Se seguite anche solo saltuariamente una parte delle realtà e dei soggetti legati al mondo del fumetto, avrete notato che si sta parlando spesso dei dati AIE ​​​​​– Associazione Italiana Editori sullo stato dell’editoria italiana relativo al 2024. In effetti sono tra i pochi che possono darci un'idea di come sta evolvendo il sistema non solo legato ai libri tout court ma anche al fumetto in particolare.
 
Secondo tali stime, nel 2024 la vendita di libri di varia per adulti e ragazzi è stata di 103,987 milioni di copie, in calo del 2,3% rispetto all’anno precedente, pari a 2,458 milioni di copie comprate in meno. A valore la flessione è dell’1,5%, pari a 23,2 milioni di euro di minori vendite rispetto a un mercato complessivo di 1.533,8 milioni di euro.
 
A livello di categorie, cresce solo la narrativa, italiana (+3,2%) e straniera (+0,9%). In calo i libri per bambini e ragazzi (-0,8%), la saggistica generale (-2%), la manualistica (-4,1%), la saggistica specialistica (-5,1%) e – per quello che ci riguarda più da vicino – i fumetti, con il segno negativo peggiore di tutti (-5,5%).

A dare una parziale spiegazione a questo calo interviene la stessa AIE: "La sostituzione della 18app con le Carte Cultura e del Merito e il mancato finanziamento alle biblioteche per 30 milioni di euro sono alla radice della flessione del mercato dei libri di varia adulti e ragazzi nei canali trade nel 2024 (narrativa e saggistica a stampa venduta nelle librerie fisiche e online e nei supermercati): in assenza di queste due decisioni, il mercato sarebbe cresciuto a valore del 2,5% anziché calare dell’1,5%."


Abbiamo però voluto far maggiore chiarezza sulla situazione e, non essendo noi certamente degli esperti del settore ma dei semplici appassionati, abbiamo voluto chiedere un parere a una persona che sicuramente ne sa, ovvero Renato Franchi. 
Renato oggi è il direttore di Sandstorm Publishing, la prima casa editrice di fumetti degli Emirati Arabi Uniti, primo italiano a dirigere una casa editrice di fumetti al di fuori dell’Europa, ma soprattutto siamo di fronte a una carriera di eccellenza nel settore dell’entertainment e una profonda passione per la narrazione transmediale. Durante la sua permanenza in Panini Comics, infatti, ha collaborato con i principali licenziatari globali, gestendo icone internazionali come gli eroi Marvel e DC ComicsNarutoAsterix o il celebre Rat-Man di Leo Ortolani.
Il percorso lavorativo di Franchi vanta ruoli di leadership in altre realtà importanti come CMON Inc. e Edizioni Star Comics, dove ha sempre mostrato con passione l’impegno e la perseveranza nei confronti dell’innovazione per il settore globale dell’intrattenimento. Andando oltre la sua esperienza professionale, Renato è anche un attento studioso e un prode divulgatore del rapporto tra media, storie e personaggi. Tutto ciò lo ha portato a scoprire come le narrazioni possano estendersi tra fumetti, serie TV, videogiochi e altre piattaforme, ampliando di gran lunga i confini del racconto tradizionale.

Non potevamo quindi non "approfittare" della sua esperienza per fare il punto della situazione sul fumetto in Italia!
 

Il fumetto in Italia: il punto della situazione



Ciao Space Cowboys!


I ragazzi di Animeclick mi hanno chiesto un commento sull’ultimo report AIE sulle vendite di fumetti nel nostro paese, sperando probabilmente che la mia permanenza nelle dune mi permetta di essere un pelo più obbiettivo di chi ancora lavora ed è immerso nel nostro mercato.

Vi chiedo scusa in anticipo perché sono certo che suonerò abbastanza tranchant e manicheo a molti di voi, sono conscio che i concetti che vi passo non sono assoluti, che ci sono eccezioni alle cose che dico e che pare abbia una tendenza alla iper-semplificazione.

Vi chiedo solo di ricordare una cosa: ho in testa, anche se non posso dirveli per ovvie motivazioni etiche, i numeri di un buon 80% del mercato fumetto in Italia fino al 2022, e gli altri sono facilmente desumibili da bilanci pubblici ergo… fidatevi di papà Castoro, e perdonate se taglio qualche angolo.

Altro caveat: non voglio e non mi sento la persona adatta per parlare di qualità, o di visione filosofica. Vi parlo di gretti e freddi numeri, che sono quelli con cui ho lavorato per quasi 15 anni.

Prima riflessione: nei dati che leggete, sempre, sul fumetto in Italia, mancano, e sono sempre mancate, le Fumetterie. Gli e-commerce (non si può dire Amazon, sennò sembra di trovarsi di fronte a un monopolio) sono stati prima stimati e poi interamente integrati (ad eccezione di quelli “proprietari” degli editori). Questo perché il nostro è un mercato che si basa per grande e crescente percentuale su licenze estere, che sono aggiudicate tramite asta, e nessuno degli editori maggiori ha interesse a darvi tutti i suoi dati di vendita.

I manga nel nostro paese non sono esplosi durante la pandemia, sono cresciuti moltissimo. Gli USA li hanno e li stanno ancora scoprendo, noi li conoscevamo già, ne abbiamo comprati molti di più, ma soprattutto li abbiamo comprati per la prima volta in canali “tracciati”, e quindi il fenomeno è emerso nella sua forza.

E sì. I manga dell’esplosione “pandemica” recente hanno un 95% del merito, almeno in termini numerici (copie vendute + fatturato). Non è un caso se la seconda casa editrice del comparto è stata acquisita proprio allora.

Ciò detto, e assodato che un rallentamento del mercato c’è ed è evidente, e con la ferrea volontà di non tediarvi all'inverosimile, andiamo a riflettere su qual è lo stato del fumetto nel nostro Paese, e quale può essere lo sviluppo futuro.


Un medium reattivo.

Il nostro paese legge da sempre molto fumetto ma ne produce poco, E, soprattutto, ne produce poco di originale. Abbiamo una grande, soprattutto in termini di numero di pagine, produzione bonelliana, ma l’ultimo grande personaggio Bonelli è Dragonero, che ormai ha 18 anni. Abbiamo un’ottima produzione Disneyana, da sempre, ma di nuovo quei personaggi che abbiamo fatto nostri, nostri non sono. Vi siete mai chiesti perché, e come mai non abbiamo mai sviluppato un mercato più simile a quello francese, per citare quello assolutamente più paragonabile al nostro?

Molto semplicemente, Bonelli ha sempre pagato molto bene la sua grande scuderia di autori, con il risultato che lavorare per Tex e soci era l’Eldorado per una buona fetta di quelli che nel fumetto lavoravano, a parte una sparuta pattuglia di autori che voleva con tutte le sue forze lavorare altrove (USA e, appunto, Francia). Viceversa, le altre case editrici si tenevano ben lontane dalle autoproduzioni, e anche i limitati tentativi sono sempre restati locali e “chiusi” all’interno del fumetto mondo, anche se con dati di vendita notevoli (Rat-maniani, vi sentivo da qui). Insomma, pensate agli anni ’90 americani, ma senza l’IMAGE revolution.

D'altronde, se pensate che Tex in un paese di 60 milioni di persone ha venduto stabilmente più di Batman, pubblicato in un paese più ricco e diverse volte più popoloso, avrete un’idea delle dimensioni del fenomeno.

E quindi le altre cosa hanno fatto? Invece di scontrarsi sul terreno dell’autoprodotto hanno pubblicato materiale estero, soprattutto americano e giapponese.

E perché? Banalmente perché è molto meno rischioso, molto più veloce e molto, molto, molto e, nel caso non si fosse capito, molto più redditizio, soprattutto sul breve lungo termine.

Se pubblicate il manga giusto e l’anime corrispondente esplode, vi trovate tra le mani qualcosa che vende a numero qualche decina di migliaia di copie, con margini ottimi e senza praticamente spendere in marketing.

Qualcosa è cambiato con Zerocalcare e Sio intorno agli anni ’10, ma entrambi sono fenomeni che erano nati e si erano sviluppati entrambi Online, in un momento in cui il panorama era ancora relativamente sotto-affollato e la loro innegabile qualità spiccava ancora di più.

Insomma, il problema fondamentale è che mentre altri mercati (Giappone, Corea, Usa, Francia) hanno usato e usano il fumetto come una sorta di “cantera” per le IP e i personaggi, il nostro paese o si limita a pubblicare o tiene i personaggi “su carta”, senza svilupparli in ottica transmediale.

È colpa, questa, non solo dell’editoria, ma di tutta la filiera dell’intrattenimento, che in Italia è stata storicamente afflitta da una forma di pessimo tempismo: quando avevamo il grande cinema, non avevamo i fumetti, quando abbiamo avuto i fumetti, non c’era più il cinema, e quando avremo grandi videogiochi, probabilmente, non ci sarà più la Terra.

Morale della favola: quando leggete di numeri, variazioni e fluttuazioni del mercato, state assistendo a qualcosa in cui il nostro paese è TOTALMENTE (se preferite dico al 95% ?? ) in balia del mercato dell’intrattenimento mondiale.

Perché oggi i fumetti vengono letti molto spesso non come primo punto di incontro con una IP (sebbene cronologicamente vengano prima), ma soltanto dopo aver visto un’altra incarnazione transmediale, sia un anime, un videogioco o un film.