Kiki consegne a domicilio
Trama: a tredici anni, come da tradizione, Kiki viene mandata dalla famiglia alla ricerca di una nuova città dove vivere per un anno e dove fare il proprio noviziato da giovane strega.
Ennesima opera di fascino e suggestione grandiosi, indubbiamente uno dei vertici di questo Maestro che questa volta crea, dirige e affabula senza essere l'autore del romanzo originale. Si tratta di una storia semplice, dove, pur avendo amalgamato alla perfezione realismo e fantasia (quasi più che ne "Il mio vicino Totoro"), l'attenzione è focalizzata su piccoli gesti e avvenimenti apparentemente banali, semplici eventi quotidiani. Ma, come spesso avviene nelle opere di Miyazaki, dietro l'apparente leggerezza si cela di più. La storia affronta infatti tutte le problematiche legate all'adolescenza (indipendenza, insicurezza e crescita emotiva).
Molte volte abbiamo visto le giovani protagoniste di Miyazaki maturare letteralmente sullo schermo, affrontando percorsi di crescita mai forzati, e imparare ad assumersi le proprie responsabilità: Kiki non fa eccezione. E tutto è inserito in una storia quasi completamente al femminile (abbiamo praticamente solo un personaggio maschio), prodiga di invenzioni visive e narrative geniali e che procedono a ritmo incalzante. Ecco il mix da cui nasce questo capolavoro.
Un vero e proprio romanzo di formazione sì, per bambini ma non solo: il mondo di Kiki è in realtà più complesso e realistico di quanto non sembri a un primo sguardo e la suggestione (non pare opportuno parlare di messaggi) è quella di coltivare i propri talenti senza scoraggiarsi, di non demordere di fronte alle avversità e di insistere con carattere ricercando la propria dimensione. E la realtà svelata al primo sguardo non è mai un ritratto fedele e oggettivo delle situazioni. E allora anche la giovane strega inizialmente spaurita e impacciata nella città ignota dove atterra riuscirà a trovare una sua sistemazione e un suo posto all'interno di questo complesso, anonimo e spaventoso tessuto sociale. "Kiki's Delivery Service" è insomma un altro dono per gli occhi, colmo di dolcezza e di personaggi memorabili, una grande opera che (come spesso nei lavori di Miyazaki) celebra la vita nel suo fiorire.
Tecnicamente avanguardistico per l'epoca (1989!), immerso in una fotografia sprizzante colori e allegria, sfiora la perfezione e raggiunge malgrado la trama apparentemente leggera vette emozionali altissime. Comparto sonoro semplicemente eccellente.
Capolavoro.
Ennesima opera di fascino e suggestione grandiosi, indubbiamente uno dei vertici di questo Maestro che questa volta crea, dirige e affabula senza essere l'autore del romanzo originale. Si tratta di una storia semplice, dove, pur avendo amalgamato alla perfezione realismo e fantasia (quasi più che ne "Il mio vicino Totoro"), l'attenzione è focalizzata su piccoli gesti e avvenimenti apparentemente banali, semplici eventi quotidiani. Ma, come spesso avviene nelle opere di Miyazaki, dietro l'apparente leggerezza si cela di più. La storia affronta infatti tutte le problematiche legate all'adolescenza (indipendenza, insicurezza e crescita emotiva).
Molte volte abbiamo visto le giovani protagoniste di Miyazaki maturare letteralmente sullo schermo, affrontando percorsi di crescita mai forzati, e imparare ad assumersi le proprie responsabilità: Kiki non fa eccezione. E tutto è inserito in una storia quasi completamente al femminile (abbiamo praticamente solo un personaggio maschio), prodiga di invenzioni visive e narrative geniali e che procedono a ritmo incalzante. Ecco il mix da cui nasce questo capolavoro.
Un vero e proprio romanzo di formazione sì, per bambini ma non solo: il mondo di Kiki è in realtà più complesso e realistico di quanto non sembri a un primo sguardo e la suggestione (non pare opportuno parlare di messaggi) è quella di coltivare i propri talenti senza scoraggiarsi, di non demordere di fronte alle avversità e di insistere con carattere ricercando la propria dimensione. E la realtà svelata al primo sguardo non è mai un ritratto fedele e oggettivo delle situazioni. E allora anche la giovane strega inizialmente spaurita e impacciata nella città ignota dove atterra riuscirà a trovare una sua sistemazione e un suo posto all'interno di questo complesso, anonimo e spaventoso tessuto sociale. "Kiki's Delivery Service" è insomma un altro dono per gli occhi, colmo di dolcezza e di personaggi memorabili, una grande opera che (come spesso nei lavori di Miyazaki) celebra la vita nel suo fiorire.
Tecnicamente avanguardistico per l'epoca (1989!), immerso in una fotografia sprizzante colori e allegria, sfiora la perfezione e raggiunge malgrado la trama apparentemente leggera vette emozionali altissime. Comparto sonoro semplicemente eccellente.
Capolavoro.
Tratto dall’omonimo romanzo di Eiko Kadono del 1985, “Kiki - Consegne a domicilio” è, senza ombra di dubbio, una delle più celebri pellicole del sensei Hayao Miyazaki. Ambientato in quella che sembra essere una grande metropoli di un tempo molto lontano, non si ha certezza se nel passato o nel futuro, il film ci racconta, per la prima volta, l’amore del regista giapponese, strenuo difensore della causa ambientalista, per le città europee. E ripropone, in maniera più magica e fantastica, la sua passione per il volo, grande leitmotiv della cinematografia miyazakiana, presente in altre pellicole come “Laputa - Il castello nel cielo” e “Si alza il vento”.
La storia narra le vicende di Kiki, una giovane strega simpatica e un po’ maldestra. Come impone la tradizione, compiuti i tredici anni, deve lasciare casa e partire alla ricerca di una città in cui svolgere un anno di apprendistato, così da dimostrarsi capace di rendersi indipendente. In compagnia dell’inseparabile gatto nero parlante Jiji, a cavallo della scopa di sua madre corredata con la radiolina di suo padre, Kiki arriva nella grande città di Koriko, che, bagnata dal mare e sovrastata da una splendida torre con l’orologio, rappresenta la città dei sogni di Kiki. Ma la città ha in serbo molte sorprese per la piccola strega, prima fra tutte l’indifferente freddezza dei suoi cittadini. Armata del suo unico talento magico, quello di volare nel cielo, Kiki riesce faticosamente ad avviare un’attività di consegne a domicilio. La conquista dell’indipendenza economica ed emotiva si mostra subito come un duro percorso di crescita per Kiki, che dovrà affrontare molte sorprese e tante difficoltà, sia fuori che dentro di lei.
Autentico romanzo di formazione, trasportato sul grande schermo, “Kiki - Consegne a domicilio” sembra raccontare una storia che conosciamo a memoria: una giovane e intraprendente ragazza giapponese lascia il proprio nido familiare, alla ricerca dell’indipendenza e nella speranza di realizzare i propri sogni, ma lo fa introducendo due fondamentali elementi di novità, la giovane età della protagonista, appena tredicenne, e le sue doti magiche, che la rendono uno degli ultimi membri in vita di una “razza” destinata a scomparire negli anni a venire, quella dei maghi, sempre meno numerosi e conosciuti. A bordo della sua scopa, accompagnata dalle note suadenti di “Rouge no Dengon” di Yumi Arai, Kiki parte alla scoperta di un mondo a lei sconosciuto, la grande città di Koriko, tanto bella nei suoi paesaggi marini, quanto fredda nell’accoglienza della piccola maga. In questo luogo densamente popolato e abitato dai soggetti più disparati, Kiki avrà la possibilità di fare nuove importanti conoscenze, decisive per il proprio percorso di crescita. Il giovane Tombo, alter ego di Miyazaki, animato dalla sua stessa fervida passione per il volo e i dirigibili. L’eccentrica artista Ursula, vero e proprio uccel di bosco, che vive a stretto contatto con la natura. L’amorevole Osono, panettiera in dolce attesa, che accoglie Kiki nella propria dimora, sotto il cui tetto le consente di vivere, e la sprona ad aprire la sua personale attività di consegne a domicilio. Da questo momento in poi, Kiki inizia a fare le sue prime vere esperienze, alla scoperta del mondo cittadino, tanto diverso da quello di campagna in cui ha vissuto fino a questo momento. Arrivano le prime soddisfazioni lavorative e con esse, come è ovvio che sia, le prime delusioni, anche emotive, per superare le quali Kiki dovrà fare affidamento unicamente su sé stessa. La città saprà essere crudele e spietata, alla piccola maga, dunque, la capacità di venire a capo delle difficoltà che la vita le metterà dinanzi.
Alle musiche, il solito e inarrivabile Joe Hisaishi, accompagnato da una Yumi Arai, in quegli anni, nel meglio della propria carriera. Al netto delle grandi musiche del primo, sono le canzoni di apertura e chiusura della seconda a spiccare maggiormente. “Rouge no Dengon”, che accompagna Kiki al momento della sua partenza, è considerata uno dei primi classici J-pop di sempre. Tratta dal suo terzo album, Cobalt Hour, parte come “Lamette” di Donatella Rettore e riesce a portare lo spettatore indietro di cinquant’anni, con la sua musicalità retrò, ma incredibilmente coinvolgente. “Yasashisa ni Tsutsumareta Nara”, che guida dolcemente lo spettatore verso il lieto fine della storia, ci parla del ruolo di pioniera che la cantautrice giapponese ebbe nella fusione tra cultura occidentale e pop locale. Di una bellezza senza pari le animazioni, fluide e pulite, migliorate dall’uso di colori vivaci, tra cui il blu del mare, che cinge come in una morsa la città di Koriko, modellata su quella svedese di Stoccolma, dove il regista giapponese si recò a più riprese nel corso della propria vita, per scattare foto e girare video.
Insomma, se non volete guardarlo per la storia, bella e coinvolgente ma non originale, fatelo quantomeno per le musiche e per scoprire una cantautrice di livello internazionale come Yumi Arai, unica dipendenza da cui voglio essere affetto per il resto della mia vita.
La storia narra le vicende di Kiki, una giovane strega simpatica e un po’ maldestra. Come impone la tradizione, compiuti i tredici anni, deve lasciare casa e partire alla ricerca di una città in cui svolgere un anno di apprendistato, così da dimostrarsi capace di rendersi indipendente. In compagnia dell’inseparabile gatto nero parlante Jiji, a cavallo della scopa di sua madre corredata con la radiolina di suo padre, Kiki arriva nella grande città di Koriko, che, bagnata dal mare e sovrastata da una splendida torre con l’orologio, rappresenta la città dei sogni di Kiki. Ma la città ha in serbo molte sorprese per la piccola strega, prima fra tutte l’indifferente freddezza dei suoi cittadini. Armata del suo unico talento magico, quello di volare nel cielo, Kiki riesce faticosamente ad avviare un’attività di consegne a domicilio. La conquista dell’indipendenza economica ed emotiva si mostra subito come un duro percorso di crescita per Kiki, che dovrà affrontare molte sorprese e tante difficoltà, sia fuori che dentro di lei.
Autentico romanzo di formazione, trasportato sul grande schermo, “Kiki - Consegne a domicilio” sembra raccontare una storia che conosciamo a memoria: una giovane e intraprendente ragazza giapponese lascia il proprio nido familiare, alla ricerca dell’indipendenza e nella speranza di realizzare i propri sogni, ma lo fa introducendo due fondamentali elementi di novità, la giovane età della protagonista, appena tredicenne, e le sue doti magiche, che la rendono uno degli ultimi membri in vita di una “razza” destinata a scomparire negli anni a venire, quella dei maghi, sempre meno numerosi e conosciuti. A bordo della sua scopa, accompagnata dalle note suadenti di “Rouge no Dengon” di Yumi Arai, Kiki parte alla scoperta di un mondo a lei sconosciuto, la grande città di Koriko, tanto bella nei suoi paesaggi marini, quanto fredda nell’accoglienza della piccola maga. In questo luogo densamente popolato e abitato dai soggetti più disparati, Kiki avrà la possibilità di fare nuove importanti conoscenze, decisive per il proprio percorso di crescita. Il giovane Tombo, alter ego di Miyazaki, animato dalla sua stessa fervida passione per il volo e i dirigibili. L’eccentrica artista Ursula, vero e proprio uccel di bosco, che vive a stretto contatto con la natura. L’amorevole Osono, panettiera in dolce attesa, che accoglie Kiki nella propria dimora, sotto il cui tetto le consente di vivere, e la sprona ad aprire la sua personale attività di consegne a domicilio. Da questo momento in poi, Kiki inizia a fare le sue prime vere esperienze, alla scoperta del mondo cittadino, tanto diverso da quello di campagna in cui ha vissuto fino a questo momento. Arrivano le prime soddisfazioni lavorative e con esse, come è ovvio che sia, le prime delusioni, anche emotive, per superare le quali Kiki dovrà fare affidamento unicamente su sé stessa. La città saprà essere crudele e spietata, alla piccola maga, dunque, la capacità di venire a capo delle difficoltà che la vita le metterà dinanzi.
Alle musiche, il solito e inarrivabile Joe Hisaishi, accompagnato da una Yumi Arai, in quegli anni, nel meglio della propria carriera. Al netto delle grandi musiche del primo, sono le canzoni di apertura e chiusura della seconda a spiccare maggiormente. “Rouge no Dengon”, che accompagna Kiki al momento della sua partenza, è considerata uno dei primi classici J-pop di sempre. Tratta dal suo terzo album, Cobalt Hour, parte come “Lamette” di Donatella Rettore e riesce a portare lo spettatore indietro di cinquant’anni, con la sua musicalità retrò, ma incredibilmente coinvolgente. “Yasashisa ni Tsutsumareta Nara”, che guida dolcemente lo spettatore verso il lieto fine della storia, ci parla del ruolo di pioniera che la cantautrice giapponese ebbe nella fusione tra cultura occidentale e pop locale. Di una bellezza senza pari le animazioni, fluide e pulite, migliorate dall’uso di colori vivaci, tra cui il blu del mare, che cinge come in una morsa la città di Koriko, modellata su quella svedese di Stoccolma, dove il regista giapponese si recò a più riprese nel corso della propria vita, per scattare foto e girare video.
Insomma, se non volete guardarlo per la storia, bella e coinvolgente ma non originale, fatelo quantomeno per le musiche e per scoprire una cantautrice di livello internazionale come Yumi Arai, unica dipendenza da cui voglio essere affetto per il resto della mia vita.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Kiki, un nome facile da pronunciare, ma difficile da spiegare! In giapponese significa "crisi" ma anche "opportunità". Un nome il cui significato si dipana a poco a poco e ci si presenta davanti nella sua essenza più alta e profonda. La storia di una ragazza che sa di essere speciale, ma che deve imparare ad apprezzare e quindi approfondire la conoscenza e l'uso di questi suoi poteri e capacità, e, in quanto strega, deve seguire la tradizione di famiglia (anche la nonna e la madre sono streghe) di trascorrere un anno fuori di casa, da sola, per ottenere l'emancipazione e il titolo di strega ufficiale. Accompagnata dal gatto di nome Jiji (forse traslitterazione del nome italiano Gigi o forse no), si prepara, e volando sulla sua scopa giunge in città. Qui all'inizio fa fatica ad ambientarsi, ma poi conosce Osono, una dolce e gentile signora, moglie di un panettiere, la quale l'accoglie e la sostiene a poco a poco nella sua iniziativa di consegne a domicilio. Gradualmente Kiki riesce ad inserirsi nel tessuto cittadino e si conquista la fiducia e il rispetto di tutti, i quali si dimostrano a loro volta cortesi e gentili nei suoi confronti. Fa la conoscenza di Ursula, una ragazza amante dell'arte, e Tombo, un ragazzo con la passione del volo, verso il quale prova molta diffidenza, ma che poi accetta a poco a poco. Tutto sembra andare bene, finché un giorno Kiki scopre con molta amarezza di non riuscire più a parlare con Jiji e sembra aver perso anche il potere di volare (forse è un effetto collaterale del fatto che sta crescendo o che non accetta subito l'amicizia di Tombo?). Ed ecco che qui entra in gioco il significato del nome. La protagonista a questo punto capisce che l'anno da trascorrere da sola segna il passaggio all'età adulta, e viene aiutata da Ursula, la quale rappresenta la versione più matura e consapevole e la quale le rivela che anche lei ha avuto delle crisi in passato e che, per quanto si sforzasse di dipingere, non raggiungeva sempre le proprie aspettative, ma che, dopotutto, è una fase di passaggio e che riprenderà a volare come prima, ma con più autocoscienza, autoconsapevolezza di sé e quindi più maturità. L'evento che scatena tutto è un incidente di un dirigibile, dove Tombo è salito più volte, che si schianta sul campanile della città. A questo punto, forse della nuova autocoscienza, autoconsapevolezza e maturità, Kiki recupera seppur a fatica i propri poteri e riesce in un tentativo disperato a salvare Tombo e anche il resto dell'equipaggio del dirigibile. La storia si conclude in un lieto fine con la signora Osono che partorisce il proprio bambino, Jiji e Lily che hanno dei figli, Ursula che riprende a dipingere, Tombo e Kiki che decidono di lavorare insieme nell'attività da lei avviata e infine i genitori di Kiki i quali sono lieti di ricevere una lettera da parte della figlia che li rassicura che tutto sta andando bene e che ha deciso di trasferirsi nella città in maniera permanente.
L'ambientazione è semplicemente stupefacente, unica, sembra di essere tornati indietro nell'Italia degli "Anni Cinquanta", la quale usciva distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale. Ed è proprio qui che il Maestro ha voluto comunicarci questo distacco definitivo dalla guerra e da tutto ciò che essa rappresenta. Non più scenari oscuri, pieni di distruzione come in "Nausicaa della Valle del Vento", ma una vera e propria scena idilliaca, un ritorno alla campagna vergine, la quale è in armonia con la città (come visto ne "Il mio vicino Totoro" e anche in "Ponyo sulla scogliera"). Quindi è come se il Maestro avesse deciso di fare pace definitivamente. Le ambientazioni sono realistiche come non mai, i paesaggi sono armoniosi, trasmettono serenità e tranquillità, come si fosse in un dipinto. La natura dimostra di essere viva, e proprio perché è viva chiede di essere rispettata e, quando qualcuno fa uno sbaglio, essa lo corregge immediatamente, e chi ci vive si adegua.
La colonna sonora è semplicemente delicata e serve a riflettere lo stato di quiete, pace e tranquillità che si riflette anche nei personaggi. Questi all'inizio si dimostrano freddi, ma in realtà non fanno che celare la propria gentilezza e disponibilità. A poco a poco, vedendo il duro lavoro, l'impegno e la costanza con cui la protagonista affronta la vita, si aprono ad essa e quindi la fanno sentire accettata. Proprio l'accettazione è il climax della storia. Devo confessare che in un certo senso vedo molto di quello a cui sono abituato e con cui sono cresciuto. Il passaggio prima dalla campagna e dall'infanzia (emblemi della purezza e dell'innocenza) alla città e all'età adulta (simboli dell'autocoscienza, autoconsapevolezza e della maturità) è sempre un calvario/ordalia (l'adolescenza). Appunto, vi è la battuta della signora Osono riguardo allo sforzo fatto da Kiki per effettuare una determinata consegna presso una famiglia benestante, in seguito a cui si ammala per via della pioggia e a poco a poco perde anche i suoi poteri. In un certo senso mi ci identifico e riconosco. Anche adesso faccio fatica a compiere determinati passi.
P.S. Il Maestro, ipoteticamente parlando, ci ha dato l'anticipazione di "Sailor Moon" e anche "Harry Potter", anche se qui non c'entra molto, forse per via della presenza di Jiji, il quale è la versione maschile di Luna, come consigliera della protagonista. Spero che questa analogia venga interpretata nel modo giusto.
Comunque per me è semplicemente l'apice della carriera del Maestro.
Voto: 10
Kiki, un nome facile da pronunciare, ma difficile da spiegare! In giapponese significa "crisi" ma anche "opportunità". Un nome il cui significato si dipana a poco a poco e ci si presenta davanti nella sua essenza più alta e profonda. La storia di una ragazza che sa di essere speciale, ma che deve imparare ad apprezzare e quindi approfondire la conoscenza e l'uso di questi suoi poteri e capacità, e, in quanto strega, deve seguire la tradizione di famiglia (anche la nonna e la madre sono streghe) di trascorrere un anno fuori di casa, da sola, per ottenere l'emancipazione e il titolo di strega ufficiale. Accompagnata dal gatto di nome Jiji (forse traslitterazione del nome italiano Gigi o forse no), si prepara, e volando sulla sua scopa giunge in città. Qui all'inizio fa fatica ad ambientarsi, ma poi conosce Osono, una dolce e gentile signora, moglie di un panettiere, la quale l'accoglie e la sostiene a poco a poco nella sua iniziativa di consegne a domicilio. Gradualmente Kiki riesce ad inserirsi nel tessuto cittadino e si conquista la fiducia e il rispetto di tutti, i quali si dimostrano a loro volta cortesi e gentili nei suoi confronti. Fa la conoscenza di Ursula, una ragazza amante dell'arte, e Tombo, un ragazzo con la passione del volo, verso il quale prova molta diffidenza, ma che poi accetta a poco a poco. Tutto sembra andare bene, finché un giorno Kiki scopre con molta amarezza di non riuscire più a parlare con Jiji e sembra aver perso anche il potere di volare (forse è un effetto collaterale del fatto che sta crescendo o che non accetta subito l'amicizia di Tombo?). Ed ecco che qui entra in gioco il significato del nome. La protagonista a questo punto capisce che l'anno da trascorrere da sola segna il passaggio all'età adulta, e viene aiutata da Ursula, la quale rappresenta la versione più matura e consapevole e la quale le rivela che anche lei ha avuto delle crisi in passato e che, per quanto si sforzasse di dipingere, non raggiungeva sempre le proprie aspettative, ma che, dopotutto, è una fase di passaggio e che riprenderà a volare come prima, ma con più autocoscienza, autoconsapevolezza di sé e quindi più maturità. L'evento che scatena tutto è un incidente di un dirigibile, dove Tombo è salito più volte, che si schianta sul campanile della città. A questo punto, forse della nuova autocoscienza, autoconsapevolezza e maturità, Kiki recupera seppur a fatica i propri poteri e riesce in un tentativo disperato a salvare Tombo e anche il resto dell'equipaggio del dirigibile. La storia si conclude in un lieto fine con la signora Osono che partorisce il proprio bambino, Jiji e Lily che hanno dei figli, Ursula che riprende a dipingere, Tombo e Kiki che decidono di lavorare insieme nell'attività da lei avviata e infine i genitori di Kiki i quali sono lieti di ricevere una lettera da parte della figlia che li rassicura che tutto sta andando bene e che ha deciso di trasferirsi nella città in maniera permanente.
L'ambientazione è semplicemente stupefacente, unica, sembra di essere tornati indietro nell'Italia degli "Anni Cinquanta", la quale usciva distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale. Ed è proprio qui che il Maestro ha voluto comunicarci questo distacco definitivo dalla guerra e da tutto ciò che essa rappresenta. Non più scenari oscuri, pieni di distruzione come in "Nausicaa della Valle del Vento", ma una vera e propria scena idilliaca, un ritorno alla campagna vergine, la quale è in armonia con la città (come visto ne "Il mio vicino Totoro" e anche in "Ponyo sulla scogliera"). Quindi è come se il Maestro avesse deciso di fare pace definitivamente. Le ambientazioni sono realistiche come non mai, i paesaggi sono armoniosi, trasmettono serenità e tranquillità, come si fosse in un dipinto. La natura dimostra di essere viva, e proprio perché è viva chiede di essere rispettata e, quando qualcuno fa uno sbaglio, essa lo corregge immediatamente, e chi ci vive si adegua.
La colonna sonora è semplicemente delicata e serve a riflettere lo stato di quiete, pace e tranquillità che si riflette anche nei personaggi. Questi all'inizio si dimostrano freddi, ma in realtà non fanno che celare la propria gentilezza e disponibilità. A poco a poco, vedendo il duro lavoro, l'impegno e la costanza con cui la protagonista affronta la vita, si aprono ad essa e quindi la fanno sentire accettata. Proprio l'accettazione è il climax della storia. Devo confessare che in un certo senso vedo molto di quello a cui sono abituato e con cui sono cresciuto. Il passaggio prima dalla campagna e dall'infanzia (emblemi della purezza e dell'innocenza) alla città e all'età adulta (simboli dell'autocoscienza, autoconsapevolezza e della maturità) è sempre un calvario/ordalia (l'adolescenza). Appunto, vi è la battuta della signora Osono riguardo allo sforzo fatto da Kiki per effettuare una determinata consegna presso una famiglia benestante, in seguito a cui si ammala per via della pioggia e a poco a poco perde anche i suoi poteri. In un certo senso mi ci identifico e riconosco. Anche adesso faccio fatica a compiere determinati passi.
P.S. Il Maestro, ipoteticamente parlando, ci ha dato l'anticipazione di "Sailor Moon" e anche "Harry Potter", anche se qui non c'entra molto, forse per via della presenza di Jiji, il quale è la versione maschile di Luna, come consigliera della protagonista. Spero che questa analogia venga interpretata nel modo giusto.
Comunque per me è semplicemente l'apice della carriera del Maestro.
Voto: 10
Trama
Pur avendo una sinossi molto semplice e a tratti elementare, il film riesce comunque a tenere lo spettatore incollato allo schermo, cercando di farlo immedesimare completamente nella streghetta con la passione per il Bartolini (questo post non è sponsorizzato). Perché di questo in fondo si tratta: una piccola strega deve completare il suo apprendistato trovando una dimora fissa lontano dalla sua casa, sopravvivendo per un anno, da sola, per ricevere il “patentino” da maga autorizzata (un po’ come i ragazzi spartani, insomma). Tra le difficoltà della sfida, per sopravvivere inizia dopo un po’ di tempo a effettuare consegne per i clienti di un negozio. In tutto questo, vengono trattati temi profondi come la diversità, l’integrazione e la forza di volontà. Mi sono spiegato malissimo, ma, insomma, è così.
Personaggi e stile
I personaggi sono caratterizzati molto bene, pur rimanendo molto semplici. I loro ruoli sono già visti e rivisti in altri lungometraggi dello studio Ghibli e non: due bambini destinati a diventare inseparabili amici, la nonnina simpatica, amichevole e sempre ben disposta, etc.
Eppure, nel complesso, pur essendo alcune volte delle vere e proprie macchiette, tutti i personaggi si immedesimano perfettamente nella trama, non stonando l’un con l’altro e amalgamandosi perfettamente tra loro. Per quanto concerne la regia, già dicendo che è diretto da un mostro sacro come Hayao Miyazaki, “carta canta” (ma questa non ruba le magliette).
Comparto tecnico
Il punto forte del film? Le animazioni e il world building: spettacolari. Con questa pellicola, Miyazaki getta le basi per uno stile e delle ambientazioni che rivedremo in altre sue opere, come “Porco Rosso” e “Si alza il vento”. Una città marittima spettacolare, dove il rétro delle auto e per esempio della rusticità delle case si contrappone e combina alla perfezione con la modernità dell’epoca, dalle radioline ai mangianastri. Le animazioni e il character design sono di un livello molto alto, in linea con quasi tutte le produzioni dello Studio, pur essendo “solamente” il 1989. Anche la colonna sonora è azzeccatissima, facendoti ambientare nel contesto portuale della maggior parte del film, ma con quel tocco magico di Joe Hisashi che lo distingue dagli altri compositori. Marco Madia direbbe: “Sento Posillipo”.
Mi è piaciuto?
Sì, per essere un film pensato per un pubblico più giovane di me, che certamente non vuole andare a ricercare i temi più profondi della psicologia umana o di toccare gli angoli più remoti della filosofia, è certamente molto bello. Non mi aspettavo neanche che, conoscendo a spanne la trama, mi avrebbe stupito così tanto. In sostanza, sì, mi è piaciuto.
Lo consiglio?
Assolutamente sì: se volete rilassarvi con un film impeccabile sotto il punto di vista tecnico e con una trama molto tranquilla, ma capace anche di emozionare senza essere complicata, “Kiki consegne a domicilio” è ciò che state cercando.
Pur avendo una sinossi molto semplice e a tratti elementare, il film riesce comunque a tenere lo spettatore incollato allo schermo, cercando di farlo immedesimare completamente nella streghetta con la passione per il Bartolini (questo post non è sponsorizzato). Perché di questo in fondo si tratta: una piccola strega deve completare il suo apprendistato trovando una dimora fissa lontano dalla sua casa, sopravvivendo per un anno, da sola, per ricevere il “patentino” da maga autorizzata (un po’ come i ragazzi spartani, insomma). Tra le difficoltà della sfida, per sopravvivere inizia dopo un po’ di tempo a effettuare consegne per i clienti di un negozio. In tutto questo, vengono trattati temi profondi come la diversità, l’integrazione e la forza di volontà. Mi sono spiegato malissimo, ma, insomma, è così.
Personaggi e stile
I personaggi sono caratterizzati molto bene, pur rimanendo molto semplici. I loro ruoli sono già visti e rivisti in altri lungometraggi dello studio Ghibli e non: due bambini destinati a diventare inseparabili amici, la nonnina simpatica, amichevole e sempre ben disposta, etc.
Eppure, nel complesso, pur essendo alcune volte delle vere e proprie macchiette, tutti i personaggi si immedesimano perfettamente nella trama, non stonando l’un con l’altro e amalgamandosi perfettamente tra loro. Per quanto concerne la regia, già dicendo che è diretto da un mostro sacro come Hayao Miyazaki, “carta canta” (ma questa non ruba le magliette).
Comparto tecnico
Il punto forte del film? Le animazioni e il world building: spettacolari. Con questa pellicola, Miyazaki getta le basi per uno stile e delle ambientazioni che rivedremo in altre sue opere, come “Porco Rosso” e “Si alza il vento”. Una città marittima spettacolare, dove il rétro delle auto e per esempio della rusticità delle case si contrappone e combina alla perfezione con la modernità dell’epoca, dalle radioline ai mangianastri. Le animazioni e il character design sono di un livello molto alto, in linea con quasi tutte le produzioni dello Studio, pur essendo “solamente” il 1989. Anche la colonna sonora è azzeccatissima, facendoti ambientare nel contesto portuale della maggior parte del film, ma con quel tocco magico di Joe Hisashi che lo distingue dagli altri compositori. Marco Madia direbbe: “Sento Posillipo”.
Mi è piaciuto?
Sì, per essere un film pensato per un pubblico più giovane di me, che certamente non vuole andare a ricercare i temi più profondi della psicologia umana o di toccare gli angoli più remoti della filosofia, è certamente molto bello. Non mi aspettavo neanche che, conoscendo a spanne la trama, mi avrebbe stupito così tanto. In sostanza, sì, mi è piaciuto.
Lo consiglio?
Assolutamente sì: se volete rilassarvi con un film impeccabile sotto il punto di vista tecnico e con una trama molto tranquilla, ma capace anche di emozionare senza essere complicata, “Kiki consegne a domicilio” è ciò che state cercando.
Un film che nel suo insieme definirei senza infamia e senza lode. Reinterpreta nel tipico stile Ghibli il genere majokko, ovvero i manga e gli anime dove la protagonista è una bambina dai poteri magici, e ha con sé un piccolo animale parlante come mascotte.
Sul piano grafico è leggermente inferiore rispetto a diversi altri film dello stesso studio, ma rimane comunque ad un buon livello, soprattutto per quanto riguarda i bellissimi sfondi con tinte pastello, tipici dell'animazione giapponese di quegli anni.
Kiki ha un aspetto molto simile a Satsuki dal film "Il mio vicino Totoro", dunque Miyazaki è uno di quegli autori giapponesi che riciclano un pochino il design dei propri personaggi. Tutto sommato ci sta: nel mondo degli anime e dei manga viene creato un numero spropositato di personaggi, e non sempre è facile disegnarne di completamente nuovi.
Le musiche non sono affatto sgradevoli, ma nemmeno particolarmente memorabili.
Per quanto riguarda i contenuti, il succo sta chiaramente nella crescita interiore della maghetta protagonista. Nulla di originale, dato che moltissimi titoli giapponesi sono basati sul percorso di maturazione dei suoi personaggi. Tuttavia, un aspetto molto grazioso e gradito è il parallelo fra pittura e magia che il film opera.
Sono molto simpatici alcuni riferimenti storici, come ad esempio la tragedia del dirigibile Zeppelin.
L'ambientazione ricorda la Svezia. In qualche modo è anche ritratta l'inventiva e creatività tipica del popolo svedese, e anche questo è un aspetto molto simpatico.
Ma per il resto l'ho trovato un lungometraggio abbastanza noiosetto, e con una conclusione non particolarmente significativa. Potrebbe essere divertente guardarlo per spettatori più giovani di me, ma credo che talvolta anche i più giovani potrebbero annoiarsi. Uno dei titoli Ghibli che ho apprezzato di meno, onestamente.
Sul piano grafico è leggermente inferiore rispetto a diversi altri film dello stesso studio, ma rimane comunque ad un buon livello, soprattutto per quanto riguarda i bellissimi sfondi con tinte pastello, tipici dell'animazione giapponese di quegli anni.
Kiki ha un aspetto molto simile a Satsuki dal film "Il mio vicino Totoro", dunque Miyazaki è uno di quegli autori giapponesi che riciclano un pochino il design dei propri personaggi. Tutto sommato ci sta: nel mondo degli anime e dei manga viene creato un numero spropositato di personaggi, e non sempre è facile disegnarne di completamente nuovi.
Le musiche non sono affatto sgradevoli, ma nemmeno particolarmente memorabili.
Per quanto riguarda i contenuti, il succo sta chiaramente nella crescita interiore della maghetta protagonista. Nulla di originale, dato che moltissimi titoli giapponesi sono basati sul percorso di maturazione dei suoi personaggi. Tuttavia, un aspetto molto grazioso e gradito è il parallelo fra pittura e magia che il film opera.
Sono molto simpatici alcuni riferimenti storici, come ad esempio la tragedia del dirigibile Zeppelin.
L'ambientazione ricorda la Svezia. In qualche modo è anche ritratta l'inventiva e creatività tipica del popolo svedese, e anche questo è un aspetto molto simpatico.
Ma per il resto l'ho trovato un lungometraggio abbastanza noiosetto, e con una conclusione non particolarmente significativa. Potrebbe essere divertente guardarlo per spettatori più giovani di me, ma credo che talvolta anche i più giovani potrebbero annoiarsi. Uno dei titoli Ghibli che ho apprezzato di meno, onestamente.
Eccoci di nuovo alla fiera del nulla. Peccato. Con "Il mio vicino Totoro" Miyazaki mi aveva stupito, era riuscito a creare un film, e per di più magico. Era una cosa incredibile ai miei occhi.
Con "Kiki consegne a domicilio" invece il Maestro ritorna sui propri passi. Non dirò niente riguardo l'aspetto tecnico, non c'è neanche mezzo elemento del film che sia visivamente valido, solo anonimo: una animazione piatta, il solito character design di Kondo e il solito stile 'impressionista' del Maestro, e questa volta per una città svedese. Una nota positiva, come al solito, va alla splendida colonna sonora: il tema della protagonista è dolce, affettuoso e simpatico; belle le musiche nelle scene finali. Buono il montaggio.
Kiki, con il suo sorriso innocente in una grande città nordica sconosciuta e caotica, è una nuova Heidi, ed è identica a Sheeta di "Laputa". Il film si fregia persino di uno dei personaggi maschili più insulsi e inquietanti dello studio Ghibli, un traguardo di tutto rispetto, non c'è che dire, in mezzo alla sfilza di simil-otaku che il Maestro ci ha proposto: parlo di Tombo.
Il film non ha mezzo personaggio memorabile, non ha una scena degna di nota, se non il ritardo e quella del dirigibile... Soporifero. Nessuna riflessione degna di nota, se non una banalissima crisi magica e una pioggerellina che rovina un appuntamento galante... Scadente, inutilmente lungo. Il Vate poteva fermarsi ai sessanta minuti stabiliti all'inizio, eppure no. Non sarà l'unica volta che il Maestro farà un lunghissimo film sonnolento su un romanzo semplice e veloce, vedi "Il castello errante di Howl". Come si dice, il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Unica riflessione degna di nota è il tema del duro lavoro, Miyazaki lo sfrutterà un po' meglio nel più riuscito "La città incantata".
Ho speso già troppe parole su questa opera del Maestro. È spazzatura. Ero tentato di mettere un 2 per pietà, ma non ne vale la pena. Anche questo non è un film.
Con "Kiki consegne a domicilio" invece il Maestro ritorna sui propri passi. Non dirò niente riguardo l'aspetto tecnico, non c'è neanche mezzo elemento del film che sia visivamente valido, solo anonimo: una animazione piatta, il solito character design di Kondo e il solito stile 'impressionista' del Maestro, e questa volta per una città svedese. Una nota positiva, come al solito, va alla splendida colonna sonora: il tema della protagonista è dolce, affettuoso e simpatico; belle le musiche nelle scene finali. Buono il montaggio.
Kiki, con il suo sorriso innocente in una grande città nordica sconosciuta e caotica, è una nuova Heidi, ed è identica a Sheeta di "Laputa". Il film si fregia persino di uno dei personaggi maschili più insulsi e inquietanti dello studio Ghibli, un traguardo di tutto rispetto, non c'è che dire, in mezzo alla sfilza di simil-otaku che il Maestro ci ha proposto: parlo di Tombo.
Il film non ha mezzo personaggio memorabile, non ha una scena degna di nota, se non il ritardo e quella del dirigibile... Soporifero. Nessuna riflessione degna di nota, se non una banalissima crisi magica e una pioggerellina che rovina un appuntamento galante... Scadente, inutilmente lungo. Il Vate poteva fermarsi ai sessanta minuti stabiliti all'inizio, eppure no. Non sarà l'unica volta che il Maestro farà un lunghissimo film sonnolento su un romanzo semplice e veloce, vedi "Il castello errante di Howl". Come si dice, il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Unica riflessione degna di nota è il tema del duro lavoro, Miyazaki lo sfrutterà un po' meglio nel più riuscito "La città incantata".
Ho speso già troppe parole su questa opera del Maestro. È spazzatura. Ero tentato di mettere un 2 per pietà, ma non ne vale la pena. Anche questo non è un film.
Ci sono opere cinematografiche che trascendono il successo commerciale del momento, travalicano le generazioni fino ad arrivare allo status di vere e proprie icone - parola che allude appunto una sorta di adorazione religiosa da parte una schiera di seguaci. Parlando di animazione giapponese, e di Studio Ghibli in particolare, si possono citare molti film da annoverare a pieno titolo nella categoria dei cult, e oggi celebriamo un titolo fra i più amati dai fan di tutto il mondo: “Kiki - Consegne a domicilio”.
Tratto da un racconto molto noto in Giappone, scritto da Eiko Kadono, “Kiki - Consegne a domicilio” è il quinto lungometraggio di Hayao Miyazaki come regista, qui nelle vesti anche di produttore e sceneggiatore.
Siamo nell’anno 1989. Lo Studio Ghibli ha appena incassato un buon consenso di critica ma un deludente riscontro al botteghino con la doppia uscita al cinema de “Il mio vicino Totoro” e “La tomba delle lucciole”. L’azienda non ha ancora raggiunto la stabilità economica, e solo con l'uscita di “Kiki - Consegne a domicilio” arriva il primo vero successo, che stabilisce un record d’incassi in Giappone, conquistando il primo posto nella top ten cinematografica dell'anno con circa 750.000 spettatori. Questo sorprendente risultato permetterà a Hayao Miyazaki e soci di assumere per la prima volta uno staff di animatori a tempo pieno con uno stipendio fisso, consentendogli di formare un gran numero di specialisti talentuosi e di imporsi come marchio di qualità assoluta nell'ambito dell'animazione internazionale.
Kiki è una giovane aspirante strega, simpatica e un po' maldestra. Come da tradizione familiare, compiuti i tredici anni, deve lasciare casa e partire alla ricerca di una città in cui svolgere un anno di apprendistato nelle arti magiche, così da dimostrarsi indipendente. In compagnia dell’inseparabile gatto nero parlante Jiji, a cavallo della scopa di sua madre corredata con la radiolina di suo padre, Kiki arriva nella grande città di Koriko che, bagnata dal mare e sovrastata da una splendida torre con l'orologio, rappresenta il posto dei sogni di Kiki. Ma la città ha in serbo molte sorprese per la piccola strega, prima fra tutte l'indifferente freddezza dei suoi abitanti. Armata del suo unico talento magico, quello di volare con la sua scopa, Kiki riesce faticosamente ad avviare un'attività di consegne a domicilio. La conquista dell'indipendenza economica ed emotiva si mostra subito come un duro percorso di crescita per Kiki, che dovrà affrontare molte avventure e tante difficoltà, sia fuori che dentro di lei...
Siamo alle prese con un vero e proprio bildungsroman improntato con lo stile che potremmo definire ormai "classico" dello Studio Ghibli. Messi momentaneamente da parte i nobili propositi pacifisti e ambientalisti, e con un'operazione tutt'altro che complessa (ma non per questo banale), Miyazaki si sofferma sul tema della crescita, dove l'apprendistato di Kiki rappresenta una metafora del passaggio dall'infanzia all'età della ragione. Il prototipo della ragazza che non si sottrae alle proprie responsabilità e mette tutto l'impegno per riuscire nei propri intenti, ricorrente in molte opere del cineasta, qui diventa un fattore centrale e interpreta quello spirito di sacrificio e abnegazione tipicamente nipponici.
Al tema portante del passaggio alla maturità, con tutte le complicazioni che esso comporta, si affianca il concetto di vulnerabilità, più volte ribadito durante il film. Significativa in tal senso è la scena della prima notte di Kiki lontano da casa, quando la ragazza esce furtivamente per andare al bagno ma si accorge che il marito di Osono la sta osservando, quindi corre a rintanarsi come un cucciolo impaurito, esprimendo tutta la sua fragilità e innocenza.
Nelle sue opere Miyazaki ha sempre privilegiato lo studio dei personaggi femminili, tratteggiando donne forti, vitali, indipendenti, e Kiki è una degna rappresentante di questa illustre stirpe, iniziata con Hilda (“La grande avventura del principe Valiant”, 1968), Lana, Monsley (“Conan”, 1978), Nausicaä (1984), Sheeta (“Laputa: il castello nel cielo”, 1986), e proseguita dalle varie Taeko (“Pioggia di ricordi2, 1991), Fio (“Porco rosso”, 1992), Shizuku (“I sospiri del mio cuore”, 1995), Chihiro (“La città incantata”, 2001).
Se con “La tomba delle lucciole” ci si era spinti su un registro inopinatamente tragico per l’animazione, questa volta il soggetto è tratto da un libro per bambini dal tono tranquillo e leggero. Cionondimeno Miyazaki inserisce nella pellicola alcuni elementi drammatici, intendendo rivolgere la sua attenzione in primis alle adolescenti giapponesi dell’epoca e alle difficoltà che queste devono affrontare nella vita contemporanea per conquistare l’indipendenza. Il romanzo originale ha inoltre bisogno di essere adattato al formato narrativo del lungometraggio. A differenza della versione letteraria quindi la protagonista deve affrontare prove difficili ed esperienze traumatiche, vivere crisi di insicurezza e addirittura perdere i suoi poteri in un momento di incertezza e solitudine.
Bisogna ricordare che inizialmente Eiko Kadono era molto contrariata dei cambiamenti proposti alla sua opera, e ci è voluta tutta la persuasione di Hayao Miyazaki e Isao Takahata per evitare che la scrittrice mandasse all’aria il progetto. Un'altra curiosità consiste nella nomenclatura che l'azienda di trasporti Kuroneko Yamato aveva creato per il suo nuovo servizio di consegne a domicilio, scelta per il titolo del libro. Anche l'effigie del gatto nero, che è proprio nel logo della compagnia, era stata presa in prestito da quella reale. Takahata ha dovuto usare di nuovo tutta la sua diplomazia per risolvere il conflitto e la Kuroneko Yamato è diventato uno degli sponsor del film.
La storia è ambientata a Koriko, una città da favola con un'accentuata connotazione mediterranea, sebbene sia il frutto dello studio e della rivisitazione in chiave immaginaria di una città nordica: si tratta infatti di Stoccolma, dove il cineasta e la sua squadra si sono recati per documentarsi sulle ambientazioni, scattando migliaia di fotografie e disegnando bozzetti di riferimento. In realtà, per Miyazaki si è trattato effettivamente di un ritorno: già nel 1971 vi si era recato con Yutaka Fujioka, presidente della Tokyo Movie Shinsha, nel vano tentativo di acquisire i diritti del best seller “Pippi Calzelunghe”. La Svezia ha quindi lasciato una forte impressione su Miyazaki e in questo nuovo viaggio lui e la sua troupe hanno utilizzato più di ottanta rullini di pellicola per riprendere Visby e Stoccolma.
Cronologicamente invece, siamo in un’epoca non ben definita. Probabilmente il film si colloca nella prima metà del XX secolo, in cui però le due Guerre Mondiali sembrano non aver mai avuto luogo: l'autore infatti, con un colpo di spugna, cancella dalla storia quelle catastrofi e, da grande appassionato di aeronautica, si concede anche di reinventare la tragedia del dirigibile Zeppelin "Hindenburg". In questo scenario idealizzato, dove la Belle Epoque non è mai terminata, compaiono altri oggetti mitici di archeologia industriale, come le decorazioni in stile Liberty o la Ford modello T che fa capolino nel garage di Tonbo.
I disegni e le animazioni rientrano negli standard elevatissimi ai quali lo Studio Ghibli ci ha abituati, con la freschezza e la grazia che li contraddistinguono ancora oggi, a trent'anni di distanza. I personaggi sono incredibilmente espressivi pur nella semplicità e pulizia del tratto grafico, che privilegia le linee morbide e tondeggianti. A tal proposito, vale la pena ricordare il contributo di Yoshifumi Kondo, il brillante character designer tanto caro a Miyazaki e Takahata.
Ad accompagnare musicalmente tale folgorante messa in scena ci pensa la leggiadra e sognante orchestrazione di Joe Hisaishi, che inanella la quarta di una lunga serie di colonne sonore, per un imprescindibile sodalizio con Miyazaki, fra i più solidi e duraturi nella storia del cinema.
Ciò che sicuramente rimane impresso nella memoria dello spettatore è la cura nella descrizione dei personaggi che risultano particolarmente genuini e credibili. Impossibile non affezionarsi alla protagonista Kiki che, con l’energia e la vivacità dei suoi tredici anni, dovrà affrontare l’isolamento e la difficoltà di inserirsi in una nuova città per guadagnarsi da vivere. Il gattino nero Jiji è una simpatica spalla comica, usato come felice stratagemma per mostrare lo sviluppo del personaggio principale e la sua progressiva crescita psicologica, nonché esempio del simbiotico rapporto uomo/animale che spesso compare nella filmografia di Miyazaki. Il suo mutismo segnerà la fine di una stagione della vita della ragazza, e la sua costante presenza al fianco di Kiki è tale che il gatto si direbbe quasi una parte di Kiki stessa: è per lei un amico, un consigliere e anche un po’ la voce della sua coscienza. Tonbo è un ragazzo di Koriko che, come molti personaggi maschili di Miyazaki, ha la passione per il volo e sogna di costruire una macchina volante. Oggi potremmo definirlo un otaku delle macchine volanti, era quindi inevitabile che restasse affascinato da una strega che si libra a bordo della sua scopa, al punto da fare di tutto pur di diventare suo amico. Ursula è una giovane donna emancipata, pittrice di talento che ama trascorrere l’estate da sola in una baita nel bosco dove trova ispirazione per le sue tele, ispirate vagamente allo stile fiabesco e onirico di Marc Chagall. Pragmatica e padrona di sé, farà conoscere alla sua nuova amica Kiki la sua profonda sensibilità, risultando una guida verso la maturità. Osono è la solare e schietta panettiera che consente a Kiki di stabilirsi a Koriko, offrendole un alloggio in cambio di aiuto in negozio. Osono e il suo taciturno marito aspettano un bimbo, e forse anche per questo assumono un atteggiamento naturalmente protettivo verso la giovane protagonista. Infine, l’anziana signora è un personaggio nobile e distinto che Kiki conosce per una consegna a domicilio. Tra le due si instaura subito un rapporto affettivo che esula dal rapporto di lavoro e che affonda le proprie radici nell’animo gentile e generoso di entrambe.
La cronaca dell’epoca ci racconta che, all’inizio del progetto, Hayao Miyazaki pensava di assumere solo il ruolo di produttore. Tuttavia, poiché era insoddisfatto della sceneggiatura preparata dal giovane collega Nobuyuki Isshiki, che a suo giudizio non appariva in sintonia con lo spirito delle adolescenti giapponesi alle quali il film era rivolto, decise di impegnarsi direttamente nel processo creativo, occupandosi personalmente nella scrittura. In seguito, anche l'incaricato della regia, il giovane Sunao Katabuchi (“In questo angolo di mondo”, 2017), al suo debutto come regista, verrà sostituito dallo stesso Miyazaki, ma rimarrà nella produzione come aiuto regista.
Nel 2013, grazie a Lucky Red, “Kiki - Consegne a domicilio” è stato ridistribuito in Italia e, rispetto alla vecchia edizione Buena Vista, ha potuto valersi di un evento straordinario al cinema (per la prima volta proiettato nelle sale italiane il 24 aprile) e di una nuova edizione home video con il riadattamento dei dialoghi e la direzione del doppiaggio a cura di Gualtiero Cannarsi, con la traduzione di Elisa Nardoni.
Per ciò che concerne le voci dei personaggi nella nuova versione, da segnalare la presenza di Domitilla D’Amico al posto di Eva Padoan nei panni di Kiki/Ursula e di Manuel Meli al posto di Davide Perino per Tonbo, mentre sono state confermate le voci di Ilaria Stagni (Jiji), Giò Giò Rapattoni (Osono) e Maia Pia Di Meo (Signora).
Per concludere, possiamo dire che “Kiki - Consegne a domicilio”, pur nascendo nel 1989, non fa tanto il verso alle maghette appariscenti e spettacolari tanto in voga in quegli anni, ma rimanda piuttosto alle emozioni sussurrate di “Anna dai capelli rossi”, gloriosa serie 'meisaku' della Nippon Animation, diretta dieci anni prima da Isao Takahata e curata dallo stesso Miyazaki per quanto riguarda lo scene design. I suoi paesaggi dai toni pastello e i suoi personaggi solari e positivi ne fanno un film semplice ed essenziale, fruibile da tutti e che si lascia apprezzare magnificamente ancora oggi, alla rispettabile età di trent’anni.
Tratto da un racconto molto noto in Giappone, scritto da Eiko Kadono, “Kiki - Consegne a domicilio” è il quinto lungometraggio di Hayao Miyazaki come regista, qui nelle vesti anche di produttore e sceneggiatore.
Siamo nell’anno 1989. Lo Studio Ghibli ha appena incassato un buon consenso di critica ma un deludente riscontro al botteghino con la doppia uscita al cinema de “Il mio vicino Totoro” e “La tomba delle lucciole”. L’azienda non ha ancora raggiunto la stabilità economica, e solo con l'uscita di “Kiki - Consegne a domicilio” arriva il primo vero successo, che stabilisce un record d’incassi in Giappone, conquistando il primo posto nella top ten cinematografica dell'anno con circa 750.000 spettatori. Questo sorprendente risultato permetterà a Hayao Miyazaki e soci di assumere per la prima volta uno staff di animatori a tempo pieno con uno stipendio fisso, consentendogli di formare un gran numero di specialisti talentuosi e di imporsi come marchio di qualità assoluta nell'ambito dell'animazione internazionale.
Kiki è una giovane aspirante strega, simpatica e un po' maldestra. Come da tradizione familiare, compiuti i tredici anni, deve lasciare casa e partire alla ricerca di una città in cui svolgere un anno di apprendistato nelle arti magiche, così da dimostrarsi indipendente. In compagnia dell’inseparabile gatto nero parlante Jiji, a cavallo della scopa di sua madre corredata con la radiolina di suo padre, Kiki arriva nella grande città di Koriko che, bagnata dal mare e sovrastata da una splendida torre con l'orologio, rappresenta il posto dei sogni di Kiki. Ma la città ha in serbo molte sorprese per la piccola strega, prima fra tutte l'indifferente freddezza dei suoi abitanti. Armata del suo unico talento magico, quello di volare con la sua scopa, Kiki riesce faticosamente ad avviare un'attività di consegne a domicilio. La conquista dell'indipendenza economica ed emotiva si mostra subito come un duro percorso di crescita per Kiki, che dovrà affrontare molte avventure e tante difficoltà, sia fuori che dentro di lei...
Siamo alle prese con un vero e proprio bildungsroman improntato con lo stile che potremmo definire ormai "classico" dello Studio Ghibli. Messi momentaneamente da parte i nobili propositi pacifisti e ambientalisti, e con un'operazione tutt'altro che complessa (ma non per questo banale), Miyazaki si sofferma sul tema della crescita, dove l'apprendistato di Kiki rappresenta una metafora del passaggio dall'infanzia all'età della ragione. Il prototipo della ragazza che non si sottrae alle proprie responsabilità e mette tutto l'impegno per riuscire nei propri intenti, ricorrente in molte opere del cineasta, qui diventa un fattore centrale e interpreta quello spirito di sacrificio e abnegazione tipicamente nipponici.
Al tema portante del passaggio alla maturità, con tutte le complicazioni che esso comporta, si affianca il concetto di vulnerabilità, più volte ribadito durante il film. Significativa in tal senso è la scena della prima notte di Kiki lontano da casa, quando la ragazza esce furtivamente per andare al bagno ma si accorge che il marito di Osono la sta osservando, quindi corre a rintanarsi come un cucciolo impaurito, esprimendo tutta la sua fragilità e innocenza.
Nelle sue opere Miyazaki ha sempre privilegiato lo studio dei personaggi femminili, tratteggiando donne forti, vitali, indipendenti, e Kiki è una degna rappresentante di questa illustre stirpe, iniziata con Hilda (“La grande avventura del principe Valiant”, 1968), Lana, Monsley (“Conan”, 1978), Nausicaä (1984), Sheeta (“Laputa: il castello nel cielo”, 1986), e proseguita dalle varie Taeko (“Pioggia di ricordi2, 1991), Fio (“Porco rosso”, 1992), Shizuku (“I sospiri del mio cuore”, 1995), Chihiro (“La città incantata”, 2001).
Se con “La tomba delle lucciole” ci si era spinti su un registro inopinatamente tragico per l’animazione, questa volta il soggetto è tratto da un libro per bambini dal tono tranquillo e leggero. Cionondimeno Miyazaki inserisce nella pellicola alcuni elementi drammatici, intendendo rivolgere la sua attenzione in primis alle adolescenti giapponesi dell’epoca e alle difficoltà che queste devono affrontare nella vita contemporanea per conquistare l’indipendenza. Il romanzo originale ha inoltre bisogno di essere adattato al formato narrativo del lungometraggio. A differenza della versione letteraria quindi la protagonista deve affrontare prove difficili ed esperienze traumatiche, vivere crisi di insicurezza e addirittura perdere i suoi poteri in un momento di incertezza e solitudine.
Bisogna ricordare che inizialmente Eiko Kadono era molto contrariata dei cambiamenti proposti alla sua opera, e ci è voluta tutta la persuasione di Hayao Miyazaki e Isao Takahata per evitare che la scrittrice mandasse all’aria il progetto. Un'altra curiosità consiste nella nomenclatura che l'azienda di trasporti Kuroneko Yamato aveva creato per il suo nuovo servizio di consegne a domicilio, scelta per il titolo del libro. Anche l'effigie del gatto nero, che è proprio nel logo della compagnia, era stata presa in prestito da quella reale. Takahata ha dovuto usare di nuovo tutta la sua diplomazia per risolvere il conflitto e la Kuroneko Yamato è diventato uno degli sponsor del film.
La storia è ambientata a Koriko, una città da favola con un'accentuata connotazione mediterranea, sebbene sia il frutto dello studio e della rivisitazione in chiave immaginaria di una città nordica: si tratta infatti di Stoccolma, dove il cineasta e la sua squadra si sono recati per documentarsi sulle ambientazioni, scattando migliaia di fotografie e disegnando bozzetti di riferimento. In realtà, per Miyazaki si è trattato effettivamente di un ritorno: già nel 1971 vi si era recato con Yutaka Fujioka, presidente della Tokyo Movie Shinsha, nel vano tentativo di acquisire i diritti del best seller “Pippi Calzelunghe”. La Svezia ha quindi lasciato una forte impressione su Miyazaki e in questo nuovo viaggio lui e la sua troupe hanno utilizzato più di ottanta rullini di pellicola per riprendere Visby e Stoccolma.
Cronologicamente invece, siamo in un’epoca non ben definita. Probabilmente il film si colloca nella prima metà del XX secolo, in cui però le due Guerre Mondiali sembrano non aver mai avuto luogo: l'autore infatti, con un colpo di spugna, cancella dalla storia quelle catastrofi e, da grande appassionato di aeronautica, si concede anche di reinventare la tragedia del dirigibile Zeppelin "Hindenburg". In questo scenario idealizzato, dove la Belle Epoque non è mai terminata, compaiono altri oggetti mitici di archeologia industriale, come le decorazioni in stile Liberty o la Ford modello T che fa capolino nel garage di Tonbo.
I disegni e le animazioni rientrano negli standard elevatissimi ai quali lo Studio Ghibli ci ha abituati, con la freschezza e la grazia che li contraddistinguono ancora oggi, a trent'anni di distanza. I personaggi sono incredibilmente espressivi pur nella semplicità e pulizia del tratto grafico, che privilegia le linee morbide e tondeggianti. A tal proposito, vale la pena ricordare il contributo di Yoshifumi Kondo, il brillante character designer tanto caro a Miyazaki e Takahata.
Ad accompagnare musicalmente tale folgorante messa in scena ci pensa la leggiadra e sognante orchestrazione di Joe Hisaishi, che inanella la quarta di una lunga serie di colonne sonore, per un imprescindibile sodalizio con Miyazaki, fra i più solidi e duraturi nella storia del cinema.
Ciò che sicuramente rimane impresso nella memoria dello spettatore è la cura nella descrizione dei personaggi che risultano particolarmente genuini e credibili. Impossibile non affezionarsi alla protagonista Kiki che, con l’energia e la vivacità dei suoi tredici anni, dovrà affrontare l’isolamento e la difficoltà di inserirsi in una nuova città per guadagnarsi da vivere. Il gattino nero Jiji è una simpatica spalla comica, usato come felice stratagemma per mostrare lo sviluppo del personaggio principale e la sua progressiva crescita psicologica, nonché esempio del simbiotico rapporto uomo/animale che spesso compare nella filmografia di Miyazaki. Il suo mutismo segnerà la fine di una stagione della vita della ragazza, e la sua costante presenza al fianco di Kiki è tale che il gatto si direbbe quasi una parte di Kiki stessa: è per lei un amico, un consigliere e anche un po’ la voce della sua coscienza. Tonbo è un ragazzo di Koriko che, come molti personaggi maschili di Miyazaki, ha la passione per il volo e sogna di costruire una macchina volante. Oggi potremmo definirlo un otaku delle macchine volanti, era quindi inevitabile che restasse affascinato da una strega che si libra a bordo della sua scopa, al punto da fare di tutto pur di diventare suo amico. Ursula è una giovane donna emancipata, pittrice di talento che ama trascorrere l’estate da sola in una baita nel bosco dove trova ispirazione per le sue tele, ispirate vagamente allo stile fiabesco e onirico di Marc Chagall. Pragmatica e padrona di sé, farà conoscere alla sua nuova amica Kiki la sua profonda sensibilità, risultando una guida verso la maturità. Osono è la solare e schietta panettiera che consente a Kiki di stabilirsi a Koriko, offrendole un alloggio in cambio di aiuto in negozio. Osono e il suo taciturno marito aspettano un bimbo, e forse anche per questo assumono un atteggiamento naturalmente protettivo verso la giovane protagonista. Infine, l’anziana signora è un personaggio nobile e distinto che Kiki conosce per una consegna a domicilio. Tra le due si instaura subito un rapporto affettivo che esula dal rapporto di lavoro e che affonda le proprie radici nell’animo gentile e generoso di entrambe.
La cronaca dell’epoca ci racconta che, all’inizio del progetto, Hayao Miyazaki pensava di assumere solo il ruolo di produttore. Tuttavia, poiché era insoddisfatto della sceneggiatura preparata dal giovane collega Nobuyuki Isshiki, che a suo giudizio non appariva in sintonia con lo spirito delle adolescenti giapponesi alle quali il film era rivolto, decise di impegnarsi direttamente nel processo creativo, occupandosi personalmente nella scrittura. In seguito, anche l'incaricato della regia, il giovane Sunao Katabuchi (“In questo angolo di mondo”, 2017), al suo debutto come regista, verrà sostituito dallo stesso Miyazaki, ma rimarrà nella produzione come aiuto regista.
Nel 2013, grazie a Lucky Red, “Kiki - Consegne a domicilio” è stato ridistribuito in Italia e, rispetto alla vecchia edizione Buena Vista, ha potuto valersi di un evento straordinario al cinema (per la prima volta proiettato nelle sale italiane il 24 aprile) e di una nuova edizione home video con il riadattamento dei dialoghi e la direzione del doppiaggio a cura di Gualtiero Cannarsi, con la traduzione di Elisa Nardoni.
Per ciò che concerne le voci dei personaggi nella nuova versione, da segnalare la presenza di Domitilla D’Amico al posto di Eva Padoan nei panni di Kiki/Ursula e di Manuel Meli al posto di Davide Perino per Tonbo, mentre sono state confermate le voci di Ilaria Stagni (Jiji), Giò Giò Rapattoni (Osono) e Maia Pia Di Meo (Signora).
Per concludere, possiamo dire che “Kiki - Consegne a domicilio”, pur nascendo nel 1989, non fa tanto il verso alle maghette appariscenti e spettacolari tanto in voga in quegli anni, ma rimanda piuttosto alle emozioni sussurrate di “Anna dai capelli rossi”, gloriosa serie 'meisaku' della Nippon Animation, diretta dieci anni prima da Isao Takahata e curata dallo stesso Miyazaki per quanto riguarda lo scene design. I suoi paesaggi dai toni pastello e i suoi personaggi solari e positivi ne fanno un film semplice ed essenziale, fruibile da tutti e che si lascia apprezzare magnificamente ancora oggi, alla rispettabile età di trent’anni.
Più che scrivere una recensione, si tratta di testimoniare in un processo, data la divisione tra innocentisti e colpevolisti, tra chi vede “Kiki consegne a domicilio” come un capolavoro e chi come un fallimento. Dato che la trama è stata ben decritta, cercherò di soppesare almeno alcuni elementi pro e contro.
Livello magico: già qui siamo al primo problema. E’ sufficiente l’abilità di cavalcare una scopa per definirsi una vera strega? Personalmente dieri di no, per quanto sia bello, perché ci permette di vedere splendide scene di volo.
Qualità dell’addestramento: scarsa, dato che, come intuito sopra, più che in un apprendistato magico, qui siamo in una situazione in cui conta solo che l’apprendista impari a vivere da solo e ad aprire un’attività, magari nemmeno tanto magica. E questo dovrebbe fare un mago? Diversamente, si rivela anzi un elemento importante per la trama dell’opera, perché crea un approccio del tutto diverso con lo spettatore, che può immedesimarsi meglio con il percorso di crescita della protagonista e vivere una storia di formazione.
Controllo animale: anche se Kiki non ha di questi poteri, gli animali finiranno con avere un gran peso in molte vicende. Ciò rende il tutto un po' troppo disneyano. Decisamente sarebbe stato tutto più sensato se Kiki avesse avuto un potere in questo campo. Per non palare del gatto che diventa muto e non si sa perché.
Voldemort: ci si aspetterebbe un nemico da affrontare o una grande causa da gestire, invece non vi è nulla di tutto ciò, praticamente ci limitiamo ad assistere alla vita della protagonista, alle sue piccole vicende e stop, il che dà alla fine un vuoto sconsolante.
Pietra azzurra: la nostra finisce col comportarsi come Nadia, sfoggiando un carattere impossibile e astioso verso chi le vuole bene, mentre il povero occhialuto sembra il cugino di Jean. In ogni caso le loro vicende saranno più moderate e tranquille.
Ambizione: ci si aspetterebbe che la nostra abbia raggiunto almeno chissà quali ambizioni per il futuro, invece si accontenta di fare il suo lavoretto e stop.
Grafica: davvero buona, siamo a fine anni ottanta, eppure non sfigura nemmeno ora; anche la regia è molto buona.
Tutta la famiglia: un tempo si definiva così un film o un programma e lo si considerava un complimento, poiché significava che fosse un programma a 360 gradi, in grado di dare qualcosa a tutti. Ma questo film, naturalmente, mostra il senso negativo di questo termine, ovvero un programma che può essere visto in compagnia dei propri bambini, e a loro piacerà moltissimo, ma, per un adulto, decisamente ci sarà poco.
Il sole: decisamente l’atmosfera è bella e solare, agli antipodi del mondo chiuso e opprimente de “La città incantata”.
Il giudizio è soggettivo, quindi. Siamo in presenza di un’opera rilassante e simpatica, molto adatta a un pubblico infantile e con una protagonista moe ante-litteram, perfetta per i bambini, ma che ha poco da dire e da dare agli adulti.
Voto finale, mediando un po', sei.
Livello magico: già qui siamo al primo problema. E’ sufficiente l’abilità di cavalcare una scopa per definirsi una vera strega? Personalmente dieri di no, per quanto sia bello, perché ci permette di vedere splendide scene di volo.
Qualità dell’addestramento: scarsa, dato che, come intuito sopra, più che in un apprendistato magico, qui siamo in una situazione in cui conta solo che l’apprendista impari a vivere da solo e ad aprire un’attività, magari nemmeno tanto magica. E questo dovrebbe fare un mago? Diversamente, si rivela anzi un elemento importante per la trama dell’opera, perché crea un approccio del tutto diverso con lo spettatore, che può immedesimarsi meglio con il percorso di crescita della protagonista e vivere una storia di formazione.
Controllo animale: anche se Kiki non ha di questi poteri, gli animali finiranno con avere un gran peso in molte vicende. Ciò rende il tutto un po' troppo disneyano. Decisamente sarebbe stato tutto più sensato se Kiki avesse avuto un potere in questo campo. Per non palare del gatto che diventa muto e non si sa perché.
Voldemort: ci si aspetterebbe un nemico da affrontare o una grande causa da gestire, invece non vi è nulla di tutto ciò, praticamente ci limitiamo ad assistere alla vita della protagonista, alle sue piccole vicende e stop, il che dà alla fine un vuoto sconsolante.
Pietra azzurra: la nostra finisce col comportarsi come Nadia, sfoggiando un carattere impossibile e astioso verso chi le vuole bene, mentre il povero occhialuto sembra il cugino di Jean. In ogni caso le loro vicende saranno più moderate e tranquille.
Ambizione: ci si aspetterebbe che la nostra abbia raggiunto almeno chissà quali ambizioni per il futuro, invece si accontenta di fare il suo lavoretto e stop.
Grafica: davvero buona, siamo a fine anni ottanta, eppure non sfigura nemmeno ora; anche la regia è molto buona.
Tutta la famiglia: un tempo si definiva così un film o un programma e lo si considerava un complimento, poiché significava che fosse un programma a 360 gradi, in grado di dare qualcosa a tutti. Ma questo film, naturalmente, mostra il senso negativo di questo termine, ovvero un programma che può essere visto in compagnia dei propri bambini, e a loro piacerà moltissimo, ma, per un adulto, decisamente ci sarà poco.
Il sole: decisamente l’atmosfera è bella e solare, agli antipodi del mondo chiuso e opprimente de “La città incantata”.
Il giudizio è soggettivo, quindi. Siamo in presenza di un’opera rilassante e simpatica, molto adatta a un pubblico infantile e con una protagonista moe ante-litteram, perfetta per i bambini, ma che ha poco da dire e da dare agli adulti.
Voto finale, mediando un po', sei.
La mia adorabile Kiki! C'è poco da dire: storia deliziosa, personaggi dolcissimi e irresistibili.
Questa deliziosa streghetta vi ruba il cuore in un attimo con le sue consegne a domicilio accompagnate da Jiji, il suo morbido micino nero. L'ho visto diverso tempo fa, ma resta sempre tra i miei preferiti.
Le opere di Miyazaki sono una garanzia, quindi già solo per questo è doveroso guardarlo.
Per non parlare dei paesaggi perfetti che circondano i protagonisti, davvero non si può non guardarlo!
Questa deliziosa streghetta vi ruba il cuore in un attimo con le sue consegne a domicilio accompagnate da Jiji, il suo morbido micino nero. L'ho visto diverso tempo fa, ma resta sempre tra i miei preferiti.
Le opere di Miyazaki sono una garanzia, quindi già solo per questo è doveroso guardarlo.
Per non parlare dei paesaggi perfetti che circondano i protagonisti, davvero non si può non guardarlo!
“Kiki - Consegne a domicilio” (titolo originale “Majo no takkyūbin”) è un film d’animazione del 1989 prodotto dallo Studio Ghibli e diretto da Hayao Miyazaki, tratto dall’omonimo romanzo scritto da Eiko Kadono. E’ stato distribuito in Italia dalla Buena Vista Pictures nel 2002, per poi essere ridoppiato nel 2013 e pubblicato dalla Lucky Red.
Trama: compiuti tredici anni, Kiki, come prevede la tradizione delle streghe, lascia la casa famigliare per iniziare il proprio apprendistato in un altro paese, accompagnata dal fedele gatto nero Jiji. In sella a una classica scopa volante di saggina, arriva in una città sulla costa, dove, dopo qualche iniziale difficoltà, si insedierà presso una gentile panettiera, aprendo un’attività di consegne a domicilio.
A differenza dei precedenti lungometraggi dello Studio Ghibli diretti da Miyazaki, in cui le vicende narrate e i personaggi introdotti erano al servizio di una storia o di un messaggio finale molto forte ed evidente, “Kiki - Consegne a domicilio” è completamente incentrato sulla figura della protagonista. Ogni evento portato su schermo aiuta lo spettatore a comprendere meglio la psicologia della giovane strega e le sue tribolazioni interiori nel passaggio dall'infanzia all'età adulta, costruendo con costanza un coinvolgente percorso di crescita.
Dapprima determinata ed entusiasta per la nuova esperienza, Kiki impara presto che il mondo esterno, specie se soli e lontani da parenti e amici, è un luogo spesso ostile e scontroso. Dopo l’iniziale sorpresa, sono in molti a mostrare una progressiva freddezza verso le abilità della streghetta, demoralizzando una ragazza che, nel corso della trama, si rivela piuttosto incline all'abbattimento e alla tristezza.
Inoltre, l’unica arte magica in possesso di Kiki è il volo (altro tema portante della poetica di Miyazaki), il che fa emergere un aspetto fondamentale della vicenda, cioè il superamento di ogni ostacolo tramite la pura forza di volontà e il sostegno delle persone care, senza il ricorso a trucchi o giochi di prestigio.
Nonostante la presenza di un delizioso cast di supporto (letteralmente), non ci sono antagonisti o rivalità, gli unici nemici di Kiki sono nel suo cuore: sono la depressione per i fallimenti, la solitudine di una stanza vuota e una spiccata emotività che la porta ad allontanare anche quelle persone che le vogliono bene.
Il comparto tecnico è ancora una volta di altissimo livello. Le animazioni sono molto fluide, per quanto semplici per la maggior parte del tempo, ma non mancano di rappresentare al meglio l’ebbrezza e l'instabilità delle sequenze di volo.
Il character design, curato e anche piuttosto vario, mostra un discreto numero di personaggi secondari con fisionomie caratteristiche e anche un sorprendente numero di comparse diverse.
Le ambientazioni sono sempre dettagliatissime e stupefacenti, dipinte con colori tenui ma luminosi: ottima e funzionale è la contrapposizione tra le verdi campagne che Kiki sorvola dirigendosi verso l’inizio del proprio tirocinio e l’affollata città (ispirata ai centri urbani del Nord Europa) in cui si stabilisce, caratterizzata da una perfetta commistione di sfarzosi palazzi e accoglienti casette ed evidentemente a cavallo tra passato e modernità.
La colonna sonora, per quanto piacevole e orecchiabile, non mi è rimasta particolarmente impressa, ad eccezione di un paio di brani più riusciti. Il doppiaggio e l’adattamento italiano del 2013, a cura di Gualtiero Cannarsi, mi sono sembrati eccellenti ed espressivi.
In conclusione, “Kiki – Consegne a domicilio” è un emozionante racconto di formazione sull'abbandono del nido famigliare e l’ingresso nella sfera adulta, con una protagonista credibile, realistica e con cui è facile immedesimarsi. Il lungometraggio ne descrive alla perfezione i tumulti interiori e la difficoltà nel lasciarsi alle spalle l’infanzia, aumentando il coinvolgimento emotivo del pubblico: Kiki è costretta, fin da giovanissima, a rendersi indipendente e ad affrontare il duro mondo del lavoro, ricco di soddisfazioni e delusioni, argomento sempre attuale.
Non ho apprezzato, invece, un certo sguardo carico di rimprovero rivolto agli abitanti della cittadina in cui si trasferisce la protagonista, i cui indifferenza e rigetto iniziali nei confronti della strega, vinti solo quando lei riesce a provare inequivocabilmente il proprio valore, sembrano quasi il risultato del loro rifiuto della tradizione, come se l’autore volesse mostrare la propria disapprovazione per il mancato attaccamento alle cose importanti provenienti dal passato.
Analogo trattamento è riservato alla gioventù locale, talmente materialistica e anaffettiva che neppure Kiki riesce ad evitare di indirizzarle contro sentimenti istintivi di repulsione e sconforto. Quest'ultima, al contrario, dimostra una profonda maturazione, ma senza rinunciare per questo a sé stessa e alle proprie radici.
In ogni caso, si tratta comunque di un film indubbiamente leggero, divertente, appassionante e triste quando necessario. Non il mio preferito, ma resta una visione discretamente consigliata.
Trama: compiuti tredici anni, Kiki, come prevede la tradizione delle streghe, lascia la casa famigliare per iniziare il proprio apprendistato in un altro paese, accompagnata dal fedele gatto nero Jiji. In sella a una classica scopa volante di saggina, arriva in una città sulla costa, dove, dopo qualche iniziale difficoltà, si insedierà presso una gentile panettiera, aprendo un’attività di consegne a domicilio.
A differenza dei precedenti lungometraggi dello Studio Ghibli diretti da Miyazaki, in cui le vicende narrate e i personaggi introdotti erano al servizio di una storia o di un messaggio finale molto forte ed evidente, “Kiki - Consegne a domicilio” è completamente incentrato sulla figura della protagonista. Ogni evento portato su schermo aiuta lo spettatore a comprendere meglio la psicologia della giovane strega e le sue tribolazioni interiori nel passaggio dall'infanzia all'età adulta, costruendo con costanza un coinvolgente percorso di crescita.
Dapprima determinata ed entusiasta per la nuova esperienza, Kiki impara presto che il mondo esterno, specie se soli e lontani da parenti e amici, è un luogo spesso ostile e scontroso. Dopo l’iniziale sorpresa, sono in molti a mostrare una progressiva freddezza verso le abilità della streghetta, demoralizzando una ragazza che, nel corso della trama, si rivela piuttosto incline all'abbattimento e alla tristezza.
Inoltre, l’unica arte magica in possesso di Kiki è il volo (altro tema portante della poetica di Miyazaki), il che fa emergere un aspetto fondamentale della vicenda, cioè il superamento di ogni ostacolo tramite la pura forza di volontà e il sostegno delle persone care, senza il ricorso a trucchi o giochi di prestigio.
Nonostante la presenza di un delizioso cast di supporto (letteralmente), non ci sono antagonisti o rivalità, gli unici nemici di Kiki sono nel suo cuore: sono la depressione per i fallimenti, la solitudine di una stanza vuota e una spiccata emotività che la porta ad allontanare anche quelle persone che le vogliono bene.
Il comparto tecnico è ancora una volta di altissimo livello. Le animazioni sono molto fluide, per quanto semplici per la maggior parte del tempo, ma non mancano di rappresentare al meglio l’ebbrezza e l'instabilità delle sequenze di volo.
Il character design, curato e anche piuttosto vario, mostra un discreto numero di personaggi secondari con fisionomie caratteristiche e anche un sorprendente numero di comparse diverse.
Le ambientazioni sono sempre dettagliatissime e stupefacenti, dipinte con colori tenui ma luminosi: ottima e funzionale è la contrapposizione tra le verdi campagne che Kiki sorvola dirigendosi verso l’inizio del proprio tirocinio e l’affollata città (ispirata ai centri urbani del Nord Europa) in cui si stabilisce, caratterizzata da una perfetta commistione di sfarzosi palazzi e accoglienti casette ed evidentemente a cavallo tra passato e modernità.
La colonna sonora, per quanto piacevole e orecchiabile, non mi è rimasta particolarmente impressa, ad eccezione di un paio di brani più riusciti. Il doppiaggio e l’adattamento italiano del 2013, a cura di Gualtiero Cannarsi, mi sono sembrati eccellenti ed espressivi.
In conclusione, “Kiki – Consegne a domicilio” è un emozionante racconto di formazione sull'abbandono del nido famigliare e l’ingresso nella sfera adulta, con una protagonista credibile, realistica e con cui è facile immedesimarsi. Il lungometraggio ne descrive alla perfezione i tumulti interiori e la difficoltà nel lasciarsi alle spalle l’infanzia, aumentando il coinvolgimento emotivo del pubblico: Kiki è costretta, fin da giovanissima, a rendersi indipendente e ad affrontare il duro mondo del lavoro, ricco di soddisfazioni e delusioni, argomento sempre attuale.
Non ho apprezzato, invece, un certo sguardo carico di rimprovero rivolto agli abitanti della cittadina in cui si trasferisce la protagonista, i cui indifferenza e rigetto iniziali nei confronti della strega, vinti solo quando lei riesce a provare inequivocabilmente il proprio valore, sembrano quasi il risultato del loro rifiuto della tradizione, come se l’autore volesse mostrare la propria disapprovazione per il mancato attaccamento alle cose importanti provenienti dal passato.
Analogo trattamento è riservato alla gioventù locale, talmente materialistica e anaffettiva che neppure Kiki riesce ad evitare di indirizzarle contro sentimenti istintivi di repulsione e sconforto. Quest'ultima, al contrario, dimostra una profonda maturazione, ma senza rinunciare per questo a sé stessa e alle proprie radici.
In ogni caso, si tratta comunque di un film indubbiamente leggero, divertente, appassionante e triste quando necessario. Non il mio preferito, ma resta una visione discretamente consigliata.
Kiki consegne a domicilio è forse uno dei film che ha fatto maggiormente discutere tra quelli prodotti dallo studio Ghibli e firmati Hayao Miyazaki. Mai come questa volta il pubblico sembra spaccarsi in due: c'è chi lo considera un capolavoro assoluto e chi, invece, semplicemente come un lavoro di secondo piano con poche ambizioni. Come è mio solito mi sono dedicato alla lettura delle motivazioni di entrambe le fazioni per poi cercare di darne un giudizio personale.
Kiki è una strega che ha compiuto tredici anni: a quell'età le streghe debbono lasciare la propria famiglia per compiere un anno di apprendistato in una città di loro gradimento. E' curioso l'uso del termine "apprendistato" in quanto fa pensare ad un ritiro in scuole alla "Harry Potter" dove imparare e raffinare la magia; in questo caso, invece, non è previsto nulla del genere: la strega deve semplicemente aprirsi al mondo e dimostrare di essere in grado di cavarsela da sola. Così, in compagnia del suo gatto nero jiji, Kiki salta in groppa alla sua scopa e parte alla ricerca di una città di suo gradimento. La ragazza ne sceglierà una vicina al mare coronando così uno dei suoi desideri più ambiti; tuttavia ben presto si accorgerà di quanto sia difficile vivere in modo indipendente e si adatterà ad effettuare consegne per cercare di racimolare un pò di denaro.
"Kiki consegne a domicilio" celebra il passaggio dall'età dell'adolescenza a quella adulta raccontando il processo di maturazione della streghetta che affrontando le difficoltà della vita di tutti i giorni impara a rapportarsi nel modo migliore possibile con la società che la circonda e ad assumere un atteggiamento più responsabile. E proprio facendo leva su questo messaggio di fondo che gli estimatori di questo titolo concludono che questo film non vada considerato come secondario ma come un altro piccolo gioiellino del grande maestro giapponese.
La critica più frequente, invece, riguarda uno degli aspetti che più volte viene rimproverato al maestro: l'assenza di una vera trama o comunque di una sceneggiatura un pò più complessa. In particolare, viene affermato che per tutta la durata del film non accade nulla di particolarmente rilevante; e pur riconoscendo il tema di fondo dell'opera, ossia le difficoltà nel passare dall'infanzia all'età adulta si ritiene che esso venga affrontato con poca incisività. In sostanza secondo costoro Kiki consegne a domicilio deve essere considerato come un prodotto destinato esclusivamente ad un pubblico composto da bambini.
Le critiche mi sembrano eccessive ma se non si è proprio dei fan acritici e sfegatati di Miyazaki non è possibile non accoglierle almeno in parte. E' verissimo che la sceneggiatura è poco articolata e che il giudizio sul film varia a seconda del grado di empatia che si prova verso i vari personaggi; e questo è sicuramente un limite. La delicatezza propria del maestro, però, riesce in parte a compensare questo "difetto" proprio attraverso la creazione di personaggi che attirano naturalmente la simpatia dello spettatore, poco importa se le loro avventure si limitano alla consegna di pacchi da un lato all'altro della città.
Poca importanza, invece, hanno le manifestazione di apprezzamento di questo titolo basate sui suoi dati di vendita, che sono stati molto positivi: anche diversi cinepanettoni hanno venduto molto ma non possono certo essere considerati prodotti di qualità. Come aspetto lo considero irrilevante.
C'è da sottolineare, infine, che anche in questo film Miyazaki dà sfogo al suo amore per il volo, elemento che caratterizzerà tutta la sua produzione; curioso che, in mancanza d'altro, in questo film si voli a cavallo di una scopa.
In definitiva Kiki consegne a domicilio è un buon titolo, che piacerà sicuramente ai bambini. Non mi spingerei a definirlo un capolavoro assoluto perchè, in effetti, certe carenze di base ci sono e sono evidenti; ma è sicuramente un prodotto sopra la media che regalerà una serata allegra e spensierata anche a chi ha qualche annetto in più.
Kiki è una strega che ha compiuto tredici anni: a quell'età le streghe debbono lasciare la propria famiglia per compiere un anno di apprendistato in una città di loro gradimento. E' curioso l'uso del termine "apprendistato" in quanto fa pensare ad un ritiro in scuole alla "Harry Potter" dove imparare e raffinare la magia; in questo caso, invece, non è previsto nulla del genere: la strega deve semplicemente aprirsi al mondo e dimostrare di essere in grado di cavarsela da sola. Così, in compagnia del suo gatto nero jiji, Kiki salta in groppa alla sua scopa e parte alla ricerca di una città di suo gradimento. La ragazza ne sceglierà una vicina al mare coronando così uno dei suoi desideri più ambiti; tuttavia ben presto si accorgerà di quanto sia difficile vivere in modo indipendente e si adatterà ad effettuare consegne per cercare di racimolare un pò di denaro.
"Kiki consegne a domicilio" celebra il passaggio dall'età dell'adolescenza a quella adulta raccontando il processo di maturazione della streghetta che affrontando le difficoltà della vita di tutti i giorni impara a rapportarsi nel modo migliore possibile con la società che la circonda e ad assumere un atteggiamento più responsabile. E proprio facendo leva su questo messaggio di fondo che gli estimatori di questo titolo concludono che questo film non vada considerato come secondario ma come un altro piccolo gioiellino del grande maestro giapponese.
La critica più frequente, invece, riguarda uno degli aspetti che più volte viene rimproverato al maestro: l'assenza di una vera trama o comunque di una sceneggiatura un pò più complessa. In particolare, viene affermato che per tutta la durata del film non accade nulla di particolarmente rilevante; e pur riconoscendo il tema di fondo dell'opera, ossia le difficoltà nel passare dall'infanzia all'età adulta si ritiene che esso venga affrontato con poca incisività. In sostanza secondo costoro Kiki consegne a domicilio deve essere considerato come un prodotto destinato esclusivamente ad un pubblico composto da bambini.
Le critiche mi sembrano eccessive ma se non si è proprio dei fan acritici e sfegatati di Miyazaki non è possibile non accoglierle almeno in parte. E' verissimo che la sceneggiatura è poco articolata e che il giudizio sul film varia a seconda del grado di empatia che si prova verso i vari personaggi; e questo è sicuramente un limite. La delicatezza propria del maestro, però, riesce in parte a compensare questo "difetto" proprio attraverso la creazione di personaggi che attirano naturalmente la simpatia dello spettatore, poco importa se le loro avventure si limitano alla consegna di pacchi da un lato all'altro della città.
Poca importanza, invece, hanno le manifestazione di apprezzamento di questo titolo basate sui suoi dati di vendita, che sono stati molto positivi: anche diversi cinepanettoni hanno venduto molto ma non possono certo essere considerati prodotti di qualità. Come aspetto lo considero irrilevante.
C'è da sottolineare, infine, che anche in questo film Miyazaki dà sfogo al suo amore per il volo, elemento che caratterizzerà tutta la sua produzione; curioso che, in mancanza d'altro, in questo film si voli a cavallo di una scopa.
In definitiva Kiki consegne a domicilio è un buon titolo, che piacerà sicuramente ai bambini. Non mi spingerei a definirlo un capolavoro assoluto perchè, in effetti, certe carenze di base ci sono e sono evidenti; ma è sicuramente un prodotto sopra la media che regalerà una serata allegra e spensierata anche a chi ha qualche annetto in più.
Lo studio Ghibli, nei lunghi anni di lavoro, si è guadagnato l'affetto dei fan, proponendo titoli degni di essere guardati. Alcuni migliori di altri... ma non è questo il caso di "Kiki consegne a domicilio".
Ciò che mi sconvolge di questo titolo è il constatare che c'è gente che lo difende strenuamente, asserendo che non è un'opera secondaria o di minor valore, ma che, anzi, è una perla incompresa. Chi lo tiene così tanto in considerazione, lo bolla a prescindere come capolavoro solo per due cose, due nomi: Studio Ghibli e Hayao Miyazaki. Oggettivamente, questo film non è un capolavoro, né in questa né nella dimensione degli unicorni rosa e del Flying Spaghetti Monster. Ma su una cosa hanno effettivamente ragione: non è un'opera secondaria. Per come è sviluppata non merita il titolo di opera, questa "cosa" non avrebbe proprio avuto motivo di esistere.
Quando prendo in mano un lavoro di Miyazaki, so di partenza che è difficile, se non impossibile, che il finale sia un finale non aperto. C'è un solo film che, per i miei gusti, mi ha dato un finale come si deve, ed è "Il Castello errante di Howl". Tutti i finali delle sue opere contengono finali piuttosto aperti, con una nota agrodolce che piace o non piace. In alcuni casi, come ad esempio quel capolavoro che è "Princess Mononoke", finisci di vedere il film con l'amaro in bocca. Ma non è insopportabile, riesci comunque a gustartelo e ad amare il film nella sua totalità. In "Porco Rosso", ci sono alcune cose lasciate in sospeso, come ad esempio il perché Marco sia diventato così... ma il non saperlo non impedisce allo spettatore di godersi il film. Uno riesce ad apprezzare lo stesso "Porco Rosso", se lo gusta dall'inizio alla fine, senza mai patire per l'assenza di spiegazioni. E il fatto che Marco sia stato trasformato in maiale pesa non poco sulla storia. Eppure...
In "Kiki", tutte quelle cose rimaste in sospeso, con quella sottospecie di finale aperto (?) che hanno voluto rifilarci, pesano. Pesano eccome. Per questo per me è il peggior lavoro della famosa casa di animazione nipponica.
Sicuramente, il target di età verso cui è rivolto il film, non è alto. Come per quanto riguarda "Totoro" e "Ponyo", è un film dedicato ai più piccoli. Ma il fatto che questo film sia adatto ai più piccoli non implica che la trama non debba essere svolta bene. Certi concetti più complessi, sviluppati in altri film, come anche "Laputa" o "Nausicaa", possiamo lasciarli perdere per una volta. Ma diamo qualcosa in più.
La trama è semplice. Kiki è una strega, o meglio, un'aspirante strega. Secondo le antiche tradizioni, una strega deve lasciare la propria casa per fare il suo anno di apprendistato in un'altra città, questo non appena ha raggiunto l'età dell'adolescenza. Kiki si lancia quindi alla ricerca della sua nuova casa, e giunge nella città sul mare di... non ricordo il nome. Qui farà nuove amicizie, e intraprenderà il suo noviziato aprendo un'attività di consegne a domicilio. Ancora oggi mi chiedo come un servizio di consegne a domicilio possa servire per l'apprendistato da strega... non ricordo scene in cui Kiki si eserciti veramente con la magia, a parte il volo.
In questi noti lungometraggi ci sono molti temi ricorrenti: la crescita, l'evoluzione di alcuni personaggi, l'elemento magico, messaggi di denuncia ecc. E anche Kiki, nel suo piccolo, li tratta.
Arrivi a metà film però che ti chiedi: "Ma riuscirà a sviluppare qualcosa o che?" E sul finale, quando salva il bamboccio, capisci che hai sprecato un'ora e mezza per guardare un film che non ti porta da nessuna parte.
E il gatto, Gigi? Questo rimarrà il più grosso punto interrogativo della storia. Prima parla e poi non più. Non si sa bene perché, ma è così. Sarebbe interessante leggere il libro da cui è tratto. Così, per capire se era il lavoro di partenza già abbastanza traballante di suo o se invece è stata la sceneggiatura ad essere senza senso e basta.
Io ho visionato unicamente la versione della Lucky Red, ma ho sentito parlare gran bene della prima, seppur meno fedele all'originale. Sarei curiosa di vedere la prima, dato che a dare la voce a Kiki è una delle mie doppiatrici preferita, Domitilla D'Amico, ma non sono così masochista da perdere ulteriore tempo dietro questa pellicola. L'amaro in bocca me lo ha già lasciato una volta, e non credo che un altro tipo di doppiaggio possa migliorare un finale che a prescindere è inesistente.
Finale aperto ok, finale che ti lascia con mille domande proprio no. Bocciato!
Ciò che mi sconvolge di questo titolo è il constatare che c'è gente che lo difende strenuamente, asserendo che non è un'opera secondaria o di minor valore, ma che, anzi, è una perla incompresa. Chi lo tiene così tanto in considerazione, lo bolla a prescindere come capolavoro solo per due cose, due nomi: Studio Ghibli e Hayao Miyazaki. Oggettivamente, questo film non è un capolavoro, né in questa né nella dimensione degli unicorni rosa e del Flying Spaghetti Monster. Ma su una cosa hanno effettivamente ragione: non è un'opera secondaria. Per come è sviluppata non merita il titolo di opera, questa "cosa" non avrebbe proprio avuto motivo di esistere.
Quando prendo in mano un lavoro di Miyazaki, so di partenza che è difficile, se non impossibile, che il finale sia un finale non aperto. C'è un solo film che, per i miei gusti, mi ha dato un finale come si deve, ed è "Il Castello errante di Howl". Tutti i finali delle sue opere contengono finali piuttosto aperti, con una nota agrodolce che piace o non piace. In alcuni casi, come ad esempio quel capolavoro che è "Princess Mononoke", finisci di vedere il film con l'amaro in bocca. Ma non è insopportabile, riesci comunque a gustartelo e ad amare il film nella sua totalità. In "Porco Rosso", ci sono alcune cose lasciate in sospeso, come ad esempio il perché Marco sia diventato così... ma il non saperlo non impedisce allo spettatore di godersi il film. Uno riesce ad apprezzare lo stesso "Porco Rosso", se lo gusta dall'inizio alla fine, senza mai patire per l'assenza di spiegazioni. E il fatto che Marco sia stato trasformato in maiale pesa non poco sulla storia. Eppure...
In "Kiki", tutte quelle cose rimaste in sospeso, con quella sottospecie di finale aperto (?) che hanno voluto rifilarci, pesano. Pesano eccome. Per questo per me è il peggior lavoro della famosa casa di animazione nipponica.
Sicuramente, il target di età verso cui è rivolto il film, non è alto. Come per quanto riguarda "Totoro" e "Ponyo", è un film dedicato ai più piccoli. Ma il fatto che questo film sia adatto ai più piccoli non implica che la trama non debba essere svolta bene. Certi concetti più complessi, sviluppati in altri film, come anche "Laputa" o "Nausicaa", possiamo lasciarli perdere per una volta. Ma diamo qualcosa in più.
La trama è semplice. Kiki è una strega, o meglio, un'aspirante strega. Secondo le antiche tradizioni, una strega deve lasciare la propria casa per fare il suo anno di apprendistato in un'altra città, questo non appena ha raggiunto l'età dell'adolescenza. Kiki si lancia quindi alla ricerca della sua nuova casa, e giunge nella città sul mare di... non ricordo il nome. Qui farà nuove amicizie, e intraprenderà il suo noviziato aprendo un'attività di consegne a domicilio. Ancora oggi mi chiedo come un servizio di consegne a domicilio possa servire per l'apprendistato da strega... non ricordo scene in cui Kiki si eserciti veramente con la magia, a parte il volo.
In questi noti lungometraggi ci sono molti temi ricorrenti: la crescita, l'evoluzione di alcuni personaggi, l'elemento magico, messaggi di denuncia ecc. E anche Kiki, nel suo piccolo, li tratta.
Arrivi a metà film però che ti chiedi: "Ma riuscirà a sviluppare qualcosa o che?" E sul finale, quando salva il bamboccio, capisci che hai sprecato un'ora e mezza per guardare un film che non ti porta da nessuna parte.
E il gatto, Gigi? Questo rimarrà il più grosso punto interrogativo della storia. Prima parla e poi non più. Non si sa bene perché, ma è così. Sarebbe interessante leggere il libro da cui è tratto. Così, per capire se era il lavoro di partenza già abbastanza traballante di suo o se invece è stata la sceneggiatura ad essere senza senso e basta.
Io ho visionato unicamente la versione della Lucky Red, ma ho sentito parlare gran bene della prima, seppur meno fedele all'originale. Sarei curiosa di vedere la prima, dato che a dare la voce a Kiki è una delle mie doppiatrici preferita, Domitilla D'Amico, ma non sono così masochista da perdere ulteriore tempo dietro questa pellicola. L'amaro in bocca me lo ha già lasciato una volta, e non credo che un altro tipo di doppiaggio possa migliorare un finale che a prescindere è inesistente.
Finale aperto ok, finale che ti lascia con mille domande proprio no. Bocciato!
Kiki è una streghetta di tredici anni che deve iniziare il suo noviziato. E' alla ricerca di una città dove stabilirsi e, quando la trova, a parte le prime difficoltà, incontra delle persone disposte ad aiutarla. Pare che nessuno si stupisca che la piccola sia una strega con tanto di scopa volante e gatto nero! Anzi, ne sono tutti entusiasti e affascinati.
Lo svolgersi della storia non mi ha entusiasmato molto, è abbastanza infantile, quindi direi dedicato al pubblico dei più piccoli. Già dalle prime scene si può vedere l'incontro con il protagonista maschile, ma la storia non avrà un grande sviluppo e non ne è certo il fulcro, anzi diciamo pure che non c'è. Non c'è neanche alcun riferimento alla cultura giapponese, cosa che mi è dispiaciuta abbastanza.
Kiki a un certo punto della storia perde i suoi poteri senza un motivo apparente, senza un perché... l'ho trovato molto infantile, appunto, un fatto drammatico messo lì per dare un senso all'evolversi della storia, il classico colpo di scena che però, ahimè, si è rivelato proprio sbagliato! Poteva essere sviluppato meglio, almeno chiarendo i perché e i per come!
A livello tecnico, come sempre, l'animazione dei personaggi è molto buona. Ma devo ammettere che sono rimasta delusa, essendo abituata a vedere da MIyazaki ben altri film: questo non è assolutamente al livello de "La città incantata" o dell'ultimo film "Si alza il vento".
E' una storiella spensierata, che nella parte iniziale sembrava promettere bene. E' carino da far vedere a dei bambini per avvicinarli al genere, ma niente di più.
Lo svolgersi della storia non mi ha entusiasmato molto, è abbastanza infantile, quindi direi dedicato al pubblico dei più piccoli. Già dalle prime scene si può vedere l'incontro con il protagonista maschile, ma la storia non avrà un grande sviluppo e non ne è certo il fulcro, anzi diciamo pure che non c'è. Non c'è neanche alcun riferimento alla cultura giapponese, cosa che mi è dispiaciuta abbastanza.
Kiki a un certo punto della storia perde i suoi poteri senza un motivo apparente, senza un perché... l'ho trovato molto infantile, appunto, un fatto drammatico messo lì per dare un senso all'evolversi della storia, il classico colpo di scena che però, ahimè, si è rivelato proprio sbagliato! Poteva essere sviluppato meglio, almeno chiarendo i perché e i per come!
A livello tecnico, come sempre, l'animazione dei personaggi è molto buona. Ma devo ammettere che sono rimasta delusa, essendo abituata a vedere da MIyazaki ben altri film: questo non è assolutamente al livello de "La città incantata" o dell'ultimo film "Si alza il vento".
E' una storiella spensierata, che nella parte iniziale sembrava promettere bene. E' carino da far vedere a dei bambini per avvicinarli al genere, ma niente di più.
La seconda visione di uno dei lungometraggi animati ingiustamente meno popolari di Hayao Miyazaki ha illuminato la mia giornata: mi riferisco a Kiki - Consegne a domicilio, distribuito nelle sale nipponiche nel 1989 e giunto nelle nostre sale soltanto di recente grazie alla Lucky Red. La sceneggiatura del film, ispirata all'omonimo romanzo scritto a metà negli Anni Ottanta dall'anziana autrice di storie per bambini Eiko Kadono, si basa sui tipici stilemi del racconto di formazione, con tanto di passaggio dall'età infantile alla vita adulta. Ad ogni modo, il tocco miyazakiano si riconosce subito nella contemplazione di splendidi panorami e nella delicata raffigurazione delle gioie e dei dolori del quotidiano. Qui di seguito riassumo le premesse della trama.
In un paese dai connotati nord europei e in una fantasiosa ambientazione a metà tra gli Anni Cinquanta e Sessanta, la giovane Kiki ha raggiunto un'età fondamentale per ogni strega che si rispetti: una volta compiuti tredici anni, è tradizione che le piccole streghe comincino a guadagnarsi l'indipendenza cercando un lavoro al di fuori delle mura domestiche. Costretta a lasciare il nido familiare, Kiki deve quindi stabilirsi in un'altra città e trovare un lavoro stabile ma, come si palesa bene sullo schermo, la piccola nutre comunque grandi aspettative nei confronti di una svolta così importante nella sua vita: un vero e proprio balzo nel vuoto. A farle compagnia in questa nuova avventura, che altro non è che la vita stessa, ci sarà il gatto parlante Jiji, reso irresistibile da alcune espressioni davvero spassose. In sella alla scopa donatale dalla madre, Kiki e Jiji giungono nella caotica Koriko, cittadina sorta sul mare e autentico tripudio di tetti rossi e verdi, campanili, ponti, linee tranviarie, automobili e persone in gran quantità. Tuttavia, dopo l'entusiasmo iniziale, i due capiscono che non è affatto impresa facile integrarsi in un contesto tanto diverso e colmo di facce sconosciute non sempre amichevoli. L'incontro casuale con la panettiera Osono darà la giusta spinta agli obiettivi lavorativi della streghetta, così come la conoscenza della pittrice Ursula, del giovane inventore occhialuto Tombo e di un'adorabile nonnina cambierà definitivamente il suo modo di rapportarsi con se stessa e con la magia...
Majo no takkyūbin, questo il titolo originale traducibile come "Le consegne espresse della strega", dura poco più di un'ora e mezza, ma in questo lasso di tempo è racchiuso un gioiello intriso di nostalgia, momenti dolcissimi, atmosfere raffinate e tanta magia, soprattutto quella del quotidiano e delle piccole cose. A tal proposito, l'adolescente Kiki è costretta a rinnovare costantemente la fiducia nelle proprie capacità approcciandosi e scontrandosi con gli altri, così come si trova ad affrontare situazioni sempre diverse che, non senza difficoltà, la porteranno a una maggiore crescita personale. Quella di Kiki è insomma una storia molto semplice, ma non per questo meno bella, ed è proprio qui che risiede la sua profonda bellezza. Per quanto riguarda l'apparato grafico, i film di Miyazaki rappresentano sempre una gioia per i miei occhi e Kiki non fa eccezione: fondali curati nel dettaglio, colori saturati a dovere, animazioni molto fluide e naturali, un character design gradevolissimo ormai marchio di fabbrica dello Studio Ghibli. Le musiche, alternate a momenti di silenzio strategico, accompagnano a dovere ogni sequenza, conferendo maggiore pathos ad alcuni momenti di tensione. Spettacolare la scena finale con il dirigibile, assolutamente da brividi a livello di immagini e scelte registiche. In Italia, l'opera è giunta nelle nostre case in due versioni, entrambe a cura del guru Gualtiero Cannarsi: la prima, da me visionata alcuni anni fa, risale al 2001 e presentava un doppiaggio in generale piuttosto fedele alla controparte nipponica, ma non mancavano alcuni lasciti del pessimo riadattamento americano, nel quale alcune situazioni venivano edulcorate, certi momenti di silenzio erano spezzati da parole messe lì ad hoc e in cui le due canzoni leitmotiv del film erano state tradotte secondo un testo differente dall'originale; la seconda edizione del 2013, di qualità decisamente superiore, ripristina in modo appropriato le musiche e i silenzi originali, lasciando intatte anche le splendide canzoni in giapponese poste in incipit e in explicit della pellicola. Per concludere, consiglierei la visione di Kiki - Consegne a domicilio agli appassionati delle opere del maestro Miyazaki che non hanno ancora avuto modo di vederlo: sono sicuro che le piccole grandi avventure di Kiki sapranno conquistarli con la loro straordinaria semplicità.
In un paese dai connotati nord europei e in una fantasiosa ambientazione a metà tra gli Anni Cinquanta e Sessanta, la giovane Kiki ha raggiunto un'età fondamentale per ogni strega che si rispetti: una volta compiuti tredici anni, è tradizione che le piccole streghe comincino a guadagnarsi l'indipendenza cercando un lavoro al di fuori delle mura domestiche. Costretta a lasciare il nido familiare, Kiki deve quindi stabilirsi in un'altra città e trovare un lavoro stabile ma, come si palesa bene sullo schermo, la piccola nutre comunque grandi aspettative nei confronti di una svolta così importante nella sua vita: un vero e proprio balzo nel vuoto. A farle compagnia in questa nuova avventura, che altro non è che la vita stessa, ci sarà il gatto parlante Jiji, reso irresistibile da alcune espressioni davvero spassose. In sella alla scopa donatale dalla madre, Kiki e Jiji giungono nella caotica Koriko, cittadina sorta sul mare e autentico tripudio di tetti rossi e verdi, campanili, ponti, linee tranviarie, automobili e persone in gran quantità. Tuttavia, dopo l'entusiasmo iniziale, i due capiscono che non è affatto impresa facile integrarsi in un contesto tanto diverso e colmo di facce sconosciute non sempre amichevoli. L'incontro casuale con la panettiera Osono darà la giusta spinta agli obiettivi lavorativi della streghetta, così come la conoscenza della pittrice Ursula, del giovane inventore occhialuto Tombo e di un'adorabile nonnina cambierà definitivamente il suo modo di rapportarsi con se stessa e con la magia...
Majo no takkyūbin, questo il titolo originale traducibile come "Le consegne espresse della strega", dura poco più di un'ora e mezza, ma in questo lasso di tempo è racchiuso un gioiello intriso di nostalgia, momenti dolcissimi, atmosfere raffinate e tanta magia, soprattutto quella del quotidiano e delle piccole cose. A tal proposito, l'adolescente Kiki è costretta a rinnovare costantemente la fiducia nelle proprie capacità approcciandosi e scontrandosi con gli altri, così come si trova ad affrontare situazioni sempre diverse che, non senza difficoltà, la porteranno a una maggiore crescita personale. Quella di Kiki è insomma una storia molto semplice, ma non per questo meno bella, ed è proprio qui che risiede la sua profonda bellezza. Per quanto riguarda l'apparato grafico, i film di Miyazaki rappresentano sempre una gioia per i miei occhi e Kiki non fa eccezione: fondali curati nel dettaglio, colori saturati a dovere, animazioni molto fluide e naturali, un character design gradevolissimo ormai marchio di fabbrica dello Studio Ghibli. Le musiche, alternate a momenti di silenzio strategico, accompagnano a dovere ogni sequenza, conferendo maggiore pathos ad alcuni momenti di tensione. Spettacolare la scena finale con il dirigibile, assolutamente da brividi a livello di immagini e scelte registiche. In Italia, l'opera è giunta nelle nostre case in due versioni, entrambe a cura del guru Gualtiero Cannarsi: la prima, da me visionata alcuni anni fa, risale al 2001 e presentava un doppiaggio in generale piuttosto fedele alla controparte nipponica, ma non mancavano alcuni lasciti del pessimo riadattamento americano, nel quale alcune situazioni venivano edulcorate, certi momenti di silenzio erano spezzati da parole messe lì ad hoc e in cui le due canzoni leitmotiv del film erano state tradotte secondo un testo differente dall'originale; la seconda edizione del 2013, di qualità decisamente superiore, ripristina in modo appropriato le musiche e i silenzi originali, lasciando intatte anche le splendide canzoni in giapponese poste in incipit e in explicit della pellicola. Per concludere, consiglierei la visione di Kiki - Consegne a domicilio agli appassionati delle opere del maestro Miyazaki che non hanno ancora avuto modo di vederlo: sono sicuro che le piccole grandi avventure di Kiki sapranno conquistarli con la loro straordinaria semplicità.
Un anno dopo aver diretto "Il mio Vicino Totoro", film che non aveva ottenuto incassi esaltanti, Miyazaki torna subito a dirigere "Kiki-Consegne a Domicilio", di cui oltre alle regia cura anche la sceneggiatura. L'opera sbanca il botteghino Giapponese nel 1989, facendo si che lo Studio Ghili ottenga la tanto agognata stabilità finanziaria. Il film dopo essere stato distribuito nel 2002 dalla Buena Vista solo per l'home Video, viene proiettato al cinema nel 2013 ad opera della Lucky Red che sceglie di ri-doppiare totalmente il film, in modo da renderlo più fedele all'originale.
La storia è tra le più semplici create dal regista in questione. Per Kiki, giovane strega di 13 anni, è giunto il momento del noviziato, pratica che consiste nel vivere da soli in una città per un'anno mettendo a frutto i propri poteri al servizio della gente. Non avendo particolari doti Kiki decide di sfruttare il potere più elementare che possieda una strega cioè il volo. La ragazza, con l'aiuto della signora Osono che gestisce un panificio, metterà su un servizio di consegne a domiclio. Kiki accompagnata in questa nuova esperienza dal suo fedele gatto parlante Jiji, si ritroverà ad affrontare le tante difficoltà che scaturiscono dall'emancipazione, come il dover affrontare da sola i problemi, il gestire le finanze, le incomprensioni con Tombo, la diffidenza della gente verso le streghe, la perdita dei poteri e così via.
Insomma la storia è di una semplicità e linearità assoluta, risultando priva di tutti gli elementi naturalistici di cui le opere di Miyazaki sono pregne. Ma ciò che perde in visionarietà la storia lo acquista in solidità e compattezza, puntando finalmente ad un qualcosa di vicino allo spettatore, il quale può immedesimarsi nella situazione della nostra strega. I personaggi sono pochi, ma descritti tanto quanto basta per renderli tutti un po' sfaccettati e dargli una caratterizzazione decente.
Il personaggio che si eleva sopra tutti è proprio la protagonista Kiki: ella come tutte le altre figure femminili "Miyazakiane" non manca di intraprendenza, coraggio e forza d'animo, ma la caratteristica che le consente di svettare sulle altre è la sua umanità. A differenza delle altre eroine femminili, Kiki non ha niente di etereo, dimostrandosi un personaggio molto terreno, commettendo sbagli, trovandosi in difficoltà, disillusa verso il comportamento delle persone e testarda, ma capace di rialzarsi dopo essere caduta. Degno di essere segnalato è anche Jiji, con i suoi commenti sprezzanti e sarcastici che riescono a far sorridere il pubblico.
Non essendo il solito film di Miyazaki, la regia si adatta di conseguenza. Niente virtuosismi o movimenti di camera, pochi sono i campi lunghi e quando vi sono, sono rivolti totalmente alle scene in volo; questa volta Miyazaki preferisce usare campi medi e qualche primo piano, proprio perché vuole indagare sui personaggi e non sul mondo che li circonda. Questo naturalmente non gli impedisce di creare sequenze che restino impresse, come ad esempio una Kiki sconsolata e disillusa che ritorna al panificio sotto la pioggia. Le animazioni dello Studio Ghibli sono come al solito eccellenti, seppur questa volta risultino un po' scarne essendo del tutto assenti i paesaggi e la natura con i quali lo studio si esalta. Degna di attenzione però è la riproduzione della città che ricalca lo stile di molte capitali dell'Europa.
Molta gente definisce "Kiki-Consegne a Domicilio" un Miyazaki minore perché privo della sua poetica, ma in realtà si sbagliano poiché tematiche come la crescita, il volo e l'emancipazione femminile sono affrontate anche in altre sue opere. Le contestazioni sono dovute in gran parte al fatto che manca quasi del tutto la visionarietà tipica dell'autore, ma ciò non conta nulla perché il film è decisamente riuscito. Proprio per questa ragione, questo film è consigliato anche a coloro che non gradiscono la parte della poetica di Miyazaki che ruota intorno alla natura, e che quindi possono apprezzarlo sotto un'altra veste. Insomma questo film è ingiustamente sottovalutato, poiché ben superiore ad opere di minor importanza artistica come "Il Castello nel Cielo", "Il mio Vicino Totoro", "Il Castello Errante di Howl" o "Ponyo Sulla Scogliera".
La storia è tra le più semplici create dal regista in questione. Per Kiki, giovane strega di 13 anni, è giunto il momento del noviziato, pratica che consiste nel vivere da soli in una città per un'anno mettendo a frutto i propri poteri al servizio della gente. Non avendo particolari doti Kiki decide di sfruttare il potere più elementare che possieda una strega cioè il volo. La ragazza, con l'aiuto della signora Osono che gestisce un panificio, metterà su un servizio di consegne a domiclio. Kiki accompagnata in questa nuova esperienza dal suo fedele gatto parlante Jiji, si ritroverà ad affrontare le tante difficoltà che scaturiscono dall'emancipazione, come il dover affrontare da sola i problemi, il gestire le finanze, le incomprensioni con Tombo, la diffidenza della gente verso le streghe, la perdita dei poteri e così via.
Insomma la storia è di una semplicità e linearità assoluta, risultando priva di tutti gli elementi naturalistici di cui le opere di Miyazaki sono pregne. Ma ciò che perde in visionarietà la storia lo acquista in solidità e compattezza, puntando finalmente ad un qualcosa di vicino allo spettatore, il quale può immedesimarsi nella situazione della nostra strega. I personaggi sono pochi, ma descritti tanto quanto basta per renderli tutti un po' sfaccettati e dargli una caratterizzazione decente.
Il personaggio che si eleva sopra tutti è proprio la protagonista Kiki: ella come tutte le altre figure femminili "Miyazakiane" non manca di intraprendenza, coraggio e forza d'animo, ma la caratteristica che le consente di svettare sulle altre è la sua umanità. A differenza delle altre eroine femminili, Kiki non ha niente di etereo, dimostrandosi un personaggio molto terreno, commettendo sbagli, trovandosi in difficoltà, disillusa verso il comportamento delle persone e testarda, ma capace di rialzarsi dopo essere caduta. Degno di essere segnalato è anche Jiji, con i suoi commenti sprezzanti e sarcastici che riescono a far sorridere il pubblico.
Non essendo il solito film di Miyazaki, la regia si adatta di conseguenza. Niente virtuosismi o movimenti di camera, pochi sono i campi lunghi e quando vi sono, sono rivolti totalmente alle scene in volo; questa volta Miyazaki preferisce usare campi medi e qualche primo piano, proprio perché vuole indagare sui personaggi e non sul mondo che li circonda. Questo naturalmente non gli impedisce di creare sequenze che restino impresse, come ad esempio una Kiki sconsolata e disillusa che ritorna al panificio sotto la pioggia. Le animazioni dello Studio Ghibli sono come al solito eccellenti, seppur questa volta risultino un po' scarne essendo del tutto assenti i paesaggi e la natura con i quali lo studio si esalta. Degna di attenzione però è la riproduzione della città che ricalca lo stile di molte capitali dell'Europa.
Molta gente definisce "Kiki-Consegne a Domicilio" un Miyazaki minore perché privo della sua poetica, ma in realtà si sbagliano poiché tematiche come la crescita, il volo e l'emancipazione femminile sono affrontate anche in altre sue opere. Le contestazioni sono dovute in gran parte al fatto che manca quasi del tutto la visionarietà tipica dell'autore, ma ciò non conta nulla perché il film è decisamente riuscito. Proprio per questa ragione, questo film è consigliato anche a coloro che non gradiscono la parte della poetica di Miyazaki che ruota intorno alla natura, e che quindi possono apprezzarlo sotto un'altra veste. Insomma questo film è ingiustamente sottovalutato, poiché ben superiore ad opere di minor importanza artistica come "Il Castello nel Cielo", "Il mio Vicino Totoro", "Il Castello Errante di Howl" o "Ponyo Sulla Scogliera".
Il film del 1985 "Majo no Takkyuubin", diretto da Hayao Miyazaki, narra la storia di Kiki, strega principiante che, per compiere il suo noviziato, giunge presso una cittadina del nordeuropea a bordo della sua scopa volante e qui vive le sue avventure.
Questa dovrebbe essere la "trama". In realtà pare che in "Kiki Delivery Service" il globalmente acclamato regista abbia deciso di trattare solo una parentesi del noviziato, ovvero quella che riguarda l'inizio del percorso della protagonista verso l'indipendenza: la consegna a domicilio, per l'appunto. Se Miyazaki avesse dichiaratamente proposto il film come un delicato siparietto sulla salita verso l'età adulta, l'avrei apprezzato maggiormente. Invece ha dovuto inserire il suo solito soggetto, quello magico, ed è stato perfino "costretto" a demitizzare il volo e la stessa magia: questo nella perdita della capacità di volare di Kiki, riascquistata solo nel finale in una ciclicità quasi non-sense, e nella perdita della capacità di parlare del gatto Jiji.
Più che buono - non c'era da aspettarsi diversamente, sbalorditive le panoramiche sul traffico cittadino - dal punto di vista tecnico, il lungometraggio presenta purtroppo diversi aspetti irrisolti. Davvero Jiji non tornerà mai più quello di una volta? Dov'è finito l'amore per Tombo? Con che risultati Kiki ritornerà al paese natio?. E questo incide pesantemente sulla mia valutazione.
Non è un prodotto da buttare, ma non è nemmeno lontanamente paragonabile agli altri lavori di Hayao.
Insomma, tolta l'analisi del plot, cosa resta allo spettatore medio? La noia. O risate convulse.
Questa dovrebbe essere la "trama". In realtà pare che in "Kiki Delivery Service" il globalmente acclamato regista abbia deciso di trattare solo una parentesi del noviziato, ovvero quella che riguarda l'inizio del percorso della protagonista verso l'indipendenza: la consegna a domicilio, per l'appunto. Se Miyazaki avesse dichiaratamente proposto il film come un delicato siparietto sulla salita verso l'età adulta, l'avrei apprezzato maggiormente. Invece ha dovuto inserire il suo solito soggetto, quello magico, ed è stato perfino "costretto" a demitizzare il volo e la stessa magia: questo nella perdita della capacità di volare di Kiki, riascquistata solo nel finale in una ciclicità quasi non-sense, e nella perdita della capacità di parlare del gatto Jiji.
Più che buono - non c'era da aspettarsi diversamente, sbalorditive le panoramiche sul traffico cittadino - dal punto di vista tecnico, il lungometraggio presenta purtroppo diversi aspetti irrisolti. Davvero Jiji non tornerà mai più quello di una volta? Dov'è finito l'amore per Tombo? Con che risultati Kiki ritornerà al paese natio?. E questo incide pesantemente sulla mia valutazione.
Non è un prodotto da buttare, ma non è nemmeno lontanamente paragonabile agli altri lavori di Hayao.
Insomma, tolta l'analisi del plot, cosa resta allo spettatore medio? La noia. O risate convulse.
Parlare di questo lungometraggio per la sottoscritta è molto difficile perché è stato il mio secondo colpo di fulmine nei confronti di un film Ghibli dopo "Ponyo sulla scogliera" e, sempre per la seconda volta, a colpirmi è stata una delle opere di Hayao Miyazaki che i critici nostrani insistono a definire minori. A tali illuminati conoscitori dei disegni animati vorrei ricordare che "Majo no takkyubin" (questo il titolo originale) è stato per l'appunto il primo grande successo di Studio Ghibli, i cui incassi al botteghino spinsero l'azienda ad assumere animatori fissi anziché a cottimo; che dopo ventiquattro anni non ha perso un'oncia della sua bellezza o della sua efficacia, come possono testimoniare frotte di bambini partecipi e entusiasti nelle sale; che senza l'avvento di Kiki i cartoni animati giapponesi sarebbero oggi privi di streghette a cavalcioni di una scopa, di giovani nerd e di adorabili mici neri, in sostanza più tristi e vuoti.
È un titolo che spicca nella filmografia di Hayao Miyazaki, Kiki consegne a domicilio, se si prova a contestualizzarlo: tra l'anacronistico languore di "Il mio vicino Totoro" e il "divertisissement" citazionistico di "Porco Rosso", il regista se ne esce con una storia di formazione pura e cruda, ispirata al romanzo di Eiko Kadono e ambientata negli anni '50. Prende una tredicenne di campagna e la catapulta, con la sola compagnia di un gatto, in una metropoli di matrice europea caotica e pulsante. Poco importa che si tratti di una strega in apprendistato, perché nel mondo che fa da sfondo alla vicenda la magia è una capacità come un'altra per tirare a campare. Ecco un'altra anomalia: il volo, elemento cardine di Miyazaki, pur occupando gran parte della durata del film con eccelse acrobazie, ha valore semantico eccezionale nella produzione dell'autore. Non rappresenta altro che l'unico "valore aggiunto" dell' "animale sociale di nome Kiki", il suo unico talento. Se non sapesse volare la ragazzina non potrebbe fare la conoscenza della signora Osono, trovare una casa, un lavoro e quindi ambientarsi in una città in principio inospitale. Senza la magia non sarebbe in grado di parlare con Jiji, suo unico confidente. E se, con la crescita, dovesse perdere il suo dono innato, che ne sarebbe di lei?
Kiki consegne a domicilio è un film con poche ambizioni ma realizzato in stato di grazia: diverte, insegna, non si addormenta (croce di molte opere di Studio Ghibli), ha in sé il meglio dell'animazione per l'adolescenza e presenta, soprattutto, una carrellata di personaggi veri e memorabili. Non si riscontrano bianchi e neri assoluti: la stessa protagonista è preda di invidie, capricci e sbalzi di umore tipici dell'età, che la rendono meno angelicata e più simpatica rispetto all'eroina ghibliana tipica. C'è un po' di Nadia in Kiki e un po' di Jean in Tombo, nelle giuste proporzioni. Ci sono molte altre peculiarità fra gli umani che meritano di essere scoperte con la visione; forse le vere star sono gli animali, ritratti con la loro mimica corporea naturale, mai superflui. Jiji avrebbe meritato una serie tutta sua, e Jeff una parte in un lungometraggio di Oshii.
Giunta alla fine della recensione mi trovo ad emettere un verdetto e a rispondere all'inevitabile domanda: perché "solo" otto? Perché Kiki consegne a domicilio è, come accennato sopra, un film semplice, carino, diretto, che ha poco o nulla della poetica di Hayao Miyazaki e magari è il motivo per cui mi è piaciuto tanto. Non è uno spettacolo imprescindibile, di quelli che si consigliano a tutti, ma uno di quelli che ti fanno alzare dalla poltrona del cinema o del salotto con un sorriso e tanta voglia di fare: questo, nel nostro grigio, deprimente mondo, è un talento prezioso.
Nota personale sul nuovo adattamento: Lucky Red ha acquisito e tradotto il film ex-novo, epurandolo dalle storpiature dell'edizione Buena Vista. Sono state restaurate le canzoni originali sottotitolate, ripristinati i dialoghi censurati e sostituiti alcuni interpreti italiani. Se Manuel Meli ha centrato appieno il fanatismo infantile di Tombo, ho delle riserve sul timbro di Eva Padoan in quanto calza meglio su Kiki rispetto a Ursula. D'altronde Domitilla D'amico è una bravissima doppiatrice ma la sua voce è maturata troppo per la streghetta, e non si possono scindere i due ruoli. Ilaria Stagni ha superato se stessa nel ruolo di Jiji, con risultati esaltanti.
È un titolo che spicca nella filmografia di Hayao Miyazaki, Kiki consegne a domicilio, se si prova a contestualizzarlo: tra l'anacronistico languore di "Il mio vicino Totoro" e il "divertisissement" citazionistico di "Porco Rosso", il regista se ne esce con una storia di formazione pura e cruda, ispirata al romanzo di Eiko Kadono e ambientata negli anni '50. Prende una tredicenne di campagna e la catapulta, con la sola compagnia di un gatto, in una metropoli di matrice europea caotica e pulsante. Poco importa che si tratti di una strega in apprendistato, perché nel mondo che fa da sfondo alla vicenda la magia è una capacità come un'altra per tirare a campare. Ecco un'altra anomalia: il volo, elemento cardine di Miyazaki, pur occupando gran parte della durata del film con eccelse acrobazie, ha valore semantico eccezionale nella produzione dell'autore. Non rappresenta altro che l'unico "valore aggiunto" dell' "animale sociale di nome Kiki", il suo unico talento. Se non sapesse volare la ragazzina non potrebbe fare la conoscenza della signora Osono, trovare una casa, un lavoro e quindi ambientarsi in una città in principio inospitale. Senza la magia non sarebbe in grado di parlare con Jiji, suo unico confidente. E se, con la crescita, dovesse perdere il suo dono innato, che ne sarebbe di lei?
Kiki consegne a domicilio è un film con poche ambizioni ma realizzato in stato di grazia: diverte, insegna, non si addormenta (croce di molte opere di Studio Ghibli), ha in sé il meglio dell'animazione per l'adolescenza e presenta, soprattutto, una carrellata di personaggi veri e memorabili. Non si riscontrano bianchi e neri assoluti: la stessa protagonista è preda di invidie, capricci e sbalzi di umore tipici dell'età, che la rendono meno angelicata e più simpatica rispetto all'eroina ghibliana tipica. C'è un po' di Nadia in Kiki e un po' di Jean in Tombo, nelle giuste proporzioni. Ci sono molte altre peculiarità fra gli umani che meritano di essere scoperte con la visione; forse le vere star sono gli animali, ritratti con la loro mimica corporea naturale, mai superflui. Jiji avrebbe meritato una serie tutta sua, e Jeff una parte in un lungometraggio di Oshii.
Giunta alla fine della recensione mi trovo ad emettere un verdetto e a rispondere all'inevitabile domanda: perché "solo" otto? Perché Kiki consegne a domicilio è, come accennato sopra, un film semplice, carino, diretto, che ha poco o nulla della poetica di Hayao Miyazaki e magari è il motivo per cui mi è piaciuto tanto. Non è uno spettacolo imprescindibile, di quelli che si consigliano a tutti, ma uno di quelli che ti fanno alzare dalla poltrona del cinema o del salotto con un sorriso e tanta voglia di fare: questo, nel nostro grigio, deprimente mondo, è un talento prezioso.
Nota personale sul nuovo adattamento: Lucky Red ha acquisito e tradotto il film ex-novo, epurandolo dalle storpiature dell'edizione Buena Vista. Sono state restaurate le canzoni originali sottotitolate, ripristinati i dialoghi censurati e sostituiti alcuni interpreti italiani. Se Manuel Meli ha centrato appieno il fanatismo infantile di Tombo, ho delle riserve sul timbro di Eva Padoan in quanto calza meglio su Kiki rispetto a Ursula. D'altronde Domitilla D'amico è una bravissima doppiatrice ma la sua voce è maturata troppo per la streghetta, e non si possono scindere i due ruoli. Ilaria Stagni ha superato se stessa nel ruolo di Jiji, con risultati esaltanti.
Premessa: smettiamola di definire "Kiki" un lavoro minore di Hayao Miyazaki! Ma che vuol dire minore? Mica bisogna toccare il dramma e il fantastico più incantevole per essere opere maggiori! Io stesso tendenzialmente preferisco le opere drammatiche, "adulte" se vogliamo, ma riconosco che ci sono drammi che risultano dei polpettoni del giorno prima, mentre ci sono commedie o addirittura opere demenziali che sono capolavori. E forte dell'importanza della categoria di interpretazione chiamata relativismo, dico: "Kiki" nel suo genere è un'opera stupenda! È un anime "slice of life", anche se credo che ai suoi tempi nemmeno si usasse questo termine; è un anime sicuramente adatto ai bambini, ma che gli adulti possono apprezzare anche di più (al cinema erano soprattutto i babbi e le mamme a ridere), non lo definirei propriamente un anime di magia (e in senso positivo, perché la - poca - magia presente è solo un ottimo espediente per approfondire la psicologia e i dubbi della protagonista).
La trama, a grandi linee, visto che un vero e proprio intreccio (come in ogni "slice of life") non c'è, ci racconta di Kiki, una ragazzina di tredici anni, figlia di un umano e di una strega. Come da tradizione, raggiunta quell'età, una strega deve lasciare casa e compiere un anno di apprendistato in un'altra città, dove non ci sia già una strega. Kiki sceglie una grande metropoli, dove farà la conoscenza di varie persone, tutte meravigliosamente caratterizzate. Personaggio in un certo senso "chiave" è Jiji, il gatto nero parlante di Kiki (ma solo le streghe possono comprenderlo). Ah già, come dicevo la magia è solo una sorta di espediente (narrativo e di introspezione); le streghe in questo mondo non sono in grado di fare chissà che magie: volano e sanno parlare con i gatti.
Animazioni splendide, colori pastello incantevoli, fondali meravigliosi. Non c'è un fotogramma che non sia curatissimo, dai dettagli dell'ambientazione, all'espressione dei personaggi. Il fatto poi che l'ambientazione sia un miscuglio di città ottocentesche aggiunge, per noi spettatori europei, un tocco di magia in più, visto che sembra di vivere in qualcosa di molto familiare. Caratteristica ancora più deliziosa sono gli elementi steampunk inseriti qua e là.
Ho visto "Kiki" per la prima volta nel 2006, con il doppiaggio della Buena Vista, che aveva dialoghi imprecisi e soprattutto una colonna sonora rifatta. Ricordo però che le voci erano adattissime, in particolare Domitilla D'Amico sulla protagonista. Ero quindi un pelino titubante per la nuova edizione, sebbene felicissimo che fosse integrale in tutto e per tutto. Dubbi scomparsi alla visione cinematografica: doppiaggio ottimo su tutti i fronti e bravissima Eva Padoan come nuova voce di Kiki. Un concentrato di dolcezza incredibile!
Come ogni "slice of life", non si tratta (ahimè!) di un anime per tutti, proprio perché manca di un vero e proprio intreccio, a tratti può essere lento ed è estremamente riflessivo (a tratti malinconico). Sono caratteristiche che credo dividano il pubblico: c'è chi le ama e chi no. Quindi sconsigliato a chi ricerca azione e intreccio, mentre consigliatissimo a tutti i malinconici, agli amanti dei ricordi e dei sogni d'infanzia, dei profumi e dei colori della campagna... "Kiki" vi donerà delle piccole grandi emozioni.
La trama, a grandi linee, visto che un vero e proprio intreccio (come in ogni "slice of life") non c'è, ci racconta di Kiki, una ragazzina di tredici anni, figlia di un umano e di una strega. Come da tradizione, raggiunta quell'età, una strega deve lasciare casa e compiere un anno di apprendistato in un'altra città, dove non ci sia già una strega. Kiki sceglie una grande metropoli, dove farà la conoscenza di varie persone, tutte meravigliosamente caratterizzate. Personaggio in un certo senso "chiave" è Jiji, il gatto nero parlante di Kiki (ma solo le streghe possono comprenderlo). Ah già, come dicevo la magia è solo una sorta di espediente (narrativo e di introspezione); le streghe in questo mondo non sono in grado di fare chissà che magie: volano e sanno parlare con i gatti.
Animazioni splendide, colori pastello incantevoli, fondali meravigliosi. Non c'è un fotogramma che non sia curatissimo, dai dettagli dell'ambientazione, all'espressione dei personaggi. Il fatto poi che l'ambientazione sia un miscuglio di città ottocentesche aggiunge, per noi spettatori europei, un tocco di magia in più, visto che sembra di vivere in qualcosa di molto familiare. Caratteristica ancora più deliziosa sono gli elementi steampunk inseriti qua e là.
Ho visto "Kiki" per la prima volta nel 2006, con il doppiaggio della Buena Vista, che aveva dialoghi imprecisi e soprattutto una colonna sonora rifatta. Ricordo però che le voci erano adattissime, in particolare Domitilla D'Amico sulla protagonista. Ero quindi un pelino titubante per la nuova edizione, sebbene felicissimo che fosse integrale in tutto e per tutto. Dubbi scomparsi alla visione cinematografica: doppiaggio ottimo su tutti i fronti e bravissima Eva Padoan come nuova voce di Kiki. Un concentrato di dolcezza incredibile!
Come ogni "slice of life", non si tratta (ahimè!) di un anime per tutti, proprio perché manca di un vero e proprio intreccio, a tratti può essere lento ed è estremamente riflessivo (a tratti malinconico). Sono caratteristiche che credo dividano il pubblico: c'è chi le ama e chi no. Quindi sconsigliato a chi ricerca azione e intreccio, mentre consigliatissimo a tutti i malinconici, agli amanti dei ricordi e dei sogni d'infanzia, dei profumi e dei colori della campagna... "Kiki" vi donerà delle piccole grandi emozioni.
"Kiki consegne a domicilio" è un film del 1989 di Hayao Miyazaki, creato quando il regista aveva già accumulato una certa esperienza nel settore dei film di animazione: è un'opera molto gradevole che riesce a rapire lo spettatore. L'argomento trattato non è assolutamente banale e dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che i cartoni animati possono essere educativi e trasmettere un messaggio profondo sia agli adulti che ai bambini.
Tutta la storia ruota intorno alle avventure di Kiki, una streghetta che dopo aver compiuto i 13 anni inizia il suo noviziato per diventare una strega a tutti gli effetti. La prova è molto dura, la piccola dovrà lasciare la casa dove è nata e trasferirsi in un'altra città dove mettere in pratica le sue abilità magiche e farsi accettare dagli abitanti; tutto questo scontrandosi con le esigenze comuni della vita, come trovarsi un appartamento e lavorare per guadagnarsi da vivere. Kiki non ha alcuna abilità particolare e, con l'aiuto della signora Osono - che le fornisce una stanza dove vivere in cambio di un aiuto nel gestire il forno di sua proprietà - mette in piedi una società di consegne sfruttando la sua capacità di volare a cavallo di una scopa. Tutto sembra andare per il meglio, ma un giorno Kiki si accorge che i suoi poteri si sono indeboliti: come potrà continuare a rimanere indipendente se non è più in grado di volare per effettuare il suo lavoro?
Rendersi indipendenti già da ragazzi, affrontare le difficoltà che la vita ci mette davanti e superarle per maturare e crescere: questi sono i temi importanti trattati nel film, che non risultano mai pesanti grazie alla sapiente miscela di situazioni più leggere e divertenti. Tra queste vanno messe le evoluzioni di Kiki a cavallo della sua scopa, con i suoi spassosi problemi di assetto durante il volo, o i dialoghi con Jiji (il gatto nero che la accompagna nel suo viaggio).
Un altro punto educativo e reso in maniera molto naturale è l'accettazione di chi è diverso dalla massa: Kiki è una strega, ma gli abitanti della città che lei ha scelto come sede del suo noviziato trovano del tutto normale che una ragazzina appena arrivata abbia poteri magici. Forse venticinque anni fa (quando è stato realizzato il film) la solidarietà era un sentimento più diffuso, oggi una situazione del genere sarebbe difficilmente replicabile nella nostra società dove i nuovi arrivati sono visti spesso come chi vuole "rubare" le nostre risorse (lavoro, cibo...) e non come esponenti di culture diverse che possono arricchirci.
Realizzazione grafica ineccepibile, come tradizione di Miyazaki e dello studio Ghibli. Le vedute marine sono eccellenti, ma anche gli scorci della città sono resi in maniera molto fedele e realistica. Le scene in cui Kiki vola sulla scopa sono molto coinvolgenti e riescono a trasmettere allo spettatore la tensione che prova la streghetta volando a tutta velocità su un mezzo che non riesce a controllare in pieno.
I personaggi hanno un disegno che si assomiglia tra i vari film: difficile non trovare somiglianze tra Kiki e le bimbe protagoniste de "Il mio vicino Totoro" (precedente), o tra Bertha e Sophie de "Il castello errante di Howl" (film successivo). Questo però non è un limite, ma una sorta di "marchio di fabbrica" che rende facilmente identificabili le opere di Miyazaki.
Per l'adattamento audio, pur avendo visto entrambe le versioni (Buena Vista e Lucky Red) non mi sento in grado di fare paragoni: troppo lontana la visione del film con il primo doppiaggio per fare un confronto. Del nuovo adattamento ho apprezzato le sigle originali al posto di quelle poco significative in italiano e la maggiore fedeltà ai dialoghi originali rispetto al primo doppiaggio dove alcune battute sono state cambiate per non urtare la sensibilità degli spettatori statunitensi (particolare che ho notato dopo la lettura della pagina su Wikipedia dedicata a questo film).
Un bellissimo film, educativo e realizzato molto bene: Miyazaki colpisce ancora, e questo è sicuramente uno dei film più importanti che ha realizzato.
Tutta la storia ruota intorno alle avventure di Kiki, una streghetta che dopo aver compiuto i 13 anni inizia il suo noviziato per diventare una strega a tutti gli effetti. La prova è molto dura, la piccola dovrà lasciare la casa dove è nata e trasferirsi in un'altra città dove mettere in pratica le sue abilità magiche e farsi accettare dagli abitanti; tutto questo scontrandosi con le esigenze comuni della vita, come trovarsi un appartamento e lavorare per guadagnarsi da vivere. Kiki non ha alcuna abilità particolare e, con l'aiuto della signora Osono - che le fornisce una stanza dove vivere in cambio di un aiuto nel gestire il forno di sua proprietà - mette in piedi una società di consegne sfruttando la sua capacità di volare a cavallo di una scopa. Tutto sembra andare per il meglio, ma un giorno Kiki si accorge che i suoi poteri si sono indeboliti: come potrà continuare a rimanere indipendente se non è più in grado di volare per effettuare il suo lavoro?
Rendersi indipendenti già da ragazzi, affrontare le difficoltà che la vita ci mette davanti e superarle per maturare e crescere: questi sono i temi importanti trattati nel film, che non risultano mai pesanti grazie alla sapiente miscela di situazioni più leggere e divertenti. Tra queste vanno messe le evoluzioni di Kiki a cavallo della sua scopa, con i suoi spassosi problemi di assetto durante il volo, o i dialoghi con Jiji (il gatto nero che la accompagna nel suo viaggio).
Un altro punto educativo e reso in maniera molto naturale è l'accettazione di chi è diverso dalla massa: Kiki è una strega, ma gli abitanti della città che lei ha scelto come sede del suo noviziato trovano del tutto normale che una ragazzina appena arrivata abbia poteri magici. Forse venticinque anni fa (quando è stato realizzato il film) la solidarietà era un sentimento più diffuso, oggi una situazione del genere sarebbe difficilmente replicabile nella nostra società dove i nuovi arrivati sono visti spesso come chi vuole "rubare" le nostre risorse (lavoro, cibo...) e non come esponenti di culture diverse che possono arricchirci.
Realizzazione grafica ineccepibile, come tradizione di Miyazaki e dello studio Ghibli. Le vedute marine sono eccellenti, ma anche gli scorci della città sono resi in maniera molto fedele e realistica. Le scene in cui Kiki vola sulla scopa sono molto coinvolgenti e riescono a trasmettere allo spettatore la tensione che prova la streghetta volando a tutta velocità su un mezzo che non riesce a controllare in pieno.
I personaggi hanno un disegno che si assomiglia tra i vari film: difficile non trovare somiglianze tra Kiki e le bimbe protagoniste de "Il mio vicino Totoro" (precedente), o tra Bertha e Sophie de "Il castello errante di Howl" (film successivo). Questo però non è un limite, ma una sorta di "marchio di fabbrica" che rende facilmente identificabili le opere di Miyazaki.
Per l'adattamento audio, pur avendo visto entrambe le versioni (Buena Vista e Lucky Red) non mi sento in grado di fare paragoni: troppo lontana la visione del film con il primo doppiaggio per fare un confronto. Del nuovo adattamento ho apprezzato le sigle originali al posto di quelle poco significative in italiano e la maggiore fedeltà ai dialoghi originali rispetto al primo doppiaggio dove alcune battute sono state cambiate per non urtare la sensibilità degli spettatori statunitensi (particolare che ho notato dopo la lettura della pagina su Wikipedia dedicata a questo film).
Un bellissimo film, educativo e realizzato molto bene: Miyazaki colpisce ancora, e questo è sicuramente uno dei film più importanti che ha realizzato.
Ho deciso di recensire "Kiki's Delivery Service" per rendere un po' di giustizia a questo film, spesso etichettato frettolosamente come un'opera minore del maestro Miyazaki.
Si tratta certo di un lungometraggio senz'altro meno maestoso dei suoi "fratelli". Non ci sono mondi fantastici o bizzarre creature. L'unico elemento di fantasia è rappresentato dalla protagonista, nei panni di una streghetta alle prime armi che, giunta al compimento del tredicesimo anno di età, si ritrova a dover compiere una sorta di rito d'iniziazione: andarsene da casa e vivere per un anno in una città a sua scelta. Un tema che ritroveremo anche ne "La Città Incantata", quello dell'abbandono della protezione familiare a favore di una personalità da sviluppare, per poter affrontare da soli il mondo che è "al di fuori".
Il film è una deliziosa rappresentazione della maturità crescente che caratterizza il passaggio dall'infanzia all'età adulta. Questo processo naturale porta con sé un inestimabile bagaglio di esperienze umane, fatto di incontri e amori, che diventano parte integrante dell'individuo, nel bene e nel male. Per realizzare questo però è necessario accettare che non tutto andrà come si era programmato, forse quasi niente; si devono mettere in conto le deviazioni di percorso, che spesso e volentieri portano a un inaspettato e meraviglioso epilogo.
Ovviamente tra l'incipt e il finale corre molta fatica. Una fatica non tanto fisica quanto abitudinaria. Perché Kiki è sì una strega, ma per vivere anche lei deve lavorare. E come poter sfruttare la capacità di spostarsi in breve tempo da un posto all'altro volando, se non svolgendo consegne a domicilio? Prendendo due piccioni con una fava, Kiki trova lavoro e alloggio presso una panetteria, piena di ogni ben di Dio. Inutile dire che ho apprezzato particolarmente quell'ambientazione.
A fare da sfondo alle vicende di Kiki è uno stupendo affresco del centro abitato, che con le sue pittoresche costruzioni e gli affusolati campanili rievoca le nordiche città europee, con quell'aggiunta di personalizzazione miyazakiana che conferisce un'aura fiabesca a qualsiasi cosa tocchi. Per realizzare questo film Miyazaki e il suo staff partirono per la Svezia, traendo spunto dagli squarci di Stoccolma e Visby, che inserirono nell'anime assieme a vari elementi di altre città europee. Una gioia per gli occhi, quindi, ben si sposa con quell'emotività semplice e immediata che "Kiki consegne a domicilio" trasmette; un'emotività pura ed elementare, buona per ogni età e ogni epoca.
Fatevi dunque rapire da questa deliziosa "opera minore" che vi stregherà il cuore, lasciandovi a fine visione con un caldo e materno abbraccio.
Si tratta certo di un lungometraggio senz'altro meno maestoso dei suoi "fratelli". Non ci sono mondi fantastici o bizzarre creature. L'unico elemento di fantasia è rappresentato dalla protagonista, nei panni di una streghetta alle prime armi che, giunta al compimento del tredicesimo anno di età, si ritrova a dover compiere una sorta di rito d'iniziazione: andarsene da casa e vivere per un anno in una città a sua scelta. Un tema che ritroveremo anche ne "La Città Incantata", quello dell'abbandono della protezione familiare a favore di una personalità da sviluppare, per poter affrontare da soli il mondo che è "al di fuori".
Il film è una deliziosa rappresentazione della maturità crescente che caratterizza il passaggio dall'infanzia all'età adulta. Questo processo naturale porta con sé un inestimabile bagaglio di esperienze umane, fatto di incontri e amori, che diventano parte integrante dell'individuo, nel bene e nel male. Per realizzare questo però è necessario accettare che non tutto andrà come si era programmato, forse quasi niente; si devono mettere in conto le deviazioni di percorso, che spesso e volentieri portano a un inaspettato e meraviglioso epilogo.
Ovviamente tra l'incipt e il finale corre molta fatica. Una fatica non tanto fisica quanto abitudinaria. Perché Kiki è sì una strega, ma per vivere anche lei deve lavorare. E come poter sfruttare la capacità di spostarsi in breve tempo da un posto all'altro volando, se non svolgendo consegne a domicilio? Prendendo due piccioni con una fava, Kiki trova lavoro e alloggio presso una panetteria, piena di ogni ben di Dio. Inutile dire che ho apprezzato particolarmente quell'ambientazione.
A fare da sfondo alle vicende di Kiki è uno stupendo affresco del centro abitato, che con le sue pittoresche costruzioni e gli affusolati campanili rievoca le nordiche città europee, con quell'aggiunta di personalizzazione miyazakiana che conferisce un'aura fiabesca a qualsiasi cosa tocchi. Per realizzare questo film Miyazaki e il suo staff partirono per la Svezia, traendo spunto dagli squarci di Stoccolma e Visby, che inserirono nell'anime assieme a vari elementi di altre città europee. Una gioia per gli occhi, quindi, ben si sposa con quell'emotività semplice e immediata che "Kiki consegne a domicilio" trasmette; un'emotività pura ed elementare, buona per ogni età e ogni epoca.
Fatevi dunque rapire da questa deliziosa "opera minore" che vi stregherà il cuore, lasciandovi a fine visione con un caldo e materno abbraccio.
Di certo c'è di meglio fra le opere di Miyazaki.
La storia di Kiki manca in interesse, risulta troppo vaga e frivola. Dal punto di vista della fantasia, che sempre è preponderante nelle opere dell'autore, qui c'è una totale carenza, tanto che un anime come Totoro, di certo non l'apice, ne possiede di più, risultando più piacevole da guardare.
Qui, invece, ci troviamo di fronte a un piccolo numero di personaggi, di cui viene detto poco e niente, risultando praticamente comparse che ruotano attorno alla protagonista, che via via occupa più spazio, togliendolo addirittura al suo stesso gatto. Oltre ciò, come detto, non ci sono punti innovativi e fantastici nella storia, come nelle altre opere; di conseguenza le quasi due ore potrebbero pesare un po'. Quest'anime semplicemente dipinge una semplice storia di una semplice ragazzina, e forse è questa stessa eccessiva semplicità che fa risultare il tutto poco attrattivo.
Non che ami molto l'atteggiamento moraleggiante di Miyazaki, ma la sua assenza, in quest'anime, si nota ben troppo e forse contribuisce a renderlo fiacco. Quel Miyazaki che tanto odia le metropoli qui perde la sua incisività, probabilmente dovendo inglobare nell'amore universale, purtroppo sempre presente, anche quello verso le grandi città.
Non ho affatto gradito il film. Trovo che ci sia una grande differenza fra Kiki e, ad esempio, "Il castello errante di Howl", dove il tema magico è immerso in un mondo ben più intrigante, con vicende e personaggi memorabili. Qui, invece, la convenzione e la normalità/noia regnano.
La storia di Kiki manca in interesse, risulta troppo vaga e frivola. Dal punto di vista della fantasia, che sempre è preponderante nelle opere dell'autore, qui c'è una totale carenza, tanto che un anime come Totoro, di certo non l'apice, ne possiede di più, risultando più piacevole da guardare.
Qui, invece, ci troviamo di fronte a un piccolo numero di personaggi, di cui viene detto poco e niente, risultando praticamente comparse che ruotano attorno alla protagonista, che via via occupa più spazio, togliendolo addirittura al suo stesso gatto. Oltre ciò, come detto, non ci sono punti innovativi e fantastici nella storia, come nelle altre opere; di conseguenza le quasi due ore potrebbero pesare un po'. Quest'anime semplicemente dipinge una semplice storia di una semplice ragazzina, e forse è questa stessa eccessiva semplicità che fa risultare il tutto poco attrattivo.
Non che ami molto l'atteggiamento moraleggiante di Miyazaki, ma la sua assenza, in quest'anime, si nota ben troppo e forse contribuisce a renderlo fiacco. Quel Miyazaki che tanto odia le metropoli qui perde la sua incisività, probabilmente dovendo inglobare nell'amore universale, purtroppo sempre presente, anche quello verso le grandi città.
Non ho affatto gradito il film. Trovo che ci sia una grande differenza fra Kiki e, ad esempio, "Il castello errante di Howl", dove il tema magico è immerso in un mondo ben più intrigante, con vicende e personaggi memorabili. Qui, invece, la convenzione e la normalità/noia regnano.
Una delle opere più graziose ma curiosamente anche tra le meno conosciute del maestro Hayao Miyazaki, "Kiki's Delivery Service" è forse una delle opere d'animazione migliori del suo tempo e di quello attuale.
Kiki vive la sua vita in serenità come le ragazzine della sua età, ma lei non è una normale bambina, lei è figlia di una strega e in quanto tale anche lei lo è. Presto arriverà il giorno in cui dovrà intraprendere il suo personale viaggio per trovare un lavoro e dedicarsi con tutta sé stessa al mestiere e alla specializzazione che meglio la rispecchierà nel suo essere una strega. Non sarà per nulla semplice, almeno non all'inizio, tuttavia la forza di volontà di Kiki riuscirà a tirarla fuori dalle difficoltà quotidiane, con l'aiuto di persone gentili che incontrerà sul suo percorso.
Questo film è dotato di una particolarità non da poco, la leggerezza. In molti pensano che leggerezza in un'opera d'animazione significa necessariamente "per bambini": è un errore assai grave a mio parere. Ogni evento dell'opera se reso esasperatamente pesante può alla lunga stancare anche il più paziente degli spettatori ed essendo Kiki's Delivery Service rivolto "anche" a un pubblico molto giovane è ovvio che non si possano pretendere acrobazie grammaticali o narrative.
Sono rimasto alquanto sorpreso dal notare quante poche persone conoscessero quest'opera del maestro Miyazaki, eppure l'opera è di svariati anni fa. In ogni caso, nonostante gli anni, quest'opera tiene duro, anche se non ai livelli grafici di "La città incantata" o "Il Castello Errante di Howl". I disegni risultano molto semplici ma assai gradevoli e aggraziati e vengono animati in maniera magistrale senza alcuna caduta di stile. Anche il comparto sonoro è ottimo, con effetti ascoltabili e con una sigla italiana realizzata decisamente bene - il che è per me un caso più unico che raro prediligendo quelle in lingua originale.
Forse, volendo proprio trovare il pelo nell'uovo, l'unico difetto sta in una sorta di accelerazione degli eventi a un certo punto della storia che poi porterà a un finale forse troppo affrettato. Il tempo è tiranno, si sa, ma dedicare magari una decina di minuti in più per ottenere un corso di eventi più omogeneo e di conseguenza un finale più soddisfacente avrebbe senza dubbio giovato sull'aspetto generale, che in ogni caso rimane di tutto rispetto.
Insomma, "Kiki Consegne a Domicilio" è un'opera originale e gradevole per un pubblico di un età che va dagli 0 ai 120 anni e che io consiglierei senza pensarci due volte a chiunque.
Kiki vive la sua vita in serenità come le ragazzine della sua età, ma lei non è una normale bambina, lei è figlia di una strega e in quanto tale anche lei lo è. Presto arriverà il giorno in cui dovrà intraprendere il suo personale viaggio per trovare un lavoro e dedicarsi con tutta sé stessa al mestiere e alla specializzazione che meglio la rispecchierà nel suo essere una strega. Non sarà per nulla semplice, almeno non all'inizio, tuttavia la forza di volontà di Kiki riuscirà a tirarla fuori dalle difficoltà quotidiane, con l'aiuto di persone gentili che incontrerà sul suo percorso.
Questo film è dotato di una particolarità non da poco, la leggerezza. In molti pensano che leggerezza in un'opera d'animazione significa necessariamente "per bambini": è un errore assai grave a mio parere. Ogni evento dell'opera se reso esasperatamente pesante può alla lunga stancare anche il più paziente degli spettatori ed essendo Kiki's Delivery Service rivolto "anche" a un pubblico molto giovane è ovvio che non si possano pretendere acrobazie grammaticali o narrative.
Sono rimasto alquanto sorpreso dal notare quante poche persone conoscessero quest'opera del maestro Miyazaki, eppure l'opera è di svariati anni fa. In ogni caso, nonostante gli anni, quest'opera tiene duro, anche se non ai livelli grafici di "La città incantata" o "Il Castello Errante di Howl". I disegni risultano molto semplici ma assai gradevoli e aggraziati e vengono animati in maniera magistrale senza alcuna caduta di stile. Anche il comparto sonoro è ottimo, con effetti ascoltabili e con una sigla italiana realizzata decisamente bene - il che è per me un caso più unico che raro prediligendo quelle in lingua originale.
Forse, volendo proprio trovare il pelo nell'uovo, l'unico difetto sta in una sorta di accelerazione degli eventi a un certo punto della storia che poi porterà a un finale forse troppo affrettato. Il tempo è tiranno, si sa, ma dedicare magari una decina di minuti in più per ottenere un corso di eventi più omogeneo e di conseguenza un finale più soddisfacente avrebbe senza dubbio giovato sull'aspetto generale, che in ogni caso rimane di tutto rispetto.
Insomma, "Kiki Consegne a Domicilio" è un'opera originale e gradevole per un pubblico di un età che va dagli 0 ai 120 anni e che io consiglierei senza pensarci due volte a chiunque.
Sceneggiato, diretto e prodotto dal maestro <i>Hayao Miyazaki</i> per l’affermato marchio <b>Studio Ghibli</b>, esce nel 1989 <i>“Majo no takkyūbin”</i>.
Il lungometraggio s'ispira all’omonimo romanzo di <i>Eiko Kadono</i>, scritto quattro anni prima ed edito in Italia grazie a Kappa Edizioni, cogliendo in pieno gli aspetti magici e spensierati tipici della letteratura per ragazzi, pur enfatizzandone il messaggio morale.
Noto al mondo intero come “Kiki's Delivery Service”, questo è probabilmente il film meno filo-giapponese dell’intera produzione Ghibli. La forte presenza delle ambientazioni in stile occidentale, e il fatto stesso che sia stato distribuito negli USA dalla Disney, conferisce un taglio diverso a tutta la storia.
<b>Kiki consegne a domicilio</b>, questo è il titolo con cui è stato tradotto l’originale per l’Italia, narra le vicende della piccola strega <i>Kiki</i>, alle prese con la sua emancipazione. E’ prassi comune, infatti, nel mondo della stregoneria, che le tredicenni diventino indipendenti dalla propria famiglia e si cerchino una nuova città in cui vivere e allenarsi per la durata di un anno.
Da questo incipit, si muove tutta la trama del film, che mostrerà allo spettatore la difficile fase di maturazione della protagonista e della sua indiscutibile forza di volontà.
Armata di scopa, di radio e gatto al seguito, la giovane Kiki si “incammina” verso la prima città libera in cui possa iniziare a vivere la sua avventura formativa.
Ebbene, Kiki, in maniera relativamente semplice, centra il suo primo obiettivo approdando in un caratteristico villaggio di mare, ma, contrariamente a quanto si possa pensare, non vi giunge a cavallo della sua scopa ma bensì in treno.
Lo spettatore viene così trasportato in un’ambientazione urbana e vivace, che per la sua connotazione ricorda molto città come Parigi, Lisbona, San Francisco, in cui il Sole e il mare sono elementi di primo piano.
A rompere quest’atmosfera idilliaca, la freddezza con cui Kiki viene accolta nel villaggio. Snobbata dalla gente in strada e redarguita da un ligio membro della vigilanza, la ragazzina decide che forse è meglio cambiare aria. In un battito di ciglio, Kiki dovrà ricredersi ancora: un episodio in cui dimostra tutta la sua gentilezza la vede protagonista e così da quel momento le cose iniziano a girare a suo favore.
Kiki stringe amicizia con <i>Osono</i>, gentile signora titolare di una panetteria, che le offre un tetto sotto il quale vivere in cambio di dare una mano al negozio e svolgere le consegne.
Per Kiki si apre il mondo del lavoro, il suo servizio consegne diventa presto popolare e i clienti aumentano giorno dopo giorno. La sua attività la porterà a viaggiare alta nei cieli di tutta la città, attraversando viottoli, fiumi, mari e foreste, e a fare la conoscenza di tante simpatiche persone.
Il rapporto più forte è senza dubbio quello che si istaura tra la protagonista e <i>Tombo</i>, ragazzino pressoché coetaneo di Kiki, che da inizialmente antipatico si dimostrerà un sincero amico dalla fervida inventiva e dal cuore d’oro.
Altri sono i personaggi che popolano il mondo di Kiki: spiccano, fra tutti, il gatto <i>Jiji</i>, che si presta a molteplici siparietti comici; <i>Ursula</i>, una ragazza che vive in una baita e con un gran talento nel disegno; la già citata <i>Osono</i>, che farà in tutto e per tutto le veci di una madre per la giovane strega; e una variegata schiera di clienti che la nostra Kiki incontrerà nei suoi giri di consegna.
Non mancheranno i problemi e i momenti difficili, ma la verve e la costanza saranno delle potentissime risorse, sulle quali Kiki potrà sempre contare.
La morale della storia ci offre diverse interpretazioni come se il messaggio finale fosse concepito a strati. Il più superficiale e intuitivo di questi è quello che attraverso la magia e la spensieratezza colpisce i più ragazzini, insegnando loro che con la gentilezza e la bontà si ottiene sempre il meglio in ogni situazione.
Allo strato immediatamente successivo, risiede il messaggio che, con la forza di volontà e l’abnegazione, ogni obiettivo che ci prefissiamo può essere raggiunto. I livelli interpretativi terminano con lo strato più profondo, che racchiude un significato dal tono ben più disincantato, ossia che inserirsi in una nuova società, diventarne parte integrante e farsi accettare, è un sentiero irto di ostacoli dove il più insormontabile è rappresentato dal pregiudizio: barriera concettuale che solo il tempo e le nostre azioni possono abbattere.
Un’opera pluripremiata, una versione italiana dal doppiaggio indovinato, “Kiki consegne a domicilio” è un prodotto per tutte le età, in grado di “stregare”, nel vero senso della parola, ogni tipo di spettatore.
Voto 10, favoloso.
Il lungometraggio s'ispira all’omonimo romanzo di <i>Eiko Kadono</i>, scritto quattro anni prima ed edito in Italia grazie a Kappa Edizioni, cogliendo in pieno gli aspetti magici e spensierati tipici della letteratura per ragazzi, pur enfatizzandone il messaggio morale.
Noto al mondo intero come “Kiki's Delivery Service”, questo è probabilmente il film meno filo-giapponese dell’intera produzione Ghibli. La forte presenza delle ambientazioni in stile occidentale, e il fatto stesso che sia stato distribuito negli USA dalla Disney, conferisce un taglio diverso a tutta la storia.
<b>Kiki consegne a domicilio</b>, questo è il titolo con cui è stato tradotto l’originale per l’Italia, narra le vicende della piccola strega <i>Kiki</i>, alle prese con la sua emancipazione. E’ prassi comune, infatti, nel mondo della stregoneria, che le tredicenni diventino indipendenti dalla propria famiglia e si cerchino una nuova città in cui vivere e allenarsi per la durata di un anno.
Da questo incipit, si muove tutta la trama del film, che mostrerà allo spettatore la difficile fase di maturazione della protagonista e della sua indiscutibile forza di volontà.
Armata di scopa, di radio e gatto al seguito, la giovane Kiki si “incammina” verso la prima città libera in cui possa iniziare a vivere la sua avventura formativa.
Ebbene, Kiki, in maniera relativamente semplice, centra il suo primo obiettivo approdando in un caratteristico villaggio di mare, ma, contrariamente a quanto si possa pensare, non vi giunge a cavallo della sua scopa ma bensì in treno.
Lo spettatore viene così trasportato in un’ambientazione urbana e vivace, che per la sua connotazione ricorda molto città come Parigi, Lisbona, San Francisco, in cui il Sole e il mare sono elementi di primo piano.
A rompere quest’atmosfera idilliaca, la freddezza con cui Kiki viene accolta nel villaggio. Snobbata dalla gente in strada e redarguita da un ligio membro della vigilanza, la ragazzina decide che forse è meglio cambiare aria. In un battito di ciglio, Kiki dovrà ricredersi ancora: un episodio in cui dimostra tutta la sua gentilezza la vede protagonista e così da quel momento le cose iniziano a girare a suo favore.
Kiki stringe amicizia con <i>Osono</i>, gentile signora titolare di una panetteria, che le offre un tetto sotto il quale vivere in cambio di dare una mano al negozio e svolgere le consegne.
Per Kiki si apre il mondo del lavoro, il suo servizio consegne diventa presto popolare e i clienti aumentano giorno dopo giorno. La sua attività la porterà a viaggiare alta nei cieli di tutta la città, attraversando viottoli, fiumi, mari e foreste, e a fare la conoscenza di tante simpatiche persone.
Il rapporto più forte è senza dubbio quello che si istaura tra la protagonista e <i>Tombo</i>, ragazzino pressoché coetaneo di Kiki, che da inizialmente antipatico si dimostrerà un sincero amico dalla fervida inventiva e dal cuore d’oro.
Altri sono i personaggi che popolano il mondo di Kiki: spiccano, fra tutti, il gatto <i>Jiji</i>, che si presta a molteplici siparietti comici; <i>Ursula</i>, una ragazza che vive in una baita e con un gran talento nel disegno; la già citata <i>Osono</i>, che farà in tutto e per tutto le veci di una madre per la giovane strega; e una variegata schiera di clienti che la nostra Kiki incontrerà nei suoi giri di consegna.
Non mancheranno i problemi e i momenti difficili, ma la verve e la costanza saranno delle potentissime risorse, sulle quali Kiki potrà sempre contare.
La morale della storia ci offre diverse interpretazioni come se il messaggio finale fosse concepito a strati. Il più superficiale e intuitivo di questi è quello che attraverso la magia e la spensieratezza colpisce i più ragazzini, insegnando loro che con la gentilezza e la bontà si ottiene sempre il meglio in ogni situazione.
Allo strato immediatamente successivo, risiede il messaggio che, con la forza di volontà e l’abnegazione, ogni obiettivo che ci prefissiamo può essere raggiunto. I livelli interpretativi terminano con lo strato più profondo, che racchiude un significato dal tono ben più disincantato, ossia che inserirsi in una nuova società, diventarne parte integrante e farsi accettare, è un sentiero irto di ostacoli dove il più insormontabile è rappresentato dal pregiudizio: barriera concettuale che solo il tempo e le nostre azioni possono abbattere.
Un’opera pluripremiata, una versione italiana dal doppiaggio indovinato, “Kiki consegne a domicilio” è un prodotto per tutte le età, in grado di “stregare”, nel vero senso della parola, ogni tipo di spettatore.
Voto 10, favoloso.
"Kiki's delivery service" narra la storia di un'apprendista strega che, come da tradizione, raggiunta l'età di 13 anni deve intraprendere un viaggio della durata di un anno per dimostrare di sapere badare a se stessa sfruttando le sue capacità. Così parte con il suo migliore amico, il gatto nero Jiji, e si trasferisce in una città sul mare. Inizialmente tutto sembrerà molto più complicato di quanto lei si aspetterebbe, ma poi inizierà ad ambientarsi.
Sono d'accordo con chi scrive che questo film è molto sottovalutato: ho ancora diverse opere del maestro da recuperare, ma finora Kiki è il film miyazakiano che preferisco. Infatti qui Miyazaki riesce a dare il meglio di sé anche narrando vicende molto più semplici che ne "La città incantata" o che ne "Il castello errante di Howl". La magia c'è anche qui, ma con molti meno effetti speciali e ha un ruolo più secondario, più simbolico, in quanto costituisce soltanto uno spunto per mostrare la maturazione della protagonista nel corso della storia.
Tuttavia non se ne sente la mancanza, degli effetti speciali, perché, a parte il fatto che la trama riesce comunque a coinvolgere nella sua semplicità, vi sono molti splendidi personaggi, che per quanto semplici ti restano nel cuore: la gentile panettiera Osono, il simpatico Tombo, i genitori di Kiki, la pittrice, l'anziana signora dello sformato di aringhe e zucca e persino il marito di Osono, che si fa notare pur non pronunciando una sola parola per tutto il film. E ovviamente fra di loro non sfigura la protagonista, che riesce a conquistare il suo posto nella nuova città grazie alla sua dolcezza e al suo cuore gentile.
La piccola Kiki organizza un servizio di consegne volanti e in effetti questo film si può considerare una piacevole e rilassante ventata d'aria fresca nell'universo ghibliano, niente di particolarmente impegnativo ma ugualmente meraviglioso.
Inutile sottolineare la bellezza dei paesaggi, comune a tutti i film di Miyazaki, e del character design. E io ho apprezzato molto anche i doppiatori scelti per l'adattamento italiano.
Peccato che ormai il DVD sia, come quello de "La principessa Mononoke", praticamente introvabile, spero che torni presto nelle nostre videoteche.
"Kiki's Delivery Service" è da vedere e rivedere, il mio voto è 10, ma potendo avrei dato anche di più.
Sono d'accordo con chi scrive che questo film è molto sottovalutato: ho ancora diverse opere del maestro da recuperare, ma finora Kiki è il film miyazakiano che preferisco. Infatti qui Miyazaki riesce a dare il meglio di sé anche narrando vicende molto più semplici che ne "La città incantata" o che ne "Il castello errante di Howl". La magia c'è anche qui, ma con molti meno effetti speciali e ha un ruolo più secondario, più simbolico, in quanto costituisce soltanto uno spunto per mostrare la maturazione della protagonista nel corso della storia.
Tuttavia non se ne sente la mancanza, degli effetti speciali, perché, a parte il fatto che la trama riesce comunque a coinvolgere nella sua semplicità, vi sono molti splendidi personaggi, che per quanto semplici ti restano nel cuore: la gentile panettiera Osono, il simpatico Tombo, i genitori di Kiki, la pittrice, l'anziana signora dello sformato di aringhe e zucca e persino il marito di Osono, che si fa notare pur non pronunciando una sola parola per tutto il film. E ovviamente fra di loro non sfigura la protagonista, che riesce a conquistare il suo posto nella nuova città grazie alla sua dolcezza e al suo cuore gentile.
La piccola Kiki organizza un servizio di consegne volanti e in effetti questo film si può considerare una piacevole e rilassante ventata d'aria fresca nell'universo ghibliano, niente di particolarmente impegnativo ma ugualmente meraviglioso.
Inutile sottolineare la bellezza dei paesaggi, comune a tutti i film di Miyazaki, e del character design. E io ho apprezzato molto anche i doppiatori scelti per l'adattamento italiano.
Peccato che ormai il DVD sia, come quello de "La principessa Mononoke", praticamente introvabile, spero che torni presto nelle nostre videoteche.
"Kiki's Delivery Service" è da vedere e rivedere, il mio voto è 10, ma potendo avrei dato anche di più.
E’ tradizione che quando una bambina compie 13 anni, se desidera diventare una strega praticante, debba lasciare la sua casa e trasferirsi in una nuova città per un anno.
E’ il caso di Kiki, ragazzina intraprendente e vispa; tuttavia sua madre, una strega specializzata nella preparazione di pozioni curative, non è sicura che la figlia sia pronta, e anche il Jiji, il gatto nero parlante a cui la ragazzina è affezionatissima, le consiglia di non affrettare i tempi, perché la giovane vorrebbe partire un mese prima della data prefissata.
Ma Kiki non vuole sentire ragione, e così, illuminata dalla luce della luna piena e vestita col classico vestito nero da strega, parte a bordo della vecchia ma sicura scopa della madre, con la radio regalatale dal padre e accompagnata dal suo fedele Jiji. Durante il volo incontra un’altra giovane strega specializzata nel predire il futuro; lei però non ha ancora la minima idea di cosa fare… e quindi verrà sbeffeggiata da quella vanitosa streghetta. Come se non bastasse, una fortissima tempesta complica il già difficile volo, quindi Kiki è costretta a rifugiarsi in un vagone pieno di paglia di un treno.
La mattina dopo si ritrova in una città affacciata sull’oceano, proprio come ha sempre sognato, e scoperto che non ci vive nessuna strega decide di stabilirsi lì; è curioso vedere come la vista di una bambina che voli su una scopa impressioni solo minimamente o per niente la gente, tanto che Kiki rischia persino di essere arrestata per “volo spericolato”.
Quando stava quasi per arrendersi visto che non riusciva a trovare un alloggio, incontra per caso la panettiera Osono, che le offre una camera e la fa lavorare alla panetteria e anche come postina vista la sua abilità nel volo. La giovane streghetta, lontana dai genitori, riuscirà ad ambientarsi in un luogo diverso da casa, a farsi accettare e a trovare degli amici, a lavorare. Vivrà quindi una magnifica avventura chiamata crescita.
Per quanto Kiki possa volare e parlare con il suo gatto, per il resto è una tredicenne come tutte le altre ed è alle prese con l’adolescenza: si emancipa dai genitori, ha le prime cotte, vuole vestirsi elegante perché si sente più donna… deve iniziare a cavarsela da sola.
Trovare un lavoro è difficile per chiunque, quindi bisogna trovare qualcosa che piaccia oppure che si è in grado di fare veramente bene, o qualcosa che solo pochi sappiano fare: l’unica abilità di strega di Kiki è quella di sapere volare sulla sua scopa, ma nessuna persona normale lo sa fare. Il lavoro è ciò che ci identifica, quindi la ricerca di un impiego è anche la ricerca della nostra identità, che è unica e inimitabile: perciò Kiki si identifica attraverso la sua capacità di volare.
Volare significa libertà, ma la libertà è accompagnata dall’ansia, dalle preoccupazioni e dalla solitudine; il cielo è bellissimo e sconfinato, ma è pieno di pericoli, come i forti venti che soffiano all’improvviso, le piogge, le tempeste, nonché la sempre incombente gravità.
Particolare è il rapporto della giovane apprendista strega con Tombo, ragazzino appassionato di aviazione che ha subito messo gli occhi addosso a Kiki, sia perché per lei il volo è una cosa naturale, sia perché la trova carina.
Lei all’inizio lo ignora e lo evita più volte, successivamente si troverà bene con lui, e poi di nuovo lo tratterà male; è quindi un rapporto di odio/amore, tipico delle persone alle prese con i primi amori.
Nella nuova città Kiki, nonostante le difficoltà, sarà aiutata da tante persone, ma farà delle cose per loro: dare per ricevere, do ut des. Questa è la vita, e questo film magico, leggero e spensierato (anche se non mancheranno momenti seri e drammatici) ne è una bellissima parabola.
E’ il caso di Kiki, ragazzina intraprendente e vispa; tuttavia sua madre, una strega specializzata nella preparazione di pozioni curative, non è sicura che la figlia sia pronta, e anche il Jiji, il gatto nero parlante a cui la ragazzina è affezionatissima, le consiglia di non affrettare i tempi, perché la giovane vorrebbe partire un mese prima della data prefissata.
Ma Kiki non vuole sentire ragione, e così, illuminata dalla luce della luna piena e vestita col classico vestito nero da strega, parte a bordo della vecchia ma sicura scopa della madre, con la radio regalatale dal padre e accompagnata dal suo fedele Jiji. Durante il volo incontra un’altra giovane strega specializzata nel predire il futuro; lei però non ha ancora la minima idea di cosa fare… e quindi verrà sbeffeggiata da quella vanitosa streghetta. Come se non bastasse, una fortissima tempesta complica il già difficile volo, quindi Kiki è costretta a rifugiarsi in un vagone pieno di paglia di un treno.
La mattina dopo si ritrova in una città affacciata sull’oceano, proprio come ha sempre sognato, e scoperto che non ci vive nessuna strega decide di stabilirsi lì; è curioso vedere come la vista di una bambina che voli su una scopa impressioni solo minimamente o per niente la gente, tanto che Kiki rischia persino di essere arrestata per “volo spericolato”.
Quando stava quasi per arrendersi visto che non riusciva a trovare un alloggio, incontra per caso la panettiera Osono, che le offre una camera e la fa lavorare alla panetteria e anche come postina vista la sua abilità nel volo. La giovane streghetta, lontana dai genitori, riuscirà ad ambientarsi in un luogo diverso da casa, a farsi accettare e a trovare degli amici, a lavorare. Vivrà quindi una magnifica avventura chiamata crescita.
Per quanto Kiki possa volare e parlare con il suo gatto, per il resto è una tredicenne come tutte le altre ed è alle prese con l’adolescenza: si emancipa dai genitori, ha le prime cotte, vuole vestirsi elegante perché si sente più donna… deve iniziare a cavarsela da sola.
Trovare un lavoro è difficile per chiunque, quindi bisogna trovare qualcosa che piaccia oppure che si è in grado di fare veramente bene, o qualcosa che solo pochi sappiano fare: l’unica abilità di strega di Kiki è quella di sapere volare sulla sua scopa, ma nessuna persona normale lo sa fare. Il lavoro è ciò che ci identifica, quindi la ricerca di un impiego è anche la ricerca della nostra identità, che è unica e inimitabile: perciò Kiki si identifica attraverso la sua capacità di volare.
Volare significa libertà, ma la libertà è accompagnata dall’ansia, dalle preoccupazioni e dalla solitudine; il cielo è bellissimo e sconfinato, ma è pieno di pericoli, come i forti venti che soffiano all’improvviso, le piogge, le tempeste, nonché la sempre incombente gravità.
Particolare è il rapporto della giovane apprendista strega con Tombo, ragazzino appassionato di aviazione che ha subito messo gli occhi addosso a Kiki, sia perché per lei il volo è una cosa naturale, sia perché la trova carina.
Lei all’inizio lo ignora e lo evita più volte, successivamente si troverà bene con lui, e poi di nuovo lo tratterà male; è quindi un rapporto di odio/amore, tipico delle persone alle prese con i primi amori.
Nella nuova città Kiki, nonostante le difficoltà, sarà aiutata da tante persone, ma farà delle cose per loro: dare per ricevere, do ut des. Questa è la vita, e questo film magico, leggero e spensierato (anche se non mancheranno momenti seri e drammatici) ne è una bellissima parabola.
La trama è semplice e lineare: una giovane strega quando raggiunge i 13 anni deve abbandonare la famiglia per vivere per un anno in una diversa città e diventare indipendente. Un rito di passaggio che non mancherà di lasciare diversi spunti di riflessione in chi si godrà questa bella pellicola.
Ciò che colpisce è la capacità del regista, il maestro Miyazaki, di raccontare una favola semplice e dai buoni sentimenti, prendendo le distanze da schemi classici come la fondamentale presenza di un cattivo. Nella pellicola capita di trovare personaggi che ispirino antipatia, ma sono naturalmente calati in un contesto sociale cittadino e non subiscono neanche una voluta o troppo accentuata stereotipizzazione. Gli stessi ostacoli al successo della protagonista non sono altro che le tappe del difficile passaggio dall’infanzia alla maturità, di cui tutto il film è fondamentalmente una metafora.
L’amicizia, l’amore, l’essere invece che l’apparire, trovano tutti posto delicatamente in quest’opera. Molto consigliata la visione anche ai bambini.
I disegni sono ovviamente molto colorati e curati e sottolineano la bravura dello Studio Ghibli e dei suoi due titolari.
<a href="http://uskebasi.wordpress.com/2010/07/30/kiki-consegne-a-domicilio/">uskebasi.wordpress.com</a>
Ciò che colpisce è la capacità del regista, il maestro Miyazaki, di raccontare una favola semplice e dai buoni sentimenti, prendendo le distanze da schemi classici come la fondamentale presenza di un cattivo. Nella pellicola capita di trovare personaggi che ispirino antipatia, ma sono naturalmente calati in un contesto sociale cittadino e non subiscono neanche una voluta o troppo accentuata stereotipizzazione. Gli stessi ostacoli al successo della protagonista non sono altro che le tappe del difficile passaggio dall’infanzia alla maturità, di cui tutto il film è fondamentalmente una metafora.
L’amicizia, l’amore, l’essere invece che l’apparire, trovano tutti posto delicatamente in quest’opera. Molto consigliata la visione anche ai bambini.
I disegni sono ovviamente molto colorati e curati e sottolineano la bravura dello Studio Ghibli e dei suoi due titolari.
<a href="http://uskebasi.wordpress.com/2010/07/30/kiki-consegne-a-domicilio/">uskebasi.wordpress.com</a>
Questo meraviglioso, a mio avviso, film dello Studio Ghibli narra la storia della piccola Kiki, figlia di un essere umano e di una strega che crea medicine con i suoi poteri. Come da tradizione, al compimento dei tredici anni un'apprendista strega deve allontanarsi per un anno di noviziato. Così, inforcando la sua scopa, la piccola Kiki parte alla volta di questa nuova avventura insieme al fido gatto Jiji. Troverà sul suo cammino la città che ha sempre sognato: un'infinità di case che si affacciano sul mare, sormontate da una grande torre con l'orologio. Il panorama è da mozzare il fiato, ed è la meta giusta per la piccola strega, desiderosa di fare una buona prima impressione agli abitanti della nuova città.
Qui incontrerà Tombo, un ragazzino tutto pepe che sta costruendo una bicicletta volante e che presto diventerà suo grande amico. Inizialmente però l'impatto con il nuovo ambiente non sembra essere dei migliori e Kiki sembra indecisa se rimanere o meno, ma è a questo punto che incontrerà la simpatica signora Osono della panetteria, che le offrirà vitto e alloggio e un lavoro nel suo negozio. L'unica dote magica di Kiki è quella di volare, perciò decide di sfruttare questa sua capacità per intraprendere un'attività di consegne a domicilio che le consentirà di fare la conoscenza di molte persone, integrandosi pian piano in quella realtà tutta nuova e da scoprire.
<b>Attenzione! Parte contenente spoiler!</b>
La semplicità e la spensieratezza di questo film traspare in ogni singola scena, ma non per questo risulta banale. Lo scopo è quello di accompagnare la protagonista dall'infanzia all'adolescenza osservando i progressi che la porteranno all'età adulta. Assisteremo così ai momenti felici, a quelli tristi e alla capacità di riuscire a superare le difficoltà anche quando sembrano insormontabili. Kiki's Delivery Service è tutto questo e molto di più. E' anche la storia di una tenera amicizia, quella che si sviluppa, man mano che scorrono i minuti, tra Kiki e Tombo. E proprio grazie a questo il film raggiunge l'apice regalando nel finale la scena più bella e significativa. Emozionante è infatti il momento in cui la piccola strega si prodiga per salvare l'amico prima che precipiti dal dirigibile su cui era aggrappato. L'incitamento di tutti quelli che assistono alla scena e l'attimo in cui Kiki afferra la mano di Tombo (momento che si svolge senza audio) ammetto che ti lasciano senza respiro. Semplicemente meraviglioso, colonna sonora compresa, questo film è adatto a tutte le età. Ve lo consiglio davvero!
Qui incontrerà Tombo, un ragazzino tutto pepe che sta costruendo una bicicletta volante e che presto diventerà suo grande amico. Inizialmente però l'impatto con il nuovo ambiente non sembra essere dei migliori e Kiki sembra indecisa se rimanere o meno, ma è a questo punto che incontrerà la simpatica signora Osono della panetteria, che le offrirà vitto e alloggio e un lavoro nel suo negozio. L'unica dote magica di Kiki è quella di volare, perciò decide di sfruttare questa sua capacità per intraprendere un'attività di consegne a domicilio che le consentirà di fare la conoscenza di molte persone, integrandosi pian piano in quella realtà tutta nuova e da scoprire.
<b>Attenzione! Parte contenente spoiler!</b>
La semplicità e la spensieratezza di questo film traspare in ogni singola scena, ma non per questo risulta banale. Lo scopo è quello di accompagnare la protagonista dall'infanzia all'adolescenza osservando i progressi che la porteranno all'età adulta. Assisteremo così ai momenti felici, a quelli tristi e alla capacità di riuscire a superare le difficoltà anche quando sembrano insormontabili. Kiki's Delivery Service è tutto questo e molto di più. E' anche la storia di una tenera amicizia, quella che si sviluppa, man mano che scorrono i minuti, tra Kiki e Tombo. E proprio grazie a questo il film raggiunge l'apice regalando nel finale la scena più bella e significativa. Emozionante è infatti il momento in cui la piccola strega si prodiga per salvare l'amico prima che precipiti dal dirigibile su cui era aggrappato. L'incitamento di tutti quelli che assistono alla scena e l'attimo in cui Kiki afferra la mano di Tombo (momento che si svolge senza audio) ammetto che ti lasciano senza respiro. Semplicemente meraviglioso, colonna sonora compresa, questo film è adatto a tutte le età. Ve lo consiglio davvero!
Altro classico del grande maestro Miyazaky assolutamente degno di essere visto. Questo film è una festa piena di colori, di città, di sogni e di paesaggi, e i personaggi sono tutti ben connotati e differenziati.
Abbiamo la classica eroina che, a differenza di altre fanciulle del maestro, dimostra un carattere a tutto tondo. A volte è piena di entusiasmo, subito dopo diventa triste; a volte si arrabbia e in alcuni momenti invece ha il cuore pieno di tristezza. Ma nella sua vita compaiono altri personaggi molto ben caratterizzati che la accompagneranno sempre nelle sue avventure.
Secondo me questo film ci insegna a coltivare e a maturare le virtù che abbiamo dentro e a non scoraggiarci mai di fronte alle difficoltà. Consigliato.
Abbiamo la classica eroina che, a differenza di altre fanciulle del maestro, dimostra un carattere a tutto tondo. A volte è piena di entusiasmo, subito dopo diventa triste; a volte si arrabbia e in alcuni momenti invece ha il cuore pieno di tristezza. Ma nella sua vita compaiono altri personaggi molto ben caratterizzati che la accompagneranno sempre nelle sue avventure.
Secondo me questo film ci insegna a coltivare e a maturare le virtù che abbiamo dentro e a non scoraggiarci mai di fronte alle difficoltà. Consigliato.
Nel 1989 lo Studio Ghibli sforna un altro dei suoi celebri lungometraggi, basato sull'omonimo romanzo di Eiko Kodono e diretto da Hayao Miyazaki, che come sempre è in grado di dare vita a film dal tocco lievemente fiabesco, densi di poesia e magnifici paesaggi: si tratta di "Majo no Takkyuubin", da noi conosciuto come "Kiki-Consegne a Domicilio"
Anche in questo frangente la realizzazione risulta superba e presenta una gamma di meravigliosi colori e di musiche, che aggregandosi armoniosamente incorniciano un'altra gradevole storia, adatta a tutta la famiglia.
La protagonista, la giovane Kiki (13 anni), è una strega che, a cavallo della sua scopa magica, ha lasciato la famiglia per un anno di pratica in arti magiche. In questa avventura è accompagnata dal gatto nero Jiji. Stabilitasi in un villaggio in riva al mare, dà inizio a un'attività di consegne a domicilio, per la quale usa come mezzo di trasporto la propria scopa. La sua vita quotidiana si dimostra fantastica quanto le attività magiche, ricca di continue esperienze e di nuove amicizie, tra cui quella con il coetaneo Tombo.
Delicato nelle sequenze ed educativo nelle tematiche, come tutti i suoi simili, questo piccolo gioiello si appresta a divulgare la maestria dei suoi creatori e si propone come vero punto di svolta per la consolidazione ed accrescimento dello Studio, pur non essendo, in fin dei conti, il più eclatante dei lavori prodotti.
L'edizione italiana è molto buona e presenta un adattamento anche per le sigle di apertura e chiusura (tuttavia inerenti alle versioni americane).
Anche in questo frangente la realizzazione risulta superba e presenta una gamma di meravigliosi colori e di musiche, che aggregandosi armoniosamente incorniciano un'altra gradevole storia, adatta a tutta la famiglia.
La protagonista, la giovane Kiki (13 anni), è una strega che, a cavallo della sua scopa magica, ha lasciato la famiglia per un anno di pratica in arti magiche. In questa avventura è accompagnata dal gatto nero Jiji. Stabilitasi in un villaggio in riva al mare, dà inizio a un'attività di consegne a domicilio, per la quale usa come mezzo di trasporto la propria scopa. La sua vita quotidiana si dimostra fantastica quanto le attività magiche, ricca di continue esperienze e di nuove amicizie, tra cui quella con il coetaneo Tombo.
Delicato nelle sequenze ed educativo nelle tematiche, come tutti i suoi simili, questo piccolo gioiello si appresta a divulgare la maestria dei suoi creatori e si propone come vero punto di svolta per la consolidazione ed accrescimento dello Studio, pur non essendo, in fin dei conti, il più eclatante dei lavori prodotti.
L'edizione italiana è molto buona e presenta un adattamento anche per le sigle di apertura e chiusura (tuttavia inerenti alle versioni americane).
Un Miyazaki in tono "minore" per un film comunque più che interessante.
Le avventure della dolce Kiki affascinano per la loro ingenuità, e per la speranza che la piccola strega porta sempre con sé. Il sorriso si rivela così l'unica vera formula magica, anche quando la protagonista perde i suoi poteri. Un sorriso che guarda avanti con ottimismo, anche se ciò che è cambiato non può più tornare come prima: l'"happy ending" non è scontato, e il rapporto tra Jiji e Kiki lo dimostra... La trama è semplice e lineare. Il peso della narrazione si regge tutto sulle spalle dei personaggi e delle situazioni in cui si vengono a trovare. Tra i protagonisti spicca ovviamente Kiki, tenera e allegra ma non sempre solare. Riuscitissima la caratterizzazione del gatto Jiji, che in più di una scena riesce a strappare qualche risata.
Tecnicamente l'opera porta il marchio dello Studio Ghibli, garanzia di qualità. Anche se nella realizzazione di quest'opera in qualche caso si assistono a dei piccoli scivoloni: per esempio la scena dell'arrivo in città in treno è approssimativa, soprattutto per via della decisione di storyboard di utilizzare un'inquadratura a movimento molto complesso (viene simulata una telecamera in lenta rotazione posta sopra un vagone in corsa lungo i binari), che finisce per compromette la resa grafica dell'ambiente. Eccellenti le scelte di colore: la poesia ottenuta tramite tonalità tenui e delicate è paragonabile forse solo a quella di "Tonari no Totoro".
La colonna sonora contribuisce, con i suoi tocchi leggeri, a conferire al film un tono che si potrebbe quasi definire "pastello". Il tema principale, associato a Kiki, è delizioso. Quanto al resto si segnalano soprattutto i brani malinconici che accompagnano i momenti difficili della piccola strega: quasi dei lamenti sottovoce, che tante volte bastano da soli a cambiare l'atmosfera di una scena.
Nota critica all'edizione italiana: INDECOROSA. Il doppiaggio è (di molto) migliorabile. La traduzione e il successivo adattamento sono pessimi, alcuni dialoghi non stanno neppure in piedi. Deprecabile la scelta di sostituire le canzoni originali dell'anime, quella iniziale e quella finale, con due nuove che hanno il solo pregio (?) di essere cantate in italiano: adatte più ad un asilo nido che non ad un film. Consigliata (praticamente obbligata) la visione dell'opera in versione giapponese.
L'anime, pur non essendo il migliore di Miyazaki, è molto piacevole e leggero senza essere frivolo. Non ripete la magia di "Totoro", ma se apprezzate lo Studio Ghibli anche Kiki saprà di certo ammaliarvi. ;)
Le avventure della dolce Kiki affascinano per la loro ingenuità, e per la speranza che la piccola strega porta sempre con sé. Il sorriso si rivela così l'unica vera formula magica, anche quando la protagonista perde i suoi poteri. Un sorriso che guarda avanti con ottimismo, anche se ciò che è cambiato non può più tornare come prima: l'"happy ending" non è scontato, e il rapporto tra Jiji e Kiki lo dimostra... La trama è semplice e lineare. Il peso della narrazione si regge tutto sulle spalle dei personaggi e delle situazioni in cui si vengono a trovare. Tra i protagonisti spicca ovviamente Kiki, tenera e allegra ma non sempre solare. Riuscitissima la caratterizzazione del gatto Jiji, che in più di una scena riesce a strappare qualche risata.
Tecnicamente l'opera porta il marchio dello Studio Ghibli, garanzia di qualità. Anche se nella realizzazione di quest'opera in qualche caso si assistono a dei piccoli scivoloni: per esempio la scena dell'arrivo in città in treno è approssimativa, soprattutto per via della decisione di storyboard di utilizzare un'inquadratura a movimento molto complesso (viene simulata una telecamera in lenta rotazione posta sopra un vagone in corsa lungo i binari), che finisce per compromette la resa grafica dell'ambiente. Eccellenti le scelte di colore: la poesia ottenuta tramite tonalità tenui e delicate è paragonabile forse solo a quella di "Tonari no Totoro".
La colonna sonora contribuisce, con i suoi tocchi leggeri, a conferire al film un tono che si potrebbe quasi definire "pastello". Il tema principale, associato a Kiki, è delizioso. Quanto al resto si segnalano soprattutto i brani malinconici che accompagnano i momenti difficili della piccola strega: quasi dei lamenti sottovoce, che tante volte bastano da soli a cambiare l'atmosfera di una scena.
Nota critica all'edizione italiana: INDECOROSA. Il doppiaggio è (di molto) migliorabile. La traduzione e il successivo adattamento sono pessimi, alcuni dialoghi non stanno neppure in piedi. Deprecabile la scelta di sostituire le canzoni originali dell'anime, quella iniziale e quella finale, con due nuove che hanno il solo pregio (?) di essere cantate in italiano: adatte più ad un asilo nido che non ad un film. Consigliata (praticamente obbligata) la visione dell'opera in versione giapponese.
L'anime, pur non essendo il migliore di Miyazaki, è molto piacevole e leggero senza essere frivolo. Non ripete la magia di "Totoro", ma se apprezzate lo Studio Ghibli anche Kiki saprà di certo ammaliarvi. ;)
Come tutti i lavori di Miyazaki, Kiki's Delivery Service offre un'ora e mezza o poco meno di dolce spettacolo pieno di significati e un'impostazione quanto mai classica da parte del maestro, sia per trama che per protagonisti.
In Giappone la "streghetta che da bambina diviene una ragazza", (ovvero il passaggio dell'adolescenza), contornato da situazioni stereotipate come la scoperta di poteri magici fino a quel punto latenti, o venire a conoscenza del fatto che si posseggono oggetti magici (che si avevano sia in precedenza o che vengono donati) è un classico praticamente dagli anni settanta. Ovviamente non siamo di fronte ad una protagonista stile Sailor Moon o rensie la strega, che sebbene serie del genere ci abbiano cresciuto e sono state vera e propria storia dell'animazione giapponese, Miyazaki con Kiki's Delivery Service valica ancora una volta i limiti di ogni altro autore e riesce ad inserire la sua magia, nell'ennesima opera dolce e spensierata incentrata sì su una streghetta, ma più che altro sulla ragazzina che si cela dietro questo appellativo, protagonista del passaggio difficile e disordinato dall'età fanciullesca a quella adolescenziale.
Kiki è come detto poc'anzi una ragazzina che ha ereditato i poteri di strega, e deve partire per iniziare il suo apprendistato da sola, imparando a vivere con le sue sole forze lontano dai genitori.
Il desiderio di lasciare casa per vivere in solitudine, la brama di conoscere com'è la vita autonoma, l'amore che ha per la magia e l'impegno con cui inizia l'apprendistato, la città di mare dove si trasferisce e tante altre piccole cose rispecchiano vividamente e fedelmente come un adolescente senta sia in negativo che in positivo il distacco dalla famiglia dove è cresciuto, dal luogo dove sa che può fare ritorno ma non vuole e le conoscenze che farà nel corso dell'avventura.
Così come ogni vita è appunto un'avventura, Kiki la vive a modo suo, trovando inizialmente diffidenza nelle persone che la circondano, in partenza sconosciuti,ma che col tempo, alcuni diverranno persone su cui contare e fare affidamento.
Come spesso accade nei lungometraggi di Miyazaki, c'è molta più realtà di quanto si riesca a vedere di primo acchito, identificabile tramite situazioni così palesi e realistiche nei momenti di tutti i nostri giorni che neanche ce ne accorgiamo, sapientemente mescolate a scene fantastiche e in questo caso, assolutamente "magiche". Potrà anche essere il film con più luoghi comuni mai creato dal maestro, come il volo sulla scopetta magica, ma è grazie alla meticolosa semplicità con cui sono rappresentate queste scene, accompagnate da colori, musiche e un ritmo adeguato e mai esasperante che le rendono uniche e indimenticabili.
Probabilmente Kiki's Delivery Service non è la migliore opera di Miyazaki, a mio parere Totoro, Princess Mononoke, l'indimenticabile Castello Errante di Howl o la stessa Città Incantata sono tutti un gradino sopra questo, ma è un ragionamento che mi è venuto a freddo e dopo alcune riflessioni che in fin dei conti sono insignificanti. Le opere di Miyazaki si lasciano guardare con una tranquillità e una serenità senza pari, e scorrono via lisce come l'acqua di un ruscello quieto e silenzioso. Magari Kiki's Delivery Service è più mirato ad un pubblico giovanissimo che a tutti come poteva essere il Castello Errante, ma i più grandi potranno lo stesso apprezzare i lati paterni, o materni, se si vuole, di questa dolcissima fiaba; peccato però per un finale un pò sotto tono (mi aspettavo qualcosa di diverso, forse un colpo di scena più decisivo, ma il ritmo era quello e non c'erano i presupposti).
Anche dal punto di vista tecnico è un lavoro più che ottimo ma non trascendentale: come sempre colori brillanti, vividi, che identificano subito i personaggi e gli regalano un'identità visiva chiara e particolareggiata, e lo stesso si può dire per le animazioni davvero splendide. Una cosa che magari non mi è molto piaciuta è stato il doppiaggio in italiano, ma questo non ha niente a che vedere col prodotto originale.
Se amate le storie fiabesche e i mondi incantati di Miyazaki, non che le piccole streghette in erba, non lasciatevi sfuggire questo titolo. se invece cercate semplicemente un ottimo film animato per passare una serata, allora non lasciatevelo scappare lo stesso. Quando il maestro si mette all'opera, non posso fare altro che alzarmi in piedi e applaudire. Un altro piccolo capolavoro firmato Miyazaki.
In Giappone la "streghetta che da bambina diviene una ragazza", (ovvero il passaggio dell'adolescenza), contornato da situazioni stereotipate come la scoperta di poteri magici fino a quel punto latenti, o venire a conoscenza del fatto che si posseggono oggetti magici (che si avevano sia in precedenza o che vengono donati) è un classico praticamente dagli anni settanta. Ovviamente non siamo di fronte ad una protagonista stile Sailor Moon o rensie la strega, che sebbene serie del genere ci abbiano cresciuto e sono state vera e propria storia dell'animazione giapponese, Miyazaki con Kiki's Delivery Service valica ancora una volta i limiti di ogni altro autore e riesce ad inserire la sua magia, nell'ennesima opera dolce e spensierata incentrata sì su una streghetta, ma più che altro sulla ragazzina che si cela dietro questo appellativo, protagonista del passaggio difficile e disordinato dall'età fanciullesca a quella adolescenziale.
Kiki è come detto poc'anzi una ragazzina che ha ereditato i poteri di strega, e deve partire per iniziare il suo apprendistato da sola, imparando a vivere con le sue sole forze lontano dai genitori.
Il desiderio di lasciare casa per vivere in solitudine, la brama di conoscere com'è la vita autonoma, l'amore che ha per la magia e l'impegno con cui inizia l'apprendistato, la città di mare dove si trasferisce e tante altre piccole cose rispecchiano vividamente e fedelmente come un adolescente senta sia in negativo che in positivo il distacco dalla famiglia dove è cresciuto, dal luogo dove sa che può fare ritorno ma non vuole e le conoscenze che farà nel corso dell'avventura.
Così come ogni vita è appunto un'avventura, Kiki la vive a modo suo, trovando inizialmente diffidenza nelle persone che la circondano, in partenza sconosciuti,ma che col tempo, alcuni diverranno persone su cui contare e fare affidamento.
Come spesso accade nei lungometraggi di Miyazaki, c'è molta più realtà di quanto si riesca a vedere di primo acchito, identificabile tramite situazioni così palesi e realistiche nei momenti di tutti i nostri giorni che neanche ce ne accorgiamo, sapientemente mescolate a scene fantastiche e in questo caso, assolutamente "magiche". Potrà anche essere il film con più luoghi comuni mai creato dal maestro, come il volo sulla scopetta magica, ma è grazie alla meticolosa semplicità con cui sono rappresentate queste scene, accompagnate da colori, musiche e un ritmo adeguato e mai esasperante che le rendono uniche e indimenticabili.
Probabilmente Kiki's Delivery Service non è la migliore opera di Miyazaki, a mio parere Totoro, Princess Mononoke, l'indimenticabile Castello Errante di Howl o la stessa Città Incantata sono tutti un gradino sopra questo, ma è un ragionamento che mi è venuto a freddo e dopo alcune riflessioni che in fin dei conti sono insignificanti. Le opere di Miyazaki si lasciano guardare con una tranquillità e una serenità senza pari, e scorrono via lisce come l'acqua di un ruscello quieto e silenzioso. Magari Kiki's Delivery Service è più mirato ad un pubblico giovanissimo che a tutti come poteva essere il Castello Errante, ma i più grandi potranno lo stesso apprezzare i lati paterni, o materni, se si vuole, di questa dolcissima fiaba; peccato però per un finale un pò sotto tono (mi aspettavo qualcosa di diverso, forse un colpo di scena più decisivo, ma il ritmo era quello e non c'erano i presupposti).
Anche dal punto di vista tecnico è un lavoro più che ottimo ma non trascendentale: come sempre colori brillanti, vividi, che identificano subito i personaggi e gli regalano un'identità visiva chiara e particolareggiata, e lo stesso si può dire per le animazioni davvero splendide. Una cosa che magari non mi è molto piaciuta è stato il doppiaggio in italiano, ma questo non ha niente a che vedere col prodotto originale.
Se amate le storie fiabesche e i mondi incantati di Miyazaki, non che le piccole streghette in erba, non lasciatevi sfuggire questo titolo. se invece cercate semplicemente un ottimo film animato per passare una serata, allora non lasciatevelo scappare lo stesso. Quando il maestro si mette all'opera, non posso fare altro che alzarmi in piedi e applaudire. Un altro piccolo capolavoro firmato Miyazaki.
Vado controcorrente: secondo me Kiki è il miglior lungometraggio di Miyazaki. Lo preferisco a Totoro stesso, sia pur di poco. In Kiki si vola, tutto è leggero, lieve, fantasioso, gioioso, sereno, dolce. Ciononostante non è un anime superficiale. Semplicemente le problematiche tipiche di Miyazaki rimangono sullo sfondo e lasciano il posto alla leggerezza e alla fanciullezza godute appieno. Grandi protagonisti sono i paesaggi, le architetture, il cielo, i soliti equilibrismi impossibili e dei bei personaggi gentili e buoni. In Kiki c'è amore per il disegno, per il volo, per le persone per bene, per il lavoro onesto e per lo spettatore stesso che è preso per mano e portato dentro un mondo semplice e in una favola piccola e sfuggente come l'infanzia.
Come sempre il MAESTRO Miyazaki non si smentisce e sforna l'enessimo ottimo lavoro! Non sarà il suo miglior lavoro ma sicuramente rimane un'anime di qualità e di spessore che piacerà a tutti!
Anche se ormai ha 20 anni la realizzazione tecnica non ne risente affatto[ confrontata con gli anime di oggi, ogni scena è una gioia per gli occhi, guardate le immagini qui sotto per capire cosa voglio dire, i colori sono stati usati in modo sublime! La trama ci porterà ad assistere all'evoluzione di Kiki la quale per completare l'apprendistato si allontana da casa per andare a vivere da sola ma ancora non sà quanto può essere dura la vita e dovrà impararlo a sue spese.
CONSIGLIATO!
Anche se ormai ha 20 anni la realizzazione tecnica non ne risente affatto[ confrontata con gli anime di oggi, ogni scena è una gioia per gli occhi, guardate le immagini qui sotto per capire cosa voglio dire, i colori sono stati usati in modo sublime! La trama ci porterà ad assistere all'evoluzione di Kiki la quale per completare l'apprendistato si allontana da casa per andare a vivere da sola ma ancora non sà quanto può essere dura la vita e dovrà impararlo a sue spese.
CONSIGLIATO!
Questa è la storia di una streghetta che... Diventa un'adolescente. E' il passaggio dall'età adolescenziale alle piccole responsabilità dell'età adulta vissuto nel buon vivere e nel porsi bene con se' stessi e gli altri, verso la costruzione di affetti veri. Narrazione in stile ghibli, chiara, leggera ma intensa, amorevole ma confortante. Montaggio europeo con inquadrature e campi medi che danno alla fotografia ottima ricchezza ai colori e al senso di bellissimo naturale in rapporto a personaggi come bellissimo in divenire. Egregio lavoro per gli anni 80.
Kiki è una bambina che sta finendo gli studi per divenire una strega.
Per completare il suo apprendistato deve partire e cominciare a vivere da sola lontana dalla sua casa natale.
Kiki non vede l'ora di iniziare la sua nuova vita. Ha già deciso di andare ad abitare in un posto vicino al mare, così non appena sorvola (con la scopa) una tranquilla cittadina marittima ci atterra senza pensarci due volte.
Purtroppo non si rivelerà una scelta molto azzeccata, dato che la cittadina è piuttosto fuori mano e non molto abituata alle streghe, pur conoscendone l'esistenza.
Kiki si ritroverà a dover affrontare la diffidenza della maggior parte degli abitanti, in particolar modo i suoi coetani, che la guardano dall'alto al basso per il modo di vestire.
Le prime persone con cui legherà saranno una panettiera che la prenderà a lavorare con se come facchina, una mascolina pittrice che vive nel profondo del bosco ed un ragazzino con gli occhiali fissato con il sogno di volare.
Riuscirà Kiki a farsi accettare dai suoi neo-concittadini e a completare l'apprendistato?
Ho visto Kiki's Delivery Service quando probabilmente ero ormai troppo grande per apprezzarlo pienamente (17 anni).
Se Il Castello Errante di Howl può essere apprezzato tanto dai grandi quanto dai piccini, Kiki è decisamente un cartone adatto ad un pubblico più piccolo.
La trama essenzialmente semplice forse non è in grado di catturare ed entusiasmare i più grandi, ma di certo il personaggio di Kiki e le sue piccole avventure (molto bella la parte in cui Kiki rischia di perdere i poteri magici) possono essere ampiamente apprezzate da un pubblico under14...
Per completare il suo apprendistato deve partire e cominciare a vivere da sola lontana dalla sua casa natale.
Kiki non vede l'ora di iniziare la sua nuova vita. Ha già deciso di andare ad abitare in un posto vicino al mare, così non appena sorvola (con la scopa) una tranquilla cittadina marittima ci atterra senza pensarci due volte.
Purtroppo non si rivelerà una scelta molto azzeccata, dato che la cittadina è piuttosto fuori mano e non molto abituata alle streghe, pur conoscendone l'esistenza.
Kiki si ritroverà a dover affrontare la diffidenza della maggior parte degli abitanti, in particolar modo i suoi coetani, che la guardano dall'alto al basso per il modo di vestire.
Le prime persone con cui legherà saranno una panettiera che la prenderà a lavorare con se come facchina, una mascolina pittrice che vive nel profondo del bosco ed un ragazzino con gli occhiali fissato con il sogno di volare.
Riuscirà Kiki a farsi accettare dai suoi neo-concittadini e a completare l'apprendistato?
Ho visto Kiki's Delivery Service quando probabilmente ero ormai troppo grande per apprezzarlo pienamente (17 anni).
Se Il Castello Errante di Howl può essere apprezzato tanto dai grandi quanto dai piccini, Kiki è decisamente un cartone adatto ad un pubblico più piccolo.
La trama essenzialmente semplice forse non è in grado di catturare ed entusiasmare i più grandi, ma di certo il personaggio di Kiki e le sue piccole avventure (molto bella la parte in cui Kiki rischia di perdere i poteri magici) possono essere ampiamente apprezzate da un pubblico under14...
Questo anime è a mio avviso sottovalutato.
Senza fare troppo spoiler, dico che magari chi si aspettasse una di quelle storie con trama e svolgimento classico (storia con capo e coda) rimrrebbe deluso, ma il film ha contenuti molto validi.
Senza vederlo per forza come un anime di formazione, si può semplicemente godersi la profondità del film e la sua delicatezza.
Consigliatissimo per i piccoli, caldamente consigliato anche ai grandi che hanno voglia di smettere per un momento di essere cinici per forza.
Senza fare troppo spoiler, dico che magari chi si aspettasse una di quelle storie con trama e svolgimento classico (storia con capo e coda) rimrrebbe deluso, ma il film ha contenuti molto validi.
Senza vederlo per forza come un anime di formazione, si può semplicemente godersi la profondità del film e la sua delicatezza.
Consigliatissimo per i piccoli, caldamente consigliato anche ai grandi che hanno voglia di smettere per un momento di essere cinici per forza.
Ragazzi, va bene che Miyazaki-sama è un artista con la A maiuscola grande quanto una casa...ma non vi siete stufati di vedere che un cartone non sappia dove andare a parare per poi finire lasciando il consueto amarissimo in bocca? Anche guardando nella prospettiva del passaggio dall'adolescenza all'età della responsabilità, questo lungometraggio dice veramente poco. Potrà essere meraviglioso visivamente - potrò essere io poco sensibile alle sfumature sottilissime di filosofia della vita - ma mi ha detto veramente poco. Salut
Bello! Questo Anime ha il pregio di un'animazione molto fluida e rende perfettamente il dinamismo del volo sulla scopa di Kiki, che tra inesperienza, il vestito ingombrante e il vento contrario incontra sempre non poche difficoltà. Ha una cura per i particolari notevole, degna del suo creatore. La trama prende forza dalla semplicità della storia e ciò non sempre è un pregio. Il perno di tutta la vicenda è lo scontro di una ragazzina con la necessità di ambientarsi in un nuovo ambiente, con tutte le incertezze e i malumori che può comportare. Purtroppo è tutto quì..... dovrà solo superare le proprie difficoltà interiori e prendere fiducia in se stessa e soprattutto verso gli altri, senza avvenimenti particolari o super-cattivi da sconfiggere. Un prodotto di qualità che resta nel cuore ma che non invoglia granchè ad essere rivisto una seconda volta a causa della noia che susciterebbe.
Ennesimo film capolavoro di Miyazaki. La protagonista è una strega che per rispettare la tradizione deve andare a vivere da sola in una città. E' un film che ripende diversi temi cari al sensei e che racconta l'impatto di una bambina con un mondo diverso dal suo (e da quello che si aspettava) e della sua crescita.
Una nota di demerito per l'edizione italiana della Buena Vista: comparto extra inesistente e codifica video da schifo. Addirittura la prima tiratura venne ritirata (e i dischi sostituiti) perché giusdicata difettosa. Con la seconda le cose migliorarono, ma molti difetti rimasero.
Mi ha dato molto fastidio anche veder ricantate le due bellissime sigle iniziali e finali (mettete l'audio jap).
Ad ogni modo non sarebbe giusto abbassare il voto a causa della pessima edizione nostrana. Il film è un capolavoro. Non gli assegno il punteggio pieno solo perché lo considero un gradino sotto "La città Incantata" che giudico il più bel film di Miyazaki in assoluto (ma se vedete la mia media voti, capirete quanto valga il mio 9 :D )
Una nota di demerito per l'edizione italiana della Buena Vista: comparto extra inesistente e codifica video da schifo. Addirittura la prima tiratura venne ritirata (e i dischi sostituiti) perché giusdicata difettosa. Con la seconda le cose migliorarono, ma molti difetti rimasero.
Mi ha dato molto fastidio anche veder ricantate le due bellissime sigle iniziali e finali (mettete l'audio jap).
Ad ogni modo non sarebbe giusto abbassare il voto a causa della pessima edizione nostrana. Il film è un capolavoro. Non gli assegno il punteggio pieno solo perché lo considero un gradino sotto "La città Incantata" che giudico il più bel film di Miyazaki in assoluto (ma se vedete la mia media voti, capirete quanto valga il mio 9 :D )
Continua l'equivalenza Miyazaki=capolavoro.
Kiki non fa eccezione. In particolare questo film contiene una brevissima sequenza che è la mia preferita in assoluto nell'animazione nipponica. In particolare la scena in cui, all'inizio del film, Kiki si veste aiutata dal papà e si aggiusta il vestito. Bisogna vederla per capire quanto può essere "vera" e quanto un prodotto di animazione possa essere realizzato "con cura".
Il film è allegro e spensierato, lontano dai toni epici di Nausicaa o Mononoke eppure è assolutamente coinvolgente. Non apsettatevi storielle di maghette che si trasformano con formule magiche e diventano delle idol. Kiki è una ragazzina vera come tante altre...solo che vola anche su una scopa...Da non perdere in nessun caso.
Kiki non fa eccezione. In particolare questo film contiene una brevissima sequenza che è la mia preferita in assoluto nell'animazione nipponica. In particolare la scena in cui, all'inizio del film, Kiki si veste aiutata dal papà e si aggiusta il vestito. Bisogna vederla per capire quanto può essere "vera" e quanto un prodotto di animazione possa essere realizzato "con cura".
Il film è allegro e spensierato, lontano dai toni epici di Nausicaa o Mononoke eppure è assolutamente coinvolgente. Non apsettatevi storielle di maghette che si trasformano con formule magiche e diventano delle idol. Kiki è una ragazzina vera come tante altre...solo che vola anche su una scopa...Da non perdere in nessun caso.