Quella che potete leggere di seguito è la mia traduzione della più interessante intervista a Satoshi Kon su Paprika in cui mi sono imbattuto in Internet. L’intervista è stata realizzata in collaborazione tra lo staff dei francesi ‘Catsuka.com’ e ‘Cinemasie.com’ nel 2006, in occasione della visita del regista e mangaka a Parigi per promuovere Paprika.
Ora, con la proiezione della pellicola d'animazione nei cinema italiani (dal 15 giugno), e in attesa delle edizioni in DVD e BlueRay previste per metà settembre, ve la propongo di seguito:
Emmanuel Pettini: In Paprika c’è un duo di barman. Lei ha dato la sua voce a uno dei due, l’altro ha la voce di Tsutsui Yasutaka, l’autore originale di Paprika. Com’è andata la sua prima esperienza nel doppiaggio? Il rapporto tra i due barman è simile a quello che ha col signor Tsutsui?
Satoshi Kon: Questi due barman, nel mondo di Paprika, occupano un posto abbastanza particolare, per non dire strano. E per il casting, ho pensato che non sarebbe stato male fare qualcosa di divertente attribuendomi il ruolo di uno dei due. Perciò, chi poteva rispondere alle mie battute se non l’autore originale, il signor Tsutsui Yasutaka? Quindi gli abbiamo fatto una richiesta in questo senso, convinti che rifiutasse, e lui ha davvero accettato con piacere. Questa è effettivamente la prima volta che mi cimento nell’esperienza del doppiaggio e se devo dirla tutta: “Avrei fatto meglio ad astenermi”. E’ un ricordo più che imbarazzante. Quando sento la mia voce in sala, mi dico sempre che sarebbe stato meglio evitare, ho i sudori freddi a ogni battuta.
Per quanto riguarda il mio rapporto col signor Tsutsui, sono semplicemente suo fan da tantissimo tempo. Da giovane, e in particolare attorno ai vent’anni, ho letto molti dei suoi libri. E più tardi, quando ho cominciato a scrivere le mie storie, penso che la sua influenza sia stata molto importante per me. Dunque, non è che abbiamo un rapporto d’amicizia, non è un amico, è principalmente un autore che io stimo tantissimo.
Anh-Hoa Truong: Come diceva, questa era l’occasione che sognava per adattare un’opera del signor Tsutsui. E’ lui stesso che è venuto da lei. Cosa pensa di questa bella coincidenza?
Satoshi Kon: Sì, effettivamente. In realtà, non è che io volessi adattare una qualunque opera del signor Tsutsui. E’ quando ho terminato la realizzazione di Perfect Blue che ho avuto il desiderio di dedicarmi a Paprika. Quando l’autore stesso mi ha detto che non pensava a nessun altro che me per un tale adattamento, ci ho visto un segno del destino. E’ la spiegazione che mi sono dato di questa coincidenza.
Nel mio film, Tôkyô Godfathers, i protagonisti sono totalmente guidati da una serie di coincidenze straordinarie. E intanto che realizzavo un’opera in cui il destino guida tutti gli avvenimenti, non potevo ignorare le coincidenze che si verificavano nella mia vita. Chiudere gli occhi su questi eventi fortunati sarebbe stata per me un vergogna in quanto autore. Per questo mi sono detto che dovevo assolutamente prendere l’occasione al volo.
Anton Guzman: Parlando del signor Tsutsui, quest’autore ha fatto del Giappone l’oggetto di un certo discorso critico, per il contenuto stesso dei suoi romanzi. E’ questo contenuto satirico delle sue opere ad averla attirata verso di lui?
Satoshi Kon: Effettivamente, questo contenuto satirico è interessante. Alcune di queste opere sono approntate con un intento violento. E al di là di Paprika, trovo appassionante la capacità di questo autore d’infiltrarsi nei più profondi meandri dell’animo umano. Per citare qualche esempio da altre sue opere che trattano dei sogni, c’è Yume no kizaka bunkiten (del 1987) che è un racconto magnifico, oppure la serie che ha per protagonista una bambina con poteri telepatici, Nanase Hida, sono opere estremamente interessanti nella descrizione dell’intima psicologia umana.
Ossia, è questo modo di penetrare il profondo dell’animo umano, discosto dalle “descrizioni psicologiche” classiche nei repertori storici, e talvolta ugualmente così brutali, che mi piace di più nei suoi racconti.
Anh-Hoa Truong: Per restare in tema, vorrei parlare di un’idea che ritorna spesso nelle opere del signor Kon, quella del ricordo e della memoria. Può essere tinta di rammarico o di nostalgia un pò ossessiva in come in Millennium Actress o legata all’infanzia come in Paprika. Cosa è che le interessa così tanto in questo argomento?
Satoshi Kon: Sì… la memoria, i ricordi, gli stessi sogni appartengono alla medesima categoria di espedienti, trovo. Altrimenti detto, se si vuol fare una contrapposizione, da un lato si ha la realtà, alla quale si oppone il sogno; il ricordo stesso scruta delle illusioni (nota: il môsô del titolo giapponese di Paranoia Agent). Si trovano su un “modello”, uno “strato” diverso dalla nostra realtà e possono sovrapporsi. E’ un’idea che tutti trovano seducente.
Per un sogno, questa raffigurazione è estremamente flessibile, così flessibile che non considera la forma della realtà e può trasformarsi senza preoccuparsene. I ricordi ugualmente sono elastici, non sono immutabili. Possono cambiare nel tempo o in base ad altri eventi, un ricordo che un tempo era triste può trasformarsi in tutt’altro. I fatti restano fatti, ma sottomessi a una soggettività umana possono trasformarsi. Ed è questo processo di evoluzione dei ricordi ad essere interessante.
Emmanuel Pettini: Parliamo del duo di barman di Paprika. In molte vostre opere, ci sono delle coppie (i due poliziotti di Paranoia Agent, i reporter di Millennium Actress). Ce n’è uno che riporta storia e l’altro, al contrario, che se ne allontana spesso per mezzo dell’umorismo. Si direbbe una coppia di manzai, di comici giapponesi, con il boké affondato nella storia, e il tsukkomi, che arieggia sarcastico. Si sente più vicino al boké o al tsukkomi? Desidera mantenere l’illusione narrativa o piuttosto romperla e far prendere le distanze allo spettatore?
Satoshi Kon: Ah, è un punto interessante. Raramente me l’hanno fatto notare, è una domanda divertente. E’ esattamente con questo spirito che io creo i miei dialoghi. Posizionando due personaggi assai diversi nel loro carattere, si arriva a creare una discussione divertente, come nei manzai, i personaggi soprassiedono e permettono di creare una discrepanza. E’ la che può risiedere, secondo me, un dialogo divertente. E per quanto concerne il lato in cui io mi colloco, non so se in francese le nozioni di boké e di tsukkomi esistono, ma evidentemente questi due personaggi sono nati a partire dalla mia immaginazione. Dunque i due personaggi sono abbastanza vicini a me, ci sono delle volte in cui ho il desiderio di continuare nel mio delirio e altre volte che ho voglia di prendere la distanza con più sangue freddo. Ma in tutti i casi, qualche volta che ho l’occasione di lavorare a una scena di dialogo tra questi personaggi, ne ho sempre un gran piacere.
Anton Guzman: Le avevo chiesto in una precedente intervista il budget di Millennium Actress, ben 1,2 milioni di dollari e 2,4 milioni di dollari per Tôkyô Godfathers. Quanto avete avuto stavolta?
Satoshi Kon: Per Paprika… Si può dire quanto abbiamo avuto (chiede a un responsabile in fondo alla sala)? La persona ride imbarazzata: Su questo punto, credo di dovermi astenere…
Satoshi Kon: Dirò semplicemente che abbiamo avuto pressappoco il budget di Tôkyô Godfathers, ma per l’ammontare esatto: No comment.
Anton Guzman: Sempre della stessa categoria, quanto tempo è durata la produzione di Paprika? Di più o di meno dei suoi precedenti film?
Satoshi Kon: Hum... Dovevano essere gli stessi tempi, ma la produzione è durata più tempo degli altri film. La produzione si è allungata più di quello che avevamo immaginato e previsto. La causa principale è il modo in cui volevo esprimere i sogni. Negli altri miei film mi ero concentrato sulla descrizione di fatti reali che accadono in città, nella stanza di qualcuno, ecc… non avevo avuto l’occasione di fare delle scene richiamanti dei fenomeni straordinari o di descrivere immagini surreali. E per creare siffatte immagini, ho dovuto impegnarmi enormemente. Questo film è forse quello che mi ha spossato di più in tutta la mia carriera.
Anton Guzman: Ha potuto inserire nel film tutto ciò che contava di mettere all'inizio?
Satoshi Kon: A dire il vero, e particolarmente su questo film, non ho seguito quest’ottica. Non avevo una “lista” di idee da realizzare da principio. Sicuramente prima abbiamo scritto il copione e costruito questo progetto dall’inizio alla fine, ma per quanto riguarda la realizzazione concreta della fase dei sogni in particolare, ci sono numerosi elementi che sono cambiati notevolmente dalla sceneggiatura di base. Quando disegno l’e-konte, lo storyboard se volete, fintanto che non sono arrivato ad una certa scena, non so ancora come la disegnerò. Non disegno quello che avevo previsto all’inizio, ma al momento di disegnarla ci inserisco quello che mi sembra più interessante. Può essere ciò che ho trovato più comico quel giorno o quello che mi è venuto in mente. E fintanto che non ho disegnato le immagini di una scena, non arrivo a trovare le immagini per la scena seguente. Tutto s’incastra, io disegno quella scena perché ho già disegnato quelle altre immagini prima. E’ un percorso per associazioni, dunque. Dovendo fare un paragone per questo progetto, non è come se avessi un programma molto rigoroso con una direzione definita da seguire, come se si dovesse perforare un tunnel che va tutto dritto.
Per questo film non potevo che scavare la terra che si trovava davanti a me e dire: “E se andassi a sinistra? E ora se andassi a destra? E se scavassi là per vedere, potrebbe forse esserci un’idea interessante?”. Ho proceduto così e quindi non potevo sapere in anticipo dove sarei sbucato. Infatti, prima di arrivare alla fine del tunnel ed averlo interamente scavato, non potevo sapere che lunghezza avrebbe avuto, né quale forma avrebbe preso. E per poter scavare il mio tunnel e produrre molte immagini ogni giorno, esaurendo le mie forze nel tentativo, mi sono scervellato al massimo.
Emmanuel Pettini: Nei suoi film, le eroine valutano quello che i fan dicono di loro nella rete, lei tiene un sito e ci ha pubblicato delle note di produzione ora raggruppate in un libro: “Kon’s Tone”. Qual è il suo rapporto col web? Internet è il nuovo sogno del domani?
Satoshi Kon: Sì, possiamo vederla così. Può rappresentare il sogno del domani… o il suo incubo.
Traduzione: Emmanuel Pettini.
© 2000-2007 Catsuka.com - Cinemasie.com.
Ora, con la proiezione della pellicola d'animazione nei cinema italiani (dal 15 giugno), e in attesa delle edizioni in DVD e BlueRay previste per metà settembre, ve la propongo di seguito:
Emmanuel Pettini: In Paprika c’è un duo di barman. Lei ha dato la sua voce a uno dei due, l’altro ha la voce di Tsutsui Yasutaka, l’autore originale di Paprika. Com’è andata la sua prima esperienza nel doppiaggio? Il rapporto tra i due barman è simile a quello che ha col signor Tsutsui?
Satoshi Kon: Questi due barman, nel mondo di Paprika, occupano un posto abbastanza particolare, per non dire strano. E per il casting, ho pensato che non sarebbe stato male fare qualcosa di divertente attribuendomi il ruolo di uno dei due. Perciò, chi poteva rispondere alle mie battute se non l’autore originale, il signor Tsutsui Yasutaka? Quindi gli abbiamo fatto una richiesta in questo senso, convinti che rifiutasse, e lui ha davvero accettato con piacere. Questa è effettivamente la prima volta che mi cimento nell’esperienza del doppiaggio e se devo dirla tutta: “Avrei fatto meglio ad astenermi”. E’ un ricordo più che imbarazzante. Quando sento la mia voce in sala, mi dico sempre che sarebbe stato meglio evitare, ho i sudori freddi a ogni battuta.
Per quanto riguarda il mio rapporto col signor Tsutsui, sono semplicemente suo fan da tantissimo tempo. Da giovane, e in particolare attorno ai vent’anni, ho letto molti dei suoi libri. E più tardi, quando ho cominciato a scrivere le mie storie, penso che la sua influenza sia stata molto importante per me. Dunque, non è che abbiamo un rapporto d’amicizia, non è un amico, è principalmente un autore che io stimo tantissimo.
Anh-Hoa Truong: Come diceva, questa era l’occasione che sognava per adattare un’opera del signor Tsutsui. E’ lui stesso che è venuto da lei. Cosa pensa di questa bella coincidenza?
Satoshi Kon: Sì, effettivamente. In realtà, non è che io volessi adattare una qualunque opera del signor Tsutsui. E’ quando ho terminato la realizzazione di Perfect Blue che ho avuto il desiderio di dedicarmi a Paprika. Quando l’autore stesso mi ha detto che non pensava a nessun altro che me per un tale adattamento, ci ho visto un segno del destino. E’ la spiegazione che mi sono dato di questa coincidenza.
Nel mio film, Tôkyô Godfathers, i protagonisti sono totalmente guidati da una serie di coincidenze straordinarie. E intanto che realizzavo un’opera in cui il destino guida tutti gli avvenimenti, non potevo ignorare le coincidenze che si verificavano nella mia vita. Chiudere gli occhi su questi eventi fortunati sarebbe stata per me un vergogna in quanto autore. Per questo mi sono detto che dovevo assolutamente prendere l’occasione al volo.
Anton Guzman: Parlando del signor Tsutsui, quest’autore ha fatto del Giappone l’oggetto di un certo discorso critico, per il contenuto stesso dei suoi romanzi. E’ questo contenuto satirico delle sue opere ad averla attirata verso di lui?
Satoshi Kon: Effettivamente, questo contenuto satirico è interessante. Alcune di queste opere sono approntate con un intento violento. E al di là di Paprika, trovo appassionante la capacità di questo autore d’infiltrarsi nei più profondi meandri dell’animo umano. Per citare qualche esempio da altre sue opere che trattano dei sogni, c’è Yume no kizaka bunkiten (del 1987) che è un racconto magnifico, oppure la serie che ha per protagonista una bambina con poteri telepatici, Nanase Hida, sono opere estremamente interessanti nella descrizione dell’intima psicologia umana.
Ossia, è questo modo di penetrare il profondo dell’animo umano, discosto dalle “descrizioni psicologiche” classiche nei repertori storici, e talvolta ugualmente così brutali, che mi piace di più nei suoi racconti.
Anh-Hoa Truong: Per restare in tema, vorrei parlare di un’idea che ritorna spesso nelle opere del signor Kon, quella del ricordo e della memoria. Può essere tinta di rammarico o di nostalgia un pò ossessiva in come in Millennium Actress o legata all’infanzia come in Paprika. Cosa è che le interessa così tanto in questo argomento?
Satoshi Kon: Sì… la memoria, i ricordi, gli stessi sogni appartengono alla medesima categoria di espedienti, trovo. Altrimenti detto, se si vuol fare una contrapposizione, da un lato si ha la realtà, alla quale si oppone il sogno; il ricordo stesso scruta delle illusioni (nota: il môsô del titolo giapponese di Paranoia Agent). Si trovano su un “modello”, uno “strato” diverso dalla nostra realtà e possono sovrapporsi. E’ un’idea che tutti trovano seducente.
Per un sogno, questa raffigurazione è estremamente flessibile, così flessibile che non considera la forma della realtà e può trasformarsi senza preoccuparsene. I ricordi ugualmente sono elastici, non sono immutabili. Possono cambiare nel tempo o in base ad altri eventi, un ricordo che un tempo era triste può trasformarsi in tutt’altro. I fatti restano fatti, ma sottomessi a una soggettività umana possono trasformarsi. Ed è questo processo di evoluzione dei ricordi ad essere interessante.
Emmanuel Pettini: Parliamo del duo di barman di Paprika. In molte vostre opere, ci sono delle coppie (i due poliziotti di Paranoia Agent, i reporter di Millennium Actress). Ce n’è uno che riporta storia e l’altro, al contrario, che se ne allontana spesso per mezzo dell’umorismo. Si direbbe una coppia di manzai, di comici giapponesi, con il boké affondato nella storia, e il tsukkomi, che arieggia sarcastico. Si sente più vicino al boké o al tsukkomi? Desidera mantenere l’illusione narrativa o piuttosto romperla e far prendere le distanze allo spettatore?
Satoshi Kon: Ah, è un punto interessante. Raramente me l’hanno fatto notare, è una domanda divertente. E’ esattamente con questo spirito che io creo i miei dialoghi. Posizionando due personaggi assai diversi nel loro carattere, si arriva a creare una discussione divertente, come nei manzai, i personaggi soprassiedono e permettono di creare una discrepanza. E’ la che può risiedere, secondo me, un dialogo divertente. E per quanto concerne il lato in cui io mi colloco, non so se in francese le nozioni di boké e di tsukkomi esistono, ma evidentemente questi due personaggi sono nati a partire dalla mia immaginazione. Dunque i due personaggi sono abbastanza vicini a me, ci sono delle volte in cui ho il desiderio di continuare nel mio delirio e altre volte che ho voglia di prendere la distanza con più sangue freddo. Ma in tutti i casi, qualche volta che ho l’occasione di lavorare a una scena di dialogo tra questi personaggi, ne ho sempre un gran piacere.
Anton Guzman: Le avevo chiesto in una precedente intervista il budget di Millennium Actress, ben 1,2 milioni di dollari e 2,4 milioni di dollari per Tôkyô Godfathers. Quanto avete avuto stavolta?
Satoshi Kon: Per Paprika… Si può dire quanto abbiamo avuto (chiede a un responsabile in fondo alla sala)? La persona ride imbarazzata: Su questo punto, credo di dovermi astenere…
Satoshi Kon: Dirò semplicemente che abbiamo avuto pressappoco il budget di Tôkyô Godfathers, ma per l’ammontare esatto: No comment.
Anton Guzman: Sempre della stessa categoria, quanto tempo è durata la produzione di Paprika? Di più o di meno dei suoi precedenti film?
Satoshi Kon: Hum... Dovevano essere gli stessi tempi, ma la produzione è durata più tempo degli altri film. La produzione si è allungata più di quello che avevamo immaginato e previsto. La causa principale è il modo in cui volevo esprimere i sogni. Negli altri miei film mi ero concentrato sulla descrizione di fatti reali che accadono in città, nella stanza di qualcuno, ecc… non avevo avuto l’occasione di fare delle scene richiamanti dei fenomeni straordinari o di descrivere immagini surreali. E per creare siffatte immagini, ho dovuto impegnarmi enormemente. Questo film è forse quello che mi ha spossato di più in tutta la mia carriera.
Anton Guzman: Ha potuto inserire nel film tutto ciò che contava di mettere all'inizio?
Satoshi Kon: A dire il vero, e particolarmente su questo film, non ho seguito quest’ottica. Non avevo una “lista” di idee da realizzare da principio. Sicuramente prima abbiamo scritto il copione e costruito questo progetto dall’inizio alla fine, ma per quanto riguarda la realizzazione concreta della fase dei sogni in particolare, ci sono numerosi elementi che sono cambiati notevolmente dalla sceneggiatura di base. Quando disegno l’e-konte, lo storyboard se volete, fintanto che non sono arrivato ad una certa scena, non so ancora come la disegnerò. Non disegno quello che avevo previsto all’inizio, ma al momento di disegnarla ci inserisco quello che mi sembra più interessante. Può essere ciò che ho trovato più comico quel giorno o quello che mi è venuto in mente. E fintanto che non ho disegnato le immagini di una scena, non arrivo a trovare le immagini per la scena seguente. Tutto s’incastra, io disegno quella scena perché ho già disegnato quelle altre immagini prima. E’ un percorso per associazioni, dunque. Dovendo fare un paragone per questo progetto, non è come se avessi un programma molto rigoroso con una direzione definita da seguire, come se si dovesse perforare un tunnel che va tutto dritto.
Per questo film non potevo che scavare la terra che si trovava davanti a me e dire: “E se andassi a sinistra? E ora se andassi a destra? E se scavassi là per vedere, potrebbe forse esserci un’idea interessante?”. Ho proceduto così e quindi non potevo sapere in anticipo dove sarei sbucato. Infatti, prima di arrivare alla fine del tunnel ed averlo interamente scavato, non potevo sapere che lunghezza avrebbe avuto, né quale forma avrebbe preso. E per poter scavare il mio tunnel e produrre molte immagini ogni giorno, esaurendo le mie forze nel tentativo, mi sono scervellato al massimo.
Emmanuel Pettini: Nei suoi film, le eroine valutano quello che i fan dicono di loro nella rete, lei tiene un sito e ci ha pubblicato delle note di produzione ora raggruppate in un libro: “Kon’s Tone”. Qual è il suo rapporto col web? Internet è il nuovo sogno del domani?
Satoshi Kon: Sì, possiamo vederla così. Può rappresentare il sogno del domani… o il suo incubo.
Traduzione: Emmanuel Pettini.
© 2000-2007 Catsuka.com - Cinemasie.com.
Infatti il Cinema è innanzitutto Immagine, poi viene il resto. Cerchiamo di non far passare la discutibile (e da molti sostenuta) idea che la sceneggiatura sia la cosa più importante in un'opera cinematografica.
Alla prossima
P.S. comunque sceneggiandomeli, i miei fumetti, anch'io in parte mi vedo dalla parte di chi scrive.
Alla prossima
Il film è una cosa corale, se anche un ingranaggio va storto tutto crolla! Facciamo mente locale, perchè un film sia pienamente riuscito deve:
Lo sceneggiatore deve aver scritto una buona sceneggiatura.
Il regista abba diretto il film in modo soddisfacente.
Il direttore della fotografia abbia creato delle buone immagini, dando la giusta atmosfera.
Il reparto sonoro abbia fatto dei buoni effetti sonori
Il compositore abbia fatto delle buone musiche
Gli attori siano nei posti giusti, errore del casting altrimenti, e che abbiano fatto una buona prestazione
L'addetto al montaggio abbia montato bene il film.
I produttori non si siano imposti troppo nella produzione.
Se anche uno sola di queste cose va storta, il risultato finale ne è compromesso.
Più che altro trovo curioso che ad una "buona sceneggiatura" tu contrapponga un regista che deve fare il suo lavoro in "modo soddisfacente" nulla più. Da questa affermazione consolidi la trita e ritrita idea che la sceneggiatura venga prima di tutto e su questo, mi tocca ripetermi, non sono d'accordo. Certo, per la riuscita di un film (ad esempio) bisogna cercare di bilanciare molti elementi ma secondo il mio parere è sopratutto l'immagine che deve imprimere l'andamento da prendere. Immagine nata naturalmente dall'unione di vari elementi (fotografia, montaggio, audio e tutto il resto). L'idea della sceneggiatura prima di tutto è solo una chimera e qui mi sento di dar ragione ad Antonio, un ottimo regista sa dare spessore anche ad una storia di partenza banale (Shining vi dice nulla?). Un esempio mi sento di farlo con il live di Casshern dove ad una sceneggiatura frammentaria e ricca di deus ex machina si contrappone una visione talmente potente da lasciar ben presto da parte la coerenza a tutti i costi.
Riassumendo, con il mio primo intervento in risposta a Boogiepop volevo mettere in guardia chi, guardando Paprika, rischia di cadere nel solito tranello del dire "mah, sì, fatto bene ma alla fine è solo uno pseudo giallo che non chiude nemmeno tutte le porte che ha aperto" non capendo che quel "fatto bene" va ad innestarsi nella struttura portante dell'opera portando la visione in territori dove non tutti i nodi devono riallaciarsi per la gioia dello sceneggiatore più preciso.
Comunque, la mia è un'opinione e questo è un discorso molto complesso dato che molti hanno idee contrastanti nel definire ottima una sceneggiatura.
P.S. lo ripeto: nessuna guerra in corso con gli sceneggiatori dato che in parte, in questa categoria, mi ci metto anch'io.
Alla prossima
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