Le Bizzarre Avventure di JoJo: Stardust Crusaders
Stardust Crusaders è la terza serie de "Le bizzarre avventure di Jojo", in cui abbiamo come protagonista il nipote di Joseph Joestar: Jotaro Kujo.
Storia: 8
La storia narra il percorso che il gruppo dei protagonisti deve affrontare per arrivare a sconfiggere Dio Brando. Di conseguenza la narrazione può risultare ripetitiva, infatti i personaggi non faranno altro che affrontare uno dopo l'altro gli avversari che gli si parano davanti. Ciò che rende bella la storia di questa serie è l'aggiunta degli stand, che permette di avere dei combattimenti molto più elaborati e interessanti da leggere. La componente strategica prende piede sempre di più man mano che si va avanti nella storia. I primissimi volumi sono una sorta di test per questo tipo di combattimenti, e per questo risultano la parte secondo me meno interessante di tutto Jojo, in quanto presentano combattimenti fiacchi e quasi del tutto privi di strategia. Per non parlare di alcune dimenticanze, per esempio il fatto che Dio Brando usa uno stand all'inizio che poi però non compare più, o che lo stand di Kakyoin viene inizialmente presentato con vari poteri, ma nel corso della serie ne userà soltanto uno. Tuttavia già dal secondo volume la storia inizia a prendere il via e i gli stand introdotti diventano sempre più interessanti.
Personaggi: 9
Questa serie contiene dei personaggi davvero ben fatti. Partendo dai protagonisti fino ai portatori di stand e al villain principale. In questa serie si delinea un vero e proprio gruppo di eroi che affronta le minacce. In questo gruppo ritroviamo Joseph Joestar ,che è il mio Jojo preferito, Polnareff che è secondo me il personaggio migliore di questa terza serie, il protagonista Jotaro che invece è il più cazzuto. Come detto ci sono anche dei portatori di stand avversari che sono ben caratterizzati e carismatici. Il villain principale, Dio Brando già lo conoscevamo, ma risulta durante il corso della storia una figura molto più enigmatica, in quanto cresce la curiosità di sapere quale sia il potere del suo stand. Araki lo fa vedere infatti pochissime volte proprio per accrescere le aspettative sul ritorno in azione di questo personaggio.
Disegni: 8
Il disegno di questa serie è un notevole passo in avanti rispetto al suo predecessore "Battle Tendency". Il tratto è molto più curato e si evolve nel corso della storia, raggiungendo il suo culmine nel finale. Mi è piaciuto molto il fatto che il volto di Dio durante i volumi venisse sempre raffigurato in ombra, fattore che accresce la misteriosità del personaggio. Buone le scene d'azione e l'espressività dei personaggi. Un'altra cosa che colpisce molto è il design sempre originale dei vari stand. Inoltre in questa serie la regia delle tavole diventa ottima, rispetto alle serie precedenti che presentavano alcuni problemi su questo lato, specialmente "Phantom Blood" e la prima metà di "Battle Tendency".
Voto Finale: 8,5
Storia: 8
La storia narra il percorso che il gruppo dei protagonisti deve affrontare per arrivare a sconfiggere Dio Brando. Di conseguenza la narrazione può risultare ripetitiva, infatti i personaggi non faranno altro che affrontare uno dopo l'altro gli avversari che gli si parano davanti. Ciò che rende bella la storia di questa serie è l'aggiunta degli stand, che permette di avere dei combattimenti molto più elaborati e interessanti da leggere. La componente strategica prende piede sempre di più man mano che si va avanti nella storia. I primissimi volumi sono una sorta di test per questo tipo di combattimenti, e per questo risultano la parte secondo me meno interessante di tutto Jojo, in quanto presentano combattimenti fiacchi e quasi del tutto privi di strategia. Per non parlare di alcune dimenticanze, per esempio il fatto che Dio Brando usa uno stand all'inizio che poi però non compare più, o che lo stand di Kakyoin viene inizialmente presentato con vari poteri, ma nel corso della serie ne userà soltanto uno. Tuttavia già dal secondo volume la storia inizia a prendere il via e i gli stand introdotti diventano sempre più interessanti.
Personaggi: 9
Questa serie contiene dei personaggi davvero ben fatti. Partendo dai protagonisti fino ai portatori di stand e al villain principale. In questa serie si delinea un vero e proprio gruppo di eroi che affronta le minacce. In questo gruppo ritroviamo Joseph Joestar ,che è il mio Jojo preferito, Polnareff che è secondo me il personaggio migliore di questa terza serie, il protagonista Jotaro che invece è il più cazzuto. Come detto ci sono anche dei portatori di stand avversari che sono ben caratterizzati e carismatici. Il villain principale, Dio Brando già lo conoscevamo, ma risulta durante il corso della storia una figura molto più enigmatica, in quanto cresce la curiosità di sapere quale sia il potere del suo stand. Araki lo fa vedere infatti pochissime volte proprio per accrescere le aspettative sul ritorno in azione di questo personaggio.
Disegni: 8
Il disegno di questa serie è un notevole passo in avanti rispetto al suo predecessore "Battle Tendency". Il tratto è molto più curato e si evolve nel corso della storia, raggiungendo il suo culmine nel finale. Mi è piaciuto molto il fatto che il volto di Dio durante i volumi venisse sempre raffigurato in ombra, fattore che accresce la misteriosità del personaggio. Buone le scene d'azione e l'espressività dei personaggi. Un'altra cosa che colpisce molto è il design sempre originale dei vari stand. Inoltre in questa serie la regia delle tavole diventa ottima, rispetto alle serie precedenti che presentavano alcuni problemi su questo lato, specialmente "Phantom Blood" e la prima metà di "Battle Tendency".
Voto Finale: 8,5
Per me senza dubbio questo è il miglior capitolo di tutta la saga.
Stardust Crusaders è il top su tutto: originalità della trama e dei personaggi, disegni, varietà delle ambientazioni. E ovviamente non mancano le citazioni musicali.
Si finisce il lungo arco narrativo legati alla Maschera di pietra e si introduce la novità degli STAND, elemento che sarà presente per un bel po’ nell’universo di Hirohiko Araki.
Gli stand sono delle proiezioni dell’energia psico/spirituale che solo determinati individui possiedono e si manifestano principalmente come un guerriero con specifiche capacità e caratteristiche e poteri (differenti forza, velocità e raggio d’azione) ma possono anche avere altre forme, da un’auto a una nave.
Il protagonista, Jotaro, sembra uscito dal manga Otoko Juku, e per l’ennesima volta mi fa sorridere ed immaginare che meraviglia dovesse essere la rivista “Weekly Shonen Jump” negli anni ottanta.
Una delle cose che meglio funziona è la varietà dei personaggi, decisamente avanti per quegli anni, quasi si pensasse già al politically correct, il tutto con “nonno” Joseph Joestar, amato protagonista delle seconda serie, a fare da “super special guest star”. Come per tanti battle shonen di quegli anni, però, vietato affezionarsi troppo ai nuovi personaggi...
Lo stile di disegno, veramente ai massimi livelli di Araki per dettagli e qualità della retinatura, inizia ad evolvere, portando l’autore e disegnare piano piano i corpi dei protagonisti un po’ meno muscolosi. Questa “involuzione” si nota sempre di più nelle serie successive, dove i protagonisti avranno sempre corporature più “normali”, ma in compenso sempre accessori sempre più bizzarre.
La serie di 16 tankobon, pubblicata in patria dal 1989 al 1992, è arrivata in Italia pochissimi anni dopo, su una delle testate di punta dell’editore di manga più importante dell’epoca. Come ho già detto reputo questa saga la migliore in assoluto di tutto l’universo di Jojo: la consiglierei a tutti se non fosse che, non avendo letto le prime due, si farebbe non poca fatica a capire chi è il “super cattivo” della situazione, che anche qui siamo davvero al top.
Stardust Crusaders è il top su tutto: originalità della trama e dei personaggi, disegni, varietà delle ambientazioni. E ovviamente non mancano le citazioni musicali.
Si finisce il lungo arco narrativo legati alla Maschera di pietra e si introduce la novità degli STAND, elemento che sarà presente per un bel po’ nell’universo di Hirohiko Araki.
Gli stand sono delle proiezioni dell’energia psico/spirituale che solo determinati individui possiedono e si manifestano principalmente come un guerriero con specifiche capacità e caratteristiche e poteri (differenti forza, velocità e raggio d’azione) ma possono anche avere altre forme, da un’auto a una nave.
Il protagonista, Jotaro, sembra uscito dal manga Otoko Juku, e per l’ennesima volta mi fa sorridere ed immaginare che meraviglia dovesse essere la rivista “Weekly Shonen Jump” negli anni ottanta.
Una delle cose che meglio funziona è la varietà dei personaggi, decisamente avanti per quegli anni, quasi si pensasse già al politically correct, il tutto con “nonno” Joseph Joestar, amato protagonista delle seconda serie, a fare da “super special guest star”. Come per tanti battle shonen di quegli anni, però, vietato affezionarsi troppo ai nuovi personaggi...
Lo stile di disegno, veramente ai massimi livelli di Araki per dettagli e qualità della retinatura, inizia ad evolvere, portando l’autore e disegnare piano piano i corpi dei protagonisti un po’ meno muscolosi. Questa “involuzione” si nota sempre di più nelle serie successive, dove i protagonisti avranno sempre corporature più “normali”, ma in compenso sempre accessori sempre più bizzarre.
La serie di 16 tankobon, pubblicata in patria dal 1989 al 1992, è arrivata in Italia pochissimi anni dopo, su una delle testate di punta dell’editore di manga più importante dell’epoca. Come ho già detto reputo questa saga la migliore in assoluto di tutto l’universo di Jojo: la consiglierei a tutti se non fosse che, non avendo letto le prime due, si farebbe non poca fatica a capire chi è il “super cattivo” della situazione, che anche qui siamo davvero al top.
“Stardust Crusaders” è la terza parte de “Le Bizzarre Avventure di JoJo” ed è, a mio avviso, una delle migliori. Le prime due si erano rivelate estremamente originali e coinvolgenti, ma qui il livello si alza ulteriormente con un numero considerevole di novità e miglioramenti.
La prima caratteristica in cui Stardust Crusaders si distingue è certamente la componente avventurosa. Aver strutturato la storia come un lungo viaggio dal Giappone all’Egitto è stata la prima idea geniale di Hiroiko Araki. Questo ha conferito alle vicende un sapore più eroico ed intenso, rendendo ogni capitolo facilmente comprensibile negli spostamenti, dando l’impressione che non vi siano mai tempi morti e momenti inutili. Inoltre ha permesso all’autore di sfogarsi nelle citazioni e nelle nozioni geo-storiche di ogni luogo visitato dai protagonisti, senza risultare mai eccessivamente prolisso o noioso. Questo schema “a tappe” ha garantito un’ottima varietà di situazioni, ma allo stesso tempo non fa mai distogliere il lettore dall’obiettivo principale dei personaggi. I quali rappresentano un altro punto decisamente a favore dell’opera.
Come in “Phantom Blood”, anche questa volta il miglior personaggio è l’antagonista, che si rivela sempre Dio Brando. Averlo riciclato in questa storia è stata un’ottima scelta, che tuttavia non avrebbe funzionato a pieno se fosse stato utilizzato allo stesso modo. Ecco quindi che l’autore gli ha conferito un’aura più misteriosa, una figura preziosa da mostrare solo in rare occasioni e mantenendone i segreti fino all’ultimo scontro. Un boss finale, preceduto ovviamente da una sequela di servitori tutti abbastanza riusciti. I protagonisti di quest’avventura sono stati degnamente caratterizzati, curiosamente però quello meno interessante è proprio il nuovo “JoJo”. Jotaro Kujo è sicuramente un personaggio riconoscibile e a suo modo iconico. Tuttavia penso che il suo carattere finisca per mettere in risalto i compagni più originali e “chiassosi”. In primis il vecchio “JoJo” Joseph Joestar, sempre in forma e pronto all’azione. Probabilmente quello che da luogo alle situazioni più comiche. Lo accompagna in questo Jean-Pierre Polnareff, tra i nuovi personaggi forse il più riuscito. Abbastanza validi anche Abdul e Kakyoin che completano la squadra umana dei “Crusaders”.
Questa parte viene giustamente ricordata anche per essere quella che ha lanciato gli “Stand”, delle proiezioni spirituali che accompagnano i personaggi sulle quelle quali è basato il power-up del manga anche per molte delle serie successive. La fantasia e l’ingegno che Araki ha messo in campo per sfruttare questi spiriti nelle lotte è sorprendente e spinge ancora di più sul fattore “intelligenza” già apprezzabile nelle serie precedenti. Non a caso molte delle battaglie che i protagonisti dovranno affrontare saranno delle sfide di nervi.
In definitiva “Stardust Crusaders” è il mix perfetto di azione e avventura che valorizza ciò che l’ha preceduto e ciò che rappresenta. Un’opera ambiziosa e innovativa, ma con i piedi saldi a terra che non smette di divertire ed emozionare. Destinato a diventare un metro di giudizio non solo per le successive parti del manga, ma anche per gli altri shonen dello stesso genere.
La prima caratteristica in cui Stardust Crusaders si distingue è certamente la componente avventurosa. Aver strutturato la storia come un lungo viaggio dal Giappone all’Egitto è stata la prima idea geniale di Hiroiko Araki. Questo ha conferito alle vicende un sapore più eroico ed intenso, rendendo ogni capitolo facilmente comprensibile negli spostamenti, dando l’impressione che non vi siano mai tempi morti e momenti inutili. Inoltre ha permesso all’autore di sfogarsi nelle citazioni e nelle nozioni geo-storiche di ogni luogo visitato dai protagonisti, senza risultare mai eccessivamente prolisso o noioso. Questo schema “a tappe” ha garantito un’ottima varietà di situazioni, ma allo stesso tempo non fa mai distogliere il lettore dall’obiettivo principale dei personaggi. I quali rappresentano un altro punto decisamente a favore dell’opera.
Come in “Phantom Blood”, anche questa volta il miglior personaggio è l’antagonista, che si rivela sempre Dio Brando. Averlo riciclato in questa storia è stata un’ottima scelta, che tuttavia non avrebbe funzionato a pieno se fosse stato utilizzato allo stesso modo. Ecco quindi che l’autore gli ha conferito un’aura più misteriosa, una figura preziosa da mostrare solo in rare occasioni e mantenendone i segreti fino all’ultimo scontro. Un boss finale, preceduto ovviamente da una sequela di servitori tutti abbastanza riusciti. I protagonisti di quest’avventura sono stati degnamente caratterizzati, curiosamente però quello meno interessante è proprio il nuovo “JoJo”. Jotaro Kujo è sicuramente un personaggio riconoscibile e a suo modo iconico. Tuttavia penso che il suo carattere finisca per mettere in risalto i compagni più originali e “chiassosi”. In primis il vecchio “JoJo” Joseph Joestar, sempre in forma e pronto all’azione. Probabilmente quello che da luogo alle situazioni più comiche. Lo accompagna in questo Jean-Pierre Polnareff, tra i nuovi personaggi forse il più riuscito. Abbastanza validi anche Abdul e Kakyoin che completano la squadra umana dei “Crusaders”.
Questa parte viene giustamente ricordata anche per essere quella che ha lanciato gli “Stand”, delle proiezioni spirituali che accompagnano i personaggi sulle quelle quali è basato il power-up del manga anche per molte delle serie successive. La fantasia e l’ingegno che Araki ha messo in campo per sfruttare questi spiriti nelle lotte è sorprendente e spinge ancora di più sul fattore “intelligenza” già apprezzabile nelle serie precedenti. Non a caso molte delle battaglie che i protagonisti dovranno affrontare saranno delle sfide di nervi.
In definitiva “Stardust Crusaders” è il mix perfetto di azione e avventura che valorizza ciò che l’ha preceduto e ciò che rappresenta. Un’opera ambiziosa e innovativa, ma con i piedi saldi a terra che non smette di divertire ed emozionare. Destinato a diventare un metro di giudizio non solo per le successive parti del manga, ma anche per gli altri shonen dello stesso genere.
Feci la conoscenza del franchise di "JoJo's Bizarre Adventure" a sei anni, in maniera fortuita.
Correva l'anno 1997, quando Star Comics e Kappa Magazine erano, come il sottoscritto, nella loro primissima infanzia. Erano gli anni in cui il mondo dell'editoria giapponese si stava espandendo in Italia, inaugurando un mercato poco calcato fino ad allora; anni in cui il profumo delle novità in arrivo dall'estremo Est inebriava ed attirava, portando a cercare nuove conquiste letterarie.
Ne ignoro le cause, ma mi venne regalato uno degli ultimi albi di "Stardust Crusaders". All'epoca si trattava di uscite mensili di pochi capitoli alla volta da circa 3.000 lire, pubblicate sotto la generica dicitura "Action" da Star Comics; libercoli leggerini, sottili, di un'orribile carta giallo-grigiastra che permeava le tavole di un alone triste e gramo.
Venni catapultato agli albori dello scontro con Dio in Egitto; senza contesto e senza passato, quei pochi capitoli mi lasciarono sconcertato ed atterrito. Esseri che fluttuavano in aria, personaggi dal nome curioso e divino, una violenza continua e gratuita, poteri di cui non conoscevo l'origine: quello che più tardi avrei conosciuto come "capitolo 137 di Stardust Crusaders" mi colpì come un pugno allo stomaco. Eppure, nonostante abbia perduto quell'albo 39 chissà dove e chissà quando, quel centinaio di pagine mi sono rimaste impresse nell'animo e nella memoria, portandomi a distanza di vari lustri a leggermi per la prima volta tutte le avventure dei tre JoJo.
Chiudiamo il capitolo delle dolci epifanie infantili, e vediamo di farla breve.
"Stardust Crusaders", da considerarsi assolutamente come estensione dei primi due capitoli formando così una trilogia indivisibile ed a se' stante nell'universo di Araki, è da considerarsi lo stralcio che più di altri merita di potersi fregiare del termine "avventure".
Il ritmo narrativo, il tema ricorrente del viaggio cui sono soggetti i protagonisti, la creazione di un pantheon per includere gli stand dei personaggi, il senso di fraterno cameratismo che nasce nella compagnia dei sei pari passo alla loro amicizia, sono tutti fattori che contribuiscono a creare un'atmosfera da vero film d'avventura prima che d'azione. Componente, quest'ultima, che allo stesso modo emerge e contraddistingue il manga, dosata senza troppo timore dall'autore nel suo modo peculiare, con figure spigolose, pose plastiche, violenza spietata.
Tirando le somme, "Stardust Crusaders" è il degno coronamento di una terna di capitoli eccezionale ed eccelsa, capace di guadagnarsi una posizione di privilegio rispetto agli altri al punto da rendere palese lo stacco con il suo prosieguo. Per quanto mi riguarda, la ricerca di Dio Brando per tutta l'Asia e tutte le vicende correlate costituiscono un perfetto esempio di quanto richiesto da un manga d'azione ed avventura.
Correva l'anno 1997, quando Star Comics e Kappa Magazine erano, come il sottoscritto, nella loro primissima infanzia. Erano gli anni in cui il mondo dell'editoria giapponese si stava espandendo in Italia, inaugurando un mercato poco calcato fino ad allora; anni in cui il profumo delle novità in arrivo dall'estremo Est inebriava ed attirava, portando a cercare nuove conquiste letterarie.
Ne ignoro le cause, ma mi venne regalato uno degli ultimi albi di "Stardust Crusaders". All'epoca si trattava di uscite mensili di pochi capitoli alla volta da circa 3.000 lire, pubblicate sotto la generica dicitura "Action" da Star Comics; libercoli leggerini, sottili, di un'orribile carta giallo-grigiastra che permeava le tavole di un alone triste e gramo.
Venni catapultato agli albori dello scontro con Dio in Egitto; senza contesto e senza passato, quei pochi capitoli mi lasciarono sconcertato ed atterrito. Esseri che fluttuavano in aria, personaggi dal nome curioso e divino, una violenza continua e gratuita, poteri di cui non conoscevo l'origine: quello che più tardi avrei conosciuto come "capitolo 137 di Stardust Crusaders" mi colpì come un pugno allo stomaco. Eppure, nonostante abbia perduto quell'albo 39 chissà dove e chissà quando, quel centinaio di pagine mi sono rimaste impresse nell'animo e nella memoria, portandomi a distanza di vari lustri a leggermi per la prima volta tutte le avventure dei tre JoJo.
Chiudiamo il capitolo delle dolci epifanie infantili, e vediamo di farla breve.
"Stardust Crusaders", da considerarsi assolutamente come estensione dei primi due capitoli formando così una trilogia indivisibile ed a se' stante nell'universo di Araki, è da considerarsi lo stralcio che più di altri merita di potersi fregiare del termine "avventure".
Il ritmo narrativo, il tema ricorrente del viaggio cui sono soggetti i protagonisti, la creazione di un pantheon per includere gli stand dei personaggi, il senso di fraterno cameratismo che nasce nella compagnia dei sei pari passo alla loro amicizia, sono tutti fattori che contribuiscono a creare un'atmosfera da vero film d'avventura prima che d'azione. Componente, quest'ultima, che allo stesso modo emerge e contraddistingue il manga, dosata senza troppo timore dall'autore nel suo modo peculiare, con figure spigolose, pose plastiche, violenza spietata.
Tirando le somme, "Stardust Crusaders" è il degno coronamento di una terna di capitoli eccezionale ed eccelsa, capace di guadagnarsi una posizione di privilegio rispetto agli altri al punto da rendere palese lo stacco con il suo prosieguo. Per quanto mi riguarda, la ricerca di Dio Brando per tutta l'Asia e tutte le vicende correlate costituiscono un perfetto esempio di quanto richiesto da un manga d'azione ed avventura.
"Stardust Crusaders" si pone come il terzo capitolo della saga ma sotto vari aspetti lo si potrebbe definire il primo vero "JoJo". Araki dopo aver sperimentato con "Phantom Blood" e "Battle Tendency" giunge alla sua consacrazione capovolgendo completamente le dinamiche di genere. In questa serie, con la resurrezione del malvagio Dio Brando, emergono dei nuovi poteri denominati "stand": un'emanazione spirituale di individui eccezionali che proiettano una figura di forma umanoide, animale, ibrida, materiale o astratta che si caratterizza attraverso dei poteri e delle proprietà uniche. Araki rimodella se stesso rendendo la storia molto più complessa e i duelli sempre più raffinati. Un vento carico di novità che trova nel suo protagonista un portabandiera emblematico e calzante: Jotaro Kujo... il terzo JoJo. Non a caso uno dei più amati dell'universo di Araki, e non solo per le sue doti eccezionali, ma soprattutto per il suo temperamento, il suo acume strategico e il suo sangue freddo. Jotaro non parla molto, ma quando decide di farlo non si può fare altro che rimanerne incantati. Un leader silenzioso che rende ogni suo scontro unico e mai banale. Ad un grande protagonista occorre un rivale adatto per poter infiammare l'animo del lettore e direi che Dio Brando fa decisamente la sua bella figura. Dall'ombra della sua "torre d'avorio" muove le fila restando comunque una figura ingombrante. La sua mano invisibile la si può vedere danzare su questa scacchiera di fanti mandanti al macello, e lui è il re più difficile da imbrigliare, il giocatore più astuto che possiede sempre un piano di riserva. I disegni sono audaci, giocano con le emozioni e osano molto più rispetto alle precedenti serie. Non manca il solito umorismo tagliente di Araki e il suo immenso bagaglio culturale che si snoda attraverso citazioni sopraffine soprattutto in ambito musicale. Come voto ho messo 8 ma consideratelo un 8,5... serve aggiungere altro? Dai su!!! Correte a leggerlo!!!
Lo dico subito: se non avete letto questa serie di Jojo, non potete considerarvi veri appassionati, né tantomeno esperti di manga. Perché Stardust Crusaders, con l'avvento degli stand e un enorme balzo avanti nella genialità dell'autore, costituisce un autentico caposaldo del genere fumettistico nipponico, tant'è che può essere considerato ben più influente di opere più famose nello sviluppo degli shonen moderni.
Ricordate le onde concentriche, che la famiglia Joestar usava per combattere vampiri e Uomini del Pilastro nelle due serie precedenti? Bene, dimenticatele. Perché con questa serie di 16 volumi Hiroiko Araki si è meritato la qualifica di genio, creando un potere così originale, quasi perfetto, come gli stand, entità spirituali che si manifestano al comando del portatore per combattere, e che saranno sfruttati da Jotaro Kujo, nipote giapponese dell'ormai anziano Joseph, e dai suoi compagni, per combattere una nostra vecchia conoscenza tornata dal passato. Con gli stand, Araki è riuscito a sposare magistralmente bei poteri, originalità, innovazione, e rappresentazioni grafiche davvero ben curate (che verranno poi sviluppate e perfezionate nella serie successiva).
Stardust Crusaders si differenzia subito da Phantom Blood e Battle Tendency, oltre che per i già citati stand, per la lunghezza (ben 16 volumi in confronto ai 5 e 7 delle altre due) e per l'espediente narrativo del viaggio. Il gruppo dei protagonisti dovrà infatti compiere un'immensa traversata di mezzo mondo, per raggiungere, partendo dal Giappone, Il Cairo, in Egitto. E questa trovata è davvero riuscita: Araki ha trovato il modo di mostrarci ogni volta un'ambientazione differente e innovativa, sempre curata a dovere.
Un'altra nota positiva della terza serie è il ritmo incessante dei combattimenti: non troverete un capitolo, né tantomeno un volume, che non contenga almeno uno scambio di colpi tra portatori di stand. Tuttavia, questo a volte da un pregio rischia di diventare un difetto: il ritmo è così incalzante che a volte spererete che la sequenza di lotte venga interrotta per lasciarvi un po' di fiato, cosa che non succederà mai. E bisogna dire che forse Araki ha esagerato nel voler incentrare questa serie (così come le successive) quasi esclusivamente sui combattimenti, penalizzando in troppi casi la trama, che passa del tutto in secondo piano. Anche perché troverete alcuni di questi scontri assolutamente superflui, evitabili e poco curati, tanto che sembreranno messi lì solo per allungare il brodo.
Altro punto forte di Stardust Crusaders è il divertimento: ebbene sì, perché sembra che dopo circa tre anni di Jojo, Hirohiko Araki abbia anche risvegliato un talento comico assolutamente inaspettato, inserendo siparietti a dir poco esilaranti anche all'interno dei più rischiosi combattimenti, senza risultare mai banale, anzi, aggiungendo un giusto pizzico di ironia che va ad amalgamare tra loro le varie lotte di questa serie.
Dopo tutti questi complimenti, non posso però non inserire una critica verso il finale: sebbene Araki sia riuscito a infondere nella lotta contro l'antagonista principale di tutta la serie drammaticità ed epicità al punto giusto, quello che stona parecchio è il deus ex machina utilizzato dall'autore per permettere ai protagonisti di sconfiggere un nemico davvero troppo forte (in questo, si ricollega perfettamente alla seconda serie, Battle Tendency, che presenta lo stesso identico difetto: in entrambi i casi, Araki ha esagerato nel creare un potere praticamente incontrastabile).
Questo, comunque, non vi rovinerà la lettura del patriarca degli shonen attuali. Stardust Crusaders è un'opera ben al di sopra della media (soprattutto per l'epoca a cui risale); dopo averla completata, non potrete che riconoscere Hirohiko Araki come un genio assoluto e un pioniere nell'inventare dal nulla qualcosa di innovativo e originale come gli stand.
Ricordate le onde concentriche, che la famiglia Joestar usava per combattere vampiri e Uomini del Pilastro nelle due serie precedenti? Bene, dimenticatele. Perché con questa serie di 16 volumi Hiroiko Araki si è meritato la qualifica di genio, creando un potere così originale, quasi perfetto, come gli stand, entità spirituali che si manifestano al comando del portatore per combattere, e che saranno sfruttati da Jotaro Kujo, nipote giapponese dell'ormai anziano Joseph, e dai suoi compagni, per combattere una nostra vecchia conoscenza tornata dal passato. Con gli stand, Araki è riuscito a sposare magistralmente bei poteri, originalità, innovazione, e rappresentazioni grafiche davvero ben curate (che verranno poi sviluppate e perfezionate nella serie successiva).
Stardust Crusaders si differenzia subito da Phantom Blood e Battle Tendency, oltre che per i già citati stand, per la lunghezza (ben 16 volumi in confronto ai 5 e 7 delle altre due) e per l'espediente narrativo del viaggio. Il gruppo dei protagonisti dovrà infatti compiere un'immensa traversata di mezzo mondo, per raggiungere, partendo dal Giappone, Il Cairo, in Egitto. E questa trovata è davvero riuscita: Araki ha trovato il modo di mostrarci ogni volta un'ambientazione differente e innovativa, sempre curata a dovere.
Un'altra nota positiva della terza serie è il ritmo incessante dei combattimenti: non troverete un capitolo, né tantomeno un volume, che non contenga almeno uno scambio di colpi tra portatori di stand. Tuttavia, questo a volte da un pregio rischia di diventare un difetto: il ritmo è così incalzante che a volte spererete che la sequenza di lotte venga interrotta per lasciarvi un po' di fiato, cosa che non succederà mai. E bisogna dire che forse Araki ha esagerato nel voler incentrare questa serie (così come le successive) quasi esclusivamente sui combattimenti, penalizzando in troppi casi la trama, che passa del tutto in secondo piano. Anche perché troverete alcuni di questi scontri assolutamente superflui, evitabili e poco curati, tanto che sembreranno messi lì solo per allungare il brodo.
Altro punto forte di Stardust Crusaders è il divertimento: ebbene sì, perché sembra che dopo circa tre anni di Jojo, Hirohiko Araki abbia anche risvegliato un talento comico assolutamente inaspettato, inserendo siparietti a dir poco esilaranti anche all'interno dei più rischiosi combattimenti, senza risultare mai banale, anzi, aggiungendo un giusto pizzico di ironia che va ad amalgamare tra loro le varie lotte di questa serie.
Dopo tutti questi complimenti, non posso però non inserire una critica verso il finale: sebbene Araki sia riuscito a infondere nella lotta contro l'antagonista principale di tutta la serie drammaticità ed epicità al punto giusto, quello che stona parecchio è il deus ex machina utilizzato dall'autore per permettere ai protagonisti di sconfiggere un nemico davvero troppo forte (in questo, si ricollega perfettamente alla seconda serie, Battle Tendency, che presenta lo stesso identico difetto: in entrambi i casi, Araki ha esagerato nel creare un potere praticamente incontrastabile).
Questo, comunque, non vi rovinerà la lettura del patriarca degli shonen attuali. Stardust Crusaders è un'opera ben al di sopra della media (soprattutto per l'epoca a cui risale); dopo averla completata, non potrete che riconoscere Hirohiko Araki come un genio assoluto e un pioniere nell'inventare dal nulla qualcosa di innovativo e originale come gli stand.
Per cosa andrebbe valutato un manga oggi, nel 2013? Per quello che effettivamente riesce a regalarmi ora, per quello che ha offerto in passato, per il suo valore enciclopedico, per tutte queste cose assieme o per altro ancora?
E' effettivamente ingiusto non valutare l'età di un'opera, ma è altrettanto ingiusto ingigantirne i meriti solo perché ha il bonus di essere venuta prima.
Nessuno ad esempio negherà mai il contributo che Hirohiko Araki ha dato al mondo dei manga grazie al suo Jojo, sicura fonte di ispirazione per moltissimi autori moderni, fatto sta che leggendo ora Stardust Crusader vengono fuori tutti i limiti di un'opera monotematica, povera di contenuti e tremendamente grezza, ben lontana dai commenti entusiastici che si leggono un po' ovunque, che sanno molto di premio alla carriera più che di effettive valutazioni oggettive o soggettive che siano.
Il problema principale di questa terza serie di Jojo è che sacrifica qualsiasi aspetto di quella che può essere la narrazione di un manga, puntando unicamente sui combattimenti.
Lo fa in maniera pesante, troppo pesante, senza se e senza ma: l'intero manga sembrerà in realtà un picchiaduro su carta, con combattimenti a ritmo serrato uno dopo l'altro, in attesa che di arrivare al "boss finale", come da tradizione dei vecchi cabinati arcade.
E non c'è veramente nient'altro, perché i personaggi sembrano appunto quelli di un picchiaduro e come tali sono caratterizzati (molto bene) soltanto esteriormente, ma risultano poco più che manichini in balia dei combattimenti, e nel corso dei volumi non avranno uno straccio di crescita psicologia ma nemmeno di riflessione o di approfondimento.
La trama poi è di una pochezza disarmante e si basa sull'andare dal punto A al punto B per sconfiggere il Boss finale magicamente risorto rispetto a quello che avevamo imparato nella prima serie, con in mezzo tutta la serie di scagnozzi usa e getta che arrivano e muoiono nel giro di massimo due volumi.
Veramente esagerato, a mio modesto modo di vedere.
Tutto questo, abbiamo detto, è per lasciare carta bianca allo sviluppo dei combattimenti, e ovviamente almeno questi sono all'altezza della situazione: per l'epoca probabilmente furono come un fulmine a ciel sereno nel mondo dello shonen manga, siccome rivoltavano come un calzino tutto quello che in quell'ambito si era visto fino a quel momento.
Si ha infatti un misto di tecnicismi, poteri sovrannaturali che non per forza di basano sulla forza bruta ma che spesso si fondano sulla strategia, colpi di scena nella gestione dello scontro e situazioni sempre al limite che sicuramente possono risultare di un certo appeal.
Personalmente però non sono un amante del solo combattimento, mi piace ma solo se è in funzione ad una motivazione più nobile, solo quando dietro allo scontro fisico c'è anche uno scontro ideologico, e allora sono disposto a sopportare anche volumi interi di mazzate, ma così no, francamente dopo un po' perdo la pazienza.
Qui poi il tutto è suggellato da quello che io definisco "nemico usa e getta": alla faccia del concetto di caratterizzazione dei personaggi, qui come già detto i buoni si trovano ad affrontare uno dopo l'altro senza soluzione di continuità tutta una serie di "macchiette" che arrivano, fanno 3 battute, un paio di provocazioni e poi muoiono in maniera spesso indecorosa.
Ora, se proprio devo leggere un manga di soli combattimenti, lo preferisco quando almeno ho 2 fazioni a combattersi, con scontri ripetuti tra gli stessi personaggi e con in mezzo una fase di power up con realativa crescita.
Ed ecco appunto un'altra cosa che non mi è piaciuta: qui il protagonista acquisisce un potere nel primo capitolo e magistralmente lo impara ad usare immediatamente, come fosse un veterano, non c'è crescita nemmeno da questo punto di vista, e questo per quanto mi riguarda e è un passaggio d'obbligo in ogni battle shonen che si rispetti.
A livello grafico comunque Araki sa distinguersi, e se nelle prime 2 serie il suo disegno è molto figlio degli standard dell'epoca, con semplici omaccioni pieni di muscoli, qui iniziano a notarsi con forza tutti i tratti distintivi dello stile che lo ha reso famoso, in bilico tra lo sporco, il grezzo e il kitsch e con grande attenzione al chara design e al vestiario stiloso dei vari personaggi.
Anche il tratto si fa sempre più sicuro, così come le proporzioni, e almeno da questo punto di vista Stardust Crusaders rappresenta la maturazione definitiva dell'autore.
In conclusione, valutare quest'opera mi risulta difficile: è vero che Araki è stato il primo ad introdurre certi aspetti, ma è anche vero che quegli stessi aspetti ormai fanno parte del 90% degli shonen moderni, e che quindi agli occhi di un lettore di oggi il tutto risulterà solamente ordinaria amministrazione, ben lontana dallo stupore che provocò all'epoca della sua serializzazione.
Va considerato inoltre che in vent'anni di shonen manga, gli stessi contenuti rubati ad Araki sono stati arricchiti col tempo e contestualizzati in manga più moderni e meno grezzi, che magari oltre al combattimento riescono ad inserire altri aspetti e a rendere il manga meno monotematico di quello che è ad oggi Stardust Crusaders.
Non vorrei però che il mio giudizio venisse interpretato come una critica ai manga anni 80, perché non è questo il punto: trovo ad esempio che Ken il Guerriero sia il perfetto esempio di un manga che, pur con tanti anni sulle spalle e pur portandosi comunque dietro uno stile ormai sorpassato, riesce tutt'oggi ad essere più completo di Stardust Crusader, semplicemente perché ci offre un prodotto basato si sui combattimenti, ma anche su situazioni drammatiche, su contenuti maturi, su personaggi ben caratterizzati e in parte anche sui sentimenti.
La stessa prima serie di Jojo, pur col suo minimalismo e la sua semplicità, è un manga che cerca di svilupparsi in maniera più completa e che cerca prima di tutto di raccontare una storia.
Quando sentivo dire che la terza serie di Jojo era in assoluto la migliore, nonché una pietra miliare nella storia dei manga, mi sembrava quindi lecito aspettarmi una completezza ed una maturità di contenuti che invece non ho assolutamente trovato, il tutto a favore di combattimenti che, seppur realizzati con originalità, lasciano comunque spazio a delle critiche.
In definitiva, probabilmente la mia esperienza con questo manga è stata rovinata dalle aspettative troppo alte che avevo, colpa di una critica che tratta questo manga con troppa riverenza e con il solito abusato motto del "si stava meglio quando si stava peggio".
Do comunque la sufficienza, perché tutto sommato sarebbe ingiusto non farlo anche solo per quello che Jojo rappresenta, ma non riesco francamente ad andare oltre.
E' effettivamente ingiusto non valutare l'età di un'opera, ma è altrettanto ingiusto ingigantirne i meriti solo perché ha il bonus di essere venuta prima.
Nessuno ad esempio negherà mai il contributo che Hirohiko Araki ha dato al mondo dei manga grazie al suo Jojo, sicura fonte di ispirazione per moltissimi autori moderni, fatto sta che leggendo ora Stardust Crusader vengono fuori tutti i limiti di un'opera monotematica, povera di contenuti e tremendamente grezza, ben lontana dai commenti entusiastici che si leggono un po' ovunque, che sanno molto di premio alla carriera più che di effettive valutazioni oggettive o soggettive che siano.
Il problema principale di questa terza serie di Jojo è che sacrifica qualsiasi aspetto di quella che può essere la narrazione di un manga, puntando unicamente sui combattimenti.
Lo fa in maniera pesante, troppo pesante, senza se e senza ma: l'intero manga sembrerà in realtà un picchiaduro su carta, con combattimenti a ritmo serrato uno dopo l'altro, in attesa che di arrivare al "boss finale", come da tradizione dei vecchi cabinati arcade.
E non c'è veramente nient'altro, perché i personaggi sembrano appunto quelli di un picchiaduro e come tali sono caratterizzati (molto bene) soltanto esteriormente, ma risultano poco più che manichini in balia dei combattimenti, e nel corso dei volumi non avranno uno straccio di crescita psicologia ma nemmeno di riflessione o di approfondimento.
La trama poi è di una pochezza disarmante e si basa sull'andare dal punto A al punto B per sconfiggere il Boss finale magicamente risorto rispetto a quello che avevamo imparato nella prima serie, con in mezzo tutta la serie di scagnozzi usa e getta che arrivano e muoiono nel giro di massimo due volumi.
Veramente esagerato, a mio modesto modo di vedere.
Tutto questo, abbiamo detto, è per lasciare carta bianca allo sviluppo dei combattimenti, e ovviamente almeno questi sono all'altezza della situazione: per l'epoca probabilmente furono come un fulmine a ciel sereno nel mondo dello shonen manga, siccome rivoltavano come un calzino tutto quello che in quell'ambito si era visto fino a quel momento.
Si ha infatti un misto di tecnicismi, poteri sovrannaturali che non per forza di basano sulla forza bruta ma che spesso si fondano sulla strategia, colpi di scena nella gestione dello scontro e situazioni sempre al limite che sicuramente possono risultare di un certo appeal.
Personalmente però non sono un amante del solo combattimento, mi piace ma solo se è in funzione ad una motivazione più nobile, solo quando dietro allo scontro fisico c'è anche uno scontro ideologico, e allora sono disposto a sopportare anche volumi interi di mazzate, ma così no, francamente dopo un po' perdo la pazienza.
Qui poi il tutto è suggellato da quello che io definisco "nemico usa e getta": alla faccia del concetto di caratterizzazione dei personaggi, qui come già detto i buoni si trovano ad affrontare uno dopo l'altro senza soluzione di continuità tutta una serie di "macchiette" che arrivano, fanno 3 battute, un paio di provocazioni e poi muoiono in maniera spesso indecorosa.
Ora, se proprio devo leggere un manga di soli combattimenti, lo preferisco quando almeno ho 2 fazioni a combattersi, con scontri ripetuti tra gli stessi personaggi e con in mezzo una fase di power up con realativa crescita.
Ed ecco appunto un'altra cosa che non mi è piaciuta: qui il protagonista acquisisce un potere nel primo capitolo e magistralmente lo impara ad usare immediatamente, come fosse un veterano, non c'è crescita nemmeno da questo punto di vista, e questo per quanto mi riguarda e è un passaggio d'obbligo in ogni battle shonen che si rispetti.
A livello grafico comunque Araki sa distinguersi, e se nelle prime 2 serie il suo disegno è molto figlio degli standard dell'epoca, con semplici omaccioni pieni di muscoli, qui iniziano a notarsi con forza tutti i tratti distintivi dello stile che lo ha reso famoso, in bilico tra lo sporco, il grezzo e il kitsch e con grande attenzione al chara design e al vestiario stiloso dei vari personaggi.
Anche il tratto si fa sempre più sicuro, così come le proporzioni, e almeno da questo punto di vista Stardust Crusaders rappresenta la maturazione definitiva dell'autore.
In conclusione, valutare quest'opera mi risulta difficile: è vero che Araki è stato il primo ad introdurre certi aspetti, ma è anche vero che quegli stessi aspetti ormai fanno parte del 90% degli shonen moderni, e che quindi agli occhi di un lettore di oggi il tutto risulterà solamente ordinaria amministrazione, ben lontana dallo stupore che provocò all'epoca della sua serializzazione.
Va considerato inoltre che in vent'anni di shonen manga, gli stessi contenuti rubati ad Araki sono stati arricchiti col tempo e contestualizzati in manga più moderni e meno grezzi, che magari oltre al combattimento riescono ad inserire altri aspetti e a rendere il manga meno monotematico di quello che è ad oggi Stardust Crusaders.
Non vorrei però che il mio giudizio venisse interpretato come una critica ai manga anni 80, perché non è questo il punto: trovo ad esempio che Ken il Guerriero sia il perfetto esempio di un manga che, pur con tanti anni sulle spalle e pur portandosi comunque dietro uno stile ormai sorpassato, riesce tutt'oggi ad essere più completo di Stardust Crusader, semplicemente perché ci offre un prodotto basato si sui combattimenti, ma anche su situazioni drammatiche, su contenuti maturi, su personaggi ben caratterizzati e in parte anche sui sentimenti.
La stessa prima serie di Jojo, pur col suo minimalismo e la sua semplicità, è un manga che cerca di svilupparsi in maniera più completa e che cerca prima di tutto di raccontare una storia.
Quando sentivo dire che la terza serie di Jojo era in assoluto la migliore, nonché una pietra miliare nella storia dei manga, mi sembrava quindi lecito aspettarmi una completezza ed una maturità di contenuti che invece non ho assolutamente trovato, il tutto a favore di combattimenti che, seppur realizzati con originalità, lasciano comunque spazio a delle critiche.
In definitiva, probabilmente la mia esperienza con questo manga è stata rovinata dalle aspettative troppo alte che avevo, colpa di una critica che tratta questo manga con troppa riverenza e con il solito abusato motto del "si stava meglio quando si stava peggio".
Do comunque la sufficienza, perché tutto sommato sarebbe ingiusto non farlo anche solo per quello che Jojo rappresenta, ma non riesco francamente ad andare oltre.
(Nota: i dieci volumi a cui si fa riferimento sono quelli della recente riedizione.)
JOSEPH: Sei come il figlio che non avrò mai... Josuke.
JOTARO: Jotaro.
JOSEPH: Johnny.
(da "Jojo's Bizarre Adventure Abridged")
Se pensate che farsi crescere una barba metaforica richieda meno tempo e disciplina di una barba vera vi sbagliate di grosso. Al creativo e, ahimè, altamente dispersivo Hirohiko Araki ci sono volute tre serie di "Jojo" prima di passare da un gruppo di sparuti ma ostinati peletti a qualcosa che potesse cominciare a definirsi tale, e per il lettore è stato forse più difficile assistere al processo che per lui riuscirvi.
Giappone, 1989. Quando il tuo cognome da ragazza è Joestar e tuo figlio è un mezzo delinquente convinto di essere posseduto da uno spirito maligno è ora di togliersi le fette di prosciutto dagli occhi e di guardare in faccia la realtà: la tua famiglia non potrà mai essere come quella del Mulino Bianco. Ma un sogno che si è cullato per anni è difficile da abbandonare, e per questo Holly (o Seiko, come si fa chiamare da quando ha sposato il musicista Sadao Kujo), che ha ereditato la testardaggine di papà Joseph e l'intelligenza a targhe alterne di mamma Suzi, si aggrappa alla speranza che il genitore riesca a far intendere ragione al suo Jotaro, ben deciso a non lasciare la cella in cui è stato rinchiuso a seguito dell'ennesima rissa prima di aver capito cosa gli sta succedendo. Il ragazzo scoprirà che quello che credeva essere uno spirito è in realtà uno Stand, ovvero la manifestazione fisica della sua energia vitale, e che lo stesso Jospeh, già in grado di produrre le Onde Concentriche, ne possiede uno. Il risveglio di entrambi si deve al ritorno del vampiro Dio Brando, da cent'anni nemico dei Joestar e che, essendo riuscito ad impossessarsi del corpo di Jonathan, vale a dire il primo Jojo, può ora vantare un legame con la di lui progenie; legame che rischia di uccidere Holly, che non ha la forza d'animo necessaria per controllare il proprio Stand.
C'è solo un modo per salvarla: uccidere Dio, non solo per il bene dei Joestar ma anche del mondo intero. Prima, però, bisogna trovarlo e soprattutto bisogna sconfiggere i suoi numerosi sgherri. Ad accompagnare Jotaro e il nonno in questo lungo e folle viaggio dal Sol Levante all'Egitto saranno l'indovino Abdul, possessore dello Stand Magician Red, lo studente Kakyoin con il suo Hierophant Green, il francese Polnareff, dotato dello Stand spadaccino Silver Chariot, e in seguito anche il cagnolino Iggy, che controlla The Fool.
Contrapponendo al cambio di rotta, costituito dall'introduzione degli Stand, il meglio delle due serie precedenti, Araki sembra quasi invitare il lettore a fidarsi di lui ancora una volta, fornendogli abbastanza elementi familiari da ridurre al minimo l'iniziale senso di disorientamento. Una premura sensata, dal momento che stiamo parlando di una serie all'epoca pubblicata su "Weekly Shōnen Jump", il cui giovane pubblico è tenuto in estrema considerazione, e per giunta alla fine degli Anni Ottanta, con il vento in procinto di cambiare in maniera significativa per i battle manga. Per quanto tempo ancora i lettori si sarebbero accontentati di una fisicità alla "Hokuto no Ken"? Probabilmente non molto. D'altra parte anche in-universe il concetto di volontarietà dell'azione, espresso attraverso il controllo della respirazione (ricordiamo tutti la "Cura Zeppeli" per il braccio rotto di Jonathan e la maschera di Lisa Lisa, no?), sembrava in qualche modo preannunciare questo prevaricare dello spirito sul corpo. In questo modo vengono a crearsi infiniti scenari per quanto riguarda gli Stand e il modo in cui interagiscono non solo tra loro, ma eventualmente anche con l'ambiente che li circonda.
La sceneggiatura non esiste. O, meglio, esiste in funzione dello Stand nemico del momento, sconfitto il quale ne arriverà subito un altro e così via fino all'atteso scontro con Dio. La varietà delle forze in gioco, tuttavia, scongiura il rischio di annoiare il lettore, la cui pazienza viene ricompensata con dei combattimenti che, pur seguendo dei pattern facilmente individuabili, risultano sempre molto interessanti. L'espediente del viaggio, inoltre, conferisce al tutto una dinamicità che le due serie precedenti non avevano, sebbene già "Battle Tendency" fosse significativamente meno legnoso rispetto al suo predecessore.
Un ulteriore passo in avanti è stato fatto in merito ai fastidiosissimi inforigurgiti e alle telecronache dei vari scontri: ce ne sono ancora, ma siamo comunque ben lontani dai fasti di "Phantom Blood", dove Speedwagon - che in questa terza serie suppongo monologhi fra gli angeli - la faceva da padrone con le sue ovvietà non richieste.
Anche la comicità è diversa: se "Phantom Blood" poteva strappare delle risate involontarie e il giovane Joseph era un pagliaccio per natura, in "Stardust Crusaders" si ride principalmente perché, nonostante l'enorme pressione psicologica a cui (in teoria) sono sottoposti, per i protagonisti è perfettamente normale mettersi a fare i cretini nel bel mezzo di un combattimento, magari uccidendo la spannung con un'opinabile perla di saggezza o producendosi in siparietti a sfondo scatologico. Si respira, in altre parole, un clima forse più da gita scolastica che da missione salvataggio, ma che serie di "Jojo" sarebbe senza tamarrate? Che il lettore si rassegni: non c'è spazio per quasi nient'altro.
Quando si legge un battle shōnen si accetta, più o meno implicitamente, di dover venire incontro all'autore per quanto riguarda lo scavo introspettivo, dal momento che si tratta di un aspetto generalmente trascurato in opere di questo tipo. Ma è giusto che il lettore compia un simile sforzo, mettendosi a scandagliare la psicologia di ogni singolo personaggio come se stesse pelando una cipolla? Per quanto trovi meraviglioso che un'opera mi spinga ad indulgere con piacere in quest'attività, che può essere stancante e ben poco proficua, sono costretta ad ammettere che la risposta è no. Il problema di "Stardust Crusaders" è che, a differenza delle due serie precedenti, non punta abbastanza sull'evoluzione dei protagonisti, che ci vengono presentati già strutturati in modo tale da lasciare ben poco spazio ad un'eventuale loro crescita. Ognuno di essi si fa rubare la scena dagli altri con l'atteggiamento falsamente indulgente di chi pensa di non aver bisogno di ricorrere a simili mezzucci, ed è un bene che fra loro non vi siano esponenti del gentil sesso perché non farebbero altro che recriminare tutto il santo giorno.
In "Phantom Blood" abbiamo visto Jonathan risollevarsi dall'abisso di paura e di vergogna nel quale la convivenza con Dio l'aveva fatto sprofondare, e prepararsi con il cuore gonfio di tristezza a svolgere l'ingrato compito di liberare il mondo dalla sua minaccia. In "Battle Tendency", invece, abbiamo visto Joseph fare tesoro degli insegnamenti tanto degli amici quanto dei nemici. In "Stardust Crusaders" non accade nulla di tutto ciò: Jotaro è esattamente così come ci appare, vale a dire il classico eroe imperscrutabile con delle profondità che, per quanto intuibili, non ha alcuna intenzione di condividere con altri. Oh, e naturalmente esercita un controllo immediato e assoluto sul suo Stand, il potentissimo, accuratissimo e velocissimo Star Platinum. Constatare tutto questo può risultare oltremodo frustrante per chi sperava di vederlo maturare sotto ai propri occhi come i suoi predecessori, alla cui crescita Araki era riuscito a dare - compatibilmente con i suoi limiti di narratore - un risalto più che dignitoso e soprattutto per nulla scontato per un battle shōnen.
Ma Jotaro non è l'unico a rifuggire il Character Development come un gatto il contatto con l'acqua: al contrario, è in ottima compagnia. Joseph, avendo già compiuto il proprio percorso, è in qualche modo giustificato, ma Abdul è di una monoliticità assoluta e a dir poco irritante, mentre mi sembra che Polnareff e Kakyoin, di gran lunga gli anelli deboli della catena dal punto di vista emozionale, abbiano una percezione di sé che li rende particolarmente resistenti (quantunque, a onor del vero, non refrattari) al cambiamento. Ma possiamo aspettarci reazioni ed interazioni normali da persone che, per via dei loro poteri, conoscono a malapena il significato di questa parola, a maggior ragione se detti poteri sono l'espressione della loro spiritualità? E se sì, fino a che punto?
Ovviamente è inutile pretendere molta puntualità nella resa dei numerosi cattivi "usa-e-getta", anche se fa piacere constatare la presenza di diverse sfumature di male: fanatismo, perversione, codardia, narcisismo, avidità, disonestà, stupidità e via discorrendo. E poi c'è Dio, abietto e implacabile come sempre, che entra in gioco soltanto quando non può più evitare di sporcarsi le mani con quel sangue che costituisce la sua croce e delizia. Dapprincipio può sembrare che abbia perso lo smalto dei giorni di "Phantom Blood", ma almeno a mio modo di vedere è perché non c'è più l'esigenza di mostrare cos'è disposto a fare pur di raggiungere i suoi scopi. A che pro infatti indugiare ulteriormente sul suo "curriculum" se il solo ricordo delle sue malefatte è sufficiente a far correre un brivido lungo la schiena? Inoltre, diciamolo chiaramente: arrivato a questo punto il lettore vuole soltanto che riceva una volta per tutte la punizione che merita. Sì, insomma, che Jotaro gli faccia un mazzo tanto, per usare un'espressione che si addica di più al tenore di questo manga.
Con questo non voglio dire che il comparto psicologico di "Stardust Crusaders" sia tutto da buttar via: il quintetto dei protagonisti funziona e i vari personaggi, salvo qualche rara eccezione (vedasi la piccola rompipal... pardon, volevo dire fuggiasca) hanno più o meno tutti una loro ragion d'essere, o se non loro almeno i rispettivi Stand. Ci sarebbe però stato da fare uno sforzo in più affinché tutte le cose che, volendo, c'erano da dire risultassero evidenti anche ai lettori più interessati ai combattimenti che ai combattenti.
Tra un tributo a Tetsuo Hara, uno ad Akira Miyashita (sappiamo tutti chi è il tuo consulente d'immagine, Jotaro) e un pensierino o due per la Capcom, il tratto di Araki si fa pian pianino più sicuro, personale e ordinato, anche se le sue idee in materia di anatomia e di prospettiva rimangono confuse. Merita inoltre una menzione speciale lo stile surreale del fumetto magico di Boingo, davvero molto differente da quello grezzo a cui siamo abituati, e che personalmente ho adorato.
Alla luce di tutto questo rimuginare su un manga dai contenuti tutto sommato così elementari, cercando di ignorare il più possibile la vocina che per tutto questo tempo ha sussurrato al mio orecchio "Ma chi te lo fa fare?", il mio voto a "Stardust Crusaders" sarebbe un otto e mezzo, ma ritengo che l'innovazione costituita dagli Stand valga bene un arrotondamento all'insù. Bon, fine dello sproloquio, andate pure in pace. E guardatevi l'Abridged Series tratta dagli OAV.
JOSEPH: Sei come il figlio che non avrò mai... Josuke.
JOTARO: Jotaro.
JOSEPH: Johnny.
(da "Jojo's Bizarre Adventure Abridged")
Se pensate che farsi crescere una barba metaforica richieda meno tempo e disciplina di una barba vera vi sbagliate di grosso. Al creativo e, ahimè, altamente dispersivo Hirohiko Araki ci sono volute tre serie di "Jojo" prima di passare da un gruppo di sparuti ma ostinati peletti a qualcosa che potesse cominciare a definirsi tale, e per il lettore è stato forse più difficile assistere al processo che per lui riuscirvi.
Giappone, 1989. Quando il tuo cognome da ragazza è Joestar e tuo figlio è un mezzo delinquente convinto di essere posseduto da uno spirito maligno è ora di togliersi le fette di prosciutto dagli occhi e di guardare in faccia la realtà: la tua famiglia non potrà mai essere come quella del Mulino Bianco. Ma un sogno che si è cullato per anni è difficile da abbandonare, e per questo Holly (o Seiko, come si fa chiamare da quando ha sposato il musicista Sadao Kujo), che ha ereditato la testardaggine di papà Joseph e l'intelligenza a targhe alterne di mamma Suzi, si aggrappa alla speranza che il genitore riesca a far intendere ragione al suo Jotaro, ben deciso a non lasciare la cella in cui è stato rinchiuso a seguito dell'ennesima rissa prima di aver capito cosa gli sta succedendo. Il ragazzo scoprirà che quello che credeva essere uno spirito è in realtà uno Stand, ovvero la manifestazione fisica della sua energia vitale, e che lo stesso Jospeh, già in grado di produrre le Onde Concentriche, ne possiede uno. Il risveglio di entrambi si deve al ritorno del vampiro Dio Brando, da cent'anni nemico dei Joestar e che, essendo riuscito ad impossessarsi del corpo di Jonathan, vale a dire il primo Jojo, può ora vantare un legame con la di lui progenie; legame che rischia di uccidere Holly, che non ha la forza d'animo necessaria per controllare il proprio Stand.
C'è solo un modo per salvarla: uccidere Dio, non solo per il bene dei Joestar ma anche del mondo intero. Prima, però, bisogna trovarlo e soprattutto bisogna sconfiggere i suoi numerosi sgherri. Ad accompagnare Jotaro e il nonno in questo lungo e folle viaggio dal Sol Levante all'Egitto saranno l'indovino Abdul, possessore dello Stand Magician Red, lo studente Kakyoin con il suo Hierophant Green, il francese Polnareff, dotato dello Stand spadaccino Silver Chariot, e in seguito anche il cagnolino Iggy, che controlla The Fool.
Contrapponendo al cambio di rotta, costituito dall'introduzione degli Stand, il meglio delle due serie precedenti, Araki sembra quasi invitare il lettore a fidarsi di lui ancora una volta, fornendogli abbastanza elementi familiari da ridurre al minimo l'iniziale senso di disorientamento. Una premura sensata, dal momento che stiamo parlando di una serie all'epoca pubblicata su "Weekly Shōnen Jump", il cui giovane pubblico è tenuto in estrema considerazione, e per giunta alla fine degli Anni Ottanta, con il vento in procinto di cambiare in maniera significativa per i battle manga. Per quanto tempo ancora i lettori si sarebbero accontentati di una fisicità alla "Hokuto no Ken"? Probabilmente non molto. D'altra parte anche in-universe il concetto di volontarietà dell'azione, espresso attraverso il controllo della respirazione (ricordiamo tutti la "Cura Zeppeli" per il braccio rotto di Jonathan e la maschera di Lisa Lisa, no?), sembrava in qualche modo preannunciare questo prevaricare dello spirito sul corpo. In questo modo vengono a crearsi infiniti scenari per quanto riguarda gli Stand e il modo in cui interagiscono non solo tra loro, ma eventualmente anche con l'ambiente che li circonda.
La sceneggiatura non esiste. O, meglio, esiste in funzione dello Stand nemico del momento, sconfitto il quale ne arriverà subito un altro e così via fino all'atteso scontro con Dio. La varietà delle forze in gioco, tuttavia, scongiura il rischio di annoiare il lettore, la cui pazienza viene ricompensata con dei combattimenti che, pur seguendo dei pattern facilmente individuabili, risultano sempre molto interessanti. L'espediente del viaggio, inoltre, conferisce al tutto una dinamicità che le due serie precedenti non avevano, sebbene già "Battle Tendency" fosse significativamente meno legnoso rispetto al suo predecessore.
Un ulteriore passo in avanti è stato fatto in merito ai fastidiosissimi inforigurgiti e alle telecronache dei vari scontri: ce ne sono ancora, ma siamo comunque ben lontani dai fasti di "Phantom Blood", dove Speedwagon - che in questa terza serie suppongo monologhi fra gli angeli - la faceva da padrone con le sue ovvietà non richieste.
Anche la comicità è diversa: se "Phantom Blood" poteva strappare delle risate involontarie e il giovane Joseph era un pagliaccio per natura, in "Stardust Crusaders" si ride principalmente perché, nonostante l'enorme pressione psicologica a cui (in teoria) sono sottoposti, per i protagonisti è perfettamente normale mettersi a fare i cretini nel bel mezzo di un combattimento, magari uccidendo la spannung con un'opinabile perla di saggezza o producendosi in siparietti a sfondo scatologico. Si respira, in altre parole, un clima forse più da gita scolastica che da missione salvataggio, ma che serie di "Jojo" sarebbe senza tamarrate? Che il lettore si rassegni: non c'è spazio per quasi nient'altro.
Quando si legge un battle shōnen si accetta, più o meno implicitamente, di dover venire incontro all'autore per quanto riguarda lo scavo introspettivo, dal momento che si tratta di un aspetto generalmente trascurato in opere di questo tipo. Ma è giusto che il lettore compia un simile sforzo, mettendosi a scandagliare la psicologia di ogni singolo personaggio come se stesse pelando una cipolla? Per quanto trovi meraviglioso che un'opera mi spinga ad indulgere con piacere in quest'attività, che può essere stancante e ben poco proficua, sono costretta ad ammettere che la risposta è no. Il problema di "Stardust Crusaders" è che, a differenza delle due serie precedenti, non punta abbastanza sull'evoluzione dei protagonisti, che ci vengono presentati già strutturati in modo tale da lasciare ben poco spazio ad un'eventuale loro crescita. Ognuno di essi si fa rubare la scena dagli altri con l'atteggiamento falsamente indulgente di chi pensa di non aver bisogno di ricorrere a simili mezzucci, ed è un bene che fra loro non vi siano esponenti del gentil sesso perché non farebbero altro che recriminare tutto il santo giorno.
In "Phantom Blood" abbiamo visto Jonathan risollevarsi dall'abisso di paura e di vergogna nel quale la convivenza con Dio l'aveva fatto sprofondare, e prepararsi con il cuore gonfio di tristezza a svolgere l'ingrato compito di liberare il mondo dalla sua minaccia. In "Battle Tendency", invece, abbiamo visto Joseph fare tesoro degli insegnamenti tanto degli amici quanto dei nemici. In "Stardust Crusaders" non accade nulla di tutto ciò: Jotaro è esattamente così come ci appare, vale a dire il classico eroe imperscrutabile con delle profondità che, per quanto intuibili, non ha alcuna intenzione di condividere con altri. Oh, e naturalmente esercita un controllo immediato e assoluto sul suo Stand, il potentissimo, accuratissimo e velocissimo Star Platinum. Constatare tutto questo può risultare oltremodo frustrante per chi sperava di vederlo maturare sotto ai propri occhi come i suoi predecessori, alla cui crescita Araki era riuscito a dare - compatibilmente con i suoi limiti di narratore - un risalto più che dignitoso e soprattutto per nulla scontato per un battle shōnen.
Ma Jotaro non è l'unico a rifuggire il Character Development come un gatto il contatto con l'acqua: al contrario, è in ottima compagnia. Joseph, avendo già compiuto il proprio percorso, è in qualche modo giustificato, ma Abdul è di una monoliticità assoluta e a dir poco irritante, mentre mi sembra che Polnareff e Kakyoin, di gran lunga gli anelli deboli della catena dal punto di vista emozionale, abbiano una percezione di sé che li rende particolarmente resistenti (quantunque, a onor del vero, non refrattari) al cambiamento. Ma possiamo aspettarci reazioni ed interazioni normali da persone che, per via dei loro poteri, conoscono a malapena il significato di questa parola, a maggior ragione se detti poteri sono l'espressione della loro spiritualità? E se sì, fino a che punto?
Ovviamente è inutile pretendere molta puntualità nella resa dei numerosi cattivi "usa-e-getta", anche se fa piacere constatare la presenza di diverse sfumature di male: fanatismo, perversione, codardia, narcisismo, avidità, disonestà, stupidità e via discorrendo. E poi c'è Dio, abietto e implacabile come sempre, che entra in gioco soltanto quando non può più evitare di sporcarsi le mani con quel sangue che costituisce la sua croce e delizia. Dapprincipio può sembrare che abbia perso lo smalto dei giorni di "Phantom Blood", ma almeno a mio modo di vedere è perché non c'è più l'esigenza di mostrare cos'è disposto a fare pur di raggiungere i suoi scopi. A che pro infatti indugiare ulteriormente sul suo "curriculum" se il solo ricordo delle sue malefatte è sufficiente a far correre un brivido lungo la schiena? Inoltre, diciamolo chiaramente: arrivato a questo punto il lettore vuole soltanto che riceva una volta per tutte la punizione che merita. Sì, insomma, che Jotaro gli faccia un mazzo tanto, per usare un'espressione che si addica di più al tenore di questo manga.
Con questo non voglio dire che il comparto psicologico di "Stardust Crusaders" sia tutto da buttar via: il quintetto dei protagonisti funziona e i vari personaggi, salvo qualche rara eccezione (vedasi la piccola rompipal... pardon, volevo dire fuggiasca) hanno più o meno tutti una loro ragion d'essere, o se non loro almeno i rispettivi Stand. Ci sarebbe però stato da fare uno sforzo in più affinché tutte le cose che, volendo, c'erano da dire risultassero evidenti anche ai lettori più interessati ai combattimenti che ai combattenti.
Tra un tributo a Tetsuo Hara, uno ad Akira Miyashita (sappiamo tutti chi è il tuo consulente d'immagine, Jotaro) e un pensierino o due per la Capcom, il tratto di Araki si fa pian pianino più sicuro, personale e ordinato, anche se le sue idee in materia di anatomia e di prospettiva rimangono confuse. Merita inoltre una menzione speciale lo stile surreale del fumetto magico di Boingo, davvero molto differente da quello grezzo a cui siamo abituati, e che personalmente ho adorato.
Alla luce di tutto questo rimuginare su un manga dai contenuti tutto sommato così elementari, cercando di ignorare il più possibile la vocina che per tutto questo tempo ha sussurrato al mio orecchio "Ma chi te lo fa fare?", il mio voto a "Stardust Crusaders" sarebbe un otto e mezzo, ma ritengo che l'innovazione costituita dagli Stand valga bene un arrotondamento all'insù. Bon, fine dello sproloquio, andate pure in pace. E guardatevi l'Abridged Series tratta dagli OAV.
CONTIENE SPOILER
Terza serie de 'Le bizzarre avventure di Jojo'', nonchè la saga che comincia la trasformazione in leggenda di quest'opera. Le onde concentriche delle prime due serie sono state abbandonate in funzione degli STAND, manifestazioni dello spirito che possono assumere forma umanoide, robotica o di oggetti, ognuno dotato di caratteristiche particolarmente bizzarre, dal prevedere il futuro tramite i fumetti, trasformare persone in calamite umane o cambiare il proprio aspetto. Il nuovo JOJO è Jotaro Kujo, nipote del vecchio Joseph, il quale si unisce a lui in un lungo viaggio, dal Giappone all'Egitto, per sconfiggere il redivivo Dio Brando. Il villain principale della prima serie non è infatti morto insieme a Jonathan, ma è riuscito a fuggire impossessandosi del corpo del malcapitato Joestar e ora trama vendetta. La storia è pressocchè inesistente, questo però è sopperito dalla magnificenza e dall'innato tatticismo dei combattimenti, tanto numerosi quanto vari. Lo stile di disegno si distacca lentamente da quello delle precedenti serie fino a trovare una sua connotazione e viene sublimato dallo stile e dal carisma che i personaggi trasudano, a partire dall'abbigliamento fino alle famose ''pose''. L'edizione Star comics è curata, carta bianca e sovracopertina, costo di 6 € per circa 300 pagine. Consigliato.
Terza serie de 'Le bizzarre avventure di Jojo'', nonchè la saga che comincia la trasformazione in leggenda di quest'opera. Le onde concentriche delle prime due serie sono state abbandonate in funzione degli STAND, manifestazioni dello spirito che possono assumere forma umanoide, robotica o di oggetti, ognuno dotato di caratteristiche particolarmente bizzarre, dal prevedere il futuro tramite i fumetti, trasformare persone in calamite umane o cambiare il proprio aspetto. Il nuovo JOJO è Jotaro Kujo, nipote del vecchio Joseph, il quale si unisce a lui in un lungo viaggio, dal Giappone all'Egitto, per sconfiggere il redivivo Dio Brando. Il villain principale della prima serie non è infatti morto insieme a Jonathan, ma è riuscito a fuggire impossessandosi del corpo del malcapitato Joestar e ora trama vendetta. La storia è pressocchè inesistente, questo però è sopperito dalla magnificenza e dall'innato tatticismo dei combattimenti, tanto numerosi quanto vari. Lo stile di disegno si distacca lentamente da quello delle precedenti serie fino a trovare una sua connotazione e viene sublimato dallo stile e dal carisma che i personaggi trasudano, a partire dall'abbigliamento fino alle famose ''pose''. L'edizione Star comics è curata, carta bianca e sovracopertina, costo di 6 € per circa 300 pagine. Consigliato.
Avete presente le prime due serie di "JoJo"? Bene, dimenticatevele perché hanno davvero poco a che fare con questa! Certo, c'è il mitico ritorno di Dio Brando (uno dei migliori antagonisti di sempre), c'è Joseph Joestar come co-protagonista, ci sono tanti personaggi tutti caratterizzati magistralmente, c'è il solito e inconfondibile stile narrativo di Araki eppure sembra di essere di fronte ad un altro manga, comunque, premetto, ancora più bello del precedente. Se "Jojo" ha fatto Storia e scuola nel mondo degli shounen è grazie alle innovazioni introdotte in questa terza serie. I protagonisti non combatteranno più utilizzando le semplici onde concentriche ma attraverso creature virtuali chiamate Stand. Le regole sono semplici:
1)Solo i possessori possono vedere gli Stand altrui
2) I danni subiti dallo Stand si riflettono sul suo possessore ma non viceversa, anche se comunque la morte del possessore causa la sparizione definitiva del suo Stand.
Per vincere ci sono quindi due possibilità: o sconfiggere lo Stand, e quindi automaticamente il suo possessore, o sconfiggere direttamente quest'ultimo.
Tanto le regole sono semplici quanto infinite le possibilità. In questa terza serie, ma anche nelle successive, ci saranno decine e decine di scontri eppure mai se ne troveranno due anche solo lontanamente simili tra loro. L'autore sotto questo aspetto riesce a dare il meglio di sè anche perché gli Stand non sono semplici combattenti ma veri e propri poteri spesso assolutamente bizzarri: alcuni possono leggere nella mente, altri possono essere dei mezzi di trasporto, altri ancora possono manifestarsi come elementi atmosferici, o fumetti in grado di predire il futuro etc...
La storia di questa serie è semplice e piena di scontri che appassioneranno il lettore come non mai! Questi sono talmente belli e geniali da far passare in secondo piano tutto il resto. Lo scontro finale di questa terza serie è forse uno dei più belli mai realizzato in un manga.
Leggendo opere come "Hunter x Hunter", "Yu degli spettri" (nella saga finale) o la terza serie di "Bleach", è evidente come gli autori abbiano preso spunto da "JoJo" e dal sistema di combattimento ideato da Araki, che può vantare di aver reinventato un genere e un nuovo modo di fare shounen, un po' come ha fatto Toriyama con "Dragon Ball" senza il quale, probabilmente, fumetti come "One Piece" o "Naruto" non sarebbero mai nati.
Anche nel tratto c'è un cambiamento sostanziale rispetto a quello delle due serie precedenti e la sua evoluzione è tanto importante quanto evidente: disegni sempre più particolareggiati e protagonisti molto più snelli e non più superpalestrati.
Insomma, "Stardust Crusaders" ha fatto Storia e non può mancare nella collezione di tutti gli appassionati di shounen e non solo. Bizzaro, geniale, appassionate e drammatico. Con un trama di fondo più elaborata sarebbe stato un'opera da 10, ma un bel 9 non glielo toglie nessuno ;)
1)Solo i possessori possono vedere gli Stand altrui
2) I danni subiti dallo Stand si riflettono sul suo possessore ma non viceversa, anche se comunque la morte del possessore causa la sparizione definitiva del suo Stand.
Per vincere ci sono quindi due possibilità: o sconfiggere lo Stand, e quindi automaticamente il suo possessore, o sconfiggere direttamente quest'ultimo.
Tanto le regole sono semplici quanto infinite le possibilità. In questa terza serie, ma anche nelle successive, ci saranno decine e decine di scontri eppure mai se ne troveranno due anche solo lontanamente simili tra loro. L'autore sotto questo aspetto riesce a dare il meglio di sè anche perché gli Stand non sono semplici combattenti ma veri e propri poteri spesso assolutamente bizzarri: alcuni possono leggere nella mente, altri possono essere dei mezzi di trasporto, altri ancora possono manifestarsi come elementi atmosferici, o fumetti in grado di predire il futuro etc...
La storia di questa serie è semplice e piena di scontri che appassioneranno il lettore come non mai! Questi sono talmente belli e geniali da far passare in secondo piano tutto il resto. Lo scontro finale di questa terza serie è forse uno dei più belli mai realizzato in un manga.
Leggendo opere come "Hunter x Hunter", "Yu degli spettri" (nella saga finale) o la terza serie di "Bleach", è evidente come gli autori abbiano preso spunto da "JoJo" e dal sistema di combattimento ideato da Araki, che può vantare di aver reinventato un genere e un nuovo modo di fare shounen, un po' come ha fatto Toriyama con "Dragon Ball" senza il quale, probabilmente, fumetti come "One Piece" o "Naruto" non sarebbero mai nati.
Anche nel tratto c'è un cambiamento sostanziale rispetto a quello delle due serie precedenti e la sua evoluzione è tanto importante quanto evidente: disegni sempre più particolareggiati e protagonisti molto più snelli e non più superpalestrati.
Insomma, "Stardust Crusaders" ha fatto Storia e non può mancare nella collezione di tutti gli appassionati di shounen e non solo. Bizzaro, geniale, appassionate e drammatico. Con un trama di fondo più elaborata sarebbe stato un'opera da 10, ma un bel 9 non glielo toglie nessuno ;)
Nuova serie e nuovo Jojo, questa volta la saga generazionale prosegue con il nipote di Joseph Joestar, ovvero il liceale diciasettenne Jotaro Kujo. Star Comics ci ripropone l'intera serie di Stardust Crusaders in 10 maxi-volumi da 300 pagine ciascuno, al prezzo di 6 euro l'uno. Prima di parlare della storia, bisogna dire che Araki decide di accantonare definitivamente l'idea delle onde concentriche che stava alla base delle due precedenti serie, per introdurre il concetto di " Stand". Essi sono entità spirituali generate dall'energia vitale del portatore, al quale sono indissolubilmente legati combattendo a loro fianco. Ogni stand ha poteri diversi l'uno dall'altro ed in questo modo l'autore può sbizzarrirsi con combattimenti dove farà prevalere il suo estro creativo. Gli scontri sono assurdi, folli, bizzarri ma anche molto tattici, perché non vince chi ha il power up (tranne in un caso), ma prevale chi ha elaborato la miglior strategia, il che è una vera innovazione rispetto agli shonen del periodo. Araki quindi riesce a catturare l'interesse del lettore su una storia che si regge sui soli combattimenti.
La trama di Stardust Crusaders… non ne ho idea. Ci troviamo nel Giappone di fine anni 80 quando dopo 100 anni di letargo in fondo al mare, si risveglia il nemico per eccellenza dei Joestar, Dio Brando. Per contrastarlo adeguatamente si risvegliano sia in Joseph Joestar che nel protagonista Jotaro Kujo dei poteri latenti chiamati "Stand". Essendo una Joestar, lo stand si manifesta anche nella madre Holly, la quale non riuscendo a controllarlo, rischia di morire. Così con questo pretesto i nostri protagonisti Jotaro e Joseph a cui si uniranno nel corso della storia Kakyoin, Polnareff, Abdul e Iggy. Costoro intraprenderanno un lunghissimo viaggio battendo a suon di mazzate, tamarrate e strategie batterrano nemici via via più forti, sino a giungere in Egitto dove risiede Dio Brando.
La storia è tutta qui, una lunga sequela di combattimenti, che pur essendo avvincenti da seguire sono slegati l'uno dall'altro, poichè, tranne in pochi casi, non hanno ripercusioni significative sul corso della narrazione. Araki fa prevalere la frammentarietà sull'unità, tanto che in molti punti è palese di come egli creasse la trama al momento, senza alcun piano prestabilito, facendo ripercuotere ciò nella lettura del manga, dove si notano non poche incoerenze.
In un manga dove la trama è inesistente, anche i personaggi sono sacrificati risultando scialbi e poco interessanti. Jotaro Kujo, teppista dal cuore d'oro, è uno dei protagonisti più anonimi che si possano riscontrare in un manga, poiché ha poco carisma e non riesce ad emergere mai se non in un paio di scontri, dove i nervi saldi la fanno da padrone e nell'epico scontro finale. Scarsamente curati risultano anche i comprimari Joseph, Kakyoin e Abdul. Pure la marea di cattivi apparsa, si rivela poco caratterizzata così come l'antagonista Dio Brando, il quale è piatto come un foglio A4, risultando ben lontano da quello di Phantom Blood. Solamente Polnareff risulta maggiormente caratterizzato, avendo nel corso del manga una discreta evoluzione.
Una delle poche note positive del manga, è l'ambientazione mutevole, poiché i nostri protagonisti compiranno un lungo viaggio di 10.000 chilometri passando per vari paesi che non sono meri sfondi ma emergono nel corso della storia con il loro fascino esotico.
Stardust Crusaders non riesce a nascondere il fatto di essere una serie sperimentale, pur presentando elementi di evidente originalità (gli stand hanno ispirato le successive generazioni di mangaka). Solo tal motivo mi ha frenato dal darle un voto minore se non addirittura insufficiente. I combattimenti sono l'unica cosa che mi ha impedito di mollare la serie, poichè molte volte ho esclamato "adesso questo tizio come lo battono?", ma dopo un po' un lettore esigente incomincia a stufarsi dei combattimenti senza sosta non essendoci alcuna trama portante dietro. Il disegno però migliora e Araki riesce a trovare un suo stile personale, abbandonando le influenze di Tetsuo Hara. I combattimenti con gli stand sono resi in modo chiaro e soprattutto ho adorato il modo in cui Araki usa i retini per creare gli stand. Comunque rispetto alle due serie precedenti serie, Stardust Crusaders ne esce ridimensionata ma Araki saprà rifarsi in parte più avanti.
La trama di Stardust Crusaders… non ne ho idea. Ci troviamo nel Giappone di fine anni 80 quando dopo 100 anni di letargo in fondo al mare, si risveglia il nemico per eccellenza dei Joestar, Dio Brando. Per contrastarlo adeguatamente si risvegliano sia in Joseph Joestar che nel protagonista Jotaro Kujo dei poteri latenti chiamati "Stand". Essendo una Joestar, lo stand si manifesta anche nella madre Holly, la quale non riuscendo a controllarlo, rischia di morire. Così con questo pretesto i nostri protagonisti Jotaro e Joseph a cui si uniranno nel corso della storia Kakyoin, Polnareff, Abdul e Iggy. Costoro intraprenderanno un lunghissimo viaggio battendo a suon di mazzate, tamarrate e strategie batterrano nemici via via più forti, sino a giungere in Egitto dove risiede Dio Brando.
La storia è tutta qui, una lunga sequela di combattimenti, che pur essendo avvincenti da seguire sono slegati l'uno dall'altro, poichè, tranne in pochi casi, non hanno ripercusioni significative sul corso della narrazione. Araki fa prevalere la frammentarietà sull'unità, tanto che in molti punti è palese di come egli creasse la trama al momento, senza alcun piano prestabilito, facendo ripercuotere ciò nella lettura del manga, dove si notano non poche incoerenze.
In un manga dove la trama è inesistente, anche i personaggi sono sacrificati risultando scialbi e poco interessanti. Jotaro Kujo, teppista dal cuore d'oro, è uno dei protagonisti più anonimi che si possano riscontrare in un manga, poiché ha poco carisma e non riesce ad emergere mai se non in un paio di scontri, dove i nervi saldi la fanno da padrone e nell'epico scontro finale. Scarsamente curati risultano anche i comprimari Joseph, Kakyoin e Abdul. Pure la marea di cattivi apparsa, si rivela poco caratterizzata così come l'antagonista Dio Brando, il quale è piatto come un foglio A4, risultando ben lontano da quello di Phantom Blood. Solamente Polnareff risulta maggiormente caratterizzato, avendo nel corso del manga una discreta evoluzione.
Una delle poche note positive del manga, è l'ambientazione mutevole, poiché i nostri protagonisti compiranno un lungo viaggio di 10.000 chilometri passando per vari paesi che non sono meri sfondi ma emergono nel corso della storia con il loro fascino esotico.
Stardust Crusaders non riesce a nascondere il fatto di essere una serie sperimentale, pur presentando elementi di evidente originalità (gli stand hanno ispirato le successive generazioni di mangaka). Solo tal motivo mi ha frenato dal darle un voto minore se non addirittura insufficiente. I combattimenti sono l'unica cosa che mi ha impedito di mollare la serie, poichè molte volte ho esclamato "adesso questo tizio come lo battono?", ma dopo un po' un lettore esigente incomincia a stufarsi dei combattimenti senza sosta non essendoci alcuna trama portante dietro. Il disegno però migliora e Araki riesce a trovare un suo stile personale, abbandonando le influenze di Tetsuo Hara. I combattimenti con gli stand sono resi in modo chiaro e soprattutto ho adorato il modo in cui Araki usa i retini per creare gli stand. Comunque rispetto alle due serie precedenti serie, Stardust Crusaders ne esce ridimensionata ma Araki saprà rifarsi in parte più avanti.
Una breve Introduzione
"Le bizzarre Avventure di Jojo" è l'opera di Hirohiko Araki e, stando alle rivelazioni dell'autore, si articola in 9 serie: in Giappone è attualmente in corso l'ottava. Non bisogna classificare questa scelta dell'autore come una mancanza di originalità, ogni serie di è un mare di idee. "Stardust Crusaders" è la terza serie di Jojo; il protagonista Jotaro Kujo accompagnato da Joseph Joestar, Kakyoin, Abduul e Polnareff dovrà giungere in Egitto e uccidere Dio Brando, nemico della prima serie ritenuto morto, affrontando una serie di peripezie. Appariranno molti seguaci di Dio, ognuno rappresentante una carta dei tarocchi, e in seguito divinità egizie. Se Dio non verrà ucciso a risentirne sarà Holly, madre di Jotaro.
Considerazioni
Questa serie è la prima a introdurre gli stand, entità metafisiche rappresentanti la forza del possessore, che diventano da qui in avanti il marchio di fabbrica di Araki (infatti sono presenti in tutte le seguenti serie). I personaggi sono ben caratterizzati, ad eccezione dei cattivi minori, che non riescono a spiccare in quanto ad originalità. Dio Brando è comunque uno dei personaggi più carismatici esistenti. Il tratto di Araki è decisamente più pulito e più accattivante di quello delle prime due serie. Per quanto riguarda la storia, seguire il lungo viaggio del gruppo verso Dio è molto interessante, i combattimenti non sono mai ripetitivi e non vengono sfoggiati power-up a rinfusa: i nostri personaggi utilizzano molto l'ingegno e l'astuzia e riescono a salvarsi. Star Comics ha da non molto ristampato questa serie in dieci volumi a 6,00 euro l'uno, un'edizione davvero eccellente.
"Le bizzarre Avventure di Jojo" è l'opera di Hirohiko Araki e, stando alle rivelazioni dell'autore, si articola in 9 serie: in Giappone è attualmente in corso l'ottava. Non bisogna classificare questa scelta dell'autore come una mancanza di originalità, ogni serie di è un mare di idee. "Stardust Crusaders" è la terza serie di Jojo; il protagonista Jotaro Kujo accompagnato da Joseph Joestar, Kakyoin, Abduul e Polnareff dovrà giungere in Egitto e uccidere Dio Brando, nemico della prima serie ritenuto morto, affrontando una serie di peripezie. Appariranno molti seguaci di Dio, ognuno rappresentante una carta dei tarocchi, e in seguito divinità egizie. Se Dio non verrà ucciso a risentirne sarà Holly, madre di Jotaro.
Considerazioni
Questa serie è la prima a introdurre gli stand, entità metafisiche rappresentanti la forza del possessore, che diventano da qui in avanti il marchio di fabbrica di Araki (infatti sono presenti in tutte le seguenti serie). I personaggi sono ben caratterizzati, ad eccezione dei cattivi minori, che non riescono a spiccare in quanto ad originalità. Dio Brando è comunque uno dei personaggi più carismatici esistenti. Il tratto di Araki è decisamente più pulito e più accattivante di quello delle prime due serie. Per quanto riguarda la storia, seguire il lungo viaggio del gruppo verso Dio è molto interessante, i combattimenti non sono mai ripetitivi e non vengono sfoggiati power-up a rinfusa: i nostri personaggi utilizzano molto l'ingegno e l'astuzia e riescono a salvarsi. Star Comics ha da non molto ristampato questa serie in dieci volumi a 6,00 euro l'uno, un'edizione davvero eccellente.
"Le Bizzarre Avventure di JoJo: Stardust Crusaders" è senza dubbio la serie più apprezzata di quelle finora create dal maestro Araki.
La novità di questa saga è l'introduzione del potere "stand", non presente nelle prime due serie, che caratterizzerà tutte le successive saghe jojesche. Lo stand è un'entita spirituale dotata di misteriosi poteri che combatte al fianco del suo portatore.
Per quanto riguarda la storia bisogna dire che è molto appassionante: il protagonista Jotaro Kujo insieme all'eroe della seconda saga Joseph Joestar e ai portatori di stand Polnareff, Abdul, Kakyoin e Iggy compiono un lungo viaggio alla volta dell'Egitto, covo dell'antagonista Dio Brando. Il viaggio occupa tutta la narrazione di questa terza serie e non risulta in nessuna parte noioso visti i numerosi combattimenti contro gli scagnozzi di Dio. Nota caratteristica di JoJo sono i combattimenti strategici che in questa serie sono numerosi (epico a mio parere lo scontro tra Jotaro e D'Arby The Gambler). Il ritorno di Dio Brando è il punto di forza di questa terza serie, il nemico giurato dei Joestar è infatti un personaggio stupendo al pari del protagonista Jotaro.
Il disegno di Araki in questa terza serie migliora notevolmente, secondo il mio punto di vista acquista un suo stile che continuerà anche nelle future saghe.
Questa è la saga dove inizia il "vero" JoJo, le prime due infatti hanno uno stile (sia per quanto riguarda il disegno sia per la trama) molto simile a Ken il Guerriero e, secondo me, non hanno nessun punto in comune con questa terza saga (se non la trama di fondo).
In conclusione questa terza serie di JoJo è imperdibile per chi ha già esperienza con questo manga, consiglio comunque a tutti di recuperare in blocco tutte le serie di JoJo e di leggere questa meravigliosa opera che non vi deluderà sicuramente.
10 pieno e meritato.
La novità di questa saga è l'introduzione del potere "stand", non presente nelle prime due serie, che caratterizzerà tutte le successive saghe jojesche. Lo stand è un'entita spirituale dotata di misteriosi poteri che combatte al fianco del suo portatore.
Per quanto riguarda la storia bisogna dire che è molto appassionante: il protagonista Jotaro Kujo insieme all'eroe della seconda saga Joseph Joestar e ai portatori di stand Polnareff, Abdul, Kakyoin e Iggy compiono un lungo viaggio alla volta dell'Egitto, covo dell'antagonista Dio Brando. Il viaggio occupa tutta la narrazione di questa terza serie e non risulta in nessuna parte noioso visti i numerosi combattimenti contro gli scagnozzi di Dio. Nota caratteristica di JoJo sono i combattimenti strategici che in questa serie sono numerosi (epico a mio parere lo scontro tra Jotaro e D'Arby The Gambler). Il ritorno di Dio Brando è il punto di forza di questa terza serie, il nemico giurato dei Joestar è infatti un personaggio stupendo al pari del protagonista Jotaro.
Il disegno di Araki in questa terza serie migliora notevolmente, secondo il mio punto di vista acquista un suo stile che continuerà anche nelle future saghe.
Questa è la saga dove inizia il "vero" JoJo, le prime due infatti hanno uno stile (sia per quanto riguarda il disegno sia per la trama) molto simile a Ken il Guerriero e, secondo me, non hanno nessun punto in comune con questa terza saga (se non la trama di fondo).
In conclusione questa terza serie di JoJo è imperdibile per chi ha già esperienza con questo manga, consiglio comunque a tutti di recuperare in blocco tutte le serie di JoJo e di leggere questa meravigliosa opera che non vi deluderà sicuramente.
10 pieno e meritato.
Per la terza parte delle avventure della famiglia Joestar ci spostiamo nel Giappone di fine anni '80 (i "giorni nostri" di quando il fumetto è stato pubblicato). Al lettore spetta dunque far la conoscenza di Jotaro "Jojo" Kujo, uno studente dalla fama di teppista ma dal cuore d'oro.
La storia ha inizio quando nel corpo di Jotaro si risveglia un misterioso potere, una sorta di mistico demone, che può essere visto soltanto dal ragazzo e lo spaventa.
A sciogliere il mistero ci pensa suo nonno Joseph Joestar, protagonista della precedente saga e adesso attempato ma arzillo magnate appassionato di cinema, fumetti e avventure, richiamato d'urgenza in Giappone dalla figlia Holly.
Dopo un sonno durato cent' anni, si è infatti risvegliato l'arcinemico della famiglia Joestar, quell'immortale Dio Brando che fu sconfitto da Johnathan Joestar nella prima saga e che adesso, fusosi al corpo del suo rivale di sempre, minaccia morte e rovina.
La comparsa di Dio Brando e il suo aver macchiato il corpo di Johnathan ha risvegliato nei discendenti di quest'ultimo un mistico potere, un'emissione dell'anima chiamata Stand, che varia da persona a persona seguendo le denominazioni dei tarocchi e che Dio sta cominciando a fornire ai sottoposti di cui si circonda, nel suo covo in Egitto.
Se Jotaro (dotato dello Stand chiamato Star Platinum, dagli incredibili riflessi, forza e velocità) e Joseph (dotato dello Stand chiamato Hermit Purple, che gli permette di evocare dei rovi dal suo corpo e usarli come frusta o per visualizzare su Polaroid immagini spirituali) riescono a controllare il loro nuovo potere in breve tempo, lo stesso non si può dire di mamma Holly, che cade vittima di un grandissimo dolore in seguito al risveglio del suo Stand.
Per salvarla, i due Joestar nonno e nipote dovranno compiere un incredibile viaggio contro il tempo alla volta dell'Egitto, con lo scopo di debellare definitivamente il malefico Dio Brando e far sparire così lo Stand che sta divorando la salute di Holly.
Lungo il cammino, si uniranno a loro fedeli amici e alleati, come il francese Jean Pierre Polnareff, sbruffone e appariscente in cerca di vendetta per la morte della sorella e dotato dello Stand chiamato Silver Chariot che è un eccellente schermidore; lo studente giapponese Noriaki Kakyoin, dotato dello Stand chiamato Hyerophant Green (capace di lanciare sfere d'energia color smeraldo); il saggio e possente egiziano Mohammad Abdul, dotato dello Stand chiamato Magician Red (un uccello antropomorfo capace di dominare le fiamme) e il bizzarro e intelligentissimo cagnolino Iggy, dotato dello Stand The Fool (una strana creatura bestiale capace di planare).
Il viaggio sarà però lungo e pericoloso, poiché i numerosissimi seguaci di Dio Brando e i loro potenti Stand stanno alle costole dei nostri eroi…
Stardust Crusaders, terza parte delle bizzarre avventure della famiglia Joestar, si discosta parecchio dalle due precedenti, e non solo per la lunghezza (dieci maxi-volumi contro i tre o quattro delle altre due).
L'innovazione più grande è senza dubbio l'introduzione del concetto di Stand, poteri nati dall'anima, che vanno a soppiantare le tutto sommato più tradizionali onde concentriche delle prime due serie.
Dice l'autore nella postfazione in coda al decimo volume che pensò agli Stand nel tentativo di creare un potere assolutamente nuovo per l'epoca, che non fosse correlato alla forza fisica quanto a quella spirituale. Possiamo ben dargli ragione, poiché gli Stand di Stardust Crusaders si rivelano, per l'epoca d'uscita, qualcosa di fortemente innovativo, che piacque tanto ai lettori di fine anni '80 e inizio anni '90 da venir riproposti poi in tutte le serie successive di Jojo e da fungere da base per elementi presenti in anime, manga e videogiochi futuri come Yu-gi-oh, Blue Dragon, Shaman King, Ghost Sweeper Mikami, La legge di Ueki o Rabbit.
Moltissime, di rimando, le fonti d'ispirazione dell'autore Hirohiko Araki per questa terza parte della sua storia. Da grande appassionato di cinema, musica e cultura popolare, Araki inserisce riferimenti e citazioni alla filmografia americana del tempo (da Indiana Jones, palese ispiratore dell'aspetto fisico del vecchio Joseph e dei viaggi intorno al mondo in paesi esotici e avventurosi, a Christine: La macchina infernale, ripresa per lo Stand chiamato Wheel of fortune), ma anche, come da tradizione, a cantanti, canzoni e gruppi musicali (Iggy Pop, Terence Trent D'Arby, Enya, Vanilla Ice, Michel Polnareff, fra gli altri).
Una delle fonti d'ispirazione più palesi, già sfruttata in parte nella seconda serie, è però il manga Sakigake! Otoko Juku!, che il collega Akira Miyashita pubblicava in quegli stessi anni sulla stessa rivista di Araki, Shonen Jump della Shueisha.
Il protagonista Jotaro, teppista dallo sguardo sbruffone e dal cuore d'oro con una lunga divisa scolastica vecchio stile aperta e dondolante al vento e uno scalcinato berretto da studente, sembra infatti uscito proprio dallo strambo istituto che dà il titolo all'opera di Miyashita, e nel particolare sembra una sorta di rielaborazione grafica del personaggio di Genji Togashi.
Dall'opera di Miyashita, Araki riprende anche i combattimenti esageratissimi, violenti e imprevedibili, e un umorismo fatto di smargiassate e di scene trash, al limite del cattivo gusto, dell'esagerazione e spesso toccante un po' di volgarità.
I personaggi di Stardust Crusaders sono difatti votati all'esagerazione. I nostri cinque protagonisti, nessuno escluso, sembreranno gridare a pieni polmoni, in ogni scena o inquadratura che li riguarda, "Guardatemi, sono un figo e un tamarro", con un grandissimo carisma che ha permesso a questo quintetto di scolpirsi negli animi di intere generazioni (difatti, escludendo il recente lungometraggio sulla prima serie, Stardust Crusaders è stata per anni la serie più famosa di Jojo e l'unica ad avere un adattamento animato) e a generare emuli e cloni (si vedano i vari Guile di Street Fighter, Paul di Tekken o Benimaru di King of Fighters, palesemente ispirati a Polnareff, Charlie di Street Fighter Alpha, che deve molto a Kakyoin, o Dandy J di Waku Waku 7, in cui c'è molto Joseph Joestar).
Aldilà del loro carisma grafico, e delle numerosissime scene spaccone che li vedono protagonisti, c'è da dire che i nostri eroi mantengono una caratterizzazione sin troppo semplice, e ci vorranno parecchi volumi prima che il lettore riesca ad affezionarsi a tutti quanti, poiché magari alcuni fra di loro saranno sfruttati meno di altri o esisteranno quasi solo in funzione di dire spacconate.
Alla fine della fiera, riusciremo ad affezionarci a tutti, ma, lettore avvisato, di tempo ce ne vorrà…
Se l'antagonista Dio mantiene e amplifica il maligno carisma che aveva nella sua prima apparizione, rendendosi protagonista di scene tanto trash quanto esaltanti (inutile citare il famosissimo "WRYYY!!!" che imperversa da anni sulla rete), purtroppo lo stesso non si può dire di molti dei suoi sottoposti, che vengono ricordati più per i loro poteri che per il loro aspetto o carattere, piuttosto piatto nella stragrande maggioranza dei casi.
Quel che rende davvero geniale Stardust Crusaders, però, non sono tanto i personaggi quanto, appunto, i loro poteri, gli Stand di cui si parlava in apertura.
Gli Stand sono capaci di fare le cose più incredibili, dall'animare oggetti a predire il futuro, da intrappolare anime a colpire le loro vittime nei modi più disparati.
I combattimenti di Stardust Crusaders saranno dunque tanti, tantissimi, magari anche troppi essendo l'unica ossatura della vicenda, ma non ve ne saranno mai due uguali e molto raramente questi saranno noiosi, proprio perché grazie alla grandissima inventiva dell'autore i personaggi potranno fare davvero di tutto. Avremo creature che crescono sulle braccia dei nostri eroi, neonati che manipolano i sogni, viaggi nel tempo, animali da combattimento, calamite umane, spadaccini, avversari che passano attraverso qualsiasi superficie riflettente, ferite che infettandosi rendono la gente zombie, abilissimi pistoleri, fumetti che prevedono il futuro, automobili inarrestabili, regressioni d'età, ma anche vicende in cui i nostri eroi dovranno affrontare situazioni paradossali come giochi d'azzardo o partite in multiplayer al Super Nintendo in cui è in gioco la loro vita.
Di fronte a tanta varietà, a scene d'azione veramente rocambolesche e combattimenti sempre imprevedibili, dove a farla da padrone sono l'ingegno e la strategia, con Stardust Crusaders davvero non ci si annoia mai, e si riesce dunque a perdonargli con facilità una struttura di base molto lineare, una trama che è solo un pretesto per imbastire scontri e dei personaggi non troppo approfonditi.
Soprattutto se aggiungiamo che a far da sfondo alle lotte e alle fughe di Jotaro e compagni ci sono paesi esotici, affascinanti e avventurosi come il Medio Oriente o l'Egitto, descritti con gran cura dall'autore, fra una spiegazione geografico-storico-social-culturale e qualche luogo comune non troppo fastidioso.
Stardust Crusaders è, dunque, una grande avventura all'insegna dell'azione e dell'esagerazione, dove tutto è folle e bizzarro, compresi i disegni che vanno sempre più maturando e modificandosi man mano che si avanza nelle serie di Jojo, da gustarsi tutta d'un fiato e che si rivelerà essere una lettura avvincente e adrenalinica, ricca d'azione e colpi di scena e con un finale che non può non emozionare.
Non è una serie a fumetti esente da difetti, in quanto ne presenta alcuni che non erano presenti, per via della brevità, nelle serie precedenti, ma ha anche altrettanti pregi che a loro mancavano e che rendono molto particolare la lettura.
Se è la migliore serie di Jojo, come quasi tutti asseriscono, questo non lo so ancora, avendo letto solo fin qui, ma si può tranquillamente giudicare come complementare alle due precedenti.
L'universo di Jojo continua ad evolversi, presentandoci anche stavolta una vicenda molto cinematografica e perfettamente inquadrata nella sua epoca d'uscita, che riesce a far emozionare e appassionare come coloro che l'hanno preceduta.
La storia ha inizio quando nel corpo di Jotaro si risveglia un misterioso potere, una sorta di mistico demone, che può essere visto soltanto dal ragazzo e lo spaventa.
A sciogliere il mistero ci pensa suo nonno Joseph Joestar, protagonista della precedente saga e adesso attempato ma arzillo magnate appassionato di cinema, fumetti e avventure, richiamato d'urgenza in Giappone dalla figlia Holly.
Dopo un sonno durato cent' anni, si è infatti risvegliato l'arcinemico della famiglia Joestar, quell'immortale Dio Brando che fu sconfitto da Johnathan Joestar nella prima saga e che adesso, fusosi al corpo del suo rivale di sempre, minaccia morte e rovina.
La comparsa di Dio Brando e il suo aver macchiato il corpo di Johnathan ha risvegliato nei discendenti di quest'ultimo un mistico potere, un'emissione dell'anima chiamata Stand, che varia da persona a persona seguendo le denominazioni dei tarocchi e che Dio sta cominciando a fornire ai sottoposti di cui si circonda, nel suo covo in Egitto.
Se Jotaro (dotato dello Stand chiamato Star Platinum, dagli incredibili riflessi, forza e velocità) e Joseph (dotato dello Stand chiamato Hermit Purple, che gli permette di evocare dei rovi dal suo corpo e usarli come frusta o per visualizzare su Polaroid immagini spirituali) riescono a controllare il loro nuovo potere in breve tempo, lo stesso non si può dire di mamma Holly, che cade vittima di un grandissimo dolore in seguito al risveglio del suo Stand.
Per salvarla, i due Joestar nonno e nipote dovranno compiere un incredibile viaggio contro il tempo alla volta dell'Egitto, con lo scopo di debellare definitivamente il malefico Dio Brando e far sparire così lo Stand che sta divorando la salute di Holly.
Lungo il cammino, si uniranno a loro fedeli amici e alleati, come il francese Jean Pierre Polnareff, sbruffone e appariscente in cerca di vendetta per la morte della sorella e dotato dello Stand chiamato Silver Chariot che è un eccellente schermidore; lo studente giapponese Noriaki Kakyoin, dotato dello Stand chiamato Hyerophant Green (capace di lanciare sfere d'energia color smeraldo); il saggio e possente egiziano Mohammad Abdul, dotato dello Stand chiamato Magician Red (un uccello antropomorfo capace di dominare le fiamme) e il bizzarro e intelligentissimo cagnolino Iggy, dotato dello Stand The Fool (una strana creatura bestiale capace di planare).
Il viaggio sarà però lungo e pericoloso, poiché i numerosissimi seguaci di Dio Brando e i loro potenti Stand stanno alle costole dei nostri eroi…
Stardust Crusaders, terza parte delle bizzarre avventure della famiglia Joestar, si discosta parecchio dalle due precedenti, e non solo per la lunghezza (dieci maxi-volumi contro i tre o quattro delle altre due).
L'innovazione più grande è senza dubbio l'introduzione del concetto di Stand, poteri nati dall'anima, che vanno a soppiantare le tutto sommato più tradizionali onde concentriche delle prime due serie.
Dice l'autore nella postfazione in coda al decimo volume che pensò agli Stand nel tentativo di creare un potere assolutamente nuovo per l'epoca, che non fosse correlato alla forza fisica quanto a quella spirituale. Possiamo ben dargli ragione, poiché gli Stand di Stardust Crusaders si rivelano, per l'epoca d'uscita, qualcosa di fortemente innovativo, che piacque tanto ai lettori di fine anni '80 e inizio anni '90 da venir riproposti poi in tutte le serie successive di Jojo e da fungere da base per elementi presenti in anime, manga e videogiochi futuri come Yu-gi-oh, Blue Dragon, Shaman King, Ghost Sweeper Mikami, La legge di Ueki o Rabbit.
Moltissime, di rimando, le fonti d'ispirazione dell'autore Hirohiko Araki per questa terza parte della sua storia. Da grande appassionato di cinema, musica e cultura popolare, Araki inserisce riferimenti e citazioni alla filmografia americana del tempo (da Indiana Jones, palese ispiratore dell'aspetto fisico del vecchio Joseph e dei viaggi intorno al mondo in paesi esotici e avventurosi, a Christine: La macchina infernale, ripresa per lo Stand chiamato Wheel of fortune), ma anche, come da tradizione, a cantanti, canzoni e gruppi musicali (Iggy Pop, Terence Trent D'Arby, Enya, Vanilla Ice, Michel Polnareff, fra gli altri).
Una delle fonti d'ispirazione più palesi, già sfruttata in parte nella seconda serie, è però il manga Sakigake! Otoko Juku!, che il collega Akira Miyashita pubblicava in quegli stessi anni sulla stessa rivista di Araki, Shonen Jump della Shueisha.
Il protagonista Jotaro, teppista dallo sguardo sbruffone e dal cuore d'oro con una lunga divisa scolastica vecchio stile aperta e dondolante al vento e uno scalcinato berretto da studente, sembra infatti uscito proprio dallo strambo istituto che dà il titolo all'opera di Miyashita, e nel particolare sembra una sorta di rielaborazione grafica del personaggio di Genji Togashi.
Dall'opera di Miyashita, Araki riprende anche i combattimenti esageratissimi, violenti e imprevedibili, e un umorismo fatto di smargiassate e di scene trash, al limite del cattivo gusto, dell'esagerazione e spesso toccante un po' di volgarità.
I personaggi di Stardust Crusaders sono difatti votati all'esagerazione. I nostri cinque protagonisti, nessuno escluso, sembreranno gridare a pieni polmoni, in ogni scena o inquadratura che li riguarda, "Guardatemi, sono un figo e un tamarro", con un grandissimo carisma che ha permesso a questo quintetto di scolpirsi negli animi di intere generazioni (difatti, escludendo il recente lungometraggio sulla prima serie, Stardust Crusaders è stata per anni la serie più famosa di Jojo e l'unica ad avere un adattamento animato) e a generare emuli e cloni (si vedano i vari Guile di Street Fighter, Paul di Tekken o Benimaru di King of Fighters, palesemente ispirati a Polnareff, Charlie di Street Fighter Alpha, che deve molto a Kakyoin, o Dandy J di Waku Waku 7, in cui c'è molto Joseph Joestar).
Aldilà del loro carisma grafico, e delle numerosissime scene spaccone che li vedono protagonisti, c'è da dire che i nostri eroi mantengono una caratterizzazione sin troppo semplice, e ci vorranno parecchi volumi prima che il lettore riesca ad affezionarsi a tutti quanti, poiché magari alcuni fra di loro saranno sfruttati meno di altri o esisteranno quasi solo in funzione di dire spacconate.
Alla fine della fiera, riusciremo ad affezionarci a tutti, ma, lettore avvisato, di tempo ce ne vorrà…
Se l'antagonista Dio mantiene e amplifica il maligno carisma che aveva nella sua prima apparizione, rendendosi protagonista di scene tanto trash quanto esaltanti (inutile citare il famosissimo "WRYYY!!!" che imperversa da anni sulla rete), purtroppo lo stesso non si può dire di molti dei suoi sottoposti, che vengono ricordati più per i loro poteri che per il loro aspetto o carattere, piuttosto piatto nella stragrande maggioranza dei casi.
Quel che rende davvero geniale Stardust Crusaders, però, non sono tanto i personaggi quanto, appunto, i loro poteri, gli Stand di cui si parlava in apertura.
Gli Stand sono capaci di fare le cose più incredibili, dall'animare oggetti a predire il futuro, da intrappolare anime a colpire le loro vittime nei modi più disparati.
I combattimenti di Stardust Crusaders saranno dunque tanti, tantissimi, magari anche troppi essendo l'unica ossatura della vicenda, ma non ve ne saranno mai due uguali e molto raramente questi saranno noiosi, proprio perché grazie alla grandissima inventiva dell'autore i personaggi potranno fare davvero di tutto. Avremo creature che crescono sulle braccia dei nostri eroi, neonati che manipolano i sogni, viaggi nel tempo, animali da combattimento, calamite umane, spadaccini, avversari che passano attraverso qualsiasi superficie riflettente, ferite che infettandosi rendono la gente zombie, abilissimi pistoleri, fumetti che prevedono il futuro, automobili inarrestabili, regressioni d'età, ma anche vicende in cui i nostri eroi dovranno affrontare situazioni paradossali come giochi d'azzardo o partite in multiplayer al Super Nintendo in cui è in gioco la loro vita.
Di fronte a tanta varietà, a scene d'azione veramente rocambolesche e combattimenti sempre imprevedibili, dove a farla da padrone sono l'ingegno e la strategia, con Stardust Crusaders davvero non ci si annoia mai, e si riesce dunque a perdonargli con facilità una struttura di base molto lineare, una trama che è solo un pretesto per imbastire scontri e dei personaggi non troppo approfonditi.
Soprattutto se aggiungiamo che a far da sfondo alle lotte e alle fughe di Jotaro e compagni ci sono paesi esotici, affascinanti e avventurosi come il Medio Oriente o l'Egitto, descritti con gran cura dall'autore, fra una spiegazione geografico-storico-social-culturale e qualche luogo comune non troppo fastidioso.
Stardust Crusaders è, dunque, una grande avventura all'insegna dell'azione e dell'esagerazione, dove tutto è folle e bizzarro, compresi i disegni che vanno sempre più maturando e modificandosi man mano che si avanza nelle serie di Jojo, da gustarsi tutta d'un fiato e che si rivelerà essere una lettura avvincente e adrenalinica, ricca d'azione e colpi di scena e con un finale che non può non emozionare.
Non è una serie a fumetti esente da difetti, in quanto ne presenta alcuni che non erano presenti, per via della brevità, nelle serie precedenti, ma ha anche altrettanti pregi che a loro mancavano e che rendono molto particolare la lettura.
Se è la migliore serie di Jojo, come quasi tutti asseriscono, questo non lo so ancora, avendo letto solo fin qui, ma si può tranquillamente giudicare come complementare alle due precedenti.
L'universo di Jojo continua ad evolversi, presentandoci anche stavolta una vicenda molto cinematografica e perfettamente inquadrata nella sua epoca d'uscita, che riesce a far emozionare e appassionare come coloro che l'hanno preceduta.
Nota: il "10" è riferito ai volumetti della ristampa Star Comics che accorpa le "sottilette" della prima edizione.
Tecnica di combattimento che vince non si cambia; si direbbe che Araki non la pensasse così quando cominciò a progettare il terzo capitolo della lunghissima saga dei Joestar. A inizio manga infatti si ha il passaggio dalle onde concentriche agli Stand, una delle caratteristiche più apprezzate ed imitate di questa serie. Per quei pochi che non lo sapessero uno Stand è una sorta di proiezione astrale dotata di particolari poteri e legata al suo portatore.
Stardust Crusaders ci presenta anche quello che è il più famoso dei Jojo, ovvero Jotaro Kujo, decisamente più ombroso e antieroico di un invecchiato ma ancora esuberante Joseph: se quest'ultimo si divertiva a indovinare persino le frasi che i nemici avrebbero pronunciato il nipotastro di limiterà a degli sprezzanti "yare yare daze", espressione pressoché traducibile come "bene, bene".
Il soggetto stavolta è un po' meno forte delle serie precedenti e lo spunto narrativo iniziale sfocerà in un lunghissimo viaggio che difficilmente si sposterà dal canovaccio "arrivo in un nuovo posto, scoperta del nemico, combattimento". Cos'è allora che salva questa serie dalla monotonia allora? Ma naturalmente la fantasia sfrenata di Araki, che riesce ad inventarsi cose incredibili rendendo quasi tutti i combattimenti appassionanti e divertenti.
Ai Joestar si affiancherà un nutrito gruppo di comprimari più o meno ben caratterizzati, ciascuno con la propria personalità e i propri poteri.
E poi c'è Dio Brando. Intendiamoci, in questa serie non si fa nulla per aggiungere al personaggio quello che già avevamo appreso leggendo Phantom Blood, ma ciò non intacca il suo carisma e l'aura di timore che lo circonda. Per contro, se uno cominciasse Jojo con questa serie si perderebbe tutto il build-up del personaggio e la cosa costituirebbe un vero peccato.
In conclusione mi si perdonerà l'atteggiamento da bastian contrario, ma delle tre serie di Jojo che finora ho letto Stardust Crusaders è quella che mi ha colpito di meno a causa del suo essere una lunga sequela di combattimenti con un plot tutto sommato esile. Ciò non toglie che come fumetto d'azione fa il suo dovere e ancora riesce a divertire ed a esaltare il lettore ad oltre vent'anni dalla sua prima pubblicazione.
Tecnica di combattimento che vince non si cambia; si direbbe che Araki non la pensasse così quando cominciò a progettare il terzo capitolo della lunghissima saga dei Joestar. A inizio manga infatti si ha il passaggio dalle onde concentriche agli Stand, una delle caratteristiche più apprezzate ed imitate di questa serie. Per quei pochi che non lo sapessero uno Stand è una sorta di proiezione astrale dotata di particolari poteri e legata al suo portatore.
Stardust Crusaders ci presenta anche quello che è il più famoso dei Jojo, ovvero Jotaro Kujo, decisamente più ombroso e antieroico di un invecchiato ma ancora esuberante Joseph: se quest'ultimo si divertiva a indovinare persino le frasi che i nemici avrebbero pronunciato il nipotastro di limiterà a degli sprezzanti "yare yare daze", espressione pressoché traducibile come "bene, bene".
Il soggetto stavolta è un po' meno forte delle serie precedenti e lo spunto narrativo iniziale sfocerà in un lunghissimo viaggio che difficilmente si sposterà dal canovaccio "arrivo in un nuovo posto, scoperta del nemico, combattimento". Cos'è allora che salva questa serie dalla monotonia allora? Ma naturalmente la fantasia sfrenata di Araki, che riesce ad inventarsi cose incredibili rendendo quasi tutti i combattimenti appassionanti e divertenti.
Ai Joestar si affiancherà un nutrito gruppo di comprimari più o meno ben caratterizzati, ciascuno con la propria personalità e i propri poteri.
E poi c'è Dio Brando. Intendiamoci, in questa serie non si fa nulla per aggiungere al personaggio quello che già avevamo appreso leggendo Phantom Blood, ma ciò non intacca il suo carisma e l'aura di timore che lo circonda. Per contro, se uno cominciasse Jojo con questa serie si perderebbe tutto il build-up del personaggio e la cosa costituirebbe un vero peccato.
In conclusione mi si perdonerà l'atteggiamento da bastian contrario, ma delle tre serie di Jojo che finora ho letto Stardust Crusaders è quella che mi ha colpito di meno a causa del suo essere una lunga sequela di combattimenti con un plot tutto sommato esile. Ciò non toglie che come fumetto d'azione fa il suo dovere e ancora riesce a divertire ed a esaltare il lettore ad oltre vent'anni dalla sua prima pubblicazione.
"Mancavi solo tu per completare la collezione di cadaveri della raccolta "In viaggio con i Joestar"" - Dio Brando
INTRODUZIONE
Le Bizzarre avventure di JoJo: Stardust Crusader (per gli amici JoJo: Stardust Crusader o semplicemente Stardust Crusader) è la terza saga dei JoJo, ideata dal genio di Hirohiko Araki. Il manga in Giappone originariamente è stato raccolto in 16 volumi, editi dalla Shueisha a partire dal lontano 1989, mentre la prima edizione italiana della Star Comics contava ben 24 volumetti sottiletta, al prezzo di 2,10€ a volume. La più recente edizione del manga, sempre in mano alla Star Comics, raccoglie l'intera opera in 10 volumoni al prezzo di 6,00€ a volume. La qualità di questa nuova edizione è a dir poco impareggiabile, veramente un'edizione di lusso, io personalmente ho questa edizione.
TRAMA <b>Spoiler</b>
La storia si sviluppa attorno al 1989, quindi ben 41 anni dopo la seconda serie. Dio Brando (ebbene sì, il cattivone della prima saga "Phantom Blood") è ancora vivo, è riuscito a sopravvivere appropriandosi del corpo del povero Jonathan Joestar (il protagonista della prima saga di JoJo, per l'appunto come detto prima "Phantom Blood"), dopo essersi rinchiuso in una bara, che sprofondò negli abissi marini. Cento anni dopo la morte del nostro primo JoJo, dei marinai aprono incautamente il forziere, liberando l'incubo dei Joestar, Dio Brando. Il nostro nuovo protagonista è Jotaro Kujo, nipote di giapponese di Joseph Joestar (protagonista della seconda serie di JoJo), egli scopre di essere un portatore di Stand, un potere che consente di concretizzare il proprio potere spirituale; ogni Stand possiede diverse capacità. Questo potere non si è risvegliato solamente nel corpo di Jotaro, ma tutta la famiglia Joestar, compresi Joseph ed il povero Jonathan Joestar, del cui corpo si è appropriato Dio Brando, ottenendo a sua volta il potere dello Stand. Il potere si è risvegliato anche nella povera madre di Jotaro Kujo e figlia di Joseph Joestar, Hollie Joestar, che rischia di morire per colpa dello Stand inviato da Dio Brando. L'unico rimedio per salvare la vita di Hollie è quella di uccidere definitivamente Dio Brando. Qui i nostri protagonisti partono per un lungo viaggio verso il Cairo, base di Dio Brando. Aspettatevi moltissimi personaggi, moltissimi colpi di scena e moltissimi combattimenti. Qui inizia la tanto amata terza saga firmata Hirohiko Araki.
CONSIDERAZIONI
Ottimo manga, buona trama (ma non ottima), ottimi disegni, ma sopratutto geniali combattimenti all'ultimo sangue. Se cercate uno shounen con i fiocchi, questa saga di JoJo fa per voi. Perde il tocco horror che aveva nella prima saga, rendendo il manga alla portata di tutti. Molti personaggi sono ben caratterizzati, mentre altri a volte vengono messi da parte, come il povero Noriaki Kakyoin (il mio personaggio preferito). In definitiva è un ottimo manga, indimenticabile, considerato da molti la migliore saga delle Bizzarre Avventure di JoJo (secondo me la migliore resta sempre la prima, "Phantom Blood"). Dio Brando e Jotaro Kujo sono ormai gli emblemi massimi di tutta l'epopea dei JoJo. Il mio voto finale è un 10- ma arrotondo a 10. Ricordatevi, la miglior saga è Phantom Blood.
INTRODUZIONE
Le Bizzarre avventure di JoJo: Stardust Crusader (per gli amici JoJo: Stardust Crusader o semplicemente Stardust Crusader) è la terza saga dei JoJo, ideata dal genio di Hirohiko Araki. Il manga in Giappone originariamente è stato raccolto in 16 volumi, editi dalla Shueisha a partire dal lontano 1989, mentre la prima edizione italiana della Star Comics contava ben 24 volumetti sottiletta, al prezzo di 2,10€ a volume. La più recente edizione del manga, sempre in mano alla Star Comics, raccoglie l'intera opera in 10 volumoni al prezzo di 6,00€ a volume. La qualità di questa nuova edizione è a dir poco impareggiabile, veramente un'edizione di lusso, io personalmente ho questa edizione.
TRAMA <b>Spoiler</b>
La storia si sviluppa attorno al 1989, quindi ben 41 anni dopo la seconda serie. Dio Brando (ebbene sì, il cattivone della prima saga "Phantom Blood") è ancora vivo, è riuscito a sopravvivere appropriandosi del corpo del povero Jonathan Joestar (il protagonista della prima saga di JoJo, per l'appunto come detto prima "Phantom Blood"), dopo essersi rinchiuso in una bara, che sprofondò negli abissi marini. Cento anni dopo la morte del nostro primo JoJo, dei marinai aprono incautamente il forziere, liberando l'incubo dei Joestar, Dio Brando. Il nostro nuovo protagonista è Jotaro Kujo, nipote di giapponese di Joseph Joestar (protagonista della seconda serie di JoJo), egli scopre di essere un portatore di Stand, un potere che consente di concretizzare il proprio potere spirituale; ogni Stand possiede diverse capacità. Questo potere non si è risvegliato solamente nel corpo di Jotaro, ma tutta la famiglia Joestar, compresi Joseph ed il povero Jonathan Joestar, del cui corpo si è appropriato Dio Brando, ottenendo a sua volta il potere dello Stand. Il potere si è risvegliato anche nella povera madre di Jotaro Kujo e figlia di Joseph Joestar, Hollie Joestar, che rischia di morire per colpa dello Stand inviato da Dio Brando. L'unico rimedio per salvare la vita di Hollie è quella di uccidere definitivamente Dio Brando. Qui i nostri protagonisti partono per un lungo viaggio verso il Cairo, base di Dio Brando. Aspettatevi moltissimi personaggi, moltissimi colpi di scena e moltissimi combattimenti. Qui inizia la tanto amata terza saga firmata Hirohiko Araki.
CONSIDERAZIONI
Ottimo manga, buona trama (ma non ottima), ottimi disegni, ma sopratutto geniali combattimenti all'ultimo sangue. Se cercate uno shounen con i fiocchi, questa saga di JoJo fa per voi. Perde il tocco horror che aveva nella prima saga, rendendo il manga alla portata di tutti. Molti personaggi sono ben caratterizzati, mentre altri a volte vengono messi da parte, come il povero Noriaki Kakyoin (il mio personaggio preferito). In definitiva è un ottimo manga, indimenticabile, considerato da molti la migliore saga delle Bizzarre Avventure di JoJo (secondo me la migliore resta sempre la prima, "Phantom Blood"). Dio Brando e Jotaro Kujo sono ormai gli emblemi massimi di tutta l'epopea dei JoJo. Il mio voto finale è un 10- ma arrotondo a 10. Ricordatevi, la miglior saga è Phantom Blood.
Avviso che ho letto la riedizione della Star, quindi la seguente recensione si riferisce al manga completo.
Comincio col dire che Araki ha superato se stesso, semplicemente un genio. In questa terza serie de "Le bizzarre avventure di Jojo", Stardust Crusaders, sono presenti molti elementi che rendono la presente opera una delle pietre miliari della storia dei manga, nonché fonte d'ispirazione per alcuni futuri autori (non scordiamoci che questo manga è stato creato nel 1989).
Forte, inoltre, è la discontinuità fra questa e le serie precedenti. Cosa che ho apprezzato moltissimo. La ventata di novità che introduce questa serie è, a mio parere, uno dei suoi punti di forza.
Un primo elemento di novità, è l'abbandono da parte di Araki delle onde concentriche per far spazio ai cosiddetti "stand". Nessun accorgimento poteva essere più idoneo, dato che le onde non mi avevano mai convinto del tutto.
Gli stand sono entità spirituali tipiche per ogni individuo/a, e sia i nostri protagonisti che gli antagonisti ne sono portatori. Ciò permette ad Araki di sperimentare il combattimento per terze parti e di sbizzarrirsi, dando libero sfogo al suo genio, che trova nei combattimenti una naturale ed incredibile trasposizione.
Protagonisti della serie sono Abdul, Kakyoin, Polnareff, Joseph Joestar e Jotaro Kujo, quest'ultimo nipote di Joseph. Questi sono i cosiddetti "crociati" che danno il titolo alla serie. Infatti, il nostro bizzarrissimo quintetto dovrà effettuare una vera e propria "crociata", se così la si può chiamare: dal Giappone, dovranno arrivare in Egitto, luogo in cui si trova Dio, il redivivo nemico con rinnovati piani egemonici e divenuto anche lui portatore di stand.
Qualcuno potrà sorprendersi, ma la trama è semplicemente questa, non c'è altro da aggiungere. Il punto forte della serie non è infatti la trama, molto semplice, bensì la forza interiore e il carisma dei personaggi, la loro caratterizzazione, la suspance inesorabile che deriva dallo scorrere della storia, e naturalmente i combattimenti, vedere come i nostri crociati saranno capaci di arrivare fino in Egitto.
Personalmente mi sono esaltato (non scherzo) ad assistere ai combattimenti fra i portatori di stand che Dio invia contro i nostri protagonisti e, appunto, il nostro quintetto. Dinamiche originalissime e folli al tempo stesso, divertentissime e supercoinvolgenti. Il manga va avanti così, a forza di scontri a colpi di stand, e ogni volta ciascuno scontro o situazione godrà di una rinnovati vitalità e coinvolgimento.
Nessun altro manga mi aveva mai coinvolto ed esaltato come questo, certo, ci sono delle cose che non mi hanno convinto del tutto, ma sono perfettamente trascurabili.
Il carismatico ma allo stesso tempo empatico Jotaro, il divertentissimo Polnareff, il goffo e barbuto Joseph, il pacato ma letale Kakyoin, il saggio e serioso Abdul, oltre a un altro componente che si aggiungerà nel corso del viaggio, diventeranno i vostri beniamini.
Come sempre, non posso fare altro che idolatrare i disegni di Araki. Il suo disegno è il mio preferito in assoluto. A dire il vero, non mi posso immaginare Stardust Crusaders disegnata con un tratto diverso da quello di Araki. Migliorato ulteriormente dopo la seconda serie, il disegno mantiene la plasticità che caratterizza le anatomie dei corpi, i volti super espressivi e l'abbigliamento bizzarro. Lo amo.
Non mi rimane altro che obbligare a leggere questo manga a tutti gli amanti degli shounen, dovete farlo. È un capolavoro assoluto, un'opera fondamentale che raggiunge l'olimpo dei manga. Lasciatevi rapire dai "crociati", dall'inizio del loro viaggio fino alla fine, ovvero lo scontro finale, che è una meravigliosa e spettacolare conclusione per un semplicemente meraviglioso e semplicemente spettacolare manga.
Comincio col dire che Araki ha superato se stesso, semplicemente un genio. In questa terza serie de "Le bizzarre avventure di Jojo", Stardust Crusaders, sono presenti molti elementi che rendono la presente opera una delle pietre miliari della storia dei manga, nonché fonte d'ispirazione per alcuni futuri autori (non scordiamoci che questo manga è stato creato nel 1989).
Forte, inoltre, è la discontinuità fra questa e le serie precedenti. Cosa che ho apprezzato moltissimo. La ventata di novità che introduce questa serie è, a mio parere, uno dei suoi punti di forza.
Un primo elemento di novità, è l'abbandono da parte di Araki delle onde concentriche per far spazio ai cosiddetti "stand". Nessun accorgimento poteva essere più idoneo, dato che le onde non mi avevano mai convinto del tutto.
Gli stand sono entità spirituali tipiche per ogni individuo/a, e sia i nostri protagonisti che gli antagonisti ne sono portatori. Ciò permette ad Araki di sperimentare il combattimento per terze parti e di sbizzarrirsi, dando libero sfogo al suo genio, che trova nei combattimenti una naturale ed incredibile trasposizione.
Protagonisti della serie sono Abdul, Kakyoin, Polnareff, Joseph Joestar e Jotaro Kujo, quest'ultimo nipote di Joseph. Questi sono i cosiddetti "crociati" che danno il titolo alla serie. Infatti, il nostro bizzarrissimo quintetto dovrà effettuare una vera e propria "crociata", se così la si può chiamare: dal Giappone, dovranno arrivare in Egitto, luogo in cui si trova Dio, il redivivo nemico con rinnovati piani egemonici e divenuto anche lui portatore di stand.
Qualcuno potrà sorprendersi, ma la trama è semplicemente questa, non c'è altro da aggiungere. Il punto forte della serie non è infatti la trama, molto semplice, bensì la forza interiore e il carisma dei personaggi, la loro caratterizzazione, la suspance inesorabile che deriva dallo scorrere della storia, e naturalmente i combattimenti, vedere come i nostri crociati saranno capaci di arrivare fino in Egitto.
Personalmente mi sono esaltato (non scherzo) ad assistere ai combattimenti fra i portatori di stand che Dio invia contro i nostri protagonisti e, appunto, il nostro quintetto. Dinamiche originalissime e folli al tempo stesso, divertentissime e supercoinvolgenti. Il manga va avanti così, a forza di scontri a colpi di stand, e ogni volta ciascuno scontro o situazione godrà di una rinnovati vitalità e coinvolgimento.
Nessun altro manga mi aveva mai coinvolto ed esaltato come questo, certo, ci sono delle cose che non mi hanno convinto del tutto, ma sono perfettamente trascurabili.
Il carismatico ma allo stesso tempo empatico Jotaro, il divertentissimo Polnareff, il goffo e barbuto Joseph, il pacato ma letale Kakyoin, il saggio e serioso Abdul, oltre a un altro componente che si aggiungerà nel corso del viaggio, diventeranno i vostri beniamini.
Come sempre, non posso fare altro che idolatrare i disegni di Araki. Il suo disegno è il mio preferito in assoluto. A dire il vero, non mi posso immaginare Stardust Crusaders disegnata con un tratto diverso da quello di Araki. Migliorato ulteriormente dopo la seconda serie, il disegno mantiene la plasticità che caratterizza le anatomie dei corpi, i volti super espressivi e l'abbigliamento bizzarro. Lo amo.
Non mi rimane altro che obbligare a leggere questo manga a tutti gli amanti degli shounen, dovete farlo. È un capolavoro assoluto, un'opera fondamentale che raggiunge l'olimpo dei manga. Lasciatevi rapire dai "crociati", dall'inizio del loro viaggio fino alla fine, ovvero lo scontro finale, che è una meravigliosa e spettacolare conclusione per un semplicemente meraviglioso e semplicemente spettacolare manga.
Questo terzo appuntamento con la saga di JoJo si distingue nettamente dai precedenti per le molte innovazioni apportate. È impressionante notare come Hirohiko Araki, l'autore, riesca a migliorarsi continuamente, e mi stupirei se continuasse a farlo ancora nelle saghe successive, in quanto il livello qualitativo raggiunto è già molto alto.
Il disegno, oltre ad essere migliorato, presenta un tratto molto più fresco sin dai primi volumi, che si adegua ai canoni dei lettori più moderni, inoltre l'aspetto non-canonico degli Stand permette all'autore di sperimentare utilizzando design accattivanti.
Ah, è vero, vi starete chiedendo cosa sono gli Stand. Gli Stand sono una delle più grosse innovazioni di questa saga, la storia difatti inizia quando il nuovo JoJo - che si chiama questa volta Jotaro Kujo, nipote del protagonista della precedente saga Joseph Joestar - scopre di avere uno strano potere chiamato Stand, appunto, che si manifesta (seppure sia invisibile agli occhi della gente comune) come un guerriero virtuale velocissimo e letale.
Viene quindi accantonata l'arte delle onde concentriche a favore di uno stile di combattimento più particolare, che vede i personaggi utilizzare delle specie di ombre stile "Shaman King" (che nasce comunque 10 anni dopo) dai poteri più disparati, il che renderà i numerosi combattimenti ogni volta diversi.
Questa è un'altra differenza, in questo capitolo della saga vengono mostrati moltissimi nemici, ognuno caratterizzato da un potere univoco, si passa dai classici poteri elementali (acqua, fuoco) ad altri più particolari, come ad esempio uno scarafaggio mozza-lingue. La struttura vede i protagonisti raggiungere un posto e percepire uno Stand (molto spesso, questo accade addirittura in viaggio), vengono poi mostrare delle prove della presenza dello stesso, fino a quando il nemico non si fa vivo e inizia la battaglia. Questo meccanismo fa sì che il lettore si chieda spesso quale sia la vera natura del potere avversario e ciò mantiene il livello di attenzione alto.
Ho parlato di viaggio in quanto è uno dei concetti chiave di questa saga, insieme ai combattimenti, vediamo infatti i protagonisti viaggiare dal Giappone fino all'Egitto, attraversando molti paesi asiatici, utilizzando praticamente ogni mezzo di locomozione esistente, poco importa se si tratta di aerei, cammelli o sommergibili. Vengono mostrate molte località, ognuna con le sue particolarità, e tutto questo fa assumere al manga quasi una connotazione da Road-Movie.
Il manga è poi più godibile in quanto vi è una spruzzata di humour nero e delle battute tipiche della meta-narrazione, come quando un nemico afferma che uccidendo JoJo darà fine alla terza serie delle bizzarre avventure, e si domanda su chi sarà il prossimo protagonista. L'autore poi "gioca" col lettore, giustificando l'insolito abbigliamento di JoJo (almeno per i luoghi in cui li indossa) con qualche battutina ogni tanto.
Concludendo, Stardust Crusaders dimostra come ci si possa rinnovare continuamente, è un manga zeppo di combattimenti avvincenti (che mi hanno ricordato in più punti le opere più famose di Yoshihiro Togashi) e farcito di spunti comici, e sebbene sia lungo il doppio della precedente saga rivela più scorrevole e divertente.
Il disegno, oltre ad essere migliorato, presenta un tratto molto più fresco sin dai primi volumi, che si adegua ai canoni dei lettori più moderni, inoltre l'aspetto non-canonico degli Stand permette all'autore di sperimentare utilizzando design accattivanti.
Ah, è vero, vi starete chiedendo cosa sono gli Stand. Gli Stand sono una delle più grosse innovazioni di questa saga, la storia difatti inizia quando il nuovo JoJo - che si chiama questa volta Jotaro Kujo, nipote del protagonista della precedente saga Joseph Joestar - scopre di avere uno strano potere chiamato Stand, appunto, che si manifesta (seppure sia invisibile agli occhi della gente comune) come un guerriero virtuale velocissimo e letale.
Viene quindi accantonata l'arte delle onde concentriche a favore di uno stile di combattimento più particolare, che vede i personaggi utilizzare delle specie di ombre stile "Shaman King" (che nasce comunque 10 anni dopo) dai poteri più disparati, il che renderà i numerosi combattimenti ogni volta diversi.
Questa è un'altra differenza, in questo capitolo della saga vengono mostrati moltissimi nemici, ognuno caratterizzato da un potere univoco, si passa dai classici poteri elementali (acqua, fuoco) ad altri più particolari, come ad esempio uno scarafaggio mozza-lingue. La struttura vede i protagonisti raggiungere un posto e percepire uno Stand (molto spesso, questo accade addirittura in viaggio), vengono poi mostrare delle prove della presenza dello stesso, fino a quando il nemico non si fa vivo e inizia la battaglia. Questo meccanismo fa sì che il lettore si chieda spesso quale sia la vera natura del potere avversario e ciò mantiene il livello di attenzione alto.
Ho parlato di viaggio in quanto è uno dei concetti chiave di questa saga, insieme ai combattimenti, vediamo infatti i protagonisti viaggiare dal Giappone fino all'Egitto, attraversando molti paesi asiatici, utilizzando praticamente ogni mezzo di locomozione esistente, poco importa se si tratta di aerei, cammelli o sommergibili. Vengono mostrate molte località, ognuna con le sue particolarità, e tutto questo fa assumere al manga quasi una connotazione da Road-Movie.
Il manga è poi più godibile in quanto vi è una spruzzata di humour nero e delle battute tipiche della meta-narrazione, come quando un nemico afferma che uccidendo JoJo darà fine alla terza serie delle bizzarre avventure, e si domanda su chi sarà il prossimo protagonista. L'autore poi "gioca" col lettore, giustificando l'insolito abbigliamento di JoJo (almeno per i luoghi in cui li indossa) con qualche battutina ogni tanto.
Concludendo, Stardust Crusaders dimostra come ci si possa rinnovare continuamente, è un manga zeppo di combattimenti avvincenti (che mi hanno ricordato in più punti le opere più famose di Yoshihiro Togashi) e farcito di spunti comici, e sebbene sia lungo il doppio della precedente saga rivela più scorrevole e divertente.
Terza parte delle bizzarre avventure della famiglia Joestar.
Dopo la parentesi con gli uomini del Pilastro della seconda serie, in questa, ritorna il nemico giurato per eccellenza: Dio Brando.
Questa serie, dal titolo “Stardust Crusaders” racconta del viaggio dal Giappone fino al Cairo, in Egitto da parte di Joseph Joestar, l’indimenticato protagonista della seconda serie, e di suo nipote Jotaro Kujo, insieme ad altri alleati, con l’obbiettivo di eliminare definitivamente la minaccia rappresentata da Dio.
Il punto di forza di questa serie, è che Araki ha abbandonato i combattimenti sotto forma di Onde Concentriche visti precedentemente, ma ha invece creato gli “Stand”, in una sola parola: genio.
Gli Stand sono entità spirituali che combattono al fianco dei loro portatori, hanno diversi poteri, e se vengono danneggiati, i loro proprietari subiscono l’effetto dei colpi. Grazie a questo, il mangaka può sbizzarrirsi e creare situazioni e combattimenti imprevedibili, folli, al limite dell’assurdo, bizzarri se vogliamo dirlo come il titolo, che avranno il culmine nello straordinario combattimento finale. Per tutta la lettura del manga non ho fatto altro che sorprendermi leggendo i vari combattimenti, e tante sono state le emozioni provate. Non ci sono punti morti, qualche cosa che non mi ha convinto pienamente c’è stata, ma nel complesso non ha pregiudicato la piacevolissima lettura.
I personaggi poi, alcuni dei migliori nella storia dei manga si trovano in questa serie, a partire dal protagonista Jotaro Kujo, carismatico come pochi, che con solo poche, ma leggendarie frasi è uno dei migliori personaggi mai visti. L’antagonista per antonomasia Dio Brando, candidato al premio “Best Villain Ever”, e lo straordinario Joseph Joestar, che se era forte nella seconda serie, ora lo è di più. Non dimentichiamo poi Polnareff, Abdul, Kakyoin, Iggy, e i vari portatori di Stand nemici. Tutti personaggi fantastici e particolari che rendono questo manga straordinario e divertente.
I disegni sono molto particolari. I vari personaggi, gli Stand, le pose che assumono durante i combattimenti, è tutto molto “marcato”, pieno di nero e linee molto scure. Le scene d’azione e i combattimenti sono ben fatti, raramente sono confusi, ma di solito si riesce a seguire bene lo svolgersi delle azioni.
L’edizione che ho seguito è la ristampa in volumi doppi della Star Comics. Molto compatti, con sovraccopertina e trecento pagine di fumetto al prezzo di 6 euro a volume. Visto il maggior numero di pagine si passa ad avere dieci volumi rispetto ai sedici del formato standard. Davvero una bella edizione.
In conclusione Jojo Stardust Crusaders è un manga da leggere. Se siete fan degli shonen anni ’80, questo è una lettura obbligata. Un manga leggendario che ha settato dei parametri di riferimento per i successivi.
Non posso dirlo con certezza visto che devo ancora leggere le serie successive, ma credo che questa sia la migliore.
Dopo la parentesi con gli uomini del Pilastro della seconda serie, in questa, ritorna il nemico giurato per eccellenza: Dio Brando.
Questa serie, dal titolo “Stardust Crusaders” racconta del viaggio dal Giappone fino al Cairo, in Egitto da parte di Joseph Joestar, l’indimenticato protagonista della seconda serie, e di suo nipote Jotaro Kujo, insieme ad altri alleati, con l’obbiettivo di eliminare definitivamente la minaccia rappresentata da Dio.
Il punto di forza di questa serie, è che Araki ha abbandonato i combattimenti sotto forma di Onde Concentriche visti precedentemente, ma ha invece creato gli “Stand”, in una sola parola: genio.
Gli Stand sono entità spirituali che combattono al fianco dei loro portatori, hanno diversi poteri, e se vengono danneggiati, i loro proprietari subiscono l’effetto dei colpi. Grazie a questo, il mangaka può sbizzarrirsi e creare situazioni e combattimenti imprevedibili, folli, al limite dell’assurdo, bizzarri se vogliamo dirlo come il titolo, che avranno il culmine nello straordinario combattimento finale. Per tutta la lettura del manga non ho fatto altro che sorprendermi leggendo i vari combattimenti, e tante sono state le emozioni provate. Non ci sono punti morti, qualche cosa che non mi ha convinto pienamente c’è stata, ma nel complesso non ha pregiudicato la piacevolissima lettura.
I personaggi poi, alcuni dei migliori nella storia dei manga si trovano in questa serie, a partire dal protagonista Jotaro Kujo, carismatico come pochi, che con solo poche, ma leggendarie frasi è uno dei migliori personaggi mai visti. L’antagonista per antonomasia Dio Brando, candidato al premio “Best Villain Ever”, e lo straordinario Joseph Joestar, che se era forte nella seconda serie, ora lo è di più. Non dimentichiamo poi Polnareff, Abdul, Kakyoin, Iggy, e i vari portatori di Stand nemici. Tutti personaggi fantastici e particolari che rendono questo manga straordinario e divertente.
I disegni sono molto particolari. I vari personaggi, gli Stand, le pose che assumono durante i combattimenti, è tutto molto “marcato”, pieno di nero e linee molto scure. Le scene d’azione e i combattimenti sono ben fatti, raramente sono confusi, ma di solito si riesce a seguire bene lo svolgersi delle azioni.
L’edizione che ho seguito è la ristampa in volumi doppi della Star Comics. Molto compatti, con sovraccopertina e trecento pagine di fumetto al prezzo di 6 euro a volume. Visto il maggior numero di pagine si passa ad avere dieci volumi rispetto ai sedici del formato standard. Davvero una bella edizione.
In conclusione Jojo Stardust Crusaders è un manga da leggere. Se siete fan degli shonen anni ’80, questo è una lettura obbligata. Un manga leggendario che ha settato dei parametri di riferimento per i successivi.
Non posso dirlo con certezza visto che devo ancora leggere le serie successive, ma credo che questa sia la migliore.
Ecco la terza serie di Jojo che finalmente, grazie alla nuova ristampa, ho appena finito di leggere.
Questa serie stravolge tutto ciò che si è visto nelle prime due. Cambia nettamente lo stile di narrazione e, specialmente, non ci saranno più "le onde concentriche" ma entreranno in gioco gli "Stand". Questa scelta l'appoggio a mille. Rinnovare e rendere nuova una storia è il passo più giusto che un autore di manga possa fare, e il geniale Araki lo ha fatto, senza cadere nel baratro della banalità.
Stardust Crusaders è la serie definita il picco massimo de "Le bizzarre avventure di Jojo", e non penso che si esageri. La differenza tra questa è la prima serie è immensa, questa è anni luce avanti alla prima.
Ora parliamo della serie in sé. Questa terza avventura dei Joestar offre il tema centrale del viaggio. Infatti, i nostri amici partiranno dal Giappone per poi giungere in Egitto e vedremo così moltissimi posti descritti alla perfezione, mostrandoci le culture e gli stili di vita più svariati. Al tema del viaggio viene affiancato lo stile di combattimento alla "Battle Royal", ossia ci saranno avversari a catena, uno dopo l'altro. A questo aggiungiamoci gag divertenti, amicizia, valore e coraggio. Il tutto condito con battaglie strategiche al mille per mille con grandi colpi di scena. Se poi ci aggiungi un nemico come Dio Brando, allora si è pronti a tuffarsi in un vero capolavoro.
Una nuova parentesi che troveremo in questa serie, saranno i numerosi riferimenti al mondo del Cinema. Il cast dei personaggi sarà immenso e i poteri saranno i più bizzarri e affascinanti che mai potrete immaginare. Insomma, vi troverete tra le mani un prodotto originalissimo (cosa rara tra gli shonen), esplosivo, un capolavoro vero è proprio.
Lo stile di disegno è secondo me bellissimo e particolare, con moltissimi dettagli e una buonissima cura nei paesaggi.
Pur essendo definita una serie sperimentale è una serie di grandissimo successo e che ha un grandissimo potenziale.
L'unico difetto per me è la lunghezza, che porta così a degli alti e bassi in questa storia. Sarebbe stata perfetta se fosse durata 8 volumi.
Ecco perché non gli do 10 ma 9, che se lo stra merita.
Aggiungo, per finire, che leggendolo non troverete la solita monotonia che, ormai contraddistingue lo shonen, e capirete anche che molti manga di oggi hanno preso spunto da Le Bizzarre Avventure di Jojo.
Leggetelo! Questo è un manga considerato la “Bibbia dei manga”. Lo consiglio per forza, non può assolutamente mancare nella vostra libreria. Questo è il manga che più mi sta prendendo negli ultimi anni, non vedo l'ora di tuffarmi nella quarta serie.
Questa serie stravolge tutto ciò che si è visto nelle prime due. Cambia nettamente lo stile di narrazione e, specialmente, non ci saranno più "le onde concentriche" ma entreranno in gioco gli "Stand". Questa scelta l'appoggio a mille. Rinnovare e rendere nuova una storia è il passo più giusto che un autore di manga possa fare, e il geniale Araki lo ha fatto, senza cadere nel baratro della banalità.
Stardust Crusaders è la serie definita il picco massimo de "Le bizzarre avventure di Jojo", e non penso che si esageri. La differenza tra questa è la prima serie è immensa, questa è anni luce avanti alla prima.
Ora parliamo della serie in sé. Questa terza avventura dei Joestar offre il tema centrale del viaggio. Infatti, i nostri amici partiranno dal Giappone per poi giungere in Egitto e vedremo così moltissimi posti descritti alla perfezione, mostrandoci le culture e gli stili di vita più svariati. Al tema del viaggio viene affiancato lo stile di combattimento alla "Battle Royal", ossia ci saranno avversari a catena, uno dopo l'altro. A questo aggiungiamoci gag divertenti, amicizia, valore e coraggio. Il tutto condito con battaglie strategiche al mille per mille con grandi colpi di scena. Se poi ci aggiungi un nemico come Dio Brando, allora si è pronti a tuffarsi in un vero capolavoro.
Una nuova parentesi che troveremo in questa serie, saranno i numerosi riferimenti al mondo del Cinema. Il cast dei personaggi sarà immenso e i poteri saranno i più bizzarri e affascinanti che mai potrete immaginare. Insomma, vi troverete tra le mani un prodotto originalissimo (cosa rara tra gli shonen), esplosivo, un capolavoro vero è proprio.
Lo stile di disegno è secondo me bellissimo e particolare, con moltissimi dettagli e una buonissima cura nei paesaggi.
Pur essendo definita una serie sperimentale è una serie di grandissimo successo e che ha un grandissimo potenziale.
L'unico difetto per me è la lunghezza, che porta così a degli alti e bassi in questa storia. Sarebbe stata perfetta se fosse durata 8 volumi.
Ecco perché non gli do 10 ma 9, che se lo stra merita.
Aggiungo, per finire, che leggendolo non troverete la solita monotonia che, ormai contraddistingue lo shonen, e capirete anche che molti manga di oggi hanno preso spunto da Le Bizzarre Avventure di Jojo.
Leggetelo! Questo è un manga considerato la “Bibbia dei manga”. Lo consiglio per forza, non può assolutamente mancare nella vostra libreria. Questo è il manga che più mi sta prendendo negli ultimi anni, non vedo l'ora di tuffarmi nella quarta serie.
Terza avventura generazionale per la famiglia Joestar, questa volta rappresentata dallo studente diciassettenne Jotaro Kujo, con il supporto di un anziano ma pur sempre arzillo Joseph Joestar. Hirohiko Araki si lascia alle spalle la geniale idea delle onde concentriche, fulcro delle prime due serie, e si inventa qualcosa di ancora più rivoluzionario per dar vita ad alcuni dei combattimenti più incredibili mai visti nelle pagine di un manga: gli "stand", concretizzazioni dell'energia di ogni individuo, che conferiscono a ogni personaggio dei poteri diversi - e il più delle volte assolutamente originali - basati sulle loro caratteristiche fisiche o psicologiche.
Una delle particolarità più piacevoli dell'opera è senza dubbio l'idea di svolgere la sua storia nell'arco di un unico grande viaggio, che vede il gruppo di eroi protagonisti percorrere la tratta Giappone - Egitto con l'intento di salvare la madre di Jotaro, ostacolati però nel tragitto dagli scagnozzi del perfido Dio Brando (una vecchia conoscenza dei lettori). L'attenzione per i particolari nel raccontare, tra un combattimento e l'altro, gli usi e i costumi dei posti visitati - prima in aereo, poi in treno, poi in nave e addirittura in sottomarino - rende la lettura piacevole ed intrigante, tanto che al termine della lettura sembra quasi di aver viaggiato in compagnia dei protagonisti; ma una menzione particolare va attribuita come già detto in precedenza all'originalità dei poteri stand, che rendono ogni capitolo un fluire incessante di idee letteralmente geniali e che tutt'oggi a distanza di oltre vent'anni continuano ad influenzare i giovani mangaka. Inoltre un quantitativo pressoché infinito di riferimenti alla cultura popolare (dal cinema ma soprattutto alla musica) rende la lettura ancora più sorprendente e stimolante..
Per concludere, un manga che tutti gli appassionati dovrebbero aver letto almeno una volta nella vita, nonché uno dei pochi per cui il termine "capolavoro assoluto" non suoni affatto ridondante, ma anzi addirittura riduttivo. Fondamentale.
Una delle particolarità più piacevoli dell'opera è senza dubbio l'idea di svolgere la sua storia nell'arco di un unico grande viaggio, che vede il gruppo di eroi protagonisti percorrere la tratta Giappone - Egitto con l'intento di salvare la madre di Jotaro, ostacolati però nel tragitto dagli scagnozzi del perfido Dio Brando (una vecchia conoscenza dei lettori). L'attenzione per i particolari nel raccontare, tra un combattimento e l'altro, gli usi e i costumi dei posti visitati - prima in aereo, poi in treno, poi in nave e addirittura in sottomarino - rende la lettura piacevole ed intrigante, tanto che al termine della lettura sembra quasi di aver viaggiato in compagnia dei protagonisti; ma una menzione particolare va attribuita come già detto in precedenza all'originalità dei poteri stand, che rendono ogni capitolo un fluire incessante di idee letteralmente geniali e che tutt'oggi a distanza di oltre vent'anni continuano ad influenzare i giovani mangaka. Inoltre un quantitativo pressoché infinito di riferimenti alla cultura popolare (dal cinema ma soprattutto alla musica) rende la lettura ancora più sorprendente e stimolante..
Per concludere, un manga che tutti gli appassionati dovrebbero aver letto almeno una volta nella vita, nonché uno dei pochi per cui il termine "capolavoro assoluto" non suoni affatto ridondante, ma anzi addirittura riduttivo. Fondamentale.
Fantastico, decisamente la serie migliore di tutto l'universo jojoesco. Una perla da avere e leggere senza tante storie, anche se è consigliata almeno la lettura della prima serie di Jojo, ovvero Phantom Blood, per poter meglio apprezzare i contenuti di questa esaltante epopea, un viaggio che ci porterà fino in Egitto dal Giappone! C'è avventura, azione a non finire, momenti esilaranti, combattimenti spettacolari, agguerriti e mai prevedibili, MAI! Le citazioni sulla musica si sprecano... Insomma, un manga geniale, da collezionare. Siete ancora a sprecar tempo qui seduti?! Correte nella fumetteria più vicina e recuperatelo, grazie alla nuova edizione di lusso della Star Comics. Non ve ne pentirete!
Dieci. Assolutamente il massimo per la 3a serie della saga generazionale per eccellenza.
Cominciai a leggere Jojo dal numero 1, in vacanza in Romagna da ragazzino con i miei genitori e come al solito in astinenza da fumetti e musica... un disastro! In un'edicola c'era questo fumetto in coppia ad un altro (Berserk numero 1), offertona dell'edicolante - che probabilmente voleva sbarazzarsene - così li acquistai e mai scelta fu più azzeccata, per entrambi i manga, ma specialmente per Jojo! Al mio ritorno dalle vacanze recuperai immediatamente tutti i successivi numeri della prima e seconda serie per essere poi successivamente catapultato a scadenza mensile nella lettura della terza ed indimenticabile serie di Jojo. In questa serie Araki migliora il suo tratto in maniera allucinante, le citazioni musicali si sprecano ed ogni personaggio, oltre ad avere un profilo psicologico ben definito, è anche pieno di segreti legati al passato (Abdul, Polnareff, Kakyoin...). L'idea poi della "resurrezione" di Dio Brando è stata una genialata, un modo unico di legare prima e terza serie non solo attraverso parentele, ma tutto ho un filo logico. Per la prima volta si parla apertamente di "Stand", la storia è bellissima e piena di enigmi, ambientata in un Egitto caldo com'è in realtà. Qui ci troviamo di fronte ad un vero capolavoro, adatto ad ogni età. Non può non piacere. Probabilmente il più bel manga di sempre.
Cominciai a leggere Jojo dal numero 1, in vacanza in Romagna da ragazzino con i miei genitori e come al solito in astinenza da fumetti e musica... un disastro! In un'edicola c'era questo fumetto in coppia ad un altro (Berserk numero 1), offertona dell'edicolante - che probabilmente voleva sbarazzarsene - così li acquistai e mai scelta fu più azzeccata, per entrambi i manga, ma specialmente per Jojo! Al mio ritorno dalle vacanze recuperai immediatamente tutti i successivi numeri della prima e seconda serie per essere poi successivamente catapultato a scadenza mensile nella lettura della terza ed indimenticabile serie di Jojo. In questa serie Araki migliora il suo tratto in maniera allucinante, le citazioni musicali si sprecano ed ogni personaggio, oltre ad avere un profilo psicologico ben definito, è anche pieno di segreti legati al passato (Abdul, Polnareff, Kakyoin...). L'idea poi della "resurrezione" di Dio Brando è stata una genialata, un modo unico di legare prima e terza serie non solo attraverso parentele, ma tutto ho un filo logico. Per la prima volta si parla apertamente di "Stand", la storia è bellissima e piena di enigmi, ambientata in un Egitto caldo com'è in realtà. Qui ci troviamo di fronte ad un vero capolavoro, adatto ad ogni età. Non può non piacere. Probabilmente il più bel manga di sempre.
Le bizzarre avventure di Jojo si può definire tranquillamente come IL manga shounen per eccellenza, è una lettura che per tutti gli appassionati non deve certamente mancare.
I disegni di Hirohiko Araki si distinguono certamente per lo stile particolare ed eccentrico rispetto al classico stile utilizzato nei fumetti di molti suoi colleghi connazionali.
Altra caratteristica de Le Bizzarre Avventure di Jojo è la sua connotazione di manga generazionale, ciò che accomuna le varie serie che si susseguono è infatti la trama, che segue le vicende di vari componenti della famiglia Joestar che, per un motivo o per un altro, sono tutti chiamai con il soprannome di Jojo. Questo stratagemma permette di conservare nonostante la lunga durata dell'intera opera freschezza, grazie al cambio e all'apparizione di personaggi diversi e nuovi nelle varie serie che si susseguono.
La terza serie delle Bizzarre Avventure di Jojo, conosciuta e identificata dal sottotitolo Stardust Crusaders, a mio modesto parere è la migliore di tutte. Si distacca dalle prime due ponendo il passaggio dai combattimenti basati sull'antica arte delle onde concentriche ai combattimenti basati sugli Stand, elemento che davvero rivoluziona l'intera opera. Gli stand sono una specie di manifestazione fisica del potere psichico dei vari personaggi, che conferisce al possessore particolari poteri, che possono variare in maniera enormemente diversa da persona a persona. La quantità e diversità di poteri permette all'autore di mettere in atto i combattimenti più disparati.
Ma il vero punto di forza risiede nel fatto che gli scontri non si basano sulla mera potenza, ma sono aspetto tattico e strategia a farla da padrona, dando vita a emozionanti sfide la cui incertezza nel risultato è sempre ai massimi livelli. Questo infatti per me è l'aspetto che eleva quest'opera sopra i classici manga di combattimento in cui la partenza è l'unica cosa che conta e non c'è un briciolo di strategia.
La trama di questa terza serie narra le vicende di Jotaro Kujo, nipote di Joseph Joastar che insieme al nonno si troverà a dover intraprendere un lungo viaggio per sconfiggere l'eterno nemico della famiglia Joestar, Dio Brando. Durante in viaggio incontreranno nuovi compagni e dovranno fronteggiare vari utilizzatori di Stand.
Come ho già detto all'inizio della recensione è una lettura imprescindibile per tutti, il dieci se lo merita a pieno titolo.
I disegni di Hirohiko Araki si distinguono certamente per lo stile particolare ed eccentrico rispetto al classico stile utilizzato nei fumetti di molti suoi colleghi connazionali.
Altra caratteristica de Le Bizzarre Avventure di Jojo è la sua connotazione di manga generazionale, ciò che accomuna le varie serie che si susseguono è infatti la trama, che segue le vicende di vari componenti della famiglia Joestar che, per un motivo o per un altro, sono tutti chiamai con il soprannome di Jojo. Questo stratagemma permette di conservare nonostante la lunga durata dell'intera opera freschezza, grazie al cambio e all'apparizione di personaggi diversi e nuovi nelle varie serie che si susseguono.
La terza serie delle Bizzarre Avventure di Jojo, conosciuta e identificata dal sottotitolo Stardust Crusaders, a mio modesto parere è la migliore di tutte. Si distacca dalle prime due ponendo il passaggio dai combattimenti basati sull'antica arte delle onde concentriche ai combattimenti basati sugli Stand, elemento che davvero rivoluziona l'intera opera. Gli stand sono una specie di manifestazione fisica del potere psichico dei vari personaggi, che conferisce al possessore particolari poteri, che possono variare in maniera enormemente diversa da persona a persona. La quantità e diversità di poteri permette all'autore di mettere in atto i combattimenti più disparati.
Ma il vero punto di forza risiede nel fatto che gli scontri non si basano sulla mera potenza, ma sono aspetto tattico e strategia a farla da padrona, dando vita a emozionanti sfide la cui incertezza nel risultato è sempre ai massimi livelli. Questo infatti per me è l'aspetto che eleva quest'opera sopra i classici manga di combattimento in cui la partenza è l'unica cosa che conta e non c'è un briciolo di strategia.
La trama di questa terza serie narra le vicende di Jotaro Kujo, nipote di Joseph Joastar che insieme al nonno si troverà a dover intraprendere un lungo viaggio per sconfiggere l'eterno nemico della famiglia Joestar, Dio Brando. Durante in viaggio incontreranno nuovi compagni e dovranno fronteggiare vari utilizzatori di Stand.
Come ho già detto all'inizio della recensione è una lettura imprescindibile per tutti, il dieci se lo merita a pieno titolo.
Questa è la terza serie di un manga epico, fantastico e magnifico: Stardust Crusaders de "Le bizzarre avventure di JoJo". In questo frangente vediamo Jotaro Kujo, il JoJo di questa serie, alle prese con un inaspettato destino, il quale stravolgerà per sempre la sua vita. Un giorno infatti, scopre da suo nonno Joseph Joestar (nonno materno, visto che sua figlia Holly è la madre di Jotaro) che il da sempre acerrimo nemico dei Joestar, ovverosia Dio Brando, è ritornato alla vita.
Stardust Crusaders è la linea di mezzo nell'universo Jojoesco: qui, infatti, si ha una trasformazione nei (fantastici) combattimenti: viene introdotto lo "stand". Questo è la materializzazione dell'energia vitale di colui che ne usufruisce, il quale viene denominato "portatore dello stand". Disegni fantastici, trama superlativa e risvolti fantasiosi: la bizzarria è ciò che più incarna questa terza serie, più di quanto non lo faccia in tutte le altre. Si ha modo di conoscere i personaggi: ognuno caratterizzato benissimo, come li caratterizza Araki, non lo fa NESSUNO. Tutto ciò che posso dirvi senza spoilerare in alcun modo (oltre a ciò che ho detto prima), è solo che ve la consiglio vivamente. O meglio, vi consiglio di leggere seduta stante JoJo, poiché non è uno shonen, un seinen, uno shojo, o quel che si vuole: Hirohiko Araki ha creato un genere a parte. Un genere, che non può aver pari: niente e nessuno, sarà mai al pari di JoJo. Nessuno.
Stardust Crusaders è la linea di mezzo nell'universo Jojoesco: qui, infatti, si ha una trasformazione nei (fantastici) combattimenti: viene introdotto lo "stand". Questo è la materializzazione dell'energia vitale di colui che ne usufruisce, il quale viene denominato "portatore dello stand". Disegni fantastici, trama superlativa e risvolti fantasiosi: la bizzarria è ciò che più incarna questa terza serie, più di quanto non lo faccia in tutte le altre. Si ha modo di conoscere i personaggi: ognuno caratterizzato benissimo, come li caratterizza Araki, non lo fa NESSUNO. Tutto ciò che posso dirvi senza spoilerare in alcun modo (oltre a ciò che ho detto prima), è solo che ve la consiglio vivamente. O meglio, vi consiglio di leggere seduta stante JoJo, poiché non è uno shonen, un seinen, uno shojo, o quel che si vuole: Hirohiko Araki ha creato un genere a parte. Un genere, che non può aver pari: niente e nessuno, sarà mai al pari di JoJo. Nessuno.
Praticamente questa terza serie è la più apprezzata tra tutte le altre di Jojo.
Il motivo è dovuto innanzitutto ai personaggi principali. Araki, in questo caso, ha il pregio di aver creato IL nemico per eccellenza, colui che ha TUTTE le doti per non sfigurare mai in nessuna occasione. Ovviamente sto parlando di Dio Brando che "perseguita" i Joestar sin dal primissimo numero della prima serie.
Altro pregio importante della saga in questione è l'aver inserito, al fianco dei personaggi, l'anima denominata Stand, una sorta di proiezione astrale del proprio ego visibile solo da altri portatori Stand. Inutile dire la genialità di questo inserimento che rende l'epopea Jojoesca estremamente invitante per chiunque e ci mostra la geniale inventiva di questo autore che non si è mai ripetuto né si è mai autocitato nelle serie successive.
Le bizzarre avventure di Jojo è una saga raccolta in più serie divise tra loro ma strettamente unite da un legame di sangue, più propriamente dal sangue della famiglia Joestar.
Non starò ad elencare tutte le serie, mi limito solo ad accennare che questo, probabilmente, è il primo vero manga generazionale in cui la storia passa di padre in figlio, evolvendo con l'evolversi della società e che quando sembra aver raggiunto il limite torna a rimettersi in gioco ritornando alle origini, a quando l'universo si è creato dando nuova forma e percorrendo nuove strade.
Sono curioso di sapere a che strada porterà la corsa più bizzarra che si sia mai vista in un manga... secondo me porterà dove nessun uomo è stato mai (cit. Captain Kirk)
Il motivo è dovuto innanzitutto ai personaggi principali. Araki, in questo caso, ha il pregio di aver creato IL nemico per eccellenza, colui che ha TUTTE le doti per non sfigurare mai in nessuna occasione. Ovviamente sto parlando di Dio Brando che "perseguita" i Joestar sin dal primissimo numero della prima serie.
Altro pregio importante della saga in questione è l'aver inserito, al fianco dei personaggi, l'anima denominata Stand, una sorta di proiezione astrale del proprio ego visibile solo da altri portatori Stand. Inutile dire la genialità di questo inserimento che rende l'epopea Jojoesca estremamente invitante per chiunque e ci mostra la geniale inventiva di questo autore che non si è mai ripetuto né si è mai autocitato nelle serie successive.
Le bizzarre avventure di Jojo è una saga raccolta in più serie divise tra loro ma strettamente unite da un legame di sangue, più propriamente dal sangue della famiglia Joestar.
Non starò ad elencare tutte le serie, mi limito solo ad accennare che questo, probabilmente, è il primo vero manga generazionale in cui la storia passa di padre in figlio, evolvendo con l'evolversi della società e che quando sembra aver raggiunto il limite torna a rimettersi in gioco ritornando alle origini, a quando l'universo si è creato dando nuova forma e percorrendo nuove strade.
Sono curioso di sapere a che strada porterà la corsa più bizzarra che si sia mai vista in un manga... secondo me porterà dove nessun uomo è stato mai (cit. Captain Kirk)
Una sola parola: geniale. Ho iniziato a leggere Jojo quasi per caso, essendo stato prestato a mia sorella da un suo amico. Non smetterò mai di ringraziarlo per avermi fatto scoprire questo manga. Di Jojo ho letto tutte le serie tranne la quinta e più lo leggevo più mi rendevo conto di trovarmi davanti ad un vero gioiellino. Soprattutto questa serie è quella che più delle altre mi è rimasta nel cuore, forse per l'impatto che dà dopo aver letto le prime due (per altro notevoli anche loro).
Tutto in Jojo è originale e bizzarro quanto basta. I personaggi sono carismatici e sfaccettati, la storia interessante ed avvincente, il tutto mischiato alla bizzarria dei combattimenti e dei disegni, che non potrebbero essere più appropriati. L'introduzione degli stand è stata un'idea felicissima e azzeccata che ha permesso all'autore una grandissima libertà di creazione di personaggi e tattiche di combattimento.
Menzione speciale anche alle tantissime citazioni musicali che sono sparse qua e là nel manga.
Jojo è un manga per palati fini, per chi cerca qualcosa di diverso e un po' fuori dagli schemi, senza però rinunciare ai combattimenti tipici di uno shonen. Di certo è molto lontano dagli shonen più gettonati di questi tempi, come Naruto e One Piece, ma secondo me al pari e più di tanti titoli famosi merita di essere elogiato. Consigliatissimo a tutti coloro che amano shonen d'azione originali e ben pensati. L'importante è non farsi spaventare dallo stile del disegno molto particolare, che a prima vista potrebbe far storcere il naso a chi approccia per la prima volta a questo manga.
Voto 10. E' un manga che non mi stancherei mai di lodare.
Sconsigliato solo a chi si limita a letturette rapide e di scarsa qualità, oppure a chi ama solo il genere shojo.
Tutto in Jojo è originale e bizzarro quanto basta. I personaggi sono carismatici e sfaccettati, la storia interessante ed avvincente, il tutto mischiato alla bizzarria dei combattimenti e dei disegni, che non potrebbero essere più appropriati. L'introduzione degli stand è stata un'idea felicissima e azzeccata che ha permesso all'autore una grandissima libertà di creazione di personaggi e tattiche di combattimento.
Menzione speciale anche alle tantissime citazioni musicali che sono sparse qua e là nel manga.
Jojo è un manga per palati fini, per chi cerca qualcosa di diverso e un po' fuori dagli schemi, senza però rinunciare ai combattimenti tipici di uno shonen. Di certo è molto lontano dagli shonen più gettonati di questi tempi, come Naruto e One Piece, ma secondo me al pari e più di tanti titoli famosi merita di essere elogiato. Consigliatissimo a tutti coloro che amano shonen d'azione originali e ben pensati. L'importante è non farsi spaventare dallo stile del disegno molto particolare, che a prima vista potrebbe far storcere il naso a chi approccia per la prima volta a questo manga.
Voto 10. E' un manga che non mi stancherei mai di lodare.
Sconsigliato solo a chi si limita a letturette rapide e di scarsa qualità, oppure a chi ama solo il genere shojo.
In assoluto la miglior serie di JoJo, Stardust Crusaders, differisce molto dalle 2 precedenti saghe di JoJo, a partire dal disegno, che comincia ad avere uno stile suo (mentre in precedenza si ricalcava lo stile di Ken il Guerriero), per poi arrivare ad uno stile di combattimenti completamente nuovo. I personaggi infatti per combattere useranno dei potentissimi stand (le manifestazioni del loro spirito combattivo), e vedremo degli scontri mozzafiato, ma anche divertenti. Da ricordare sopratutto lo scontro finale tra JOtaro kuJO ed il suo mortale nemico, il vampiro Dio Brando... assolutamente Spettacolare.
Un acquisto consigliato a tutti quindi, anche perchè tutta la serie completa di JOJO sta ultimamente vantando una riedizione di lusso grazie alla Star Comics.
Un acquisto consigliato a tutti quindi, anche perchè tutta la serie completa di JOJO sta ultimamente vantando una riedizione di lusso grazie alla Star Comics.
[<b>Attenzione, contiene spoiler riguardante le serie precedenti</b>]
Purtroppo non sono ancora riuscito a recuperare tutti i numeri di Stardust Crusaders, mi ci vorrà un po', ma stando a quanto ho letto fin'ora, non posso far altro che lodare questo capitolo de Le bizzarre avventure di JoJo.
Il nemico di questa terza serie è una nostra vecchia conoscenza, Dio Brando che, all'insaputa di tutti, è riuscito a rubare il corpo di Jonathan morto nel finale di Phantom Blood. Il protagonista di questa serie è Jotaro Kujo, un teppistello nipote di Joseph Joestae, il JoJo della seconda serie. Il ritorno di Dio, farà si che i discendenti di Jonathan sviluppino un nuovo potere, lo stand, la nascita di questo potere è causata da alcuni "segnali" che il corpo di Jonathan invierebbe ai suoi consanguinei. Ovviamente Jonathan e Jotaro, sviluppato lo stand, riescono a controllarlo, ma Molly, madre di Jotaro e figlia di Joseph, a causa della sua debolezza non riesce a controllare il suo stand e rischia di morire. Joseph e Jotaro, accompagnati da Abdull e Kakyoin, anch'essi portatori di stand, partono nel tentativo di uccidere Dio e bloccare quindi lo stand di Molly; successivamente si uniranno al gruppo altri due portatori, il francese Polnaref ed il cane Iggy.
Nonostante conosca già il finale, nella lettura non sono andato oltre l'arrivo di Iggy. Pur ammettendo la mia ignoranza riguardo alcuni eventi di Stardust Crusaders, gli do un 10 pieno, più che meritato.
Purtroppo non sono ancora riuscito a recuperare tutti i numeri di Stardust Crusaders, mi ci vorrà un po', ma stando a quanto ho letto fin'ora, non posso far altro che lodare questo capitolo de Le bizzarre avventure di JoJo.
Il nemico di questa terza serie è una nostra vecchia conoscenza, Dio Brando che, all'insaputa di tutti, è riuscito a rubare il corpo di Jonathan morto nel finale di Phantom Blood. Il protagonista di questa serie è Jotaro Kujo, un teppistello nipote di Joseph Joestae, il JoJo della seconda serie. Il ritorno di Dio, farà si che i discendenti di Jonathan sviluppino un nuovo potere, lo stand, la nascita di questo potere è causata da alcuni "segnali" che il corpo di Jonathan invierebbe ai suoi consanguinei. Ovviamente Jonathan e Jotaro, sviluppato lo stand, riescono a controllarlo, ma Molly, madre di Jotaro e figlia di Joseph, a causa della sua debolezza non riesce a controllare il suo stand e rischia di morire. Joseph e Jotaro, accompagnati da Abdull e Kakyoin, anch'essi portatori di stand, partono nel tentativo di uccidere Dio e bloccare quindi lo stand di Molly; successivamente si uniranno al gruppo altri due portatori, il francese Polnaref ed il cane Iggy.
Nonostante conosca già il finale, nella lettura non sono andato oltre l'arrivo di Iggy. Pur ammettendo la mia ignoranza riguardo alcuni eventi di Stardust Crusaders, gli do un 10 pieno, più che meritato.