Saenai Heroine no Sodatekata ♭
Lo ammetto: ho iniziato l‘anime dalla seconda serie senza aver guardato la prima del 2015. Sto rimediando, ma da quello che ho potuto intendere dalle varie recensioni e dalla visione dei primi episodi della prima serie, ho avuto l’impressione che si possa tranquillamente recensire indipendentemente le serie e il successivo film.
Qualcuno mi potrà obiettare che sono un masochista...
Breve intro: “Saenai Heroine no Sodatekata” o “Saekano, How to Raise a Boring Girlfriend” (anche se in giapponese sarebbe letteralmente "Come addestrare un'eroina noiosa") è un prodotto piuttosto articolato composto da: una serie di light novel scritta da Fumiaki Maruto pubblicata tra luglio 2012 e ottobre 2017; dalla light novel quattro adattamenti manga (di cui uno denominato “Girls Side”) e un adattamento anime in due serie (2015 - 2017) e un film (2019), più un videogioco per PlayStation (2015).
Vista la ponderosa produzione, di primo acchito “Saekano” sembrerebbe un prodotto di grande successo della seconda metà degli anni ‘10 del XXI secolo in Giappone...
La trama di questa serie mi è sembrata al momento piuttosto standard e ancorata ai soliti cliché del genere harem scolastico sentimentale slice of life, con una buona dose di ecchi tipica del genere, con qualche particolarità...
Sebbene l’anime (al pari di quello della prima serie) inizi con un episodio “0” che sembra un flashforward in un ipotetico futuro in cui i personaggi principali si ritrovano in una piscina (nella prima serie alle immancabili terme) e discettano in senso ironicamente “critico” degli anime/manga del genere harem, le inquadrature e le scene dell’episodio sono volutamente ecchi e maliziose proprio per evidenziare in modo stridente il contrasto tra quanto affermano i personaggi (soprattutto quelli femminili) e quanto compiono in concreto nella piscina nei confronti dell’unico protagonista maschile, che si ritrova secondo i migliori copioni del genere harem ad essere oggetto di scherno e di mira delle attenzioni delle ragazze.
Questo incipit (e qualche breve passaggio negli episodi successivi) potrebbe fare pensare che l’anime sia una sorta di “parodia” anche intelligente del genere... purtroppo a mio avviso non lo è, sebbene in questa serie i dialoghi e le situazioni non sono completamente demenziali e comici al limite dell’insulso come altri anime/manga del genere degli anni precedenti.
La storia è piuttosto semplice: Tomoya Aki, un otaku che ha una passione sviscerata per manga, anime e ovviamente videogiochi, ne vuole creare uno, che chiamerà Cherry Blessing, chiedendo rispettivamente a Eriri Spencer Sawamura, un famoso membro del club d'arte, e a Utaha Kasumigaoka, una giovane scrittrice emergente, di diventare l'illustratrice e la sceneggiatrice del suo ambizioso progetto.
Come musa ispiratrice e modella dell’eroina del suo gioco include nel suo team anche Megumi Kato, incontrata per caso per strada (come una folgorazione...) salvo poi rincontrarla a scuola per accorgersi (da buon otaku...) che si trattava di una sua compagna di classe.
Una volta creato il gruppo Blessing Software, i quatto membri del team fissano come data di scadenza per la pubblicazione del gioco quella dell’evento fieristico Comiket nella sessione invernale.
In questa seconda serie, che con buona certezza ritengo essere la continuazione logico-temporale della prima, si scopre come alcuni personaggi si sono conosciuti e continua tra alterne vicende a documentare come i protagonisti arrivano a partecipare all’evento fieristico, fino ad una sorta di plot twist finale in cui la squadra si sfalda a causa dell’intervento dell’immancabile cattivone (cattivona) di turno che circuisce i due membri talentuosi del team (Eriri e Utaha), ingolosendole con il coinvolgimento nella redazione di un progetto di successo a livello nazionale.
Senza creare eccessivi spoiler della serie, “Saekano” in questa seconda serie credo che sia figlio dell’evoluzione degli anime harem tipica del periodo della seconda metà degli anni ‘10 del 2000.
Sono ancora presenti i personaggi e le situazioni tipici del genere: unico protagonista maschile ‘sfigato’, isolato nel suo mondo, con pochi amici, pochi interessi, stupido e incapace di relazionarsi con gli altri e soprattutto con il genere femminile, fissato nelle sue passioni, ma anche onesto, corretto, gentile e altruista; protagoniste femminili molto avvenenti, popolari e di successo in tutto ciò che fanno, che a vario titolo sono innamorate o interessate al protagonista e intraprendono una battaglia più o meno esplicita per accaparrarsi le attenzioni del fortunato.
La storia della creazione del videogioco sembra solo il pretesto per lo sviluppo della trama, e in questo assomiglia mutatis mutandis a un altro anime che ho visto tempo fa, “Remake Our Life”, in cui il protagonista dirige e coordina un gruppo di artisti in erba per la creazione di un videogioco simile a quello di “Saekano”.
In questa storia, come in quella di “Remake Our Life”, mi sembrano apparire degli elementi di parziale novità rispetto alla normalità del genere harem: il personaggio maschile non è poi così stupido come lo si voglia farlo sembrare. In certi frangenti sembra essere consapevole dei sentimenti che le ragazze provano per lui, ma per timidezza o per carattere tende sempre a svicolare, secondo lo standard solito... ma almeno non si comporta in modo assolutamente idiota come i personaggi di altri harem (mi riferisco al Jumpei del manga “100% Ichigo”, tanto per citarne uno). In generale poi manifesta qualche barlume di maturità nella gestione del team (ragazze), quando interagisce singolarmente sia con Utaha sia con Eriri sia con Kato. Purtroppo questi momenti di riflessione ed evoluzione interiore restano troppo ridotti, per lasciare spazio piuttosto a quelli comici e sciocchi... Pertanto Aki rimane “intrappolato” nel suo personaggio senza dare evidenti molti segni di evoluzione e crescita significativi.
La scena del perdono da parte sua nei confronti di Eriri e Utaha può essere vista sia come segno di maturità e debolezza, al pari di quella in cui consola Eriri per aver bucato la scadenza della consegna delle immagini del videogioco...
Altrettanto significativo il dialogo con Kato nel momento in cui cerca di convincerla a continuare la collaborazione nel team: Kato Megumi, tra i personaggi femminili, resta quella con le reazioni meno “artefatte” o più vere. Il suo modo apparentemente sbadato e senza emozioni di approcciare agli altri è tanto esilarante quanto capace di evidenziare una capacità di colpire i difetti dei comportamenti e delle parole sia di Aki sia di Utaha sia di Eriri.
Il percorso con cui Aki riesce con molta fatica a capire il motivo per cui Kato era arrabbiata con lui è una delle parti dell’anime che lo rendono meno coincidente con il genere e, sebbene resti sempre l’equivoco dei sentimenti reciproci inespressi, dà un minimo di profondità ai personaggi che altrimenti restano intrappolati nella monodimensionalità della trama.
Tra le altre protagoniste, tralasciando Eriri (troppo infantile, tsundere e loli) e Michiru (appare troppo poco in questa serie), l’altra ragazza che merita una menzione è Utaha, se non altro per il suo approccio un po’ sopra le righe sempre molto deciso e determinato (tanto da farla apparire quasi snob e altezzosa), tranchant e sempre volto a mettere a disagio Aki. Il suo continuo rivolgersi a lui chiamandolo spesso “Signor Etico” o in modo ironico equivalente la rendono intrigante per la sua capacità di capire a suo modo l’interlocutore, metterlo in imbarazzo e fargli dire quello che vuole, anche se in molti frangenti dimostra di essere anche infantile in alcune reazioni, soprattutto nella gelosia nei confronti di Aki e nella acerrima rivalità con Eriri.
La parte tecnica, pur non eccellendo nei dettagli, è sempre soddisfacente al pari della parte musicale, non tanto dell’opening e dell’ending ma proprio delle musiche (anche se ripetitive) di sottofondo all’anime.
Prodotto tutto sommato godibile, sempre che non ci si approcci con troppe pretese.
Qualcuno mi potrà obiettare che sono un masochista...
Breve intro: “Saenai Heroine no Sodatekata” o “Saekano, How to Raise a Boring Girlfriend” (anche se in giapponese sarebbe letteralmente "Come addestrare un'eroina noiosa") è un prodotto piuttosto articolato composto da: una serie di light novel scritta da Fumiaki Maruto pubblicata tra luglio 2012 e ottobre 2017; dalla light novel quattro adattamenti manga (di cui uno denominato “Girls Side”) e un adattamento anime in due serie (2015 - 2017) e un film (2019), più un videogioco per PlayStation (2015).
Vista la ponderosa produzione, di primo acchito “Saekano” sembrerebbe un prodotto di grande successo della seconda metà degli anni ‘10 del XXI secolo in Giappone...
La trama di questa serie mi è sembrata al momento piuttosto standard e ancorata ai soliti cliché del genere harem scolastico sentimentale slice of life, con una buona dose di ecchi tipica del genere, con qualche particolarità...
Sebbene l’anime (al pari di quello della prima serie) inizi con un episodio “0” che sembra un flashforward in un ipotetico futuro in cui i personaggi principali si ritrovano in una piscina (nella prima serie alle immancabili terme) e discettano in senso ironicamente “critico” degli anime/manga del genere harem, le inquadrature e le scene dell’episodio sono volutamente ecchi e maliziose proprio per evidenziare in modo stridente il contrasto tra quanto affermano i personaggi (soprattutto quelli femminili) e quanto compiono in concreto nella piscina nei confronti dell’unico protagonista maschile, che si ritrova secondo i migliori copioni del genere harem ad essere oggetto di scherno e di mira delle attenzioni delle ragazze.
Questo incipit (e qualche breve passaggio negli episodi successivi) potrebbe fare pensare che l’anime sia una sorta di “parodia” anche intelligente del genere... purtroppo a mio avviso non lo è, sebbene in questa serie i dialoghi e le situazioni non sono completamente demenziali e comici al limite dell’insulso come altri anime/manga del genere degli anni precedenti.
La storia è piuttosto semplice: Tomoya Aki, un otaku che ha una passione sviscerata per manga, anime e ovviamente videogiochi, ne vuole creare uno, che chiamerà Cherry Blessing, chiedendo rispettivamente a Eriri Spencer Sawamura, un famoso membro del club d'arte, e a Utaha Kasumigaoka, una giovane scrittrice emergente, di diventare l'illustratrice e la sceneggiatrice del suo ambizioso progetto.
Come musa ispiratrice e modella dell’eroina del suo gioco include nel suo team anche Megumi Kato, incontrata per caso per strada (come una folgorazione...) salvo poi rincontrarla a scuola per accorgersi (da buon otaku...) che si trattava di una sua compagna di classe.
Una volta creato il gruppo Blessing Software, i quatto membri del team fissano come data di scadenza per la pubblicazione del gioco quella dell’evento fieristico Comiket nella sessione invernale.
In questa seconda serie, che con buona certezza ritengo essere la continuazione logico-temporale della prima, si scopre come alcuni personaggi si sono conosciuti e continua tra alterne vicende a documentare come i protagonisti arrivano a partecipare all’evento fieristico, fino ad una sorta di plot twist finale in cui la squadra si sfalda a causa dell’intervento dell’immancabile cattivone (cattivona) di turno che circuisce i due membri talentuosi del team (Eriri e Utaha), ingolosendole con il coinvolgimento nella redazione di un progetto di successo a livello nazionale.
Senza creare eccessivi spoiler della serie, “Saekano” in questa seconda serie credo che sia figlio dell’evoluzione degli anime harem tipica del periodo della seconda metà degli anni ‘10 del 2000.
Sono ancora presenti i personaggi e le situazioni tipici del genere: unico protagonista maschile ‘sfigato’, isolato nel suo mondo, con pochi amici, pochi interessi, stupido e incapace di relazionarsi con gli altri e soprattutto con il genere femminile, fissato nelle sue passioni, ma anche onesto, corretto, gentile e altruista; protagoniste femminili molto avvenenti, popolari e di successo in tutto ciò che fanno, che a vario titolo sono innamorate o interessate al protagonista e intraprendono una battaglia più o meno esplicita per accaparrarsi le attenzioni del fortunato.
La storia della creazione del videogioco sembra solo il pretesto per lo sviluppo della trama, e in questo assomiglia mutatis mutandis a un altro anime che ho visto tempo fa, “Remake Our Life”, in cui il protagonista dirige e coordina un gruppo di artisti in erba per la creazione di un videogioco simile a quello di “Saekano”.
In questa storia, come in quella di “Remake Our Life”, mi sembrano apparire degli elementi di parziale novità rispetto alla normalità del genere harem: il personaggio maschile non è poi così stupido come lo si voglia farlo sembrare. In certi frangenti sembra essere consapevole dei sentimenti che le ragazze provano per lui, ma per timidezza o per carattere tende sempre a svicolare, secondo lo standard solito... ma almeno non si comporta in modo assolutamente idiota come i personaggi di altri harem (mi riferisco al Jumpei del manga “100% Ichigo”, tanto per citarne uno). In generale poi manifesta qualche barlume di maturità nella gestione del team (ragazze), quando interagisce singolarmente sia con Utaha sia con Eriri sia con Kato. Purtroppo questi momenti di riflessione ed evoluzione interiore restano troppo ridotti, per lasciare spazio piuttosto a quelli comici e sciocchi... Pertanto Aki rimane “intrappolato” nel suo personaggio senza dare evidenti molti segni di evoluzione e crescita significativi.
La scena del perdono da parte sua nei confronti di Eriri e Utaha può essere vista sia come segno di maturità e debolezza, al pari di quella in cui consola Eriri per aver bucato la scadenza della consegna delle immagini del videogioco...
Altrettanto significativo il dialogo con Kato nel momento in cui cerca di convincerla a continuare la collaborazione nel team: Kato Megumi, tra i personaggi femminili, resta quella con le reazioni meno “artefatte” o più vere. Il suo modo apparentemente sbadato e senza emozioni di approcciare agli altri è tanto esilarante quanto capace di evidenziare una capacità di colpire i difetti dei comportamenti e delle parole sia di Aki sia di Utaha sia di Eriri.
Il percorso con cui Aki riesce con molta fatica a capire il motivo per cui Kato era arrabbiata con lui è una delle parti dell’anime che lo rendono meno coincidente con il genere e, sebbene resti sempre l’equivoco dei sentimenti reciproci inespressi, dà un minimo di profondità ai personaggi che altrimenti restano intrappolati nella monodimensionalità della trama.
Tra le altre protagoniste, tralasciando Eriri (troppo infantile, tsundere e loli) e Michiru (appare troppo poco in questa serie), l’altra ragazza che merita una menzione è Utaha, se non altro per il suo approccio un po’ sopra le righe sempre molto deciso e determinato (tanto da farla apparire quasi snob e altezzosa), tranchant e sempre volto a mettere a disagio Aki. Il suo continuo rivolgersi a lui chiamandolo spesso “Signor Etico” o in modo ironico equivalente la rendono intrigante per la sua capacità di capire a suo modo l’interlocutore, metterlo in imbarazzo e fargli dire quello che vuole, anche se in molti frangenti dimostra di essere anche infantile in alcune reazioni, soprattutto nella gelosia nei confronti di Aki e nella acerrima rivalità con Eriri.
La parte tecnica, pur non eccellendo nei dettagli, è sempre soddisfacente al pari della parte musicale, non tanto dell’opening e dell’ending ma proprio delle musiche (anche se ripetitive) di sottofondo all’anime.
Prodotto tutto sommato godibile, sempre che non ci si approcci con troppe pretese.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Premetto che questa recensione vale sia per la prima sia per la seconda stagione sia per una delle scene del film (dopo dirò quale), perché a mio parere valutare singolarmente la prima stagione non ha senso (per questo considero venticinque episodi visti).
Ci tengo inoltre a dire che il voto finale è una media molto approssimativa, visto che l'anime è molto incostante.
La prima stagione insieme a gran parte di questa è un classico anime tipo harem. L'idea di base su cui si fonda la trama è però ben sviluppata, il protagonista è un po' troppo "ho un sacco di ragazze che mi saltano addosso, ma non ci farò mai nulla", ma dimostra anche di avere un minimo di carattere, quando dice chiaro e tondo alla sua amica d'infanzia che è arrabbiato con lei per averlo abbandonato in passato; le ragazze, a differenza di altri anime, vengono abbastanza rapidamente messe in "ordine" (viene data priorità solo a tre delle cinque ragazze, e anche tra quelle tre ce n'è una che chiaramente non verrà scelta, il che rende il tutto molto più semplice per lo spettatore), cosa inusuale ma abbastanza ben fatta. L'obbiettivo di creare il gioco della vita viene ripreso in maniera molto più realistica che in altri anime simili (un particolare che in altri anime è stato tralasciato è che i protagonisti devono imparare un minimo di programmazione/scripting per creare la propria visual novel... perché, per quanto le visual novel non siano complicate da fare e ci siano tool che aiutano, un minimo di scripting bisogna conoscerlo).
Alla fine di questa parte, che si conclude con il Comiket invernale, ero abbastanza fiducioso che si potesse arrivare a una conclusione da 8,5 o anche 9, a seconda di cosa sarebbe stato tirato fuori... Poi se ne esce negli ultimi due episodi con una sotto-trama a dir poco incomprensibile e totalmente amorale, le due amiche (la scrittrice e la disegnatrice) decidono, dopo essersi fatte insultare per bene da un "cattivo" dell'ultimo minuto, di abbandonare il protagonista, per andare a lavorare nell'azienda del suddetto cattivone, tutto perché, trattandole male, può, a parere delle due amiche traditrici, "tirar fuori il loro potenziale". Il protagonista, al posto di arrabbiarsi come comprensibile, le sprona pure e non tenta neanche di farle ragionare né di far capire loro cosa stanno lasciando, in una sorta di complesso di inferiorità che francamente, dopo la scena in cui dice di essere arrabbiato nella prima stagione, rappresenta una regressione del personaggio piuttosto che una crescita.
Ci tengo a sottolineare che il primo videogioco a cui avevano lavorato aveva pure fatto un grande successo, quindi, pur essendo presentata come una grande novità quella fatta dal cattivone dell'ultimo minuto, un rifiuto sarebbe stato più che comprensibile a livello di trama.
La scena inoltre fa davvero arrabbiare, perché, quando le due ragazze vengono chiamate dalla producer di questa grossa azienda che le insulta "spronandole" (a quanto dicono) a fare del loro meglio "fino alla morte", e loro decidono di accettare il lavoro (pur sapendo che il protagonista dopo il primo progetto vuole farne un altro), non vanno minimamente ad informarlo; questo ci fa davvero chiedere se sono davvero amiche innamorate del protagonista o no.
L'unico motivo per cui non ho dato un voto più basso è che la rabbia dello spettatore viene incanalata nell'unica ragazza rimasta, ragazza immagine, coproduttrice e, aggiungerei (anche se l'anime non mette molta enfasi su questo punto), programmatrice del gioco, che pare l'unica che esprime quel che lo spettatore sente: oltre a troncare inizialmente i rapporti con le altre due ragazze, parlandoci poi solo al telefono (indice che non le ha davvero perdonate), nella scena in cui il protagonista le va ad incoraggiare di persona è poi l'unica che se la prende con il protagonista per essere così arrendevole.
Quest'ultima ragazza sarà poi anche quella che si metterà con il protagonista durante il film (di cui ho voluto vedere solo la scena della dichiarazione/bacio, avendo però un'idea di quel che era successo prima, e che francamente non mi interessava vedere, visto che non volevo più guardare altri episodi con le due amiche d'infanzia).
Se proprio non si voleva concludere la trama senza che la disegnatrice e la scrittrice se ne andassero dal gruppo, avrei cambiato tre elementi, per rendere la trama decisamente migliore.
La proposta doveva arrivare da una persona normale, non da una "cattivona dell'ultimo minuto". Il blocco della disegnatrice non doveva essere il motivo per cui accetta il lavoro. Dopotutto, era comunque una grossa opportunità (così l'hanno presentata), quindi doveva parlarne di persona con il protagonista e dire che voleva provare a mettersi alla prova lì; discorso simile per la scrittrice. Sarebbe stata comunque una separazione dolorosa, ma avrebbe avuto un sapore molto più dolce, e non avrebbe fatto passare il messaggio (a mio parere assolutamente errato) che i creativi bisogna trattarli a pesci in faccia, per farli lavorare meglio. Penso anzi che il protagonista, quando ha deciso di dare priorità all'amica collassata piuttosto che alla messa in stampa del videogioco (che ha comunque poi fatto successo nonostante tutto) e quando ha detto che ci voleva solo un po' di tempo perché l'amica si sbloccasse, sia stato il tipo di persona che vorrei avere come capo in un progetto lavorativo.
E non parlo per modo di dire, ho avuto un colloquio proprio il giorno in cui ho visto questi episodi, ma prima di vederli, e ho chiesto chiaramente di voler cambiare lavoro, per poter avere più tempo da dedicare ai programmi che creo (visto che faccio sviluppo software come mestiere), per poter dare priorità alla qualità e al pensare alle soluzioni che implemento. Quindi, non è irrealistico voler fare esattamente il contrario di quel che hanno scelto le due in quest'anime (ossia voler avere scadenze più rilassate per fare un lavoro migliore). E da creativo (la creazione del software richiede creatività, e non è inferiore al disegno o alla scrittura) non penso che si lavori meglio sotto pressione, si lavora meglio quando si è al 100%, mentre sotto pressione si scende molto a compromessi. Non ci vedo inoltre nulla di male se, dopo aver creato qualcosa e averlo pubblicato con successo, si possa decidere di prendere un momento di pausa, in particolare se si va in burnout come succede in quest'anime.
L'idea stessa di far passare il burnout come cosa positiva è parte di un errore nella cultura giapponese del lavoro, dove si pensa che lavorare continuamente sia sinonimo di qualità del lavoro fatto.
Il protagonista doveva tentare di convincere le due amiche a desistere, e anche fallendo doveva sfidarle a superare il suo prossimo lavoro, magari dicendo che si sarebbero pentite di non averne fatto parte (e se alla fin fine questo si fosse rilevato vero, sarebbe stata la ciliegina sulla torta).
Non avrei fatto vedere le due ragazze che se ne sono andate dal circolo nell'ultima parte dell'ultimo episodio, in cui il protagonista incontra la sua nuova disegnatrice (completando di fatto nuovamente il circolo, visto che lui sarebbe diventato il nuovo scrittore, avendo già fatto una parte del lavoro nello scorso gioco). Avrei riservato una comparsa finale delle due nel film.
Ho letto diversi pareri su quest'anime, dopo averlo finito, e più o meno tutti concordano sul voto, ma non tutti lo spiegano nella mia stessa maniera... alcuni dicono che un anime harem doveva esserlo fino alla fine (cosa su cui non sono necessariamente d'accordo) e che finali irrealistici non sono il male in anime del genere (cosa su cui sono d'accordo, visto che guardo anime anche per vivere belle storie, non storie necessariamente realistiche che finiscono male... allo stesso tempo, come scritto sopra, trovo altrettanto irrealistico, se non di più, il finale dato alla trama attuale), altri avrebbero voluto che continuasse con la trama "realistica" fino in fondo, quindi hanno motivazioni opposte alle mie per il voto.
Dal mio canto posso solo dire che, una volta fatta la pace tra il protagonista e l'eroina dell'anime, avessi saputo come andava a finire, avrei troncato lì. E questo nonostante il finale vero non mi sia così indigesto grazie a Kato (l'eroina della storia, appunto). Tanta contraddizione negli ultimi episodi lascia troppo l'amaro in bocca, e il tradimento delle due amiche è così random e poco realistico da togliere molto appeal a quest'anime.
Premetto che questa recensione vale sia per la prima sia per la seconda stagione sia per una delle scene del film (dopo dirò quale), perché a mio parere valutare singolarmente la prima stagione non ha senso (per questo considero venticinque episodi visti).
Ci tengo inoltre a dire che il voto finale è una media molto approssimativa, visto che l'anime è molto incostante.
La prima stagione insieme a gran parte di questa è un classico anime tipo harem. L'idea di base su cui si fonda la trama è però ben sviluppata, il protagonista è un po' troppo "ho un sacco di ragazze che mi saltano addosso, ma non ci farò mai nulla", ma dimostra anche di avere un minimo di carattere, quando dice chiaro e tondo alla sua amica d'infanzia che è arrabbiato con lei per averlo abbandonato in passato; le ragazze, a differenza di altri anime, vengono abbastanza rapidamente messe in "ordine" (viene data priorità solo a tre delle cinque ragazze, e anche tra quelle tre ce n'è una che chiaramente non verrà scelta, il che rende il tutto molto più semplice per lo spettatore), cosa inusuale ma abbastanza ben fatta. L'obbiettivo di creare il gioco della vita viene ripreso in maniera molto più realistica che in altri anime simili (un particolare che in altri anime è stato tralasciato è che i protagonisti devono imparare un minimo di programmazione/scripting per creare la propria visual novel... perché, per quanto le visual novel non siano complicate da fare e ci siano tool che aiutano, un minimo di scripting bisogna conoscerlo).
Alla fine di questa parte, che si conclude con il Comiket invernale, ero abbastanza fiducioso che si potesse arrivare a una conclusione da 8,5 o anche 9, a seconda di cosa sarebbe stato tirato fuori... Poi se ne esce negli ultimi due episodi con una sotto-trama a dir poco incomprensibile e totalmente amorale, le due amiche (la scrittrice e la disegnatrice) decidono, dopo essersi fatte insultare per bene da un "cattivo" dell'ultimo minuto, di abbandonare il protagonista, per andare a lavorare nell'azienda del suddetto cattivone, tutto perché, trattandole male, può, a parere delle due amiche traditrici, "tirar fuori il loro potenziale". Il protagonista, al posto di arrabbiarsi come comprensibile, le sprona pure e non tenta neanche di farle ragionare né di far capire loro cosa stanno lasciando, in una sorta di complesso di inferiorità che francamente, dopo la scena in cui dice di essere arrabbiato nella prima stagione, rappresenta una regressione del personaggio piuttosto che una crescita.
Ci tengo a sottolineare che il primo videogioco a cui avevano lavorato aveva pure fatto un grande successo, quindi, pur essendo presentata come una grande novità quella fatta dal cattivone dell'ultimo minuto, un rifiuto sarebbe stato più che comprensibile a livello di trama.
La scena inoltre fa davvero arrabbiare, perché, quando le due ragazze vengono chiamate dalla producer di questa grossa azienda che le insulta "spronandole" (a quanto dicono) a fare del loro meglio "fino alla morte", e loro decidono di accettare il lavoro (pur sapendo che il protagonista dopo il primo progetto vuole farne un altro), non vanno minimamente ad informarlo; questo ci fa davvero chiedere se sono davvero amiche innamorate del protagonista o no.
L'unico motivo per cui non ho dato un voto più basso è che la rabbia dello spettatore viene incanalata nell'unica ragazza rimasta, ragazza immagine, coproduttrice e, aggiungerei (anche se l'anime non mette molta enfasi su questo punto), programmatrice del gioco, che pare l'unica che esprime quel che lo spettatore sente: oltre a troncare inizialmente i rapporti con le altre due ragazze, parlandoci poi solo al telefono (indice che non le ha davvero perdonate), nella scena in cui il protagonista le va ad incoraggiare di persona è poi l'unica che se la prende con il protagonista per essere così arrendevole.
Quest'ultima ragazza sarà poi anche quella che si metterà con il protagonista durante il film (di cui ho voluto vedere solo la scena della dichiarazione/bacio, avendo però un'idea di quel che era successo prima, e che francamente non mi interessava vedere, visto che non volevo più guardare altri episodi con le due amiche d'infanzia).
Se proprio non si voleva concludere la trama senza che la disegnatrice e la scrittrice se ne andassero dal gruppo, avrei cambiato tre elementi, per rendere la trama decisamente migliore.
La proposta doveva arrivare da una persona normale, non da una "cattivona dell'ultimo minuto". Il blocco della disegnatrice non doveva essere il motivo per cui accetta il lavoro. Dopotutto, era comunque una grossa opportunità (così l'hanno presentata), quindi doveva parlarne di persona con il protagonista e dire che voleva provare a mettersi alla prova lì; discorso simile per la scrittrice. Sarebbe stata comunque una separazione dolorosa, ma avrebbe avuto un sapore molto più dolce, e non avrebbe fatto passare il messaggio (a mio parere assolutamente errato) che i creativi bisogna trattarli a pesci in faccia, per farli lavorare meglio. Penso anzi che il protagonista, quando ha deciso di dare priorità all'amica collassata piuttosto che alla messa in stampa del videogioco (che ha comunque poi fatto successo nonostante tutto) e quando ha detto che ci voleva solo un po' di tempo perché l'amica si sbloccasse, sia stato il tipo di persona che vorrei avere come capo in un progetto lavorativo.
E non parlo per modo di dire, ho avuto un colloquio proprio il giorno in cui ho visto questi episodi, ma prima di vederli, e ho chiesto chiaramente di voler cambiare lavoro, per poter avere più tempo da dedicare ai programmi che creo (visto che faccio sviluppo software come mestiere), per poter dare priorità alla qualità e al pensare alle soluzioni che implemento. Quindi, non è irrealistico voler fare esattamente il contrario di quel che hanno scelto le due in quest'anime (ossia voler avere scadenze più rilassate per fare un lavoro migliore). E da creativo (la creazione del software richiede creatività, e non è inferiore al disegno o alla scrittura) non penso che si lavori meglio sotto pressione, si lavora meglio quando si è al 100%, mentre sotto pressione si scende molto a compromessi. Non ci vedo inoltre nulla di male se, dopo aver creato qualcosa e averlo pubblicato con successo, si possa decidere di prendere un momento di pausa, in particolare se si va in burnout come succede in quest'anime.
L'idea stessa di far passare il burnout come cosa positiva è parte di un errore nella cultura giapponese del lavoro, dove si pensa che lavorare continuamente sia sinonimo di qualità del lavoro fatto.
Il protagonista doveva tentare di convincere le due amiche a desistere, e anche fallendo doveva sfidarle a superare il suo prossimo lavoro, magari dicendo che si sarebbero pentite di non averne fatto parte (e se alla fin fine questo si fosse rilevato vero, sarebbe stata la ciliegina sulla torta).
Non avrei fatto vedere le due ragazze che se ne sono andate dal circolo nell'ultima parte dell'ultimo episodio, in cui il protagonista incontra la sua nuova disegnatrice (completando di fatto nuovamente il circolo, visto che lui sarebbe diventato il nuovo scrittore, avendo già fatto una parte del lavoro nello scorso gioco). Avrei riservato una comparsa finale delle due nel film.
Ho letto diversi pareri su quest'anime, dopo averlo finito, e più o meno tutti concordano sul voto, ma non tutti lo spiegano nella mia stessa maniera... alcuni dicono che un anime harem doveva esserlo fino alla fine (cosa su cui non sono necessariamente d'accordo) e che finali irrealistici non sono il male in anime del genere (cosa su cui sono d'accordo, visto che guardo anime anche per vivere belle storie, non storie necessariamente realistiche che finiscono male... allo stesso tempo, come scritto sopra, trovo altrettanto irrealistico, se non di più, il finale dato alla trama attuale), altri avrebbero voluto che continuasse con la trama "realistica" fino in fondo, quindi hanno motivazioni opposte alle mie per il voto.
Dal mio canto posso solo dire che, una volta fatta la pace tra il protagonista e l'eroina dell'anime, avessi saputo come andava a finire, avrei troncato lì. E questo nonostante il finale vero non mi sia così indigesto grazie a Kato (l'eroina della storia, appunto). Tanta contraddizione negli ultimi episodi lascia troppo l'amaro in bocca, e il tradimento delle due amiche è così random e poco realistico da togliere molto appeal a quest'anime.
N.B. Questa vuole essere una riflessione generale su tutta la serie e non sulla singola stagione.
Non riesco a capire se questa sia una serie che non si è voluta spingere oltre per codardia o limiti commerciali, oppure semplicemente non si è riusciti a squarciare il velo di Maya. Tale riflessione può sembrare banale, ma di un anime così contraddittorio non saprei che altro pensare.
In breve, il punto è che stiamo parlando di una serie nella quale si ironizza sui cliché del mondo otaku per poi ricalcarli in carta carbone, si innestano situazioni interessanti per poi lasciarle morire al cospetto di una conclusione dal facile (in)successo.
Gli elementi standardizzati non sono affatto pochi, a partire semplicemente dai personaggi: il protagonista (Aki Tomoya) infatti è il tipico ragazzo occhialuto senza apparenti qualità casualmente circondato e conteso dalle ragazze più celebri della scuola, perfetti stereotipi della tsundere amica d'infanzia e della premurosa senpai (Sawamura Eriri e Utaha Kasumigaoka). Essi però sono accompagnati da colei la quale mi ha trascinato fino alla fine della serie e che mi ha invogliato a scrivere questa recensione: Megumi Kato. La loro missione è creare un "galge" di successo in modo da realizzare il sogno di Tomoya.
Se Eriri e Kasumigaoka sono rispettivamente disegnatrice e sceneggiatrice del videogioco, il ruolo di Megumi non è chiaro fin dall'inizio: ella infatti nasce come "eroina" principale della trama, per poi pian piano impegnarsi come programmatrice o semplice aiutante di Tomoya. Se questa serie raggiunge la sufficienza è soprattutto grazie a lei: Megumi infatti è una ragazza timida e sensibile, sottilmente ironica, dolcemente premurosa ma al tempo stesso rispettosa degli spazi altrui, dai sentimenti coerenti e sinceri, quindi fantasticamente reale. Ella poteva essere il grimaldello usato dalla realtà per dissacrare l'ennesimo harem dalle inquadrature inutilmente provocatorie, dalle scenate insensate della vulcanica tsundere, dei drammi campati in aria e dei noiosissimi sermoni sull'impegno e la fatica, mentre invece si è deciso di produrre qualcosa di normale e di concederle al massimo lo spazio di non oltre quattro-cinque puntate nell'intero arco delle due serie. Un enorme spreco a mio parere, non tanto per una preferenza specifica per lei (infatti è normale che in un harem si ruotino le puntate a tema per ogni ragazza, non è questo il punto), ma per l'effettiva qualità dell'anime: mi è sembrato abbastanza evidente come gli unici momenti nel quale si potessero effettivamente scorgere dei veri sentimenti, dei dialoghi realistici, delle riflessioni veramente tali nonché momenti di dolcissima realtà (o di reale dolcezza) avevano in Megumi la principale fautrice.
Il problema è infatti tutto il resto: come detto, l'amica di infanzia è una tsundere senza davvero nessuno spunto degno di nota, la senpai invece amalgama una famigerata maturità da scrittrice professionista (la quale non sembra a parer mio emergere) e una sottile sudditanza verso il nostro Tomoya. Molte delle puntate si spendono nell'avventura che è creare questo videogioco, le scadenze da rispettare, la trama da scrivere, rivedere e ribaltare (come se l'avessimo capita...), i disegni e gli scenari da completare. Tanti, tantissimi minuti concentrati in aspetti francamente poco utili, visto che non ci troviamo di fronte a una serie come "Shirobako" (che quindi tratteggia il reale funzionamento di questo mondo), ma solo a un harem con un pretesto diverso dal solito.
Un semplice e lineare harem, appunto, che è voluto rimanere tale e non essere qualcosa che potesse portare elementi nuovi, letture originali, caustiche critiche all'evidente standardizzazione di questa industria, proprio come il videogioco sviluppato dal nostro team, che passa dall'essere una genuina storia d'amore a un tipico drammone tra il sentimentale e il fantasy.
Sulle animazioni, niente da dire, visto che A-1 Pictures ha svolto, come spesso accade, un lavoro di ottima qualità sia sulle animazioni che sui colori, questi ultimi davvero molto curati e spesso coerenti con la caratterizzazione (o presunta tale) dei personaggi: avremo quindi squisite scene color pastello con Megumi o tavolozze dalle tinte più forti con Eriri.
Il finale della serie rispecchia pienamente quanto detto, poiché poteva proporre degli interessanti spunti di riflessione e vivide emozioni, ma alla fine si concede alla solita comoda conclusione di un comodo harem.
La mia valutazione finale e complessiva della serie è un 6-, media tra il 5 della prima (nella quale sono presenti evidenti buchi di trama e puntate colmate dall'improbabile cugina chitarrista mezza nuda Michiru) e 6,5 della seconda, che a tratti trasmette quel che ho cercato di spiegare poco sopra con Megumi.
Tutto il resto è noia.
Non riesco a capire se questa sia una serie che non si è voluta spingere oltre per codardia o limiti commerciali, oppure semplicemente non si è riusciti a squarciare il velo di Maya. Tale riflessione può sembrare banale, ma di un anime così contraddittorio non saprei che altro pensare.
In breve, il punto è che stiamo parlando di una serie nella quale si ironizza sui cliché del mondo otaku per poi ricalcarli in carta carbone, si innestano situazioni interessanti per poi lasciarle morire al cospetto di una conclusione dal facile (in)successo.
Gli elementi standardizzati non sono affatto pochi, a partire semplicemente dai personaggi: il protagonista (Aki Tomoya) infatti è il tipico ragazzo occhialuto senza apparenti qualità casualmente circondato e conteso dalle ragazze più celebri della scuola, perfetti stereotipi della tsundere amica d'infanzia e della premurosa senpai (Sawamura Eriri e Utaha Kasumigaoka). Essi però sono accompagnati da colei la quale mi ha trascinato fino alla fine della serie e che mi ha invogliato a scrivere questa recensione: Megumi Kato. La loro missione è creare un "galge" di successo in modo da realizzare il sogno di Tomoya.
Se Eriri e Kasumigaoka sono rispettivamente disegnatrice e sceneggiatrice del videogioco, il ruolo di Megumi non è chiaro fin dall'inizio: ella infatti nasce come "eroina" principale della trama, per poi pian piano impegnarsi come programmatrice o semplice aiutante di Tomoya. Se questa serie raggiunge la sufficienza è soprattutto grazie a lei: Megumi infatti è una ragazza timida e sensibile, sottilmente ironica, dolcemente premurosa ma al tempo stesso rispettosa degli spazi altrui, dai sentimenti coerenti e sinceri, quindi fantasticamente reale. Ella poteva essere il grimaldello usato dalla realtà per dissacrare l'ennesimo harem dalle inquadrature inutilmente provocatorie, dalle scenate insensate della vulcanica tsundere, dei drammi campati in aria e dei noiosissimi sermoni sull'impegno e la fatica, mentre invece si è deciso di produrre qualcosa di normale e di concederle al massimo lo spazio di non oltre quattro-cinque puntate nell'intero arco delle due serie. Un enorme spreco a mio parere, non tanto per una preferenza specifica per lei (infatti è normale che in un harem si ruotino le puntate a tema per ogni ragazza, non è questo il punto), ma per l'effettiva qualità dell'anime: mi è sembrato abbastanza evidente come gli unici momenti nel quale si potessero effettivamente scorgere dei veri sentimenti, dei dialoghi realistici, delle riflessioni veramente tali nonché momenti di dolcissima realtà (o di reale dolcezza) avevano in Megumi la principale fautrice.
Il problema è infatti tutto il resto: come detto, l'amica di infanzia è una tsundere senza davvero nessuno spunto degno di nota, la senpai invece amalgama una famigerata maturità da scrittrice professionista (la quale non sembra a parer mio emergere) e una sottile sudditanza verso il nostro Tomoya. Molte delle puntate si spendono nell'avventura che è creare questo videogioco, le scadenze da rispettare, la trama da scrivere, rivedere e ribaltare (come se l'avessimo capita...), i disegni e gli scenari da completare. Tanti, tantissimi minuti concentrati in aspetti francamente poco utili, visto che non ci troviamo di fronte a una serie come "Shirobako" (che quindi tratteggia il reale funzionamento di questo mondo), ma solo a un harem con un pretesto diverso dal solito.
Un semplice e lineare harem, appunto, che è voluto rimanere tale e non essere qualcosa che potesse portare elementi nuovi, letture originali, caustiche critiche all'evidente standardizzazione di questa industria, proprio come il videogioco sviluppato dal nostro team, che passa dall'essere una genuina storia d'amore a un tipico drammone tra il sentimentale e il fantasy.
Sulle animazioni, niente da dire, visto che A-1 Pictures ha svolto, come spesso accade, un lavoro di ottima qualità sia sulle animazioni che sui colori, questi ultimi davvero molto curati e spesso coerenti con la caratterizzazione (o presunta tale) dei personaggi: avremo quindi squisite scene color pastello con Megumi o tavolozze dalle tinte più forti con Eriri.
Il finale della serie rispecchia pienamente quanto detto, poiché poteva proporre degli interessanti spunti di riflessione e vivide emozioni, ma alla fine si concede alla solita comoda conclusione di un comodo harem.
La mia valutazione finale e complessiva della serie è un 6-, media tra il 5 della prima (nella quale sono presenti evidenti buchi di trama e puntate colmate dall'improbabile cugina chitarrista mezza nuda Michiru) e 6,5 della seconda, che a tratti trasmette quel che ho cercato di spiegare poco sopra con Megumi.
Tutto il resto è noia.
Ho trovato ironico ma allo stesso tempo incoerente che molto spesso in quest'anime vengano fatte delle chiare e generali critiche/riferimenti agli impianti e alle strutture dei prodotti giapponesi di ultima generazione (personaggi tipici, trama riciclata & fanservice everywhere), il che potrebbe far pensare immediatamente a un'idea piuttosto originale e interessante da portare avanti o quantomeno da sviluppare, se non fosse per il fatto che è l'anime stesso a seguire e rispettare quasi alla perfezione tutti i "cliché" riportati precedentemente!
La trama può fungere subito come primo esempio: il protagonista è il solito 'sfigatello', nel nostro caso otaku, che frequenta le superiori e a cui improvvisamente viene il colpo di genio di voler creare un galge (tipico gioco giapponese incentrato sullo stabilire rapporti con ragazze carine), coinvolgendo un gruppo di sue amiche ognuna delle quali, guarda caso, possiede proprio quelle specifiche caratteristiche e abilità per la realizzazione del suo sogno. È ancora più ironico il fatto che il protagonista abbia avuto l'illuminazione divina, osservando in modo assolutamente casuale una ragazza, Kato, futura eroina del suo galge, camminare su una collina accompagnata da una pioggia di petali di ciliegio (cosa mai vista all'interno di un anime) e che fino a quel momento non era neanche a conoscenza che fosse una sua compagna di classe.
Per non parlare del fatto che alcuni personaggi sembrano essere aggiunti così a caso, per colmare dei buchi clamorosi della trama... un esempio lampante è Michiru, cugina del protagonista, la quale viene aggiunta alla storia e all'harem per il semplice fatto che serviva un personaggio che realizzasse le OST per il galge, e, guarda che coincidenza, la ragazza fa parte incredibilmente di una band! Questa ipotesi viene definitivamente confermata quando Michiru appare, nel senso letterale del termine, esclusivamente durante i titoli di coda della seconda stagione, non facendo neanche una comparsa e rendendo ancora più evidente la futilità del suo personaggio. Tuttavia è il nostro protagonista, Aki, a vincere il premio di personaggio peggiore e stereotipato: nonostante ci siano ben ventiquattro episodi, mentre tutte le ragazze mostrano l'acquisizione di una certa maturità, il nostro carattere principale rimane sempre piatto (identico a inizio stagione) e privo di dignità, venendo infatti anche abbandonato a sé stesso e al suo nuovo progetto. Una nota positiva va spesa, invece, per Kato, dal mio punto di vista il personaggio meglio riuscito e più originale della serie: la sua "apatia" la rende una ragazza molto interessante da analizzare e soprattutto imprevedibile quando c'è da prendere decisioni importanti, inoltre è l'unica che non fa sembrare molto chiaro il suo amore per il protagonista, anche a causa di alcuni particolari eventi avvenuti durante la seconda stagione.
Un altro elemento molto importante da analizzare sono i generi che dovrebbero caratterizzare e migliorare ulteriormente la nostra serie: l'harem e l'ecchi. Purtroppo sono due elementi anch'essi negativi e che si ricollegano al discorso fatto inizialmente. Il primo è a dir poco scandaloso, non capisco come delle ragazze si facciano abbindolare dalle solite frasi fatte sull'amicizia e sul non arrendersi mai, e decidano di lottare per un ragazzo che non riesce a prendere l'iniziativa e che non mostra neanche un briciolo di carattere e maturità, e che oltretutto si definisce un otaku; eppure non nota neanche lontanamente che le ragazze provano dei sentimenti molto profondi e importanti per lui.
Il secondo lo si potrebbe definire ancora peggiore del primo: il fanservice è ovunque in quest'anime! Anche se prendessimo degli episodi a caso, riusciremmo a trovare inquadrature di tette, sederi, gambe, piedi e chi più ne ha più ne metta: poi, per l'amor di Dio, possono essere gusti, ma l'ho trovato davvero troppo esagerato e insensato in certe scene.
Per quanto riguarda il comportato grafico, non posso fare altro che esprimere ottimi giudizi: buoni i disegni, accompagnati da ottime animazioni; lo stesso discorso va fatto per il doppiaggio e per le sigle, ho trovato molto carine soprattutto le opening. Inoltre la fisionomia e le "forme" delle ragazze, applicate nei vari contesti fanservice e non, sono state realizzate davvero molto bene.
Mi sarei aspettato molto di più da un anime del genere, il quale è partito anche con delle premesse originali e divertenti, tuttavia con il passare degli episodi si è rilevato subito essere un anime nella norma, senza infamia e senza gloria. Ho saputo che ci sarà anche la trasposizione di un film legato alla visual novel nel 2018, vedremo cosa ne uscirà.
Il mio voto finale: 6
La trama può fungere subito come primo esempio: il protagonista è il solito 'sfigatello', nel nostro caso otaku, che frequenta le superiori e a cui improvvisamente viene il colpo di genio di voler creare un galge (tipico gioco giapponese incentrato sullo stabilire rapporti con ragazze carine), coinvolgendo un gruppo di sue amiche ognuna delle quali, guarda caso, possiede proprio quelle specifiche caratteristiche e abilità per la realizzazione del suo sogno. È ancora più ironico il fatto che il protagonista abbia avuto l'illuminazione divina, osservando in modo assolutamente casuale una ragazza, Kato, futura eroina del suo galge, camminare su una collina accompagnata da una pioggia di petali di ciliegio (cosa mai vista all'interno di un anime) e che fino a quel momento non era neanche a conoscenza che fosse una sua compagna di classe.
Per non parlare del fatto che alcuni personaggi sembrano essere aggiunti così a caso, per colmare dei buchi clamorosi della trama... un esempio lampante è Michiru, cugina del protagonista, la quale viene aggiunta alla storia e all'harem per il semplice fatto che serviva un personaggio che realizzasse le OST per il galge, e, guarda che coincidenza, la ragazza fa parte incredibilmente di una band! Questa ipotesi viene definitivamente confermata quando Michiru appare, nel senso letterale del termine, esclusivamente durante i titoli di coda della seconda stagione, non facendo neanche una comparsa e rendendo ancora più evidente la futilità del suo personaggio. Tuttavia è il nostro protagonista, Aki, a vincere il premio di personaggio peggiore e stereotipato: nonostante ci siano ben ventiquattro episodi, mentre tutte le ragazze mostrano l'acquisizione di una certa maturità, il nostro carattere principale rimane sempre piatto (identico a inizio stagione) e privo di dignità, venendo infatti anche abbandonato a sé stesso e al suo nuovo progetto. Una nota positiva va spesa, invece, per Kato, dal mio punto di vista il personaggio meglio riuscito e più originale della serie: la sua "apatia" la rende una ragazza molto interessante da analizzare e soprattutto imprevedibile quando c'è da prendere decisioni importanti, inoltre è l'unica che non fa sembrare molto chiaro il suo amore per il protagonista, anche a causa di alcuni particolari eventi avvenuti durante la seconda stagione.
Un altro elemento molto importante da analizzare sono i generi che dovrebbero caratterizzare e migliorare ulteriormente la nostra serie: l'harem e l'ecchi. Purtroppo sono due elementi anch'essi negativi e che si ricollegano al discorso fatto inizialmente. Il primo è a dir poco scandaloso, non capisco come delle ragazze si facciano abbindolare dalle solite frasi fatte sull'amicizia e sul non arrendersi mai, e decidano di lottare per un ragazzo che non riesce a prendere l'iniziativa e che non mostra neanche un briciolo di carattere e maturità, e che oltretutto si definisce un otaku; eppure non nota neanche lontanamente che le ragazze provano dei sentimenti molto profondi e importanti per lui.
Il secondo lo si potrebbe definire ancora peggiore del primo: il fanservice è ovunque in quest'anime! Anche se prendessimo degli episodi a caso, riusciremmo a trovare inquadrature di tette, sederi, gambe, piedi e chi più ne ha più ne metta: poi, per l'amor di Dio, possono essere gusti, ma l'ho trovato davvero troppo esagerato e insensato in certe scene.
Per quanto riguarda il comportato grafico, non posso fare altro che esprimere ottimi giudizi: buoni i disegni, accompagnati da ottime animazioni; lo stesso discorso va fatto per il doppiaggio e per le sigle, ho trovato molto carine soprattutto le opening. Inoltre la fisionomia e le "forme" delle ragazze, applicate nei vari contesti fanservice e non, sono state realizzate davvero molto bene.
Mi sarei aspettato molto di più da un anime del genere, il quale è partito anche con delle premesse originali e divertenti, tuttavia con il passare degli episodi si è rilevato subito essere un anime nella norma, senza infamia e senza gloria. Ho saputo che ci sarà anche la trasposizione di un film legato alla visual novel nel 2018, vedremo cosa ne uscirà.
Il mio voto finale: 6
I prodotti metatestuali mi hanno sempre intrigato, a maggior ragione in un ambito che amo come l’universo ota... - ehm - della cultura POPolare giapponese applicata all’editoria, l’animazione e ai giochi elettronici.
Un anime che illustra come questa cultura nasce, si costruisce e poi si riversa in un prodotto specifico (a proposito, sono sempre stato affascinato dalle visual novel), non poteva avere dei presupposti di partenza migliori. Lo step successivo era saggiare come questi presupposti si sarebbero radicati in un contesto di buon livello sia a livello tecnico che di contenuto editoriale, e ammetto che “Saenai Heroine no Sodatekata ♭” ha superato di gran lunga la prova.
Fanservice: fanservice, benedetto/maledetto fanservice. In “Saenai Heroine no Sodatekata ♭” c’è e si vede, ma - mi permetto di dirlo - ci doveva essere/si doveva vedere perché, volente o nolente, è ormai un tratto inscindibile dell’attuale cultura editoriale nipponica. I puristi se ne facciano una ragione.
Personalmente il fanservice non dà fastidio, anzi lo trovo piacevole se non è troppo forzato. Difetti del genere esistono anche in “Saenai Heroine no Sodatekata ♭”, ma si annacquano con il fluire degli episodi, restando infine sullo sfondo e non in posizione dominante.
Storia: in maniera distaccata, si potrebbe affermare che la storia non è un granché o, meglio, è pensata per gli addetti ai lavori. Ma noi fan siamo addetti ai lavori in un certo senso, quindi il dibattito si sposta su un piano diverso, cioè se questa storia ci fa provare il brivido e la sensazione di essere partecipi e autori di un prodotto di cui normalmente usufruiamo come utenti finali. I ritmi, le dinamiche e l’organizzazione di un club di doujinshi erano gli elementi essenziali per capire se la storia avesse centrato l’obiettivo. Ebbene, per me l’obiettivo è stato centrato. Mi sono sentito coinvolto dall’incedere del progetto quasi fosse mio, e ho metaforicamente brindato alla sua riuscita.
Personaggi: il mio giudizio positivo non sarebbe stato tale senza il fondamentale apporto dei personaggi, utilizzati sapientemente anche per canzonare certi stereotipi otaku e, in un certo senso, fare un po’ di autocritica (mitica Utaha senpai). In generale, al di là di Kato, la più originale di tutte, le eroine principali hanno rispecchiato i diversi cliché caratteriali a cui siamo abituati, ma facendolo consapevolmente (più volte si dichiarano tsundere, yandere, ecc.) ci hanno dato modo di riderci su. Tomoya, infine, interpreta senza infamia la parte dell’otaku conteso, fornendo comunque un buon approfondimento di sé e della sua crescita da fan ad autore di quel mondo.
Disegni e character design hanno dato una marcia in più a questo bel racconto. L’A-1 per me ha fatto veramente un ottimo lavoro, esteticamente tra i migliori degli ultimi anni. Una bellezza ‘tecnica’ che sicuramente contribuisce a innalzare il voto totale.
Un anime che illustra come questa cultura nasce, si costruisce e poi si riversa in un prodotto specifico (a proposito, sono sempre stato affascinato dalle visual novel), non poteva avere dei presupposti di partenza migliori. Lo step successivo era saggiare come questi presupposti si sarebbero radicati in un contesto di buon livello sia a livello tecnico che di contenuto editoriale, e ammetto che “Saenai Heroine no Sodatekata ♭” ha superato di gran lunga la prova.
Fanservice: fanservice, benedetto/maledetto fanservice. In “Saenai Heroine no Sodatekata ♭” c’è e si vede, ma - mi permetto di dirlo - ci doveva essere/si doveva vedere perché, volente o nolente, è ormai un tratto inscindibile dell’attuale cultura editoriale nipponica. I puristi se ne facciano una ragione.
Personalmente il fanservice non dà fastidio, anzi lo trovo piacevole se non è troppo forzato. Difetti del genere esistono anche in “Saenai Heroine no Sodatekata ♭”, ma si annacquano con il fluire degli episodi, restando infine sullo sfondo e non in posizione dominante.
Storia: in maniera distaccata, si potrebbe affermare che la storia non è un granché o, meglio, è pensata per gli addetti ai lavori. Ma noi fan siamo addetti ai lavori in un certo senso, quindi il dibattito si sposta su un piano diverso, cioè se questa storia ci fa provare il brivido e la sensazione di essere partecipi e autori di un prodotto di cui normalmente usufruiamo come utenti finali. I ritmi, le dinamiche e l’organizzazione di un club di doujinshi erano gli elementi essenziali per capire se la storia avesse centrato l’obiettivo. Ebbene, per me l’obiettivo è stato centrato. Mi sono sentito coinvolto dall’incedere del progetto quasi fosse mio, e ho metaforicamente brindato alla sua riuscita.
Personaggi: il mio giudizio positivo non sarebbe stato tale senza il fondamentale apporto dei personaggi, utilizzati sapientemente anche per canzonare certi stereotipi otaku e, in un certo senso, fare un po’ di autocritica (mitica Utaha senpai). In generale, al di là di Kato, la più originale di tutte, le eroine principali hanno rispecchiato i diversi cliché caratteriali a cui siamo abituati, ma facendolo consapevolmente (più volte si dichiarano tsundere, yandere, ecc.) ci hanno dato modo di riderci su. Tomoya, infine, interpreta senza infamia la parte dell’otaku conteso, fornendo comunque un buon approfondimento di sé e della sua crescita da fan ad autore di quel mondo.
Disegni e character design hanno dato una marcia in più a questo bel racconto. L’A-1 per me ha fatto veramente un ottimo lavoro, esteticamente tra i migliori degli ultimi anni. Una bellezza ‘tecnica’ che sicuramente contribuisce a innalzare il voto totale.
Nella stagione primaverile del 2017 arriva “Saenai Heroine no Sodatekata Flat”, seconda serie dedicata al liceale Tomoya Aki e al suo circolo “Blessing Software”. L’anime, sempre prodotto dallo studio A-1 Pictures, consta stavolta di undici puntate sempre precedute dal solito “Episodio 0”. Quest’ultimo, come nella stagione precedente, apre le danze tra gioie e dolori: la puntata, infatti, viene inaugurata con un forte spirito di autocritica, da tanti apprezzato nella prima serie ma scemato con il tempo; i restanti venti minuti sono invece modellati sulla brutta piega presa nelle ultime battute, per la quale la maggior parte delle inquadrature immortala parte intime delle nostre stupende eroine.
Tale abitudine non accenna a diminuire neanche negli episodi a venire, peggiorando la situazione di alcuni di essi non proprio brillanti. Dopo un piccolo periodo di assestamento, la modesta quantità di fanservice tende a scomparire nella seconda metà della serie, e “Saekano” procede spedito tra molti alti e bassi. Non pochi, infatti, sono gli episodi di passaggio deboli a livello di contenuti o in cui i soliti cliché la fanno da padrone; altri, invece, raggiungono vette piuttosto elevate e offrono allo spettatore una visione piacevole e scorrevole, talora con l’ausilio di piccoli colpi di scena e dialoghi quasi geniali. I principali punti di forza sono da ricercarsi nei soliti elementi, tra cui spicca la divertente coppia formata da Tomoya e Megumi. La ragazza si conferma ancora una volta il personaggio più riuscito della serie, sempre sul pezzo e oggetto di una bella caratterizzazione che poco o nulla ha di stereotipato. Tomoya, pur non rivelandosi il protagonista che tutti desideriamo, appare notevolmente migliorato rispetto alla serie precedente e uscirà visibilmente rafforzato da una serie di difficoltà e problematiche. Per quanto riguarda gli altri comprimari, devo purtroppo riaffermare i miei precedenti giudizi: Eriri e Michiru non riescono ancora ad entrare nelle mie grazie (la compositrice non si fa vedere per tutta la serie, tra l’altro), mentre Utaha fa la spola tra momenti di grande fermezza e professionalità e altri di totale puerilità. Questo suo piccolo difetto andrà in parte a rovinare il finale: esso, infatti, sarebbe stato perfetto senza i soliti “escamotage” da harem, dato che per una buona volta non si era fatto ricorso al più banale dei cliché.
Per quel che concerne il lato tecnico, la buona (ma non ottima) qualità di disegni e animazioni risulta pressoché invariata. Da segnalare, a questo giro, la sigla iniziale, che tra le immagini e la canzone “Stella Breeze” cantata da Luna Haruna fa una più che bella figura.
Per concludere, la seconda stagione di “Saekano” mantiene, in linea di massima, gli stessi pregi e difetti della prima serie. Ad alzare leggermente la mia valutazione contribuisce la seconda parte dell’anime, in cui i vari personaggi riescono a dare il meglio di sé. Voto: 7,5.
Tale abitudine non accenna a diminuire neanche negli episodi a venire, peggiorando la situazione di alcuni di essi non proprio brillanti. Dopo un piccolo periodo di assestamento, la modesta quantità di fanservice tende a scomparire nella seconda metà della serie, e “Saekano” procede spedito tra molti alti e bassi. Non pochi, infatti, sono gli episodi di passaggio deboli a livello di contenuti o in cui i soliti cliché la fanno da padrone; altri, invece, raggiungono vette piuttosto elevate e offrono allo spettatore una visione piacevole e scorrevole, talora con l’ausilio di piccoli colpi di scena e dialoghi quasi geniali. I principali punti di forza sono da ricercarsi nei soliti elementi, tra cui spicca la divertente coppia formata da Tomoya e Megumi. La ragazza si conferma ancora una volta il personaggio più riuscito della serie, sempre sul pezzo e oggetto di una bella caratterizzazione che poco o nulla ha di stereotipato. Tomoya, pur non rivelandosi il protagonista che tutti desideriamo, appare notevolmente migliorato rispetto alla serie precedente e uscirà visibilmente rafforzato da una serie di difficoltà e problematiche. Per quanto riguarda gli altri comprimari, devo purtroppo riaffermare i miei precedenti giudizi: Eriri e Michiru non riescono ancora ad entrare nelle mie grazie (la compositrice non si fa vedere per tutta la serie, tra l’altro), mentre Utaha fa la spola tra momenti di grande fermezza e professionalità e altri di totale puerilità. Questo suo piccolo difetto andrà in parte a rovinare il finale: esso, infatti, sarebbe stato perfetto senza i soliti “escamotage” da harem, dato che per una buona volta non si era fatto ricorso al più banale dei cliché.
Per quel che concerne il lato tecnico, la buona (ma non ottima) qualità di disegni e animazioni risulta pressoché invariata. Da segnalare, a questo giro, la sigla iniziale, che tra le immagini e la canzone “Stella Breeze” cantata da Luna Haruna fa una più che bella figura.
Per concludere, la seconda stagione di “Saekano” mantiene, in linea di massima, gli stessi pregi e difetti della prima serie. Ad alzare leggermente la mia valutazione contribuisce la seconda parte dell’anime, in cui i vari personaggi riescono a dare il meglio di sé. Voto: 7,5.
La prima stagione dell'anime mi aveva abbastanza deluso, il classico harem sentimentale inconcludente, e le scene con loro che creano il gioco inutili. La seconda stagione riconferma il mio parere su "Saenai Heroine no Sodatekata".
In questa seconda serie si cerca, oltre immancabilmente di mandare avanti il progetto del videogioco, di approfondire i vari rapporti tra i personaggi, in special modo la relazione odio/rivalità/rispetto professionale tra Sawamura Eriri e Utaha Kasumigaoka, e la relazione amicizia/amore/partner di lavoro tra Tomoya e Megumi. Quest'ultima regala i due episodi più belli della serie. Nonostante questo, l'anime non riesce a salvarsi dal mio giudizio negativo. Sarò sincero, l'unica cosa che mi poteva interessare un minimo in "Saekano" era l'evolversi della relazione sentimentale del protagonista con Megumi, e con Eriri e Utaha. E da questo punto di vista regala parecchie delusioni, perché l'anime punterà quasi tutta la sua attenzione sulla creazione finale del videogioco e sul futuro della Blessing Software. Ed è qui che casca il proverbiale asino. Perché no, non sono interessato solo al lato commedia romantica dell'anime perché sono un tenerone, ma perché è davvero l'unica cosa genuina che poteva offrire l'anime. Tutte le parti in cui loro creano il videogioco attraverso la sceneggiatura e i disegni sono tutte parti mandate avanti con discorsoni noiosissimi sul superare i propri limiti, credere in sé stessi, lavorare sodo, fare squadra. No, "Saekano" non mi dice niente di interessante sul mondo dei videogiochi, sul mondo degli sceneggiatori di light novel, sul mondo dei disegnatori di doujin, sulla cultura otaku in generale. E potevo anche passarci sopra al fatto che l'anime mi voglia continuamente convincere del fatto che il mondo otaku è bellissimo, che tutto il merchandising dietro un anime fatto di modellini, light novel, videogiochi a tema sia meraviglioso, se fosse riuscito a regalarmi una bella commedia scolastica. Invece no, il protagonista non ha interessi al di fuori della Blessing software.
Come ho detto, ci sono un paio di puntate molto belle con protagonisti Tomoya e Megumi, che purtroppo non porteranno a nulla. Mentre le peggiori sono sicuramente quelle dedicate al rapporto tra Eriri e Utaha, che non fanno altro che offendersi, ma in fondo si rispettano, e così via per intere puntate. Ah, insopportabili tutte le scene in cui un personaggio scoppia a piangere (ho perso il conto di quante volte sia successo). Forse questa seconda stagione è riuscita anche ad essere più brutta della prima, per il fatto di volersi prendere a volte un po' troppo sul serio.
In questa seconda serie si cerca, oltre immancabilmente di mandare avanti il progetto del videogioco, di approfondire i vari rapporti tra i personaggi, in special modo la relazione odio/rivalità/rispetto professionale tra Sawamura Eriri e Utaha Kasumigaoka, e la relazione amicizia/amore/partner di lavoro tra Tomoya e Megumi. Quest'ultima regala i due episodi più belli della serie. Nonostante questo, l'anime non riesce a salvarsi dal mio giudizio negativo. Sarò sincero, l'unica cosa che mi poteva interessare un minimo in "Saekano" era l'evolversi della relazione sentimentale del protagonista con Megumi, e con Eriri e Utaha. E da questo punto di vista regala parecchie delusioni, perché l'anime punterà quasi tutta la sua attenzione sulla creazione finale del videogioco e sul futuro della Blessing Software. Ed è qui che casca il proverbiale asino. Perché no, non sono interessato solo al lato commedia romantica dell'anime perché sono un tenerone, ma perché è davvero l'unica cosa genuina che poteva offrire l'anime. Tutte le parti in cui loro creano il videogioco attraverso la sceneggiatura e i disegni sono tutte parti mandate avanti con discorsoni noiosissimi sul superare i propri limiti, credere in sé stessi, lavorare sodo, fare squadra. No, "Saekano" non mi dice niente di interessante sul mondo dei videogiochi, sul mondo degli sceneggiatori di light novel, sul mondo dei disegnatori di doujin, sulla cultura otaku in generale. E potevo anche passarci sopra al fatto che l'anime mi voglia continuamente convincere del fatto che il mondo otaku è bellissimo, che tutto il merchandising dietro un anime fatto di modellini, light novel, videogiochi a tema sia meraviglioso, se fosse riuscito a regalarmi una bella commedia scolastica. Invece no, il protagonista non ha interessi al di fuori della Blessing software.
Come ho detto, ci sono un paio di puntate molto belle con protagonisti Tomoya e Megumi, che purtroppo non porteranno a nulla. Mentre le peggiori sono sicuramente quelle dedicate al rapporto tra Eriri e Utaha, che non fanno altro che offendersi, ma in fondo si rispettano, e così via per intere puntate. Ah, insopportabili tutte le scene in cui un personaggio scoppia a piangere (ho perso il conto di quante volte sia successo). Forse questa seconda stagione è riuscita anche ad essere più brutta della prima, per il fatto di volersi prendere a volte un po' troppo sul serio.