequenza che ci racconta questa storia, con un turbinio di scene in cui chiunque e qualunque cosa sembra cadere in questo pozzo e che culmina con l’urlo collettivo, l’ho trovata eccezionale nonostante richieda più di una visione per comprenderla. Dopodiché parte un combattimento mozzafiato tra il protagonista e il mononoke.
Fine parte contenente spoiler
Protagonista che ha avuto una gestione leggermente differente rispetto alla serie, poiché qui è un po’ in secondo piano e si limita ad agire con l’azione come conseguenza degli eventi dell’ooku. Invece nella serie, per quanto anche lì sia passivo per la maggior parte del tempo, per giungere alla soluzione egli ci metteva il suo zampino anche attraverso un sapiente utilizzo della parola.
Infatti io ci rimasi male quando Takahiro Sakurai dovette rinunciare al ruolo, poiché la sua interpretazione in "Mononoke" è una delle mie preferite in assoluto. Invece lo speziale ha qui poche battute, per cui si avverte meno il cambio con Hiroshi Kamiya. In ogni caso, trovandolo un personaggio molto affascinante, mi piacerebbe che sia un po’ più presente nei successivi film, che attendo con trepidazione perché se dovessero mantenere questo livello tecnico (segnalo anche un sapiente uso della CGI), se dovessero riuscire ad approfondire ciò che è stato lasciato scoperto (es. il personaggio biondo) e dovessero continuare a raccontare qualcosa di profondo come in questo film, ci potremmo trovare di fronte a una trilogia capolavoro.
Faccio i complimenti a Kenji Nakamura e a tutto lo staff per l’audacia e l’abilità con cui è stato realizzato un prodotto del genere.
Aspettative che sono state sicuramente rispettate, perché questo film lo si potrebbe definire, permettetemi l’espressione, una versione sotto steroidi del "Mononoke" che abbiamo visto in passato. Un ricchissimo caleidoscopio di scene spettacolari, allucinanti e allucinogene con colori che, pur ricordando sempre quelli dei dipinti a mano tradizionali giapponesi, sono molto più saturi e accesi e contribuiscono a rendere questo film a prova di disturbo dell’attenzione poiché ogni scena presenta decine di stimoli, tutti realizzati nel minimo dettaglio. Ciò ha però anche come conseguenza il fatto che, subito dopo la sua visione, ho sentito un bisogno di doverlo rivedere, perché a primo sguardo non è possibile avere una visuale chiara e completa di tutto ciò che è presente. Io ad esempio, che sono amante dei background in generale, ma anche dell’arte tradizionale, mi concentravo molto sui bellissimi disegni sui pannelli delle porte del palazzo e dunque man mano durante la visione ci si potrebbe perdere dei dettagli.
Ad essere amplificato all’ennesima potenza è anche il ritmo della narrazione, elemento per cui il film si discosta maggiormente dalla serie, della quale io amavo molto anche la sua lentezza, i tempi che si prendeva nelle battute, nei respiri dei personaggi… Qui invece il ritmo è molto serrato e richiede un certo impegno per stare al passo poiché il film è anche molto simbolico e metaforico.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
In particolare, sono rimasto molto colpito dall’utilizzo del termine “seccarsi”, “乾いてしまった” (Kawaite shimatta, seccarsi / asciugarsi come conseguenza di qualcosa) nell’originale, che Kitagawa (la donna scomparsa e che noi vediamo come mononoke o come fantasma dal punto di vista di Asa) utilizza per descrivere il suo stato d’animo nell’ultima parte della sua vita nell’ooku, un rimando al fatto che le donne lì siano definite come fiori (fiori che sono molto presenti anche fisicamente nel film) e in un certo senso anche per spiegare l’effetto che il mononoke avrà sulle sue vittime, prosciugando i loro corpi. Sensazione che, per quella che è la mia interpretazione (come detto il film è volutamente criptico), Kitagawa avverte perché nella sua scalata gerarchica ha lasciato indietro delle cose importanti, ha trascurato gli affetti e le passioni; infatti, utilizza questo termine nel momento in cui fa cacciare una sua amica per non avere distrazioni nello svolgere il suo lavoro, per cui cade in uno stato depressivo, perde i ruoli di prestigio e perde la vita, probabilmente lanciandosi nel pozzo. Da qui la trasformazione in mononoke. La sequenza che ci racconta questa storia, con un turbinio di scene in cui chiunque e qualunque cosa sembra cadere in questo pozzo e che culmina con l’urlo collettivo, l’ho trovata eccezionale nonostante richieda più di una visione per comprenderla. Dopodiché parte un combattimento mozzafiato tra il protagonista e il mononoke.
Fine parte contenente spoiler
Protagonista che ha avuto una gestione leggermente differente rispetto alla serie, poiché qui è un po’ in secondo piano e si limita ad agire con l’azione come conseguenza degli eventi dell’ooku. Invece nella serie, per quanto anche lì sia passivo per la maggior parte del tempo, per giungere alla soluzione egli ci metteva il suo zampino anche attraverso un sapiente utilizzo della parola.
Infatti io ci rimasi male quando Takahiro Sakurai dovette rinunciare al ruolo, poiché la sua interpretazione in "Mononoke" è una delle mie preferite in assoluto. Invece lo speziale ha qui poche battute, per cui si avverte meno il cambio con Hiroshi Kamiya. In ogni caso, trovandolo un personaggio molto affascinante, mi piacerebbe che sia un po’ più presente nei successivi film, che attendo con trepidazione perché se dovessero mantenere questo livello tecnico (segnalo anche un sapiente uso della CGI), se dovessero riuscire ad approfondire ciò che è stato lasciato scoperto (es. il personaggio biondo) e dovessero continuare a raccontare qualcosa di profondo come in questo film, ci potremmo trovare di fronte a una trilogia capolavoro.
Faccio i complimenti a Kenji Nakamura e a tutto lo staff per l’audacia e l’abilità con cui è stato realizzato un prodotto del genere.