Space Battleship Yamato (Live Action)
Mi sono avvicinato a questo film pieno di pregiudizi, dato che me ne avevano parlato male, che sono sempre un po' scettico verso i real action e , soprattutto, per la grande delusione patita con il film di Harlock. Invece mi sono ritrovato davanti ad una splendida sorpresa. Mentre Harlock era stato un vero remake, qui, al contrario, siamo in presenza di una versione tradizionale della serie, tradizionale ma con qualche modifica. Alcuni elementi sono stati cambiati, e vari elementi della seconda stagione sono stati inseriti. I gamilonesi sono in realtà.. no spoiler. Iq9 ha poteri da robot transformer ed il dottor Sado è diventato… una bella signora con gatto rosso al fianco. Nova è bruna e combatte sui jet. Il capitano Avatar ricorda Marko Ramius di caccia a ottobre rosso e una certa dose di umorismo viene inserita, vedi la foto di Wildstar con il fratello. Ma il risultato finale è ottimo, varia, tra tradizione e innovazione e sta in piedi alla grande e le emozioni che regala sono da dieci e lode. La regia è ottima e l’uso dei modellini per descrivere le astronavi davvero ottimo. La conclusione, originale e innovativa. Unico neo il finale ove non viene suonato il classico inno della Yamato ma… pazienza. Certo la Yamato sarà anche un modo dei giapponesi per sognare un destino diverso per la loro potentissima nave della seconda guerra mondiale, ma a tanti decenni dalla nascita il loro sogno si rivela più vivo e romantico che mai, emblema di una forza usata non per conquistare ma per proteggere, non per la guerra ma per salvare il futuro del genere umano, per cui, anche in omaggio alle difficoltà di trasporre con attori veri il dieci ci sta tutto.
Il film "Space Battleship Yamato", kolossal fantascientifico giapponese uscito di recente anche nei cinema italiani, è un rifacimento in chiave più moderna e con attori in carne ed ossa di un vecchio classico dell'animazione nipponica, la serie "Corazzata spaziale Yamato", firmata negli anni '70 dal maestro Leiji Matsumoto.
Non ho mai avuto l'occasione di approcciarmi alla serie originale, né in formato manga né a cartoni animati, quindi lascerò agli esperti i confronti fra il film e l'anime, concentrando la mia analisi soltanto sul lungometraggio.
E' un film di ampio respiro e di gran fascino, che fonde perfettamente il classico e il moderno per creare una storia epica e toccante, e che lascia decisamente il segno.
Il viaggio della nave spaziale Yamato alla ricerca di una flebile speranza di salvezza per la Terra del futuro, fra "warp" interstellari e battaglie a colpi di cannoni futuristici contro orde di astronavi aliene, affascina e colpisce, dimostrandosi una buona base per creare una storia avvincente e spettacolare, ricca di effetti speciali, sparatorie e combattimenti spaziali degni del miglior "Guerre Stellari". Dietro la sua apparenza da spettacolare film d'azione e fantascienza,"Space Battleship Yamato" nasconde, però, diversi, interessantissimi, spunti di riflessione che ne tradiscono le origini nipponiche, differenziandolo dai blockbuster hollywoodiani che cerca di imitare (peraltro, riuscendoci perfettamente).
Già il nome della nave spaziale del titolo parla chiaro. "Yamato". Come il nome dell'antichissimo regno dal quale si sarebbe poi, gradualmente, sviluppato il Giappone. Ma anche come la più grande nave da guerra mai realizzata, che, fra il 1941 e il 1945, solcò i tumultuosi mari della Seconda Guerra Mondiale. Una corazzata enorme, possente, dal tragico destino (fu affondata nel 1945 da un attacco aereo americano), che sin dalla sua costruzione è stata ammantata da un carisma quasi mitologico. Del resto, nei suoi primi anni di servizio fu la nave dell'ammiraglio Yamamoto Isoroku, eroe di guerra divenuto leggenda al pari della sua splendida imbarcazione, al punto da far credere ai Giapponesi che non avrebbero mai potuto perdere la guerra fintanto che la Yamato avesse solcato il mare.
Non stupisce, dunque, che la potente corazzata Yamato abbia continuato ad accendere le fantasie dei Giapponesi ben oltre la fine della guerra, al punto che Leiji Matsumoto le ha dedicato un'epica storia diventata un caposaldo del fumetto e dell'animazione giapponese, e che rivive dopo un trentennio in questo bel film. La corazzata spaziale Yamato è, infatti, la Yamato stessa, il cui relitto è stato recuperato e trasformato in astronave. Se, durante la guerra, quella enorme e potente nave era la più grande speranza di una nazione che voleva primeggiare e trovare il proprio posto nell'equilibrio mondiale, non stupisce che allo stesso modo, millenni dopo, nell'universo fittizio esplorato dal film, sia il Giappone, con la versione futuristica di quella stessa nave, a rappresentare l'ultima speranza di salvezza della Terra tutta.
C'è molto della Seconda Guerra Mondiale dietro "Space Battleship Yamato", che, in più aspetti, ricorda i classici film di guerra giapponesi, qui ripresi in una versione più moderna e d'ambientazione spaziale.
Tema centrale della storia è la crescita personale del protagonista Susumu Kodai e il dualismo che lo contrappone a Okita, il capitano della Yamato. Il rapporto fra i due personaggi è uno degli elementi più tipicamente giapponesi del film, nonché, forse, uno di quelli di maggior fascino. Pochissime parole, pochi ma significativi gesti, molti saluti militari e molti tormenti compongono il toccante racconto del legame fra un capitano e il suo secondo. Un rapporto fatto di iniziale ostilità (Susumu accusa Okita di aver lasciato morire suo fratello Mamoru, sacrificando la sua nave in una precedente battaglia) che si fa via via sempre più profondo e sentito.
Malinconica, nostalgica, tormentata, carismatica, sofferta, dotata di fascino, potenza, una misteriosa saggezza e una sorta di paterno calore nascosto dietro un'apparenza fredda e insensibile, la figura di Okita, con la lunga barba bianca e il cappello da capitano calcato sugli occhi, torreggia su tutti gli altri personaggi nonostante venga mostrato relativamente poco. Inflessibile, severo e impenetrabile, ma dall'animo nobile e sofferto, Okita è il non plus ultra degli eroi di guerra giapponesi di un tempo, quelli che addestravano con durezza i propri sottoposti ed erano pronti a morire per la patria, quelli che si mostravano sempre fieri e impeccabili e si concedevano di essere sentimentali e versare lacrime, aprendo un piccolo spiraglio di emotività, unicamente davanti a un bel paesaggio e con un bicchierino di saké in mano. La sua storia personale e i suoi tormenti, svelati poco a poco, contribuiscono a dipingere un affresco di un uomo d'altri tempi dal fascino straordinario.
Se Okita incarna tutto il fascino dei classici eroi di un tempo, il protagonista Susumu è solo apparentemente più moderno. Al di là del bel faccino, degli addominali scolpiti e dell'atteggiamento sfrontato e guascone, infatti, Susumu è un personaggio complesso e in continua evoluzione, che si trova a dover mettere da parte il suo spirito ribelle e si scoprirà essere più simile di quanto pensi al capitano barbuto da lui odiato in un primo momento, tanto da riuscire a comprenderne le ragioni e a compiere egli stesso scelte drastiche, sofferte e inevitabili, mettendo la sua missione persino al di sopra della sua stessa vita.
"Space Battleship Yamato" è tragico e passionale come un vecchio film di guerra, ma anche frenetico e spettacolare come un moderno film hollywoodiano. Non si risparmia effetti speciali di grande bellezza, combattimenti adrenalinici, alieni e astronavi, non gli manca nemmeno l'inevitabile sottotrama romantica, che vede come protagonista Susumu e la sua compagna Yuki, bellissima (ad un certo punto della storia, posseduta temporaneamente dagli alieni, cambia colore di occhi e capelli, e diventa stupenda), dura in apparenza ma in realtà fragile, dolce e bisognosa del suo amore.
Ha un gran bel cast, "Space Battleship Yamato". Susumu e Okita sono chiaramente i personaggi che spiccano maggiormente, ma vengono affiancati da una nutrita schiera di azzeccatissimi comprimari a cui si riesce ad affezionarsi con inaspettata facilità, nonostante alcuni di loro vengano dipinti con pochissimi, ma efficaci, tratti.
Un destino, quello della corazzata spaziale Yamato e del suo equipaggio, epico, solenne, tragico. Un viaggio straordinario fatto di cameratismo, emozioni, battaglie, amori, rivelazioni, incontri e, inevitabilmente, addii. Del resto, quella dei Terrestri contro l'ambigua razza aliena Gamilas è una guerra e, come disse tempo fa un carismatico personaggio giapponese a cartoni animati, "a volte i guerrieri perdono"...
Unico neo in un affresco che rimane comunque splendido e toccante è proprio la caratterizzazione dei cattivi, gli enigmatici alieni Gamilas, che finisce un po' buttata in una spiegazione non molto chiara e dalla deriva pseudo-filosofica come piace tanto ai Giapponesi. Non importa, però, granché, di loro, perché la scena è tutta per i Terrestri, gli umani, deboli, complessi, tormentati, splendidi eroi a bordo della Yamato, che affascinano con la loro storia e la loro missione carica di speranze ed emozioni, fra goliardiche bevute nel bar della nave e i solenni saluti militari con cui, a testa alta, vanno incontro al loro incontrovertibile destino.
Un grande spettacolo di azione e di emozioni, quello di "Space Battleship Yamato", che non sfigura affatto in confronto ai grandi blockbuster di fantascienza a stelle e strisce, a cui fa il verso con una spettacolarità degna di "Guerre Stellari" e una colonna sonora eroica ed esaltante in stile "Armageddon". Del resto, il microfono per accompagnare i titoli di coda l'han dato proprio a Steven Tyler, che regala al film giapponese "Love lives", un pezzo intenso e coinvolgente, una canzone che celebra l'amore allacciandosi perfettamente alla trama del film e al suo finale e in cui risuonano echi di quella splendida "I don't wanna miss a thing" che Tyler cantava nel 1998, un po' colonna sonora simbolo dei grandi blockbuster spaziali di Hollywood.
La recitazione è seria e convincente, e anche il giovane Takuya Kimura, idol molto popolare in Giappone che interpreta il protagonista Susumu, si rivela essere serio e preparato, capace di offrire ben più di un bel faccino al suo personaggio.
Molto buono il doppiaggio italiano, come quasi sempre accade quando ci sono di mezzo gli studi milanesi e grandi voci come quelle di Ivo De Palma (anche direttore del doppiaggio), Elisabetta Spinelli e Tony Fuochi (la cui voce seria e possente è quanto di più azzeccato possa esistere per un personaggio di gran peso come Okita).
"Space Battleship Yamato" è un film commovente, epico e avvincente, che potrà far felici sia i fan della fantascienza, delle astronavi e delle esplosioni/sparatorie, sia i fan del Giappone, che possono ritrovare qui molti aspetti della cultura del loro amato Paese, siano essi la solenne tragicità dei classici film di guerra o la riproposizione in carne ed ossa di uno dei cartoni animati nipponici più amati.
Non ho mai avuto l'occasione di approcciarmi alla serie originale, né in formato manga né a cartoni animati, quindi lascerò agli esperti i confronti fra il film e l'anime, concentrando la mia analisi soltanto sul lungometraggio.
E' un film di ampio respiro e di gran fascino, che fonde perfettamente il classico e il moderno per creare una storia epica e toccante, e che lascia decisamente il segno.
Il viaggio della nave spaziale Yamato alla ricerca di una flebile speranza di salvezza per la Terra del futuro, fra "warp" interstellari e battaglie a colpi di cannoni futuristici contro orde di astronavi aliene, affascina e colpisce, dimostrandosi una buona base per creare una storia avvincente e spettacolare, ricca di effetti speciali, sparatorie e combattimenti spaziali degni del miglior "Guerre Stellari". Dietro la sua apparenza da spettacolare film d'azione e fantascienza,"Space Battleship Yamato" nasconde, però, diversi, interessantissimi, spunti di riflessione che ne tradiscono le origini nipponiche, differenziandolo dai blockbuster hollywoodiani che cerca di imitare (peraltro, riuscendoci perfettamente).
Già il nome della nave spaziale del titolo parla chiaro. "Yamato". Come il nome dell'antichissimo regno dal quale si sarebbe poi, gradualmente, sviluppato il Giappone. Ma anche come la più grande nave da guerra mai realizzata, che, fra il 1941 e il 1945, solcò i tumultuosi mari della Seconda Guerra Mondiale. Una corazzata enorme, possente, dal tragico destino (fu affondata nel 1945 da un attacco aereo americano), che sin dalla sua costruzione è stata ammantata da un carisma quasi mitologico. Del resto, nei suoi primi anni di servizio fu la nave dell'ammiraglio Yamamoto Isoroku, eroe di guerra divenuto leggenda al pari della sua splendida imbarcazione, al punto da far credere ai Giapponesi che non avrebbero mai potuto perdere la guerra fintanto che la Yamato avesse solcato il mare.
Non stupisce, dunque, che la potente corazzata Yamato abbia continuato ad accendere le fantasie dei Giapponesi ben oltre la fine della guerra, al punto che Leiji Matsumoto le ha dedicato un'epica storia diventata un caposaldo del fumetto e dell'animazione giapponese, e che rivive dopo un trentennio in questo bel film. La corazzata spaziale Yamato è, infatti, la Yamato stessa, il cui relitto è stato recuperato e trasformato in astronave. Se, durante la guerra, quella enorme e potente nave era la più grande speranza di una nazione che voleva primeggiare e trovare il proprio posto nell'equilibrio mondiale, non stupisce che allo stesso modo, millenni dopo, nell'universo fittizio esplorato dal film, sia il Giappone, con la versione futuristica di quella stessa nave, a rappresentare l'ultima speranza di salvezza della Terra tutta.
C'è molto della Seconda Guerra Mondiale dietro "Space Battleship Yamato", che, in più aspetti, ricorda i classici film di guerra giapponesi, qui ripresi in una versione più moderna e d'ambientazione spaziale.
Tema centrale della storia è la crescita personale del protagonista Susumu Kodai e il dualismo che lo contrappone a Okita, il capitano della Yamato. Il rapporto fra i due personaggi è uno degli elementi più tipicamente giapponesi del film, nonché, forse, uno di quelli di maggior fascino. Pochissime parole, pochi ma significativi gesti, molti saluti militari e molti tormenti compongono il toccante racconto del legame fra un capitano e il suo secondo. Un rapporto fatto di iniziale ostilità (Susumu accusa Okita di aver lasciato morire suo fratello Mamoru, sacrificando la sua nave in una precedente battaglia) che si fa via via sempre più profondo e sentito.
Malinconica, nostalgica, tormentata, carismatica, sofferta, dotata di fascino, potenza, una misteriosa saggezza e una sorta di paterno calore nascosto dietro un'apparenza fredda e insensibile, la figura di Okita, con la lunga barba bianca e il cappello da capitano calcato sugli occhi, torreggia su tutti gli altri personaggi nonostante venga mostrato relativamente poco. Inflessibile, severo e impenetrabile, ma dall'animo nobile e sofferto, Okita è il non plus ultra degli eroi di guerra giapponesi di un tempo, quelli che addestravano con durezza i propri sottoposti ed erano pronti a morire per la patria, quelli che si mostravano sempre fieri e impeccabili e si concedevano di essere sentimentali e versare lacrime, aprendo un piccolo spiraglio di emotività, unicamente davanti a un bel paesaggio e con un bicchierino di saké in mano. La sua storia personale e i suoi tormenti, svelati poco a poco, contribuiscono a dipingere un affresco di un uomo d'altri tempi dal fascino straordinario.
Se Okita incarna tutto il fascino dei classici eroi di un tempo, il protagonista Susumu è solo apparentemente più moderno. Al di là del bel faccino, degli addominali scolpiti e dell'atteggiamento sfrontato e guascone, infatti, Susumu è un personaggio complesso e in continua evoluzione, che si trova a dover mettere da parte il suo spirito ribelle e si scoprirà essere più simile di quanto pensi al capitano barbuto da lui odiato in un primo momento, tanto da riuscire a comprenderne le ragioni e a compiere egli stesso scelte drastiche, sofferte e inevitabili, mettendo la sua missione persino al di sopra della sua stessa vita.
"Space Battleship Yamato" è tragico e passionale come un vecchio film di guerra, ma anche frenetico e spettacolare come un moderno film hollywoodiano. Non si risparmia effetti speciali di grande bellezza, combattimenti adrenalinici, alieni e astronavi, non gli manca nemmeno l'inevitabile sottotrama romantica, che vede come protagonista Susumu e la sua compagna Yuki, bellissima (ad un certo punto della storia, posseduta temporaneamente dagli alieni, cambia colore di occhi e capelli, e diventa stupenda), dura in apparenza ma in realtà fragile, dolce e bisognosa del suo amore.
Ha un gran bel cast, "Space Battleship Yamato". Susumu e Okita sono chiaramente i personaggi che spiccano maggiormente, ma vengono affiancati da una nutrita schiera di azzeccatissimi comprimari a cui si riesce ad affezionarsi con inaspettata facilità, nonostante alcuni di loro vengano dipinti con pochissimi, ma efficaci, tratti.
Un destino, quello della corazzata spaziale Yamato e del suo equipaggio, epico, solenne, tragico. Un viaggio straordinario fatto di cameratismo, emozioni, battaglie, amori, rivelazioni, incontri e, inevitabilmente, addii. Del resto, quella dei Terrestri contro l'ambigua razza aliena Gamilas è una guerra e, come disse tempo fa un carismatico personaggio giapponese a cartoni animati, "a volte i guerrieri perdono"...
Unico neo in un affresco che rimane comunque splendido e toccante è proprio la caratterizzazione dei cattivi, gli enigmatici alieni Gamilas, che finisce un po' buttata in una spiegazione non molto chiara e dalla deriva pseudo-filosofica come piace tanto ai Giapponesi. Non importa, però, granché, di loro, perché la scena è tutta per i Terrestri, gli umani, deboli, complessi, tormentati, splendidi eroi a bordo della Yamato, che affascinano con la loro storia e la loro missione carica di speranze ed emozioni, fra goliardiche bevute nel bar della nave e i solenni saluti militari con cui, a testa alta, vanno incontro al loro incontrovertibile destino.
Un grande spettacolo di azione e di emozioni, quello di "Space Battleship Yamato", che non sfigura affatto in confronto ai grandi blockbuster di fantascienza a stelle e strisce, a cui fa il verso con una spettacolarità degna di "Guerre Stellari" e una colonna sonora eroica ed esaltante in stile "Armageddon". Del resto, il microfono per accompagnare i titoli di coda l'han dato proprio a Steven Tyler, che regala al film giapponese "Love lives", un pezzo intenso e coinvolgente, una canzone che celebra l'amore allacciandosi perfettamente alla trama del film e al suo finale e in cui risuonano echi di quella splendida "I don't wanna miss a thing" che Tyler cantava nel 1998, un po' colonna sonora simbolo dei grandi blockbuster spaziali di Hollywood.
La recitazione è seria e convincente, e anche il giovane Takuya Kimura, idol molto popolare in Giappone che interpreta il protagonista Susumu, si rivela essere serio e preparato, capace di offrire ben più di un bel faccino al suo personaggio.
Molto buono il doppiaggio italiano, come quasi sempre accade quando ci sono di mezzo gli studi milanesi e grandi voci come quelle di Ivo De Palma (anche direttore del doppiaggio), Elisabetta Spinelli e Tony Fuochi (la cui voce seria e possente è quanto di più azzeccato possa esistere per un personaggio di gran peso come Okita).
"Space Battleship Yamato" è un film commovente, epico e avvincente, che potrà far felici sia i fan della fantascienza, delle astronavi e delle esplosioni/sparatorie, sia i fan del Giappone, che possono ritrovare qui molti aspetti della cultura del loro amato Paese, siano essi la solenne tragicità dei classici film di guerra o la riproposizione in carne ed ossa di uno dei cartoni animati nipponici più amati.
Un giorno stavo allegramente girellando per le pagine della rete quando ho letto la notizia che sarebbe stato realizzato un live action di una delle serie che preferisco in assoluto. Ho aspettato il grande giorno in gloria e quando finalmente l'ho potuto vedere... Allora, è difficile descrivere cosa ho provato. Il film era veramente bello, le uniformi erano praticamente uguali, gli attori sono particolarmente indovinati; il capitano Okita (Avatar), Shiro Sanada (Sandor) e il capo meccanico Tokugava (Orion) sono presi ed estratti pari pari dall'anime, sono uguali. Anche gli altri sono abbastanza simili, ma con questi ultimi tre si sono superate tutte le aspettative. Gli unici che sono effettivamente diversi sono Yuki Mori, che pur se bellissima è troppo formosa rispetto all'originale e non è bionda, e soprattutto il dottor Sado, che migliora di molto il suo aspetto e, soprattutto, cambia genere diventando donna.
Per quanto riguarda la nave non ci sono dubbi, è lei, la Yamato, come ce la ricordavamo, una ricostruzione assolutamente perfetta. La scena del decollo della Yamato è magnifica e maestosa come nell'originale serie animata, senza parlare delle procedure per l'utilizzo del famoso cannone a onde moventi e di tutta la sequenza di sparo, assolutamente uguali e curate nei minimi particolari.
La storia è praticamente quella della prima serie, condensata in poco più di due ore, una storia già collaudata e quindi una garanzia di successo, e il finale stesso del film è né più né meno quello che mi sarei aspettato da un finale di un qualsiasi OAV.
Ma se è tutto così perfetto cos'è stato che ha abbassato così il voto? Essenzialmente si tratta di due cose, una più importante e una meno.
Quella più marginale è la sigla di chiusura: "Love Lives" è una canzone bellissima cantata da una voce magica, quella di Steve Tyler (il cantante degli Aerosmith), e quindi una musica di prim'ordine, ma non è il tema della Yamato e questo mi ha un po' infastidito, comunque niente di trascendentale.
La cosa, invece, che mi ha dato veramente noia è stata la "forma" dei Gamilonesi. Nella serie animata erano degli umanoidi comandati da uno splendido cattivo, il supremo Desslock (Deslar), cattivo ma non malvagio, mai sleale e che sapeva riconoscere le proprie sconfitte, quello che potrebbe essere tranquillamente definito un signore. Ma nel film c'è una spersonalizzazione di Deslar, che diventa poco più di un messaggero per la coscienza collettiva gamilonese, cosa che mi ha dato l'impressione di essere una sorta di scopiazzatura della coscienza collettiva Borg e del loro portavoce umanoide Locutus in "Star Trek TNG". Di rimando non mi è piaciuta neppure la relazione tra Iskandaru e Gamilasu, profondamente cambiata. Comunque è cambiato soltanto questo rapporto, i combattimenti importanti sono esattamente gli stessi e l'epicità della serie non ne risente minimamente.
In conclusione questo live action è un bellissimo film da riguardare e consigliare sicuramente, ma sarebbe potuto essere migliore.
Per quanto riguarda la nave non ci sono dubbi, è lei, la Yamato, come ce la ricordavamo, una ricostruzione assolutamente perfetta. La scena del decollo della Yamato è magnifica e maestosa come nell'originale serie animata, senza parlare delle procedure per l'utilizzo del famoso cannone a onde moventi e di tutta la sequenza di sparo, assolutamente uguali e curate nei minimi particolari.
La storia è praticamente quella della prima serie, condensata in poco più di due ore, una storia già collaudata e quindi una garanzia di successo, e il finale stesso del film è né più né meno quello che mi sarei aspettato da un finale di un qualsiasi OAV.
Ma se è tutto così perfetto cos'è stato che ha abbassato così il voto? Essenzialmente si tratta di due cose, una più importante e una meno.
Quella più marginale è la sigla di chiusura: "Love Lives" è una canzone bellissima cantata da una voce magica, quella di Steve Tyler (il cantante degli Aerosmith), e quindi una musica di prim'ordine, ma non è il tema della Yamato e questo mi ha un po' infastidito, comunque niente di trascendentale.
La cosa, invece, che mi ha dato veramente noia è stata la "forma" dei Gamilonesi. Nella serie animata erano degli umanoidi comandati da uno splendido cattivo, il supremo Desslock (Deslar), cattivo ma non malvagio, mai sleale e che sapeva riconoscere le proprie sconfitte, quello che potrebbe essere tranquillamente definito un signore. Ma nel film c'è una spersonalizzazione di Deslar, che diventa poco più di un messaggero per la coscienza collettiva gamilonese, cosa che mi ha dato l'impressione di essere una sorta di scopiazzatura della coscienza collettiva Borg e del loro portavoce umanoide Locutus in "Star Trek TNG". Di rimando non mi è piaciuta neppure la relazione tra Iskandaru e Gamilasu, profondamente cambiata. Comunque è cambiato soltanto questo rapporto, i combattimenti importanti sono esattamente gli stessi e l'epicità della serie non ne risente minimamente.
In conclusione questo live action è un bellissimo film da riguardare e consigliare sicuramente, ma sarebbe potuto essere migliore.
Il film di Space Battleship Yamato sembra realizzato a beneficio di quarantenni cresciuti con l'anime del '74, gente che ha visto tutte e tre le serie e tutti i film di animazione, possibilmente più volte. È evidente lo sforzo realizzato per compiacere questo tipo di pubblico. D'altra parte non si sono volute lasciare indietro le nuove generazioni e nel film sono stati modernizzati molti aspetti per venire incontro ai tempi che cambiano. Per esempio Yuki non è più la dolce biondina di un tempo, visto che la rivoluzione sessuale è passata da un pezzo: adesso è diventata una grintosissima pilota di caccia e può addirittura fare sesso con Kodai, cosa che non abbiamo mai potuto vedere nell'anime. Il Dottor Sado è diventato una graziosa signorina con gli occhiali, del resto dove l'avrebbero potuto trovare un attore che somigliasse a Sado?. Le spettatrici non sono state comunque trascurate, perché mi sembra che l'attore che incarna Kodai possa far girare la testa alle fangirl. Il robot IQ9 è stato modernizzato, ma devo dire che il cambiamento è andato a suo favore. Il ritmo è diventato più veloce di quello di un tempo, come ci si deve aspettare da un film, ma non troppo frenetico e le 2 ore e 11 minuti di durata permettono di narrare il viaggio della Yamato come merita. Tutti i cambiamenti superficiali hanno lasciato invariato il nucleo profondo dell'opera, che è sempre lo stesso dell'anime originale: Kodai è ancora Kodai; il capitano Okita è ancora il capitano; il cannone a onde moventi è ancora quello che era; e soprattutto la colonna sonora è sempre la solita ed è ancora in grado di commuovere oggi come un tempo.
Le scene clou della serie anime sono state riprodotte con religiosa scrupolosità, compreso il primo decollo della Yamato e l'importantissima scena di caricamento e fuoco del cannone a onde moventi. La Yamato è stata riprodotta nei minimi dettagli, compresi i motori e la plancia di comando. Le uniformi dei Guerrieri delle Stelle sono quelle che tutti conosciamo e amiamo. Tutto questo rende impossibile assegnare meno di 8 al film. D'altra parte il film non può uguagliare l'anime perché manca la fondamentale figura di Deslar, il personaggio che più di tutti ha fatto grande la corazzata Yamato, specialmente nella seconda serie. Per avere una grande serie d'azione è necessario un grande avversario: purtroppo la coscienza collettiva gamilonese vista nel film è Deslar solo di nome. Anche il legame tra Gamilon e Iskandar è stato modificato nel film: non dico di più per evitare spoiler, dirò solo che la regina Starsha appare in una forma diversa rispetto a quella cui eravamo abituati. Insomma, sono stati fatti dei cambiamenti, alcuni anche comprensibili e poco criticabili, altri invece più gravi. Ma non si sono snaturate le atmosfere dell'anime. L'eroismo, l'epicità, il senso di destino collegato alla missione della Yamato sono ancora gli stessi. Sorprende molto il finale, diverso e più drammatico di quello dell'anime, forse anche ingiustificato; eppure non mi sento di criticarlo. Quello che invece critico è la musica che si sente nell'ending, una canzone in inglese complementamente nuova quando invece mi aspettavo (e DOVEVA esserci) il tema della Yamato a tutto volume: non è possibile farlo sentire in sottofondo a bassissimo volume per buon parte del film e mai farlo sentire come merita, neppure una volta! Per questo arrotondo il mio 8,5 a 8, sennò avrei anche potuto arrotondare per eccesso. Si tratta comunque di un buon film in grado di soddisfare sia i giovani che i nostalgici, che tra l'altro ha goduto di un grandissimo successo di pubblico al box office giapponese.
P.S. ovviamente una parte di me sa che la corazzata Yamato è soltanto una grande illusione, nata per compensare i giapponesi della sonora sconfitta subita da parte degli americani durante la seconda guerra mondiale, in cui la vera portaerei Yamato, orgoglio della flotta imperiale, venne spietatamente affondata. Ma lasciamoli sognare e sognamo pure noi con loro.
Le scene clou della serie anime sono state riprodotte con religiosa scrupolosità, compreso il primo decollo della Yamato e l'importantissima scena di caricamento e fuoco del cannone a onde moventi. La Yamato è stata riprodotta nei minimi dettagli, compresi i motori e la plancia di comando. Le uniformi dei Guerrieri delle Stelle sono quelle che tutti conosciamo e amiamo. Tutto questo rende impossibile assegnare meno di 8 al film. D'altra parte il film non può uguagliare l'anime perché manca la fondamentale figura di Deslar, il personaggio che più di tutti ha fatto grande la corazzata Yamato, specialmente nella seconda serie. Per avere una grande serie d'azione è necessario un grande avversario: purtroppo la coscienza collettiva gamilonese vista nel film è Deslar solo di nome. Anche il legame tra Gamilon e Iskandar è stato modificato nel film: non dico di più per evitare spoiler, dirò solo che la regina Starsha appare in una forma diversa rispetto a quella cui eravamo abituati. Insomma, sono stati fatti dei cambiamenti, alcuni anche comprensibili e poco criticabili, altri invece più gravi. Ma non si sono snaturate le atmosfere dell'anime. L'eroismo, l'epicità, il senso di destino collegato alla missione della Yamato sono ancora gli stessi. Sorprende molto il finale, diverso e più drammatico di quello dell'anime, forse anche ingiustificato; eppure non mi sento di criticarlo. Quello che invece critico è la musica che si sente nell'ending, una canzone in inglese complementamente nuova quando invece mi aspettavo (e DOVEVA esserci) il tema della Yamato a tutto volume: non è possibile farlo sentire in sottofondo a bassissimo volume per buon parte del film e mai farlo sentire come merita, neppure una volta! Per questo arrotondo il mio 8,5 a 8, sennò avrei anche potuto arrotondare per eccesso. Si tratta comunque di un buon film in grado di soddisfare sia i giovani che i nostalgici, che tra l'altro ha goduto di un grandissimo successo di pubblico al box office giapponese.
P.S. ovviamente una parte di me sa che la corazzata Yamato è soltanto una grande illusione, nata per compensare i giapponesi della sonora sconfitta subita da parte degli americani durante la seconda guerra mondiale, in cui la vera portaerei Yamato, orgoglio della flotta imperiale, venne spietatamente affondata. Ma lasciamoli sognare e sognamo pure noi con loro.