Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Appuntamento Grande Cinema: Pompoko, Una tomba per le lucciole e Jin-Roh
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Appuntamento Grande Cinema: Pompoko, Una tomba per le lucciole e Jin-Roh
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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Pompoko
8.0/10
Immaginavo di vedere una storiella per bambini, e mi sono trovato commosso ad ammettere le mie colpe di essere umano.
"Pompoko" è una storia particolare, in cui ironia e sorrisi si mischiano all'amara essenza dell'avanzata umana sulla natura.
Per avvicinarsi a "Heisei Tanuki Gassen Pompoko" si devono però conoscere alcune leggende giapponesi (e orientali in genere), che vedono alcuni animali, tra cui i protagonisti di questo film, i Tanuki, avere doti di trasformazione, ovvero la capacità di prendere sembianze diverse. Concetto ripreso (per gli amanti) in "Wolf's Rain". La capacità di mascherare la propria vera forma ingannando gli occhi degli esseri umani diventa il fondamento di questo film, il cui evolversi vede man mano il deperimento delle tradizioni e della cultura nipponica piegarsi alle più moderne esigenze occidentali. Là dove c'era agricoltura e vita in armonia con la natura, avanza inesorabile e tentacolare la gigantesca città di Tokyo, nemica non solo delle foreste, ma anche di tutta una filosofia animata dalla natura stessa.
L'anime inizia in maniera geniale, attraverso la narrazione di una realtà sostenibile con la natura, mostrando nella loro vera forma i Tanuki, facendo immergere immediatamente in un'atmosfera quasi da documentario - meraviglia della poesia di Isao Takahata -,per poi trasformare gli stessi in veri e propri personaggi da "fiabetta".
Ed è nella gioiosa e sincera ingenuità dei Tanuki che si riconosce l'ideale di essere umano, là dove vivere in maniera simbiotica con la natura rende scevri dalle problematiche moderne e dal caos dell'industrializzazione. Un messaggio forte che diventa grido quando la città inizia ad avanzare inesorabile e le foreste vengono a perdersi in un deserto d'alberi abbattuti e strade e case. È in quel momento che i Tanuki iniziano a lottare, prima studiando, poi sbeffeggiando gli umani, per arrivare alla fine a uno scontro a viso aperto, scontro che può avere solo un finale.
Ci sono immagini che possono turbare, ma la realtà delle cose spesso impone anche questo, e Takahata non ha risparmiato nulla al suo spettatore, dalle risate, all'amarezza, dall'amore all'odio, dalla baldoria alla più seria morigeratezza. Il tutto contornato da un uomo ignaro, o quasi, di ciò che la natura prova o sente, e sempre più determinato a sottrarre spazi alle altre specie per procurarsi ciò di cui pensa d'aver bisogno.
Pensa, appunto, ma Takahata con i Tanuki spiega, e con somma ironia, che alla fine la vera gioia è quella di abbracciare la natura, e non di distruggerla, lasciando ai sorrisi dei bambini la verità su ciò a cui l'uomo aspira.
Il finale è commuovente, intenso, ma lascia un sorriso sul volto, altra piccola perla di quest'anime.
Belli, inoltre, sono i disegni, i tratti sia perfetti per le immagini più reali sia giocosi per i personaggi fiabeschi, e le musiche orecchiabili e canticchiabili. Perfetta secondo me è l'armonia della storia, in cui forse diventano un po' lunghe le scelte della regia d'indugiare tra feste e rimpianti delle vittorie più o meno effimere dei Tanuki.
Restano misteriose alcune scene che avrebbero dovuto portare a svolte epocali e invece sono binari morti. Insomma, quando arriva la Tv qualcosa di solito cambia, invece nulla, opinione pubblica lasciata a zero, quel passaggio non l'ho capito. Non per questo, però, non mi ha colpito il messaggio, il sensibile approccio che ha utilizzato l'autore, la grande ironia e l'accessibilità che ha voluto imprimere a un anime adatto a una platea così ampia.
Bello, davvero, da vedere e da mostrare.
"Pompoko" è una storia particolare, in cui ironia e sorrisi si mischiano all'amara essenza dell'avanzata umana sulla natura.
Per avvicinarsi a "Heisei Tanuki Gassen Pompoko" si devono però conoscere alcune leggende giapponesi (e orientali in genere), che vedono alcuni animali, tra cui i protagonisti di questo film, i Tanuki, avere doti di trasformazione, ovvero la capacità di prendere sembianze diverse. Concetto ripreso (per gli amanti) in "Wolf's Rain". La capacità di mascherare la propria vera forma ingannando gli occhi degli esseri umani diventa il fondamento di questo film, il cui evolversi vede man mano il deperimento delle tradizioni e della cultura nipponica piegarsi alle più moderne esigenze occidentali. Là dove c'era agricoltura e vita in armonia con la natura, avanza inesorabile e tentacolare la gigantesca città di Tokyo, nemica non solo delle foreste, ma anche di tutta una filosofia animata dalla natura stessa.
L'anime inizia in maniera geniale, attraverso la narrazione di una realtà sostenibile con la natura, mostrando nella loro vera forma i Tanuki, facendo immergere immediatamente in un'atmosfera quasi da documentario - meraviglia della poesia di Isao Takahata -,per poi trasformare gli stessi in veri e propri personaggi da "fiabetta".
Ed è nella gioiosa e sincera ingenuità dei Tanuki che si riconosce l'ideale di essere umano, là dove vivere in maniera simbiotica con la natura rende scevri dalle problematiche moderne e dal caos dell'industrializzazione. Un messaggio forte che diventa grido quando la città inizia ad avanzare inesorabile e le foreste vengono a perdersi in un deserto d'alberi abbattuti e strade e case. È in quel momento che i Tanuki iniziano a lottare, prima studiando, poi sbeffeggiando gli umani, per arrivare alla fine a uno scontro a viso aperto, scontro che può avere solo un finale.
Ci sono immagini che possono turbare, ma la realtà delle cose spesso impone anche questo, e Takahata non ha risparmiato nulla al suo spettatore, dalle risate, all'amarezza, dall'amore all'odio, dalla baldoria alla più seria morigeratezza. Il tutto contornato da un uomo ignaro, o quasi, di ciò che la natura prova o sente, e sempre più determinato a sottrarre spazi alle altre specie per procurarsi ciò di cui pensa d'aver bisogno.
Pensa, appunto, ma Takahata con i Tanuki spiega, e con somma ironia, che alla fine la vera gioia è quella di abbracciare la natura, e non di distruggerla, lasciando ai sorrisi dei bambini la verità su ciò a cui l'uomo aspira.
Il finale è commuovente, intenso, ma lascia un sorriso sul volto, altra piccola perla di quest'anime.
Belli, inoltre, sono i disegni, i tratti sia perfetti per le immagini più reali sia giocosi per i personaggi fiabeschi, e le musiche orecchiabili e canticchiabili. Perfetta secondo me è l'armonia della storia, in cui forse diventano un po' lunghe le scelte della regia d'indugiare tra feste e rimpianti delle vittorie più o meno effimere dei Tanuki.
Restano misteriose alcune scene che avrebbero dovuto portare a svolte epocali e invece sono binari morti. Insomma, quando arriva la Tv qualcosa di solito cambia, invece nulla, opinione pubblica lasciata a zero, quel passaggio non l'ho capito. Non per questo, però, non mi ha colpito il messaggio, il sensibile approccio che ha utilizzato l'autore, la grande ironia e l'accessibilità che ha voluto imprimere a un anime adatto a una platea così ampia.
Bello, davvero, da vedere e da mostrare.
La tomba delle lucciole
9.0/10
L'aeroplano vola, Marcondiro'ndera
L'aeroplano vola, Marcondiro'ndà.
Se getterà la bomba, Marcondiro'ndero
Se getterà la bomba chi ci salverà?
(Girotondo - F. De André)
Una sera di settembre alla stazione di Kōbe. L'Estate ha esalato il suo ultimo respiro, e insieme a lei un ragazzo, che tiene stretto a sé una scatola di latta. A pochi passi da lui il suo fantasma lo osserva morire.
La guerra è finita e lentamente la normalità sta riprendendo il suo corso. La gente cammina e ignora altra gente. Quella è una sera quasi normale, ma la ferita è ancora aperta e se si presta orecchio si può sentire riecheggiare nell'aria il rumore degli aerei.
Il ragazzo della stazione era uno dei tanti. La guerra trasforma le persone in numeri, che vanno a riempire le statistiche dei libri di storia.
Questo numero si chiamava Seita. Il film racconta con un approccio profondamente realistico un Giappone dilaniato dai bombardamenti e dalla miseria. Nella pellicola non sono impresse lunghe sequenze di battaglie tra fazioni opposte, o tra "buoni" e "cattivi", laddove questa distinzione possa significare qualcosa sul fronte. L'attenzione si focalizza invece su chi la guerra la vede arrivare dentro le proprie case e tenta, malgrado tutto, di portare avanti delle vite. Come Seita, che si ritrova improvvisamente a essere fratello, madre e padre di Setsuko, la sua sorellina, ancora troppo piccola e incapace di comprendere appieno il mondo esterno.
La guerra è vista con gli occhi dei bambini come un brutto sogno da cui non ci si riesce a svegliare. I cacciabombardieri sembrano degli strani uccelli che sputano fuoco dai loro becchi metallici e rilasciano uova che generano grandi lampi di luce. E quello che c'era prima un attimo dopo scompare. La gente scappa, qualcuno si ferma per raccogliere qualcun altro e prosegue a scappare. Altri dormono in mezzo alla strada senza svegliarsi più.
Poi tutto finisce, ancora una volta. Nelle strade si riversano alcuni amici, qualche parente e tanti sconosciuti che vagano spaesati e increduli. Si prova a ricostruire, a delineare, a dare un ordine al caos.
E davvero non è poi così difficile riconoscere in quelle ambientazioni anche un po' del nostro paese. L'anima rurale di quel Giappone, che sembra ormai quasi un ricordo, non è molto diversa dalla realtà contadina dell'Italia agli inizi del secolo scorso. Dopo il conflitto si cerca di tirare su ciò che è stato buttato giù. Si va avanti, ma si butta un occhio indietro, verso ciò è mutato e continua a mutare.
Questo è per me "Una tomba per le lucciole". Non un film di guerra, bensì un film sulla guerra. La guerra e la morte, quella nera e secca, come diceva Guccini. Di certo non è una visione facile e lo spettatore più sensibile potrebbe risultare turbato dalla crudezza di quest'opera. Quando il film venne presentato in contemporanea con "Il mio vicino Totoro" il contrasto fu notevole. Il realismo spietato di Takahata si presentava come qualcosa di diametralmente opposto all'immaginario fiabesco del collega Miyazaki. Il risultato fu un'opera di rara bellezza con un cuore caldo che ancora oggi batte forte e non fa pesare affatto i suoi anni, nonostante l'avvento della Computer Grafica. E io a mia volta non posso che consigliarlo caldamente a voi.
E mentre scrivo questa recensione l'estate sta tornando.
L'aeroplano vola, Marcondiro'ndà.
Se getterà la bomba, Marcondiro'ndero
Se getterà la bomba chi ci salverà?
(Girotondo - F. De André)
Una sera di settembre alla stazione di Kōbe. L'Estate ha esalato il suo ultimo respiro, e insieme a lei un ragazzo, che tiene stretto a sé una scatola di latta. A pochi passi da lui il suo fantasma lo osserva morire.
La guerra è finita e lentamente la normalità sta riprendendo il suo corso. La gente cammina e ignora altra gente. Quella è una sera quasi normale, ma la ferita è ancora aperta e se si presta orecchio si può sentire riecheggiare nell'aria il rumore degli aerei.
Il ragazzo della stazione era uno dei tanti. La guerra trasforma le persone in numeri, che vanno a riempire le statistiche dei libri di storia.
Questo numero si chiamava Seita. Il film racconta con un approccio profondamente realistico un Giappone dilaniato dai bombardamenti e dalla miseria. Nella pellicola non sono impresse lunghe sequenze di battaglie tra fazioni opposte, o tra "buoni" e "cattivi", laddove questa distinzione possa significare qualcosa sul fronte. L'attenzione si focalizza invece su chi la guerra la vede arrivare dentro le proprie case e tenta, malgrado tutto, di portare avanti delle vite. Come Seita, che si ritrova improvvisamente a essere fratello, madre e padre di Setsuko, la sua sorellina, ancora troppo piccola e incapace di comprendere appieno il mondo esterno.
La guerra è vista con gli occhi dei bambini come un brutto sogno da cui non ci si riesce a svegliare. I cacciabombardieri sembrano degli strani uccelli che sputano fuoco dai loro becchi metallici e rilasciano uova che generano grandi lampi di luce. E quello che c'era prima un attimo dopo scompare. La gente scappa, qualcuno si ferma per raccogliere qualcun altro e prosegue a scappare. Altri dormono in mezzo alla strada senza svegliarsi più.
Poi tutto finisce, ancora una volta. Nelle strade si riversano alcuni amici, qualche parente e tanti sconosciuti che vagano spaesati e increduli. Si prova a ricostruire, a delineare, a dare un ordine al caos.
E davvero non è poi così difficile riconoscere in quelle ambientazioni anche un po' del nostro paese. L'anima rurale di quel Giappone, che sembra ormai quasi un ricordo, non è molto diversa dalla realtà contadina dell'Italia agli inizi del secolo scorso. Dopo il conflitto si cerca di tirare su ciò che è stato buttato giù. Si va avanti, ma si butta un occhio indietro, verso ciò è mutato e continua a mutare.
Questo è per me "Una tomba per le lucciole". Non un film di guerra, bensì un film sulla guerra. La guerra e la morte, quella nera e secca, come diceva Guccini. Di certo non è una visione facile e lo spettatore più sensibile potrebbe risultare turbato dalla crudezza di quest'opera. Quando il film venne presentato in contemporanea con "Il mio vicino Totoro" il contrasto fu notevole. Il realismo spietato di Takahata si presentava come qualcosa di diametralmente opposto all'immaginario fiabesco del collega Miyazaki. Il risultato fu un'opera di rara bellezza con un cuore caldo che ancora oggi batte forte e non fa pesare affatto i suoi anni, nonostante l'avvento della Computer Grafica. E io a mia volta non posso che consigliarlo caldamente a voi.
E mentre scrivo questa recensione l'estate sta tornando.
Jin-Roh - Uomini e lupi
10.0/10
"Jin-Roh" è un film diretto da Hiroyuki Okiura, basato sulla Kerberos saga di Mamoru Oshii.
La storia è ambientata negli anni '60 di una realtà parallela in una grigia Tokyo oppressa dalla crisi economica post-bellica e da violente agitazioni sociali. In questo scenario di turbolenza politica agiscono i Kerberos, un corpo speciale paramilitare della polizia metropolitana, autentiche macchine da guerra nate per fronteggiare cellule di gruppi dissidenti. Uno di questi agenti scelti, Kizuki Fuse, durante un'azione di guerriglia urbana, subisce il trauma di assistere impotente al suicidio di una giovane 'cappuccetto rosso' (corriere dei sovversivi). Allontanato dalla sua squadra e in piena crisi di coscienza, fa amicizia con Kei, che si finge sorella della kamikaze, ma il legame sentimentale non servirà a redimerlo e a cancellare la sua affiliazione al branco di 'lupi'. Il ritmo del racconto è scandito dagli episodi della favola di "Cappuccetto rosso" nella sua versione più sinistra e truculenta che fa da fil-rouge agli eventi narrati e ne diventa ben presto metafora.
Il regista mette in scena una spy-story tra fantapolitica e dramma psicologico in cui i personaggi si muovono come pedine di uno spietato gioco di potere, in un crudele e gelido mondo dove non c'è spazio per l'amicizia o l'amore e dove il doppio gioco e il tradimento diventano una regola di sopravvivenza. La trama ricorda per alcuni versi "La moglie del soldato" di N. Jordan.
Già dalle prime sequenze ci si dimentica di avere davanti un anime, sia per le tematiche sia per il confezionamento complessivo dell'opera. Il film è tratto da una saga che è stata sviluppata sotto forma di diversi media, dal dramma radiofonico alla graphic novel, dall'animazione al film live action, e sancisce la natura ibrida e crossover del progetto "Kerberos".
I personaggi hanno contorni ben delineati nella caratterizzazione e sono trattati come attori in carne e ossa. Colpisce l'inflessibile durezza di Fuse, nella sua apparente imperturbabilità lascia a malapena trasparire lo smarrimento interiore che mette a nudo tutta la sua disarmante umanità. Gli fa da contrappunto l'affascinante ambiguità di Kei, divisa tra la sognante innocenza dell'innamoramento e la disincantata dedizione alla causa rivoluzionaria. Il chara-design ha uno stile realistico e le movenze sembrano il risultato di un convincente studio di motion-capturing.
I bellissimi scenari di una Tokyo alternativa meritano una menzione per la loro accuratezza e per le ricercate tonalità dei colori che imprimono al film un'atmosfera cupa e straniante.
La colonna sonora di Hajime Mizoguchi è ispirata e coinvolgente, spicca il trascinante tema principale 'Jinroh', percorso da dilanianti assolo di chitarra che graffiano l'etere come rasoi rugginosi, e lo stupendo tema conclusivo 'Grace', cantato dall'eterea voce di Gabriela Robin.
Il film, soprattutto nelle prime scene che descrivono la rivolta sociale, vuole ricordare il clima di tensione in Giappone alla fine degli anni '60 durante le rivolte studentesche.
Gli autori, con sguardo freddo e distaccato, si rivolgono al passato del loro paese e attraverso una lucida e impeccabile sceneggiatura riescono a non assumere atteggiamenti compiaciuti né verso i ribelli né verso gli agenti filo-governativi.
Dopo i titoli di coda negli occhi dello spettatore non resta che un finale di tragica e struggente bellezza.
La storia è ambientata negli anni '60 di una realtà parallela in una grigia Tokyo oppressa dalla crisi economica post-bellica e da violente agitazioni sociali. In questo scenario di turbolenza politica agiscono i Kerberos, un corpo speciale paramilitare della polizia metropolitana, autentiche macchine da guerra nate per fronteggiare cellule di gruppi dissidenti. Uno di questi agenti scelti, Kizuki Fuse, durante un'azione di guerriglia urbana, subisce il trauma di assistere impotente al suicidio di una giovane 'cappuccetto rosso' (corriere dei sovversivi). Allontanato dalla sua squadra e in piena crisi di coscienza, fa amicizia con Kei, che si finge sorella della kamikaze, ma il legame sentimentale non servirà a redimerlo e a cancellare la sua affiliazione al branco di 'lupi'. Il ritmo del racconto è scandito dagli episodi della favola di "Cappuccetto rosso" nella sua versione più sinistra e truculenta che fa da fil-rouge agli eventi narrati e ne diventa ben presto metafora.
Il regista mette in scena una spy-story tra fantapolitica e dramma psicologico in cui i personaggi si muovono come pedine di uno spietato gioco di potere, in un crudele e gelido mondo dove non c'è spazio per l'amicizia o l'amore e dove il doppio gioco e il tradimento diventano una regola di sopravvivenza. La trama ricorda per alcuni versi "La moglie del soldato" di N. Jordan.
Già dalle prime sequenze ci si dimentica di avere davanti un anime, sia per le tematiche sia per il confezionamento complessivo dell'opera. Il film è tratto da una saga che è stata sviluppata sotto forma di diversi media, dal dramma radiofonico alla graphic novel, dall'animazione al film live action, e sancisce la natura ibrida e crossover del progetto "Kerberos".
I personaggi hanno contorni ben delineati nella caratterizzazione e sono trattati come attori in carne e ossa. Colpisce l'inflessibile durezza di Fuse, nella sua apparente imperturbabilità lascia a malapena trasparire lo smarrimento interiore che mette a nudo tutta la sua disarmante umanità. Gli fa da contrappunto l'affascinante ambiguità di Kei, divisa tra la sognante innocenza dell'innamoramento e la disincantata dedizione alla causa rivoluzionaria. Il chara-design ha uno stile realistico e le movenze sembrano il risultato di un convincente studio di motion-capturing.
I bellissimi scenari di una Tokyo alternativa meritano una menzione per la loro accuratezza e per le ricercate tonalità dei colori che imprimono al film un'atmosfera cupa e straniante.
La colonna sonora di Hajime Mizoguchi è ispirata e coinvolgente, spicca il trascinante tema principale 'Jinroh', percorso da dilanianti assolo di chitarra che graffiano l'etere come rasoi rugginosi, e lo stupendo tema conclusivo 'Grace', cantato dall'eterea voce di Gabriela Robin.
Il film, soprattutto nelle prime scene che descrivono la rivolta sociale, vuole ricordare il clima di tensione in Giappone alla fine degli anni '60 durante le rivolte studentesche.
Gli autori, con sguardo freddo e distaccato, si rivolgono al passato del loro paese e attraverso una lucida e impeccabile sceneggiatura riescono a non assumere atteggiamenti compiaciuti né verso i ribelli né verso gli agenti filo-governativi.
Dopo i titoli di coda negli occhi dello spettatore non resta che un finale di tragica e struggente bellezza.
1) Pompoko bello e divertente, screziato di amarezza
2) Una tomba per le lucciole bellissimo ma veramente triste e crudo
3) Jin-roh capolavoro, permeato di realismo e cinismo
Premesso questo, tra quelli recensiti io ho visto Una tomba per le lucciole e Jin-Roh. Sono due film bellissimi e sono assolutamente d'accordo con quanto scritto a riguardo da Ghibli92 e bob71.
Consiglio la loro visione a tutti quanti a meno che non si sia in cerca solo di opere allegre e spensierate, ovviamente
Una tomba per le lucciole è da tempo immemore che dovrei guardarmelo... è li che aspetta...
L'ultimo non mi attira per niente.
Sarebbe stato meglio se il finale non si fosse capito fino alla fine, no?
Jin roh è bellissimo. L'anti-disney
-è il romanzo che inizia così (e poi come giustificare la presenza dei due fratelli a casa della zia mentre la bimba piange disperata per la vendita del kimono della madre?)
-oddio, ma perché lo volevi ancora più devastante una tomba per le lucciole? E' il film più triste che abbia mai visto!
Una tomba per le lucciole: commoventissimo. e merita il successo che ha avuto. Va detto pero' che il live action omonimo e' ancora piu' triste e ha avuto su di me maggiore impatto, proprio perche' recitato da attori veri, e per la scena finale ambientata ai giorni nostri.
Jin Roh: concordo con Bob, già dalle prime sequenze ci si dimentica di avere davanti un anime e questa e' un punto a sfavore per me. Ci ho visto invidia del cinema non d'animazione, e le solite atmosfere deprimenti di questo tipo di produzioni. Noioso.
Il "mio caro amico" ha toccato l'apice! (in senso negativo!)
Se la metrica delle canzoni NON TORNA, non poteva lasciarle in originale subbate? ¬_¬
Da Una tomba per le lucciole mi tengo alla larga perché mi ucciderebbe facendomi annegare nel lago formato dalle mie stesse lacrime (già il volume di Hojo sulla guerra mondiale lo ha fatto, figurarsi questo).
Sono entrambi due capolavori, ma odio le serie troppo tristi T-T
Gli altri due non gli ho ancora visti ma Jin-roh mi intriga parecchio.
Ricordo che un paio d'anni fa l'avevo fatto vedere ai miei dopo averlo visto per la prima volta la sera precedente.
Devo dire che è "piaciuto" loro (nel contesto del film il verbo "piacere" non mi pare troppo adeguato) molto e si è aperta una discussione veramente appagante a livello personale.
Pompoko è uno dei Ghibli che mi mancano da vedere, mentre Jin-Roh e la Kerberus saga non li conosco... dovrò documentarmi e vederli prima o poi ^^
Complimenti ai tre!! ^^
Di "Pompoko" ho preso tempo fa il DVD, ma non l'ho ancora guardato…
A bob, infine, devo tirare amichevolmente le orecchie: per colpa sua ogni settimana devo aggiungere un nuovo film o una nuova serie alla mia già lunga lista di anime da vedere! Ma, dopo una recensione di questo calibro, non posso fare altrimenti... mettiamoci allora anche "Jin-Roh"!
Essendo il tema della natura e del disperato tentativo di preservarla, un tema da me non troppo sentito, non mi è piaciuto molto Pompoko, si si, un bel film, ma a mio parere sotto la media qualità Ghibli.
Da omone forte e rude quale io sono, non pensavo che Una Tomba per le Lucciole mi desse una botta tale, sarà che la prima volta che lo guardai non sapevo nulla di cosa stessi per andare a viosionare, non me lo aspettavo proprio... Finito di vederlo (ancora a botta calda) commentai con un distaccatissimo "carino..." poi andai a farmi una doccia e fissando il balsamo pesavo a me, circondato di comodità (quali potevano essere in quel momento una doccia e un sapone...) e a quei 2 bambini che non avevano neanche da mangiare...
è stata la prima volta che qualcosa di "finto" come un cartone animato (a differenza delle vere fotografie della guerra) riuscì a colpirmi dentro l'animo e a sensibilizzarmi su di un tema forte come la guerra, non perche te lo dicevano a scuola o semplicemente perche andava fatto, ma perche lo sentivo dento di me... Mi dispiaceva per quei due bambini... E chissà quanti ne hanno passate anche di peggio...
Purtroppo alla seconda visione tutto questo scemò, e rimase solo un bel film... Ma la prima volta non me la scorderò mai.
Per oggi ho gia scritto troppo... Sono stanco... Però Jin Roh mi è piaciuto un sacco (gioca a favore il fatto che sia esattamente il mio genere) e concordo con la rece di Bob.
Pompoko,dello stesso regista,mi è piaciuto moderatamente ma è il film di Takahata che mi è piaciuto meno (ho visto anche Omohide poro poro):abbasserei il voto a 6,5/7.
Jin-Rho è uno dei miei film d' animazione preferiti in assoluto,d' accordissimo sul 10.
Li vedrò sicuramente.
Il secondo lo devo assolutamente vedere prima o poi, visto tutti i commenti che ho letto su di esso.
Invece Jin-Roh l'ho visto e concordo con la recensione, l'ho trovato bellissimo, un vero capolavoro. Il finale poi lo trovo stupendo.
Pompoko è una stupenda metafora della modernità vista con gli occhi della tradizione, un autentico gioiello che unisce in maniera intelligente una sana comicità (sempre garbata e mai fuori dalle righe) e un grande insegnamento ecologista. E' vero, come sostiene Kotaro, che attinge ampiamente alla cultura popolare del paese del Sol levante a tal punto che alcune sfumature potrebbero sfuggire ai più, ma sono persuaso che Animeclick.it sia un luogo di veri appassionati ed esperti di Giappone, e immagino che questi ultimi troveranno nel film pane per i loro denti!
Una tomba per le lucciole, altro capolavoro di Takahata, è di tutt'altro tenore rispetto al primo, la sua è una bellezza tragica, struggente che tocca corde più intime e profonde. Un film davvero duro da mandare giù, soprattutto per l'empatia che si crea con i protagonisti. Se il termine neorealismo si può affibbiare ad un film di animazione allora questo è il caso più adatto e appropriato. Una visione imprescindibile per ogni appassionato!
Su Jin Roh posso solo aggiungere che, per un vizio di forma (alla sua uscita non fu distribuito nelle sale ma solo per il mercato home video nipponico) non ha potuto concorrere all'Oscar come miglior film d'animazione!
PS: Grazie alla redazione per aver selezionato il mio pezzo!
Ottima recensione, sono d'accordo anche con il voto dato, se lo merita tutto.
Complimenti per la rece di bob71, è un film che amo...
Una tomba merita poi il massimo dei voti....
Di Jin-Roh invece non avevo mai sentito parlare finora...
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