MAO
Ho iniziato la lettura di questo manga per l’apprezzamento generale che ho per questa autrice. Purtroppo quello a cui mi sono trovato davanti è stata una mezza delusione. I disegni dell’autrice sembrano, negli anni, aver subito una specie di involuzione e sono, ormai, lontani da quelli belli e piacevoli delle opere più vecchie. I personaggi di Mao, a eccezione dei due protagonisti principali, sembrano essere poco consistenti e non molto più interessanti. La trama appare intricata ma sembra, al tredicesimo volume, non riuscire ancora a spiccare il volo anche se, va detto, qualche suo dettaglio può riuscire ad attirare l’interesse del lettore. Purtroppo si tratta solo di minuzie. La lettura di quest’opera appare a volte noiosa e solo qualche volta riesce a convincere il lettore a “divorare” il volumetto appena acquistato.
Qualcuno ha paragonato questo manga a InuYasha, con cui condivide l’ambientazione nel passato. Ma, anche se questo tratto comune esiste effettivamente, è l’unico metro di paragone esistente con un fumetto (InuYasha) che non presentava i difetti di questo.
Per quanto riguarda la lettura in sé le saghe si muovono sui binari abbastanza scontati del nemico, sempre diverso, da sconfiggere volume dopo volume. Quanto meno diversi di essi sono collegati al clan Kogo e, quindi, alla trama principale che viene pian piano svelata (però, come già detto, troppo piano). Questo dettaglio da al manga un’aurea di manga continuativo, ma non fatevi confondere. L’opera prosegue a saghe, con nemici che durano un volume al massimo e va avanti così per tutta la sua durata (o almeno per quella dei 13 volumetti editi in Italia).
Insomma, Mao è un manga che ci presenta:
- Una trama che fatica a decollare.
- Dei disegni che, si sono carini, ma che sono sotto il livello di quello che l’autrice ci ha fatto vedere nelle vecchie opere. Inoltre gli sfondi sono pochi e abbozzati.
- Dei personaggi poco caratterizzati e con cui non si riesce ad empatizzare.
Mi aspettavo molto di più da quest’opera (che continuo più per affetto verso l’autrice che per altro) a cui purtroppo non riesco a dare la piena sufficienza. Sperando si rialzi e che le cose possano diventare migliori in futuro, anche se dopo tutti questi numeri sembra che la strada difficilmente verrà cambiata.
Qualcuno ha paragonato questo manga a InuYasha, con cui condivide l’ambientazione nel passato. Ma, anche se questo tratto comune esiste effettivamente, è l’unico metro di paragone esistente con un fumetto (InuYasha) che non presentava i difetti di questo.
Per quanto riguarda la lettura in sé le saghe si muovono sui binari abbastanza scontati del nemico, sempre diverso, da sconfiggere volume dopo volume. Quanto meno diversi di essi sono collegati al clan Kogo e, quindi, alla trama principale che viene pian piano svelata (però, come già detto, troppo piano). Questo dettaglio da al manga un’aurea di manga continuativo, ma non fatevi confondere. L’opera prosegue a saghe, con nemici che durano un volume al massimo e va avanti così per tutta la sua durata (o almeno per quella dei 13 volumetti editi in Italia).
Insomma, Mao è un manga che ci presenta:
- Una trama che fatica a decollare.
- Dei disegni che, si sono carini, ma che sono sotto il livello di quello che l’autrice ci ha fatto vedere nelle vecchie opere. Inoltre gli sfondi sono pochi e abbozzati.
- Dei personaggi poco caratterizzati e con cui non si riesce ad empatizzare.
Mi aspettavo molto di più da quest’opera (che continuo più per affetto verso l’autrice che per altro) a cui purtroppo non riesco a dare la piena sufficienza. Sperando si rialzi e che le cose possano diventare migliori in futuro, anche se dopo tutti questi numeri sembra che la strada difficilmente verrà cambiata.
Una lettura nella sua totalità abbastanza piacevole, anche se secondo me riscontra diversi problemi, la trama in questi primi dieci numeri letti la trovo in alcuni tratti un pò confusionaria e non sempre coerente al 100%.
Il problema maggiore fino a questo momento, è la poca caratterizzazione dei personaggi, è tentata ma non troppo riuscita, li trovo in alcuni tratti abbastanza simili.
Il disegno è il solito della takahashi, piacevole, gli sfondi non molto curati.
Per quanto come detto all'inizio sia una lettura nella sua totalità piacevole, mi riservo di consigliare questo manga solamente ai super fan dell'autrice( come me), se uno si vuole approcciare a questa autrice suggerisco di iniziare con altre opere come "Maison Okkoku" e "Ranma" decisamente di altro spessore.
-Gerry-
Il problema maggiore fino a questo momento, è la poca caratterizzazione dei personaggi, è tentata ma non troppo riuscita, li trovo in alcuni tratti abbastanza simili.
Il disegno è il solito della takahashi, piacevole, gli sfondi non molto curati.
Per quanto come detto all'inizio sia una lettura nella sua totalità piacevole, mi riservo di consigliare questo manga solamente ai super fan dell'autrice( come me), se uno si vuole approcciare a questa autrice suggerisco di iniziare con altre opere come "Maison Okkoku" e "Ranma" decisamente di altro spessore.
-Gerry-
Di nuovo la grande Rumiko Takahashi colpisce nel segno con un’opera che qualcuno ha detto clone di Inuyasha ma che ha me sembra molto diversa. In comune ci sono i salti temporali e il fatto che la maggior parte dell’opera si svolge nel passato: cosa che avevamo già visto in Rumiko prima della storia del demone cane per esempio in Oltre le fiamme uno dei primissimi racconti dei Rumic World.
L’autrice ci ha sommerso di personaggi come al solito in questi 13 volumi e ammetto di non averli trovati empatici: eppure si comportano in modo logico per come sono disegnati e narrati.
Il tratto dei personaggi e il solito da Ranma in avanti, così come la presenza di strumenti magici e di persone dai diversi poteri.
Qui tutto si basa su teorie esoteriche e prego i lettori di stare attenti da qui in poi potrebbero esserci spoiler.
Innanzi tutto chi è Mao? Il protagonista un esorcista maledetto da un gatto diventato così quasi immortale. La spalla femminile si chiama Nanoka e anche lei ha un tragico passato e un legame con il gatto in questione.
Dopo pochi volumi la storia si fa più ingarbugliata con l’apparire di personaggi legato al clan Kou, un clan che praticava la magia per uccidere le persone e che si pensa che sia stato distrutto 900 anni prima dell’epoca Taisho di cui è un intricarsi e districarsi di misteri, di verità e mezze verità il tutto condito da combattimenti.
Mao che credeva di essere l’ultimo successore del clan scopre che invece era una vittima sacrificale e che la successione si fonda sull’eliminazione di tutti gli allievi più potenti colui che sopravvive diventa il vero successore: ma chi ha ucciso il maestro? E come mai coloro che fra i prescelti non sono ancora uccisi vivono da 900 anni?
E poi chi sono quelli in più? E come mai alcuni molto potenti non sono stati chiamati? Alcuni dei migliori infatti sembrano essere stati sostituiti e dunque sono morti…
Di fronte a tutto ciò scopriamo di amori recenti e centenari, troviamo nuovi esorcisti chiamati a far rinascer il clan assassino e a sfruttare le maledizioni per far soldi e potere.
Come vedete pur parlando di magia non è Jujutsu Kaisen…
Io lo promuovo per il momento con un otto e mezzo e dico apertamente che la Takahash e una maestre dell’intreccio, anche se per rendere la cosa più interessanti mi sarebbe piaciuto qualche scontro alla Ranma ½.
L’autrice ci ha sommerso di personaggi come al solito in questi 13 volumi e ammetto di non averli trovati empatici: eppure si comportano in modo logico per come sono disegnati e narrati.
Il tratto dei personaggi e il solito da Ranma in avanti, così come la presenza di strumenti magici e di persone dai diversi poteri.
Qui tutto si basa su teorie esoteriche e prego i lettori di stare attenti da qui in poi potrebbero esserci spoiler.
Innanzi tutto chi è Mao? Il protagonista un esorcista maledetto da un gatto diventato così quasi immortale. La spalla femminile si chiama Nanoka e anche lei ha un tragico passato e un legame con il gatto in questione.
Dopo pochi volumi la storia si fa più ingarbugliata con l’apparire di personaggi legato al clan Kou, un clan che praticava la magia per uccidere le persone e che si pensa che sia stato distrutto 900 anni prima dell’epoca Taisho di cui è un intricarsi e districarsi di misteri, di verità e mezze verità il tutto condito da combattimenti.
Mao che credeva di essere l’ultimo successore del clan scopre che invece era una vittima sacrificale e che la successione si fonda sull’eliminazione di tutti gli allievi più potenti colui che sopravvive diventa il vero successore: ma chi ha ucciso il maestro? E come mai coloro che fra i prescelti non sono ancora uccisi vivono da 900 anni?
E poi chi sono quelli in più? E come mai alcuni molto potenti non sono stati chiamati? Alcuni dei migliori infatti sembrano essere stati sostituiti e dunque sono morti…
Di fronte a tutto ciò scopriamo di amori recenti e centenari, troviamo nuovi esorcisti chiamati a far rinascer il clan assassino e a sfruttare le maledizioni per far soldi e potere.
Come vedete pur parlando di magia non è Jujutsu Kaisen…
Io lo promuovo per il momento con un otto e mezzo e dico apertamente che la Takahash e una maestre dell’intreccio, anche se per rendere la cosa più interessanti mi sarebbe piaciuto qualche scontro alla Ranma ½.
Ho iniziato questo manga da estimatrice della mangaka. Avevo buone aspettative e il primo volume si è rivelato abbastanza interessante al livello di trama, il disegno invece mi appare soggettivamente peggiorato rispetto alle precedenti opere, il tratto appare più bidimensionale, poco particolareggiato.
La caratterializzazione fisica dei personaggi è poco originale (ma su questo punto ormai avremmo dovuto farci l'abitudine...) quello che sembra più carente è lo spessore psicologico dei personaggi, infatti, ciò impedisce di entrare in empatia con loro. Tralasciando i protagonisti (della cui storia forse sappiamo ancora troppo poco) Otoya è un comprimario indegno di questo nome, dato che è poco più di un burattino - una sorta di oggetto animato dalle arti magiche - manca della verve e simpatia che apparteneva, ad esempio, al giovane Shippo di Inuyasha. Trattandosi di una bambola che ha anche un'espressione apatica non possiamo provare alcun sentimento per lui.
Lo stesso difetto sembra colpire in parte anche i protagonisti, anche quando dovrebbero provare stati d'animo diversi il loro viso rimane pressoché impassibile. La trama non sembra convincermi molto, si appiattisce quasi subito nei volumi successivi al primo, stabilizzandosi sulla logica del "nemico di basso/medio livello" da sconfiggere in ogni volume. Anche il fatto che ci siano nemici più importanti da affrontare o misteri ancora irrisolti non riesce ad essere un fattore che motiva abbastanza a proseguire la lettura.
Personalmente, faccio davvero fatica a concludere la lettura di ogni nuovo numero superando la sensazione di "noia", se non ci saranno nuove svolte entro qualche volume penso di abbandonare la lettura.
Tutto ciò dispiace molto, perchè inizialmente sembravano esserci delle buone premesse.
Assegno un 5,5 nella speranza che il manga imbocchi la giusta via e si evolva.
La caratterializzazione fisica dei personaggi è poco originale (ma su questo punto ormai avremmo dovuto farci l'abitudine...) quello che sembra più carente è lo spessore psicologico dei personaggi, infatti, ciò impedisce di entrare in empatia con loro. Tralasciando i protagonisti (della cui storia forse sappiamo ancora troppo poco) Otoya è un comprimario indegno di questo nome, dato che è poco più di un burattino - una sorta di oggetto animato dalle arti magiche - manca della verve e simpatia che apparteneva, ad esempio, al giovane Shippo di Inuyasha. Trattandosi di una bambola che ha anche un'espressione apatica non possiamo provare alcun sentimento per lui.
Lo stesso difetto sembra colpire in parte anche i protagonisti, anche quando dovrebbero provare stati d'animo diversi il loro viso rimane pressoché impassibile. La trama non sembra convincermi molto, si appiattisce quasi subito nei volumi successivi al primo, stabilizzandosi sulla logica del "nemico di basso/medio livello" da sconfiggere in ogni volume. Anche il fatto che ci siano nemici più importanti da affrontare o misteri ancora irrisolti non riesce ad essere un fattore che motiva abbastanza a proseguire la lettura.
Personalmente, faccio davvero fatica a concludere la lettura di ogni nuovo numero superando la sensazione di "noia", se non ci saranno nuove svolte entro qualche volume penso di abbandonare la lettura.
Tutto ciò dispiace molto, perchè inizialmente sembravano esserci delle buone premesse.
Assegno un 5,5 nella speranza che il manga imbocchi la giusta via e si evolva.
Premetto che ho iniziato la lettura di questo manga solo perchè ho letto tutte le opere pubblicate dalla splendida Takahashi in Italia e finora mi è sempre molto piaciuta. Spinto dall'idea di ritrovare la mano della mangaka ho intrapreso una lettura che si è rivelata piuttosto pesante.
Vado con ordine.
Disegno [8]: nulla da dire. La mano di una delle più grande scrittrici di sempre è sempre la solita: pulita e dettagliata, ma aggiungo anche più matura delle opere iniziali e meglio curata di quelle più moderne.
Storia [5,5]: leggendo la storia si potrebbe ritenere di categorizzare MAO come un'opera che segue la falsa riga di Inuyasha, nulla di più fuorviante! Infatti, dopo i primi 4 volumetti ci si imbatte in una realtà arzigogolata, piena di personaggi, con alcuni dei "salti temporali" (tanto cari all'autrice) forzati da esigenze narrative altrimenti inconcludenti.
Personaggi [4,5]: Troppi e tutti drammaticamente uguali. Questo per me è il cruccio principale dell'opera. Neppure le capigliature bicolore aiutano se per distinguere due personaggi devi fermarti a fare il "trova le differenze" della settimana enigmistica! Non solo l'aspetto però, ma anche le singole caratterizzazioni, la profondità, le idee, i pro e i contro di ciascuno degli attori dell'opera sono accennate e non hanno tempo di portare a nulla perchè, ripeto, troppi personaggi da gestire per raccontarli tutti (a meno di ritrovarsi per le mani un manga da oltre 70 tankobon).
Conclusione: Se, come me, siete fan di Rumiko Takahashi iniziare a leggere la sua ultima opera ci sta, ma aspettatevi un viaggio diverso dal solito e piuttosto difficile da seguire. La natura episodica delle opere precedenti (Lamù, Ranma, Maison Ikkoku) è scansata da una più continua alla Inuyasha, però con il limite di non riprende mai fiato e senza mai dipanare dubbi o apparenti incongruenze. Il tutto appesantito da una sfilza di personaggi e da scelte rappresentative discutibili. Confondibili.
Insomma, quando lo leggi ci devi stare con la testa, fare alcuni passaggi su e giù nel manga per recuperare il filo di un discorso. Non è un'opera rilassante ed e' priva di quella linearità che invece aiuterebbe ad immergersi e a familiarizzare con i personaggi.
Voto finale: 5,5 (anche se la matematica imporrebbe il 6 come media) perchè non ce la faccio a dare la sufficienza a quest'opera...
Vado con ordine.
Disegno [8]: nulla da dire. La mano di una delle più grande scrittrici di sempre è sempre la solita: pulita e dettagliata, ma aggiungo anche più matura delle opere iniziali e meglio curata di quelle più moderne.
Storia [5,5]: leggendo la storia si potrebbe ritenere di categorizzare MAO come un'opera che segue la falsa riga di Inuyasha, nulla di più fuorviante! Infatti, dopo i primi 4 volumetti ci si imbatte in una realtà arzigogolata, piena di personaggi, con alcuni dei "salti temporali" (tanto cari all'autrice) forzati da esigenze narrative altrimenti inconcludenti.
Personaggi [4,5]: Troppi e tutti drammaticamente uguali. Questo per me è il cruccio principale dell'opera. Neppure le capigliature bicolore aiutano se per distinguere due personaggi devi fermarti a fare il "trova le differenze" della settimana enigmistica! Non solo l'aspetto però, ma anche le singole caratterizzazioni, la profondità, le idee, i pro e i contro di ciascuno degli attori dell'opera sono accennate e non hanno tempo di portare a nulla perchè, ripeto, troppi personaggi da gestire per raccontarli tutti (a meno di ritrovarsi per le mani un manga da oltre 70 tankobon).
Conclusione: Se, come me, siete fan di Rumiko Takahashi iniziare a leggere la sua ultima opera ci sta, ma aspettatevi un viaggio diverso dal solito e piuttosto difficile da seguire. La natura episodica delle opere precedenti (Lamù, Ranma, Maison Ikkoku) è scansata da una più continua alla Inuyasha, però con il limite di non riprende mai fiato e senza mai dipanare dubbi o apparenti incongruenze. Il tutto appesantito da una sfilza di personaggi e da scelte rappresentative discutibili. Confondibili.
Insomma, quando lo leggi ci devi stare con la testa, fare alcuni passaggi su e giù nel manga per recuperare il filo di un discorso. Non è un'opera rilassante ed e' priva di quella linearità che invece aiuterebbe ad immergersi e a familiarizzare con i personaggi.
Voto finale: 5,5 (anche se la matematica imporrebbe il 6 come media) perchè non ce la faccio a dare la sufficienza a quest'opera...