Una delle immagini più iconiche del Giappone è senza dubbio la figura della geisha: il suo volto interamente truccato di bianco ricorda la maschere enigmatiche del teatro No, i suoi capelli sono acconciati in fogge complicate, il suo corpo è avvolto e celato da splendidi kimono finemente ricamati. Solo pochi fortunati riescono ad incrociarne una per le vie delle città nipponiche: pur indossando sandali dai tacchi proibitivi, riescono a muoversi veloci e leggiadre facendoci dubitare della nostra vista. Scopriamo insieme allora qualcosa di più su questa vera leggenda del Giappone!
1) All'inizio le geisha erano uomini
Ebbene sì, il simbolo di un mondo tutto al femminile nasce uomo! La figura della geisha nasce infatti intorno all'inizio del XVI secolo, nei quartieri dei divertimenti: erano anche chiamati "hokan" (l'equivalente del buffone di corte) o "taiko mochi" (letteralmente portatore di tamburi). Essi, grazie alla loro conversazione leggera e al loro talento comico e musicale, animavano le serate nei locali dei quartieri dei piaceri, dove gli uomini si recavano principalmente per divertirsi e, se capitava, concludere la serata nel letto di una yujo, cioè una prostituta.
Fu nel 1751 che apparve la prima donna taiko-mochi a Shimabara, quartiere di Kyoto; in pochi anni un numero sempre maggiore di donne intraprese questa professione. All'inizio erano denominate "onna geisha", cioè geisha donna appunto; verso il 1780 le donne divennero più numerose degli uomini e dopo il 1800 gli uomini erano così pochi che non c'era più bisogno di specificare il sesso della geisha e il termine prese il significato che ha ancora oggi. In tutte le principali città del Giappone (Kyoto e Tokyo in particolare) sorsero quartieri, detti hanamachi ("città dei fiori") dove furono concentrate le ochaya (case da tè) e gli okiya (le case delle geisha) in cui poter usufruire del loro talento.
2) I termini geisha, geiko e geigi sono sinonimi
Anche se geisha è senza dubbio il termine più usato, sia geiko che geigi indicano la stessa cosa: una donna che distrae gli invitati in un locale con canti, danze, musiche tradizionali e una piacevole conversazione. Tutte e tre le parole hanno in comune il kanji "gei" che significa "arte". In particolare poi "sha" vuol dire persona, "ko" vuol dire bambino e "gi" indica una donna che anima un banchetto con canti e musica tradizionale. In particolare "geiko" è usato soprattutto nella regione del Kansai, mentre "geigi" a Niigata.
3) Le apprendiste hanno un loro nome
Prima di poter essere chiamate geisha, bisogna seguire un lungo apprendistato fatto di molte lezioni sia teoriche che pratiche. Per distinguere le studentesse dalle geisha si usano diversi appellativi: ad esempio nella regione del Kansai sono chiamate "maiko" che vuol dire "bambino che danza", questo perché di solito il loro principale talento è appunto il ballo e spesso sono chiamate ad esibirsi durante i ricevimenti.
A Kyoto poi si distinguono anche i vari livelli di studio: durante il primo anno le ragazze (di età compresa fra i 15 e i 20 anni) iniziano a studiare le varie discipline artistiche, l'etichetta di comportamento, aiutano le più grandi e sono chiamate "shikomi". Dopo aver superato un esame, diventano "minarai", iniziano a vestirsi e a truccarsi secondo i costumi tradizionali e accompagnano le senpai alle serate per prendere confidenza con il lavoro. Infine c'è il debutto vero e proprio che determina il passaggio allo status di maiko.
A Tokyo invece si usa il termine "hangyoku" che significa "mezzo gioiello": le apprendiste infatti ricevono un compenso che è circa la metà di quello delle geisha.
4) Le geisha e le apprendiste si distinguono dall'acconciatura
Anche qui ci sono differenze a seconda della regione del Giappone: le geisha di Kyoto raccolgono i capelli in un elaborato chignon denominato Taka shimada mentre per quelle di Tokyo è lo Tsubushi shimada.
Addirittura, nei tempi antichi, le geisha erano solite dormire su un apposito cuscino per preservare queste elaborate acconciature per circa una settimana.
Anche per le apprendiste abbiamo nomi diversi: a Tokyo si usa il Momoware mentre a Kyoto si può trovare o il Wareshinobu o l’Ofuku a seconda del livello raggiunto. Inoltre le acconciature delle ragazze più giovani sono realizzate usando i loro capelli (e non delle parrucche come per le geisha) e spesso sono abbellite con accessori detti kanzashi.
5) Le geisha e le apprendiste si distinguono anche per l'abbigliamento
Rispetto ai kimono che portano le donne normali, quelle di geisha e maiko sono chiamati hikizuri, sono più lunghi, per poter scivolare con grazia lungo i tatami e di solito sono indossati in modo che la nuca sia in bella vista, in modo da accentuarne la sensualità. Ma mentre le geisha portano kimono a maniche corte detti tomesode con motivi più fini e colori più sobri (come si conviene all'età adulta), le maiko indossano i furisode, che hanno maniche molto lunghe e che sono tipici delle ragazze non sposate.
Inoltre i colori sono più accesi e i disegni ricoprono tutta la superficie della stoffa. Un occhio esperto poi può capire se ci si trova davanti ad una geisha o una maiko e da quale regione proviene semplicemente osservando il modo in cui è annodato l'obi (la cintura con cui si chiude il kimono).
6) Le geisha e le apprendiste si distinguono anche per il trucco
Il tipico trucco bianco che ricopre il viso di geisha e maiko è detto oshiroi. È costituito da una polvere che va mescolata all'acqua e quindi applicata sul viso, sul collo e sulla nuca dopo averli ricoperti con olio di camelia per proteggere la pelle. Il trucco si completa poi con ombretto rosso, eye-liner nero e rossetto rosso vivo; il tutto era stato concepito nei secoli passati per far risaltare i volti alla luce delle candele e perché il bianco era sinonimo di bellezza.
Purtroppo a volte nella polvere era contenuto anche del piombo che a lungo andare poteva avvelenare le donne che ne facevano uso. Man mano che una geisha diventa grande, il trucco diventa sempre più discreto, fino a sparire dopo i trent'anni.
7) Le geisha possono avere i denti tinti di nero
È un'usanza che risale al periodo Heian (794-1185) detta ohaguro (letteralmente denti neri): la praticavano sia le geisha che le donne sposate per distinguersi dalle concubine e dagli animali. Quando nel XIX secolo il Giappone si aprì all'Occidente, questa pratica fu vietata, in quanto giudicata scioccante dagli stranieri; al giorno d'oggi è praticata ancora dalle maiko di Kyoto durante il Sakko, un periodo di alcune settimane che segna la fine della loro carriera.
8) Per incontrare una geisha bisogna far parte della clientela di una ochaya o di un ryotei
Le geisha lavorano principalmente in due contesti: o nei ryotei (ristoranti tradizionali) o nelle ochaya (case da thè con sale arredate in modo tradizionale). In alcuni casi le ochaya coincidono con le okiya, cioè le pensioni dove vivono geisha e maiko e i cui proprietari gestiscono la carriera delle loro protette. Per poter accedere all'interno di una di queste strutture si deve essere invitati oppure presentati da un habitué del locale, che farà da garante.
Anche perché il conto non viene mai pagato a fine serata, ma la fattura è inviata al cliente molti giorni dopo (a volte anche settimane dopo), quindi si deve essere sicuri dell'onestà e della rispettabilità dell'ospite. Ovviamente un cliente abituale di una ochaya o di un ryotei non può assolutamente andare in un altro locale (a meno che non vi sia stato invitato): sarebbe considerato un affronto. Molto spesso i padri portano i figli con loro, per presentarli e farli diventare habitué a loro volta creando un legame che si tramanda per generazioni.
9) Non si può contattare direttamente una geisha
Anche se fate parte di quei pochi eletti che frequentano un ryotei o una casa da thè e volete organizzare un ozashiki, cioè un banchetto tradizionale che comprenda anche l'intrattenimento di una o più geisha, è assolutamente fuori discussione che siate voi a contattare direttamente le vostra geisha preferita. Dovrete contattare la padrona del locale e discutere con lei tutti i dettagli della serata: numero di invitati, portate da servire, bevande e la presenza di qualche forma di intrattenimento. In questa sede potrete esprimere la vostra preferenza per una geisha o una maiko che avete apprezzato in precedenza oppure potrete lasciar fare alla padrona che conoscendo bene i vostri gusti sarà in grado di scegliere per voi.
Anche se la serata fosse organizzata fuori dalla ochaya, l'iter da seguire sarà il medesimo. In alcuni casi potrebbe essere necessario prenotare il tutto con molto anticipo perché alcune geisha sono molto richieste. È un sistema sicuramente molto complesso che però conferisce fascino e mistero a tutto questo universo. Con la crisi economica e il boom di turisti anche le geisha però si sono dovute aprire un po' verso l'esterno e quindi è possibile anche per persone solo di passaggio avere un contatto con loro, seppur fugace, grazie ad alcune iniziative, come ad esempio questa: "Kyoto Cuisine and Maiko Evening" con un sito internet.
10) Quanto guadagna una geisha?
Difficile conoscere a quanto ammonta lo stipendio di una geisha, un po' per l'estrema discrezione che regola questo mondo, un po' perché può variare molto in base al quartiere dove esercita. Una stima approssimativa potrebbe essere intorno ai 500 euro per due ore di lavoro; inoltre le geisha molto richieste non restano che per una parte della cena e possono passare da un banchetto all'altro, incassando in toto quello che guadagnano. L'età non è un fattore determinante: a 20 anni o a 40 si percepisce lo stesso onorario. In più in alcuni casi possono ricevere anche delle mance, il cui valore minimo si aggira attorno ai 75 euro; può essere consegnato direttamente alla geisha o incluso nel conto finale.
I nomi con cui si può chiamare l'onorario sono decisamente evocativi: c'è l'ohanadai, traducibile come il denaro del fiore, dove il fiore è appunto la geisha e da cui è derivata anche l'espressione "mondo dei fiori e dei salici" per indicare questo complesso universo; c'è il gyokudai che significa il prezzo del gioiello ed indica il valore di una geisha per i suoi talenti artistici. Infine c'è il senkoudai che può essere tradotto come il prezzo dell'incenso, questo perché nei tempi antichi si calcolava l'onorario di una geisha contando il numero di bastoncini di incenso che erano stati consumati durante la serata. Pur guadagnando somme non indifferenti bisogna però rammentare che le geisha devono anche spendere cifre considerevoli per rinnovare spesso il loro guardaroba (kimono e relativi accessori sono molto cari) e per pagare le lezioni di danza, musica e quant'altro serva al loro lavoro.
11) Cos'è esattamente il danna per una geisha?
La parola "danna" significa "marito" ed è praticamente il finanziatore ufficiale di una geisha. Nei tempi andati essere il danna di una geisha era molto prestigioso perché significava due cose: essere molto ricchi ed essere anche persone molto influenti, ben conosciute nell'ambito di quel quartiere e godere di un'ottima fama. Per concludere l'accordo, occorre l'intercessione del proprietario del locale presso cui l'uomo si reca abitualmente e dove presumibilmente ha avuto modo di conoscere e apprezzare la geisha e la padrona dell'okiya in cui ella vive.
Se la geisha è interessata, si iniziano a discutere i termini finanziari dell'accordo: il danna si impegna a versare una rendita mensile per coprire le spese del vivere quotidiano più eventualmente kimono, obi e altri accessori mentre la geisha darà sempre la priorità al danna rispetto agli altri clienti, chiederà a lui il permesso di incontrare altri uomini in maniera informale, gli darà fiducia incondizionata e soprattutto non dovrà mai tradire quella del danna. Tutto questo viene deciso attraverso degli intermediari in modo che danna e geisha non discutano mai direttamente per far sì che qualora non si trovasse un accordo soddisfacente per ambo le parti, ci si possa ritirare dignitosamente.
Ai nostri giorni solo una geisha su cinque ha un protettore e se nel passato egli era sempre anche l'amante della geisha, ora non è più così.
12) Le geisha non sono prostitute
In molti hanno confuso la figura della geisha con quella della oiran, prostituta d'alto bordo con un'educazione artistica e culturale uguale a quella della geisha. In passato entrambe esercitavano la loro professione nei quartieri dei divertimenti (come quello di Yoshiwara a Tokyo) ma i loro ruoli erano ben definiti: la geisha intratteneva i clienti durante la cena, l'oiran invece nel dopo cena. Inoltre le geisha dovevano vestirsi in maniera più sobria, con meno accessori e soprattutto l'obi doveva essere annodato dietro la schiena (mentre quello dell'oiran, che doveva spogliarsi più di una volta durante una notte, era annodato davanti per comodità). Sicuramente ci saranno state geisha che, spinte dal bisogno di denaro oppure costrette da padroni senza scrupoli, si sono prostituite, ma era un'eccezione e non la norma.
Fonte consultata:
NipponConnection
1) All'inizio le geisha erano uomini
Ebbene sì, il simbolo di un mondo tutto al femminile nasce uomo! La figura della geisha nasce infatti intorno all'inizio del XVI secolo, nei quartieri dei divertimenti: erano anche chiamati "hokan" (l'equivalente del buffone di corte) o "taiko mochi" (letteralmente portatore di tamburi). Essi, grazie alla loro conversazione leggera e al loro talento comico e musicale, animavano le serate nei locali dei quartieri dei piaceri, dove gli uomini si recavano principalmente per divertirsi e, se capitava, concludere la serata nel letto di una yujo, cioè una prostituta.
Fu nel 1751 che apparve la prima donna taiko-mochi a Shimabara, quartiere di Kyoto; in pochi anni un numero sempre maggiore di donne intraprese questa professione. All'inizio erano denominate "onna geisha", cioè geisha donna appunto; verso il 1780 le donne divennero più numerose degli uomini e dopo il 1800 gli uomini erano così pochi che non c'era più bisogno di specificare il sesso della geisha e il termine prese il significato che ha ancora oggi. In tutte le principali città del Giappone (Kyoto e Tokyo in particolare) sorsero quartieri, detti hanamachi ("città dei fiori") dove furono concentrate le ochaya (case da tè) e gli okiya (le case delle geisha) in cui poter usufruire del loro talento.
2) I termini geisha, geiko e geigi sono sinonimi
Anche se geisha è senza dubbio il termine più usato, sia geiko che geigi indicano la stessa cosa: una donna che distrae gli invitati in un locale con canti, danze, musiche tradizionali e una piacevole conversazione. Tutte e tre le parole hanno in comune il kanji "gei" che significa "arte". In particolare poi "sha" vuol dire persona, "ko" vuol dire bambino e "gi" indica una donna che anima un banchetto con canti e musica tradizionale. In particolare "geiko" è usato soprattutto nella regione del Kansai, mentre "geigi" a Niigata.
3) Le apprendiste hanno un loro nome
Prima di poter essere chiamate geisha, bisogna seguire un lungo apprendistato fatto di molte lezioni sia teoriche che pratiche. Per distinguere le studentesse dalle geisha si usano diversi appellativi: ad esempio nella regione del Kansai sono chiamate "maiko" che vuol dire "bambino che danza", questo perché di solito il loro principale talento è appunto il ballo e spesso sono chiamate ad esibirsi durante i ricevimenti.
A Kyoto poi si distinguono anche i vari livelli di studio: durante il primo anno le ragazze (di età compresa fra i 15 e i 20 anni) iniziano a studiare le varie discipline artistiche, l'etichetta di comportamento, aiutano le più grandi e sono chiamate "shikomi". Dopo aver superato un esame, diventano "minarai", iniziano a vestirsi e a truccarsi secondo i costumi tradizionali e accompagnano le senpai alle serate per prendere confidenza con il lavoro. Infine c'è il debutto vero e proprio che determina il passaggio allo status di maiko.
A Tokyo invece si usa il termine "hangyoku" che significa "mezzo gioiello": le apprendiste infatti ricevono un compenso che è circa la metà di quello delle geisha.
4) Le geisha e le apprendiste si distinguono dall'acconciatura
Anche qui ci sono differenze a seconda della regione del Giappone: le geisha di Kyoto raccolgono i capelli in un elaborato chignon denominato Taka shimada mentre per quelle di Tokyo è lo Tsubushi shimada.
Addirittura, nei tempi antichi, le geisha erano solite dormire su un apposito cuscino per preservare queste elaborate acconciature per circa una settimana.
Anche per le apprendiste abbiamo nomi diversi: a Tokyo si usa il Momoware mentre a Kyoto si può trovare o il Wareshinobu o l’Ofuku a seconda del livello raggiunto. Inoltre le acconciature delle ragazze più giovani sono realizzate usando i loro capelli (e non delle parrucche come per le geisha) e spesso sono abbellite con accessori detti kanzashi.
5) Le geisha e le apprendiste si distinguono anche per l'abbigliamento
Rispetto ai kimono che portano le donne normali, quelle di geisha e maiko sono chiamati hikizuri, sono più lunghi, per poter scivolare con grazia lungo i tatami e di solito sono indossati in modo che la nuca sia in bella vista, in modo da accentuarne la sensualità. Ma mentre le geisha portano kimono a maniche corte detti tomesode con motivi più fini e colori più sobri (come si conviene all'età adulta), le maiko indossano i furisode, che hanno maniche molto lunghe e che sono tipici delle ragazze non sposate.
Inoltre i colori sono più accesi e i disegni ricoprono tutta la superficie della stoffa. Un occhio esperto poi può capire se ci si trova davanti ad una geisha o una maiko e da quale regione proviene semplicemente osservando il modo in cui è annodato l'obi (la cintura con cui si chiude il kimono).
6) Le geisha e le apprendiste si distinguono anche per il trucco
Il tipico trucco bianco che ricopre il viso di geisha e maiko è detto oshiroi. È costituito da una polvere che va mescolata all'acqua e quindi applicata sul viso, sul collo e sulla nuca dopo averli ricoperti con olio di camelia per proteggere la pelle. Il trucco si completa poi con ombretto rosso, eye-liner nero e rossetto rosso vivo; il tutto era stato concepito nei secoli passati per far risaltare i volti alla luce delle candele e perché il bianco era sinonimo di bellezza.
Purtroppo a volte nella polvere era contenuto anche del piombo che a lungo andare poteva avvelenare le donne che ne facevano uso. Man mano che una geisha diventa grande, il trucco diventa sempre più discreto, fino a sparire dopo i trent'anni.
7) Le geisha possono avere i denti tinti di nero
È un'usanza che risale al periodo Heian (794-1185) detta ohaguro (letteralmente denti neri): la praticavano sia le geisha che le donne sposate per distinguersi dalle concubine e dagli animali. Quando nel XIX secolo il Giappone si aprì all'Occidente, questa pratica fu vietata, in quanto giudicata scioccante dagli stranieri; al giorno d'oggi è praticata ancora dalle maiko di Kyoto durante il Sakko, un periodo di alcune settimane che segna la fine della loro carriera.
8) Per incontrare una geisha bisogna far parte della clientela di una ochaya o di un ryotei
Le geisha lavorano principalmente in due contesti: o nei ryotei (ristoranti tradizionali) o nelle ochaya (case da thè con sale arredate in modo tradizionale). In alcuni casi le ochaya coincidono con le okiya, cioè le pensioni dove vivono geisha e maiko e i cui proprietari gestiscono la carriera delle loro protette. Per poter accedere all'interno di una di queste strutture si deve essere invitati oppure presentati da un habitué del locale, che farà da garante.
Anche perché il conto non viene mai pagato a fine serata, ma la fattura è inviata al cliente molti giorni dopo (a volte anche settimane dopo), quindi si deve essere sicuri dell'onestà e della rispettabilità dell'ospite. Ovviamente un cliente abituale di una ochaya o di un ryotei non può assolutamente andare in un altro locale (a meno che non vi sia stato invitato): sarebbe considerato un affronto. Molto spesso i padri portano i figli con loro, per presentarli e farli diventare habitué a loro volta creando un legame che si tramanda per generazioni.
9) Non si può contattare direttamente una geisha
Anche se fate parte di quei pochi eletti che frequentano un ryotei o una casa da thè e volete organizzare un ozashiki, cioè un banchetto tradizionale che comprenda anche l'intrattenimento di una o più geisha, è assolutamente fuori discussione che siate voi a contattare direttamente le vostra geisha preferita. Dovrete contattare la padrona del locale e discutere con lei tutti i dettagli della serata: numero di invitati, portate da servire, bevande e la presenza di qualche forma di intrattenimento. In questa sede potrete esprimere la vostra preferenza per una geisha o una maiko che avete apprezzato in precedenza oppure potrete lasciar fare alla padrona che conoscendo bene i vostri gusti sarà in grado di scegliere per voi.
Anche se la serata fosse organizzata fuori dalla ochaya, l'iter da seguire sarà il medesimo. In alcuni casi potrebbe essere necessario prenotare il tutto con molto anticipo perché alcune geisha sono molto richieste. È un sistema sicuramente molto complesso che però conferisce fascino e mistero a tutto questo universo. Con la crisi economica e il boom di turisti anche le geisha però si sono dovute aprire un po' verso l'esterno e quindi è possibile anche per persone solo di passaggio avere un contatto con loro, seppur fugace, grazie ad alcune iniziative, come ad esempio questa: "Kyoto Cuisine and Maiko Evening" con un sito internet.
10) Quanto guadagna una geisha?
Difficile conoscere a quanto ammonta lo stipendio di una geisha, un po' per l'estrema discrezione che regola questo mondo, un po' perché può variare molto in base al quartiere dove esercita. Una stima approssimativa potrebbe essere intorno ai 500 euro per due ore di lavoro; inoltre le geisha molto richieste non restano che per una parte della cena e possono passare da un banchetto all'altro, incassando in toto quello che guadagnano. L'età non è un fattore determinante: a 20 anni o a 40 si percepisce lo stesso onorario. In più in alcuni casi possono ricevere anche delle mance, il cui valore minimo si aggira attorno ai 75 euro; può essere consegnato direttamente alla geisha o incluso nel conto finale.
I nomi con cui si può chiamare l'onorario sono decisamente evocativi: c'è l'ohanadai, traducibile come il denaro del fiore, dove il fiore è appunto la geisha e da cui è derivata anche l'espressione "mondo dei fiori e dei salici" per indicare questo complesso universo; c'è il gyokudai che significa il prezzo del gioiello ed indica il valore di una geisha per i suoi talenti artistici. Infine c'è il senkoudai che può essere tradotto come il prezzo dell'incenso, questo perché nei tempi antichi si calcolava l'onorario di una geisha contando il numero di bastoncini di incenso che erano stati consumati durante la serata. Pur guadagnando somme non indifferenti bisogna però rammentare che le geisha devono anche spendere cifre considerevoli per rinnovare spesso il loro guardaroba (kimono e relativi accessori sono molto cari) e per pagare le lezioni di danza, musica e quant'altro serva al loro lavoro.
11) Cos'è esattamente il danna per una geisha?
La parola "danna" significa "marito" ed è praticamente il finanziatore ufficiale di una geisha. Nei tempi andati essere il danna di una geisha era molto prestigioso perché significava due cose: essere molto ricchi ed essere anche persone molto influenti, ben conosciute nell'ambito di quel quartiere e godere di un'ottima fama. Per concludere l'accordo, occorre l'intercessione del proprietario del locale presso cui l'uomo si reca abitualmente e dove presumibilmente ha avuto modo di conoscere e apprezzare la geisha e la padrona dell'okiya in cui ella vive.
Se la geisha è interessata, si iniziano a discutere i termini finanziari dell'accordo: il danna si impegna a versare una rendita mensile per coprire le spese del vivere quotidiano più eventualmente kimono, obi e altri accessori mentre la geisha darà sempre la priorità al danna rispetto agli altri clienti, chiederà a lui il permesso di incontrare altri uomini in maniera informale, gli darà fiducia incondizionata e soprattutto non dovrà mai tradire quella del danna. Tutto questo viene deciso attraverso degli intermediari in modo che danna e geisha non discutano mai direttamente per far sì che qualora non si trovasse un accordo soddisfacente per ambo le parti, ci si possa ritirare dignitosamente.
Ai nostri giorni solo una geisha su cinque ha un protettore e se nel passato egli era sempre anche l'amante della geisha, ora non è più così.
12) Le geisha non sono prostitute
In molti hanno confuso la figura della geisha con quella della oiran, prostituta d'alto bordo con un'educazione artistica e culturale uguale a quella della geisha. In passato entrambe esercitavano la loro professione nei quartieri dei divertimenti (come quello di Yoshiwara a Tokyo) ma i loro ruoli erano ben definiti: la geisha intratteneva i clienti durante la cena, l'oiran invece nel dopo cena. Inoltre le geisha dovevano vestirsi in maniera più sobria, con meno accessori e soprattutto l'obi doveva essere annodato dietro la schiena (mentre quello dell'oiran, che doveva spogliarsi più di una volta durante una notte, era annodato davanti per comodità). Sicuramente ci saranno state geisha che, spinte dal bisogno di denaro oppure costrette da padroni senza scrupoli, si sono prostituite, ma era un'eccezione e non la norma.
Fonte consultata:
NipponConnection
Però non sapevo che la geisha potesse tingersi i denti di nero: ho visto questa pratica ne La storia della principessa splendente di Takahata e mi è parsa orribile.
Grazie mille, Hachi!
Non sapevo della tradizione di tingere i denti di nero. È abbastanza inquietante XD
Sarebbe da aggiungere qualcosa sul tipo di intrattenimento per capire perché i clienti dovrebbero pagare cosí tanto per questi "spettacoli". Raccontano storie? Portano le cibarie? Fanno spettacoli? Sarebbe interessante sapere di piú
Questo ancora oggi viene molto confuso, anch'io inizialmente ne ero convinta, vuoi perchè non conoscevo la cultura vuoi che c'è sempre disinformazione su ciò che non si conosce, ma era un'idea quasi innata.
Questi aricoli sono sempre più interessanti.
Noto pure che guadagnano molto bene, s enon sbaglio iniziano da bambine a conoscere tutte le arti che intrattengono i clienti. Sarebbe bello vederle o se ci fosse qualche video per capire cosa fanno durante le serate.
I denti neri effettivamente fanno un po' impressione
Proprio in questi giorni stavo pensando di informarmi al riguardo.
L'intrattenimento che offrono si basa su danze tradizionali, usando spesso il ventaglio per accompagnare i movimenti, concerti con strumenti tradizionali tipo lo shimasen oppure cantano motivi della tradizione nipponica. Poi durante la cena conversano amabilmente con i commensali, servendo loro da bere e spesso fanno anche giochini dove di solito la penitenza è bere!
Certo che quel bianco così forte e i denti neri fanno impressione a volte.
La loro figura mi ha sempre attirato, per il kimono, per il trucco bianco e per le acconciature, che secondo me rispecchiano a pieno la loro cultura. Infatti la figura della geisha è molto conosciuta in tutto il mondo, e mi dispiace se le ho scambiate per delle prostitute.
Bell'articolo!
Su Memorie di una geisha (che non è affatto male, anche se come ho scritto travisa la realtà) ho trovato questo:
La trafila per assistere allo spettacolo di una geisha è estenuante, ma secondo me contribuisce a mantenere un alone di fascino sul loro ruolo. Le cifre che girano sono sicuramente molto elevate, soprattutto rapportate agli stipendi comuni, ma se la geisha non ha un danna il guadagno si riduce di moltissimo: come dice Hachi
È un'usanza che risale al periodo Heian (794-1185) detta ohaguro (letteralmente denti neri): la praticavano sia le geisha che le donne sposate per distinguersi dalle concubine e dagli animali.
Eeeeehhhh???? Distinguersi dagli animali?
Mi fa più orrore questa precisazione che i denti neri.
Buona parte delle cose dette le sapevo, non sapevo però delle pettinature che variavano a seconda del luogo e del livello... Comunque meravigliose! Avere dei capelli tanto folti da farci tutti quegli intrecci sarebbe il mio sogno
Se non ricordo male, i clienti delle geishe pagano tanto per i loro spettacoli perché le geishe sono maestre d'arte, e fin da piccole è stato letteralmente speso molto per la loro istruzione in tal senso, per diversi anni. Suonano strumenti come lo shamisen e il koto, fanno danze tradizionali, cantano, servono le cibarie stando bene attente al costume (ad esempio versare il thè dalla teiera senza mostrare il polso nudo, perché sarebbe sconveniente), conversano con gli ospiti dovendo dimostrare di saperli fare ridere, sorridere e chiacchierare a lungo, il che non è cosa da poco.
Ma non sapevo assolutamente che all'inizio fossero maschi
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