Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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Hunter x Hunter
9.0/10
Recensione di Fabbrizio_on_the_Road
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“Hunter x Hunter” è un manga shonen di Yoshihiro Togashi giunto recentemente al volume 37 e in corso dal 1998. Si tratta di un’opera sfortunatamente nota per la sua pubblicazione travagliata, visto che negli ultimi 15 anni la serializzazione del manga su Shonen Jump si è fatta sempre più irregolare e imprevedibile, con pause a volte anche di 3-4 anni tra un capitolo e l’altro, che tuttavia sembrano non aver inficiato la popolarità e l’apprezzamento dei lettori verso una storia che, quando viene ripresa genera sempre molto entusiasmo. Il perché tale opera riesca ancora a mantenere tale seguito è presto detto: “Hunter x Hunter” è uno shonen di qualità che nel corso degli anni ha saputo rispettare le aspettative del pubblico regalando saghe epiche e personaggi indimenticabili in un riuscitissimo mix di azione, avventura, combattimenti e thriller originale e sorprendente.
Sebbene “Hunter x Hunter” abbia a mio avviso numerosi pregi, l’aspetto forse più peculiare dell’opera nel suo insieme consiste nel sapersi rinnovare con intelligenza proponendo sempre sviluppi imprevedibili, nuovi temi e generi da affrontare, riuscendo al tempo stesso a non tradire mai lo spirito e le caratteristiche della storia di base. L’opera è talmente varia e sfaccettata che per descriverne gli aspetti più positivi e negativi si finisce spesso per analizzare le saghe che la compongono, le quali differiscono sempre dalle precedenti, per ispirazioni di fondo, generi, ambientazioni ecc. Operazione forse poco elegante, ma che riesce per lo meno a restituire la continua evoluzione e il perpetuo rinnovamento che l’autore è riuscito a conferire alla propria opera.
La prima saga, quella dell’esame per diventare Hunter, è probabilmente la più avventurosa, essendo perlopiù composta da una serie di percorsi e sfide che i protagonisti dovranno superare per ottenere l’ambita licenza da cacciatore. L’autore riesce nel difficile compito di proporre fin dai primi capitoli un gruppo di protagonisti perfettamente riuscito e ben caratterizzato, dove chiunque sembra avere una storia affascinante da raccontare e una sua ideologia di vita. Ma questa saga introduttiva mostra anche un altro talento dell’autore, ovvero la capacità di creare e gestire magistralmente la tensione della storia. Dietro ogni parola o sguardo, sembra possa celarsi un indizio o una trappola per gli aspiranti hunter, accentuando fortemente il coinvolgimento del lettore verso lo sviluppo degli eventi.
La breve, ma comunque significativa, saga dell’arena celeste fornisce le basi della componente battle dell’opera che nelle saghe successive si rivelerà progressivamente sempre più rilevante. Qui i personaggi iniziano a essere coinvolti in battaglie lunghe e impegnative, anche se lo scopo di questa parentesi narrativa sembra perlopiù quello di comunicare al lettore le basi del power-up del mondo di Gon e compagnia. La successiva saga di York Shin rimane ancora oggi uno dei picchi più alti dell’opera e, personalmente, è l’arco narrativo che preferisco. I personaggi sono gestiti da manuale, gli eventi si susseguono con un ritmo irrefrenabile e scandito da un colpo di scena più bello dell’altro. Anche qui la tensione rimane alta per quasi tutta la saga, regalando emozioni uniche e indimenticabili.
In tutto questo viene già preparato il terreno per l’arco di Greed Island, piuttosto riuscito e particolare, vista la chiara ispirazione ai giochi di ruolo e ai giochi di carte giapponesi e non. La saga che segue, quella delle formichimere, rimane ancora oggi la più lunga dell’intera opera. Un arco narrativo molto interessante, dove si fa strada soprattutto la componente battle del manga, qui più in forma che mai. L’aspetto più interessante di questa saga probabilmente sta nel ritmo che ha acquisito durante lo sviluppo. Dopo un avvio piuttosto buono, ma con qualche incertezza, la storia acquisisce sempre più spessore, rivelando una natura dell’opera fortemente adrenalinica e, come al solito, molto appassionante.
La breve saga dell’elezione del presidente può per certi aspetti essere considerata come l’epilogo della traccia narrativa che si era sviluppata fin dall’inizio del manga. La conclusione di una trama estremamente emozionante e soddisfacente, che crea un’evidente cesura tra quello che era stato il manga fino a quel momento, e quello che sarebbe stato negli anni successivi. La saga ancora in corso, quella della successione, è probabilmente l’arco narrativo che finora mi ha convinto meno, davvero troppo pesante e arzigogolato, ma è pur sempre la porzione di una saga che promette di durare ancora a lungo.
Parlare di “Hunter x Hunter” senza scendere nel dettaglio di ogni singolo arco narrativo è veramente complicato, visto che ogni saga racconta qualcosa di nuovo, di diverso, ma che al tempo stesso non tradisce mai lo spirito dell’opera originale, che infatti riesce sempre a rinnovarsi con intelligenza spaziando attraverso i generi e le ambientazioni. Un manga in cui le idee non mancano mai e che rimane a mio avviso una lettura di riferimento, nonostante qualcuno potrebbe sentirsi frenato nel recuperarlo a causa della sua pubblicazione travagliata. Il mio consiglio è comunque quello di leggerlo nonostante tutto, anche qualora dovesse rimanere incompleto, visto che l’opera ha raggiunto un livello talmente alto in termini di narrazione, caratterizzazione dei personaggi, commistione di generi ecc. che sarebbe un peccato ignorarlo solo per la possibile mancanza di una conclusione che comunque nulla potrebbe togliere a ciò che il manga è stato fin qui.
Sebbene “Hunter x Hunter” abbia a mio avviso numerosi pregi, l’aspetto forse più peculiare dell’opera nel suo insieme consiste nel sapersi rinnovare con intelligenza proponendo sempre sviluppi imprevedibili, nuovi temi e generi da affrontare, riuscendo al tempo stesso a non tradire mai lo spirito e le caratteristiche della storia di base. L’opera è talmente varia e sfaccettata che per descriverne gli aspetti più positivi e negativi si finisce spesso per analizzare le saghe che la compongono, le quali differiscono sempre dalle precedenti, per ispirazioni di fondo, generi, ambientazioni ecc. Operazione forse poco elegante, ma che riesce per lo meno a restituire la continua evoluzione e il perpetuo rinnovamento che l’autore è riuscito a conferire alla propria opera.
La prima saga, quella dell’esame per diventare Hunter, è probabilmente la più avventurosa, essendo perlopiù composta da una serie di percorsi e sfide che i protagonisti dovranno superare per ottenere l’ambita licenza da cacciatore. L’autore riesce nel difficile compito di proporre fin dai primi capitoli un gruppo di protagonisti perfettamente riuscito e ben caratterizzato, dove chiunque sembra avere una storia affascinante da raccontare e una sua ideologia di vita. Ma questa saga introduttiva mostra anche un altro talento dell’autore, ovvero la capacità di creare e gestire magistralmente la tensione della storia. Dietro ogni parola o sguardo, sembra possa celarsi un indizio o una trappola per gli aspiranti hunter, accentuando fortemente il coinvolgimento del lettore verso lo sviluppo degli eventi.
La breve, ma comunque significativa, saga dell’arena celeste fornisce le basi della componente battle dell’opera che nelle saghe successive si rivelerà progressivamente sempre più rilevante. Qui i personaggi iniziano a essere coinvolti in battaglie lunghe e impegnative, anche se lo scopo di questa parentesi narrativa sembra perlopiù quello di comunicare al lettore le basi del power-up del mondo di Gon e compagnia. La successiva saga di York Shin rimane ancora oggi uno dei picchi più alti dell’opera e, personalmente, è l’arco narrativo che preferisco. I personaggi sono gestiti da manuale, gli eventi si susseguono con un ritmo irrefrenabile e scandito da un colpo di scena più bello dell’altro. Anche qui la tensione rimane alta per quasi tutta la saga, regalando emozioni uniche e indimenticabili.
In tutto questo viene già preparato il terreno per l’arco di Greed Island, piuttosto riuscito e particolare, vista la chiara ispirazione ai giochi di ruolo e ai giochi di carte giapponesi e non. La saga che segue, quella delle formichimere, rimane ancora oggi la più lunga dell’intera opera. Un arco narrativo molto interessante, dove si fa strada soprattutto la componente battle del manga, qui più in forma che mai. L’aspetto più interessante di questa saga probabilmente sta nel ritmo che ha acquisito durante lo sviluppo. Dopo un avvio piuttosto buono, ma con qualche incertezza, la storia acquisisce sempre più spessore, rivelando una natura dell’opera fortemente adrenalinica e, come al solito, molto appassionante.
La breve saga dell’elezione del presidente può per certi aspetti essere considerata come l’epilogo della traccia narrativa che si era sviluppata fin dall’inizio del manga. La conclusione di una trama estremamente emozionante e soddisfacente, che crea un’evidente cesura tra quello che era stato il manga fino a quel momento, e quello che sarebbe stato negli anni successivi. La saga ancora in corso, quella della successione, è probabilmente l’arco narrativo che finora mi ha convinto meno, davvero troppo pesante e arzigogolato, ma è pur sempre la porzione di una saga che promette di durare ancora a lungo.
Parlare di “Hunter x Hunter” senza scendere nel dettaglio di ogni singolo arco narrativo è veramente complicato, visto che ogni saga racconta qualcosa di nuovo, di diverso, ma che al tempo stesso non tradisce mai lo spirito dell’opera originale, che infatti riesce sempre a rinnovarsi con intelligenza spaziando attraverso i generi e le ambientazioni. Un manga in cui le idee non mancano mai e che rimane a mio avviso una lettura di riferimento, nonostante qualcuno potrebbe sentirsi frenato nel recuperarlo a causa della sua pubblicazione travagliata. Il mio consiglio è comunque quello di leggerlo nonostante tutto, anche qualora dovesse rimanere incompleto, visto che l’opera ha raggiunto un livello talmente alto in termini di narrazione, caratterizzazione dei personaggi, commistione di generi ecc. che sarebbe un peccato ignorarlo solo per la possibile mancanza di una conclusione che comunque nulla potrebbe togliere a ciò che il manga è stato fin qui.
Bleach
8.5/10
"Bleach" è senza dubbio uno dei migliori battle shonen di sempre. È un’opera curatissima, emozionante e adrenalinica che non smetterà di sorprendervi nel bene e nel male fino all’ultimo volume.
Come ogni volta in cui una recensione mi mette particolarmente in difficoltà, andrò ad analizzare i capisaldi di una storia degna di essere letta/vista.
1. Worldbuilding
La storia è ambientata in epoca moderna a cavallo tra tre mondi.
- Il mondo terreno, più precisamente la città di Karakura poco distante da Tokyo, in cui vive Ichigo, il nostro protagonista.
- Il mondo dell’aldilà, chiamato Soul Society diviso in Rukongai, dove “vivono” le anime dei defunti e Seireitei, dove si trovano gli shinigami del Gotei 13 (il corpo di guardia della Soul Society) che sovrintendono a proteggere e mantenere l’equilibrio tra il mondo spirituale e quello terreno.
- L’Hueco Mondo, un aldilà in cui dimorano gli Hollow, spiriti aggressivi e pericolosi che gli shinigami hanno il compito di purificare.
L'ambientazione non è nuova, ma ha molti dettagli originali e accattivanti che la rendono molto affascinante. Anche le dinamiche per il passaggio tra i vari mondi sono molto interessanti e ben dettagliate.
2. Creare personaggi forti e riconoscibili
Su questo punto Tite Kubo ha fatto davvero centro. I suoi personaggi sono meravigliosi, caratterizzati con cura maniacale sin dal primo volume e fatti crescere e maturare fino all’ultimo.
Il protagonista è Ichigo Kurosaki, un liceale testardo, forte e generoso, con la rara capacità di vedere spiriti e fantasmi. Vive nella cittadina di Karakura insieme al padre Isshin e alle due sorelline Karin e Yuzu. Una sera la sua famiglia viene attaccata da un Hollow e Ichigo incontra per la prima volta Rukia Kuchiki, una shinigami il cui compito è di purificare gli Hollow e accompagnare gli spiriti pacifici alla Soul Society.
Ma lo scontro è duro e Rukia ha la peggio. Impossibilitata a combattere, vede un’unica via d’uscita: cedere una parte dei suoi poteri da shinigami a Ichigo affinché possa proteggere i suoi cari. Ma Ichigo va ben oltre le sue aspettative, dimostrando una forza e un’abilità fuori dal comune. L’azione di Rukia, non proprio lecita, nonostante la scelta sia stata dettata dalle circostanze, metterà in moto una serie di ingranaggi che daranno a lei e a Ichigo parecchi grattacapi, incontrando l’ostilità del Gotei 13.
Il Gotei 13, il corpo armato della Soul Society, è costituto da shinigami organizzati in una rigida struttura gerarchica. Sono divisi in 13 compagnie, guidate ciascuna da un capitano e un luogotenente. Ogni personaggio sembra uscire dalle pagine. Le aspirazioni, le abitudini, le piccole (e grandi) manie, ogni dettaglio li rende estremamente reali e affascinati.
Soprattutto nei primi volumi, ad ogni nuovo personaggio è dedicata una minuziosa scheda a fine volume che ne presenta il profilo, le caratteristiche fisiche e caratteriali. E credetemi, niente è lasciato al caso. Persino i segni zodiacali sono coerenti con le personalità dei personaggi.
3. Sorprendere lo spettatore
Se credete di riuscire a definire i “buoni” e i “cattivi” di Bleach, temo dovrete ricredervi. I capovolgimenti di situazione, i tradimenti, le rivelazioni inattese sono all’ordine del giorno. Le abilità dei personaggi sono in continua evoluzione e ogni volta che credete di conoscere tutte le capacità di qualcuno, ecco che vi sorprenderà con qualcosa di nuovo.
4. Creare suspense, conflitti e tensioni
I combattimenti sono intensi, serrati, adrenalinici. I disegni dinamici e curatissimi. A volte sono così coinvolgenti che vi sembra di sentire il suono delle lame che si scontrano. Le abilità dei personaggi, soprattutto quelle dei capitani, sono appariscenti e spettacolari, tanto che a volte sembrano uscite da uno spettacolo illusionistico.
5. Lavorare sul linguaggio: le parole, la loro mescolanza, il ritmo, lo stile
La scelta delle parole, dei termini (alcuni inventati da Tite Kubo stesso), dei simboli è fatta con molta attenzione. Gli stessi nomi dei personaggi e delle loro spade hanno un forte legame con le personalità dei loro proprietari. Basti pensare agli ideogrammi che formano il nome “Ichigo” che significa “colui che si dedica a proteggere una persona”. E che dire del numero “15” che troviamo spesso sugli abiti e sulla porta della camera di Ichigo perché “ichi=uno”;”go=cinque” è un altro modo per scrivere il suo nome. Niente è lasciato al caso!
I combattimenti sono l’elemento cardine di Bleach e hanno una presenza importante con un ritmo incalzante e quasi frenetico. Ma non mancano momenti più riflessivi e profondi, che ci permettono di conoscere meglio i personaggi e empatizzare con loro, momenti comici e leggeri che vi strapperanno una risata, momenti drammatici che vi faranno scendere qualche lacrima.
6. Trovare un finale che funzioni
74 volumi sono tanti e mantenere un livello alto non è facile. I primi 20 volumi, che potremmo identificare come la saga della Soul Society, partono col botto e hanno un livello altissimo su tutti i fronti. I volumi 21-48, si concentrano sulle avventure nell’Hueco Mondo e mantengono ancora un livello molto alto. Purtroppo, poi si assiste a un calo evidente sia a livello di sviluppo narrativo che di azione e questo si ripercuote inevitabilmente sul finale. Non dico che sia da buttare, assolutamente, ma dopo tanta strada mi sarei aspettata qualcosa di meno frettoloso e confusionario.
Dare un voto ad una serie così lunga non è facile. Complessivamente è una serie da 8,5, per il semplice fatto che fino al volume 48 sarebbe stata da 10, ma la parte conclusiva rasenta il 7.
Nonostante tutto resta uno dei miei manga preferiti e vi consiglio vivamente di non perdervelo.
Come ogni volta in cui una recensione mi mette particolarmente in difficoltà, andrò ad analizzare i capisaldi di una storia degna di essere letta/vista.
1. Worldbuilding
La storia è ambientata in epoca moderna a cavallo tra tre mondi.
- Il mondo terreno, più precisamente la città di Karakura poco distante da Tokyo, in cui vive Ichigo, il nostro protagonista.
- Il mondo dell’aldilà, chiamato Soul Society diviso in Rukongai, dove “vivono” le anime dei defunti e Seireitei, dove si trovano gli shinigami del Gotei 13 (il corpo di guardia della Soul Society) che sovrintendono a proteggere e mantenere l’equilibrio tra il mondo spirituale e quello terreno.
- L’Hueco Mondo, un aldilà in cui dimorano gli Hollow, spiriti aggressivi e pericolosi che gli shinigami hanno il compito di purificare.
L'ambientazione non è nuova, ma ha molti dettagli originali e accattivanti che la rendono molto affascinante. Anche le dinamiche per il passaggio tra i vari mondi sono molto interessanti e ben dettagliate.
2. Creare personaggi forti e riconoscibili
Su questo punto Tite Kubo ha fatto davvero centro. I suoi personaggi sono meravigliosi, caratterizzati con cura maniacale sin dal primo volume e fatti crescere e maturare fino all’ultimo.
Il protagonista è Ichigo Kurosaki, un liceale testardo, forte e generoso, con la rara capacità di vedere spiriti e fantasmi. Vive nella cittadina di Karakura insieme al padre Isshin e alle due sorelline Karin e Yuzu. Una sera la sua famiglia viene attaccata da un Hollow e Ichigo incontra per la prima volta Rukia Kuchiki, una shinigami il cui compito è di purificare gli Hollow e accompagnare gli spiriti pacifici alla Soul Society.
Ma lo scontro è duro e Rukia ha la peggio. Impossibilitata a combattere, vede un’unica via d’uscita: cedere una parte dei suoi poteri da shinigami a Ichigo affinché possa proteggere i suoi cari. Ma Ichigo va ben oltre le sue aspettative, dimostrando una forza e un’abilità fuori dal comune. L’azione di Rukia, non proprio lecita, nonostante la scelta sia stata dettata dalle circostanze, metterà in moto una serie di ingranaggi che daranno a lei e a Ichigo parecchi grattacapi, incontrando l’ostilità del Gotei 13.
Il Gotei 13, il corpo armato della Soul Society, è costituto da shinigami organizzati in una rigida struttura gerarchica. Sono divisi in 13 compagnie, guidate ciascuna da un capitano e un luogotenente. Ogni personaggio sembra uscire dalle pagine. Le aspirazioni, le abitudini, le piccole (e grandi) manie, ogni dettaglio li rende estremamente reali e affascinati.
Soprattutto nei primi volumi, ad ogni nuovo personaggio è dedicata una minuziosa scheda a fine volume che ne presenta il profilo, le caratteristiche fisiche e caratteriali. E credetemi, niente è lasciato al caso. Persino i segni zodiacali sono coerenti con le personalità dei personaggi.
3. Sorprendere lo spettatore
Se credete di riuscire a definire i “buoni” e i “cattivi” di Bleach, temo dovrete ricredervi. I capovolgimenti di situazione, i tradimenti, le rivelazioni inattese sono all’ordine del giorno. Le abilità dei personaggi sono in continua evoluzione e ogni volta che credete di conoscere tutte le capacità di qualcuno, ecco che vi sorprenderà con qualcosa di nuovo.
4. Creare suspense, conflitti e tensioni
I combattimenti sono intensi, serrati, adrenalinici. I disegni dinamici e curatissimi. A volte sono così coinvolgenti che vi sembra di sentire il suono delle lame che si scontrano. Le abilità dei personaggi, soprattutto quelle dei capitani, sono appariscenti e spettacolari, tanto che a volte sembrano uscite da uno spettacolo illusionistico.
5. Lavorare sul linguaggio: le parole, la loro mescolanza, il ritmo, lo stile
La scelta delle parole, dei termini (alcuni inventati da Tite Kubo stesso), dei simboli è fatta con molta attenzione. Gli stessi nomi dei personaggi e delle loro spade hanno un forte legame con le personalità dei loro proprietari. Basti pensare agli ideogrammi che formano il nome “Ichigo” che significa “colui che si dedica a proteggere una persona”. E che dire del numero “15” che troviamo spesso sugli abiti e sulla porta della camera di Ichigo perché “ichi=uno”;”go=cinque” è un altro modo per scrivere il suo nome. Niente è lasciato al caso!
I combattimenti sono l’elemento cardine di Bleach e hanno una presenza importante con un ritmo incalzante e quasi frenetico. Ma non mancano momenti più riflessivi e profondi, che ci permettono di conoscere meglio i personaggi e empatizzare con loro, momenti comici e leggeri che vi strapperanno una risata, momenti drammatici che vi faranno scendere qualche lacrima.
6. Trovare un finale che funzioni
74 volumi sono tanti e mantenere un livello alto non è facile. I primi 20 volumi, che potremmo identificare come la saga della Soul Society, partono col botto e hanno un livello altissimo su tutti i fronti. I volumi 21-48, si concentrano sulle avventure nell’Hueco Mondo e mantengono ancora un livello molto alto. Purtroppo, poi si assiste a un calo evidente sia a livello di sviluppo narrativo che di azione e questo si ripercuote inevitabilmente sul finale. Non dico che sia da buttare, assolutamente, ma dopo tanta strada mi sarei aspettata qualcosa di meno frettoloso e confusionario.
Dare un voto ad una serie così lunga non è facile. Complessivamente è una serie da 8,5, per il semplice fatto che fino al volume 48 sarebbe stata da 10, ma la parte conclusiva rasenta il 7.
Nonostante tutto resta uno dei miei manga preferiti e vi consiglio vivamente di non perdervelo.
Dragon Ball
10.0/10
Era il lontano 1984 quando il, non ancora, trentenne Akira Toriyama, iniziò la serializzazione, su Weekly Shōnen Jump, di “Dragon Ball”. Lui non poteva saperlo, e probabilmente neanche i suoi lettori, ma da quel momento in poi qualcosa sarebbe cambiato nel mondo dei manga e il genere shōnen non sarebbe stato mai più lo stesso.
Autentico spartiacque dell’intrattenimento e portavoce della cultura giapponese nel mondo, “Dragon Ball” è il manga shōnen per eccellenza, che avrebbe conferito al suo autore il titolo di erede al trono del padre dei manga, Osamu Tezuka. Akira Toriyama è stato, nel bene e nel male, un genio come ne nascono pochi al giorno d’oggi, seppur estremamente pigro. Nell’arco di circa dieci anni, ha scritto e portato a termine una storia senza fondamenta, basandosi solo ed esclusivamente sull’improvvisazione e prendendo spunto da un numero molto esiguo di fonti. Per il suo manga, infatti, l’autore giapponese avrebbe preso ispirazione dal classico della letteratura cinese “Il viaggio in Occidente”, partendo dalla considerazione che "in fondo, si tratta di una storia assurda, che possiede numerosi elementi di avventura", e dai film, a lui tanto cari, dell’attore e artista marziale Jackie Chan. Nel progetto iniziale, “Dragon Ball” sarebbe dovuto durare un anno o poco più, finendo presto o tardi nel “dimenticatoio”. Il fato, e, più di esso, il direttore di Weekly Shōnen Jump, però, vollero diversamente. La storia sarebbe proseguita ancora per diversi volumi e questa scelta fu lungimirante, tant'è che a quasi quarant’anni dalla sua pubblicazione “Dragon Ball” rimane opera che fa ancora parlare di sé, permettendo ad Akira Toriyama di occupare un posto di assoluto rilievo nell’Olimpo dei mangaka.
La storia segue le vicende di Son Goku, un bambino con la coda di scimmia e una forza smisurata, che un giorno incontra una ragazza di nome Bulma. Lei, bella e giovane, è alla ricerca delle sette sfere del drago, potenti oggetti magici che, se riuniti, permettono di evocare il drago Shenron, creatura che esaudisce un qualunque desiderio a colui che l'ha richiamato. Goku, come più semplicemente sarebbe stato chiamato da quel momento in poi, viene, quindi, persuaso da Bulma ad aiutarla nella ricerca delle sfere del drago e i due partono insieme per un lungo viaggio, nel corso del quale fanno numerose conoscenze. In seguito, Goku si sottopone agli allenamenti del Maestro Muten e partecipa a diverse edizioni del Torneo Tenkaichi, un campionato mondiale di arti marziali, che si svolge ogni tre anni. Nel corso della sua crescita e del suo sviluppo, affronta numerosi nemici, tra cui Piccolo, figlio e reincarnazione di una creatura demoniaca, diventando così il combattente più forte della Terra. La storia, però, non termina qui. Ormai adulto, Goku scopre di appartenere alla razza extraterrestre dei Saiyan, un crudele popolo di combattenti che lo aveva spedito sulla Terra, ancora in fasce, per conquistare il pianeta. Si scopre, però, che poco dopo il suo arrivo Goku ha subito un trauma cranico, perdendo in questo modo il ricordo della missione e la sua natura aggressiva. Venuto a conoscenza del suo passato, il giovane decide ugualmente di continuare a difendere il suo pianeta d'adozione dall'attacco di nemici sempre più forti. In questo modo, insieme alla sua famiglia e ai suoi amici, affronta Freezer, Cell e Majin Bu, ergendosi a protettore della Terra e dell'universo intero.
Se amate i combattimenti, quelli intensi, seppur scontati nel loro esito finale, e vi ritenete amanti autentici del genere shōnen, dovete assolutamente leggere “Dragon Ball”. L’opera di Toriyama ha fatto scuola per tutti gli autori di manga per ragazzi venuti dopo. Non esiste al mondo shōnen scritto dagli anni ’90 in poi, che non rechi le tracce di “Dragon Ball”. Un personaggio, una scena, un oggetto, ma soprattutto le trasformazioni. Queste ultime da sole bastano a rendere l’opera di Toriyama una delle più transcodificate e riadattate dei giorni nostri. Le trasformazioni hanno tracciato una linea di demarcazione netta non soltanto nel genere shōnen, ma nell’esistenza dello stesso “Dragon Ball”. Credo, infatti, di non sbagliarmi, se dico che senza i power up il manga di Toriyama si sarebbe fermato alla saga dei Sayan. Le continue trasformazioni e la comparsa di nemici sempre più forti, invece, hanno reso quest’opera incredibilmente longeva. La storia in sé è ben lungi dall’essere innovativa, perché riporta su carta il più classico dei viaggi dell’eroe, ma lo fa a modo suo. Innanzitutto, con dei personaggi carismatici e iconici, destinati ad entrare nel cuore del lettore. Due su tutti hanno fatto breccia nel mio. Il primo è Piccolo, che, come altri personaggi della serie, all’inizio è un villain crudele e malvagio. Lui, reincarnazione di una creatura demoniaca, namecciano venuto da un pianeta lontanissimo, sfida Goku al Torneo Tenkaichi e minaccia la distruzione della Terra. Impossibile affezionarsi ad un personaggio così, mi direte voi. Eppure, col progredire della storia, il vostro parere, così come il mio, muterà radicalmente. Piccolo è, probabilmente insieme a Vegeta, il personaggio che va incontro al cambiamento più radicale, che da villain lo porta ad essere compagno di mille battaglie e amico con cui condividere le lezioni di scuola guida. L’altro, ovviamente, non può che essere son Goku. Come non affezionarsi a questo bambino con la coda e dalla forza disumana? Il primo Goku, quello della saga del Red Ribbon per intenderci, è sicuramente il più iconico, quello che più del successivo ha segnato un’epoca. Eppure, è con quello adulto più volte salvatore della Terra, che senti di creare un legame profondo e viscerale. Quello che, nonostante non sia più un ragazzino, è rimasto un bonaccione, un altruista, uno che vede sempre il buono nelle persone, un ingenuo coraggioso, che ha affascinato milioni di lettori nel mondo a suon di “Kamehameha” e trasformazioni sempre più overpowered. In poche parole, Goku è stato l’eroe e il modello d’ispirazione perfetto della nostra infanzia. Non sono da meno gli antagonisti, di cui Toriyama offre sempre il giusto approfondimento. Crudeli, spietati e, in alcuni casi, come quello di Cell, inquietanti. Senza dei villain dello stampo di Freezer o Majin Bu, che più volte hanno minacciato l’estinzione del genere umano, e non solo, non sarebbero esisti gli eroi di cui si continuano, ancora oggi, a narrare le gesta. Protagonisti e antagonisti insieme si inseriscono in universo immenso, come è quello di Dragon Ball. Il Maestro Karin, Dio, il Re Kaioh, la Terra, il pianeta Vegeta, Namecc e via discorrendo. Roba da perdere la testa. Ed è stato proprio questo universo così vasto ad offrire a Toriyama la possibilità di inventare a proprio piacimento, talvolta sbagliando o cadendo in banali, forse addirittura “voluti” errori. Ancora adesso, per esempio, mi interrogo sul dove e perché sia stata abbandonata la “questione scimmione”, ma se ami un’opera, impari ad apprezzarne anche i suoi difetti. D’altronde, è risaputo che al cuor non si comanda.
Toriyama è stato tante cose, sicuramente non uno scrittore perfetto e ligio al proprio dovere. Sono numerose le volte in cui ha riutilizzato le stesse vignette, ingannando i propri lettori, o inserito degli elementi in totale dissonanza con la storia fino ad allora costruita. Nonostante ciò, è stato un grandissimo disegnatore. Il suo tratto pulito, ma deciso ci ha regalato delle tavole degne di essere esposte in un museo. A differenza di ciò che accade con altri manga shōnen, nonostante la mole continua di scontri all’ultimo sangue, i disegni sono sempre estremamente comprensibili. Non serve scervellarsi sulla pagina per capire cosa vi è stato disegnato e questo è uno dei grandissimi pregi di “Dragon Ball”. Opera sicuramente imperfetta, che non vuole trasmettere nessun messaggio profondo, ma che mi ha emozionato come poche altre letture sono riuscite a fare. La Kamehameha di Gohan contro Cell, con la figura di Goku che troneggia alle sue spalle; il sacrificio di Vegeta; la trasformazione in Super Sayan di primo livello di Goku. Fatico a ricordare le volte in cui “Dragon Ball”, con le sue scene iconiche, mi ha fatto saltare dalla sedia, lasciandomi a bocca aperta, come un bambino che va al luna park per la prima volta.
È compito dei grandi autori suscitare emozioni forti nei lettori e Akira Toriyama, con il suo “Dragon Ball”, ci è riuscito più che egregiamente. Da parte mia, grazie per aver reso indimenticabile e migliorato l’infanzia di milioni di bambini. L’umanità tutta rende onore a Goku, l’eroe che ha cambiato il mondo con un bastone, a bordo della sua iconica nuvola Speedy.
Autentico spartiacque dell’intrattenimento e portavoce della cultura giapponese nel mondo, “Dragon Ball” è il manga shōnen per eccellenza, che avrebbe conferito al suo autore il titolo di erede al trono del padre dei manga, Osamu Tezuka. Akira Toriyama è stato, nel bene e nel male, un genio come ne nascono pochi al giorno d’oggi, seppur estremamente pigro. Nell’arco di circa dieci anni, ha scritto e portato a termine una storia senza fondamenta, basandosi solo ed esclusivamente sull’improvvisazione e prendendo spunto da un numero molto esiguo di fonti. Per il suo manga, infatti, l’autore giapponese avrebbe preso ispirazione dal classico della letteratura cinese “Il viaggio in Occidente”, partendo dalla considerazione che "in fondo, si tratta di una storia assurda, che possiede numerosi elementi di avventura", e dai film, a lui tanto cari, dell’attore e artista marziale Jackie Chan. Nel progetto iniziale, “Dragon Ball” sarebbe dovuto durare un anno o poco più, finendo presto o tardi nel “dimenticatoio”. Il fato, e, più di esso, il direttore di Weekly Shōnen Jump, però, vollero diversamente. La storia sarebbe proseguita ancora per diversi volumi e questa scelta fu lungimirante, tant'è che a quasi quarant’anni dalla sua pubblicazione “Dragon Ball” rimane opera che fa ancora parlare di sé, permettendo ad Akira Toriyama di occupare un posto di assoluto rilievo nell’Olimpo dei mangaka.
La storia segue le vicende di Son Goku, un bambino con la coda di scimmia e una forza smisurata, che un giorno incontra una ragazza di nome Bulma. Lei, bella e giovane, è alla ricerca delle sette sfere del drago, potenti oggetti magici che, se riuniti, permettono di evocare il drago Shenron, creatura che esaudisce un qualunque desiderio a colui che l'ha richiamato. Goku, come più semplicemente sarebbe stato chiamato da quel momento in poi, viene, quindi, persuaso da Bulma ad aiutarla nella ricerca delle sfere del drago e i due partono insieme per un lungo viaggio, nel corso del quale fanno numerose conoscenze. In seguito, Goku si sottopone agli allenamenti del Maestro Muten e partecipa a diverse edizioni del Torneo Tenkaichi, un campionato mondiale di arti marziali, che si svolge ogni tre anni. Nel corso della sua crescita e del suo sviluppo, affronta numerosi nemici, tra cui Piccolo, figlio e reincarnazione di una creatura demoniaca, diventando così il combattente più forte della Terra. La storia, però, non termina qui. Ormai adulto, Goku scopre di appartenere alla razza extraterrestre dei Saiyan, un crudele popolo di combattenti che lo aveva spedito sulla Terra, ancora in fasce, per conquistare il pianeta. Si scopre, però, che poco dopo il suo arrivo Goku ha subito un trauma cranico, perdendo in questo modo il ricordo della missione e la sua natura aggressiva. Venuto a conoscenza del suo passato, il giovane decide ugualmente di continuare a difendere il suo pianeta d'adozione dall'attacco di nemici sempre più forti. In questo modo, insieme alla sua famiglia e ai suoi amici, affronta Freezer, Cell e Majin Bu, ergendosi a protettore della Terra e dell'universo intero.
Se amate i combattimenti, quelli intensi, seppur scontati nel loro esito finale, e vi ritenete amanti autentici del genere shōnen, dovete assolutamente leggere “Dragon Ball”. L’opera di Toriyama ha fatto scuola per tutti gli autori di manga per ragazzi venuti dopo. Non esiste al mondo shōnen scritto dagli anni ’90 in poi, che non rechi le tracce di “Dragon Ball”. Un personaggio, una scena, un oggetto, ma soprattutto le trasformazioni. Queste ultime da sole bastano a rendere l’opera di Toriyama una delle più transcodificate e riadattate dei giorni nostri. Le trasformazioni hanno tracciato una linea di demarcazione netta non soltanto nel genere shōnen, ma nell’esistenza dello stesso “Dragon Ball”. Credo, infatti, di non sbagliarmi, se dico che senza i power up il manga di Toriyama si sarebbe fermato alla saga dei Sayan. Le continue trasformazioni e la comparsa di nemici sempre più forti, invece, hanno reso quest’opera incredibilmente longeva. La storia in sé è ben lungi dall’essere innovativa, perché riporta su carta il più classico dei viaggi dell’eroe, ma lo fa a modo suo. Innanzitutto, con dei personaggi carismatici e iconici, destinati ad entrare nel cuore del lettore. Due su tutti hanno fatto breccia nel mio. Il primo è Piccolo, che, come altri personaggi della serie, all’inizio è un villain crudele e malvagio. Lui, reincarnazione di una creatura demoniaca, namecciano venuto da un pianeta lontanissimo, sfida Goku al Torneo Tenkaichi e minaccia la distruzione della Terra. Impossibile affezionarsi ad un personaggio così, mi direte voi. Eppure, col progredire della storia, il vostro parere, così come il mio, muterà radicalmente. Piccolo è, probabilmente insieme a Vegeta, il personaggio che va incontro al cambiamento più radicale, che da villain lo porta ad essere compagno di mille battaglie e amico con cui condividere le lezioni di scuola guida. L’altro, ovviamente, non può che essere son Goku. Come non affezionarsi a questo bambino con la coda e dalla forza disumana? Il primo Goku, quello della saga del Red Ribbon per intenderci, è sicuramente il più iconico, quello che più del successivo ha segnato un’epoca. Eppure, è con quello adulto più volte salvatore della Terra, che senti di creare un legame profondo e viscerale. Quello che, nonostante non sia più un ragazzino, è rimasto un bonaccione, un altruista, uno che vede sempre il buono nelle persone, un ingenuo coraggioso, che ha affascinato milioni di lettori nel mondo a suon di “Kamehameha” e trasformazioni sempre più overpowered. In poche parole, Goku è stato l’eroe e il modello d’ispirazione perfetto della nostra infanzia. Non sono da meno gli antagonisti, di cui Toriyama offre sempre il giusto approfondimento. Crudeli, spietati e, in alcuni casi, come quello di Cell, inquietanti. Senza dei villain dello stampo di Freezer o Majin Bu, che più volte hanno minacciato l’estinzione del genere umano, e non solo, non sarebbero esisti gli eroi di cui si continuano, ancora oggi, a narrare le gesta. Protagonisti e antagonisti insieme si inseriscono in universo immenso, come è quello di Dragon Ball. Il Maestro Karin, Dio, il Re Kaioh, la Terra, il pianeta Vegeta, Namecc e via discorrendo. Roba da perdere la testa. Ed è stato proprio questo universo così vasto ad offrire a Toriyama la possibilità di inventare a proprio piacimento, talvolta sbagliando o cadendo in banali, forse addirittura “voluti” errori. Ancora adesso, per esempio, mi interrogo sul dove e perché sia stata abbandonata la “questione scimmione”, ma se ami un’opera, impari ad apprezzarne anche i suoi difetti. D’altronde, è risaputo che al cuor non si comanda.
Toriyama è stato tante cose, sicuramente non uno scrittore perfetto e ligio al proprio dovere. Sono numerose le volte in cui ha riutilizzato le stesse vignette, ingannando i propri lettori, o inserito degli elementi in totale dissonanza con la storia fino ad allora costruita. Nonostante ciò, è stato un grandissimo disegnatore. Il suo tratto pulito, ma deciso ci ha regalato delle tavole degne di essere esposte in un museo. A differenza di ciò che accade con altri manga shōnen, nonostante la mole continua di scontri all’ultimo sangue, i disegni sono sempre estremamente comprensibili. Non serve scervellarsi sulla pagina per capire cosa vi è stato disegnato e questo è uno dei grandissimi pregi di “Dragon Ball”. Opera sicuramente imperfetta, che non vuole trasmettere nessun messaggio profondo, ma che mi ha emozionato come poche altre letture sono riuscite a fare. La Kamehameha di Gohan contro Cell, con la figura di Goku che troneggia alle sue spalle; il sacrificio di Vegeta; la trasformazione in Super Sayan di primo livello di Goku. Fatico a ricordare le volte in cui “Dragon Ball”, con le sue scene iconiche, mi ha fatto saltare dalla sedia, lasciandomi a bocca aperta, come un bambino che va al luna park per la prima volta.
È compito dei grandi autori suscitare emozioni forti nei lettori e Akira Toriyama, con il suo “Dragon Ball”, ci è riuscito più che egregiamente. Da parte mia, grazie per aver reso indimenticabile e migliorato l’infanzia di milioni di bambini. L’umanità tutta rende onore a Goku, l’eroe che ha cambiato il mondo con un bastone, a bordo della sua iconica nuvola Speedy.
Il manga di Bleach mi è piaciuto sino al 70% del manga, nella parte finale cala molto di qualità, la parte finale non mi è mai piaciuta.
H×H è ottimo sino alla conclusione del penultimo arco, l'ultimo arco quello attuale non mi sta piacendo sembra più uno spinoff che altro.
Attendo solo il finale per capire se sarà un finale soddisfacente oppure no (da ciò che ha detto Togashi non sono per nulla ottimista, c'è il pericolo che il finale non piaccia).
Dal non riuscire a smettere di guardare Bleach con l'arco della Soul Society ho finito con interrompere la serie per un bel pò perchè avevo perso l'interesse ed è un peccato visto che ha un power system così promettente e un protagonista con una storia così interessante
Il manga di Dragon Ball Super ha avuto purtroppo il problema di essere iniziato dopo l'anime e di dover andare quindi a velocità spedita per tenere il passo con una cosa a cadenza settimanale, con risultati chiaramente così così
Finito quello però abbiamo avuto poi l'arco di Moro che è sicuramente il migliore di Super, e che ad essere sincero mi è piaciuto anche più dell'arco di Cell che non mi ha mai fatto impazzire. Poi anche quello che è venuto dopo non è male, ora vediamo come continueranno e se riusciranno a finire in modo soddisfacente
cmq tre mega titoli shonen. top!
Ti dico come la penso io: i primi volumi di Dragon B Super sono bruttini, l'anime è molto meglio (è l'anime di Dragon B Super a me non piace LOL).
La saga di Moro mi piaciucchiava ma la parte finale non mi è piaciuta. E' cio che viene dopo pure, finale che è una delusione, ora siamo ad un inzio di saga che che non mi suscita nessun interesse...il nulla.
Se il manga di DB gli conferisco voto 9, per me DB Super è voto 5.
vero...oggi come oggi se uscisse una storia come DB sarebbe piatta e noiosa, a livello di trama e questo lo sappiamo tutti. ma non ha mai senso estrapolare e non contestualizzare l'opera dal periodo di provenienza. DB ha letteralmente creato lo shonen moderno, e sebbene certe cose siano invecchiate, è letteralmente l'icona piu famosa al pari di altri della storia del manga per "ragazzi". poi questo non signifca che non abbia spunti leggendari e indimenticabili. le cose cambiano si evolvono, a ognuno va riconosciuto il suo merito
Il world building é un suo punto debole, i mondi dell'aldilà che dovrebbero essere popolati da spiriti risultano essere solo mondi paralleli abitati da razze diverse:i personaggi lì figliano, si organizzano in divisioni, gli Hollow sono semplicemente alla ricerca di maggiore potere, man mano ogni riflessione sulla morte e l'attaccamento degli spiriti alla vita passata viene a mancare.
Le abilità per quanto rese magnificamente da un punto di vista grafico (Kubo ha fatto scuola, sicuramente più dei compagni di merende Kishimoto e Oda) risultano alla lunga troppo telefonote e formulaiche nella loro introduzione, un botto e risposta con il nemico in un rincorrersi fino all'assurdo che ahimè si ripete in ogni combattimento.
Rimane un classico ad oggi fra i più influenti nello shonen di combattimento.
A 16 anni mi esaltava ma, riletto a 30 e passa, si vedono molto meglio le mancanze enormi nella scrittura del mondo e la totale improvvisazione della storia, che prosegue sempre navigando a vista. Le dinamiche dei personaggi sono sempre le stesse, i combattimenti sono tutti strutturati allo stesso modo e il pacing della storia è veramente lento. Un volume di Bleach lo leggi in un quarto d'ora e penso che un autore medio avrebbe raccontato la medesima storia in meno della metà dei volumi.
Decine di personaggi interessanti (il character design è il suo fiore all'occhiello) ma il 90% non esplorati e che spariscono.
Mi spiace ma Bleach è un manga che si apprezza bene da ragazzini, quando cerchi esplosioni, gente che si picchia male e power up fighi. Ma se superi quella fase e vuoi vedere un poco cosa c'è altro, la risposta è il nulla, il nulla degno degli sfondi bianchi del sensei.
Anche altri anime hanno avuto questa funzione, come Kenshiro o Sailor Moon, tuttavia Dragonball lo conosce anche mia nonna di 90anni.
Per il resto è assolutamente mid come qualità.
Bleach quando l'ho letto per la prima volta in terza superiore (qualcosa come 17 anni fa) mi aveva abbastanza preso.
Con il senno di poi è veramente carta straccia. Ho tentato una rilettura qualche tempo fa ed è illeggibile, lo consiglierei solo a chi soffre di stitichezza.
HxH è su un altro livello. Purtroppo è destinato ad essere un'opera incompiuta e/o che probabilmente degenererà.
Però fino all'arco di Greed Island per me è perfetto. La saga delle formichimere ciccia fuori dal nulla e apre una parentesi infinita. Devo dire però che ha il suo perché e alla fine è una bella parentesi.
Dopo la storia prosegue in modo abbastanza anticlimatico e svogliato e, infatti, ho droppato in attesa di tempi migliori (sì sono irragionevolmente ottimista).
PS. Sono contento di vedere che la rubrica (s)consigliati continua ancora :3
Nell'anime di Bleach, il vero problema per me sono i filler che possono rendere la visione molto pesante.
Perchè la SS e l'Hueco Mundo non sono "l'aldilà" come lo concepiamo noi ma sono tre mondi separati ma connessi in un continuo scambio di reishi che devono restare in equilibrio, viene proprio chiarito, in questo la stessa recensione sbaglia
Bleach ha saputo creare uno dei personaggi più carismatici di tutti i tempi (Aizen), e tantissimi comprimari all'altezza (Gin Ichimaru, Zaraki, Yamamoto, Komamura ecc.). I dialoghi stupendi sono sempre un piacere leggerli e non capita spesso di trovarli in manga d'azione. Concordo su come l'autore della recensione abbia attribuito il voto.
Hunter x Hunter è bello nella sua imprevedibilità, non sai mai cosa accadrà.
Per i gusti personali possono piacere o meno, ma sono tre serie che, con merito, hanno fatto la storia dei manga. Tanto di cappello.
Su HxH non posso esprimermi dato che non lo sto leggendo, magari (se sarò ancora vivo) punterò a leggerlo con una qualche riedizione che sicuramente verrà pubblicata, fatto sta che mi incuriosisce parecchio.
Per quanto riguarda Bleach posso dirvi che ho scelto di recuperarlo con l'attuale riedizione e ammetto che mi sta prendendo tanto, ma veramente tanto. Poi, probabilmente, mi ricrederò quando arriverà il calo di cui tanto parlate; detto ciò non capisco come lo si possa definire "carta straccia", certo, non sarà perfetto, ma considerarlo così infimo non mi pare il caso, teniamo conto comunque che va contestualizzato agli anni in cui è stato pubblicato.
Anche a me Bleach aveva preso molto mentre guardavo il primo arco narrativo, tanto da consigliarlo ad altri, ma dopo quello si perde proprio e ciò mi ha infastidito non poco.
Personalmente non riesco a giustificare i difetti di una serie perché è uscito in un determinato anno, anche se ha fatto la storia o altro non posso far finta che mi piaccia
In realtà ti è piaciuto, tanto da consigliarlo ad altri. Se c'è stata una parte che ti è piaciuta molto, se c'è un qualche personaggio o scena che ti è piaciuta nulla cambierà mai che ti è piaciuta.
I difetti si devono analizzare non giustificare, non esiste nulla che non li abbia, quando qualcuno non li vuole vedere non significa che un opera sia perfetta, semplicemente non riesce (o ci si rifiuta categoricamente) nel coglierli.
Sul "dopo" dipende cosa si intende.
Ora, parlando in generale.
Un esempio semplice: i primi volumi di Promised Neverland sono un capolavoro (come la prima serie animata), poi continua. Molti rinnegano il capolavoro della prima parte perché continua, come se quello che venisse dopo distruggerebbe quello che è venuto prima.
Semplicemente un dopo esiste sempre, che venga mostrato o meno. L'autore (in questo e tanti altri casi) voleva dire ancora altro sulla sua creazione, posso criticare la sua scelta, possono non piacermi le successive idee ma non posso vietare all'autore di farne un seguito dicendogli che avrebbe rovinato il capolavoro faticosamente creato in precedenza.
Nessuno impedisce ad un autore di proseguire le sue opere, ma sapere quando fermarsi e quando una storia ha raggiunto il suo culmine e può solo terminare è una qualità che fa la differenza tra chi produce capolavori e grandi opere e chi invece continuerà a produrre opere buone, forse ottime, ma sempre e comunque difettate e mai riuscite nella loro interezza.
Capisco il discorso ma è quello ad essere "difettato". Dopo cercherò di spiegare quanto affermo.
Parlando di Bleach, l'ultima parte magari la possiamo trovare più debole del resto, non all'altezza, tutto quello che vogliamo... eppure vedendo i commenti postivi dell'adattamento anime di quella parte, vedere tanto entusiasmo, tanta euforia quasi contagiosa, di persone che neanche conoscevano l'opera originale e hanno iniziato a vederla/leggerla proprio per quei episodi che qui stiamo definendo non all'altezza...
No, non ha sbagliato l'autore nel continuare, questa è la prova, ma è una scommessa, non una certezza.
Il riuscire a fermarsi al tempo giusto creando il capolavoro "perfetto" è un qualcosa di utopico in quanto molti chiederebbero "e dopo cosa accade?" Lamentandosi di quel finale.
E' una trappola mentale in quanto i lettori chiedono all'autore di continuare senza deluderli, ignorando quanto sia impossibile esaudire la loro richiesta.
Scusa ma stai facendo confusione tra qualità dell'opera e sua popolarità.
Che un'opera sia acclamata e seguita non ha alcuna valenza reale per una valutazione oggettiva sulla sua qualità. è pieno di opere mediocre seguite da tutti e capolavori misconosciuti.
Che poi un'opera io la debba "spacchettare" in parti e valutarle singolarmente senza che una influenzi l'altra è per me sbagliato a monte.
Se uno fa una statua, ma un 50% è perfetta e l'altro 50 abbozzato, posso dire che è un autore bravo e con potenziale, ma sicuramente quell'opera non è un capolavoro.
Saper fare un lavoro completo ed esaustivo è parte integrante del compito dell'autore, non un optional ed è il vero banco di prova per chi vuole fare cose di livello.
Questo perché il finale è esattamente la parte più complessa da scrivere, quella che deve dare senso a quanto letto e chiudere le fila delle trame che hai imbastito.
é pieno di scrittori che sanno inventare misteri e trame interessanti, ma è relativamente facile se poi ti permetti di non risolverli o risolverli male. Perché i misteri affascinano molto e più è grande nella storia e più alzi le aspettative sulle risposte. Fino a quando non di confronti con le risposte da dare, non potrò mai valutare l'opera davvero, poiché non hai affrontato lo scoglio più grande e complesso per un autore.
Se poi l'autore continua per motivi esogeni alla storia, cioè marketing, pressioni editoriali, fan e altre robe, è un problema dell'autore e non mio di lettore. Come autore hai il dovere di cercare di scrivere la storia migliore possibile, queste sono questioni per bottegai e produttori.
Se tu autore decidi di seguire le aspirazioni economiche o i desideri altrui per scrivere la tua opera, è una tua responsabilità e non venire certo a difenderti del lavoro mediocre accusando altri di averti spinto a continuare senza altro da dire.
E se ti lamenti devi farlo con il tuo editor che ti ha obbligato o con la tua avidità per non aver saputo dire di no quando sapevi di non esserne capace.
Tornando specificatamente a Bleach, ora che lo sto rileggendo, anche la saga della Soul Society la trovo molto inferiore a ciò che ricordavo.
Inoltre, cosa importantissima, anime e manga sono sempre due prodotti diversi.
Ci sono manga che animati guadagnano molto e superano i difetti dell'autore, ma se uno funziona molto meglio dell'altro allora è più merito degli animatori e di come lo hanno adattato e non certo della sceneggiatura.
Mettiamola così: il "dopo" non fa giustizia a quello che l'autore ha costruito "prima". Non dico che non doveva esserci un "dopo", ma che poteva impegnarsi a farlo meglio e che la serie intera ne avrebbe giovato. Io adesso, pur continuando a guardare l'anime di Bleach il cui ultimo adattamento gli da fin troppo onore(come per Demon Slayer), trovo la sceneggiatura davvero mediocre e mi da fastidio che un'opera partita così bene finisca così male quando invece poteva essere qualcosa di più
In realtà ci sono opere che hanno saputo chiudere alla perfezione (guarda FMA, primo esempio che mi viene in mente) senza allungare il brodo. Bleach allunga il brodo e si sente. Ma per me nemmeno l'inizio è tutto sto granché.
Cercherò di ultimare il mio pensiero.
Il punto di partenza è lo stesso, una storia deve essere conclusa con una conclusione all'altezza e anche saper stupire, Keyser Söze docet.
Si pensi a Killer inside, The Decagon House Murders, Gannibal, ecc. in quei casi è facile comprendere la storia e ritenere il finale soddisfacente o meno.
La storia di Onepiece è di un ragazzo che contro ogni aspettativa diventerà il re dei pirati, ma quella storia non è (al momento) conclusa.
Qual è la storia di Bleach? E' la macchinazione incredibile di un individuo, capace di soggiogare e ingannare chiunque, quella storia parte dal primo capitolo concludendosi nel celebre volume 48. Dopo la storia cambia completamente.
Un po' come dire "non mi è piaciuto Assassinio sul Nilo quindi non mi piace più Assassinio sull'Orient Express." (Metafora per far capire quanto stia cercando di dire).
Mi dirai che all'inizio la storia non sembrava questa, appunto.
Chiunque abbia letto i primi volumi di Hunter x Hunter avrà pensato a una storia determinata nella sua immaginazione, ma a rifletterci ora la trama portante di Hunter x Hunter qual è? Non c'è. Solo l'autore potrà affermare la sua conclusione.
Eppure dentro ci sono storie, iniziate e concluse come la saga delle Formichimere. Una storia può contenere più storie.
Hunter x Hunter non sarà mai, seguendo il tuo discorso, esaustivo e completo. Non lo può essere per definizione.
"Completo" e "esaustivo" sono due trappole mentali, perché si parte da una prospettiva diversa. Leggendo qualcosa, vedendo qualcosa ti crei una tua aspettativa personale che se non soddisfatta resterai deluso altrimenti lo considererai "completo" e "esaustivo" quando non lo è minimamente. Tu sei una persona, quando un'opera viene vista da 10.000 persone si avranno 10.000 attese diverse, 10.000 termini di "completo" e "esaustivo" diversi.
Si crede siano termini oggettivi quando in realtà si parla di infiniti, una porta apre l'altra senza fine.
Infine sono due termini che definiscono, contengono, limitano seguendo una logica. Un artista non segue la logica, avrà sempre la sensazione di non aver completato il suo lavoro, sa di poter far meglio.
Tadashi Kawashima nel suo Alive - Evoluzione finale aveva creato un personaggio, un pittore che alla fine delle sue opere le faceva esplodere. Quando gli è stato chiesto il motivo, visto che erano perfette rispondeva che era proprio quello il motivo. L'autore è morto poco dopo aver terminato l'opera.
Detto questo ringrazio per aver potuto esprimere il mio pensiero e confrontarlo con il vostro. Non voglio far cambiare idea a nessuno, volevo solo esprimere la mia opinione, offrendo magari un punto di vista inconsueto, sperando di essere stato chiaro.
Completo ed esaustivo sono termini esatti per definire qualcosa che è stato appunto ultimato e in maniera chiara, rispettando e portando a termine gli intrecci presentati e le evoluzioni dei personaggi.
Possiamo discutere se un'opera conclusa lo abbia raggiunto o meno, ma se un finale lo ha o no, se ci ha tentato o ha mollato la presa, quello è un fattore incontestabile.
HxH è un grande manga, ma il suo essere incompleto sarà sempre una grande macchia e peserà sempre sulla sua valutazione. Perché Kubo ha scritto un pessimo finale, ma ci si è misurato, Togashi non ha nemmeno giocato la partita (per ora...).
No, è la storia di un tizio che diventa sostituto Shinigami.
Tutte queste trame di cui parli spuntano dopo almeno 8 volumi e sono il palese frutto di una revisione della storia rispetto alla direzione presa e non esiste un solo elemento della trama di Aizen ad essere introdotto in fase iniziale, proprio perché non esisteva nella mente dell'autore.
Bleach inizia come un manga che semplicissimo di lotta contro Hollow, in cui ogni volta saltava fuori un combattente con un potere diverso ad unirsi alla squadra di Ichigo. Poi ha capito che gli shinigami erano il punto forte ed è diventato un altro manga.
Secondo chi?
Ecco che diventa un qualcosa di soggettivo.
Gli elementi oggettivi sono i fatti. Un finale esiste o non esiste (per qualunque motivo si arrivi all'interruzione improvvisa sulla rivista). Tutto quello che ti viene in mente rimane un parere personale, per natura contestabile. Quindi si quando scrivi "ci ha tentato o ha mollato la presa" sono concetti che nascono da un pensiero, condivisibile o meno, e quindi sempre eventualmente contestabili.
Detto questo rispetto il tuo pensiero.
Infatti l'oggettività è intesa col fatto che l'autore abbia materialmente concluso la sua opera scrivendone quello che lui definisce finale.
La completezza è un discorso che si può tranquillamente fare analizzando la trama e gli elementi narrativi inseriti e risolti.
Poi, andando nello specifico, diventa sempre più difficile giungere ad un giudizio condiviso da tutti, ma i canoni di scrittura esistono eccome e posso essere studiati e rilevati in un racconto.
Lo dico, con forse poca umiltà (nel caso me ne scuso in anticipo), perché io ho letteralmente studiato e sono diplomato in sceneggiatura e scrittura narrativa.
E ciò non ha nulla a che vedere col fatto che a me, personalmente, sia piaciuta o meno un'opera.
Sono pieno di opere che mi piacciono ma che oggettivamente sono mediocri. Il gusto personale non deve mediare con l'analisi critica e non vi deve rispondere.
Allo stesso tempo è infantile e stupido ridurre l'arte a mera soggettività in cui quindi nessuno sarebbe in grado di dire se un'opera è oggettivamente buona.
Bleach ha un finale meno che mediocre, frettoloso e incompleto per buona parte.
Ora, che a uno piaccia e abbia soddisfatto va bene, è legittimo.
Ma negare questi problemi che sono oggettivamente rilevabili mettendoci tranquillamente ad elencarli, non ha senso.
Possiamo discutere se i punti della lista sono 5 o sono 10, ma che ci sia una lista di nodi risolti male o non risolti è innegabile.
Altrimenti chiudiamo ogni forum e spazio di critica scrivendo "Ognuno la vede come vuole" e via.
Semplicemente l'analisi critica è una cosa, il gusto personale un altro e uno non deve rispondere all'altro e non ci si deve sentire in colpa se ci piace qualcosa di qualitativamente scarso o se si odiano prodotti universalmente riconosciuti come capolavori.
Pace e bene a tutti
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