Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi appuntamento libero, con gli anime Saint Seiya Soul of Gold e Shouwa genroku rakugo shinjuu e il manga Garouden.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Oggi appuntamento libero, con gli anime Saint Seiya Soul of Gold e Shouwa genroku rakugo shinjuu e il manga Garouden.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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Saint Seiya: Soul of Gold
5.0/10
GianniGreed
-
Dopo la non proprio riuscita serie "Saint Seiya Omega", il mito dei guerrieri in armatura protetti dalle stelle continua in questo "Saint Seiya - Soul of Gold", serie anime realizzata per il web di tredici episodi, trasmessi nel corso dell'estate del 2015.
Come si può intuire dal sottotitolo dell'anime, protagonisti di questa serie sono i redivivi Gold Saint della serie originale, i veri "cavalieri dello zodiaco": Mu dell'Ariete, Aldebaran del Toro, Saga dei Gemelli, Deathmask del Cancro, Aiolia del Leone, Shaka della Vergine, Dohko della Bilancia, Milo dello Scorpione, Aiolos del Sagittario, Shura del Capricorno, Camus dell'Acquario, Aphrodite dei Pesci.
Nell'ultima saga della serie originale i guerrieri avevano sacrificato le proprie vite per permettere a Seiya e compagni di raggiungere il dio degli Inferi Hades, ma, per qualche motivo, adesso si ritrovano di nuovo vivi e vegeti, ma nel paese dei ghiacci Asgard.
Mentre Aiolia e compagni cercano di scoprire perché sono stati riportati in vita, una nuova minaccia arriva a lambire le fredde terre del Nord. Nuovi God Warrior fanno la loro comparsa e i guerrieri dorati devono tornare a combattere.
"Soul of Gold" è la prima serie anime di "Saint Seiya" che mette al centro delle vicende i dodici Gold Saint, rendendoli protagonisti e non più solo avversari da sconfiggere (era già successo in "Episode G", ma quello è un manga). Questo di sicuro rende contenta una certa fascia di pubblico e di fan dei personaggi, che godono di più popolarità persino dei veri protagonisti della serie quali Seiya e i suoi quattro compagni con le armature di bronzo. Allo stesso tempo però, questo è anche il difetto maggiore di "Soul of Gold": Aiolia e compagni non funzionano affatto come protagonisti.
I Gold Saint erano affascinanti nelle loro armature dorate, ma solo finché stavano nei loro templi, messi lì come muri da scavalcare, avversari da battere, facendo maturare i protagonisti della storia originale. Presi da soli, invece, sono personaggi dalla scarsa caratterizzazione psicologica, che hanno poche ma granitiche convinzioni, e che non parlano molto. Non hanno nemmeno un passato o chissà che altro, non conosciamo nulla di loro, nemmeno come ad esempio sono diventati i potenti guerrieri che sono. Rendere protagonisti dei personaggi così è impossibile, e infatti la serie ne risente.
Tolto Aiolia, che è sempre risaltato rispetto agli altri anche nella serie originale in quanto fratello del presunto traditore che ha dato il via a tutto, gli altri stanno lì a fare da carta da parati, spararsi le pose dicendo qualche frase 'figa' e lanciando il loro unico colpo segreto. Quando compaiono poi i nemici, la serie si trasforma presto in una copia delle serie precedenti, con i Gold Saint che devono fare la solita scalata verso il boss finale battendo ognuno un guerriero avversario in battaglie brevi e poco avvincenti, che si decidono tutte con il già citato colpo segreto caratteristico del personaggio coinvolto.
I tredici episodi di cui l'anime è composto si lasciano guardare, ad essere onesti, ma la storia non entra mai nel vivo, e i pochi misteri presenti sono facilmente intuibili, su tutti la vera identità del nemico finale.
La colpa però non è tutta dei Gold Saint, ma anche degli avversari. I nuovi God Warrior sono parecchio anonimi, sia nel design che nelle storie personali, messe a caso giusto per riempire una decina di minuti ad episodio, e non hanno un decimo del carisma che avevano quelli della saga di Asgard nella serie originale (e pure loro erano stati realizzati per gli episodi filler).
Anche la qualità tecnica della serie lascia molto a desiderare. Esattamente come era già successo per "Sailor Moon Crystal", realizzato e trasmesso con le stesse modalità di questo "Soul of Gold", l'anime presenta gli stessi difetti. Vale a dire: una scarsa cura dei disegni, nei volti, nei primi piani e nelle proporzioni sui campi lunghi, e animazioni molto statiche e legnose. Nel corso degli episodi i problemi vanno attenuandosi, ma i primi episodi sono terribili da questo punto di vista.
Nulla da dire invece per il lato audio. Le sigle di apertura e chiusura sono belle e orecchiabili, la opening poi è una rivisitazione di "Soldier Dream", seconda storica canzone usata come sigla della serie originale, proprio dalla saga di "Asgard" e poi "Poseidon". Il resto dei brani durante l'anime fornisce il giusto sottofondo, sottolineando bene e con la giusta vena epica i momenti importanti e i vari scontri.
Per quel che riguarda le voci, il giudizio è di nuovo positivo. Credo che per questa serie il doppiaggio dei personaggi sia stato affidato agli stessi doppiatori che li hanno interpretati nelle ultime serie OAV relative alla saga di "Hades", ma non posso metterci la mano sul fuoco.
Sono stati bravi e sentire il nome dei colpi pronunciati come fanno loro è stato abbastanza gasante, di questo gli va dato atto, perché come detto gli episodi non erano molto avvincenti.
Una cosa che ancora non ho scritto, ma che è probabilmente la più importante di tutte, è che in questo anime Aiolia e gli altri undici Saint indossano delle nuove versioni delle loro armature, che qui vengono potenziate.
Questo probabilmente è l'unico vero motivo che sta dietro alla realizzazione della serie: con nuovi cloth si possono realizzare nuovi myth cloth, ovvero le action figure snodabili e posabili che raffigurano i personaggi di "Saint Seiya". Si tratta del prodotto a marchio "Saint Seiya" che tira di più in Giappone e nel resto del mondo, con fan disposti a spendere dei bei soldi pur di completare i vari set.
Non gliene faccio una colpa ai produttori o a chiunque altro abbia pensato e approvato questa serie. Solo, però, un minimo di impegno in più per la trama potevano pure mettercelo. I Gold Saint sono sicuramente dei personaggi affascinanti e carismatici, ma questa serie non è affatto memorabile. Con un po' di cura in più, specialmente dal lato della scrittura, poteva venire fuori un bell'anime, invece è solo una serie molto trascurabile che fa il paio con "Saint Seiya Omega" di due anni fa.
Solo per i fan dalle basse aspettative.
Come si può intuire dal sottotitolo dell'anime, protagonisti di questa serie sono i redivivi Gold Saint della serie originale, i veri "cavalieri dello zodiaco": Mu dell'Ariete, Aldebaran del Toro, Saga dei Gemelli, Deathmask del Cancro, Aiolia del Leone, Shaka della Vergine, Dohko della Bilancia, Milo dello Scorpione, Aiolos del Sagittario, Shura del Capricorno, Camus dell'Acquario, Aphrodite dei Pesci.
Nell'ultima saga della serie originale i guerrieri avevano sacrificato le proprie vite per permettere a Seiya e compagni di raggiungere il dio degli Inferi Hades, ma, per qualche motivo, adesso si ritrovano di nuovo vivi e vegeti, ma nel paese dei ghiacci Asgard.
Mentre Aiolia e compagni cercano di scoprire perché sono stati riportati in vita, una nuova minaccia arriva a lambire le fredde terre del Nord. Nuovi God Warrior fanno la loro comparsa e i guerrieri dorati devono tornare a combattere.
"Soul of Gold" è la prima serie anime di "Saint Seiya" che mette al centro delle vicende i dodici Gold Saint, rendendoli protagonisti e non più solo avversari da sconfiggere (era già successo in "Episode G", ma quello è un manga). Questo di sicuro rende contenta una certa fascia di pubblico e di fan dei personaggi, che godono di più popolarità persino dei veri protagonisti della serie quali Seiya e i suoi quattro compagni con le armature di bronzo. Allo stesso tempo però, questo è anche il difetto maggiore di "Soul of Gold": Aiolia e compagni non funzionano affatto come protagonisti.
I Gold Saint erano affascinanti nelle loro armature dorate, ma solo finché stavano nei loro templi, messi lì come muri da scavalcare, avversari da battere, facendo maturare i protagonisti della storia originale. Presi da soli, invece, sono personaggi dalla scarsa caratterizzazione psicologica, che hanno poche ma granitiche convinzioni, e che non parlano molto. Non hanno nemmeno un passato o chissà che altro, non conosciamo nulla di loro, nemmeno come ad esempio sono diventati i potenti guerrieri che sono. Rendere protagonisti dei personaggi così è impossibile, e infatti la serie ne risente.
Tolto Aiolia, che è sempre risaltato rispetto agli altri anche nella serie originale in quanto fratello del presunto traditore che ha dato il via a tutto, gli altri stanno lì a fare da carta da parati, spararsi le pose dicendo qualche frase 'figa' e lanciando il loro unico colpo segreto. Quando compaiono poi i nemici, la serie si trasforma presto in una copia delle serie precedenti, con i Gold Saint che devono fare la solita scalata verso il boss finale battendo ognuno un guerriero avversario in battaglie brevi e poco avvincenti, che si decidono tutte con il già citato colpo segreto caratteristico del personaggio coinvolto.
I tredici episodi di cui l'anime è composto si lasciano guardare, ad essere onesti, ma la storia non entra mai nel vivo, e i pochi misteri presenti sono facilmente intuibili, su tutti la vera identità del nemico finale.
La colpa però non è tutta dei Gold Saint, ma anche degli avversari. I nuovi God Warrior sono parecchio anonimi, sia nel design che nelle storie personali, messe a caso giusto per riempire una decina di minuti ad episodio, e non hanno un decimo del carisma che avevano quelli della saga di Asgard nella serie originale (e pure loro erano stati realizzati per gli episodi filler).
Anche la qualità tecnica della serie lascia molto a desiderare. Esattamente come era già successo per "Sailor Moon Crystal", realizzato e trasmesso con le stesse modalità di questo "Soul of Gold", l'anime presenta gli stessi difetti. Vale a dire: una scarsa cura dei disegni, nei volti, nei primi piani e nelle proporzioni sui campi lunghi, e animazioni molto statiche e legnose. Nel corso degli episodi i problemi vanno attenuandosi, ma i primi episodi sono terribili da questo punto di vista.
Nulla da dire invece per il lato audio. Le sigle di apertura e chiusura sono belle e orecchiabili, la opening poi è una rivisitazione di "Soldier Dream", seconda storica canzone usata come sigla della serie originale, proprio dalla saga di "Asgard" e poi "Poseidon". Il resto dei brani durante l'anime fornisce il giusto sottofondo, sottolineando bene e con la giusta vena epica i momenti importanti e i vari scontri.
Per quel che riguarda le voci, il giudizio è di nuovo positivo. Credo che per questa serie il doppiaggio dei personaggi sia stato affidato agli stessi doppiatori che li hanno interpretati nelle ultime serie OAV relative alla saga di "Hades", ma non posso metterci la mano sul fuoco.
Sono stati bravi e sentire il nome dei colpi pronunciati come fanno loro è stato abbastanza gasante, di questo gli va dato atto, perché come detto gli episodi non erano molto avvincenti.
Una cosa che ancora non ho scritto, ma che è probabilmente la più importante di tutte, è che in questo anime Aiolia e gli altri undici Saint indossano delle nuove versioni delle loro armature, che qui vengono potenziate.
Questo probabilmente è l'unico vero motivo che sta dietro alla realizzazione della serie: con nuovi cloth si possono realizzare nuovi myth cloth, ovvero le action figure snodabili e posabili che raffigurano i personaggi di "Saint Seiya". Si tratta del prodotto a marchio "Saint Seiya" che tira di più in Giappone e nel resto del mondo, con fan disposti a spendere dei bei soldi pur di completare i vari set.
Non gliene faccio una colpa ai produttori o a chiunque altro abbia pensato e approvato questa serie. Solo, però, un minimo di impegno in più per la trama potevano pure mettercelo. I Gold Saint sono sicuramente dei personaggi affascinanti e carismatici, ma questa serie non è affatto memorabile. Con un po' di cura in più, specialmente dal lato della scrittura, poteva venire fuori un bell'anime, invece è solo una serie molto trascurabile che fa il paio con "Saint Seiya Omega" di due anni fa.
Solo per i fan dalle basse aspettative.
Garouden
8.0/10
Recensione di Turboo Stefo
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La serie di romanzi "Garouden" di Yumemakura Baku (autore anche di "Taitei No Ken" e "La vetta degli dei") è stata adattata a diverse trasposizioni. Nel campo dei manga è stata rivisitata per la prima volta dal Maestro Jiro Taniguchi, sfruttando le sue incredibili doti di narratore ed illustratore.
Questa trasposizione influenzerà molto la crescita artistica di Keisuke Itagaki (celebre per la serie "Grappler Baki") che si occuperà della secondo adattamento di "Garouden" nel 1998, come svela nell'intervista che si troverà alla fine del volume.
Tanba Bunshichi non passa inosservato per via della sua altezza e il fisico massiccio e muscoloso. Proprio per questo un borseggiatore lo sfrutta per nascondere la refurtiva, coinvolgendolo così in una rissa. Tanba eviterebbe volentieri lo scontro impari, ma quando lo attaccano il suo istinto e l'orgoglio reagiscono, devastando ossa e volti in un turbinio di brutali colpi, portati con potenza e precisione.
L'inizio è d'impatto e funzionale, permettendo al lettore di conoscere l'incredibile natura di Tanba, e facendolo incontrare con il petulante ragazzino permette di sciogliere la lingua del silenzioso lottatore. In questo modo lo sviluppo è continuo e lineare, frammentato solamente da interessanti flashback nei momenti più opportuni, dando così una narrazione completa e sempre più avvincente.
I co-protagonisti di Tanba sono senza dubbio i combattimenti. Questi vedono affrontarsi diversi stili di Karate e subiscono l'influenza del pro-wrestling, in un mix di tecniche, chiavi articolari e portentosi colpi che dona al tutto grande varietà, oltre a brutali sequenze dove la resistenza fisica è messa a dura prova.
Il tema portante dell'intera opera è il tacito e silenzioso rispetto che si crea tra i combattenti, l'incredibile spirito di chi insegue la forza allenandosi duramente ogni giorno superando se stesso fino a trovare chi sarà più forte di lui, prestandosi ai Dojo Yaburi, provando odio e rabbia verso il rivale che li sconfigge ma sempre rapportati a profondo rispetto e gratitudine.
In tutto questo i due autori si permettono anche un leggero excursus nel campo del Wrestling, sottolineando come nonostante ci siano "copioni" e linee prestabilite i lottatori siano persone che si allenano duramente e prestino il loro fisico ad atroci dolori, per deliziare il pubblico ed appagare se stessi andando oltre i propri limiti. Per questo vanno rispettati, e non derisi definendoli attori anziché atleti.
Il finale adrenalinico scorre rapido ed inesorabile, con un ultimo scontro talmente teso ed intenso che alla sua conclusione lascerà il lettore senza fiato, mentre si leggono le ultime profonde parole che incoronano perfettamente il senso e la profondità della storia.
E' inutile soffermarsi a decantare il consolidato ed abile tratto di Taniguchi ben conosciuto dai fan, che anche in questo caso non delude.
I volti sono espressivi, mentre la regia è come sempre delicata ed accuratamente studiata, andando a formare una silenziosa comunicazione al lettore che subirà il fascino delle tavole, comprendendo al meglio i sentimenti e le sensazioni dei personaggi.
Data la natura dell'opera, profondamente radicata nei combattimenti, ci sono ricche e numerose scene d'azione. I combattimenti sono energici ed esaltanti, vissuti con forza e velocità dai lottatori, e sembrano trasmettere al lettore la fatica e il dolore mentre si susseguono serrate sequele di parate e contrattacchi, senza contare le sublimi sequenze di chiavi articolari, dove i corpi si intrecciano e subiscono torsioni innaturali per poi liberarsi e ribaltare la situazione, con virtuosismi tecnici di rara maestria.
L'occhio del lettore sarà ammaliato dai combattimenti anche per via dei fisici, muscolosi e possenti, che rivelano i muscoli pulsanti e tesi solamente nei momenti più concitati, con un incredibile realismo.
In Italia "Garouden" è giunto tramite la Panini nella Taniguchi Collection, rimanendo fedele agli standard della collana sotto ogni aspetto. Un prezzo elevato ma ben rapportato agli ottimi materiali e le abbondanti pagine.
Pur non trovando il classico Taniguchi legato alla natura, o incredibilmente profondo ed emotivo nella sua semplicità, non si può rimanere delusi da "Garouden".
La storia è avvincente, la cui struttura semplice è ben curata, mentre i combattimenti sono sempre più esaltanti e sottolineati dall'abilissima maestria di Taniguchi, dando vita ad un interessante viaggio nel mondo dei combattimenti, dove si vive solo per essere forti e portare se stessi al limite, sempre mostrando profondo rispetto all'avversario e nutrendo un forte orgoglio.
Chiunque sia appassionato a diversi stili di lotta, compreso il wrestling, non dovrebbe perdersi questa lettura che narra con maturità e passione il mondo dei moderni "guerrieri", ben lontano dall'essere un banale viaggio di dolore, cattiveria ed odio.
Questa trasposizione influenzerà molto la crescita artistica di Keisuke Itagaki (celebre per la serie "Grappler Baki") che si occuperà della secondo adattamento di "Garouden" nel 1998, come svela nell'intervista che si troverà alla fine del volume.
Tanba Bunshichi non passa inosservato per via della sua altezza e il fisico massiccio e muscoloso. Proprio per questo un borseggiatore lo sfrutta per nascondere la refurtiva, coinvolgendolo così in una rissa. Tanba eviterebbe volentieri lo scontro impari, ma quando lo attaccano il suo istinto e l'orgoglio reagiscono, devastando ossa e volti in un turbinio di brutali colpi, portati con potenza e precisione.
L'inizio è d'impatto e funzionale, permettendo al lettore di conoscere l'incredibile natura di Tanba, e facendolo incontrare con il petulante ragazzino permette di sciogliere la lingua del silenzioso lottatore. In questo modo lo sviluppo è continuo e lineare, frammentato solamente da interessanti flashback nei momenti più opportuni, dando così una narrazione completa e sempre più avvincente.
I co-protagonisti di Tanba sono senza dubbio i combattimenti. Questi vedono affrontarsi diversi stili di Karate e subiscono l'influenza del pro-wrestling, in un mix di tecniche, chiavi articolari e portentosi colpi che dona al tutto grande varietà, oltre a brutali sequenze dove la resistenza fisica è messa a dura prova.
Il tema portante dell'intera opera è il tacito e silenzioso rispetto che si crea tra i combattenti, l'incredibile spirito di chi insegue la forza allenandosi duramente ogni giorno superando se stesso fino a trovare chi sarà più forte di lui, prestandosi ai Dojo Yaburi, provando odio e rabbia verso il rivale che li sconfigge ma sempre rapportati a profondo rispetto e gratitudine.
In tutto questo i due autori si permettono anche un leggero excursus nel campo del Wrestling, sottolineando come nonostante ci siano "copioni" e linee prestabilite i lottatori siano persone che si allenano duramente e prestino il loro fisico ad atroci dolori, per deliziare il pubblico ed appagare se stessi andando oltre i propri limiti. Per questo vanno rispettati, e non derisi definendoli attori anziché atleti.
Il finale adrenalinico scorre rapido ed inesorabile, con un ultimo scontro talmente teso ed intenso che alla sua conclusione lascerà il lettore senza fiato, mentre si leggono le ultime profonde parole che incoronano perfettamente il senso e la profondità della storia.
E' inutile soffermarsi a decantare il consolidato ed abile tratto di Taniguchi ben conosciuto dai fan, che anche in questo caso non delude.
I volti sono espressivi, mentre la regia è come sempre delicata ed accuratamente studiata, andando a formare una silenziosa comunicazione al lettore che subirà il fascino delle tavole, comprendendo al meglio i sentimenti e le sensazioni dei personaggi.
Data la natura dell'opera, profondamente radicata nei combattimenti, ci sono ricche e numerose scene d'azione. I combattimenti sono energici ed esaltanti, vissuti con forza e velocità dai lottatori, e sembrano trasmettere al lettore la fatica e il dolore mentre si susseguono serrate sequele di parate e contrattacchi, senza contare le sublimi sequenze di chiavi articolari, dove i corpi si intrecciano e subiscono torsioni innaturali per poi liberarsi e ribaltare la situazione, con virtuosismi tecnici di rara maestria.
L'occhio del lettore sarà ammaliato dai combattimenti anche per via dei fisici, muscolosi e possenti, che rivelano i muscoli pulsanti e tesi solamente nei momenti più concitati, con un incredibile realismo.
In Italia "Garouden" è giunto tramite la Panini nella Taniguchi Collection, rimanendo fedele agli standard della collana sotto ogni aspetto. Un prezzo elevato ma ben rapportato agli ottimi materiali e le abbondanti pagine.
Pur non trovando il classico Taniguchi legato alla natura, o incredibilmente profondo ed emotivo nella sua semplicità, non si può rimanere delusi da "Garouden".
La storia è avvincente, la cui struttura semplice è ben curata, mentre i combattimenti sono sempre più esaltanti e sottolineati dall'abilissima maestria di Taniguchi, dando vita ad un interessante viaggio nel mondo dei combattimenti, dove si vive solo per essere forti e portare se stessi al limite, sempre mostrando profondo rispetto all'avversario e nutrendo un forte orgoglio.
Chiunque sia appassionato a diversi stili di lotta, compreso il wrestling, non dovrebbe perdersi questa lettura che narra con maturità e passione il mondo dei moderni "guerrieri", ben lontano dall'essere un banale viaggio di dolore, cattiveria ed odio.
Shōwa Genroku Rakugo Shinjū
8.5/10
"Shouwa Genroku Rakugo Shinjuu" è una serie della stagione invernale 2016 composta da un episodio iniziale di quarantacinque minuti e da dodici episodi di durata canonica, prodotta dallo Studio Deen e tratta dall'omonimo manga scritto e disegnato da Haruko Kumota.
Il Rakugo è un genere teatrale tipicamente giapponese, nel quale un singolo narratore interpreta diversi personaggi attraverso un monologo, il più delle volte con forti venature comiche. Yotarou è un giovane delinquente che, dopo essere stato scarcerato, decide di cambiare vita dedicandosi appunto al Rakugo. Trova quindi asilo presso un prestigioso maestro, Yakumo Yuurakutei. Dopo un paio di episodi introduttivi, è il maestro stesso a diventare protagonista, raccontando al nuovo allievo la sua storia personale e il suo difficile rapporto col Rakugo.
E' un'opera fresca, divertente e originale, ambientata in un'epoca affascinante, e dai tratti tipicamente giapponesi. La trama è semplice e si sviluppa decisamente bene, riuscendo a coinvolgere lo spettatore nonostante il ritmo blando della narrazione. L'opera presenta una forma d'arte, il Rakugo, che, ad esclusione degli abitanti della Terra del Sol Levante, probabilmente in pochi conoscevano prima di addentrarsi nella visione, e lo fa intelligentemente, inserendola in maniera preponderante e costruendovi sopra una trama ricca di sentimento.
Il punto forte del prodotto risiede, a mio avviso, non tanto nelle particolari esibizioni di Rakugo, quanto nella splendida caratterizzazione dei personaggi principali. I protagonisti maturano notevolmente puntata dopo puntata, vengono analizzati minuziosamente in ogni loro aspetto, e soprattutto godono di un carattere credibile, ricco di pregi quanto di difetti.
"Shouwa Genroku Rakugo Shinjuu" è un prodotto atipico e unico nel suo genere, ragion per cui può essere apprezzato o meno a seconda dell'empatia che si crea fra lo spettatore e il Rakugo. Sicuramente un genere teatrale a cui noi Occidentali non siamo abituati, che può colpire in maniera positiva, ma anche annoiare a morte. Un'opera, quindi, la cui valutazione diviene infine estremamente soggettiva e personale.
Il comparto tecnico è eccelso, fluide le animazioni, ben tratteggiati i personaggi, curati i fondali, ottimamente ricreata l'ambientazione. Dal punto di vista sonoro non si può rimanere indifferenti dinanzi al magnifico doppiaggio, e alle ottime colonne sonore. Opening ed ending sono orecchiabili e melodiose, più che discrete.
Il manga da cui è tratta l'opera è ancora in corso anche in patria, ma è stato annunciato che si concluderà a breve con l'uscita del decimo volume. E' stata inoltre annunciata la produzione di una seconda serie animata, che presumibilmente trasporrà fedelmente il manga sino al suo ultimo capitolo. Il finale di questa prima parte si è già dimostrato tuttavia esaustivo e più che adeguato.
In conclusione, "Shouwa Genroku Rakugo Shinjuu" è un prodotto i cui aspetti positivi sono molteplici, anche se devo ammettere di non essere rimasto particolarmente colpito, almeno nelle prime puntate, dal Rakugo, e di averlo trovato, a tratti, un po' soporifero. Dopo aver acquisito familiarità con l'opera mi sono dovuto tuttavia ricredere. Lo sviluppo dei personaggi, dei loro rapporti, e la storia personale del protagonista mi hanno invece coinvolto e lasciato parecchie soddisfazioni sin dall'inizio. Estremamente consigliata la visione.
Il Rakugo è un genere teatrale tipicamente giapponese, nel quale un singolo narratore interpreta diversi personaggi attraverso un monologo, il più delle volte con forti venature comiche. Yotarou è un giovane delinquente che, dopo essere stato scarcerato, decide di cambiare vita dedicandosi appunto al Rakugo. Trova quindi asilo presso un prestigioso maestro, Yakumo Yuurakutei. Dopo un paio di episodi introduttivi, è il maestro stesso a diventare protagonista, raccontando al nuovo allievo la sua storia personale e il suo difficile rapporto col Rakugo.
E' un'opera fresca, divertente e originale, ambientata in un'epoca affascinante, e dai tratti tipicamente giapponesi. La trama è semplice e si sviluppa decisamente bene, riuscendo a coinvolgere lo spettatore nonostante il ritmo blando della narrazione. L'opera presenta una forma d'arte, il Rakugo, che, ad esclusione degli abitanti della Terra del Sol Levante, probabilmente in pochi conoscevano prima di addentrarsi nella visione, e lo fa intelligentemente, inserendola in maniera preponderante e costruendovi sopra una trama ricca di sentimento.
Il punto forte del prodotto risiede, a mio avviso, non tanto nelle particolari esibizioni di Rakugo, quanto nella splendida caratterizzazione dei personaggi principali. I protagonisti maturano notevolmente puntata dopo puntata, vengono analizzati minuziosamente in ogni loro aspetto, e soprattutto godono di un carattere credibile, ricco di pregi quanto di difetti.
"Shouwa Genroku Rakugo Shinjuu" è un prodotto atipico e unico nel suo genere, ragion per cui può essere apprezzato o meno a seconda dell'empatia che si crea fra lo spettatore e il Rakugo. Sicuramente un genere teatrale a cui noi Occidentali non siamo abituati, che può colpire in maniera positiva, ma anche annoiare a morte. Un'opera, quindi, la cui valutazione diviene infine estremamente soggettiva e personale.
Il comparto tecnico è eccelso, fluide le animazioni, ben tratteggiati i personaggi, curati i fondali, ottimamente ricreata l'ambientazione. Dal punto di vista sonoro non si può rimanere indifferenti dinanzi al magnifico doppiaggio, e alle ottime colonne sonore. Opening ed ending sono orecchiabili e melodiose, più che discrete.
Il manga da cui è tratta l'opera è ancora in corso anche in patria, ma è stato annunciato che si concluderà a breve con l'uscita del decimo volume. E' stata inoltre annunciata la produzione di una seconda serie animata, che presumibilmente trasporrà fedelmente il manga sino al suo ultimo capitolo. Il finale di questa prima parte si è già dimostrato tuttavia esaustivo e più che adeguato.
In conclusione, "Shouwa Genroku Rakugo Shinjuu" è un prodotto i cui aspetti positivi sono molteplici, anche se devo ammettere di non essere rimasto particolarmente colpito, almeno nelle prime puntate, dal Rakugo, e di averlo trovato, a tratti, un po' soporifero. Dopo aver acquisito familiarità con l'opera mi sono dovuto tuttavia ricredere. Lo sviluppo dei personaggi, dei loro rapporti, e la storia personale del protagonista mi hanno invece coinvolto e lasciato parecchie soddisfazioni sin dall'inizio. Estremamente consigliata la visione.
Garouden mi è piaciuto, anche se la storia è incompleta ti lascia comunque qualcosa, specie se come me sei appassionato di lotta. L'ho preferito alla versione di Keisuke Itagaki, troppo dispersiva e inconcludente, e se non altro è decisamente disegnato meglio
La storia iniziale è deliziosa, ma l'analessi è stupenda. I personaggi hanno un'evoluzione talmente prepotente nella storia che è il fulcro principale di tutto.
Io l'ho adorato e non vedo l'ora di poter vedere una nuova stagione.
Se poi a tutto questo ci si aggiungono personaggi ben sviluppati, una storia a tratti lenta, ma che non smette mai di proseguire fino ad un finale già annunciato, ma non per questo meno emozionante, contornato da buone animazioni e musiche, si può ottenere solamente un prodotto di ottima qualità.
Capisco però chi non si è riuscito ad avvicinare a questo anime a causa del tema principale, ovvero il rakugo, che è davvero troppo giapponese per noi occidentali. Diciamo che è paragonabile al karuta di Chihayafuru.
La "premiere" di questo anime era stata tutt'altro che un episodio debole, semmai uno dei migliori di tutta la stagione: un vero e proprio manuale di storytelling che raggiungeva il suo apice proprio nell'esibizione di Yotaro.
Se un'opera è realizzata in maniera superba non annoia mai, anche se parla di cavolfiori.
La prima cosa che mi ha colpito è stata sicuramente l'animazione (fluida) e il character design, per poi soffermarmi sul doppiaggio stesso e in particolare sul seiyuu di yotarou che mi ha letteralmente ammaliato con la sua voce sbarazzina.
L'anime ha superato tutte le mie aspettative e, sebbene sia un concentrato di analessi rivolte alle vicende del maestro, ho apprezzato enormemente anche la chiave artistica - ovvero l'arte del rakugo. In particolar modo attraverso l'esibizione, durante il primo episodio, del giovane yotarou e, il duplice mini-teatrino interpretato dal maestro yakumo e da sukeroku negli ultimissimi episodi che esprimono con maestria l'effetto e la passione con cui il rakugo ha inciso sullo sviluppo dei personaggi principali.
Shouwa genroku è sicuramente una piccola perla che raramente si può scorgere durante il palinsesto annuale, in quanto oscurata da gemme molto più popolari e stravendute, tuttavia è riuscita a tener testa a molti altri lavori della stagione, se non anche a soverchiarli (a mio parere, ovviamente).
Detto ciò, consiglio a tutti la visione, sia a quelli non molto avvezzi a questa particolare arte del rakugo, sia a coloro che desiderano leggere qualcosa di atipico che non si discosta comunque troppo dal filone degli "slice of life", ma che tratta pur sempre argomenti più profondi e che non si limitano a un semplice drama romantico, come si può supporre inizialmente.
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