Hikari Club - Il club della luce
Mi dispiace non essere il linea con le positive recensioni di questo sito, va comunque detto che questo manga non è adatto a tutti.
Partendo dal presupposto che ho letto il manga senza sapere nulla delle influenze da cui è stato concepito (di cui si parla largamente nelle recensioni qui presenti) ma con la mente sgombra e priva di metri di misura.
L'ho trovato di una banalità e noia enorme.
Amo le storie dove i personaggi sono ben caratterizzati, qui invece tutti i membri del club sono psicologicamente piatti e spesso poco credibili e illogici nei loro atteggiamenti e pensieri.
Nella città fuligginosa e industriale Keikomachi si nasconde un gruppo di adolescenti che hanno fondato l'Hikari Club, da qui il titolo dell'opera.
Il personaggio più importante è sicuramente Zera, il leader del gruppo, un fanatico malato di onnipotenza che vaneggia su ideali come il rifiuto di crescere, il rifiuto di veder corrotto il proprio corpo dal passare del tempo e, capitolo dopo capitolo, affonda sempre più nelle sue paranoie sul possibile tradimento dei compagni in un crescente delirio allucinante.
Il club in sostanza pare avere idee molto confuse e poco credibili sugli scopi da raggiungere.
Inizialmente viene creato dopo un lungo anno un umanoide ,che pare ispirato dal mostro di Frankestein, allo scopo di sequestrare belle e giovani ragazze; Ma per farne cosa dopo non è ben chiaro, si suppone per ammirare un ideale di bellezza pura e incontaminata, ideale poco credibile dato che la malcapitata è circondata da quattordicenni nel pieno dello sviluppo sessuale.
Un altro ideale molto sentito è il voler restare giovani e belli per sempre, ma di fatto il club non fa nulla di concreto per raggiungere questo scopo ; a un certo punto, in un delirio folle, Zera decide di voler trasformare Kanon, la ragazza sequestrata, in un automa ma di fatto è un progetto irrealizzabile come lo avvisano i suoi stessi sottoposti.
Non viene data una ragione precisa per cui i suoi alleati lo seguano così ciecamente, a parte Jaibo che è legato a lui da un rapporto sessuale e sentimentale anche se a senso unico, Zera infatti lo considera solo un mero giocattolo da sfruttare.
La trama procede lineare senza momenti morti, ma la crescente follia e delirio porta tutti i membri del club a mettersi l'uno contro l'altro e a rovinarsi. Le scene splatter qui poi si sprecano, rendendo tutto ancor più inverosimile e improbabile.
Per me la trama è scadente, le basi per poter fare riflessioni profonde c'erano, ma il tutto è stato mal gestito e in maniera frettolosa e superficiale.
Ho letto altre opere di Furuya che mi hanno coinvolto maggiormente, ma questa per me non raggiunge la sufficienza, avrei messo di meno se non fosse per il tratto tipico di questo autore: uno stile di disegno curato, pulito e realistico che personalmente adoro.
La Goen devo dire ha fatto un'edizione di pregio, un formato più grande del normale, ottima qualità della carta, e la casa editrice ha anche ospitato Furuya in Italia nel 2015 a Lucca comics.
Successivamente l'autore ha pubblicato due volumi Prequel , devo dire interessanti, e che consiglio a tutti quelli che hanno amato quest'opera, dove si narrano le vicende di questi ragazzi prima dell'avvento del club.
Partendo dal presupposto che ho letto il manga senza sapere nulla delle influenze da cui è stato concepito (di cui si parla largamente nelle recensioni qui presenti) ma con la mente sgombra e priva di metri di misura.
L'ho trovato di una banalità e noia enorme.
Amo le storie dove i personaggi sono ben caratterizzati, qui invece tutti i membri del club sono psicologicamente piatti e spesso poco credibili e illogici nei loro atteggiamenti e pensieri.
Nella città fuligginosa e industriale Keikomachi si nasconde un gruppo di adolescenti che hanno fondato l'Hikari Club, da qui il titolo dell'opera.
Il personaggio più importante è sicuramente Zera, il leader del gruppo, un fanatico malato di onnipotenza che vaneggia su ideali come il rifiuto di crescere, il rifiuto di veder corrotto il proprio corpo dal passare del tempo e, capitolo dopo capitolo, affonda sempre più nelle sue paranoie sul possibile tradimento dei compagni in un crescente delirio allucinante.
Il club in sostanza pare avere idee molto confuse e poco credibili sugli scopi da raggiungere.
Inizialmente viene creato dopo un lungo anno un umanoide ,che pare ispirato dal mostro di Frankestein, allo scopo di sequestrare belle e giovani ragazze; Ma per farne cosa dopo non è ben chiaro, si suppone per ammirare un ideale di bellezza pura e incontaminata, ideale poco credibile dato che la malcapitata è circondata da quattordicenni nel pieno dello sviluppo sessuale.
Un altro ideale molto sentito è il voler restare giovani e belli per sempre, ma di fatto il club non fa nulla di concreto per raggiungere questo scopo ; a un certo punto, in un delirio folle, Zera decide di voler trasformare Kanon, la ragazza sequestrata, in un automa ma di fatto è un progetto irrealizzabile come lo avvisano i suoi stessi sottoposti.
Non viene data una ragione precisa per cui i suoi alleati lo seguano così ciecamente, a parte Jaibo che è legato a lui da un rapporto sessuale e sentimentale anche se a senso unico, Zera infatti lo considera solo un mero giocattolo da sfruttare.
La trama procede lineare senza momenti morti, ma la crescente follia e delirio porta tutti i membri del club a mettersi l'uno contro l'altro e a rovinarsi. Le scene splatter qui poi si sprecano, rendendo tutto ancor più inverosimile e improbabile.
Per me la trama è scadente, le basi per poter fare riflessioni profonde c'erano, ma il tutto è stato mal gestito e in maniera frettolosa e superficiale.
Ho letto altre opere di Furuya che mi hanno coinvolto maggiormente, ma questa per me non raggiunge la sufficienza, avrei messo di meno se non fosse per il tratto tipico di questo autore: uno stile di disegno curato, pulito e realistico che personalmente adoro.
La Goen devo dire ha fatto un'edizione di pregio, un formato più grande del normale, ottima qualità della carta, e la casa editrice ha anche ospitato Furuya in Italia nel 2015 a Lucca comics.
Successivamente l'autore ha pubblicato due volumi Prequel , devo dire interessanti, e che consiglio a tutti quelli che hanno amato quest'opera, dove si narrano le vicende di questi ragazzi prima dell'avvento del club.
“Litchi Hikari Club”, manga di Usumaru Furuya, prende spunto da una produzione teatrale del Tokyo Gran Guignol alla quale l’autore assistette in gioventù e che, per chi non lo sapesse, è una produzione che mette in scena racconti horror, macabri e violenti. Il manga, riportando in auge la tradizione di questo teatro, la rimescola con la cultura pop giapponese, in un mix frenetico e disturbante.
Andiamo con ordine per descrivere i motivi per cui questo manga risulta incredibilmente forte (in senso positivo) e interessante da leggere, pur essendo così breve. La trama prende vita in una città fuligginosa e industriale, e in particolare in una sorta di fabbrica abbandonata dove alcuni adolescenti fondano appunto il cosiddetto "Hikari Club", il club della luce. In una città oscura, che rende le tavole del manga composte prevalentemente dal nero, questi ragazzi sono sul punto di coronare i propri sogni: da un lato, il costruire un automa umanoide che possa rapire belle ragazze; dall’altro, il sopraggiungere della definitiva consapevolezza di voler restare giovani e belli per sempre, in uno stile molto diverso da quello già usato in passato da Wilde.
I vari contrasti tra luce e ombra, tra età puberale ed età adulta, trovano il loro apice nella metafora che sta al centro dell’opera: il rifiuto di crescere, il rifiuto di veder corrotto il proprio corpo, con l’ovvia conseguenza del divenire un adulto. I membri dell’Hikari Club, in un crescendo di follia, identificano la giovinezza con la “luce”, e il crescere con “l’oscurità e la bruttezza” (iconica la scena iniziale della tortura alla loro stessa professoressa, che viene denudata e mostrata come “brutta” perché ha un corpo adulto e, probabilmente, corrotto).
La trama prende quindi il suo avvio con la nascita dell’automa, una specie di nuovo mostro di Frankenstein, il cui carburante è costituito dai Litchi. Scelta interessante questa, perché si ricollega a una famosa leggenda sulla figura di Yaang Kuei Fei, di cui si dice che avesse ottenuto l’eterna giovinezza cibandosi di questo frutto. Dopo primi tentativi andati male, l’automa rapisce la giovane (e bellissima) Kanon; anche questo nome è interessante, dal momento che in alcune religioni esso è l’incarnazione della compassione.
Già questa prima metà della trama è di per sè interessante: lo smarrimento della ragione, legato a un desiderio di mantenere il proprio status, viene tradotto nella nascita di un’organizzazione nazistoide che vorrebbe distruggere completamente il mondo degli adulti, ottenendo per sé il potere assoluto. Ognuno dei personaggi eccentrici che ci vengono presentati è la personificazione di un diverso sentimento represso che porta a una distorta visione strumentale della sessualità e della bellezza.
A dominare la scena, primo fra tutti, è Zera, il carismatico leader del gruppo che si perde, fin alle prime pagine, nel proprio delirio di onnipotenza e che, con discorsi melliflui e folli, convince gli altri membri delle proprie ragioni. Tra gli altri, una nota di merito vanno a Litchi (l’automa) e Kanon. Come personificazione della compassione, sarà proprio la bellissima ragazza a far nascere, in primis, i primi contrasti tra i membri del club, e poi a cercare di umanizzare il robot, insegnandogli i sentimenti. Oltre ad una fortissima e carismatica caratterizzazione dei personaggi, che colpisce lo spettatore, i punti forti dell’opera sono la messa in scena dell’umana follia in ogni sua manifestazione e la capacità con cui l’autore riesce a creare la giusta dose di suspense su quale sarà la sorte dei personaggi, fino al climax finale. Anche la metafora racchiusa nel finale è interessante: il confronto con l’automa Litchi rende chiaro come l’uomo, qui rappresentato dai membri del club, non sia altro che una macchina che viene sfruttata da qualcuno, come avviene in questo caso dal leader dell’Hikari.
A qualche anno di distanza è uscito, in due volumi, "Bokura no Hikari Club", un prequel della storia che mostra come il club è nato e come i suoi membri sono evoluti fino a diventare quelli incontrati nel manga principale.
Andiamo con ordine per descrivere i motivi per cui questo manga risulta incredibilmente forte (in senso positivo) e interessante da leggere, pur essendo così breve. La trama prende vita in una città fuligginosa e industriale, e in particolare in una sorta di fabbrica abbandonata dove alcuni adolescenti fondano appunto il cosiddetto "Hikari Club", il club della luce. In una città oscura, che rende le tavole del manga composte prevalentemente dal nero, questi ragazzi sono sul punto di coronare i propri sogni: da un lato, il costruire un automa umanoide che possa rapire belle ragazze; dall’altro, il sopraggiungere della definitiva consapevolezza di voler restare giovani e belli per sempre, in uno stile molto diverso da quello già usato in passato da Wilde.
I vari contrasti tra luce e ombra, tra età puberale ed età adulta, trovano il loro apice nella metafora che sta al centro dell’opera: il rifiuto di crescere, il rifiuto di veder corrotto il proprio corpo, con l’ovvia conseguenza del divenire un adulto. I membri dell’Hikari Club, in un crescendo di follia, identificano la giovinezza con la “luce”, e il crescere con “l’oscurità e la bruttezza” (iconica la scena iniziale della tortura alla loro stessa professoressa, che viene denudata e mostrata come “brutta” perché ha un corpo adulto e, probabilmente, corrotto).
La trama prende quindi il suo avvio con la nascita dell’automa, una specie di nuovo mostro di Frankenstein, il cui carburante è costituito dai Litchi. Scelta interessante questa, perché si ricollega a una famosa leggenda sulla figura di Yaang Kuei Fei, di cui si dice che avesse ottenuto l’eterna giovinezza cibandosi di questo frutto. Dopo primi tentativi andati male, l’automa rapisce la giovane (e bellissima) Kanon; anche questo nome è interessante, dal momento che in alcune religioni esso è l’incarnazione della compassione.
Già questa prima metà della trama è di per sè interessante: lo smarrimento della ragione, legato a un desiderio di mantenere il proprio status, viene tradotto nella nascita di un’organizzazione nazistoide che vorrebbe distruggere completamente il mondo degli adulti, ottenendo per sé il potere assoluto. Ognuno dei personaggi eccentrici che ci vengono presentati è la personificazione di un diverso sentimento represso che porta a una distorta visione strumentale della sessualità e della bellezza.
A dominare la scena, primo fra tutti, è Zera, il carismatico leader del gruppo che si perde, fin alle prime pagine, nel proprio delirio di onnipotenza e che, con discorsi melliflui e folli, convince gli altri membri delle proprie ragioni. Tra gli altri, una nota di merito vanno a Litchi (l’automa) e Kanon. Come personificazione della compassione, sarà proprio la bellissima ragazza a far nascere, in primis, i primi contrasti tra i membri del club, e poi a cercare di umanizzare il robot, insegnandogli i sentimenti. Oltre ad una fortissima e carismatica caratterizzazione dei personaggi, che colpisce lo spettatore, i punti forti dell’opera sono la messa in scena dell’umana follia in ogni sua manifestazione e la capacità con cui l’autore riesce a creare la giusta dose di suspense su quale sarà la sorte dei personaggi, fino al climax finale. Anche la metafora racchiusa nel finale è interessante: il confronto con l’automa Litchi rende chiaro come l’uomo, qui rappresentato dai membri del club, non sia altro che una macchina che viene sfruttata da qualcuno, come avviene in questo caso dal leader dell’Hikari.
A qualche anno di distanza è uscito, in due volumi, "Bokura no Hikari Club", un prequel della storia che mostra come il club è nato e come i suoi membri sono evoluti fino a diventare quelli incontrati nel manga principale.
"Litchi hikari club" è la stella del mattino di Furuya così come l'Hikari club è la stella del mattino di Keikou.
Dopo alcune opere dalla dubbia valenza, quali "Pi" e "51 modi per salvarla", Furuya nel 2006 (e successivamente nel prologo del 2011) torna, difatti, a scrivere qualcosa di prepotentemente incisivo. Nello stesso incisivo modo questo circolo privato si scaglia nei tenebrosi ed atri cieli di Keikou, la città fuliginosa e industriale che rappresenta la decadenza moderna, cercando a suo modo di scacciarne le ombre.
Nato come un mero trio adolescenziale i cui nomi hanno sviluppato, casualmente e non, il nome "hikari" (luce), con l'arrivo di un flemmatico, ma intelligente Tsunekawa, il club gradualmente, in un modo che gli stessi appartenenti, sempre più numerosi, non riescono bene a definire razionalmente, si sposta verso posizioni estreme.
Tsunekawa, ora definito Zera, autoproclamatosi Imperatore, rappresenta la massima sconfitta che quel mondo così disperato ha partorito. La sconfitta che ha il compito di abbattere il mondo putrido da cui è stata generata, ma la cui eccessiva volontà di potenza giunge col causarne l'autodemolizione, in una specie di deflagrazione che distrugge sé e ciò che ha intorno. In questo senso, l'anelito verso l'eterna giovinezza che Zera inizialmente proclama e che presenta sotto forma di litchi, ricollegandosi alla leggenda di Yang Guifei, non è reale. La giovinezza qui riferita non è quella fisiologica, ma mentale. Un primevo stato di coscienza ancora puro e illibato che non conosce ancora le contraddizioni e le turpe vie della vita adulta.
Paradossale è come il giungere stesso, da parte di pre-adolescenti, a questo modus intelligendi implica una adultità di pensiero notevole. È forse questo essere già adulti pur non volendolo diventare ed essere ad aver poi causato la degenerazione dei modi e degli atti del club?
La risposta non viene data, dal momento che Furuya si concentra maggiormente sul lato estetico e sulle vicende. In una spirale di autocrazia e fanatismo, adattati in modo abbastanza libero sulle figure di Eliogabalo e Hitler, Zera plasma le proprie paturnie tramite l'Hikari club. Come giustamente dice Nietzsche in "Al di là del bene e del male", ogni filosofia non è altro che un "istinto tirannico" che crea la sua morale in base alla già preesistente morale del filosofo. Nello stesso modo Zera ed i suoi tristi trascorsi, ben descritti nel prologo, la sua fissazione con i modelli robotici, freddi e inumani, incapaci di soffrire, si concretizzano tramite il club. Gli altri membri, che comunque supportano la visione del fondatore Zera essendo anch'essi nati e pasciuti nello stesso spoglio e triste humus, fungono da mere pedine.
In questa fredda razionalità, però, Furuya inserisce un agente scuotitore: le passioni. Quelle essenze che Zera aveva sempre allontanato da sé e dal proprio mondo, per autodifesa, e che eppure, per innato spirito di umanità, ha tenuto inconsciamente in grembo ed ha nutrito. Kanon e Jaibo, i loro mediatori.
Adolescenziali o meno, ma soprattutto umane, preannunciate da un evangelico "uno di voi mi tradirà", le passioni si riversano sul gruppo causandone il collasso.
Un'opera molto interessante, forse carente a livello di messaggio e di profondità, ma a mio parere comunque ben costruita. Credo che più che profonda, per l'appunto, la si possa definire come descrittiva. Descrive benissimo vari tipi umani, le loro debolezze, le loro grandezze e, tramite la meccanica grand-guignolesca, arriva al parossismo sessuale e della violenza. Pensavo che il volume principale del 2006, talmente eccessivo nel suo scaraventare il lettore nelle vicende, in medias res, rischiasse di essere diluito da un prologo troppo sciorinato. Ammetto, invece, che è stato utile per dare quel tocco di umanità ad una storia, che altrimenti, sembrerebbe irrealisticamente distaccata dal consorzio umano.
Dopo alcune opere dalla dubbia valenza, quali "Pi" e "51 modi per salvarla", Furuya nel 2006 (e successivamente nel prologo del 2011) torna, difatti, a scrivere qualcosa di prepotentemente incisivo. Nello stesso incisivo modo questo circolo privato si scaglia nei tenebrosi ed atri cieli di Keikou, la città fuliginosa e industriale che rappresenta la decadenza moderna, cercando a suo modo di scacciarne le ombre.
Nato come un mero trio adolescenziale i cui nomi hanno sviluppato, casualmente e non, il nome "hikari" (luce), con l'arrivo di un flemmatico, ma intelligente Tsunekawa, il club gradualmente, in un modo che gli stessi appartenenti, sempre più numerosi, non riescono bene a definire razionalmente, si sposta verso posizioni estreme.
Tsunekawa, ora definito Zera, autoproclamatosi Imperatore, rappresenta la massima sconfitta che quel mondo così disperato ha partorito. La sconfitta che ha il compito di abbattere il mondo putrido da cui è stata generata, ma la cui eccessiva volontà di potenza giunge col causarne l'autodemolizione, in una specie di deflagrazione che distrugge sé e ciò che ha intorno. In questo senso, l'anelito verso l'eterna giovinezza che Zera inizialmente proclama e che presenta sotto forma di litchi, ricollegandosi alla leggenda di Yang Guifei, non è reale. La giovinezza qui riferita non è quella fisiologica, ma mentale. Un primevo stato di coscienza ancora puro e illibato che non conosce ancora le contraddizioni e le turpe vie della vita adulta.
Paradossale è come il giungere stesso, da parte di pre-adolescenti, a questo modus intelligendi implica una adultità di pensiero notevole. È forse questo essere già adulti pur non volendolo diventare ed essere ad aver poi causato la degenerazione dei modi e degli atti del club?
La risposta non viene data, dal momento che Furuya si concentra maggiormente sul lato estetico e sulle vicende. In una spirale di autocrazia e fanatismo, adattati in modo abbastanza libero sulle figure di Eliogabalo e Hitler, Zera plasma le proprie paturnie tramite l'Hikari club. Come giustamente dice Nietzsche in "Al di là del bene e del male", ogni filosofia non è altro che un "istinto tirannico" che crea la sua morale in base alla già preesistente morale del filosofo. Nello stesso modo Zera ed i suoi tristi trascorsi, ben descritti nel prologo, la sua fissazione con i modelli robotici, freddi e inumani, incapaci di soffrire, si concretizzano tramite il club. Gli altri membri, che comunque supportano la visione del fondatore Zera essendo anch'essi nati e pasciuti nello stesso spoglio e triste humus, fungono da mere pedine.
In questa fredda razionalità, però, Furuya inserisce un agente scuotitore: le passioni. Quelle essenze che Zera aveva sempre allontanato da sé e dal proprio mondo, per autodifesa, e che eppure, per innato spirito di umanità, ha tenuto inconsciamente in grembo ed ha nutrito. Kanon e Jaibo, i loro mediatori.
Adolescenziali o meno, ma soprattutto umane, preannunciate da un evangelico "uno di voi mi tradirà", le passioni si riversano sul gruppo causandone il collasso.
Un'opera molto interessante, forse carente a livello di messaggio e di profondità, ma a mio parere comunque ben costruita. Credo che più che profonda, per l'appunto, la si possa definire come descrittiva. Descrive benissimo vari tipi umani, le loro debolezze, le loro grandezze e, tramite la meccanica grand-guignolesca, arriva al parossismo sessuale e della violenza. Pensavo che il volume principale del 2006, talmente eccessivo nel suo scaraventare il lettore nelle vicende, in medias res, rischiasse di essere diluito da un prologo troppo sciorinato. Ammetto, invece, che è stato utile per dare quel tocco di umanità ad una storia, che altrimenti, sembrerebbe irrealisticamente distaccata dal consorzio umano.
Quando lo spettacolo teatrale "Litchi Hikari Club", scritto da Norimizu Ameya per la compagnia Tokyo Grand Guignol, andava in scena per la prima volta in una piovosa serata del 1985, il giovane liceale Usamaru Furuya assisteva alla recita rimanendone profondamente colpito. L'impatto emotivo, alimentato anche dalla locandina disegnata da Suehiro Maruo (all'epoca suo idolo e mangaka di riferimento), fu notevole sul giovane studente, già appassionato lettore di riviste underground, che finì per subire fatalmente il fascino di quel peculiare stile estetico intriso di sangue e violenza, e di quella torbida storia di ribellione giovanile fra le cui pieghe si intravedeva una graffiante satira della società contemporanea. Nel 2005, dopo vent'anni vissuti nel rimpianto per non aver avuto il coraggio di aderire come attore alla compagnia, l'affermato mangaka Furuya poté finalmente coronare il suo sogno di far parte della Tokyo Grand Guignol, scrivendo e disegnando un fumetto che fu serializzato sulla rivista Manga Erotics F della Ohta Publishing. Da allora "Hikari Club" ha conquistato una nuova generazione di lettori e critici, rinverdendo i fasti e lo spirito della pièce teatrale con un tale successo che ha prodotto due prequel in formato manga (sempre curati dallo stesso autore), una serie anime, un nuovo spettacolo teatrale, un progetto musicale e un film live action, quest'ultimo diretto da Eisuke Naitō e sceneggiato da Keisuke Tominaga.
Nella grigia città industriale di Keikomachi, una banda di nove studenti costituiscono l'Hikari Club, un circolo esclusivo che si riunisce in una base segreta sotterranea dove progetta la creazione di un nuovo e luminoso futuro. Guidati da Zera, leader ossessionato dalla ripugnanza per gli adulti e determinato a ripulire il mondo da tutto ciò che è brutto e vile, i ragazzi costruiscono un sofisticato automa dotato di intelligenza artificiale, Litchi (dal nome del frutto che utilizza come carburante), allo scopo di rapire graziose fanciulle e perseguire la chimera dell'eterna giovinezza. Quando Litchi, dopo alcuni tentativi falliti, finalmente cattura una ragazza incredibilmente bella di nome Kanon, il gruppo ne rimane conturbato e, lentamente ma inesorabilmente, cominciano ad aprirsi piccole crepe nella cortina di solidarietà dei membri dell'Hikari Club.
La trama colpisce per bizzarria ed eccentricità: un gruppo di adolescenti alle prese con la pubertà realizza un robot per approcciare belle ragazze; messa così potrebbe essere interessante come premessa per una commedia, ma a parte i rari momenti di black humor, il ritmo del racconto è scandito da un'escalation di atrocità sempre più efferate e l'intreccio precipita in un abisso di orrore apparentemente senza fine. Immersa in un'atmosfera di claustrofobica teatralità si muove una galleria di personaggi che, a dispetto dei loro manierismi caricaturali, emergono concreti e credibili, come Zera, capo carismatico, vittima del suo stesso delirio di onnipotenza, Litchi, moderno Frankenstein che aspira a diventare un essere umano lottando contro il suo destino di deus ex machina di distruzione, e Kanon, la bella addormenta, simbolo di immacolata purezza, il cui candore segnerà indirettamente l'inizio della fine. Inquadrati nelle loro marziali e omologanti divise gakuran, i singoli membri del Club della Luce, che a prima vista sembrano agire come marionette impazzite alla mercé di un sanguinario burattinaio, rivaleggiano quanto a crudeltà esibita e ognuno di loro reciterà un ruolo decisivo negli incastri della vicenda. In questo scenario contorto che trasforma la normalità e l'innocenza di un club giovanile in una fiera dell'ultra violenza c'è un inquietante senso di realismo alla base della rappresentazione parossistica.
La cornice è quella di un inferno industriale, con il fumo perenne che inquina l'aria e le fabbriche alte che oscurano il cielo, un ambientazione opprimente che potrebbe collocarsi nel genere della distopia. Nel passaggio dallo spettacolo al fumetto, l'autore ha effettuato numerose modifiche allo script, per via della diversa velocità narrativa, nella versione manga infatti è stato possibile aggiungere molte scene e complicare la psicologia e le relazioni fra i personaggi. La storia attinge a una moltitudine di fonti di svariata estrazione, dal seminale film di fantascienza Metropolis (1927) di Fritz Lang, alle allusioni bibliche unite alle immagini mitologiche dell'antica Roma e della letteratura cinese, il tutto sfumato di suggestioni neo naziste. Nell'arco della fitta narrazione, che riesce a coniugare il gore più estremo con il solido impianto psicologico dei personaggi, non mancano intrighi, gelosie, rituali macabri e colpi di scena che culminano in un climax mozzafiato.
Come narratore Furuya si dimostra avvincente, ma come disegnatore si rivela a dir poco stupefacente, mettendo in mostra tutta la sua maestria ed erudizione. Inzuppando gli sfondi di nero inchiostro detta la cifra stilistica e col suo tratto raffinato crea una strana miscela tra bellezza dei disegni e oscenità rappresentate che esplode in ogni pagina. Accostando inopinatamente il sublime all'infimo riesce a veicolare al contempo attrazione e repulsione. Le sue tavole spiccano per l'innato senso della composizione, l'equilibrio dei chiaroscuri, e la grazia dei suoi personaggi. Con uno stile in parte mutuato da quello del maestro Suehiro Maruo, i protagonisti maschili sono imbevuti di languida sensualità, ma il loro fascino e la loro avvenenza è direttamente proporzionale alla loro abiezione e spietatezza. I lineamenti angelici e le labbra voluttuose sottolineano l'impressione di androginia nei membri del club, rafforzando l'ambiguità del contesto generale, tuttavia l'aspetto esplicitamente sessuale rimane sullo sfondo a beneficio di un erotismo velato e implicito.
In occasione della scorsa edizione del Lucca Comics & Games (2015), la casa editrice Goen ha ospitato Usamaru Furuya per una serie di conferenze e sessioni di disegno (tutte documentate da AnimeClick.it in un reportage dedicato all'autore) e per l'occasione ha presentato un cofanetto, al costo di 32,85€, che racchiude "Hikari Club" insieme ai due volumi con gli antefatti della storia principale dal titolo "Bokura no Hikari Club". I tre tomi constano complessivamente di 710 pagine e si distinguono per la buona qualità della stampa, la sovraccoperta satinata a colori, l'ottimo adattamento dei dialoghi e soprattutto per una corposa postfazione dell'autore che spiega alcune scelte in fase di sceneggiatura, nonché la genesi teatrale dell'opera, il tutto corredato con foto d'epoca.
Dissacrante, sexy, surreale satira horror, "Hikari Club" riporta in auge l'antica tradizione del francese Théâtre du Grand Guignol mescolandolo con i moderni tropi della cultura pop contemporanea nipponica. Originariamente concepito come progetto sperimentale, oggi è considerato come l'opera di svolta nella carriera di Usamaru Furuya, che con il suo accattivante stile visionario si è imposto come autore ai vertici dell'odierno panorama del manga seinen.
Nella grigia città industriale di Keikomachi, una banda di nove studenti costituiscono l'Hikari Club, un circolo esclusivo che si riunisce in una base segreta sotterranea dove progetta la creazione di un nuovo e luminoso futuro. Guidati da Zera, leader ossessionato dalla ripugnanza per gli adulti e determinato a ripulire il mondo da tutto ciò che è brutto e vile, i ragazzi costruiscono un sofisticato automa dotato di intelligenza artificiale, Litchi (dal nome del frutto che utilizza come carburante), allo scopo di rapire graziose fanciulle e perseguire la chimera dell'eterna giovinezza. Quando Litchi, dopo alcuni tentativi falliti, finalmente cattura una ragazza incredibilmente bella di nome Kanon, il gruppo ne rimane conturbato e, lentamente ma inesorabilmente, cominciano ad aprirsi piccole crepe nella cortina di solidarietà dei membri dell'Hikari Club.
La trama colpisce per bizzarria ed eccentricità: un gruppo di adolescenti alle prese con la pubertà realizza un robot per approcciare belle ragazze; messa così potrebbe essere interessante come premessa per una commedia, ma a parte i rari momenti di black humor, il ritmo del racconto è scandito da un'escalation di atrocità sempre più efferate e l'intreccio precipita in un abisso di orrore apparentemente senza fine. Immersa in un'atmosfera di claustrofobica teatralità si muove una galleria di personaggi che, a dispetto dei loro manierismi caricaturali, emergono concreti e credibili, come Zera, capo carismatico, vittima del suo stesso delirio di onnipotenza, Litchi, moderno Frankenstein che aspira a diventare un essere umano lottando contro il suo destino di deus ex machina di distruzione, e Kanon, la bella addormenta, simbolo di immacolata purezza, il cui candore segnerà indirettamente l'inizio della fine. Inquadrati nelle loro marziali e omologanti divise gakuran, i singoli membri del Club della Luce, che a prima vista sembrano agire come marionette impazzite alla mercé di un sanguinario burattinaio, rivaleggiano quanto a crudeltà esibita e ognuno di loro reciterà un ruolo decisivo negli incastri della vicenda. In questo scenario contorto che trasforma la normalità e l'innocenza di un club giovanile in una fiera dell'ultra violenza c'è un inquietante senso di realismo alla base della rappresentazione parossistica.
La cornice è quella di un inferno industriale, con il fumo perenne che inquina l'aria e le fabbriche alte che oscurano il cielo, un ambientazione opprimente che potrebbe collocarsi nel genere della distopia. Nel passaggio dallo spettacolo al fumetto, l'autore ha effettuato numerose modifiche allo script, per via della diversa velocità narrativa, nella versione manga infatti è stato possibile aggiungere molte scene e complicare la psicologia e le relazioni fra i personaggi. La storia attinge a una moltitudine di fonti di svariata estrazione, dal seminale film di fantascienza Metropolis (1927) di Fritz Lang, alle allusioni bibliche unite alle immagini mitologiche dell'antica Roma e della letteratura cinese, il tutto sfumato di suggestioni neo naziste. Nell'arco della fitta narrazione, che riesce a coniugare il gore più estremo con il solido impianto psicologico dei personaggi, non mancano intrighi, gelosie, rituali macabri e colpi di scena che culminano in un climax mozzafiato.
Come narratore Furuya si dimostra avvincente, ma come disegnatore si rivela a dir poco stupefacente, mettendo in mostra tutta la sua maestria ed erudizione. Inzuppando gli sfondi di nero inchiostro detta la cifra stilistica e col suo tratto raffinato crea una strana miscela tra bellezza dei disegni e oscenità rappresentate che esplode in ogni pagina. Accostando inopinatamente il sublime all'infimo riesce a veicolare al contempo attrazione e repulsione. Le sue tavole spiccano per l'innato senso della composizione, l'equilibrio dei chiaroscuri, e la grazia dei suoi personaggi. Con uno stile in parte mutuato da quello del maestro Suehiro Maruo, i protagonisti maschili sono imbevuti di languida sensualità, ma il loro fascino e la loro avvenenza è direttamente proporzionale alla loro abiezione e spietatezza. I lineamenti angelici e le labbra voluttuose sottolineano l'impressione di androginia nei membri del club, rafforzando l'ambiguità del contesto generale, tuttavia l'aspetto esplicitamente sessuale rimane sullo sfondo a beneficio di un erotismo velato e implicito.
In occasione della scorsa edizione del Lucca Comics & Games (2015), la casa editrice Goen ha ospitato Usamaru Furuya per una serie di conferenze e sessioni di disegno (tutte documentate da AnimeClick.it in un reportage dedicato all'autore) e per l'occasione ha presentato un cofanetto, al costo di 32,85€, che racchiude "Hikari Club" insieme ai due volumi con gli antefatti della storia principale dal titolo "Bokura no Hikari Club". I tre tomi constano complessivamente di 710 pagine e si distinguono per la buona qualità della stampa, la sovraccoperta satinata a colori, l'ottimo adattamento dei dialoghi e soprattutto per una corposa postfazione dell'autore che spiega alcune scelte in fase di sceneggiatura, nonché la genesi teatrale dell'opera, il tutto corredato con foto d'epoca.
Dissacrante, sexy, surreale satira horror, "Hikari Club" riporta in auge l'antica tradizione del francese Théâtre du Grand Guignol mescolandolo con i moderni tropi della cultura pop contemporanea nipponica. Originariamente concepito come progetto sperimentale, oggi è considerato come l'opera di svolta nella carriera di Usamaru Furuya, che con il suo accattivante stile visionario si è imposto come autore ai vertici dell'odierno panorama del manga seinen.
Contiene lievi spoiler!
OGGETTIVAMENTE PARLANDO
Le prime pagine di "Litchi Hikari Club" si aprono con un sipario che non è casuale. L'opera infatti è basata su una produzione omonima del Tokyo Grand Guignol, una compagnia teatrale che si rifà allo stile e alle tematiche del teatro "Grand Guignol", sito a Parigi e attivo dal 1897 al 1962. Gli spettacoli del teatro parigino erano caratterizzati dalla presenza di scene gore e sanguinolente, rappresentate con effetti speciali estremamente realistici. Possiamo dire che era la versione teatrale e classica - per certi versi originale - dell'odierno splatter. Questa doverosa premessa per far capire subito di fronte a che tipo di opera ci si trova, la messa in scena è caratterizzata da un gusto dell'eccesso che si traduce in scene estremamente esplicite di sesso e violenza, rendendolo inadatto ai più piccoli o a chi non apprezza questo tipo di linguaggio.
Il manga segue le vicende del Club Hikari, un manipolo di ragazzini della metropoli che ogni pomeriggio si ritrova in un edificio abbandonato per... "Giocare a go?" No. "Studiare storia?" No no. "Corteggiare le ragazze, per caso?" Non proprio... questi psicopatici con sindrome di Peter Pan a seguito, infatti, oltre a disprezzare profondamente l'adulto e a sottostare a un regime simil-nazista, impegnano i loro pomeriggi in un piano a dir poco improbabile: donare la vita all'immobile Litchi, una macchina da loro costruita con l'intento di catturare giovani ragazze. Pur se improba l'impresa riesce e il robot muove i primi passi ma... cosa sono esattamente le ragazze? Devono essere belle... ma cosa vuol dire belle? Questi gli spunti per una trama che a mio parere ha un ossatura estremamente brillante, messa in scena tramite un linguaggio che sicuramente non è adatto a tutti.
Le tavole che accompagnano la storia sono nere come la pece e ricche di dettaglio, specie nelle scene cruente che ben rappresentano la natura orrorifica dell'opera. Le atmosfere dipinte dall'autore sono opprimenti e stantie come i cieli grigi della metropoli in cui si trova l'edificio dismesso del club. Le vignette tolgono spesso il respiro e il registro ossessivo-martellante della narrazione trasmette alla perfezione l'ansia della tirannia, del sonno della ragione. Pur essendo un opera estremamente introspettiva non si perde in infiniti dialoghi e preferisce mettere lo schifo direttamente davanti ai nostri occhi, rendendo la lettura un "macigno scorrevole", una pietra che rotola e schiaccia sotto il suo peso il lettore, pur concedendogli i meritati spazi di respiro. I siparietti ironici sulle mancanze del Litchi, le note al pianoforte o la storia d'amore che si sviluppa nel corso della storia sono piccole divagazioni che non tutti apprezzeranno; personalmente posso dire di averle gradite non poco, poiché spezzano un registro altrimenti monotono.
SOGGETTIVAMENTE PARLANDO
Lo ammetto, quando mi trovo a sfogliare la scheda di un opera che riconosco essere estremamente nichilista, parto con quel misto di pregiudizio e curiosità che caratterizza tutte queste "scoperte". Comincio la lettura con scetticismo e il più delle volte le mie preoccupazioni si confermano, la trama comincia presto ad accartocciarsi in una serie di pippe mentali sconnesse, condite da simboli e rimandi, citazioni su citazioni, insomma un magma rovente che il più delle volte è - per me - difficile da decifrare.
Ci sono volte in cui invece resto piacevolmente sorpreso ed è questo il caso di "Litchi Hikari Club", un manga che pur facendo dello splatter e del macabro la sua bandiera riesce comunque a suggerire dei momenti delicati e di estrema intimità, sempre senza perdersi troppo in onanismi vari. I messaggi e le sensazioni boicottano il pensiero per parlare direttamente alla pancia del lettore e schifarlo quanto basta, o meglio, quanto serve. Ho avuto infatti la costante sensazione che l'intento dell'autore fosse proprio quello di impressionare, di portare a riconoscere e a disprezzare quel riflesso distorto che le amebe al comando di Zera rappresentano. Dimenticate i dodicenni che giocano col bastoncino nel cortile, i ragazzini del Club Hikari passano il loro tempo a mettere in atto le peggio nefandezze, convinti della loro superiorità e incoscienti della gravità delle loro azioni. Oltre all'evidente fanatismo e alla pazzia del gruppetto non ci vengono dati altri elementi sui motivi che li spingono a mettere in atto gesti di tale efferatezza senza la minima empatia o rimorso e ciò crea un effetto straniante che trasmette orrore al lettore. Zera è sostanzialmente un dittatore, colpevole come tutti quelli che lo seguono (scienziati, bramosi di potere e folli) e come spesso succede in questi casi, purtroppo, di razionale nei comportamenti delle persone c'è ben poco.
Fra queste righe ho potuto inoltre scorgere molte critiche che personalmente condivido. L'ossessione per l'estetica e per l'aspetto, il rapporto spesso servile e malato fra la tecnologia e il potere, la sottomissione al Capo o a chi per lui, sono temi estremamente attuali e problematici che vengono messi alla berlina in maniera diretta ed originale, anche se indubbiamente forte. Il litchi, simbolo di bellezza e amore, diventa strumento nelle mani del tiranno e viene ridotto ad uno sfizio egoistico, per poi essere utilizzato come motore dei propri fini. Agli occhi di Zera i membri del club sono poco più che delle marionette a cui dall'alto impartire ordini e concetti, ma la realtà è estremamente diversa e comincia mano mano a prendere spazio fra le pieghe dei suoi deliri. L'uomo non è affatto un meccanismo facilmente manovrabile: sbaglia, impara ed elabora informazioni dalle più disparate fonti per poi farle proprie, assimila e costruisce continuamente. Parte del messaggio trasmesso è indubbiamente pessimista e vuole ricordarci quale rischio deriva dal delegare il proprio pensiero, ma ci viene anche lasciata una finestra di speranza, rivoluzionaria pur nel suo piccolo; la possibilità di riappropriarsi di quel pensiero.
LO CONSIGLIO A
Non ci giro tanto intorno, questo non è un manga adatto a tutti e in parte non era neanche adatto a me. Il voto che vedete sotto queste righe potete tranquillamente alzarlo di un punto se apprezzate le riflessioni pessimiste sull'esistenza e le atmosfere granduignolesche. I più sensibili di stomaco potrebbero apprezzarlo come ritenerlo un emerita schifezza, per me è stata in parte una sorpresa e l'ho gradito molto più di altre opere simili.
Resta comunque un'opera difficile da inquadrare, i contenuti sono estremamente eterogenei e non mi sentirei di escludere nessuno dal consiglio, se non ovviamente i più piccini. Probabilmente ognuno ci troverà qualcosa che gli piace come qualcosa che proprio non può sopportare e trovo sia un punto a favore, perché in mezzo a tutte queste esagerazioni e situazioni sopra le righe questa eterogeneità rappresenta un barlume di realismo, anche se per qualcuno potrebbe essere un difetto. Un'ottimo manga horror ma tutt'altro che universale.
VOTO: 7.5
OGGETTIVAMENTE PARLANDO
Le prime pagine di "Litchi Hikari Club" si aprono con un sipario che non è casuale. L'opera infatti è basata su una produzione omonima del Tokyo Grand Guignol, una compagnia teatrale che si rifà allo stile e alle tematiche del teatro "Grand Guignol", sito a Parigi e attivo dal 1897 al 1962. Gli spettacoli del teatro parigino erano caratterizzati dalla presenza di scene gore e sanguinolente, rappresentate con effetti speciali estremamente realistici. Possiamo dire che era la versione teatrale e classica - per certi versi originale - dell'odierno splatter. Questa doverosa premessa per far capire subito di fronte a che tipo di opera ci si trova, la messa in scena è caratterizzata da un gusto dell'eccesso che si traduce in scene estremamente esplicite di sesso e violenza, rendendolo inadatto ai più piccoli o a chi non apprezza questo tipo di linguaggio.
Il manga segue le vicende del Club Hikari, un manipolo di ragazzini della metropoli che ogni pomeriggio si ritrova in un edificio abbandonato per... "Giocare a go?" No. "Studiare storia?" No no. "Corteggiare le ragazze, per caso?" Non proprio... questi psicopatici con sindrome di Peter Pan a seguito, infatti, oltre a disprezzare profondamente l'adulto e a sottostare a un regime simil-nazista, impegnano i loro pomeriggi in un piano a dir poco improbabile: donare la vita all'immobile Litchi, una macchina da loro costruita con l'intento di catturare giovani ragazze. Pur se improba l'impresa riesce e il robot muove i primi passi ma... cosa sono esattamente le ragazze? Devono essere belle... ma cosa vuol dire belle? Questi gli spunti per una trama che a mio parere ha un ossatura estremamente brillante, messa in scena tramite un linguaggio che sicuramente non è adatto a tutti.
Le tavole che accompagnano la storia sono nere come la pece e ricche di dettaglio, specie nelle scene cruente che ben rappresentano la natura orrorifica dell'opera. Le atmosfere dipinte dall'autore sono opprimenti e stantie come i cieli grigi della metropoli in cui si trova l'edificio dismesso del club. Le vignette tolgono spesso il respiro e il registro ossessivo-martellante della narrazione trasmette alla perfezione l'ansia della tirannia, del sonno della ragione. Pur essendo un opera estremamente introspettiva non si perde in infiniti dialoghi e preferisce mettere lo schifo direttamente davanti ai nostri occhi, rendendo la lettura un "macigno scorrevole", una pietra che rotola e schiaccia sotto il suo peso il lettore, pur concedendogli i meritati spazi di respiro. I siparietti ironici sulle mancanze del Litchi, le note al pianoforte o la storia d'amore che si sviluppa nel corso della storia sono piccole divagazioni che non tutti apprezzeranno; personalmente posso dire di averle gradite non poco, poiché spezzano un registro altrimenti monotono.
SOGGETTIVAMENTE PARLANDO
Lo ammetto, quando mi trovo a sfogliare la scheda di un opera che riconosco essere estremamente nichilista, parto con quel misto di pregiudizio e curiosità che caratterizza tutte queste "scoperte". Comincio la lettura con scetticismo e il più delle volte le mie preoccupazioni si confermano, la trama comincia presto ad accartocciarsi in una serie di pippe mentali sconnesse, condite da simboli e rimandi, citazioni su citazioni, insomma un magma rovente che il più delle volte è - per me - difficile da decifrare.
Ci sono volte in cui invece resto piacevolmente sorpreso ed è questo il caso di "Litchi Hikari Club", un manga che pur facendo dello splatter e del macabro la sua bandiera riesce comunque a suggerire dei momenti delicati e di estrema intimità, sempre senza perdersi troppo in onanismi vari. I messaggi e le sensazioni boicottano il pensiero per parlare direttamente alla pancia del lettore e schifarlo quanto basta, o meglio, quanto serve. Ho avuto infatti la costante sensazione che l'intento dell'autore fosse proprio quello di impressionare, di portare a riconoscere e a disprezzare quel riflesso distorto che le amebe al comando di Zera rappresentano. Dimenticate i dodicenni che giocano col bastoncino nel cortile, i ragazzini del Club Hikari passano il loro tempo a mettere in atto le peggio nefandezze, convinti della loro superiorità e incoscienti della gravità delle loro azioni. Oltre all'evidente fanatismo e alla pazzia del gruppetto non ci vengono dati altri elementi sui motivi che li spingono a mettere in atto gesti di tale efferatezza senza la minima empatia o rimorso e ciò crea un effetto straniante che trasmette orrore al lettore. Zera è sostanzialmente un dittatore, colpevole come tutti quelli che lo seguono (scienziati, bramosi di potere e folli) e come spesso succede in questi casi, purtroppo, di razionale nei comportamenti delle persone c'è ben poco.
Fra queste righe ho potuto inoltre scorgere molte critiche che personalmente condivido. L'ossessione per l'estetica e per l'aspetto, il rapporto spesso servile e malato fra la tecnologia e il potere, la sottomissione al Capo o a chi per lui, sono temi estremamente attuali e problematici che vengono messi alla berlina in maniera diretta ed originale, anche se indubbiamente forte. Il litchi, simbolo di bellezza e amore, diventa strumento nelle mani del tiranno e viene ridotto ad uno sfizio egoistico, per poi essere utilizzato come motore dei propri fini. Agli occhi di Zera i membri del club sono poco più che delle marionette a cui dall'alto impartire ordini e concetti, ma la realtà è estremamente diversa e comincia mano mano a prendere spazio fra le pieghe dei suoi deliri. L'uomo non è affatto un meccanismo facilmente manovrabile: sbaglia, impara ed elabora informazioni dalle più disparate fonti per poi farle proprie, assimila e costruisce continuamente. Parte del messaggio trasmesso è indubbiamente pessimista e vuole ricordarci quale rischio deriva dal delegare il proprio pensiero, ma ci viene anche lasciata una finestra di speranza, rivoluzionaria pur nel suo piccolo; la possibilità di riappropriarsi di quel pensiero.
LO CONSIGLIO A
Non ci giro tanto intorno, questo non è un manga adatto a tutti e in parte non era neanche adatto a me. Il voto che vedete sotto queste righe potete tranquillamente alzarlo di un punto se apprezzate le riflessioni pessimiste sull'esistenza e le atmosfere granduignolesche. I più sensibili di stomaco potrebbero apprezzarlo come ritenerlo un emerita schifezza, per me è stata in parte una sorpresa e l'ho gradito molto più di altre opere simili.
Resta comunque un'opera difficile da inquadrare, i contenuti sono estremamente eterogenei e non mi sentirei di escludere nessuno dal consiglio, se non ovviamente i più piccini. Probabilmente ognuno ci troverà qualcosa che gli piace come qualcosa che proprio non può sopportare e trovo sia un punto a favore, perché in mezzo a tutte queste esagerazioni e situazioni sopra le righe questa eterogeneità rappresenta un barlume di realismo, anche se per qualcuno potrebbe essere un difetto. Un'ottimo manga horror ma tutt'altro che universale.
VOTO: 7.5
Nella fuligginosa città industriale c'è una sola fonte di luce... il Club della Luce. Una confraternita segreta composta da giovani ragazzi che ha sede in una sporca fabbrica abbandonata. Essi sono al punto di avviare il coronamento del loro sogno, una sofisticata "macchina pensante" umanoide il cui scopo primario è quello di rapire belle ragazze. Allo stesso tempo, i collegiali, e la loro solidarietà reciproca, stanno devolvendo in una melma neonazista coronata da paranoie omicide, estetismo perverso e, talvolta, omosessualità repressa...
"Litchi Hikari Club" rientra perfettamente in quel sottogenere che nasce dalla commistione di horror, nichilismo e provocazioni varie. Provocazioni unite ad una metafora finale la quale dà un senso a tutti gli eventi assurdi e raccapriccianti ai quali il lettore dovrà assistere. "Midori Shoujo Tsubaki" rientra perfettamente in questa categoria, con tutta la sua disturbante carica di inquietanti violenze e deliri visuali, i quali in realtà sono tra le righe moniti di stampo buddhista verso l'insensatezza delle passioni umane, con tanto di metafora finale sul mondo/illusione figlia della filosofia orientale. Seguendo lo stesso stile, "Litchi Ikari Club", tratto da un'omonima produzione del Tokyo Grand Guignol, utilizza il linguaggio dell'horror e dello splatter truculento per mettere in scena l'umana follia in tutte le sue più disparate manifestazioni: l'illusione dell'immortalità, della bellezza, l'ambivalenza della scienza e del potere... sono presenti anche metafore più filosofiche in senso lato, come ad esempio il fatto che alla fin fine l'uomo sia in realtà una sorta di ottusa macchina la quale viene sfruttata dal suo insensato burattinaio, sia esso la natura, Dio... nel nostro caso Zera, il perverso capo del Club della Luce.
Ognuno dei membri del folle club rappresenta una determinata caricatura delle pulsioni umane, nel contesto della moderna società industriale (le fabbriche e il grigiore non sono stati messi lì a caso): c'è il capo, l'autorità, colui il quale detiene il potere, la cui follia omicida trova realizzazione nel taciturno consenso popolare; lo scienziato che crea programmi e macchine le quali, nonostante la loro complessità, trovano impiego nel soddisfacimento delle pulsioni irrazionali e negli istinti più bassi dell'uomo (il sofisticatissimo robot viene costruito appositamente per rubare ragazze e uccidere); c'è la macchietta che vive unicamente in funzione delle sue pulsioni sessuali; l'ex capo umiliato il quale serba un forte rancore omicida; la bella ragazza vittima della follia maschile, Kanon, la quale simboleggia anche la bellezza e la consapevolezza che hanno abbandonato l'uomo. La grande metafora nichilista del fallimento totale dell'umanità viene sottolineata dal truculento e sanguinario finale, pessimista e cupo come pochi. "Litchi Ikari Club" ha la stessa atmosfera opprimente del grigio disco dei Pink Floyd "Animals", il quale è ispirato al romanzo "La fattoria degli animali" di Orwell, anche se i testi pieni di cattiveria e di odio allo stato puro delle canzoni di Roger Waters non si limitano unicamente alla parodia della rivoluzione russa, ma sono totalizzanti e casualmente affini alle varie provocazioni del manga.
Difetto di tale malata opera è senz'altro la solita storia d'amore cliché tra bella ragazza e robot senza sentimenti il quale diventa progressivamente umano; tuttavia, in modo molto intelligente, fin dal principio il robot viene dipinto, con tutta la sua carica inquietante e anomala, come un essere non molto diverso dagli uomini. I membri del Litchi Club sono infatti assimilabili anch'essi a delle macchine, programmate a loro volta da un determinato Dio/natura/società; dei freddi ingranaggi di un asettico meccanismo più grande di loro, eretto da una qualche entità superiore la quale non si cura delle sorti delle sue creature. Essi sono anche dei bambini che non vogliono crescere, disgustati dal mondo degli adulti; ergo l'umanità patriarcale tutta è paragonabile ad un grande bambino, il quale si rifiuta di passare all'età adulta e continua a marcire ad oltranza nelle sue futili illusioni, fino all'inevitabile catastrofe finale.
"Litchi Hikari Club" rientra perfettamente in quel sottogenere che nasce dalla commistione di horror, nichilismo e provocazioni varie. Provocazioni unite ad una metafora finale la quale dà un senso a tutti gli eventi assurdi e raccapriccianti ai quali il lettore dovrà assistere. "Midori Shoujo Tsubaki" rientra perfettamente in questa categoria, con tutta la sua disturbante carica di inquietanti violenze e deliri visuali, i quali in realtà sono tra le righe moniti di stampo buddhista verso l'insensatezza delle passioni umane, con tanto di metafora finale sul mondo/illusione figlia della filosofia orientale. Seguendo lo stesso stile, "Litchi Ikari Club", tratto da un'omonima produzione del Tokyo Grand Guignol, utilizza il linguaggio dell'horror e dello splatter truculento per mettere in scena l'umana follia in tutte le sue più disparate manifestazioni: l'illusione dell'immortalità, della bellezza, l'ambivalenza della scienza e del potere... sono presenti anche metafore più filosofiche in senso lato, come ad esempio il fatto che alla fin fine l'uomo sia in realtà una sorta di ottusa macchina la quale viene sfruttata dal suo insensato burattinaio, sia esso la natura, Dio... nel nostro caso Zera, il perverso capo del Club della Luce.
Ognuno dei membri del folle club rappresenta una determinata caricatura delle pulsioni umane, nel contesto della moderna società industriale (le fabbriche e il grigiore non sono stati messi lì a caso): c'è il capo, l'autorità, colui il quale detiene il potere, la cui follia omicida trova realizzazione nel taciturno consenso popolare; lo scienziato che crea programmi e macchine le quali, nonostante la loro complessità, trovano impiego nel soddisfacimento delle pulsioni irrazionali e negli istinti più bassi dell'uomo (il sofisticatissimo robot viene costruito appositamente per rubare ragazze e uccidere); c'è la macchietta che vive unicamente in funzione delle sue pulsioni sessuali; l'ex capo umiliato il quale serba un forte rancore omicida; la bella ragazza vittima della follia maschile, Kanon, la quale simboleggia anche la bellezza e la consapevolezza che hanno abbandonato l'uomo. La grande metafora nichilista del fallimento totale dell'umanità viene sottolineata dal truculento e sanguinario finale, pessimista e cupo come pochi. "Litchi Ikari Club" ha la stessa atmosfera opprimente del grigio disco dei Pink Floyd "Animals", il quale è ispirato al romanzo "La fattoria degli animali" di Orwell, anche se i testi pieni di cattiveria e di odio allo stato puro delle canzoni di Roger Waters non si limitano unicamente alla parodia della rivoluzione russa, ma sono totalizzanti e casualmente affini alle varie provocazioni del manga.
Difetto di tale malata opera è senz'altro la solita storia d'amore cliché tra bella ragazza e robot senza sentimenti il quale diventa progressivamente umano; tuttavia, in modo molto intelligente, fin dal principio il robot viene dipinto, con tutta la sua carica inquietante e anomala, come un essere non molto diverso dagli uomini. I membri del Litchi Club sono infatti assimilabili anch'essi a delle macchine, programmate a loro volta da un determinato Dio/natura/società; dei freddi ingranaggi di un asettico meccanismo più grande di loro, eretto da una qualche entità superiore la quale non si cura delle sorti delle sue creature. Essi sono anche dei bambini che non vogliono crescere, disgustati dal mondo degli adulti; ergo l'umanità patriarcale tutta è paragonabile ad un grande bambino, il quale si rifiuta di passare all'età adulta e continua a marcire ad oltranza nelle sue futili illusioni, fino all'inevitabile catastrofe finale.
20.12.2012
E sì che lo sapevo, almeno a grandi linee, che cosa avrei trovato fra queste pagine. Perché mai abbia voluto avventurarmici ugualmente, proprio non lo so. A volte, vengo presa da raptus di follia, anche se ben lontani da quelli di cui sono preda i protagonisti di questo manga. Credo che il fascino dell'orrido giochi una parte importante.
La trama è già efficacemente descritta in scheda: ci sono nove ragazzini che si incontrano in un vecchio opificio per costruire un robot dotato di intelligenza, che servirà loro per procurarsi delle belle ragazze e come trampolino di lancio per un ingenuo ideale di conquista del mondo. Il gruppo ha soprannomi che vanno dall'uno all'otto ed è capitanato con pugno di ferro da Zera, un folle affetto da manie persecutorie, ed è dire poco. Ma più si stringe il pugno e più i sottoposti cercheranno di sfuggire alla presa, è la dura legge della dittatura, specie se si cerca di mantenerla col terrore e il sangue. La cattura di una bella ragazza porterà progressivo scompiglio e la fronda all'interno del club diventerà presto incontrollabile, in un crescendo vorticoso e inarrestabile di ambizioni, follia, gelosie, sesso, violenza e morte. E non dimentichiamo il sangue, tanto sangue.
Devo segnalare inoltre la presenza, in principio, di una scena ai limiti del blasfemo, se non oltre tali limiti. Ci sono alcune scene di sesso, con disegni anche molto espliciti, e anche yaoi, più che shounen-ai.
L'amore può essere di molti tipi, e sia salvifico che letale, ne abbiamo l'esempio nelle vicende qui narrate.
Un leitmotiv ricorrente è il rifiuto dell'età adulta: i protagonisti sono ragazzini delle medie, in verità piuttosto attraenti, che cercano, in modo completamente folle e deviato, un sistema per non crescere mai. Novelli Peter Pan, ritengono brutto l'adulto, ci sarà chi si dispererà per i primi segni di cambiamento nel proprio corpo, come un principio di barba o l'abbassarsi della voce.
Ma forse il concetto più profondo che viene esplorato, sia pure in modo non molto approfondito, è quello di umanità. Cosa ci rende umani? Il corpo, i pensieri, le azioni?
Bisogna sospendere il giudizio su molte cose, leggendo questa storia. In primis, le vicende del club sono un po' sospese in una bolla di vetro: diavolo, c'è un robot alto più di due metri che gira in città e rapisce la gente, e nessuno se ne accorge? Questo robot, il cui carburante è una vera chicca, è stato costruito da ragazzini delle medie (!) con materiali di riciclo, e programmato e comandato per mezzo di una specie di calcolatrice, ma impara e comprende concetti complessi, e va a caccia da solo. La bella ragazza dal cuore gentile che finalmente cattura non me la conta giusta e per certi versi sembra più fuori di testa di alcuni dei suoi folli carcerieri. I morti si sprecano, ma nessun adulto interviene e la tragedia può consumarsi indisturbata. E che tragedia!
E' evidente che questo non è un manga realistico, per cui le pecche di logica e di trama entrano a far parte di un discorso di ordine superiore, o quantomeno diverso.
Arriviamo così ai disegni, che sono obiettivamente molto belli e dettagliati. Alcune tavole sono veramente una gioia per gli occhi, o lo sarebbero se non descrivessero spesso scene raccapriccianti. I personaggi sono delineati con tratti netti, e le divise non fanno che accentuare l'atmosfera da laboratorio nazista con contorno di SS.
Rimane il dubbio del voto da assegnare, che potrebbe essere 8, per gli splendidi disegni, e anche per l'idea di fondo, perché no. Però i buchi nella trama effettivamente ci sono e c'è anche il problema che alcune situazioni sono talmente estreme da essere grottesche, più che grottesche, decisamente forzate. Ce ne sono almeno un paio delle quali non ci sarebbe stato bisogno e che sembrano messe lì solo per aumentare l'orrore di chi legge, non perché siano indispensabili o funzionali alla storia.
Tutto sommato, una visione che si può raccomandare agli stomaci forti e a chi ami esplorare le follie della mente umana: potranno certamente trarre godimento dalla lettura e rilettura di questo manga. Gli stomaci un po' più debolucci, come il mio, si accontenteranno, come per "Battle Royale" o per "Sadistic Boy", di una lettura soltanto o sceglieranno qualcosa di più soft, senza vergogna.
In definitiva, mi attesterò sul 7, abbondante.
E sì che lo sapevo, almeno a grandi linee, che cosa avrei trovato fra queste pagine. Perché mai abbia voluto avventurarmici ugualmente, proprio non lo so. A volte, vengo presa da raptus di follia, anche se ben lontani da quelli di cui sono preda i protagonisti di questo manga. Credo che il fascino dell'orrido giochi una parte importante.
La trama è già efficacemente descritta in scheda: ci sono nove ragazzini che si incontrano in un vecchio opificio per costruire un robot dotato di intelligenza, che servirà loro per procurarsi delle belle ragazze e come trampolino di lancio per un ingenuo ideale di conquista del mondo. Il gruppo ha soprannomi che vanno dall'uno all'otto ed è capitanato con pugno di ferro da Zera, un folle affetto da manie persecutorie, ed è dire poco. Ma più si stringe il pugno e più i sottoposti cercheranno di sfuggire alla presa, è la dura legge della dittatura, specie se si cerca di mantenerla col terrore e il sangue. La cattura di una bella ragazza porterà progressivo scompiglio e la fronda all'interno del club diventerà presto incontrollabile, in un crescendo vorticoso e inarrestabile di ambizioni, follia, gelosie, sesso, violenza e morte. E non dimentichiamo il sangue, tanto sangue.
Devo segnalare inoltre la presenza, in principio, di una scena ai limiti del blasfemo, se non oltre tali limiti. Ci sono alcune scene di sesso, con disegni anche molto espliciti, e anche yaoi, più che shounen-ai.
L'amore può essere di molti tipi, e sia salvifico che letale, ne abbiamo l'esempio nelle vicende qui narrate.
Un leitmotiv ricorrente è il rifiuto dell'età adulta: i protagonisti sono ragazzini delle medie, in verità piuttosto attraenti, che cercano, in modo completamente folle e deviato, un sistema per non crescere mai. Novelli Peter Pan, ritengono brutto l'adulto, ci sarà chi si dispererà per i primi segni di cambiamento nel proprio corpo, come un principio di barba o l'abbassarsi della voce.
Ma forse il concetto più profondo che viene esplorato, sia pure in modo non molto approfondito, è quello di umanità. Cosa ci rende umani? Il corpo, i pensieri, le azioni?
Bisogna sospendere il giudizio su molte cose, leggendo questa storia. In primis, le vicende del club sono un po' sospese in una bolla di vetro: diavolo, c'è un robot alto più di due metri che gira in città e rapisce la gente, e nessuno se ne accorge? Questo robot, il cui carburante è una vera chicca, è stato costruito da ragazzini delle medie (!) con materiali di riciclo, e programmato e comandato per mezzo di una specie di calcolatrice, ma impara e comprende concetti complessi, e va a caccia da solo. La bella ragazza dal cuore gentile che finalmente cattura non me la conta giusta e per certi versi sembra più fuori di testa di alcuni dei suoi folli carcerieri. I morti si sprecano, ma nessun adulto interviene e la tragedia può consumarsi indisturbata. E che tragedia!
E' evidente che questo non è un manga realistico, per cui le pecche di logica e di trama entrano a far parte di un discorso di ordine superiore, o quantomeno diverso.
Arriviamo così ai disegni, che sono obiettivamente molto belli e dettagliati. Alcune tavole sono veramente una gioia per gli occhi, o lo sarebbero se non descrivessero spesso scene raccapriccianti. I personaggi sono delineati con tratti netti, e le divise non fanno che accentuare l'atmosfera da laboratorio nazista con contorno di SS.
Rimane il dubbio del voto da assegnare, che potrebbe essere 8, per gli splendidi disegni, e anche per l'idea di fondo, perché no. Però i buchi nella trama effettivamente ci sono e c'è anche il problema che alcune situazioni sono talmente estreme da essere grottesche, più che grottesche, decisamente forzate. Ce ne sono almeno un paio delle quali non ci sarebbe stato bisogno e che sembrano messe lì solo per aumentare l'orrore di chi legge, non perché siano indispensabili o funzionali alla storia.
Tutto sommato, una visione che si può raccomandare agli stomaci forti e a chi ami esplorare le follie della mente umana: potranno certamente trarre godimento dalla lettura e rilettura di questo manga. Gli stomaci un po' più debolucci, come il mio, si accontenteranno, come per "Battle Royale" o per "Sadistic Boy", di una lettura soltanto o sceglieranno qualcosa di più soft, senza vergogna.
In definitiva, mi attesterò sul 7, abbondante.
Un manga ispirato ad un'opera del Grand Guignol di Tokyo per Usamaru Furuya. Un tour de force nel terrore. Uno studio crudele e spietato dell'essere umano, ed il suo bisogno di dominare ed essere dominato.
Il Litchi Hikari Club, una sorta di mezza via tra un collettivo Dada ed una banda di psicotici minorenni assassini, crea Litchi, un Frankenstein di metallo nato col solo scopo di procacciare donne per i crudelmente deviati giovani che occupano il club, primo fra tutti il loro disumano leader Zera. Carismatico quanto efferato, Zera controlla i suoi compagni con pugno di ferro, ma presto qualcosa nella "macchina" comincia a non funzionare: ambizioni di potere, amori perversi, voglia di libertà e sete di sangue porteranno il Club allo sfacelo, lasciando dietro una scia di sangue innocente.
Il tratto di Furuya è pulito e semplice, quasi clinico nel portare a nudo ciò che si cela sotto le maschere dei giovani del Litchi Hikari Club. Inusuali per l'autore sono le scene di violenza, decisamente estreme e che sfociano, a volte, nel guro vero e proprio. Consigliato se avete un gusto per il lato oscuro dell'essere umano, ed il fegato per esplorarlo.
Il Litchi Hikari Club, una sorta di mezza via tra un collettivo Dada ed una banda di psicotici minorenni assassini, crea Litchi, un Frankenstein di metallo nato col solo scopo di procacciare donne per i crudelmente deviati giovani che occupano il club, primo fra tutti il loro disumano leader Zera. Carismatico quanto efferato, Zera controlla i suoi compagni con pugno di ferro, ma presto qualcosa nella "macchina" comincia a non funzionare: ambizioni di potere, amori perversi, voglia di libertà e sete di sangue porteranno il Club allo sfacelo, lasciando dietro una scia di sangue innocente.
Il tratto di Furuya è pulito e semplice, quasi clinico nel portare a nudo ciò che si cela sotto le maschere dei giovani del Litchi Hikari Club. Inusuali per l'autore sono le scene di violenza, decisamente estreme e che sfociano, a volte, nel guro vero e proprio. Consigliato se avete un gusto per il lato oscuro dell'essere umano, ed il fegato per esplorarlo.