Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi ci dedichiamo a titoli del 2001 con le serie Noir e Scryed e il film Monsters & Co..
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Oggi ci dedichiamo a titoli del 2001 con le serie Noir e Scryed e il film Monsters & Co..
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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Noir
7.0/10
Noir è un anime del 2001 appartenente al genere "ragazze con la pistola", un' odissea al femminile che nelle atmosfere e nel titolo rievoca i thriller americani. La storia ruota intorno a due abili quanto giovani killer professioniste, Mireille Bouquet e Kirika Yumura, e alla loro collaborazione dettata dalla necessità di recuperare il passato loro brutalmente sottratto. Troveranno più volte sul loro cammino una misteriosa organizzazione mondiale, di stampo massonico, che si fa chiamare "Les Soldats".
Si può chiudere un occhio, magari dopo essersi concessi un sorriso sardonico (una risata nel caso di Cosa Nostra), di fronte alla libertina interpretazione nipponica di un setting europeo, incerto tra atmosfere tipicamente bohemién e le tecnologie avanzatissime di cui dispongono Noir e rivali. Con tanto di angolo di paradiso greco-romano e un villaggio di puritani nel bel mezzo dell'Andalusia, per non farsi mancare niente.
Noir, più che sull'azione, punta sull'introspezione psicologica e sfiora tematiche legate al concetto d'identità e di libero arbitrio, sebbene non siano i motivi di maggiore interesse. Se nei primi episodi le due Noir appariranno delle banali quanto efferate assassine, da circa metà serie inizieranno a svelare la loro umanità tramite lo scontro con rivali altrettanto carismatiche.
Il primo arco narrativo è anche il più debole, per lo schema da tokusatsu "modello Lupin III" e l'assenza di avversari degni di nota. Come se ciò non bastasse, le numerose sparatorie sono noiose, prolisse e altamente ripetitive, poiché ai tempi il canale di trasmissione pretese l'emendazione di ogni traccia di sangue e violenza. Non posso pertanto biasimare chi, sconfortato dalla mancanza di indizi entro cui inquadrare la trama, troncherà la visione entro i primi dieci episodi. Ma lo commisero, perché così facendo si perderà una escalation di colpi di scena e funambolici cambi di fronte.
Devo a questo punto confermare l'asserzione di altri "colleghi" recensori: Noir è come una macchina a diesel, parte malissimo, ma una volta avviato è in continua ripresa. La trama vera e propria, basata sul legame tra Noir e Les Soldats, non manca di intrigare lo spettatore e spingerlo a divorare gli episodi che lo separano dal toccante finale. Di più non posso e non voglio dire per paura di rovinare la sorpresa.
La regia, come spesso accade per produzioni a basso costo, viaggia al risparmio, ma non manca di una sua raffinatezza. Non disponendo i mezzi per realizzare la frenesia requisito di anime dello stesso genere, Koichi Mashimo imposta la narrazione su ritmi lenti, misurati, dove ogni silenzio o indugio su un primo piano assumono una particolare vibrazione nervosa, a tutto vantaggio della caratterizzazione dei numerosi personaggi. Il disegno è quello, garbato ma non incisivo, tipico della transizione tra due decenni, i fondali in compenso fanno figura ancora oggi. Le musiche sono a cura di Yuki Kajura, ormai garanzia di qualità, ma dall'ottimo repertorio devo tagliar fuori l'opening delle Ali Project, cacofonica e gorgheggiante come si confà loro.
In definitiva Noir è un anime che ricompensa ampiamente tutti gli sforzi impiegati per portarne a termine la visione. Non mi sento di consigliarlo agli impazienti, agli amanti dell'azione e ai cultori di fiction "da uomini". La valutazione finale sarebbe potuta essere più alta, ma il confronto con "Phantom-Requiem for the Phantom", titolo che condivide con Noir regista e soggetto, vede il primo indubbiamente vincitore.
Si può chiudere un occhio, magari dopo essersi concessi un sorriso sardonico (una risata nel caso di Cosa Nostra), di fronte alla libertina interpretazione nipponica di un setting europeo, incerto tra atmosfere tipicamente bohemién e le tecnologie avanzatissime di cui dispongono Noir e rivali. Con tanto di angolo di paradiso greco-romano e un villaggio di puritani nel bel mezzo dell'Andalusia, per non farsi mancare niente.
Noir, più che sull'azione, punta sull'introspezione psicologica e sfiora tematiche legate al concetto d'identità e di libero arbitrio, sebbene non siano i motivi di maggiore interesse. Se nei primi episodi le due Noir appariranno delle banali quanto efferate assassine, da circa metà serie inizieranno a svelare la loro umanità tramite lo scontro con rivali altrettanto carismatiche.
Il primo arco narrativo è anche il più debole, per lo schema da tokusatsu "modello Lupin III" e l'assenza di avversari degni di nota. Come se ciò non bastasse, le numerose sparatorie sono noiose, prolisse e altamente ripetitive, poiché ai tempi il canale di trasmissione pretese l'emendazione di ogni traccia di sangue e violenza. Non posso pertanto biasimare chi, sconfortato dalla mancanza di indizi entro cui inquadrare la trama, troncherà la visione entro i primi dieci episodi. Ma lo commisero, perché così facendo si perderà una escalation di colpi di scena e funambolici cambi di fronte.
Devo a questo punto confermare l'asserzione di altri "colleghi" recensori: Noir è come una macchina a diesel, parte malissimo, ma una volta avviato è in continua ripresa. La trama vera e propria, basata sul legame tra Noir e Les Soldats, non manca di intrigare lo spettatore e spingerlo a divorare gli episodi che lo separano dal toccante finale. Di più non posso e non voglio dire per paura di rovinare la sorpresa.
La regia, come spesso accade per produzioni a basso costo, viaggia al risparmio, ma non manca di una sua raffinatezza. Non disponendo i mezzi per realizzare la frenesia requisito di anime dello stesso genere, Koichi Mashimo imposta la narrazione su ritmi lenti, misurati, dove ogni silenzio o indugio su un primo piano assumono una particolare vibrazione nervosa, a tutto vantaggio della caratterizzazione dei numerosi personaggi. Il disegno è quello, garbato ma non incisivo, tipico della transizione tra due decenni, i fondali in compenso fanno figura ancora oggi. Le musiche sono a cura di Yuki Kajura, ormai garanzia di qualità, ma dall'ottimo repertorio devo tagliar fuori l'opening delle Ali Project, cacofonica e gorgheggiante come si confà loro.
In definitiva Noir è un anime che ricompensa ampiamente tutti gli sforzi impiegati per portarne a termine la visione. Non mi sento di consigliarlo agli impazienti, agli amanti dell'azione e ai cultori di fiction "da uomini". La valutazione finale sarebbe potuta essere più alta, ma il confronto con "Phantom-Requiem for the Phantom", titolo che condivide con Noir regista e soggetto, vede il primo indubbiamente vincitore.
Scryed
7.0/10
Dopo un gigantesco fenomeno naturale, Il Grande Sollevamento, nella prefettura di Kanagawa iniziano a nascere gli Alter, individui dotati di incredibili super-poteri. Interessata a studiare questi mutanti, la misteriosa organizzazione Hold ottiene il permesso dal governo di creare nella zona una gigantesca città/fortezza, Lost Ground, utilizzando alcuni Alter per formare un esercito privato che mantenga l'ordine, la Holy. Kazuma è un giovane e potente Alter che vive fuori da Lost Ground e che si procura da vivere per sé e la giovanissima Kanami svolgendo lavoretti illegali per il suo amico Kimishima. La sua vita cambierà quando verrà sconfitto e catturato da uno dei più forti guerrieri di Holy, Ryuho...
Combattimenti, combattimenti e ancora combattimenti: strano accettare dopo "Infinite Ryvius" una storia di tutt'altro genere, passando dal dramma psicologico allo shonen action più puro, ma è così che va il mondo e nel 2001 Goro Taniguchi ha modo di dimostrare la sua abilità anche in questo campo, gettando le basi per un' "animegrafia" che, nella sua interezza, contemplerà in egual misura, quasi a suggerire due facce della stessa medaglia, sia storie di una certa profondità psicologica che quelle di semplicissimi, quasi primitivi combattimenti, pur non rinunciando a un'autorialità unica che farà splendere entrambi. Al suo secondo lavoro ritrova lo sceneggiatore Yousuke Kurada e il chara designer Hisashi Hirai, provenienti come lui da Ryvius, creando una bizzarra commistione tra gli X-Men e Jojo, "s-CRY-ed", dietro il cui enigmatico titolo (il cui senso è rivelato solo nel manga uscito successivamente) si cela una produzione di un certo carisma per gli amanti delle scazzottate.
Se è inevitabile un intreccio di linearità estrema, vista la natura disimpegnata dell'opera, e la mancanza di caratterizzazioni clamorose (tolti i due protagonisti, i comprimari sono spacconi che vivono per la semplice lotta e le ragazze dei soprammobili innamorati del bel tenebroso di turno che giustamente non le calcola di striscio), non si può negare il mestiere dietro alla sua messa in scena. "s-CRY-ed" esprime gli irriducibili tratti del genere - mille schermaglie coi tirapiedi del cattivo, boss di fine livello, qualche morto per aumentare il tasso di dramma, power-up vari, sacrifici, immolazioni e cambi di fazione, senza dimenticare i soliti, perfidi complotti governativi dietro cui sta il classico villain monocaratterizzato e dalle manie da grandezza - ma è ben diretto, con personaggi principali azzeccati e una fervida fantasia nell'inventare i super poteri che i vari Alter usano contro Kazuma e Ryuho, tra velocità sovraumane, particelle che si trasformano in armi mastodontiche, uso degli elementali, entità che si materializzano dal nulla come gli Stand di Jojo etc. Si vede che il regista conosce le regole del genere e sa bene come sfruttarle, dirigendo una storia superficiale quanto si vuole ma perfetta da guardare a cervello spento, la vera dimensione dove si esprime la dignità di "s-CRY-ed".
Certo, alla fine l'opera non è certo nella lista delle priorità tra i lavori di Goro Taniguchi da recuperare: è diretta con brio, avvincente al punto che si divorano facilmente episodi su episodi, ma incapace di risvegliare particolari emozioni nei momenti drammatici, senza contare gli attori che non evolvono mai. Cause, queste, da imputare a una sceneggiatura abbastanza banale, ma anche al comparto action esagerato, basato su un numero fin troppo elevato di combattimenti ininfluenti, talvolta non coreografati in modo impeccabile (a scontri adrenalinici e dalla possente fisicità ne seguono altri poco ispirati o animati svogliatamente). Neanche le musiche e i disegni riescono a dire qualcosa: anonima la soundtrack, mentre il tratto grafico di Hirai, colorato ed essenziale, perfetto in serie drammatiche (o in futuro robotiche, come "Gundam SEED", "Fafner", etc.) nel contribuire a un effetto shock, in una storia "ignorante" di mazzate è sprecato, fuori contesto. Ma pur a fronte di tutti questi problemi, spunti interessanti non mancano: i primi tredici episodi di introduzione si rivelano intriganti grazie al carisma dell'immaturo Kazuma e ai bizzarri combattimenti che lo riguardano. Il ragazzo è irresistibile nella sua totale mancanza di intelligenza, un primitivo che conosce solo il linguaggio dei pugni per vivere e rinuncia a qualsiasi buon senso pur di prendersi la sua rivincita verso l'unico uomo che lo abbia mai sconfitto, il gelido Ryuho. Le puntate si guardano con piacere, e il drammatico colpo di scena che chiude il primo atto è sentito. Poi però la storia si adagia su binari di discreta banalità, l'assenza di twist veramente spiazzanti si fa sentire, e un po' tutti i personaggi della vicenda seguono un destino ampiamente pronosticabile. L'impressione iniziale positiva inizia a scemare gradualmente e "s-CRY-ed" diventa niente di più che una semplice, per quanto apprezzabilissima, serie d'azione.
Molto più interessanti le graffiate d'autore: Goro Taniguchi esprime nuovamente la sua inventiva rimaneggiando le immagini della sigla d'apertura (usata casualmente in tre varianti diverse, ognuna dedicata a un determinato personaggio), stravolgendo i cliché di carattere sentimentale (chi tra Scheris e Mimori farà suo Ryuho?); facendo iniziare nuovamente la storia portante, come un orologio, esattamente a metà serie, e concludendo l'intera vicenda in soli ventiquattro episodi. Gli ultimi due, spiazzanti, mostrano una interminabile scazzottata finale, senza reale senso, che si presta a stimolanti chiavi di lettura: un burrascoso commiato dall'età giovanile? Un simbolico rifiuto di adeguarsi alle regole della società? Inno alla vitalità giovanile o alla virilità di due uomini che lottano per onorare il valore dell'altro? Autorialissima, memorabile presa in giro?
"s-CRY-ed" è tutto questo e anche di più, uno shonen-anime a suo modo banale, ma non privo di svariate intuizioni capaci di galvanizzare gli appassionati di un genere che dai tempi di "Dragon Ball" ha saputo reinventarsi poco. Rimarrà alla memoria per le carismatiche figure dei suoi due eroi, la testa calda Kazuma e il calcolatore Ryuho, innovando il genere con la trovata dei fenomeni naturali/alieni/divini (scegliete voi) che cadono su una zona del Giappone portando i nascituri nelle vicinanze a ereditare incredibili poteri, come ci attestano "Sacred Seven", sempre Sunrise, e il "Guilty Crown" di casa Production I.G. Prove evidenti del successo in madrepatria di "s-CRY-ed", rievocato addirittura dieci anni dopo con due OVA riassuntivi e celebrativi nuovamente diretti da Goro Taniguchi. Sicuramente un titolo minore del regista, ma rimane una serie action con una identità precisa. Non sviluppata benissimo tenendo conto delle sue potenzialità, ma ha i suoi momenti che valgono la visione, magari come preparazione al successivo, fantastico "GUNxSWORD" dove Taniguchi realizza per davvero un capolavoro dell'animazione 100% disimpegnata.
Combattimenti, combattimenti e ancora combattimenti: strano accettare dopo "Infinite Ryvius" una storia di tutt'altro genere, passando dal dramma psicologico allo shonen action più puro, ma è così che va il mondo e nel 2001 Goro Taniguchi ha modo di dimostrare la sua abilità anche in questo campo, gettando le basi per un' "animegrafia" che, nella sua interezza, contemplerà in egual misura, quasi a suggerire due facce della stessa medaglia, sia storie di una certa profondità psicologica che quelle di semplicissimi, quasi primitivi combattimenti, pur non rinunciando a un'autorialità unica che farà splendere entrambi. Al suo secondo lavoro ritrova lo sceneggiatore Yousuke Kurada e il chara designer Hisashi Hirai, provenienti come lui da Ryvius, creando una bizzarra commistione tra gli X-Men e Jojo, "s-CRY-ed", dietro il cui enigmatico titolo (il cui senso è rivelato solo nel manga uscito successivamente) si cela una produzione di un certo carisma per gli amanti delle scazzottate.
Se è inevitabile un intreccio di linearità estrema, vista la natura disimpegnata dell'opera, e la mancanza di caratterizzazioni clamorose (tolti i due protagonisti, i comprimari sono spacconi che vivono per la semplice lotta e le ragazze dei soprammobili innamorati del bel tenebroso di turno che giustamente non le calcola di striscio), non si può negare il mestiere dietro alla sua messa in scena. "s-CRY-ed" esprime gli irriducibili tratti del genere - mille schermaglie coi tirapiedi del cattivo, boss di fine livello, qualche morto per aumentare il tasso di dramma, power-up vari, sacrifici, immolazioni e cambi di fazione, senza dimenticare i soliti, perfidi complotti governativi dietro cui sta il classico villain monocaratterizzato e dalle manie da grandezza - ma è ben diretto, con personaggi principali azzeccati e una fervida fantasia nell'inventare i super poteri che i vari Alter usano contro Kazuma e Ryuho, tra velocità sovraumane, particelle che si trasformano in armi mastodontiche, uso degli elementali, entità che si materializzano dal nulla come gli Stand di Jojo etc. Si vede che il regista conosce le regole del genere e sa bene come sfruttarle, dirigendo una storia superficiale quanto si vuole ma perfetta da guardare a cervello spento, la vera dimensione dove si esprime la dignità di "s-CRY-ed".
Certo, alla fine l'opera non è certo nella lista delle priorità tra i lavori di Goro Taniguchi da recuperare: è diretta con brio, avvincente al punto che si divorano facilmente episodi su episodi, ma incapace di risvegliare particolari emozioni nei momenti drammatici, senza contare gli attori che non evolvono mai. Cause, queste, da imputare a una sceneggiatura abbastanza banale, ma anche al comparto action esagerato, basato su un numero fin troppo elevato di combattimenti ininfluenti, talvolta non coreografati in modo impeccabile (a scontri adrenalinici e dalla possente fisicità ne seguono altri poco ispirati o animati svogliatamente). Neanche le musiche e i disegni riescono a dire qualcosa: anonima la soundtrack, mentre il tratto grafico di Hirai, colorato ed essenziale, perfetto in serie drammatiche (o in futuro robotiche, come "Gundam SEED", "Fafner", etc.) nel contribuire a un effetto shock, in una storia "ignorante" di mazzate è sprecato, fuori contesto. Ma pur a fronte di tutti questi problemi, spunti interessanti non mancano: i primi tredici episodi di introduzione si rivelano intriganti grazie al carisma dell'immaturo Kazuma e ai bizzarri combattimenti che lo riguardano. Il ragazzo è irresistibile nella sua totale mancanza di intelligenza, un primitivo che conosce solo il linguaggio dei pugni per vivere e rinuncia a qualsiasi buon senso pur di prendersi la sua rivincita verso l'unico uomo che lo abbia mai sconfitto, il gelido Ryuho. Le puntate si guardano con piacere, e il drammatico colpo di scena che chiude il primo atto è sentito. Poi però la storia si adagia su binari di discreta banalità, l'assenza di twist veramente spiazzanti si fa sentire, e un po' tutti i personaggi della vicenda seguono un destino ampiamente pronosticabile. L'impressione iniziale positiva inizia a scemare gradualmente e "s-CRY-ed" diventa niente di più che una semplice, per quanto apprezzabilissima, serie d'azione.
Molto più interessanti le graffiate d'autore: Goro Taniguchi esprime nuovamente la sua inventiva rimaneggiando le immagini della sigla d'apertura (usata casualmente in tre varianti diverse, ognuna dedicata a un determinato personaggio), stravolgendo i cliché di carattere sentimentale (chi tra Scheris e Mimori farà suo Ryuho?); facendo iniziare nuovamente la storia portante, come un orologio, esattamente a metà serie, e concludendo l'intera vicenda in soli ventiquattro episodi. Gli ultimi due, spiazzanti, mostrano una interminabile scazzottata finale, senza reale senso, che si presta a stimolanti chiavi di lettura: un burrascoso commiato dall'età giovanile? Un simbolico rifiuto di adeguarsi alle regole della società? Inno alla vitalità giovanile o alla virilità di due uomini che lottano per onorare il valore dell'altro? Autorialissima, memorabile presa in giro?
"s-CRY-ed" è tutto questo e anche di più, uno shonen-anime a suo modo banale, ma non privo di svariate intuizioni capaci di galvanizzare gli appassionati di un genere che dai tempi di "Dragon Ball" ha saputo reinventarsi poco. Rimarrà alla memoria per le carismatiche figure dei suoi due eroi, la testa calda Kazuma e il calcolatore Ryuho, innovando il genere con la trovata dei fenomeni naturali/alieni/divini (scegliete voi) che cadono su una zona del Giappone portando i nascituri nelle vicinanze a ereditare incredibili poteri, come ci attestano "Sacred Seven", sempre Sunrise, e il "Guilty Crown" di casa Production I.G. Prove evidenti del successo in madrepatria di "s-CRY-ed", rievocato addirittura dieci anni dopo con due OVA riassuntivi e celebrativi nuovamente diretti da Goro Taniguchi. Sicuramente un titolo minore del regista, ma rimane una serie action con una identità precisa. Non sviluppata benissimo tenendo conto delle sue potenzialità, ma ha i suoi momenti che valgono la visione, magari come preparazione al successivo, fantastico "GUNxSWORD" dove Taniguchi realizza per davvero un capolavoro dell'animazione 100% disimpegnata.
Monsters & Co.
10.0/10
E' piuttosto comune, per i bambini, aver paura del buio, perché nel buio (o negli armadi, o sotto il letto) si nasconderebbero fantomatici mostri spaventosi e cattivi.
Dopo quello dei giocattoli in "Toy Story" (1995) e quello degli insetti in "A bug's life" (1998), Disney e Pixar nel 2001 raccontano in "Monsters, Inc." il mondo in cui vivono questi mostri. Mostri che sì, esistono davvero ed escon fuori dagli armadi per spaventare i bambini, come si dice in giro.
L'ottima idea alla base del film è, tuttavia, quella di sfatare questo mito, in quanto queste coloratissime creature non spaventano i bambini per scopi malvagi, ma solo perché le urla di terrore delle loro piccole vittime costituiscono la primaria fonte d'energia che alimenta la grossa città in cui vivono, Mostropoli.
Protagonisti della storia sono una coppia di amici, James P. Sullivan (detto Sulley) e Mike Wazowsky. Il primo, un gigante peloso dal carattere tranquillo e onesto, è la star dell'azienda che raccoglie gli spaventi dei bimbi. Il secondo, una piccola e logorroica "palletta" verde con un occhio solo, è il suo migliore amico, sempre pronto a ciarlare e a fare battute.
Durante una delle incursioni di lavoro nel mondo umano, una bambina segue accidentalmente Sulley nella città dei mostri. Per i due amici, ma anche per l'intera Mostropoli, sarà l'inizio di grossi guai ma anche di una straordinaria avventura che potrebbe sovvertirne (in negativo o in positivo) l'intero equilibrio.
Nominato agli Oscar del 2002 come miglior film d'animazione (premio poi assegnato a "Shrek" della concorrente Dreamworks), "Monsters, Inc." apparve sulla scena come un lungometraggio animato maturo, decisamente valido, adatto a più livelli di fruizione. E', infatti, un film capace di piacere sia al bambino che all'adulto, in virtù dei numerosi ed eterogenei elementi che ne decretano il fascino.
Innanzitutto, lo si nota subito, è un film decisamente divertente. Colorato, ricco di personaggi simpatici e stravaganti, di trovate geniali, battute al fulmicotone ed efficaci tormentoni (chi, a distanza di anni, non se ne esce ancora, di tanto in tanto, con "Ti tengo d'occhio, Wazowsky..."?). Una spassosa parodia delle paure infantili, che trasforma mostruosi spauracchi in simpatici e indaffaratissimi salarymen, che devono sottostare alla burocrazia, prendono uno stipendio, vanno a cena al ristorante giapponese e fanno a gara con i colleghi per chi risale più in fretta la classifica del maggior numero di spaventi effettuati.
"Monsters, Inc." riprende il classico stilema della coppia di amici uno alto/grosso e più tranquillo e l'altro tappetto ed estroverso/irriverente in stile Timon e Pumbaa o Asterix e Obelix per regalarci un duo protagonista decisamente simpatico, capace di entrare nei cuori degli spettatori grazie all'ottima alchimia che si genera fra i suoi due membri. Mike, che non sta mai zitto un secondo, diverte di continuo lo spettatore con le sue gags e il suo sarcasmo, mentre Sulley, più posato ed impacciato, diventa ancora più spassoso quando costretto a gestire situazioni estreme o surreali che faranno cadere la sua maschera di tranquillità.
Azzeccatissimi sono anche tutti gli altri mostri che popolano Mostropoli, schizzatissima parodia del mondo reale, degli adulti e del lavoro, fra fidanzate degne della peggior Paperina, viscide receptionist e colleghi di ogni tipologia e carattere.
Dietro ai colori e alle risate, però, "Monsters, Inc." nasconde un intero universo di tematiche più profonde e riflessive, prima fra tutte la decostruzione dell'immagine del mostro cattivo, che qui viene raffigurato in maniera molto umana. Si ribalta il rapporto che lega mostro e bambino, si ribalta il "chi ha paura di chi", tramite la storia di questo mostrone gigantesco e spaventoso che si ritrova suo malgrado a fare da improvvisato baby sitter ad una bimba umana neonata. Il rapporto fra Sulley e la bimba (battezzata "Boo" dai mostri) è trattato con estrema tenerezza, vista la giovanissima età di quest'ultima, una creaturina adorabile e combinaguai ma capace, nel suo piccolo, di sentimenti molto forti.
Dolce e con un retrogusto malinconico capace di far scendere diverse lacrimucce sul volto degli spettatori, la storia del tenero incontro fra Sulley e Boo e di come questo finisca per rivoluzionare l'intero universo dei mostri è senza dubbio il tema portante del film, ma non è l'unico.
Insieme a un po' d'amore, di critica al mondo del lavoro e ad un pizzico d'ecologia, grande importanza ha il tema dell'amicizia, nella fattispecie quella che intercorre fra i due protagonisti. Amici intimi da sempre (il prossimo venturo prequel "Monsters University" ci mostrerà più nel dettaglio da quando), Sulley e Mike vedono incrinarsi il loro rapporto a causa della bambina e dei cambiamenti che la sua presenza sta generando nel carattere del colosso dal pelo verde acqua e viola.
Pian piano, infatti, Sulley capisce (al pari di come, al contrario, Boo capisce che i mostri non sono tutti spaventosi) che anche gli umani hanno dei sentimenti e che non sono mere pedine da sfruttare e spaventare con cattiveria, ma che anzi l'energia generata dalla loro paura è ben poca cosa rispetto a quella che deriva dai loro sentimenti positivi, prima fra tutti l'allegria.
Mike, invece, che vorrebbe semplicemente vivere in armonia con l'amico e la fidanzata, come ha sempre fatto, non vede di buon occhio questi cambiamenti.
Il contrasto fra i due amici porterà guai a entrambi, ma sarà anche risolto in una delle più belle esaltazioni dell'amicizia mai viste sul grande schermo, che contribuisce a far risaltare ancor di più questa buffa coppia di personaggi estremamente diversi fra loro ma che, nonostante questo, non possono fare a meno l'uno dell'altro.
"Monsters, Inc." è anche un grandissimo e sapientemente gestito omaggio al mondo del cinema e dell'animazione, ricco di piccoli omaggi da scovare (si citano Ray Harryhausen, "Armageddon", "Toy Story"), realizzato con una tecnica all'avanguardia. Nel 2001, di film in computer graphics ce n'erano già stati altri (anche se non ancora in un numero così esorbitante come oggi), ma "Monsters, Inc." stupisce per la grafica estremamente curata, che dona un aspetto più realistico a molti elementi degli sfondi e dei personaggi, creando uno stile molto particolare. I personaggi sono estremamente caricaturali, ma hanno numerose espressioni facciali molto vive (più di molti attori in carne ed ossa) e peli realizzati in maniera talmente realistica da farli sembrare dei giganteschi peluches viventi portati su schermo. L'intero film pullula di colori vividi (il verde, l'azzurro, il viola, il lilla), un coloratissimo affresco che trova la sua massima espressione nelle mille e più decorazioni delle porte che i mostri varcano per entrare nel mondo degli umani.
Molto piacevole è la colonna sonora firmata da Randy Newman, che, delicatamente e senza sembrare troppo invasiva, accompagna l'universo urbano di Mostropoli con musiche un po' jazz, in stile anni '50, per poi esplodere nei titoli di coda con un divertente pezzo cantato da Billy Crystal e John Goodman, i due doppiatori originali di Mike e Sulley, che con uno stile da musical teatrale torna a parlarci della forte amicizia fra i due personaggi.
Buono il doppiaggio italiano, capitanato da un sempre ottimo e irriverente Tonino Accolla nel ruolo di Mike e un robusto e pacato Adalberto Maria Merli in quello di Sulley, ma dispiace per il cambiamento del titolo da "Monsters, Inc." a "Monsters & Co." che non ha granché senso.
Uno dei migliori prodotti d'animazione recenti, che riesce ad usare sapientemente la computer grafica senza far rimpiangere troppo il disegno a mano. Il film unisce un uso sapiente della comicità (quasi mai volgare, delicata e molto efficace) ad una storia ricca di sentimento, che non fatica a entrare nel cuore dello spettatore. "Monsters, Inc." è insieme spassoso ed estramente dolce, adatto dunque sia ai bambini, che saranno conquistati dal colore e dalla simpatia dei suoi personaggi, sia agli adulti, che avranno un film d'animazione di qualità ricco di strizzatine d'occhi al loro mondo.
Dopo quello dei giocattoli in "Toy Story" (1995) e quello degli insetti in "A bug's life" (1998), Disney e Pixar nel 2001 raccontano in "Monsters, Inc." il mondo in cui vivono questi mostri. Mostri che sì, esistono davvero ed escon fuori dagli armadi per spaventare i bambini, come si dice in giro.
L'ottima idea alla base del film è, tuttavia, quella di sfatare questo mito, in quanto queste coloratissime creature non spaventano i bambini per scopi malvagi, ma solo perché le urla di terrore delle loro piccole vittime costituiscono la primaria fonte d'energia che alimenta la grossa città in cui vivono, Mostropoli.
Protagonisti della storia sono una coppia di amici, James P. Sullivan (detto Sulley) e Mike Wazowsky. Il primo, un gigante peloso dal carattere tranquillo e onesto, è la star dell'azienda che raccoglie gli spaventi dei bimbi. Il secondo, una piccola e logorroica "palletta" verde con un occhio solo, è il suo migliore amico, sempre pronto a ciarlare e a fare battute.
Durante una delle incursioni di lavoro nel mondo umano, una bambina segue accidentalmente Sulley nella città dei mostri. Per i due amici, ma anche per l'intera Mostropoli, sarà l'inizio di grossi guai ma anche di una straordinaria avventura che potrebbe sovvertirne (in negativo o in positivo) l'intero equilibrio.
Nominato agli Oscar del 2002 come miglior film d'animazione (premio poi assegnato a "Shrek" della concorrente Dreamworks), "Monsters, Inc." apparve sulla scena come un lungometraggio animato maturo, decisamente valido, adatto a più livelli di fruizione. E', infatti, un film capace di piacere sia al bambino che all'adulto, in virtù dei numerosi ed eterogenei elementi che ne decretano il fascino.
Innanzitutto, lo si nota subito, è un film decisamente divertente. Colorato, ricco di personaggi simpatici e stravaganti, di trovate geniali, battute al fulmicotone ed efficaci tormentoni (chi, a distanza di anni, non se ne esce ancora, di tanto in tanto, con "Ti tengo d'occhio, Wazowsky..."?). Una spassosa parodia delle paure infantili, che trasforma mostruosi spauracchi in simpatici e indaffaratissimi salarymen, che devono sottostare alla burocrazia, prendono uno stipendio, vanno a cena al ristorante giapponese e fanno a gara con i colleghi per chi risale più in fretta la classifica del maggior numero di spaventi effettuati.
"Monsters, Inc." riprende il classico stilema della coppia di amici uno alto/grosso e più tranquillo e l'altro tappetto ed estroverso/irriverente in stile Timon e Pumbaa o Asterix e Obelix per regalarci un duo protagonista decisamente simpatico, capace di entrare nei cuori degli spettatori grazie all'ottima alchimia che si genera fra i suoi due membri. Mike, che non sta mai zitto un secondo, diverte di continuo lo spettatore con le sue gags e il suo sarcasmo, mentre Sulley, più posato ed impacciato, diventa ancora più spassoso quando costretto a gestire situazioni estreme o surreali che faranno cadere la sua maschera di tranquillità.
Azzeccatissimi sono anche tutti gli altri mostri che popolano Mostropoli, schizzatissima parodia del mondo reale, degli adulti e del lavoro, fra fidanzate degne della peggior Paperina, viscide receptionist e colleghi di ogni tipologia e carattere.
Dietro ai colori e alle risate, però, "Monsters, Inc." nasconde un intero universo di tematiche più profonde e riflessive, prima fra tutte la decostruzione dell'immagine del mostro cattivo, che qui viene raffigurato in maniera molto umana. Si ribalta il rapporto che lega mostro e bambino, si ribalta il "chi ha paura di chi", tramite la storia di questo mostrone gigantesco e spaventoso che si ritrova suo malgrado a fare da improvvisato baby sitter ad una bimba umana neonata. Il rapporto fra Sulley e la bimba (battezzata "Boo" dai mostri) è trattato con estrema tenerezza, vista la giovanissima età di quest'ultima, una creaturina adorabile e combinaguai ma capace, nel suo piccolo, di sentimenti molto forti.
Dolce e con un retrogusto malinconico capace di far scendere diverse lacrimucce sul volto degli spettatori, la storia del tenero incontro fra Sulley e Boo e di come questo finisca per rivoluzionare l'intero universo dei mostri è senza dubbio il tema portante del film, ma non è l'unico.
Insieme a un po' d'amore, di critica al mondo del lavoro e ad un pizzico d'ecologia, grande importanza ha il tema dell'amicizia, nella fattispecie quella che intercorre fra i due protagonisti. Amici intimi da sempre (il prossimo venturo prequel "Monsters University" ci mostrerà più nel dettaglio da quando), Sulley e Mike vedono incrinarsi il loro rapporto a causa della bambina e dei cambiamenti che la sua presenza sta generando nel carattere del colosso dal pelo verde acqua e viola.
Pian piano, infatti, Sulley capisce (al pari di come, al contrario, Boo capisce che i mostri non sono tutti spaventosi) che anche gli umani hanno dei sentimenti e che non sono mere pedine da sfruttare e spaventare con cattiveria, ma che anzi l'energia generata dalla loro paura è ben poca cosa rispetto a quella che deriva dai loro sentimenti positivi, prima fra tutti l'allegria.
Mike, invece, che vorrebbe semplicemente vivere in armonia con l'amico e la fidanzata, come ha sempre fatto, non vede di buon occhio questi cambiamenti.
Il contrasto fra i due amici porterà guai a entrambi, ma sarà anche risolto in una delle più belle esaltazioni dell'amicizia mai viste sul grande schermo, che contribuisce a far risaltare ancor di più questa buffa coppia di personaggi estremamente diversi fra loro ma che, nonostante questo, non possono fare a meno l'uno dell'altro.
"Monsters, Inc." è anche un grandissimo e sapientemente gestito omaggio al mondo del cinema e dell'animazione, ricco di piccoli omaggi da scovare (si citano Ray Harryhausen, "Armageddon", "Toy Story"), realizzato con una tecnica all'avanguardia. Nel 2001, di film in computer graphics ce n'erano già stati altri (anche se non ancora in un numero così esorbitante come oggi), ma "Monsters, Inc." stupisce per la grafica estremamente curata, che dona un aspetto più realistico a molti elementi degli sfondi e dei personaggi, creando uno stile molto particolare. I personaggi sono estremamente caricaturali, ma hanno numerose espressioni facciali molto vive (più di molti attori in carne ed ossa) e peli realizzati in maniera talmente realistica da farli sembrare dei giganteschi peluches viventi portati su schermo. L'intero film pullula di colori vividi (il verde, l'azzurro, il viola, il lilla), un coloratissimo affresco che trova la sua massima espressione nelle mille e più decorazioni delle porte che i mostri varcano per entrare nel mondo degli umani.
Molto piacevole è la colonna sonora firmata da Randy Newman, che, delicatamente e senza sembrare troppo invasiva, accompagna l'universo urbano di Mostropoli con musiche un po' jazz, in stile anni '50, per poi esplodere nei titoli di coda con un divertente pezzo cantato da Billy Crystal e John Goodman, i due doppiatori originali di Mike e Sulley, che con uno stile da musical teatrale torna a parlarci della forte amicizia fra i due personaggi.
Buono il doppiaggio italiano, capitanato da un sempre ottimo e irriverente Tonino Accolla nel ruolo di Mike e un robusto e pacato Adalberto Maria Merli in quello di Sulley, ma dispiace per il cambiamento del titolo da "Monsters, Inc." a "Monsters & Co." che non ha granché senso.
Uno dei migliori prodotti d'animazione recenti, che riesce ad usare sapientemente la computer grafica senza far rimpiangere troppo il disegno a mano. Il film unisce un uso sapiente della comicità (quasi mai volgare, delicata e molto efficace) ad una storia ricca di sentimento, che non fatica a entrare nel cuore dello spettatore. "Monsters, Inc." è insieme spassoso ed estramente dolce, adatto dunque sia ai bambini, che saranno conquistati dal colore e dalla simpatia dei suoi personaggi, sia agli adulti, che avranno un film d'animazione di qualità ricco di strizzatine d'occhi al loro mondo.
L'ho trovato abbastanza piacevole ma il finale non mi ha soddisfatto completamente, anche perchè non mi è stato proprio chiaro. Un altro aspetto che non mi è piaciuto sono state le tante sparatorie della serie, che erano poco avvincenti, e senza sangue. E poi come è possibile che decine di killer professionisti non riuscissero a centrare due ragazzine? Centinaia di colpi a vuoto...
Scryed ce l'ho in lista di quelli da vedere, prossimamente.
Ho visto anche Monsters & Co. Un bel film, divertente e tenero, però dieci mi sembra esagerato, per me basta un 8.
Credo di aver spolliciato tempo fa la rece di Monsters&Co, nel caso rimedio subito. Devo dire che eccetto qualche trovata geniale (il multiverso con le porte e gli statali "mostruosi") e il maestoso comparto artistico non mi ha preso molto, sarà che Boo non mi ha ispirato abbastanza tenerezza e Micke mi sta abbastanza antipatico, non so. Il mio voto sarebbe un po' più basso (d'altronde sono una Disneyfag XD) ma condivido gran parte delle opinioni espresse nella recensione.
Scryed non lo conosco...però leggo che è di Taniguchi, con calma lo recupererò.
Complimenti ai "colleghi" !;)
Non concordo con parecchi giudizi espressi da Kary e nel mio caso il voto è un bel 10 tondo tondo, un'opera che trovo davvero sublime.
MONSTER & CO lo vidi parecchi anni addietro ed è uno di quei titoli che si riguarda sempre volentieri, fatto bene, non gli darei più di un 8 ma si tratta comunque di un parere completamente positivo
Scryed non lo conoscevo, ma mi ispira parecchio, anche questo da aggiungere alla lunga lista di anime da vedere!
Monsters & Co. è carino, ma i cartoni Usa non fanno per me, lascio il giudizio agli appasionati...
Monsters & Co. non credo di averlo visto, ma visto in una sera di noia in tv scommetto sarebbe divertente!!
Complimenti ai recensori ^ ^
diversa anche la narrazione degli episodi, molto più lenta del solito e che arriva, a mio avviso, a stancare durante alcune puntate..parlando di Noir in particolare si ha la sensazione che per 26 puntate non succeda praticamente nulla, la menata del duo Noir antico non è valorizzata a dovere e come dice bene @GianniGreed tutte le scene d'azione scadono nel ridicolo in cui loro due da sole non vengono colpite mezza volta dai nemici (cosa che invece succede in Phantom, dove quantomeno un minimo di coerenza si vede)
la sensazione che ho avuto in generale è che queste serie siano nate purtroppo in un periodo commerciale che "obbligava", come input generale e domanda di mercato, a serie abbastanza lunghe composte da pù di 20 episodi, a parer mio condensate in serie più corte sui 12 episodi sarebbero state molto più godibili
Monsters & Co. è uno dei miei film preferiti. L'ho visto un sacco di volte e quando uscì al cinema mi ci fissai tantissimo per tipo un anno, comprando ogni tipo di gadget possibile (questo bel peluche è qui accanto a me mentre scrivo, mentre nella casa di Palermo ne ho un altro di dimensioni più grandi, insieme ad altri gadget e oggetti di vario tipo basati sul film).
Questo contribuisce, in parte, a spiegare il voto massimo che gli ho assegnato, ma questa mia passione non si evince dalla recensione, che ho cercato di scrivere in maniera più oggettiva e distaccata possibile
Tenendo da parte i miei fanboysmi, Monsters & Co. di per sé è un ottimo film, pieno di bei messaggi sull'amicizia, sull'accettazione delle diversità e sulla critica del mondo degli adulti e del lavoro. E' una storia a più livelli, che può essere apprezzata dai bambini e dagli adulti, che forse se lo godranno anche di più. Fra i film della Pixar è indubbiamente il mio preferito (gli altri, per un motivo o per un altro, non mi sono piaciuti del tutto), ed è stato anche il mio film preferito in computer grafica fino al mio incontro con Ralph Spaccatutto lo scorso inverno, che è riuscito a superarlo nella mia classifica personale, riprendendo da Monsters & Co. diverse cose, fra l'altro.
E' noto che io non amo molto i film in cg e preferisco quelli disegnati a mano (infatti il mio film d'animazione preferito è Il re leone), ma non mi sono mai lamentato della cg di Monsters & Co., che è davvero bella da vedere. E' uno dei pochi film di cui non mi è mai capitato di dire "Sarebbe stato meglio se l'avessero disegnato a mano", perché i disegni fatti a mano degli adattamenti a fumetti non hanno mai reso giustizia al bellissimo, morbidissimo e coloratissimo pelo di Sulley, che tra l'altro è dei miei due colori preferiti (verde acqua e viola) messi insieme e quindi non potevo non amarlo
Attendo con ansia spasmodica l'uscita del prequel, anche se una parte di me pensa che potrebbe essere un film molto per adulti/per americani e poco d'animazione e quindi restarne delusa. Ma ci sono Sulley e Mike e quindi va visto a prescindere!
sì, ma i Phantom vengono impallinati a vista senza ferirsi mai gravemente, non parlerei nè di coerenza nè di maggior realismo...
Rispondendo anche a Nyx, ho trovato la prima metà di "Noir" piuttosto noiosa e priva di mordente, a un certo punto ho anche rischiato il drop. E dato che valuto sempre una serie nel suo complesso, a prescindere dalle buone tematiche e da finali epici (noir ha entrambi) si spiega il voto "discreto". Comunque se vuoi discuterne son qua
Ralph batte Monsters per ambientazione e Vanellope, ma è innegabile che abbia preso moolti spunti dal secondo.
Hai spiegato sufficientemente i tuoi. Io non ho riscontrato cali narrativi iniziali, mi è rimasta nel cuore proprio perchè priva di sbavature e sempre su ritmi eccellenti, non mi ha mai annoiato, cosa che (per esempio) Madlax non è riuscito a fare.
Se devo trovare un punto che mi è piaciuto un pochino meno, beh, tirerei in ballo il finale "epico". Quello mi ha un po' deluso...
Noir me lo segno!
Complimenti agli autori!
E ora non vedo l'ora che esca l'university, anche se chiaramente a livello di trama non sarà mai a questi livelliXD Spero comunque che sia bello.
Molto carino, anche se non mi aspettavo di trovare anche produzioni americane in questa rubrica... allora potremo aspettarci altri Disney prossimamente?
Pian piano le schede dei film Disney stanno comparendo, anche se sono un po' nascoste. Recensiteli, e potrete vederli nella rubrica
Ralph a mio avviso rimane una spanna sotto a Monsters perché se la gioca troppo sul lato emotivo-nostalgico ed è limitato ad un pubblico meno ampio (infatti ha incassato molto meno, specie al di fuori degli states).
Monsters inc. invece è più frizzante, più "slapstick", moderno ma allo stesso tempo retrò, con delle genialate assurde (oltre alle porte, il relativismo della diversità, cioé i mostri che hanno paura dei bambini, il tema ecologico etc) e anche dal lato delle innovazioni tecniche il film ha gettato delle basi importanti nel campo della CG più espressiva e meno macchinosa, non a caso il 2001 di Monsters e Shrek viene considerato il vero anno di transizione tra i classici film d'animazione e quelli moderni.
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