Saenai Heroine no Sodatekata
Dopo aver erroneamente recensito la seconda serie dell’anime, ho provveduto a visionare sia la presente serie sia il film d’animazione finale, per avere un’idea completa di “Saekano”.
Premetto che in questa recensione mi limito a scrivere solo della serie 2015, e tra i tre anime è quello che mi è piaciuto meno, solo perché la trama complessiva a mio avviso riserva qualche spunto interessante solo dalla metà della seconda serie in poi.
Ammetto che è difficile trovare in un anime, e in una storia come quella descritta da “Saekano”, particolari spunti di riflessione: d’altro canto è il classico prodotto standard del filone harem e scolastico con la solita buona dose di fanservice, giusto per non tradire le attese dei fan e degli spettatori...
E gli episodi della prima serie offrono pochi spunti di rilevo sia a livello di trama sia a livello di personaggi.
In sintesi, Aki Tomoya, un otaku che ha una passione sviscerata per manga, anime e ovviamente videogiochi, ne vuole creare uno chiedendo rispettivamente a Eriri Spencer Sawamura, una bravissima illustratrice di dōjinshi hentai e amica di Aki fin dalle scuole elementari, e a Utaha Kasumigaoka, una giovane scrittrice emergente, di diventare la disegnatrice e la sceneggiatrice del suo ambizioso progetto. Come musa ispiratrice e modella dell’eroina del suo gioco include nel suo team anche Megumi Kato, incontrata per caso per strada (come una folgorazione...), salvo poi rincontrarla a scuola per accorgersi (da buon otaku...) che si trattava di una sua compagna di classe...
Una volta creato il gruppo Blessing Software, i quattro membri del team (cui si aggiunge successivamente anche la cugina Michiru Hyōdō per la composizione delle musiche, a condizione che Aki diventi il manager del suo gruppo Icy Tail) fissano come data di scadenza per la pubblicazione del gioco quella dell’evento fieristico Comiket.
Dovrebbe essere un anime sul mondo otaku e su come si crea un “dating sim”. Di questo “mondo” tuttavia credo che tratti poco o nulla (soprattutto di quello otaku) ed è solo il pretesto per creare un harem con quattro/cinque avvenenti ragazze (cui si aggiunge nella seconda serie Izumi Hashima) che a turno si mettono in competizione tra loro per irretire o conquistare il buon Aki... che, tuttavia, cerca di restare il più possibile “agnostico” e non cadere nelle continue provocazioni delle fanciulle, tutte piuttosto aggressive ad eccezione di Kato.
Ad onor del vero questa serie, al pari della seconda, inizia con un episodio “0” in cui tutti i membri della squadra composta da Aki si ritrovano in una piscina termale (nella seconda serie in una piscina di lusso) e discettano in senso ironicamente “critico” degli anime/manga del genere harem. Le inquadrature e le scene dell’episodio sono volutamente maliziose, proprio per rendere ancora più stridente il contrasto tra quanto affermano i personaggi (soprattutto quelli femminili) e quanto alludono nei confronti dell’unico protagonista maschile.
Questo incipit (e qualche breve passaggio negli episodi successivi) potrebbe fare pensare che l’anime sia una sorta di “parodia” anche intelligente del genere... ma in questa serie ogni forma di autoironia non si ripeterà più e anche i dialoghi (nonché i personaggi) restano piuttosto standard, ad eccezione forse di Kato, che con la sua finta o apparente “idiozia” e trasparenza in realtà inizia a mettere in riga dopo un po’ tutti i personaggi principali e diventa un po’ il collante del gruppetto.
A cavillare un po’ pro “Saekano”, le situazioni e le gag sono meno idiote di altri anime/manga del genere e Aki resta un personaggio tutto sommato anche credibile in certi frangenti, ma si evolverà (e in meglio) un po’ nella seconda serie e soprattutto nel film d’animazione finale.
Detto di Kato e Aki, restano Utaha e Eriri. Tra loro resta la competizione nella convinzione di essere le migliori nel loro campo e i loro battibecchi sono abbastanza puerili. Eriri è proprio la tsundere classica e Utaha la yandere. La seconda alterna momenti di acume ad altri in cui si rivela poco incline ad essere contraddetta: sintomatico è il suo agitarsi muovendo la gamba e battendo il piede in modo forsennato...
Insomma, la prima serie in sé non mi ha trasmesso nulla di particolare, e rispetto ai prodotti successivi a mio avviso raggiunge a malapena la sufficienza, proprio perché rispetto ad altri anime del genere non introduce nulla di nuovo a livello di trama, di personaggi e dialoghi.
Il comparto tecnico è nella norma (sfondi, chara design, animazione), se non con qualche eccezione negli sfondi (abbastanza belli quelli degli immancabili tram di superficie), e la scena dell’incontro di Aki con Kato... Idem per le musiche, che, pur essendo orecchiabili, non sembrano memorabili.
Premetto che in questa recensione mi limito a scrivere solo della serie 2015, e tra i tre anime è quello che mi è piaciuto meno, solo perché la trama complessiva a mio avviso riserva qualche spunto interessante solo dalla metà della seconda serie in poi.
Ammetto che è difficile trovare in un anime, e in una storia come quella descritta da “Saekano”, particolari spunti di riflessione: d’altro canto è il classico prodotto standard del filone harem e scolastico con la solita buona dose di fanservice, giusto per non tradire le attese dei fan e degli spettatori...
E gli episodi della prima serie offrono pochi spunti di rilevo sia a livello di trama sia a livello di personaggi.
In sintesi, Aki Tomoya, un otaku che ha una passione sviscerata per manga, anime e ovviamente videogiochi, ne vuole creare uno chiedendo rispettivamente a Eriri Spencer Sawamura, una bravissima illustratrice di dōjinshi hentai e amica di Aki fin dalle scuole elementari, e a Utaha Kasumigaoka, una giovane scrittrice emergente, di diventare la disegnatrice e la sceneggiatrice del suo ambizioso progetto. Come musa ispiratrice e modella dell’eroina del suo gioco include nel suo team anche Megumi Kato, incontrata per caso per strada (come una folgorazione...), salvo poi rincontrarla a scuola per accorgersi (da buon otaku...) che si trattava di una sua compagna di classe...
Una volta creato il gruppo Blessing Software, i quattro membri del team (cui si aggiunge successivamente anche la cugina Michiru Hyōdō per la composizione delle musiche, a condizione che Aki diventi il manager del suo gruppo Icy Tail) fissano come data di scadenza per la pubblicazione del gioco quella dell’evento fieristico Comiket.
Dovrebbe essere un anime sul mondo otaku e su come si crea un “dating sim”. Di questo “mondo” tuttavia credo che tratti poco o nulla (soprattutto di quello otaku) ed è solo il pretesto per creare un harem con quattro/cinque avvenenti ragazze (cui si aggiunge nella seconda serie Izumi Hashima) che a turno si mettono in competizione tra loro per irretire o conquistare il buon Aki... che, tuttavia, cerca di restare il più possibile “agnostico” e non cadere nelle continue provocazioni delle fanciulle, tutte piuttosto aggressive ad eccezione di Kato.
Ad onor del vero questa serie, al pari della seconda, inizia con un episodio “0” in cui tutti i membri della squadra composta da Aki si ritrovano in una piscina termale (nella seconda serie in una piscina di lusso) e discettano in senso ironicamente “critico” degli anime/manga del genere harem. Le inquadrature e le scene dell’episodio sono volutamente maliziose, proprio per rendere ancora più stridente il contrasto tra quanto affermano i personaggi (soprattutto quelli femminili) e quanto alludono nei confronti dell’unico protagonista maschile.
Questo incipit (e qualche breve passaggio negli episodi successivi) potrebbe fare pensare che l’anime sia una sorta di “parodia” anche intelligente del genere... ma in questa serie ogni forma di autoironia non si ripeterà più e anche i dialoghi (nonché i personaggi) restano piuttosto standard, ad eccezione forse di Kato, che con la sua finta o apparente “idiozia” e trasparenza in realtà inizia a mettere in riga dopo un po’ tutti i personaggi principali e diventa un po’ il collante del gruppetto.
A cavillare un po’ pro “Saekano”, le situazioni e le gag sono meno idiote di altri anime/manga del genere e Aki resta un personaggio tutto sommato anche credibile in certi frangenti, ma si evolverà (e in meglio) un po’ nella seconda serie e soprattutto nel film d’animazione finale.
Detto di Kato e Aki, restano Utaha e Eriri. Tra loro resta la competizione nella convinzione di essere le migliori nel loro campo e i loro battibecchi sono abbastanza puerili. Eriri è proprio la tsundere classica e Utaha la yandere. La seconda alterna momenti di acume ad altri in cui si rivela poco incline ad essere contraddetta: sintomatico è il suo agitarsi muovendo la gamba e battendo il piede in modo forsennato...
Insomma, la prima serie in sé non mi ha trasmesso nulla di particolare, e rispetto ai prodotti successivi a mio avviso raggiunge a malapena la sufficienza, proprio perché rispetto ad altri anime del genere non introduce nulla di nuovo a livello di trama, di personaggi e dialoghi.
Il comparto tecnico è nella norma (sfondi, chara design, animazione), se non con qualche eccezione negli sfondi (abbastanza belli quelli degli immancabili tram di superficie), e la scena dell’incontro di Aki con Kato... Idem per le musiche, che, pur essendo orecchiabili, non sembrano memorabili.
“Saenai Heroine no Sodatekata” (conosciuto anche con il titolo “Saekano: How to Raise a Boring Girlfriend”) è un anime del 2015 prodotto dallo studio A-1 Pictures. La serie, tratta dall’omonima light novel scritta da Fumiaki Maruto e illustrata da Kurehito Misaki, è composta da dodici episodi, a cui si aggiunge l’episodio 0.
Protagonista della storia è Tomoya Aki, un liceale dichiaratamente otaku che svolge molti lavori part-time per sostenere il suo hobby. Durante le vacanze primaverili, su di una collina contornata da alberi di ciliegio, egli ha il suo “incontro del destino” con una bellissima ragazza: prendendo spunto da questo evento, Tomoya decide allora di creare la visual novel per eccellenza. Per raggiungere il suo obiettivo recluterà Eriri Spencer Sawamura, sua amica di infanzia e autrice di doujinshi, e Kasumigaoka Utaha, una famosa autrice di light novel. Al gruppo si unirà anche la ragazza incontrata da Tomoya, Megumi Kato, che però si rivelerà un’ “eroina” molto diversa da come se l’era immaginata.
Sebbene l’ “episodio 0” che inaugura la serie preannunci la solita solfa piena di fanservice, le prime puntate di “Saekano” si dimostrano, al contrario, una piacevole sorpresa. Il principale punto di forza dell’anime, infatti, è rappresentato dalla sua protagonista femminile: Megumi Kato ci appare all’inizio come la solita “eroina” candida, pura e super moe presente in quasi tutte le visual novel e le opere harem; ma fin da subito, con grande stupore di Tomoya e dello spettatore, la ragazza si rivela una persona davvero semplice e banale, a cui non si può affibbiare l’etichetta né di “tsundere” né di “yandere”. Megumi, con la sua spontanea e acuta ironia che non vuole punzecchiare nessuno ma solo commentare la realtà dei fatti, riesce a tenere in piedi la baracca anche nelle situazioni più instabili, e si conferma ovviamente il miglior personaggio della serie.
Altra nota a favore, che però decreta il successo dell’anime solo in parte, è la sua capacità di sfondare la quarta parete con della sana autocritica. Spesso i vari personaggi interverranno denunciando le solite scene trite e ritrite o la poca originalità della voce narrante del protagonista nel modo di introdurre l’episodio o l’intera serie. Questa, tuttavia, risulta una tattica vincente solo nelle prime battute: con lo scorrere delle puntate, “Saekano” si allontana sempre di più dall’anime geniale che voleva diventare e si avvicina ai soliti prodotti da esso stesso condannati. Se all’inizio sembrava un’opera harem che criticava sé stessa e tutti gli stereotipi del genere, a lungo andare anche questa positività svanisce: ecco dunque che ci ritroviamo un paio di bellezze mozzafiato innamorate, come sempre, del solito protagonista otaku e ‘sfigato’; ecco che questo protagonista senza particolari qualità si ritrova in situazioni a dir poco fortunate quali una bella ragazza uscita dalla doccia e la possibilità di passare una notte con lei (mica tanto ‘sfigato’, a questo punto); ecco che la regia, per accattivarsi il solito pubblico amante di tali opere, negli ultimi episodi scade in una sequenza di inquadrature che zoomano sulle parti più intime delle ragazze.
La stessa storia riguarda anche i personaggi: alla brillante Kato, infatti, si contrappongono appositamente i soliti stereotipi (tsundere coi codini, otaku incallito, ragazza fredda e sarcastica, tipa solare e svogliatamente disinibita). Peccato però che questi non riescano ad andare oltre le loro etichette o a stravolgerle, come magari ci si poteva aspettare. Pur avendo apprezzato il personaggio di Utaha, vedendola annusare freneticamente le coperte di Tomoya non ho potuto che storcere il naso; tutti gli altri personaggi, per i motivi sopracitati e per i loro atteggiamenti fortemente irritanti, non sono riusciti invece a conquistarsi la mia simpatia.
Per quanto concerne il lato tecnico, il character design presenta dei tratti semplici ma gradevoli, mentre la qualità di disegni e animazioni non fa gridare al miracolo e si mantiene essenzialmente nella media. Gli sfondi, dal canto loro, sono ben realizzati, mentre le OST si fanno facilmente dimenticare. Anche opening ed ending sono orecchiabili ma non memorabili.
Tirando le somme, “Saekano” sembrava una serie diversa, pronta a far ironia schernendo pure sé stessa. Purtroppo così non è stato, e dopo degli ottimi episodi iniziali la sua qualità è andata via via diminuendo, tra solite situazioni e personaggi stereotipati senza nulla da offrire. Da promuovere, comunque, per la buona dose di comicità che ha dimostrato non poche volte, per la scorrevolezza di molte puntate (tra cui l’episodio finale) e, soprattutto, per la geniale Megumi, vera punta di diamante dell’opera. Va infine considerato che esiste una seconda stagione, quindi non è ancora detta l’ultima parola. Voto: 7.
Protagonista della storia è Tomoya Aki, un liceale dichiaratamente otaku che svolge molti lavori part-time per sostenere il suo hobby. Durante le vacanze primaverili, su di una collina contornata da alberi di ciliegio, egli ha il suo “incontro del destino” con una bellissima ragazza: prendendo spunto da questo evento, Tomoya decide allora di creare la visual novel per eccellenza. Per raggiungere il suo obiettivo recluterà Eriri Spencer Sawamura, sua amica di infanzia e autrice di doujinshi, e Kasumigaoka Utaha, una famosa autrice di light novel. Al gruppo si unirà anche la ragazza incontrata da Tomoya, Megumi Kato, che però si rivelerà un’ “eroina” molto diversa da come se l’era immaginata.
Sebbene l’ “episodio 0” che inaugura la serie preannunci la solita solfa piena di fanservice, le prime puntate di “Saekano” si dimostrano, al contrario, una piacevole sorpresa. Il principale punto di forza dell’anime, infatti, è rappresentato dalla sua protagonista femminile: Megumi Kato ci appare all’inizio come la solita “eroina” candida, pura e super moe presente in quasi tutte le visual novel e le opere harem; ma fin da subito, con grande stupore di Tomoya e dello spettatore, la ragazza si rivela una persona davvero semplice e banale, a cui non si può affibbiare l’etichetta né di “tsundere” né di “yandere”. Megumi, con la sua spontanea e acuta ironia che non vuole punzecchiare nessuno ma solo commentare la realtà dei fatti, riesce a tenere in piedi la baracca anche nelle situazioni più instabili, e si conferma ovviamente il miglior personaggio della serie.
Altra nota a favore, che però decreta il successo dell’anime solo in parte, è la sua capacità di sfondare la quarta parete con della sana autocritica. Spesso i vari personaggi interverranno denunciando le solite scene trite e ritrite o la poca originalità della voce narrante del protagonista nel modo di introdurre l’episodio o l’intera serie. Questa, tuttavia, risulta una tattica vincente solo nelle prime battute: con lo scorrere delle puntate, “Saekano” si allontana sempre di più dall’anime geniale che voleva diventare e si avvicina ai soliti prodotti da esso stesso condannati. Se all’inizio sembrava un’opera harem che criticava sé stessa e tutti gli stereotipi del genere, a lungo andare anche questa positività svanisce: ecco dunque che ci ritroviamo un paio di bellezze mozzafiato innamorate, come sempre, del solito protagonista otaku e ‘sfigato’; ecco che questo protagonista senza particolari qualità si ritrova in situazioni a dir poco fortunate quali una bella ragazza uscita dalla doccia e la possibilità di passare una notte con lei (mica tanto ‘sfigato’, a questo punto); ecco che la regia, per accattivarsi il solito pubblico amante di tali opere, negli ultimi episodi scade in una sequenza di inquadrature che zoomano sulle parti più intime delle ragazze.
La stessa storia riguarda anche i personaggi: alla brillante Kato, infatti, si contrappongono appositamente i soliti stereotipi (tsundere coi codini, otaku incallito, ragazza fredda e sarcastica, tipa solare e svogliatamente disinibita). Peccato però che questi non riescano ad andare oltre le loro etichette o a stravolgerle, come magari ci si poteva aspettare. Pur avendo apprezzato il personaggio di Utaha, vedendola annusare freneticamente le coperte di Tomoya non ho potuto che storcere il naso; tutti gli altri personaggi, per i motivi sopracitati e per i loro atteggiamenti fortemente irritanti, non sono riusciti invece a conquistarsi la mia simpatia.
Per quanto concerne il lato tecnico, il character design presenta dei tratti semplici ma gradevoli, mentre la qualità di disegni e animazioni non fa gridare al miracolo e si mantiene essenzialmente nella media. Gli sfondi, dal canto loro, sono ben realizzati, mentre le OST si fanno facilmente dimenticare. Anche opening ed ending sono orecchiabili ma non memorabili.
Tirando le somme, “Saekano” sembrava una serie diversa, pronta a far ironia schernendo pure sé stessa. Purtroppo così non è stato, e dopo degli ottimi episodi iniziali la sua qualità è andata via via diminuendo, tra solite situazioni e personaggi stereotipati senza nulla da offrire. Da promuovere, comunque, per la buona dose di comicità che ha dimostrato non poche volte, per la scorrevolezza di molte puntate (tra cui l’episodio finale) e, soprattutto, per la geniale Megumi, vera punta di diamante dell’opera. Va infine considerato che esiste una seconda stagione, quindi non è ancora detta l’ultima parola. Voto: 7.
E' inutile illudersi del contrario: quando ci si avvicina a un anime come "Saekano" le aspettative non sono certo delle migliori e tra le più alte. O almeno, dovrebbe essere così per chiunque ragioni con il cervello e non con il basso ventre. Per quanto ci si sforzi, per quanto si possa cercare di essere obiettivi, quando si incomincia la visione di un anime come questo, non si può pensare di imbattersi in una pietra angolare dell'industria dell'animazione giapponese. Sono le stesse tipologie in cui è possibile classificarlo, quindi il suo genere, a renderlo così lontano da standard di qualità elevati. Con il grande affollamento di commedie harem scolastico-sentimentali a cui assistiamo al giorno d'oggi, tutte analoghe l'una all'altra salvo qualche rara eccezione, chi si avventura sul percorso di anime come "Saekano" non può certo pensare di avere a che fare con capisaldi e capolavori, oggettivamente parlando.
Quando ho deciso di affrontare questa serie, ero conscio di quello che mi aspettasse. D'altronde il mio intento era proprio quello di svagarmi, staccando un attimo la corrente, alleggerendo la mia watchlist fin troppo carica, negli ultimi tempi, di prodotti di una certa intensità. La mia è stata quindi una scelta deliberata. Eppure, consapevole del prodotto, mi sono ritrovato per le mani qualcosa che incredibilmente si ritrova sotto le mie aspettative, e non di poco.
Cosa rimane di "Saekano" a uno spettatore che lo ha appena terminato? Nulla, davvero niente. I personaggi sono tutti uniformemente impalpabili, ciascuno con idiosincrasie, caratteristiche e perversioni a malapena accennate, abbozzate frettolosamente e lasciate decantare fino alla fermentazione. Le vicende sono spurie e spoglie, inconcludenti, peggio della norma a cui ci hanno abituati gli altri harem. Veste grafica banale al limite del ridicolo: tratti infantili, che troppo spesso perdono addirittura in qualità, animazioni imbarazzanti e macchinose in maniera visibile e vistosa come un pugno in un occhio. Fanservice ancor più forzato del solito, cosa che mai avrei pensato di dire, davvero buttato a macchia di leopardo in tutta la serie, sperando di raggranellare il successo che è venuto a mancare vista la pochezza complessiva.
Riuscire nell'impresa di rendere peggio delle aspettative è un grande traguardo, ovviamente parlando in termini negativi. Una roba che, fortunatamente, non si vede ogni giorno. "Saekano" si becca quindi un 1, patetico come tutta la serie. Di anime del genere ne ho visti, e non pochi; non mi schifa quindi la tipologia, ma la pochezza generale. Ho visto prodotti che, pur accomunati da tematiche e classificazioni, riuscivano ad essere ugualmente meno inguardabili e meno ridicoli di "Saekano".
Quando ho deciso di affrontare questa serie, ero conscio di quello che mi aspettasse. D'altronde il mio intento era proprio quello di svagarmi, staccando un attimo la corrente, alleggerendo la mia watchlist fin troppo carica, negli ultimi tempi, di prodotti di una certa intensità. La mia è stata quindi una scelta deliberata. Eppure, consapevole del prodotto, mi sono ritrovato per le mani qualcosa che incredibilmente si ritrova sotto le mie aspettative, e non di poco.
Cosa rimane di "Saekano" a uno spettatore che lo ha appena terminato? Nulla, davvero niente. I personaggi sono tutti uniformemente impalpabili, ciascuno con idiosincrasie, caratteristiche e perversioni a malapena accennate, abbozzate frettolosamente e lasciate decantare fino alla fermentazione. Le vicende sono spurie e spoglie, inconcludenti, peggio della norma a cui ci hanno abituati gli altri harem. Veste grafica banale al limite del ridicolo: tratti infantili, che troppo spesso perdono addirittura in qualità, animazioni imbarazzanti e macchinose in maniera visibile e vistosa come un pugno in un occhio. Fanservice ancor più forzato del solito, cosa che mai avrei pensato di dire, davvero buttato a macchia di leopardo in tutta la serie, sperando di raggranellare il successo che è venuto a mancare vista la pochezza complessiva.
Riuscire nell'impresa di rendere peggio delle aspettative è un grande traguardo, ovviamente parlando in termini negativi. Una roba che, fortunatamente, non si vede ogni giorno. "Saekano" si becca quindi un 1, patetico come tutta la serie. Di anime del genere ne ho visti, e non pochi; non mi schifa quindi la tipologia, ma la pochezza generale. Ho visto prodotti che, pur accomunati da tematiche e classificazioni, riuscivano ad essere ugualmente meno inguardabili e meno ridicoli di "Saekano".
"Saekano" mi aveva inizialmente illuso in maniera eccezionale, poi mi ha colpito dritto al cuore con la sua banalità.
Mi spiego: prima che annunciassero la serie, iniziai a leggere il manga di "Saekano" (sì, so che è tratto dalla light novel) ed ebbi la sensazione che di base avessero provato a creare qualcosa di interessante coi personaggi. Conferma di ciò me lo danno due cose: i personaggi di Utaha, Eriri, Michiru e Tomoya, e il personaggio di Megumi. Nei primissimi capitoli del manga si capisce che l'attenzione è focalizzata sul definire e presentare dei personaggi, che non hanno affatto bisogno né di essere definiti né di essere presentati. Degli stereotipi. Abbiamo il protagonista passivo, gentile e otaku, la tsunderina, che non c'è bisogno nemmeno di farla parlare per capire che appartiene a quel tipo di stereotipo di personaggio, e la bella, sarcastica e misteriosa senpai.
Poi, un giorno, Tomoya vede su una collina tempestata dai petali di ciliegio una ragazza di una purezza e compostezza mai viste e decide di utilizzarla come sua musa d'ispirazione. Anche lei si rifarebbe allo stereotipo della ragazza anime carina, educata e pura di cuore e spirito, che tanto è amata dai Giapponesi al pari delle altre due tipologie descritte sopra. Sorpresa però nello scoprire che in realtà tale ragazza era solo un 'filmone' che il protagonista si è fatto nei pochi secondi in cui ha avuto a che fare con lei. Infatti Megumi non è affatto così. Si tratta di una ragazza normalissima, anzi che passa inosservata sia sul lato fisico che su quello della personalità. Quando il protagonista lo scopre, ne rimane deluso, poiché l'aveva idealizzata coi canoni a cui un otaku è abituato, incapace di accettare la sua normalità.
Da qui inizia un tira e molla dove i grandi stereotipi, ovvero Eriri, Utaha e Tomoya (nel manga non sono arrivato a conoscere Michiru, l'ho abbandonato prima) esaltano e portano all'estremo gli archetipi cui loro stessi fanno riferimento, criticandoli e scherzandoci sopra l'uno con l'altro (come succede pure nell'episodio 0, dove nel bel mezzo della scena iniziale, costellata di puro fanservice alle terme, parlano di come, appunto, un anime che parte e si basi su del puro fanservice e delle ragazze carine non abbia alcuna profondità). Il tutto contrastato dalla normalità di Megumi, che prova a inserirsi nel loro mondo, fatto di personalità eccezionali e marcate. Non riuscendoci, però, perché lei è una ragazza normale. Come lo spettatore. Ed è in lei che lo spettatore riesce a immedesimarsi.
Questa premessa (nel manga) mi aveva stregato. Questo continuo scontro tra stereotipo e realtà era davvero azzeccato. Riusciva a farti accettare gli odiosi comportamenti che avevano i personaggi, perché sapevi che dicevano quelle cose e facevano quelle cose per ricalcare dei comportamenti ormai troppo idealizzati e sempre uguali di un'industria che si basa per la maggior parte proprio su tutto ciò. Purtroppo, andando avanti nei capitoli, tutto questo non è mai sviluppato. Non ci sono avvenimenti degni di nota, non ci sono degli sviluppi sui personaggi, né in quelli stereotipati né in Megumi. Non si arriva mai, come credevo sarebbe prima o poi successo, al far comprendere al protagonista e alle altre che non possono cambiare Megumi in qualcosa di artificiale. In questo modo ciò che doveva servire da critica verso questo mondo e personaggi diventa l'ennesima esaltazione di essi. L'anime poi tutto questo non lo fa nemmeno intuire. Si concentra molto poco su Megumi e moltissimo sulle altre ragazze. Ciò non fa altro che approfondire dei personaggi che non possono essere approfonditi, perché dovevano inizialmente servire da simbolo di realtà idealizzata, e quindi dovevano essere superficiali.
Le premesse erano dunque ottime, ma la realizzazione di esse è stata irrimediabilmente pessima. Poi magari l'autore non ha minimamente pensato a tutto ciò, e quindi mi sono solo fatto un 'filmone' io, aggiungendo un po' di panna e una ciliegina a una scodella di m****.
Mi spiego: prima che annunciassero la serie, iniziai a leggere il manga di "Saekano" (sì, so che è tratto dalla light novel) ed ebbi la sensazione che di base avessero provato a creare qualcosa di interessante coi personaggi. Conferma di ciò me lo danno due cose: i personaggi di Utaha, Eriri, Michiru e Tomoya, e il personaggio di Megumi. Nei primissimi capitoli del manga si capisce che l'attenzione è focalizzata sul definire e presentare dei personaggi, che non hanno affatto bisogno né di essere definiti né di essere presentati. Degli stereotipi. Abbiamo il protagonista passivo, gentile e otaku, la tsunderina, che non c'è bisogno nemmeno di farla parlare per capire che appartiene a quel tipo di stereotipo di personaggio, e la bella, sarcastica e misteriosa senpai.
Poi, un giorno, Tomoya vede su una collina tempestata dai petali di ciliegio una ragazza di una purezza e compostezza mai viste e decide di utilizzarla come sua musa d'ispirazione. Anche lei si rifarebbe allo stereotipo della ragazza anime carina, educata e pura di cuore e spirito, che tanto è amata dai Giapponesi al pari delle altre due tipologie descritte sopra. Sorpresa però nello scoprire che in realtà tale ragazza era solo un 'filmone' che il protagonista si è fatto nei pochi secondi in cui ha avuto a che fare con lei. Infatti Megumi non è affatto così. Si tratta di una ragazza normalissima, anzi che passa inosservata sia sul lato fisico che su quello della personalità. Quando il protagonista lo scopre, ne rimane deluso, poiché l'aveva idealizzata coi canoni a cui un otaku è abituato, incapace di accettare la sua normalità.
Da qui inizia un tira e molla dove i grandi stereotipi, ovvero Eriri, Utaha e Tomoya (nel manga non sono arrivato a conoscere Michiru, l'ho abbandonato prima) esaltano e portano all'estremo gli archetipi cui loro stessi fanno riferimento, criticandoli e scherzandoci sopra l'uno con l'altro (come succede pure nell'episodio 0, dove nel bel mezzo della scena iniziale, costellata di puro fanservice alle terme, parlano di come, appunto, un anime che parte e si basi su del puro fanservice e delle ragazze carine non abbia alcuna profondità). Il tutto contrastato dalla normalità di Megumi, che prova a inserirsi nel loro mondo, fatto di personalità eccezionali e marcate. Non riuscendoci, però, perché lei è una ragazza normale. Come lo spettatore. Ed è in lei che lo spettatore riesce a immedesimarsi.
Questa premessa (nel manga) mi aveva stregato. Questo continuo scontro tra stereotipo e realtà era davvero azzeccato. Riusciva a farti accettare gli odiosi comportamenti che avevano i personaggi, perché sapevi che dicevano quelle cose e facevano quelle cose per ricalcare dei comportamenti ormai troppo idealizzati e sempre uguali di un'industria che si basa per la maggior parte proprio su tutto ciò. Purtroppo, andando avanti nei capitoli, tutto questo non è mai sviluppato. Non ci sono avvenimenti degni di nota, non ci sono degli sviluppi sui personaggi, né in quelli stereotipati né in Megumi. Non si arriva mai, come credevo sarebbe prima o poi successo, al far comprendere al protagonista e alle altre che non possono cambiare Megumi in qualcosa di artificiale. In questo modo ciò che doveva servire da critica verso questo mondo e personaggi diventa l'ennesima esaltazione di essi. L'anime poi tutto questo non lo fa nemmeno intuire. Si concentra molto poco su Megumi e moltissimo sulle altre ragazze. Ciò non fa altro che approfondire dei personaggi che non possono essere approfonditi, perché dovevano inizialmente servire da simbolo di realtà idealizzata, e quindi dovevano essere superficiali.
Le premesse erano dunque ottime, ma la realizzazione di esse è stata irrimediabilmente pessima. Poi magari l'autore non ha minimamente pensato a tutto ciò, e quindi mi sono solo fatto un 'filmone' io, aggiungendo un po' di panna e una ciliegina a una scodella di m****.
"Saenai Heroine no Sodatekata" è una serie anime del 2015 prodotta dalla A-1 Pictures.
La storia parla di un otaku di nome Tomoya Aki, che decide di creare un videogioco galge (videogiochi dove si deve interagire con delle ragazze in stile anime); per caso, durante le vacanze primaverili, incontra una ragazza che un mese dopo scoprirà essere sua compagna di classe. Decide quindi di prenderla a modello come eroina principale del gioco e, per raggiungere il suo scopo, decide di fondare un club e chiedere alla sua vecchia amica di infanzia Eriri (una disegnatrice) e a Utaha (una scrittrice emergente) di far parte del proprio club, decidendo quindi di produrre il gioco entro il prossimo Comiket invernale.
Anche se può sembrare il solito anime harem-ecchi, è senza dubbio uno dei più divertenti e appassionanti che abbia mai visto, nonostante siano presenti momenti anche leggermente più drammatici, sottolineati con le giuste musiche.
Ottimi i disegni e i colori, che presentano ambientazioni molto dettagliate. Le musiche sono a mio parere stupende, e riescono a sottolineare i momenti più comici o più drammatici.
Consiglio questa serie a chiunque sia stanco dei soliti harem o più in generale a chiunque voglia vedere una serie godibile e divertente. Unica cosa che non mi è piaciuta è il fatto che il personaggio di Michiru appaia solamente nelle ultime puntate, ma, poiché è già stata confermata una seconda serie (per ottobre 2016, molto probabilmente), è meglio sperare che sia più presente nella prossima stagione.
La storia parla di un otaku di nome Tomoya Aki, che decide di creare un videogioco galge (videogiochi dove si deve interagire con delle ragazze in stile anime); per caso, durante le vacanze primaverili, incontra una ragazza che un mese dopo scoprirà essere sua compagna di classe. Decide quindi di prenderla a modello come eroina principale del gioco e, per raggiungere il suo scopo, decide di fondare un club e chiedere alla sua vecchia amica di infanzia Eriri (una disegnatrice) e a Utaha (una scrittrice emergente) di far parte del proprio club, decidendo quindi di produrre il gioco entro il prossimo Comiket invernale.
Anche se può sembrare il solito anime harem-ecchi, è senza dubbio uno dei più divertenti e appassionanti che abbia mai visto, nonostante siano presenti momenti anche leggermente più drammatici, sottolineati con le giuste musiche.
Ottimi i disegni e i colori, che presentano ambientazioni molto dettagliate. Le musiche sono a mio parere stupende, e riescono a sottolineare i momenti più comici o più drammatici.
Consiglio questa serie a chiunque sia stanco dei soliti harem o più in generale a chiunque voglia vedere una serie godibile e divertente. Unica cosa che non mi è piaciuta è il fatto che il personaggio di Michiru appaia solamente nelle ultime puntate, ma, poiché è già stata confermata una seconda serie (per ottobre 2016, molto probabilmente), è meglio sperare che sia più presente nella prossima stagione.
Solitamente non scrivo recensioni, ma questa volta, vista l'opinione che la gente sembra avere di questo anime, mi sono sentito spinto a farlo.
Per comprendere il motivo per cui quest'anime, o meglio quest'adattamento di una light novel (è abbastanza importante come cosa, lo spiegherò tra pochissimo) a mio parere fa schifo, è necessaria una doverosa premessa. Durante la seconda metà degli anni 2000, le light novel hanno visto un boom nelle vendite, e sempre più scrittori amatoriali e non si sono cimentati in questo genere di storie. Tralasciando molte cose omettibili, mi soffermo su due avvenimenti fondamentali. Il primo è l'adattamento anime di "Harui Suzumiya", che ha adattato una light novel uscita svariati anni prima (2003) ed è stato una specie di fulmine a cielo aperto per gli otaku giapponesi. La caratteristica principale di questa opera, oltre all'elemento moe predominante, fu l'elemento soprannaturale d il tipo di narrazione portato in auge da altre light novel prima di lei ("Zaregoto" nel 2002 e "Boogiebop" nella fine degli anni '90). In pratica Harui utilizzava una metanarrazione, in cui allo stesso tempo parodizzava quei romanzi ambientati nelle scuole, essendo contemporaneamente uno di essi. Dopo questo avvenimento le light novel divennero molto più popolari, e la gente cercò di scimmiottare questo schema per massimizzare le vendite. Successivamente, ci fu un altro anime che fece molto discutere, a mio avviso ancora più importante per comprendere la nascita di light novel come "Saekano", cioè quello di "Bakemonogatari" nel 2009, che porta progressivamente l'adattamento di una miriade di light novel differenti (che, ricordiamo, spesso seguono lo stile "haruiano"), e tra queste rientra proprio "Saekano". Ciò che caratterizzava "Bakemonogatari", oltre allo stile unico del Nisio, era questo tipo di narrazione che sfonda la quarta parete, rendendo il lettore/spettatore al corrente che in realtà si tratta semplicemente di una storia di finzione. In pratica il punto chiave non è il gioco, ma mettere in evidenza il gioco stesso. La differenza può sembrare lieve, ma è molto importante.
Perché ho fatto tutta questa premessa? Perché serve per comprendere il motivo per cui "Saekano" fallisce miseramente sotto tutti i punti di vista, risultando solo una becera imitazione delle light novel della serie "Monogatari Series" e altre venute prima.
Ciò che succede in "Saekano" è simile. Mette al corrente lo spettatore del fatto che è solo una storia inventata, utilizzando le battute dei personaggi come mezzo per trasmettere il messaggio. Basta ciò per ritenere un'opera "profonda" o ben scritta? No, mi dispiace, ma è proprio l'opposto. Oltre a utilizzare un metodo di narrazione non adatto a questo tipo di storia, l'autore facendo ciò mette solo in evidenza le limitazioni di questa storia. La differenza sostanziale è che se in "Monogatari Series" un personaggio era cosciente di essere solo una tsundere, in realtà alla fine non lo era, perché era caratterizzata in modo estremamente realistico, uscendo dallo stereotipo da lui stesso citato.
In "Saekano", invece, i personaggi commentano le limitate scelte dell'autore, senza espandere il concetto, dimostrando proprio di essere ciò che sono. Nella storia i personaggi spesso commentano le proprie azioni o le loro stesse personalità, ma non escono da questi cliché, anzi affossano soltanto il tutto, ammettendo loro stessi di essere solo degli stereotipi! Ciò che fanno è solo far conoscere al lettore/spettatore che sono dei cliché viventi, non c'è una volontà dell'autore di cambiarli, di renderli più realistici e meno stereotipati. A quanto pare agli otaku basta sfondare minimamente la quarta parete per far diventare automaticamente un'opera un capolavoro. Beh, sapete che c'è? Non è così. Ma andiamo con ordine.
Il comparto grafico dell'opera è mediocre, le uniche scene veramente dettagliate sono i primi piani delle ragazze, in cui si possono intravedere le zone intime, che a quanto pare sono la cosa più interessante che l'anime ha da offrire. Lo stesso chara design è brutto, manca di caratterizzazione estetica, non basta cambiare colore dei capelli e taglia di reggiseno per creare un personaggio credibile (e in ciò è anche colpevole l'assenza evidente di budget). Le animazioni sono ridotte all'osso e i fondali sono scarni. E, per concludere l'analisi sul comparto grafico, mi soffermo sugli effetti visivi e la regia. Gli effetti visivi scaturiscono dalla volontà del regista di voler far provare qualcosa allo spettatore: in questo caso, l'unico tentativo sembra quello di fargli provare compassione per i daltonici. Infatti ci sono dei filtri messi completamente a caso che vanno ad alterare il colore di tutta la scena, che variano dal lilla al rosso al blu. Perché? Boh, seriamente non c'è un motivo per cui ciò andasse fatto, vengono messi così, per colorare a caso, non trasmettono niente, inutili. E la regia è ugualmente pessima, in ogni dialogo le uniche inquadrature sono sulle parti intime o in posizioni compromettenti delle ragazze. Che siano primi piani o delle vedute dal basso, l'unico obiettivo del regista è quello di mostrare i corpi delle giovani donzelle. Peccato che non dovrebbe essere un hentai (o almeno lo si spera). Di conseguenza queste riprese danneggiano i personaggi stessi, perché non ti fanno concentrare su di loro, ma sul loro fisico, il che è diverso. Non interessa niente al regista se la personalità del personaggio X è fatta male, tanto l'unico motivo per cui occupa spazio sullo schermo è quello di mostrare il proprio corpo in posizioni imbarazzanti. Ottimo lavoro!
Procediamo con il comparto sonoro, che è il migliore della serie, per quanto rimanga sulla sufficienza. Il doppiaggio sembra ben fatto, non è ottimo ma è comunque decente, l'unico problema è rappresentato dal protagonista che ha strani scatti. In certe scene è tranquillo, e poco dopo, quando vede una scollatura troppo osé, inizia a gridare come un forsennato. Non si fa così, non metti in evidenza l'imbarazzo, rendi soltanto il personaggio uno psicopatico con problemi di doppia personalità. E a lungo andare è anche ripetitivo e odioso, sembra di stare nelle commedie da quattro soldi. Le OST sono mediamente buone o, meglio, sono funzionali alla trama; niente da criticare sotto questo punto di vista. Opening ed ending sembrano aver assorbito tutto il budget della produzione, visto che sono graficamente gradevoli (escludendo un momento all'inizio della opening in cui c'è una sequenza di piedi, e non sto scherzando, sembra di stare guardando un anime per feticisti dei piedi) e, per quanto non originali e abbastanza anonime, anche dal punto di vista del testo e del theme della serie riescono a svolgere il loro lavoro. Stessa cosa per gli effetti sonori.
Passando alla parte della storia, non posso negare che la premessa della storia era interessante, poteva essere sviluppata, aveva insomma del potenziale. E invece purtroppo doveva essere la solita 'trashata ecchi otaku pandering', ahimè.
Il pacing della serie è mediocre, ci sono parti di noia totale, momenti in cui l'azione diventa più fomentata e altri in cui si rallenta per lasciare spazio a un drama forzatissimo, perché ovviamente, se metti una canzone di sottofondo e mostri uno stralcio di flashback, la gente si commuoverà, vero? Qualcuno a quanto pare sì, non so come sia possibile, visto che è di per sé una scena forzata e non ha senso di esistere.
La complessità della trama tocca il fondo del barile. Mi spiego meglio. Elementi di disturbo nel corso della storia vengono introdotti in maniera imbarazzante, ma non sono credibili, non risultando quindi dei problemi in sé. Nel percorso che fanno i personaggi per produrre il loro dating sim definitivo in sostanza è tutto rose e fiori; in uno degli episodi iniziali viene citato il problema del budget, ma il protagonista si fa subito carico di 1.000.000 di yen. Sapete come? Raccogliendo giornali. Penso sia abbastanza per far capire il livello infimo della produzione (e ciò non viene più citato per il resto dell'anime).
Ugualmente, la consistenza della storia è inesistente. Tutto ciò che capita è irreale, e verso la fine avviene un plot twist da mettersi nelle mani nei capelli. E sapete la cosa più bella? L'autore, per qualche malsana ragione, lo fa dire a uno dei personaggi!
Non avete capito? C'è questa scena in cui succede un avvenimento X che sembra ribaltare la situazione a favore dei protagonisti, e uno di loro dice proprio: "Che forzato e innaturale colpo di scena". E subito dopo ne succede un altro, con la stessa identica reazione. Wow, ottima metanarrazione, lo stai facendo sicuramente bene. Non solo introduci uno stratagemma narrativo fatto male, magari per mancanza di idee, lo fai anche dire ai personaggi nel caso qualcuno non lo avesse notato, e non una, ma ben due volte.
Come se non bastasse, la conclusione della storia non ha senso, c'è un plot twist inutile per far finire tutto nel verso giusto; come ho detto prima, lo stesso autore lo ammette esplicitamente parlando tramite un personaggio agli spettatori, e alla fine non si può neanche chiamare una conclusione, perché non conclude niente. Qualcuno potrebbe giustificare ciò dicendo che la conclusione non è necessaria, visto che ci sarà una seconda stagione, ma sarebbe comunque sbagliato, visto che la fine di questa season 1 risulta ugualmente affrettata e forzata, di conseguenza c'è ugualmente un errore da parte dello sceneggiatore nel non aver saputo gestire i tempi.
Per concludere, arriviamo al paragrafo riguardante i personaggi, che rappresentano il punto più basso della produzione. Anzi, più che personaggi sono delle bambole, non hanno personalità, sono stereotipi che camminano mossi dal burattinaio-regista, che le mette in posizioni equivocabili per la gioia degli otaku. E' una cosa aberrante, infatti l'unica cosa per cui hanno presenza sullo schermo è rappresentata dalle loro tette e dai loro fondoschiena, nient'altro.
Per quanto riguarda le personalità, come ho detto prima, non è presente per nessun personaggio se non per uno, che è l'unica coprotagonista a non fare scene sconce, tra l'altro. E' caratterizzata, per essere un personaggio secondario, ma svolge un ruolo primario. E l'intento dell'autore era proprio questo. E' sfruttata pochissimo e poteva essere resa meglio? Scuramente, ma è l'unica cosa originale di tutta la produzione e, per quanto irreale, è la cosa più vicina a un essere umano presente nell'anime. Sì, il personaggio che è fatto per essere un secondario tra i primari, è caratterizzato meglio degli altri. Andiamo oltre.
Il background dei personaggi è assente, abbiamo due flashback a testa per farci capire il loro amore morboso per il protagonista, non vanno incontro a conflitti interiori credibili, ma soltanto a delle scuse per farle comportare in modo osé in certe parti della storia. Tanto, per delle bambole basta quello. E come diretta conseguenza di tutto ciò, non c'è sviluppo, è una parola assente nel vocabolario dello sceneggiatore. Li vedi all'episodio 1 (o quando entrano in scena) e li ritrovi, uguali, all'episodio 12. Non basta usare il drama, perché, sapete cosa, i personaggi non cambiano, rimangono uguali. La tsundere rimarrà tale a prescindere da tutto, altrimenti poi non riuscirebbe nell'intento di far arrapare i feticisti. E così per tutti, tranne per Katou (il personaggio secondario che fa il ruolo del primario), che mostra qualche leggero miglioramento verso il finale. Ma non basta, e anzi dovrebbe far riflettere se chi ha scritto questa roba fosse sotto l'effetto di acidi pesanti.
Per concludere la recensione, ci sono due altri punti che ho intenzione di analizzare. Il primo è il valore di questo anime nel complesso, e quanto esso potrà essere ricordato, che sia per un personaggio molto particolare o una trama interessante, o ancora un determinato tipo di narrazione. Niente di tutto ciò, è il solito harem, per i poveri sventurati come me che l'han visto ci vorranno pochi giorni a rimuoverlo dalla memoria. E, se rimarrà impresso, sarà soltanto nei miei incubi.
E, la seconda cosa, è la catarsi. Vedete, quasi ogni show, con rare eccezioni, cerca di dare dei messaggi, spesso positivi, da far cogliere all'audience. In questo, il messaggio che passa è del peggior tipo, possibile e immaginabile. In pratica, divinizza la figura dell'otaku (il protagonista lo è) e non si spinge solo fin qua. A un certo punto il protagonista andrà in un centro commerciale e inizierà a ragionare dividendosi dai "normali", perché lui è un otaku. E ovviamente poco dopo per la sua mentalità "fuori dal comune" riuscirà a salvare la situazione. Questo è un messaggio abbastanza inquietante, dividere l'otaku dal resto della società, divinizzarlo, e per coccolarlo viene calato in un harem. "Non vi preoccupate, il termine è negativo, in Giappone viene usato per gli scarti della società, ma vedete in questo show? Non c'è problema!" E qualcosa di così sbagliato che potrebbe quasi passare per giusto. Seriamente, serve questo genere di roba a un Paese con un problema del genere, anche abbastanza preoccupante?
E non è l'unico esempio.
In conclusione, questo anime a mio parere fa schifo, se vi è piaciuto posso dare due spiegazioni:
1) siete ignoranti in materia ed è il primo anime di questo tipo che guardate (ignorante nell'accezione positiva del termine, perché ignorate ciò che è migliore);
2) avete dei pessimi gusti e non sapete distinguere ciò che è buono da ciò che non lo è.
Così si conclude la recensione dell'anime attualmente peggiore del 2015 (tra quelli che ho avuto (s)fortuna di guardare).
Per comprendere il motivo per cui quest'anime, o meglio quest'adattamento di una light novel (è abbastanza importante come cosa, lo spiegherò tra pochissimo) a mio parere fa schifo, è necessaria una doverosa premessa. Durante la seconda metà degli anni 2000, le light novel hanno visto un boom nelle vendite, e sempre più scrittori amatoriali e non si sono cimentati in questo genere di storie. Tralasciando molte cose omettibili, mi soffermo su due avvenimenti fondamentali. Il primo è l'adattamento anime di "Harui Suzumiya", che ha adattato una light novel uscita svariati anni prima (2003) ed è stato una specie di fulmine a cielo aperto per gli otaku giapponesi. La caratteristica principale di questa opera, oltre all'elemento moe predominante, fu l'elemento soprannaturale d il tipo di narrazione portato in auge da altre light novel prima di lei ("Zaregoto" nel 2002 e "Boogiebop" nella fine degli anni '90). In pratica Harui utilizzava una metanarrazione, in cui allo stesso tempo parodizzava quei romanzi ambientati nelle scuole, essendo contemporaneamente uno di essi. Dopo questo avvenimento le light novel divennero molto più popolari, e la gente cercò di scimmiottare questo schema per massimizzare le vendite. Successivamente, ci fu un altro anime che fece molto discutere, a mio avviso ancora più importante per comprendere la nascita di light novel come "Saekano", cioè quello di "Bakemonogatari" nel 2009, che porta progressivamente l'adattamento di una miriade di light novel differenti (che, ricordiamo, spesso seguono lo stile "haruiano"), e tra queste rientra proprio "Saekano". Ciò che caratterizzava "Bakemonogatari", oltre allo stile unico del Nisio, era questo tipo di narrazione che sfonda la quarta parete, rendendo il lettore/spettatore al corrente che in realtà si tratta semplicemente di una storia di finzione. In pratica il punto chiave non è il gioco, ma mettere in evidenza il gioco stesso. La differenza può sembrare lieve, ma è molto importante.
Perché ho fatto tutta questa premessa? Perché serve per comprendere il motivo per cui "Saekano" fallisce miseramente sotto tutti i punti di vista, risultando solo una becera imitazione delle light novel della serie "Monogatari Series" e altre venute prima.
Ciò che succede in "Saekano" è simile. Mette al corrente lo spettatore del fatto che è solo una storia inventata, utilizzando le battute dei personaggi come mezzo per trasmettere il messaggio. Basta ciò per ritenere un'opera "profonda" o ben scritta? No, mi dispiace, ma è proprio l'opposto. Oltre a utilizzare un metodo di narrazione non adatto a questo tipo di storia, l'autore facendo ciò mette solo in evidenza le limitazioni di questa storia. La differenza sostanziale è che se in "Monogatari Series" un personaggio era cosciente di essere solo una tsundere, in realtà alla fine non lo era, perché era caratterizzata in modo estremamente realistico, uscendo dallo stereotipo da lui stesso citato.
In "Saekano", invece, i personaggi commentano le limitate scelte dell'autore, senza espandere il concetto, dimostrando proprio di essere ciò che sono. Nella storia i personaggi spesso commentano le proprie azioni o le loro stesse personalità, ma non escono da questi cliché, anzi affossano soltanto il tutto, ammettendo loro stessi di essere solo degli stereotipi! Ciò che fanno è solo far conoscere al lettore/spettatore che sono dei cliché viventi, non c'è una volontà dell'autore di cambiarli, di renderli più realistici e meno stereotipati. A quanto pare agli otaku basta sfondare minimamente la quarta parete per far diventare automaticamente un'opera un capolavoro. Beh, sapete che c'è? Non è così. Ma andiamo con ordine.
Il comparto grafico dell'opera è mediocre, le uniche scene veramente dettagliate sono i primi piani delle ragazze, in cui si possono intravedere le zone intime, che a quanto pare sono la cosa più interessante che l'anime ha da offrire. Lo stesso chara design è brutto, manca di caratterizzazione estetica, non basta cambiare colore dei capelli e taglia di reggiseno per creare un personaggio credibile (e in ciò è anche colpevole l'assenza evidente di budget). Le animazioni sono ridotte all'osso e i fondali sono scarni. E, per concludere l'analisi sul comparto grafico, mi soffermo sugli effetti visivi e la regia. Gli effetti visivi scaturiscono dalla volontà del regista di voler far provare qualcosa allo spettatore: in questo caso, l'unico tentativo sembra quello di fargli provare compassione per i daltonici. Infatti ci sono dei filtri messi completamente a caso che vanno ad alterare il colore di tutta la scena, che variano dal lilla al rosso al blu. Perché? Boh, seriamente non c'è un motivo per cui ciò andasse fatto, vengono messi così, per colorare a caso, non trasmettono niente, inutili. E la regia è ugualmente pessima, in ogni dialogo le uniche inquadrature sono sulle parti intime o in posizioni compromettenti delle ragazze. Che siano primi piani o delle vedute dal basso, l'unico obiettivo del regista è quello di mostrare i corpi delle giovani donzelle. Peccato che non dovrebbe essere un hentai (o almeno lo si spera). Di conseguenza queste riprese danneggiano i personaggi stessi, perché non ti fanno concentrare su di loro, ma sul loro fisico, il che è diverso. Non interessa niente al regista se la personalità del personaggio X è fatta male, tanto l'unico motivo per cui occupa spazio sullo schermo è quello di mostrare il proprio corpo in posizioni imbarazzanti. Ottimo lavoro!
Procediamo con il comparto sonoro, che è il migliore della serie, per quanto rimanga sulla sufficienza. Il doppiaggio sembra ben fatto, non è ottimo ma è comunque decente, l'unico problema è rappresentato dal protagonista che ha strani scatti. In certe scene è tranquillo, e poco dopo, quando vede una scollatura troppo osé, inizia a gridare come un forsennato. Non si fa così, non metti in evidenza l'imbarazzo, rendi soltanto il personaggio uno psicopatico con problemi di doppia personalità. E a lungo andare è anche ripetitivo e odioso, sembra di stare nelle commedie da quattro soldi. Le OST sono mediamente buone o, meglio, sono funzionali alla trama; niente da criticare sotto questo punto di vista. Opening ed ending sembrano aver assorbito tutto il budget della produzione, visto che sono graficamente gradevoli (escludendo un momento all'inizio della opening in cui c'è una sequenza di piedi, e non sto scherzando, sembra di stare guardando un anime per feticisti dei piedi) e, per quanto non originali e abbastanza anonime, anche dal punto di vista del testo e del theme della serie riescono a svolgere il loro lavoro. Stessa cosa per gli effetti sonori.
Passando alla parte della storia, non posso negare che la premessa della storia era interessante, poteva essere sviluppata, aveva insomma del potenziale. E invece purtroppo doveva essere la solita 'trashata ecchi otaku pandering', ahimè.
Il pacing della serie è mediocre, ci sono parti di noia totale, momenti in cui l'azione diventa più fomentata e altri in cui si rallenta per lasciare spazio a un drama forzatissimo, perché ovviamente, se metti una canzone di sottofondo e mostri uno stralcio di flashback, la gente si commuoverà, vero? Qualcuno a quanto pare sì, non so come sia possibile, visto che è di per sé una scena forzata e non ha senso di esistere.
La complessità della trama tocca il fondo del barile. Mi spiego meglio. Elementi di disturbo nel corso della storia vengono introdotti in maniera imbarazzante, ma non sono credibili, non risultando quindi dei problemi in sé. Nel percorso che fanno i personaggi per produrre il loro dating sim definitivo in sostanza è tutto rose e fiori; in uno degli episodi iniziali viene citato il problema del budget, ma il protagonista si fa subito carico di 1.000.000 di yen. Sapete come? Raccogliendo giornali. Penso sia abbastanza per far capire il livello infimo della produzione (e ciò non viene più citato per il resto dell'anime).
Ugualmente, la consistenza della storia è inesistente. Tutto ciò che capita è irreale, e verso la fine avviene un plot twist da mettersi nelle mani nei capelli. E sapete la cosa più bella? L'autore, per qualche malsana ragione, lo fa dire a uno dei personaggi!
Non avete capito? C'è questa scena in cui succede un avvenimento X che sembra ribaltare la situazione a favore dei protagonisti, e uno di loro dice proprio: "Che forzato e innaturale colpo di scena". E subito dopo ne succede un altro, con la stessa identica reazione. Wow, ottima metanarrazione, lo stai facendo sicuramente bene. Non solo introduci uno stratagemma narrativo fatto male, magari per mancanza di idee, lo fai anche dire ai personaggi nel caso qualcuno non lo avesse notato, e non una, ma ben due volte.
Come se non bastasse, la conclusione della storia non ha senso, c'è un plot twist inutile per far finire tutto nel verso giusto; come ho detto prima, lo stesso autore lo ammette esplicitamente parlando tramite un personaggio agli spettatori, e alla fine non si può neanche chiamare una conclusione, perché non conclude niente. Qualcuno potrebbe giustificare ciò dicendo che la conclusione non è necessaria, visto che ci sarà una seconda stagione, ma sarebbe comunque sbagliato, visto che la fine di questa season 1 risulta ugualmente affrettata e forzata, di conseguenza c'è ugualmente un errore da parte dello sceneggiatore nel non aver saputo gestire i tempi.
Per concludere, arriviamo al paragrafo riguardante i personaggi, che rappresentano il punto più basso della produzione. Anzi, più che personaggi sono delle bambole, non hanno personalità, sono stereotipi che camminano mossi dal burattinaio-regista, che le mette in posizioni equivocabili per la gioia degli otaku. E' una cosa aberrante, infatti l'unica cosa per cui hanno presenza sullo schermo è rappresentata dalle loro tette e dai loro fondoschiena, nient'altro.
Per quanto riguarda le personalità, come ho detto prima, non è presente per nessun personaggio se non per uno, che è l'unica coprotagonista a non fare scene sconce, tra l'altro. E' caratterizzata, per essere un personaggio secondario, ma svolge un ruolo primario. E l'intento dell'autore era proprio questo. E' sfruttata pochissimo e poteva essere resa meglio? Scuramente, ma è l'unica cosa originale di tutta la produzione e, per quanto irreale, è la cosa più vicina a un essere umano presente nell'anime. Sì, il personaggio che è fatto per essere un secondario tra i primari, è caratterizzato meglio degli altri. Andiamo oltre.
Il background dei personaggi è assente, abbiamo due flashback a testa per farci capire il loro amore morboso per il protagonista, non vanno incontro a conflitti interiori credibili, ma soltanto a delle scuse per farle comportare in modo osé in certe parti della storia. Tanto, per delle bambole basta quello. E come diretta conseguenza di tutto ciò, non c'è sviluppo, è una parola assente nel vocabolario dello sceneggiatore. Li vedi all'episodio 1 (o quando entrano in scena) e li ritrovi, uguali, all'episodio 12. Non basta usare il drama, perché, sapete cosa, i personaggi non cambiano, rimangono uguali. La tsundere rimarrà tale a prescindere da tutto, altrimenti poi non riuscirebbe nell'intento di far arrapare i feticisti. E così per tutti, tranne per Katou (il personaggio secondario che fa il ruolo del primario), che mostra qualche leggero miglioramento verso il finale. Ma non basta, e anzi dovrebbe far riflettere se chi ha scritto questa roba fosse sotto l'effetto di acidi pesanti.
Per concludere la recensione, ci sono due altri punti che ho intenzione di analizzare. Il primo è il valore di questo anime nel complesso, e quanto esso potrà essere ricordato, che sia per un personaggio molto particolare o una trama interessante, o ancora un determinato tipo di narrazione. Niente di tutto ciò, è il solito harem, per i poveri sventurati come me che l'han visto ci vorranno pochi giorni a rimuoverlo dalla memoria. E, se rimarrà impresso, sarà soltanto nei miei incubi.
E, la seconda cosa, è la catarsi. Vedete, quasi ogni show, con rare eccezioni, cerca di dare dei messaggi, spesso positivi, da far cogliere all'audience. In questo, il messaggio che passa è del peggior tipo, possibile e immaginabile. In pratica, divinizza la figura dell'otaku (il protagonista lo è) e non si spinge solo fin qua. A un certo punto il protagonista andrà in un centro commerciale e inizierà a ragionare dividendosi dai "normali", perché lui è un otaku. E ovviamente poco dopo per la sua mentalità "fuori dal comune" riuscirà a salvare la situazione. Questo è un messaggio abbastanza inquietante, dividere l'otaku dal resto della società, divinizzarlo, e per coccolarlo viene calato in un harem. "Non vi preoccupate, il termine è negativo, in Giappone viene usato per gli scarti della società, ma vedete in questo show? Non c'è problema!" E qualcosa di così sbagliato che potrebbe quasi passare per giusto. Seriamente, serve questo genere di roba a un Paese con un problema del genere, anche abbastanza preoccupante?
E non è l'unico esempio.
In conclusione, questo anime a mio parere fa schifo, se vi è piaciuto posso dare due spiegazioni:
1) siete ignoranti in materia ed è il primo anime di questo tipo che guardate (ignorante nell'accezione positiva del termine, perché ignorate ciò che è migliore);
2) avete dei pessimi gusti e non sapete distinguere ciò che è buono da ciò che non lo è.
Così si conclude la recensione dell'anime attualmente peggiore del 2015 (tra quelli che ho avuto (s)fortuna di guardare).
"Saenai Heroine no Sodatekata" è uno dei tanti titoli che celebrano la cosiddetta cultura "otaku". Personalmente non sono un grande amante di questo tipo di anime; questo qui, però, stranamente mi è abbastanza piaciuto. Rimango dell'idea che è stato un vero spreco utilizzare un cast con un potenziale simile per un anime di questo tipo; a mio avviso meritava ben altra sceneggiatura. Ma dato che le cose stanno così, la sua presenza ha almeno reso godibile un titolo non attraente per sua natura e che non ha null'altro di particolarmente affascinante.
In un giorno qualsiasi, mentre passeggia per strada, Tomoya raccoglie un cappello volato via a seguito di un colpo di vento; quando alza gli occhi per vedere a chi appartenga, scorge una bellissima ragazza e ne rimane folgorato... no, non sto raccontando la trama di "Orange Road", non sono stato colto da arteriosclerosi precoce. Il fatto è che Tomoya è un otaku e la sua è una folgorazione artistica: interpreta l'evento come un segno del destino e decide di creare un proprio videogioco, un simulatore di appuntamenti per la precisione. Così riunisce in un circolo alcuni membri, e cioè: Utaha, una famosa scrittrice di cui Tomoya è un grande sostenitore; Eriri, una sua vecchia amica d'infanzia autrice di diversi lavori hentai; e Megumi, la sua musa ispiratrice dotata dell'espressività di uno scaldabagno. Più in là si unirà al circolo anche una sua cugina, Michiru, una musicista di talento. Tutti insieme si impegneranno nella creazione di un videogioco che, a detta del suo ideatore, dovrà essere il "simulatore di appuntamenti definitivo".
Come si può evincere dalla lettura della trama, la sceneggiatura di questo anime non è davvero niente di eccezionale: sono presenti i soliti discorsi su "cosa è un vero otaku", oppure "quali devono essere le caratteristiche dei personaggi femminili in un videogioco di successo"; tutte cose che, personalmente, giudico parecchio noiose. Insomma, più che un simulatore di appuntamenti sembra si voglia creare un "simulatore di sbadigli", e con risultati, spesso, davvero eccellenti.
Ma allora perché salvo questo anime invece di bocciarlo senza possibilità di appello? Come detto in apertura, il grosso pregio di questo anime è quello di aver creato un cast di personaggi davvero azzeccatissimo. Tra tutti la mia preferita è Utaha, un personaggio davvero sprecato in un titolo del genere. Acuta, sarcastica, fredda, ma solo in apparenza, le sue punzecchiature agli altri membri del gruppo (Eriri in particolare) sono qualcosa di leggendario. Anche per gli altri vale, chi più chi meno, lo stesso discorso. Insomma, questo "Saenai Heroine no Sodatekata" è come una brutta opera teatrale recitata da attori di primissimo livello; la loro bravura è stata in grado di ribaltare un destino che altrimenti sarebbe stato segnato.
In definitiva, "Saenai Heroine no Sodatekata" è un anime abbastanza divertente, che dà il meglio di sé quando si distacca dai temi del "mondo otaku" e si avvicina a quelli classici dell'amore, della gelosia, della comicità demenziale. La mia valutazione è buona, ma, come ho già detto altrove, il suo problema principale è che è un anime che per la sua assenza di contenuti di un certo interesse si dimentica con troppa facilità; mi piacerebbe guardare la seconda stagione (se mai ci sarà), ma quando uscirà temo che avrò completamente rimosso la prima. E non so se avrò voglia di fare un ripasso.
In un giorno qualsiasi, mentre passeggia per strada, Tomoya raccoglie un cappello volato via a seguito di un colpo di vento; quando alza gli occhi per vedere a chi appartenga, scorge una bellissima ragazza e ne rimane folgorato... no, non sto raccontando la trama di "Orange Road", non sono stato colto da arteriosclerosi precoce. Il fatto è che Tomoya è un otaku e la sua è una folgorazione artistica: interpreta l'evento come un segno del destino e decide di creare un proprio videogioco, un simulatore di appuntamenti per la precisione. Così riunisce in un circolo alcuni membri, e cioè: Utaha, una famosa scrittrice di cui Tomoya è un grande sostenitore; Eriri, una sua vecchia amica d'infanzia autrice di diversi lavori hentai; e Megumi, la sua musa ispiratrice dotata dell'espressività di uno scaldabagno. Più in là si unirà al circolo anche una sua cugina, Michiru, una musicista di talento. Tutti insieme si impegneranno nella creazione di un videogioco che, a detta del suo ideatore, dovrà essere il "simulatore di appuntamenti definitivo".
Come si può evincere dalla lettura della trama, la sceneggiatura di questo anime non è davvero niente di eccezionale: sono presenti i soliti discorsi su "cosa è un vero otaku", oppure "quali devono essere le caratteristiche dei personaggi femminili in un videogioco di successo"; tutte cose che, personalmente, giudico parecchio noiose. Insomma, più che un simulatore di appuntamenti sembra si voglia creare un "simulatore di sbadigli", e con risultati, spesso, davvero eccellenti.
Ma allora perché salvo questo anime invece di bocciarlo senza possibilità di appello? Come detto in apertura, il grosso pregio di questo anime è quello di aver creato un cast di personaggi davvero azzeccatissimo. Tra tutti la mia preferita è Utaha, un personaggio davvero sprecato in un titolo del genere. Acuta, sarcastica, fredda, ma solo in apparenza, le sue punzecchiature agli altri membri del gruppo (Eriri in particolare) sono qualcosa di leggendario. Anche per gli altri vale, chi più chi meno, lo stesso discorso. Insomma, questo "Saenai Heroine no Sodatekata" è come una brutta opera teatrale recitata da attori di primissimo livello; la loro bravura è stata in grado di ribaltare un destino che altrimenti sarebbe stato segnato.
In definitiva, "Saenai Heroine no Sodatekata" è un anime abbastanza divertente, che dà il meglio di sé quando si distacca dai temi del "mondo otaku" e si avvicina a quelli classici dell'amore, della gelosia, della comicità demenziale. La mia valutazione è buona, ma, come ho già detto altrove, il suo problema principale è che è un anime che per la sua assenza di contenuti di un certo interesse si dimentica con troppa facilità; mi piacerebbe guardare la seconda stagione (se mai ci sarà), ma quando uscirà temo che avrò completamente rimosso la prima. E non so se avrò voglia di fare un ripasso.
Quest'anime è un opera dedicata a tutti quelli che non credono più nel valore degli "harem" o nell'utilità degli stereotipi. Questa serie è un'ottima opportunità per rivalutare un genere che stava lentamente sprofondando nell'oblio della ripetitività. Perché "Saenai Heroine no Sodatekata", o più semplicemente "Saekano", è un anime veramente interessante, che riesce a colpire e coinvolgere proprio per la sua freschezza e semplicità.
Dodici puntate di vero divertimento e passione, un genere classico, che unisce il gusto per la commedia scolastica al fattore sentimentale/harem, senza dimenticare poi il fattore ecchi. Insomma, apparentemente può essere classificato come la classica commedia, semplice e leggera, che si vede con piacere, ma non riesce a colpire fino in fondo. Ed ecco dunque la sorpresa, nel constatare come "Saekano", in realtà, è ben più che una semplice opera harem... è "speciale".
Il tutto inizia nel più stereotipato dei modi, con un ragazzo normale, Tomoya Aki, senza particolari abilità se non quelle di essere un otaku sfegatato. Eppure, nonostante questa sua mediocre esistenza, conosce le due stelle della scuola: la bionda e simpatica Eriri (sua amica d'infanzia, nonché segretamente mangaka di serie erotiche per adulti) e Utaha, una vera bellezza orientale, dai lunghi capelli scuri e dalle movenze sensuali (anche lei nasconde il fatto di essere una scrittrice famosa di light novel).
Insomma, una storia incominciata a metà, che sembra celare alcuni piccoli e importanti avvenimenti accaduti l'anno precedente e che, per fortuna, verranno rivelati a lungo andare. Tuttavia, ad essere onesti, non è questo il vero prologo. Perché l'anime incomincia in un modo ancora più classico e scontato... un cappello che rotola per strada, Tomoya che lo raccoglie e, alzando lo sguardo, incontra in cima alla salita una bellissima fanciulla dai capelli castani, sospinti dal vento primaverile e dai petali di ciliegio. Wow, direte voi. Potreste citare un'altra infinità di anime e manga che iniziano con questa esatta scena. Eppure, ciò che rende speciale "Saekano" è il fatto che Tomoya, da buon otaku, lo sa bene dell'effettivo stereotipo in azione e, a tutti gli effetti, gli interessa più del momento in sé (che lo spingerà a creare un videogioco) che della ragazza in questione (di cui non si ricorderà nemmeno il volto).
Ebbene, così incomincia la storia, ma come andrà a finire? Riusciranno i nostri giovani eroi a realizzare il tanto desiderato videogioco? E Tomoya sarà in grado di gestire la tormenta sentimentale che ben presto l'assalirà?
La prima cosa che mi ha colpito è proprio questa consapevolezza di trovarsi di fronte ai più classici dei cliché, anzi, l'abilità nel riproporli in modo fresco e originale. Ed ecco la tsundere dai biondi codini, amica d'infanzia e segretamente innamorata di Tomoya, ed ecco la senpai sensuale e provocante, ed ecco la giovane protagonista, comparsa tra i petali di ciliegio. Senza dimenticare la giovane studentessa delle medie e, ovviamente, la cugina energica e aperta. Insomma, tutti gli elementi ci sono, ma questi non sembrano affatto monotoni o ripetitivi, proprio perché vengono aggiunti piccoli dettagli, accortezze, che li ripropongono in modo nuovo e originale.
L'esempio maggiormente lampante è Megumi Katou, la protagonista (del videogioco); dovrebbe essere, almeno in teoria, la ragazza che irrompe nell'animo di Tomoya e lo porta via dalle altre spasimanti. Tuttavia ciò non succede, per il semplice fatto che Megumi è assolutamente apatica. Non come le classiche protagoniste prive di sentimenti, quello sarebbe normale. In questo caso Megumi appare proprio disinteressata a tutto ciò che la circonda, o così sembra all'inizio.
Successivamente, come non citare la bella e affascinante Utaha che, nonostante i suoi continui battibecchi con Eriri, mostra una maturità veramente intrigante. Lei e Tomoya sembrano nascondere un avvenimento in comune, qualcosa successo l'anno prima e che li ha momentaneamente allontanati. "Rifiutata"? Ecco cosa sussurra Utaha a un certo punto. Ma cosa intende realmente?
I personaggi sono veri, non semplici disegni bidimensionali. Giocano con i propri sentimenti e imparano a conoscerli e ad accettarli. Ma, soprattutto, questi cambiano nel corso della serie, mutano, diventano più maturi e consapevoli. Tomoya è al centro dell'attenzione, ma, sorprendentemente, non sono riuscito a provare quella classica avversità per la solita "protagonista" di turno; forse perché non c'è. Chiunque il ragazzo sceglierà, andrà bene... e questo è senza dubbio positivo, almeno per il sottoscritto (ovviamente tifo per Utaha, e in seconda posizione Megumi).
La grafica è molto bella e anche abbastanza inusuale. I colori limpidi e chiari risplendono nel corso dell'anime, ma allo stesso tempo riescono a commuovere con effetti degni di nota. Per quanto riguarda i disegni dei personaggi, come già detto, riprendono in parte i canoni classici di tutta l'animazione giapponese, senza però cadere nello scontato. Sono personaggi che brillano, in tutti i sensi.
Le musiche sono magnifiche, sia l'opening che l'ending, passando ovviamente per un'OST gradevolissima e molto allegra. Il doppiaggio è più che buono e privo di alcuna sbavatura di rilievo.
Quello che più mi ha stupito, però, è la regia: davvero interessante e in grado di mantenere lo spettatore con il fiato sospeso dal primo all'ultimo episodio. La storia non scorre tranquilla, ma si agita come un mare in tempesta, intervallato da flashback, ricordi e salti nel tempo. Questo, che non appare per nulla caotico, porta il pubblico a non distogliere mai l'attenzione.
Per concludere, altrimenti mi dilungo troppo, non mi rimane che consigliare a tutti questa serie, veramente bella ed entusiasmante, e non solo per gli amanti del genere. Il finale è aperto, ma considerando che la light novel sta andando avanti e che gli incassi della prima stagione dell'anime non sono stati affatto brutti, si potrebbe anche sperare in una seconda serie.
Per ora gustiamoci queste dodici puntate e assaporiamo di nuovo il gusto verso una storia bella, che riesce a commuovere, appassionare sentimentalmente e, ovviamente, a piacere.
Voto finale: 9
Dodici puntate di vero divertimento e passione, un genere classico, che unisce il gusto per la commedia scolastica al fattore sentimentale/harem, senza dimenticare poi il fattore ecchi. Insomma, apparentemente può essere classificato come la classica commedia, semplice e leggera, che si vede con piacere, ma non riesce a colpire fino in fondo. Ed ecco dunque la sorpresa, nel constatare come "Saekano", in realtà, è ben più che una semplice opera harem... è "speciale".
Il tutto inizia nel più stereotipato dei modi, con un ragazzo normale, Tomoya Aki, senza particolari abilità se non quelle di essere un otaku sfegatato. Eppure, nonostante questa sua mediocre esistenza, conosce le due stelle della scuola: la bionda e simpatica Eriri (sua amica d'infanzia, nonché segretamente mangaka di serie erotiche per adulti) e Utaha, una vera bellezza orientale, dai lunghi capelli scuri e dalle movenze sensuali (anche lei nasconde il fatto di essere una scrittrice famosa di light novel).
Insomma, una storia incominciata a metà, che sembra celare alcuni piccoli e importanti avvenimenti accaduti l'anno precedente e che, per fortuna, verranno rivelati a lungo andare. Tuttavia, ad essere onesti, non è questo il vero prologo. Perché l'anime incomincia in un modo ancora più classico e scontato... un cappello che rotola per strada, Tomoya che lo raccoglie e, alzando lo sguardo, incontra in cima alla salita una bellissima fanciulla dai capelli castani, sospinti dal vento primaverile e dai petali di ciliegio. Wow, direte voi. Potreste citare un'altra infinità di anime e manga che iniziano con questa esatta scena. Eppure, ciò che rende speciale "Saekano" è il fatto che Tomoya, da buon otaku, lo sa bene dell'effettivo stereotipo in azione e, a tutti gli effetti, gli interessa più del momento in sé (che lo spingerà a creare un videogioco) che della ragazza in questione (di cui non si ricorderà nemmeno il volto).
Ebbene, così incomincia la storia, ma come andrà a finire? Riusciranno i nostri giovani eroi a realizzare il tanto desiderato videogioco? E Tomoya sarà in grado di gestire la tormenta sentimentale che ben presto l'assalirà?
La prima cosa che mi ha colpito è proprio questa consapevolezza di trovarsi di fronte ai più classici dei cliché, anzi, l'abilità nel riproporli in modo fresco e originale. Ed ecco la tsundere dai biondi codini, amica d'infanzia e segretamente innamorata di Tomoya, ed ecco la senpai sensuale e provocante, ed ecco la giovane protagonista, comparsa tra i petali di ciliegio. Senza dimenticare la giovane studentessa delle medie e, ovviamente, la cugina energica e aperta. Insomma, tutti gli elementi ci sono, ma questi non sembrano affatto monotoni o ripetitivi, proprio perché vengono aggiunti piccoli dettagli, accortezze, che li ripropongono in modo nuovo e originale.
L'esempio maggiormente lampante è Megumi Katou, la protagonista (del videogioco); dovrebbe essere, almeno in teoria, la ragazza che irrompe nell'animo di Tomoya e lo porta via dalle altre spasimanti. Tuttavia ciò non succede, per il semplice fatto che Megumi è assolutamente apatica. Non come le classiche protagoniste prive di sentimenti, quello sarebbe normale. In questo caso Megumi appare proprio disinteressata a tutto ciò che la circonda, o così sembra all'inizio.
Successivamente, come non citare la bella e affascinante Utaha che, nonostante i suoi continui battibecchi con Eriri, mostra una maturità veramente intrigante. Lei e Tomoya sembrano nascondere un avvenimento in comune, qualcosa successo l'anno prima e che li ha momentaneamente allontanati. "Rifiutata"? Ecco cosa sussurra Utaha a un certo punto. Ma cosa intende realmente?
I personaggi sono veri, non semplici disegni bidimensionali. Giocano con i propri sentimenti e imparano a conoscerli e ad accettarli. Ma, soprattutto, questi cambiano nel corso della serie, mutano, diventano più maturi e consapevoli. Tomoya è al centro dell'attenzione, ma, sorprendentemente, non sono riuscito a provare quella classica avversità per la solita "protagonista" di turno; forse perché non c'è. Chiunque il ragazzo sceglierà, andrà bene... e questo è senza dubbio positivo, almeno per il sottoscritto (ovviamente tifo per Utaha, e in seconda posizione Megumi).
La grafica è molto bella e anche abbastanza inusuale. I colori limpidi e chiari risplendono nel corso dell'anime, ma allo stesso tempo riescono a commuovere con effetti degni di nota. Per quanto riguarda i disegni dei personaggi, come già detto, riprendono in parte i canoni classici di tutta l'animazione giapponese, senza però cadere nello scontato. Sono personaggi che brillano, in tutti i sensi.
Le musiche sono magnifiche, sia l'opening che l'ending, passando ovviamente per un'OST gradevolissima e molto allegra. Il doppiaggio è più che buono e privo di alcuna sbavatura di rilievo.
Quello che più mi ha stupito, però, è la regia: davvero interessante e in grado di mantenere lo spettatore con il fiato sospeso dal primo all'ultimo episodio. La storia non scorre tranquilla, ma si agita come un mare in tempesta, intervallato da flashback, ricordi e salti nel tempo. Questo, che non appare per nulla caotico, porta il pubblico a non distogliere mai l'attenzione.
Per concludere, altrimenti mi dilungo troppo, non mi rimane che consigliare a tutti questa serie, veramente bella ed entusiasmante, e non solo per gli amanti del genere. Il finale è aperto, ma considerando che la light novel sta andando avanti e che gli incassi della prima stagione dell'anime non sono stati affatto brutti, si potrebbe anche sperare in una seconda serie.
Per ora gustiamoci queste dodici puntate e assaporiamo di nuovo il gusto verso una storia bella, che riesce a commuovere, appassionare sentimentalmente e, ovviamente, a piacere.
Voto finale: 9
E' una commedia piacevole, frizzante e leggera questo "Saenai Heroine no Sodatekata", che si prefigge il target di divertire, intrattenere, far ridere, ma anche riflettere, in alcuni passaggi, il tutto raggiunto in modo sempre molto soft, senza mai andare a toccare toni drammatici o comunque estremi o pesanti.
Il rischio di produzioni di questo tipo è solitamente quello di "avvoltolarsi" su loro stesse. Essendo serie che non hanno una trama particolarmente ricca o elaborata, il rischio di finire per raccontare e mettere in scena il nulla è sempre dietro l'angolo, ma in questo caso, grazie a un sapiente uso di equilibratissimi e brillantissimi personaggi, e ai dialoghi imbastiti tra questi ultimi, sempre incalzanti, e dotati spesso e volentieri di ritmi sfrenati e battute intelligenti e simpatiche, il rischio è stato elegantemente sventato.
Dicevamo dei personaggi. Pur assistendo a protagonisti non originalissimi, innestati in un contesto molto banale, come quello dell'harem scolastico, l'equilibrio fra i talentuosi membri della Blessing software è sempre perfetto, dando luogo, come detto, a gag e dialoghi di ottimo spessore, nonostante la trama ci metta ben poco del suo.
Una costante dei dodici episodi sarà anche il continuo e voluto omaggio al mondo di anime, manga e videogiochi ad essi collegati, con continue strizzate d'occhio a queste forme di entertainment da parte di Tomoya o delle sue amiche.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, seppur non si possa mai gridare al miracolo, l'attenzione e la cura per i dettagli è sempre presente, e non si rilevano mai cali qualitativi di particolare entità.
Per quanto riguarda il settore grafico, il chara design non spicca più di tanto rispetto ad altre produzioni, ma fa comunque il suo lavoro con caratterizzazioni piuttosto carine, soprattutto per le protagoniste femminili, sempre mostrateci in pose abbastanza generose (non si supera mai comunque il limite del fanservice volgare o fastidioso). Da sottolineare, invece, l'effetto grafico particolare, che, in alcuni momenti dei dialoghi e con scelte di tempo perfettamente gestite dalla regia, ci viene regalato dall'anime, con colori più innaturali, improvvisamente presenti a schermo, come a voler sottolineare l'importanza di quel particolare momento di quella discussione.
Decisamente validissimo il comparto sonoro, dove spicca senz'ombra di dubbio l'ottimo lavoro di doppiaggio. Siamo abituati ai doppiaggi da sogno degli anime, roba da cultori dell'arte della voce, ma in questo anime, dove in effetti i dialoghi hanno un peso specifico altissimo, la qualità dei seiyuu è sicuramente più alta che in altre produzioni.
Appropriate le sigle, carine e scanzonate, così come gli accordi che accompagnano gli episodi, sempre frizzanti e scanzonati, così come richiesto da un anime di questo tipo.
In conclusione, ci troviamo di fronte a un vero atto d'amore degli autori nei confronti di anime, manga e videogiochi, cosa che appare più che evidente nei dodici episodi di questa serie. Da sottolineare, a riguardo, il messaggio lanciato nell'ultimo episodio, in cui l'unico membro non particolarmente interessato a manga e anime non potrà fare a meno di rendersi conto che sono temi così radicati nella cultura popolare, ormai, da doverci fare obbligatoriamente i conti. E una serie del genere non può non suscitare l'apprezzamento di chi ama il mondo dell'animazione nipponica. Siamo di fronte a una serie che fa dell'amore per anime e manga il suo manifesto, messaggio lanciato da personaggi riusciti e dialoghi efficaci... cosa possiamo chiedere di più?
Il rischio di produzioni di questo tipo è solitamente quello di "avvoltolarsi" su loro stesse. Essendo serie che non hanno una trama particolarmente ricca o elaborata, il rischio di finire per raccontare e mettere in scena il nulla è sempre dietro l'angolo, ma in questo caso, grazie a un sapiente uso di equilibratissimi e brillantissimi personaggi, e ai dialoghi imbastiti tra questi ultimi, sempre incalzanti, e dotati spesso e volentieri di ritmi sfrenati e battute intelligenti e simpatiche, il rischio è stato elegantemente sventato.
Dicevamo dei personaggi. Pur assistendo a protagonisti non originalissimi, innestati in un contesto molto banale, come quello dell'harem scolastico, l'equilibrio fra i talentuosi membri della Blessing software è sempre perfetto, dando luogo, come detto, a gag e dialoghi di ottimo spessore, nonostante la trama ci metta ben poco del suo.
Una costante dei dodici episodi sarà anche il continuo e voluto omaggio al mondo di anime, manga e videogiochi ad essi collegati, con continue strizzate d'occhio a queste forme di entertainment da parte di Tomoya o delle sue amiche.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, seppur non si possa mai gridare al miracolo, l'attenzione e la cura per i dettagli è sempre presente, e non si rilevano mai cali qualitativi di particolare entità.
Per quanto riguarda il settore grafico, il chara design non spicca più di tanto rispetto ad altre produzioni, ma fa comunque il suo lavoro con caratterizzazioni piuttosto carine, soprattutto per le protagoniste femminili, sempre mostrateci in pose abbastanza generose (non si supera mai comunque il limite del fanservice volgare o fastidioso). Da sottolineare, invece, l'effetto grafico particolare, che, in alcuni momenti dei dialoghi e con scelte di tempo perfettamente gestite dalla regia, ci viene regalato dall'anime, con colori più innaturali, improvvisamente presenti a schermo, come a voler sottolineare l'importanza di quel particolare momento di quella discussione.
Decisamente validissimo il comparto sonoro, dove spicca senz'ombra di dubbio l'ottimo lavoro di doppiaggio. Siamo abituati ai doppiaggi da sogno degli anime, roba da cultori dell'arte della voce, ma in questo anime, dove in effetti i dialoghi hanno un peso specifico altissimo, la qualità dei seiyuu è sicuramente più alta che in altre produzioni.
Appropriate le sigle, carine e scanzonate, così come gli accordi che accompagnano gli episodi, sempre frizzanti e scanzonati, così come richiesto da un anime di questo tipo.
In conclusione, ci troviamo di fronte a un vero atto d'amore degli autori nei confronti di anime, manga e videogiochi, cosa che appare più che evidente nei dodici episodi di questa serie. Da sottolineare, a riguardo, il messaggio lanciato nell'ultimo episodio, in cui l'unico membro non particolarmente interessato a manga e anime non potrà fare a meno di rendersi conto che sono temi così radicati nella cultura popolare, ormai, da doverci fare obbligatoriamente i conti. E una serie del genere non può non suscitare l'apprezzamento di chi ama il mondo dell'animazione nipponica. Siamo di fronte a una serie che fa dell'amore per anime e manga il suo manifesto, messaggio lanciato da personaggi riusciti e dialoghi efficaci... cosa possiamo chiedere di più?
"Saenai Heroine no Sodatekata", o "Saekano", è un anime del 2015 composto da dodici episodi e prodotto dallo studio A-1 Pictures. L'opera è basata sull'omonima light novel di Fumiaki Maruto.
Trama
Aki Tomoya è un otaku. La sua stanza è stracolma di manga, poster e action figure delle più disparate serie. Mentre sta svolgendo uno dei tanti lavori part-time per raggranellare qualche spicciolo, incontra Megumi Kato. In quel momento il protagonista ha un'illuminazione: deve produrre il miglior galge di sempre, e l'eroina deve essere quella ragazza. A scuola, per uno strano scherzo del destino, incontra nuovamente Kato, che si scopre essere sua compagna di classe (?!), la quale ha la strana "abilità" di non venire notata dalla gente. Tomoya decide comunque di utilizzarla come eroina nella creazione del gioco, per la quale coinvolge un paio di amiche: Eriri Spencer Sawamura, una nota illustratrice di doujinshi erotici, e Utaha Kasumigaoka, scrittrice e sceneggiatrice di successo. Così hanno inizio le peripezie del gruppo Blessing Software. Un solo obiettivo: presentare il gioco al Comiket invernale.
Punti di forza
- L'autocritica e l'ironia sul genere: "Saekano" è un harem. "Saekano" è strapieno di cliché. Fin qui pare una critica da anime di bassa lega... però non è affatto così! Questa serie è costruita sui canoni più diffusi e usati del genere harem: l'amica d'infanzia, la tsundere, il protagonista tonto, le situazioni "casuali"... tutte cose viste e riviste. Solo che "Saekano" si pone un obiettivo e lo raggiunge alla grande: prendere in giro il proprio genere. Quest'opera sfrutta le debolezze tipiche di un harem e le tramuta in punti di forza: comportamenti esasperatamente banali, personaggi così stereotipati da essere ironici e incidenti di percorso sono il nettare e l'ambrosia di "Saekano".
- L'harem nell'harem: il gruppo Blessing Software è nato con l'intento di produrre un otome game, ovvero il classico galge d'incontri (per informazioni chiedere a Keima Katsuragi di "The World God Only Knows"). Nel prosieguo di quest'impresa lo spettatore si accorge però di un particolare: tra i membri del gruppo si svolgono le dinamiche di un harem! Tomoya, tonto e maldestro, non si accorge di essere conteso da più ragazze, proprio mentre sta sviluppando un gioco con le stesse situazioni che gli capitano nella vita reale! E' questo l'harem nell'harem, il teatro nel teatro di pirandelliana memoria. Tomoya e compagnia sono solamente personaggi in cerca d'autore.
- L'eroina: c'è un personaggio che risalta fortemente nel contesto dell'opera ed è proprio colei che è stata designata da Tomoya per essere l'eroina del gioco: Megumi. Si tratta di una ragazza così priva di personalità e di caratteri particolari da risultare unica. Si comporta in maniera del tutto insensata, fa ciò che le pare e dice ciò che le pare. Sembra essere l'unico personaggio normale in mezzo a una selva di otaku, eppure è proprio lei la diversa... Sa di non essere una ragazza che spicca, di non avere le peculiarità di un'eroina, ma questo la rende il personaggio di punta di "Saekano".
Punti di debolezza
- I personaggi secondari e le comparse: nel corso dell'opera appaiono svariate figure, sempre più o meno tipiche e inclini ai cliché, di cui però si sarebbe potuto con tranquillità fare a meno. Fra i tanti vi è una cugina abbastanza attaccata a Tomoya che compare a pochi episodi dalla fine senza un motivo particolare... Con meno personaggi e più caratterizzazione, magari non profonda, delle figure principali l'opera poteva risultare migliore.
- Il finale: mi fa veramente male doverlo ripetere costantemente, ma anche qui manca una degna conclusione. Molte domande rimangono in sospeso e il cerchio degli eventi non si chiude. Poi il Comiket invernale... dov'è?!
Voto: 9/10
"Saekano" è un'ottima serie rivolta a un pubblico piuttosto ampio, da chi ama gli harem a chi li odia, dal semplice avventore al veterano consumato, anche a chi cerca solo qualche risata. Supportata da un buon apparato tecnico e da dialoghi ben elaborati, l'opera risulta essere scorrevole, godibile, divertente e originale in un genere che molto raramente regala novità. Assolutamente consigliato.
Trama
Aki Tomoya è un otaku. La sua stanza è stracolma di manga, poster e action figure delle più disparate serie. Mentre sta svolgendo uno dei tanti lavori part-time per raggranellare qualche spicciolo, incontra Megumi Kato. In quel momento il protagonista ha un'illuminazione: deve produrre il miglior galge di sempre, e l'eroina deve essere quella ragazza. A scuola, per uno strano scherzo del destino, incontra nuovamente Kato, che si scopre essere sua compagna di classe (?!), la quale ha la strana "abilità" di non venire notata dalla gente. Tomoya decide comunque di utilizzarla come eroina nella creazione del gioco, per la quale coinvolge un paio di amiche: Eriri Spencer Sawamura, una nota illustratrice di doujinshi erotici, e Utaha Kasumigaoka, scrittrice e sceneggiatrice di successo. Così hanno inizio le peripezie del gruppo Blessing Software. Un solo obiettivo: presentare il gioco al Comiket invernale.
Punti di forza
- L'autocritica e l'ironia sul genere: "Saekano" è un harem. "Saekano" è strapieno di cliché. Fin qui pare una critica da anime di bassa lega... però non è affatto così! Questa serie è costruita sui canoni più diffusi e usati del genere harem: l'amica d'infanzia, la tsundere, il protagonista tonto, le situazioni "casuali"... tutte cose viste e riviste. Solo che "Saekano" si pone un obiettivo e lo raggiunge alla grande: prendere in giro il proprio genere. Quest'opera sfrutta le debolezze tipiche di un harem e le tramuta in punti di forza: comportamenti esasperatamente banali, personaggi così stereotipati da essere ironici e incidenti di percorso sono il nettare e l'ambrosia di "Saekano".
- L'harem nell'harem: il gruppo Blessing Software è nato con l'intento di produrre un otome game, ovvero il classico galge d'incontri (per informazioni chiedere a Keima Katsuragi di "The World God Only Knows"). Nel prosieguo di quest'impresa lo spettatore si accorge però di un particolare: tra i membri del gruppo si svolgono le dinamiche di un harem! Tomoya, tonto e maldestro, non si accorge di essere conteso da più ragazze, proprio mentre sta sviluppando un gioco con le stesse situazioni che gli capitano nella vita reale! E' questo l'harem nell'harem, il teatro nel teatro di pirandelliana memoria. Tomoya e compagnia sono solamente personaggi in cerca d'autore.
- L'eroina: c'è un personaggio che risalta fortemente nel contesto dell'opera ed è proprio colei che è stata designata da Tomoya per essere l'eroina del gioco: Megumi. Si tratta di una ragazza così priva di personalità e di caratteri particolari da risultare unica. Si comporta in maniera del tutto insensata, fa ciò che le pare e dice ciò che le pare. Sembra essere l'unico personaggio normale in mezzo a una selva di otaku, eppure è proprio lei la diversa... Sa di non essere una ragazza che spicca, di non avere le peculiarità di un'eroina, ma questo la rende il personaggio di punta di "Saekano".
Punti di debolezza
- I personaggi secondari e le comparse: nel corso dell'opera appaiono svariate figure, sempre più o meno tipiche e inclini ai cliché, di cui però si sarebbe potuto con tranquillità fare a meno. Fra i tanti vi è una cugina abbastanza attaccata a Tomoya che compare a pochi episodi dalla fine senza un motivo particolare... Con meno personaggi e più caratterizzazione, magari non profonda, delle figure principali l'opera poteva risultare migliore.
- Il finale: mi fa veramente male doverlo ripetere costantemente, ma anche qui manca una degna conclusione. Molte domande rimangono in sospeso e il cerchio degli eventi non si chiude. Poi il Comiket invernale... dov'è?!
Voto: 9/10
"Saekano" è un'ottima serie rivolta a un pubblico piuttosto ampio, da chi ama gli harem a chi li odia, dal semplice avventore al veterano consumato, anche a chi cerca solo qualche risata. Supportata da un buon apparato tecnico e da dialoghi ben elaborati, l'opera risulta essere scorrevole, godibile, divertente e originale in un genere che molto raramente regala novità. Assolutamente consigliato.
"Saenai Heroine no Sodatekata" è una serie della stagione invernale 2015 composta da dodici episodi (più uno introduttivo) di durata canonica, tratta dall'omonima light novel scritta da Fumiaki Maruto e illustrata da Kurehito Misaki.
La storia ruota attorno a uno dei più grandi otaku che si siano mai visti: Tomoya Aki. Un giorno come tanti altri Tomoya incontra casualmente Megumi, una ragazza della sua età che, come per magia, gli fornisce l'ispirazione necessaria per creare un videogame; sempre più ossessionato da questa idea il protagonista decide di formare un gruppo in grado di creare il galge più bello di tutti i tempi, con lo scopo di presentarlo al Comiket invernale.
La trama è molto semplice e procede in maniera lineare. L'idea di base non è il massimo dell'originalità ma si difende bene, riuscendo a proporre degli spunti interessanti sparsi qua e là.
"Saenai Heroine no Sodatekata" potrebbe apparire come un classicissimo harem, gli elementi base ci sono tutti (il protagonista otaku, le ragazze più belle tutte innamorate di lui, l'amica d'infanzia tsundere... ecc.), ma si differenzia dagli altri in quanto si pone come obbiettivo quello di prendere per i fondelli gli harem stessi. Sicuramente diverso rispetto al classico, anche se ormai anche questo "voler prendere in giro sé stessi" sa di già visto, guardando l'ultimo periodo mi viene subito in mente "Gekkan shōjo Nozaki-kun".
I personaggi che popolano il mondo di "Seanai" non sono molti e di conseguenza quei pochi che vengono presentati sono ben caratterizzati; fra tutti spiccano sicuramente Megumi, dal carattere veramente atipico e inespressivo, e Tomoya, che grazie al suo comportamento estremo e deciso riesce sempre a strappare una risata.
Per quanto riguarda il lato tecnico è stato svolto un buon lavoro. Graficamente un buon design dei personaggi e delle variegate e dettagliate ambientazioni. Comparto sonoro di alto livello, che oltre a delle belle sigle di apertura e chiusura, ci presenta una delle OST più dolci e melodiose degli ultimi tempi.
In conclusione non si può parlare di capolavoro, ma sicuramente di un prodotto in grado di difendersi e che merita di essere visionato. Una serie leggera, divertente e nelle ultime puntate sorprendentemente coinvolgente; il finale è ancora tutto da decidere, la possibilità di un sequel è sicuramente aperta. Consigliata la visione, per ora una delle serie migliori di questo inizio 2015.
La storia ruota attorno a uno dei più grandi otaku che si siano mai visti: Tomoya Aki. Un giorno come tanti altri Tomoya incontra casualmente Megumi, una ragazza della sua età che, come per magia, gli fornisce l'ispirazione necessaria per creare un videogame; sempre più ossessionato da questa idea il protagonista decide di formare un gruppo in grado di creare il galge più bello di tutti i tempi, con lo scopo di presentarlo al Comiket invernale.
La trama è molto semplice e procede in maniera lineare. L'idea di base non è il massimo dell'originalità ma si difende bene, riuscendo a proporre degli spunti interessanti sparsi qua e là.
"Saenai Heroine no Sodatekata" potrebbe apparire come un classicissimo harem, gli elementi base ci sono tutti (il protagonista otaku, le ragazze più belle tutte innamorate di lui, l'amica d'infanzia tsundere... ecc.), ma si differenzia dagli altri in quanto si pone come obbiettivo quello di prendere per i fondelli gli harem stessi. Sicuramente diverso rispetto al classico, anche se ormai anche questo "voler prendere in giro sé stessi" sa di già visto, guardando l'ultimo periodo mi viene subito in mente "Gekkan shōjo Nozaki-kun".
I personaggi che popolano il mondo di "Seanai" non sono molti e di conseguenza quei pochi che vengono presentati sono ben caratterizzati; fra tutti spiccano sicuramente Megumi, dal carattere veramente atipico e inespressivo, e Tomoya, che grazie al suo comportamento estremo e deciso riesce sempre a strappare una risata.
Per quanto riguarda il lato tecnico è stato svolto un buon lavoro. Graficamente un buon design dei personaggi e delle variegate e dettagliate ambientazioni. Comparto sonoro di alto livello, che oltre a delle belle sigle di apertura e chiusura, ci presenta una delle OST più dolci e melodiose degli ultimi tempi.
In conclusione non si può parlare di capolavoro, ma sicuramente di un prodotto in grado di difendersi e che merita di essere visionato. Una serie leggera, divertente e nelle ultime puntate sorprendentemente coinvolgente; il finale è ancora tutto da decidere, la possibilità di un sequel è sicuramente aperta. Consigliata la visione, per ora una delle serie migliori di questo inizio 2015.
"Saekano" è una commedia "sentimentale". Perché ho messo le virgolette? Perché è un titolo atipico che prende in giro (ma sfrutta anche) quelli che sono i canoni e i cliché di un classico "sentimentale".
"Saekano" non è assolutamente una visione impegnata, ma anzi è un'opera che permette di divertirsi sinceramente episodio dopo episodio; forse non è un titolo che ci farà sbellicare, ma io, dopo ogni episodio, sono sempre stato pieno di buon umore e allegria. E' il titolo perfetto per rompere la noiosa routine quotidiana e prendersi mezzora di break che possa aiutarci a prendere un respiro e rilassarsi.
Per questi motivi io lo posso tranquillamente definire il mio "anime preferito" della stagione invernale 2015.
Il protagonista, Tomoya Aki, è un otaku a tutti gli effetti. In particolare ama i gal games, cioè i cosiddetti "simulatori di appuntamenti". Il caso vuole che un giorno incontri una bella ragazza che, per modalità d'incontro e bell'aspetto, sarà per lui un momento fatidico. Colpito, decide di voler creare un gioco che abbia come eroina proprio quella ragazza, scoprendo incredibilmente che è una sua compagna di classe poco appariscente per il suo carattere "normale". Per realizzare questo gioco chiede aiuto a due sue amiche, la disegnatrice di doujinshi Eriri Sawamura e la scrittrice di novel Utaha Kusumigaoka.
L'incipit è simpatico, ma ciò che rende questo titolo speciale è il "cast" di personaggi e le situazioni che devono affrontare.
Kato è una ragazza "normale", nel senso che non ha un carattere forte o sorprendente che attiri l'attenzione su di sé, anzi reagisce in maniera fin troppo normale a quello che le succede intorno. Questo crea un meraviglioso contrasto con gli altri tre protagonisti, Aki, Eriri e Utaha, che invece sono personaggi macchietta, pieni dei cliché di un sentimentale, resi però evidenti dal titolo stesso.
Eriri, svampita ed energica con i classici codini biondi, Utaha, con lunghi capelli neri tenuti da un cerchietto, un caratterino pungente e un leggero sadismo da tsundere. Entrambe si contenderanno le attenzioni di Aki, che, da tipico protagonista di harem, sembrerà ignaro di tutto, anche se meno di quanto dia a vedere. Le gag che ci vengono presentate sono spesso una vera e propria presa in giro dei classici: Eriri che finge palesemente di essersi fatta male alla caviglia per essere portata sulle spalle, o Michiru, la cugina stereotipo che viene palesata da Utaha che la definisce "un personaggio banale". Tutte queste piccole genialità, unite a una sceneggiatura coinvolgente, battute simpatiche e una intensità di narrazione tutto tranne che banale, rendono questo titolo un piccolo capolavoro, secondo me.
Il comparto tecnico è di mio gusto, oggettivamente non so se sia eccelso, ma sia i disegni che i colori mi sono piaciuto tantissimo; le musiche magari erano un po' scialbe, ma per il resto è encomiabile.
Dall'ultima puntata non ho capito se ci sarà una seconda stagione, perché rimane in parte aperto e in parte no. Mi piacerebbe tanto vedere la continuazione del titolo, ma comunque lo consiglio a tutti: una visione leggere e ben fatta, ciò che serve a rilassarsi in soli venti minuti.
"Saekano" non è assolutamente una visione impegnata, ma anzi è un'opera che permette di divertirsi sinceramente episodio dopo episodio; forse non è un titolo che ci farà sbellicare, ma io, dopo ogni episodio, sono sempre stato pieno di buon umore e allegria. E' il titolo perfetto per rompere la noiosa routine quotidiana e prendersi mezzora di break che possa aiutarci a prendere un respiro e rilassarsi.
Per questi motivi io lo posso tranquillamente definire il mio "anime preferito" della stagione invernale 2015.
Il protagonista, Tomoya Aki, è un otaku a tutti gli effetti. In particolare ama i gal games, cioè i cosiddetti "simulatori di appuntamenti". Il caso vuole che un giorno incontri una bella ragazza che, per modalità d'incontro e bell'aspetto, sarà per lui un momento fatidico. Colpito, decide di voler creare un gioco che abbia come eroina proprio quella ragazza, scoprendo incredibilmente che è una sua compagna di classe poco appariscente per il suo carattere "normale". Per realizzare questo gioco chiede aiuto a due sue amiche, la disegnatrice di doujinshi Eriri Sawamura e la scrittrice di novel Utaha Kusumigaoka.
L'incipit è simpatico, ma ciò che rende questo titolo speciale è il "cast" di personaggi e le situazioni che devono affrontare.
Kato è una ragazza "normale", nel senso che non ha un carattere forte o sorprendente che attiri l'attenzione su di sé, anzi reagisce in maniera fin troppo normale a quello che le succede intorno. Questo crea un meraviglioso contrasto con gli altri tre protagonisti, Aki, Eriri e Utaha, che invece sono personaggi macchietta, pieni dei cliché di un sentimentale, resi però evidenti dal titolo stesso.
Eriri, svampita ed energica con i classici codini biondi, Utaha, con lunghi capelli neri tenuti da un cerchietto, un caratterino pungente e un leggero sadismo da tsundere. Entrambe si contenderanno le attenzioni di Aki, che, da tipico protagonista di harem, sembrerà ignaro di tutto, anche se meno di quanto dia a vedere. Le gag che ci vengono presentate sono spesso una vera e propria presa in giro dei classici: Eriri che finge palesemente di essersi fatta male alla caviglia per essere portata sulle spalle, o Michiru, la cugina stereotipo che viene palesata da Utaha che la definisce "un personaggio banale". Tutte queste piccole genialità, unite a una sceneggiatura coinvolgente, battute simpatiche e una intensità di narrazione tutto tranne che banale, rendono questo titolo un piccolo capolavoro, secondo me.
Il comparto tecnico è di mio gusto, oggettivamente non so se sia eccelso, ma sia i disegni che i colori mi sono piaciuto tantissimo; le musiche magari erano un po' scialbe, ma per il resto è encomiabile.
Dall'ultima puntata non ho capito se ci sarà una seconda stagione, perché rimane in parte aperto e in parte no. Mi piacerebbe tanto vedere la continuazione del titolo, ma comunque lo consiglio a tutti: una visione leggere e ben fatta, ciò che serve a rilassarsi in soli venti minuti.