Look Back
"Disegnare non è tutto" (Kazuhiko Kato a.k.a. Monkey Punch)
La visione di "Look back" mi ha ispirato (forse a causa dell'età non più verdissima...) una lettura "personale" dell'anime che forse non coincide con quella che voleva offrire l'omonima opera manga da cui trae origine ed in particolare con le intenzioni che hanno ispirato il giovane mangaka Tatsuki Fujimoto, già assurto agli onori del successo per Chainsaw Man e autore anche di Fire Punch a realizzare la storia one-shot agrodolce che da quanto ho potuto apprendere in rete è probabilmente anche autobiografica.
Se il manga è composto da oltre 140 pagine, tanto da assomigliare più ad un volume che ad un capitolo autoconclusivo, il film animato di poco meno di un'ora è riuscito a trasmettermi parecchie emozioni e considerazioni, tanto da avermi invogliato anche a leggere il manga.
Era da un po' che non mi capitava di vedere un anime tanto semplice quanto umano e realistico, segno che la trasposizione ha centrato al meglio lo spirito dell'opera privilegiando la linearità e la semplicità della trama, dialoghi ridotti e molti momenti di comunicazione non verbale o per immagini resi magistralmente nel corso del mediometraggio che danno valore all'opera tanto da portare lo spettatore a immedesimarsi nelle protagoniste e soprattutto in una delle due in un finale amaro, doloroso con il solo messaggio di speranza che "comunque la vita continua anche senza di noi" (V. Rossi vorrà perdonarmi l'utilizzo della celeberrima canzone) ed è inutile struggersi in quella visione del "what if" e rimurginare nel ricordo del di tutte quelle situazioni che univano le persone, di tutte quelle piccole emozioni che le commuovevano e di tutte quelle situazioni piacevoli che non potranno mai più rivivere.
Sotto questo peculiare aspetto, l'anime riesce a trasmettere tutte le emozioni senza inserire parole di spiegazione anche attraverso una voce narrante: gli sguardi e le espressioni della protagonista intrisi di dolore per la perdita dell'amica sono oltremodo toccanti e ho percepito come metaforico/visionarie le scene finali in cui la protagonista Fujino passa dal peso del rimorso che porta sulle spalle per aver convinto l'amica a uscire dall'isolamento in cui si era barricata per reiniziare a vivere la sua vita in modo più appagante sono incredibilmente accurate per il simbolismo e la profondità di significato delle immagini.
Molto significativa l'allegoria delle porte, utilizzata in modo similare a quello compiuto da Makoto Shinkai nella sua ultima fatica "Suzume". Sia all'inizio del mediometraggio sia al termine la sequenza del corridoio con la visuale prospettica bloccata sul fondo da una porta che sembra segnare una sorta di confine tra veri e propri mondi: da un lato un "universo" contraddistinto dalla realtà con i tutti i suoi problemi e sofferenze e dall'altro una dimensione completamente avulsa dal mondo reale in cui si vive rinchiusi in se stessi per paura. Nel finale la porta si apre e la protagonista realizzerà definitivamente il valore della perdita e a fatica riacquisterà la forza per continuare.
E a poco serve alla protagonista l'immaginazione di una realtà alternativa a quella tragica che sta vivendo, quel "what if" che si attiva nella fervida mente della mangaka nel momento di disperazione in cui ipotizza su come avrebbe potuto salvare l'amica: una sequenza struggente in cui si alterna la salvezza dell'amica allo sguardo vitreo e perso della protagonista. Un momento di grande patos in cui lo spettatore difficilmente non potrà non immedesimarsi con la mangaka sola nel buio e freddo corridoio antistante la stanza dell'amica.
"Look back" sembra pertanto voler mostrare tutto il peso della responsabilità e il rimorso che la protagonista prova per aver coinvolto l'amica nella sua avventura di scrittura di manga (poi di successo) e pertanto a uscire da suo isolamento in cui era reclusa fino al tragico epilogo finale. Ma rappresenta anche una bella storia di un legame profondo di amicizia che trascende la momentanea separazione dovuta a scelte professionali divergenti. Una storia in cui regia e sceneggiatura riescono nell'intento di raccontarla senza l'buso di dialoghi e voci narranti e lasciando alla potenza delle immagini il compito di trasmettere i sentimenti e le sensazioni su cui Fujimoto ha costruito egregiamente il suo one-shot.
Leggendo in rete alcuni commenti al manga, mi sono reso conto che Fujimoto ha inserito molti riferimenti autobiografici e alla realtà. Il manga è stato pubblicato a 2 anni esatti dalla tragedia dell'eccidio nella sede della Kyoto Animation (ed è facile intuire il parallelismo con quanto descritto in "Look back"); i nomi delle protagoniste contengono una parte del suo cognome (Fujino e Kyomoto); il titolo del manga potrebbe fare riferimento ad una famosa canzone degli Oasis ("Don't look back in anger") di cui la prima parola "Don't" è rappresentata sulla lavagna alle spalle dell'insegnante all'inizio del manga e "anger" su uno dei manga che sono sparpagliati sul pavimento nella scena finale con la protagonista ripresa di spalle china sulla scrivania intenta a disegnare. Un chiaro messaggio a superare i dolori e i dispiaceri del passato e guardare avanti senza acredine o rabbia.
“Il rimorso punisce la colpa”
Al di là delle possibili interpretazioni e del possibile messaggio neanche tanto evidente nelle intenzioni di Tatsuki Fujimoto, "Look back" è un'opera sulla vita e sulla sua caducità. In fondo "Il valore della felicità è insito proprio nella caducità. Se durasse anche solo quell’attimo in più ci abitueremmo, e non sapremmo più riconoscerla". (A. Gazzola - non è la fine del Mondo)
La visione di "Look back" mi ha ispirato (forse a causa dell'età non più verdissima...) una lettura "personale" dell'anime che forse non coincide con quella che voleva offrire l'omonima opera manga da cui trae origine ed in particolare con le intenzioni che hanno ispirato il giovane mangaka Tatsuki Fujimoto, già assurto agli onori del successo per Chainsaw Man e autore anche di Fire Punch a realizzare la storia one-shot agrodolce che da quanto ho potuto apprendere in rete è probabilmente anche autobiografica.
Se il manga è composto da oltre 140 pagine, tanto da assomigliare più ad un volume che ad un capitolo autoconclusivo, il film animato di poco meno di un'ora è riuscito a trasmettermi parecchie emozioni e considerazioni, tanto da avermi invogliato anche a leggere il manga.
Era da un po' che non mi capitava di vedere un anime tanto semplice quanto umano e realistico, segno che la trasposizione ha centrato al meglio lo spirito dell'opera privilegiando la linearità e la semplicità della trama, dialoghi ridotti e molti momenti di comunicazione non verbale o per immagini resi magistralmente nel corso del mediometraggio che danno valore all'opera tanto da portare lo spettatore a immedesimarsi nelle protagoniste e soprattutto in una delle due in un finale amaro, doloroso con il solo messaggio di speranza che "comunque la vita continua anche senza di noi" (V. Rossi vorrà perdonarmi l'utilizzo della celeberrima canzone) ed è inutile struggersi in quella visione del "what if" e rimurginare nel ricordo del di tutte quelle situazioni che univano le persone, di tutte quelle piccole emozioni che le commuovevano e di tutte quelle situazioni piacevoli che non potranno mai più rivivere.
Sotto questo peculiare aspetto, l'anime riesce a trasmettere tutte le emozioni senza inserire parole di spiegazione anche attraverso una voce narrante: gli sguardi e le espressioni della protagonista intrisi di dolore per la perdita dell'amica sono oltremodo toccanti e ho percepito come metaforico/visionarie le scene finali in cui la protagonista Fujino passa dal peso del rimorso che porta sulle spalle per aver convinto l'amica a uscire dall'isolamento in cui si era barricata per reiniziare a vivere la sua vita in modo più appagante sono incredibilmente accurate per il simbolismo e la profondità di significato delle immagini.
Molto significativa l'allegoria delle porte, utilizzata in modo similare a quello compiuto da Makoto Shinkai nella sua ultima fatica "Suzume". Sia all'inizio del mediometraggio sia al termine la sequenza del corridoio con la visuale prospettica bloccata sul fondo da una porta che sembra segnare una sorta di confine tra veri e propri mondi: da un lato un "universo" contraddistinto dalla realtà con i tutti i suoi problemi e sofferenze e dall'altro una dimensione completamente avulsa dal mondo reale in cui si vive rinchiusi in se stessi per paura. Nel finale la porta si apre e la protagonista realizzerà definitivamente il valore della perdita e a fatica riacquisterà la forza per continuare.
E a poco serve alla protagonista l'immaginazione di una realtà alternativa a quella tragica che sta vivendo, quel "what if" che si attiva nella fervida mente della mangaka nel momento di disperazione in cui ipotizza su come avrebbe potuto salvare l'amica: una sequenza struggente in cui si alterna la salvezza dell'amica allo sguardo vitreo e perso della protagonista. Un momento di grande patos in cui lo spettatore difficilmente non potrà non immedesimarsi con la mangaka sola nel buio e freddo corridoio antistante la stanza dell'amica.
"Look back" sembra pertanto voler mostrare tutto il peso della responsabilità e il rimorso che la protagonista prova per aver coinvolto l'amica nella sua avventura di scrittura di manga (poi di successo) e pertanto a uscire da suo isolamento in cui era reclusa fino al tragico epilogo finale. Ma rappresenta anche una bella storia di un legame profondo di amicizia che trascende la momentanea separazione dovuta a scelte professionali divergenti. Una storia in cui regia e sceneggiatura riescono nell'intento di raccontarla senza l'buso di dialoghi e voci narranti e lasciando alla potenza delle immagini il compito di trasmettere i sentimenti e le sensazioni su cui Fujimoto ha costruito egregiamente il suo one-shot.
Leggendo in rete alcuni commenti al manga, mi sono reso conto che Fujimoto ha inserito molti riferimenti autobiografici e alla realtà. Il manga è stato pubblicato a 2 anni esatti dalla tragedia dell'eccidio nella sede della Kyoto Animation (ed è facile intuire il parallelismo con quanto descritto in "Look back"); i nomi delle protagoniste contengono una parte del suo cognome (Fujino e Kyomoto); il titolo del manga potrebbe fare riferimento ad una famosa canzone degli Oasis ("Don't look back in anger") di cui la prima parola "Don't" è rappresentata sulla lavagna alle spalle dell'insegnante all'inizio del manga e "anger" su uno dei manga che sono sparpagliati sul pavimento nella scena finale con la protagonista ripresa di spalle china sulla scrivania intenta a disegnare. Un chiaro messaggio a superare i dolori e i dispiaceri del passato e guardare avanti senza acredine o rabbia.
“Il rimorso punisce la colpa”
Al di là delle possibili interpretazioni e del possibile messaggio neanche tanto evidente nelle intenzioni di Tatsuki Fujimoto, "Look back" è un'opera sulla vita e sulla sua caducità. In fondo "Il valore della felicità è insito proprio nella caducità. Se durasse anche solo quell’attimo in più ci abitueremmo, e non sapremmo più riconoscerla". (A. Gazzola - non è la fine del Mondo)
"Perché disegni?"
Questa è probabilmente una domanda che ha tormentato Tatsuki Fujimoto fin dall'inizio della sua carriera, o forse fin dalla prima volta che ha preso in mano una penna, e "Look Back" è la sua sentita e personale risposta. Tutta l'opera è caratterizzata da forti elementi semi-autobiografici e riferimenti alle reali esperienze vissute dall'autore, a partire dai nomi delle protagoniste, Fujino e Kyoumoto, che immediatamente suggeriscono come ciascuna contenga una parte di Fujimoto stesso, che qui si mette a nudo e comunica con sincerità che cosa sia per lui quel miscuglio di entusiasmo e difficoltà, frustrazione e soddisfazione, lavoro e passione che chiamiamo arte.
Trattandosi di un'opera breve, la narrazione è estremamente concentrata: tutta l'attenzione è focalizzata sulle protagoniste e il loro rapporto con il disegno. Si parte conoscendo Fujino, studentessa di quarta elementare che contribuisce assiduamente al giornale della scuola con piccoli inserti manga 4-koma umoristici. Il suo orgoglio inizia però a vacillare quando una certa Kyoumoto, iscritta nella stessa scuola ma che vive come hikikomori, dimostra di possedere un talento artistico superiore al suo, e il destino le porterà a stringere un forte legame e a disegnare manga insieme. Sono piuttosto evidenti, già in questa breve parte introduttiva, gli elementi per i quali Fujimoto ha attinto direttamente dal suo vissuto, e la situazione di Fujino è molto probabilmente qualcosa che ha provato in prima persona. Ancora più sentite, tuttavia, sono le numerose immagini delle protagoniste piegate sulla scrivania o sul pavimento a disegnare, disegnare, disegnare, spesso raffigurate di schiena o profilo, con la stanza attorno a loro che cambia e diventa sempre più disordinata, ma loro che rimangono statiche e concentrate, eccetto poi crollare dalla stanchezza. Il film adatta queste sequenze sotto forma di montaggi, aggiungendo piccoli particolari senza spezzare il ritmo e accompagnandole con splendide tracce musicali, facendo sentire allo spettatore sia la fatica che provano sia, principalmente, la contagiosa vitalità con cui approcciano la loro passione.
La storia segue le loro vite fino a diversi anni dopo la fine delle superiori, dando luogo a numerosi cambiamenti e sorprese lungo il loro percorso di aspiranti mangaka, tra successi, difficoltà e scelte importanti sicuramente molto familiari all'autore. I dialoghi rimangono per tutta la durata assai contenuti, affidando il più possibile alle immagini il compito di veicolare messaggi ed emozioni: sguardi, inquadrature e scenari sono spesso protagonisti, con una buona ricercatezza da parte di Fujimoto e trasposti nel film dall'ottima regia di Kiyotaka Oshiyama, che dimostra di avere grande comprensione e rispetto dello stile dell'autore. La scena nella parte iniziale in cui Fujino corre sotto la pioggia è uno dei tanti esempi: senza una sola parola comunica tutta la sorpresa che velocemente si trasforma in una rinnovata ragione di vita, intoccabile dalla pioggia che la protagonista non sembra quasi notare, al punto di mettersi subito a disegnare senza asciugarsi.
Questo approccio raggiunge il suo apice nella seconda parte del film, in cui i toni diventano decisamente più cupi e il regista decide saggiamente di affiancarli a lunghi silenzi. È in questa parte conclusiva che Fujimoto pone davvero alla protagonista la domanda centrale, che assume la sua massima importanza nel momento in cui le proprie convinzioni iniziano a vacillare. E la sua risposta è difficile, impossibile da spiegare a parole. Per questo l'autore dà vita a una sequenza che sembra sfidare ragione e realtà, lasciando il suo significato all'interpretazione di chi legge o, in questo caso, guarda, in modo da permetterci, arrivati a questo punto ed essendo entrati nella storia, di sentire la risposta dentro di noi, quella che Fujimoto probabilmente porta con sé ogni volta che si siede alla scrivania e disegna diavoli e motoseghe.
Non sono tanti i manga, in particolare one-shot, che possono vantare un adattamento di livello così alto. Oltre alla già citata regia di Oshiyama che ha il pieno controllo di ogni inquadratura, lo stile non sempre pulito non solo è fedele al tratto di Fujimoto, ma è anche molto azzeccato tematicamente, le animazioni sono spesso creative ed espressive, e la meravigliosa colonna sonora di Haruka Nakamura eleva ogni momento ed è in grado di portare alle lacrime; in particolare, la canzone finale, "Light Song", è una delle più belle ending di un film anime che abbia avuto il piacere di ascoltare.
"Look Back" è un inno all'arte e alla creazione, figlio dell'immensa passione di un autore e della sua profonda riflessione su ciò che lo spinge a continuare a disegnare.
Questa è probabilmente una domanda che ha tormentato Tatsuki Fujimoto fin dall'inizio della sua carriera, o forse fin dalla prima volta che ha preso in mano una penna, e "Look Back" è la sua sentita e personale risposta. Tutta l'opera è caratterizzata da forti elementi semi-autobiografici e riferimenti alle reali esperienze vissute dall'autore, a partire dai nomi delle protagoniste, Fujino e Kyoumoto, che immediatamente suggeriscono come ciascuna contenga una parte di Fujimoto stesso, che qui si mette a nudo e comunica con sincerità che cosa sia per lui quel miscuglio di entusiasmo e difficoltà, frustrazione e soddisfazione, lavoro e passione che chiamiamo arte.
Trattandosi di un'opera breve, la narrazione è estremamente concentrata: tutta l'attenzione è focalizzata sulle protagoniste e il loro rapporto con il disegno. Si parte conoscendo Fujino, studentessa di quarta elementare che contribuisce assiduamente al giornale della scuola con piccoli inserti manga 4-koma umoristici. Il suo orgoglio inizia però a vacillare quando una certa Kyoumoto, iscritta nella stessa scuola ma che vive come hikikomori, dimostra di possedere un talento artistico superiore al suo, e il destino le porterà a stringere un forte legame e a disegnare manga insieme. Sono piuttosto evidenti, già in questa breve parte introduttiva, gli elementi per i quali Fujimoto ha attinto direttamente dal suo vissuto, e la situazione di Fujino è molto probabilmente qualcosa che ha provato in prima persona. Ancora più sentite, tuttavia, sono le numerose immagini delle protagoniste piegate sulla scrivania o sul pavimento a disegnare, disegnare, disegnare, spesso raffigurate di schiena o profilo, con la stanza attorno a loro che cambia e diventa sempre più disordinata, ma loro che rimangono statiche e concentrate, eccetto poi crollare dalla stanchezza. Il film adatta queste sequenze sotto forma di montaggi, aggiungendo piccoli particolari senza spezzare il ritmo e accompagnandole con splendide tracce musicali, facendo sentire allo spettatore sia la fatica che provano sia, principalmente, la contagiosa vitalità con cui approcciano la loro passione.
La storia segue le loro vite fino a diversi anni dopo la fine delle superiori, dando luogo a numerosi cambiamenti e sorprese lungo il loro percorso di aspiranti mangaka, tra successi, difficoltà e scelte importanti sicuramente molto familiari all'autore. I dialoghi rimangono per tutta la durata assai contenuti, affidando il più possibile alle immagini il compito di veicolare messaggi ed emozioni: sguardi, inquadrature e scenari sono spesso protagonisti, con una buona ricercatezza da parte di Fujimoto e trasposti nel film dall'ottima regia di Kiyotaka Oshiyama, che dimostra di avere grande comprensione e rispetto dello stile dell'autore. La scena nella parte iniziale in cui Fujino corre sotto la pioggia è uno dei tanti esempi: senza una sola parola comunica tutta la sorpresa che velocemente si trasforma in una rinnovata ragione di vita, intoccabile dalla pioggia che la protagonista non sembra quasi notare, al punto di mettersi subito a disegnare senza asciugarsi.
Questo approccio raggiunge il suo apice nella seconda parte del film, in cui i toni diventano decisamente più cupi e il regista decide saggiamente di affiancarli a lunghi silenzi. È in questa parte conclusiva che Fujimoto pone davvero alla protagonista la domanda centrale, che assume la sua massima importanza nel momento in cui le proprie convinzioni iniziano a vacillare. E la sua risposta è difficile, impossibile da spiegare a parole. Per questo l'autore dà vita a una sequenza che sembra sfidare ragione e realtà, lasciando il suo significato all'interpretazione di chi legge o, in questo caso, guarda, in modo da permetterci, arrivati a questo punto ed essendo entrati nella storia, di sentire la risposta dentro di noi, quella che Fujimoto probabilmente porta con sé ogni volta che si siede alla scrivania e disegna diavoli e motoseghe.
Non sono tanti i manga, in particolare one-shot, che possono vantare un adattamento di livello così alto. Oltre alla già citata regia di Oshiyama che ha il pieno controllo di ogni inquadratura, lo stile non sempre pulito non solo è fedele al tratto di Fujimoto, ma è anche molto azzeccato tematicamente, le animazioni sono spesso creative ed espressive, e la meravigliosa colonna sonora di Haruka Nakamura eleva ogni momento ed è in grado di portare alle lacrime; in particolare, la canzone finale, "Light Song", è una delle più belle ending di un film anime che abbia avuto il piacere di ascoltare.
"Look Back" è un inno all'arte e alla creazione, figlio dell'immensa passione di un autore e della sua profonda riflessione su ciò che lo spinge a continuare a disegnare.
Guardate "Look Back".
Che vi piacciano o non vi piacciano i manga di Fujimoto, che amiate o non amiate le storie di amicizie vere, che si creano e si distruggono per le nostre scelte, che pensiate di essere o meno nel mood giusto - ci entrerete sicuramente.
Guardatelo, perché è una storia così fine, così ben scritta e realizzata che, in meno di un'ora, fa impallidire tanti film, animati e non, che provano a raccontarne di simili.
Guardatelo e ascoltatelo, perché ha una colonna sonora eccezionale, dalla prima nota al brano di chiusura.
Guardatelo perché, per emozionare, per raccontare, non servono fronzoli, non servono fesserie, discorsi vuoti e personaggi macchiettistici. Bastano due ragazze e un sogno, tre set e una manciata di dialoghi scritti alla perfezione per creare una splendida storia.
Tutto questo è "Look Back", un viaggio tanto breve quanto intenso e struggente, un racconto su quanto possiamo essere determinanti nella vita degli altri, e quanto gli altri possono determinare la nostra, con estrema incoscienza e spesso tanta superficialità, con buona volontà ed egoismo allo stesso tempo.
Guardate "Look Back".
Che vi piacciano o non vi piacciano i manga di Fujimoto, che amiate o non amiate le storie di amicizie vere, che si creano e si distruggono per le nostre scelte, che pensiate di essere o meno nel mood giusto - ci entrerete sicuramente.
Guardatelo, perché è una storia così fine, così ben scritta e realizzata che, in meno di un'ora, fa impallidire tanti film, animati e non, che provano a raccontarne di simili.
Guardatelo e ascoltatelo, perché ha una colonna sonora eccezionale, dalla prima nota al brano di chiusura.
Guardatelo perché, per emozionare, per raccontare, non servono fronzoli, non servono fesserie, discorsi vuoti e personaggi macchiettistici. Bastano due ragazze e un sogno, tre set e una manciata di dialoghi scritti alla perfezione per creare una splendida storia.
Tutto questo è "Look Back", un viaggio tanto breve quanto intenso e struggente, un racconto su quanto possiamo essere determinanti nella vita degli altri, e quanto gli altri possono determinare la nostra, con estrema incoscienza e spesso tanta superficialità, con buona volontà ed egoismo allo stesso tempo.
Guardate "Look Back".