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Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).

I titoli al momento disponibili sono:

[MANGA] K-ON! College (Scadenza: 14/09/2014)

[MANGA] Giovanna D'arco (Scadenza: 17/09/2014)

[ANIME] Record of Lodoss War - La saga dei cavalieri (Scadenza: 21/09/2014)

[ANIME] Gingitsune (Scadenza: 24/09/2014)


Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo ai manga, con Narutaru, Astral Project e Fullmetal Alchemist.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.

9.0/10
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Recensire un titolo controverso come "Narutaru" è molto difficile, sopratutto se si cerca di essere obbiettivi; l'elevato valore artistico del manga di Mohiro Kitoh è comunque innegabile, nonostante l'esasperata spirale di violenza, il nichilismo e l'atmosfera opprimente che lo caratterizzano. Senza dubbio "Narutaru" è stato molto influente: scorrendo le recensioni o girando nei forum lo vedremo spesso utilizzato come metro di paragone rispetto ad altri manga e anime più recenti, come ad esempio il blasonato "Madoka Magica".

Essenzialmente "Narutaru" è un decostruttore del genere "pocket-monsters", che annovera tra i suoi esponenti più celebri "Pokémon" e "Digimon". L' espediente narrativo della decostruzione del genere viene attuato attraverso l'inserimento nel plot di elementi eccessivamente maturi, complessi ed estranei al genere di partenza; parliamo di realismo psicologico, riferimenti esoterici, esistenzialismo, mitologia, ultraviolenza, incesto, stupro (anche su minori), omicidio di massa, apocalisse, guerra nucleare e anti-americanismo.
I "Pokémon" di "Narutaru" si chiamano "draghi" e sono connessi mentalmente con i protagonisti, che possono comandarli a distanza. I personaggi vedono attraverso gli occhi del loro "drago", subiscono shock psicologici quando viene danneggiato in combattimento, possono personalizzarlo in base ai propri interessi (ad esempio quello appassionato di armi e fissato con le bambole avrà la sua loli-angelo-dragone armata di mitragliatore gatling "W/Gau-8/A Avenger") . I protagonisti non tarderanno ad usare i loro mostri per compiere vendette, stermìni di massa e abbattimenti di aerei in volo, sfogando brutalmente la rabbia che nutrono nei confronti della società e l'odio feroce che hanno accumulato verso le persone che da sempre li opprimono. Questo tema del potere ai giovani è tipico delle opere di Kitoh, così come la perfetta caratterizzazione ed espressività che contraddistingue i suoi personaggi (non posso non citare la bellezza e la finezza del precedente "Le ali di Vendemiaire" a tal proposito).

Shiina, la protagonista assoluta del manga, è una ragazzina di dodici anni che durante una vacanza al mare, nella spiaggia vicino alla casa del nonno, trova un buffo "drago" a forma di stella marina che la segue ovunque, nonostante ella non riesca a connettersi mentalmente con lui. Shiina ha i genitori divorziati, un pessimo rapporto con la madre e vive insieme al padre, un pilota di caccia (costui vanta il primato di essere l'unica persona "normale" del manga!). L'incontro con gli altri ragazzi che posseggono un "drago", gli strani eventi che coinvolgeranno la ditta per cui lavora il padre e l'ambigua amicizia con la problematica e misteriosa Akira Sakura faranno degenerare la tranquilla vita di Shiina in un baratro vertiginoso e apocalittico.

Il contrasto tra la pesantezza dei temi trattati ed il dolce tratto di Kitoh induce una sorta di estetizzazione della violenza, spesso più psicologica che fisica, e contribuisce alla creazione di situazioni molto raccapriccianti, che saranno fonte di sgomento per il lettore più sensibile.
Ho sempre trovato il character design di questo manga perfetto, in quanto i personaggi vengono volutamente disegnati in modo simile a delle bambole, per sottolineare la loro fragilità interiore e la loro incapacità di liberarsi dalle cose spiacevoli.

In "Narutaru" non mancheranno delle suggestive incursioni nel mito: in un capitolo verrà trattata la leggenda della strega "Baba Yaga", la cui casa poggia su zampe di gallina, onnipresente nelle fiabe russe; la favola di Urashima-Taro, la leggenda dell'eterno adolescente che ritroviamo in molti altri anime e manga famosi... Alcune vignette di questi episodi sembreranno delle vere e proprie visioni oniriche che, personalmente, mi hanno molto affascinato.

Il messaggio che vuole trasmetterci l'autore con tutta questa violenza è che la razza umana ha fallito: è corrotta, impura e capace di azioni mostruose. E per questo deve essere atrocemente punita. Non c'è alcuna redenzione, alcuna speranza per il genere umano.

La sceneggiatura è molto veloce e tiene incollato il lettore fino all'ultimo volume. Tuttavia alcune sottotrame vengono chiuse abbastanza frettolosamente, senza essere sufficientemente approfondite. Penso che Kitoh improvvisi molto durante la stesura dei suoi manga; egli è indubbiamente una persona molto emotiva, sensibile e assai lunatica. Avrà comunque modo di migliorarsi con "Bokurano", struggente capolavoro dalla sceneggiatura perfetta che uscirà sei anni dopo "Narutaru", nel 2004.
Il fatto che un personaggio scompaia a metà serie e la mancata risoluzione di alcune sottotrame mi impediscono di assegnare a "Narutaru" un dieci pieno. La frenesia della narrazione e la "cattiveria" malata che contraddistinguono questo titolo sono comunque insuperabili e hanno fatto scuola.

In conclusione, "Narutaru" è praticamente un cult del fumetto giapponese. Non lo consiglio assolutamente alle persone più sensibili ed impressionabili, che potrebbero rimanere scoinvolte da alcune scene pesanti. Lo consiglio, invece, a chi ha già aprezzato "Evangelion", "Saikano", "Ideon" e "The end of Evangelion". Noi italiani abbiamo la fortuna di poter disporre della versione completa e senza censure di questo manga, che è stato sospeso dalla pubblicazione in molti paesi, tra cui Germania e Francia. Il suo forte anti-americanismo, che sfocia spesso nell'odio allo stato puro, ha creato notevoli problemi con l'edizione americana, detta "Shadow Star", che è uscita piena di censure. Addirittura, quando "Narutaru" uscì su "Kappa magazine", la rivista dovette adattarsi per pubblicarlo, introducendo per la prima volta in copertina la dicitura "destinato ad un pubblico adulto".

Non fatevi quindi ingannare dal primo volume o dalle copertine. "Narutaru" ci va giù pesante.



10.0/10
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<i>”Un fumetto di qualità altissima, quasi filosofico, che ci porterà a indagare sulla vita, sulla morte e sul destino delle nostre anime”</i>
Così è scritto sul retro dell’albo di Astral Project.
<i>Quasi filosofico.</i>
Queste due paroline mi lasciarono perplesso. Cosa stavano a significare?
Avevo letto il primo volume e di filosofico c’avevo trovato ben poco; la storia è originale ed intrigante, il tratto maturo e alquanto singolare, ma di filosofico…?
Se ripenso a cosa mi balenò in testa dopo aver letto il primo volume mi scappa da ridere.
Non capivo; non capivo d’avere tra le mani un capolavoro.

La trama era semplice quanto delicata: bastava un nonnulla per farla precipitare nello scontato, in quel malefico buco nero meglio conosciuto come “Il Già Visto”; bastava un nonnulla per rendere tutta la sceneggiatura una storiella superficiale ed infantile; bastava un nonnulla per convincermi a fermare la serie.
Eppure così non è stato. Marginal, <i>già celebre per OLD BOY</i>, m’ha preso per la manina e con assoluta calma m’ha accompagnato fino alla fine del manga, per tutti e quattro i numeri.
Io non c’entravo niente, ero stato attratto dalla copertina, tutto qua... ma al mio interno scattò quella scintilla che raramente si fa viva, quella scintilla che ti fa amare un’opera fin dalla prima pagina, che ti costringe alla rilettura, ti rapisce momentaneamente e t’accoglie nel suo universo.
Ma perché?
Il disegno era, sì, bello; ma… non era quello… ciò che mi teneva con la faccia attaccata alle vignette era qualcos’altro.
Il che cosa lo capii soltanto al terzo volume.
La grandezza dei dialoghi, la bravura con cui Marginal distingue ogni singolo personaggio, dandogli una caratterizzazione eccellente sotto l’aspetto psicologico e comportamentale… ecco cosa m’accese la scintilla.

Il disegno, inusuale, di Syuji Takeya è originale; singolare nel rendere le ombre e con l’uso dei retini (l’ambientazione è resa realisticamente; alcune inquadrature dall’alto sono talmente d’impatto da inviare al lettore un senso di vertigini mai provato, fino ad ora, presso un manga), punto forte indiscusso della serie sono le scene notturne (di cui il titolo è pieno): qui il disegnatore dà il massimo con inquietanti giochi di luce ed ombre.

Il clima che si trova all’interno di questa opera è una via di mezzo tra <i>“Welcome To The N.H.K.”</i> (di cui condivide il delicato argomento, senza prenderne il tono demenziale e comico) e un’opera di Urasawa (intrighi fanta-politici differenziati, però, da una sottile linea psicologica e filosofica, affrontata con eccellente bravura).
La lettura scorre velocemente e… sì: porta realmente a riflettere su alcune tematiche importanti, quali: la vita, la morte e il valore del rapporto familiare.

Concludendo:
sì, questo è <i>un fumetto di qualità altissima</i> di cui consiglio vivamente la lettura, almeno per saggiare la bravura di questo sceneggiatore.
All’interno della serie troverete, inoltre, una perla rarissima: nell’ultimo volume lo spirito Melmoso, personaggio dell’opera, sarà protagonista del più grande, colossale e prestigioso monologo che abbia mai letto in un manga; arrivando, qualitativamente ai livelli di un saggio filosofico.

<i>Quasi filosofico</i> era scritto sul retro dell’albo...



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Non so perché, ma più le opere sono note più io divento diffidente. E quando le leggo finisco che le trovo brutte, scontate, aventi tutte le caratteristiche che non vorrei mai leggere. Con i manga la mia idiosincrasia per il mainstream non si è manifestata per parecchio tempo, ma qualche tempo fa, dopo essermi trascinata una vecchia serie famosa che non ingranava mai, che aveva a mio parere un sacco di difetti e che pure aveva un sacco di recensioni positive, la diffidenza è ritornata. Diffidenza che avevo anche all'inizio di Fullmetal Alchemist, e a dire il vero il primo volume sembrava dare ragione ai miei timori. Mi sembrava che l'autrice non avesse la più pallida idea di dove stesse portando i suoi protagonisti, i capitoli erano lunghi, la sceneggiatura quasi interamente costituita da inforigurgiti, lo stile di disegno non mi piaceva. Non un bel quadro. Ma, contrariamente alle mie aspettative, il manga è migliorato. Già dal secondo volume, chissà come, questi difetti erano quasi spariti, e nei successivi le cose andarono ancora meglio. Certo, continuo a trovarvi alcuni difetti, ma ciò nonostante trovo questa serie godibile e degna di essere letta. La storia, ad esempio, è a mio parere molto originale, anche considerando l'evidente documentazione dell'autrice. Trovo che verso la metà la Arakawa perda un po' di vista la ricerca dei fratelli Elric per concentrarsi troppo sugli Homunculus e vari intrighi politici, ma ciò nonostante si ha sempre la curiosità di sapere cosa succederà e la tensione non scema, anzi aumenta. Alcune trovate o singole scene mi hanno davvero colpita per il loro ardire; abituata ad alcuni shonen stucchevoli, in cui le tante mazzate non riuscivano ad esprimere affatto la violenza della situazione, sono rimasta davvero sorpresa. Ora capisco perché molti pensano che Fullmetal Alchemist sia seinen; forse lo è davvero.

Altra cosa che mi ha lasciata sorpresa e soddisfatta è che i vari combattimenti presenti, udite udite, avevano una ragione di essere. I protagonisti non combattono solo perché è un manga d'azione e la mangaka ha deciso così, ma perché i loro valori e gli avvenimenti lo richiedono. Non a caso anche i dialoghi hanno un ruolo importante nella vicenda, forse anche i più dei combattimenti. Grazie a questi i personaggi esprimono le loro idee, fanno capire al lettore e agli altri personaggi le ragioni dei loro gesti, si confrontano gli uni con gli altri senza necessariamente ricorrere alle "maniere cattive". A proposito dei personaggi: l'introspezione psicologica è molto buona, anche e soprattutto dei cattivi, ma alcune cose mi lasciano perplessa. Ad esempio, trovo che i personaggi buoni siano troppo buoni. La Arakawa getta sempre ombre sul loro passato, li fa torturare dal rimorso, gli fa fare le più disparate atrocità; ma loro rimangono buoni. Anzi, i loro scheletri nell'armadio li fanno sembrare ancora più buoni; cosicché mi risultano idealizzati ed inverosimili. Difficile decidere quali dei tanti protagonisti sia il più Gary Stu/Mary Sue (nel gergo delle fanfiction, i personaggi superipermega perfetti). Si accettano scommesse, ma onestamente darei il premio "Gary Stu del Manga" a Roy Mustang. Il suo sogno è diventare il Führer di Amestris, e fin qui tutto bene. Ma lui NON desidera diventarlo per mera ambizione personale: vuole farlo per evitare che si svolgano altre guerre sanguinose in cui perderebbero la vita tanti innocenti. Questa spiegazione a livello della storia è ben giustificata dalla sua precedente esperienza, ma rimane lo stesso un comportamento finto che difficilmente nella realtà troverebbe spazio. Per quanto riguarda il premio Mary Sue la scelta è dura; più o meno tutte se la giocano ai playoff, perché tra militari, alchimiste casalinghe e ragazzine che nel loro campo sono più brave di gente decisamente più vecchia di loro abbiamo l'imbarazzo della scelta. Non è un punto positivo; anzi, è un vero e proprio peccato, perché nonostante tutto l'introspezione psicologica è ottima.

Altra cosa che da un lato mi lascia contenta e da un lato non mi soddisfa è il tratto della Arakawa. Trovo, ad esempio, che questo sia il manga dove i combattimenti siano disegnati meglio tra quelli che ho letto; spesso sono soltanto un'accozzaglia di linee e macchie di inchiostro dove non si capisce nulla, ma in Fullmetal Alchemist è facilissimo seguire tutte le battaglie. Dall'altro lato, però, i personaggi mi danno un'impressione di pinguedine che trovo fastidiosa. I visi sono rotondissimi, i corpi mi sembrano sempre cicciottelli, anche se so che in realtà sono magri. Penso che siano meglio i corpi privi di spigoli di Hiromu Arakawa piuttosto che quelli tutti spigoli e nessuna rotondità di, ad esempio, Ai Yazawa, ma vederli mi dà fastidio. Per il resto ottima la capacità di disegnare le espressioni, anche con l'armatura di Al, e buone anche le inquadrature.
Alla fine dovrò rimangiarmi la mia opinione sui mainstream, almeno per una volta.