Definito il Salinger del gekiga, Yoshiharu Tsuge (1937) è uno dei maggiori autori del fumetto di tutti i tempi. A trent’anni dal suo ritiro dalle scene e nell’ottantesimo anno della sua nascita, Canicola edizioni è riuscita nell'intento di pubblicare la graphic novel L’uomo senza talento. Il libro è stato presentato da Edo Chieregato (Canicola) e Sabrina Baracetti (presidente del FEFF) nel corso del 19° Far East Film Festival di Udine (21-29 aprile 2017), che ha confermato il felice sodalizio con la casa editrice indipendente.
Quest'anno l'omaggio al fumetto, e in particolare a Tsuge, è stato reso attraverso una mostra e, qualche giorno dopo, attraverso un incontro con una vecchia conoscenza del festival, il regista Nobuhiro Yamashita (presente con ben tre film: Over the Fence, My uncle e Ramblers, quest'ultimo tratto appunto da un lavoro di Tsuge). Già nel 2003 il cammino del FEFF aveva incrociato l’opera di Tsuge in occasione della memorabile retrospettiva dedicata a Ishii Teruo: sei titoli cult tra cui spiccavano Master of the Gensenkan Inn e Wind-up Type, frutto della fortunata collaborazione tra Ishii e Tsuge.
La mostra, allestita al cinema Visionario dal 21 aprile al 7 maggio, quindi prorogata fino al 14, è stata impostata come omaggio al grande maestro giapponese attraverso un’esposizione divisa in cinque isole tematiche in linea con i capitoli del libro.
Le sezioni sono state scandite da grandi manifesti disegnati per l’occasione, come ideali copertine introduttive, da autori del fumetto contemporaneo come: Andrea Bruno, Vincenzo Filosa, Fabio Ramiro Rossin, Michelangelo Setola e l’argentino Berliac, tra i principali gekiga gaijin della scena internazionale. La mostra e il libro, edito per l’occasione, sono stati il primo progetto culturale dedicato a Tsuge in Italia.
Osannato dalla critica d'arte e letteraria, che lo considera il capolavoro di Tsuge, L’uomo senza talento (1986) si pone come opera cruciale per il manga moderno mescolando realismo a squarci surreali e grotteschi.
Il romanzo è il canto del cigno della straordinaria carriera di Tsuge che, ritiratosi dalle scene nel 1987, è diventato figura di culto in Giappone e nel resto del mondo.
L’opera di Yoshiharu Tsuge fin dalla sua uscita ha influenzato l’immaginario di molti artisti e intellettuali in Giappone e, successivamente, in tutto il mondo. Nell’ambito del fumetto sono molti i grandi autori, come Art Spiegelman, David Mazzucchelli, Igort e Chris Ware, che hanno apprezzato e amato il suo lavoro. In occasione dell’uscita italiana, Canicola ha raccolto le testimonianze di autori e personalità che in più occasioni hanno raccontato la loro ammirazione per il maestro giapponese.
Vincenzo Filosa: Siamo molto felici di presentarvi la proiezione di questo film e si tratta di un’ottima occasione per noi, in quanto, dopo trent’anni dalla sua pubblicazione in Giappone e per la prima volta in Italia, abbiamo il piacere di presentare una grande opera scritta da Tsuge Yoshiharu: Muno no Hito, in italiano L’Uomo Senza Talento, da noi considerato uno dei migliori fumetti a livello internazionale. Tsuge Yoshiharu è una sorta di paradosso poiché, nonostante si tratti di uno dei più importanti e influenti artisti di sempre, pochissimi suoi titoli sono stati tradotti all’estero. Autori del calibro di Art Spiegelman e Chris Ware sono stati influenzati profondamente dalle sue opere; tuttavia, fatta eccezione per qualche titolo come Nejishiki e una versione francese di Muno no Hito, nessuno si è preoccupato di esportarlo all’estero. Esistono scanlation in giro per il web, fatto sta che quella de L’Uomo Senza Talento è una delle primissime edizioni ufficiali di un’opera di Tsuge Yoshiharu.
Siete, quindi, invitati a visitare la mostra dedicatale: abbiamo diviso la mostra in cinque aree che rappresentano i cinque grandi temi narrati nel testo; ogni area è caratterizzata da una serie di pagine selezionate dal libro, accompagnate da dei poster disegnati da alcuni artisti italiani e da uno argentino.
Avevo preparato un discorso molto lungo su Riarizumu no Yado/Ramblers, ma non voglio tediarvi oltre, quindi lascio la parola a Mark e al regista.
Mark Schilling: Prima di presentarvi il nostro ospite, farò una breve introduzione. Ramblers è il suo terzo film: il primo è Hazy Life, il secondo Nobody’s Ark. Quello di cui parleremo oggi, Ramblers, è stato distribuito nel 2004 e ricordo di averlo recensito per il Japan Times; ero riuscito a ottenerne una copia e quindi l’ho visto a casa. Col senno di poi, sono contento di averlo visto a casa, perché ho riso così tanto… Ho riso così forte dall’inizio alla fine del film che, se avessi dovuto vederlo al cinema, probabilmente mi avrebbero cacciato. Ho visto anche gli altri adattamenti delle opere di Tsuge: Nowhere Man, di Takenaka Naoto, è presente anche in questa mostra; il regista Ishii Teruo ha diretto alcuni film basati su opere di Tsuge, due dei quali sono anch’essi presenti qui, Master of the Gensenkan Inn e Wind-up Type. Oggi siamo orgogliosi di avere con noi il regista di Ramblers e di altri due film in concorso al festival, My Uncle e Over the Fence. Quindi, senza ulteriori indugi, lascio la parola a Yamashita Nobuhiro.
Mark Schilling: Cosa l’ha spinta a girare questo film?
Nobuhiro Yamashita: Quando ho iniziato a lavorare al progetto, il produttore mi ha detto che avrei potuto dirigere qualsiasi opera di Tsuge volessi e, quindi, di scegliere la mia preferita. All’epoca, molte delle opere più popolari di Tsuge erano già state adattate in film, tra cui i titoli che avete menzionato in precedenza. Quindi ho deciso di focalizzarmi su una serie di saggi di viaggio (travelling essays) e di trasporli in film.
Fino a quel momento, gli adattamenti cinematografici delle opere di Tsuge erano stati delle trasposizioni dirette di quanto era scritto nei libri. In Ramblers, abbiamo voluto aggiungere qualcosa in più: per come la vedo io, la generazione che mi ha preceduto nell’adattare opere di Tsuge, come Takenaka o Ishii, è stata influenzata profondamente dal suo operato; appartenendo a una generazione più giovane, mi è risultato più semplice fare qualcosa di diverso dai miei predecessori, permettendo al mio film di essere esportato all’estero.
Mark Schilling: Molto interessante in questa storia è il termine “realismo”, e questo realismo nella storia di Tsuge è rappresentato dal tanfo, dall’odore della vita, che è troppo per l’autore, il protagonista della storia. Nel periodo in cui l’opera fu pubblicata, nel 1973, in Giappone c’era una sorta di moda per i viaggi in giro per il Paese, alla scoperta delle tradizioni e del folklore.
Anche lo slogan delle ferrovie giapponesi diceva “scopri il Giappone”, invitando la gente a visitare le locande e i piccoli alberghi di campagna. Tsuge era molto critico riguardo a ciò, quindi nella sua storia ha usato questa parola, realismo, per esprimere questo tipo di emozione, il “troppo”. Questa storia segna un cambiamento nel tono delle sue storie, quindi vorrei sapere come questo realismo è stato reso nel film.
Nobuhiro Yamashita: È una domanda piuttosto difficile, ma credo che Tsuge, viaggiando per le campagne e visitando le locande scadenti, sia stato in grado di percepire e odorare il tanfo del realismo nella vita di tutti i giorni, il tanfo di una vita semplice. Credo che questo tipo di realismo sia presente anche nel film.
Domanda dal pubblico: Un aspetto interessante del film è che è possibile percepire il suo (del regista) carattere, il suo senso dell’umorismo, la sua personalità. Quindi, mi domando, quanto è importante per lei questo film?
Nobuhiro Yamashita: In realtà, l’opera originale è una specie di serie autobiografica in cui Tsuge, viaggiando, rappresenta se stesso come protagonista. Nell’originale, ovviamente, il protagonista è un fumettista, mentre nel film i protagonisti sono diventati un regista e uno sceneggiatore. Anche in questo caso, si tratta di una sorta di esperienza autobiografica, specialmente se si considera il fatto che ho girato il film quando ero giovane: fa parte della mia vita ed è un film speciale per me. Ho come l’impressione di essere entrato io stesso all’interno dell’opera di Tsuge.
(Traduzione dall'inglese a cura di lightorange)
Quest'anno l'omaggio al fumetto, e in particolare a Tsuge, è stato reso attraverso una mostra e, qualche giorno dopo, attraverso un incontro con una vecchia conoscenza del festival, il regista Nobuhiro Yamashita (presente con ben tre film: Over the Fence, My uncle e Ramblers, quest'ultimo tratto appunto da un lavoro di Tsuge). Già nel 2003 il cammino del FEFF aveva incrociato l’opera di Tsuge in occasione della memorabile retrospettiva dedicata a Ishii Teruo: sei titoli cult tra cui spiccavano Master of the Gensenkan Inn e Wind-up Type, frutto della fortunata collaborazione tra Ishii e Tsuge.
La mostra, allestita al cinema Visionario dal 21 aprile al 7 maggio, quindi prorogata fino al 14, è stata impostata come omaggio al grande maestro giapponese attraverso un’esposizione divisa in cinque isole tematiche in linea con i capitoli del libro.
Le sezioni sono state scandite da grandi manifesti disegnati per l’occasione, come ideali copertine introduttive, da autori del fumetto contemporaneo come: Andrea Bruno, Vincenzo Filosa, Fabio Ramiro Rossin, Michelangelo Setola e l’argentino Berliac, tra i principali gekiga gaijin della scena internazionale. La mostra e il libro, edito per l’occasione, sono stati il primo progetto culturale dedicato a Tsuge in Italia.
Osannato dalla critica d'arte e letteraria, che lo considera il capolavoro di Tsuge, L’uomo senza talento (1986) si pone come opera cruciale per il manga moderno mescolando realismo a squarci surreali e grotteschi.
Il libro racconta la vita di un uomo incapace di provvedere ai bisogni della sua famiglia, un sognatore i cui progetti e i lavori più disparati finiscono sempre per scontrarsi con la dura realtà. L’uomo senza talento è un watakushi manga, un «fumetto dell'io» in prima persona, denso di riflessioni introspettive.
Il romanzo è il canto del cigno della straordinaria carriera di Tsuge che, ritiratosi dalle scene nel 1987, è diventato figura di culto in Giappone e nel resto del mondo.
L’opera di Yoshiharu Tsuge fin dalla sua uscita ha influenzato l’immaginario di molti artisti e intellettuali in Giappone e, successivamente, in tutto il mondo. Nell’ambito del fumetto sono molti i grandi autori, come Art Spiegelman, David Mazzucchelli, Igort e Chris Ware, che hanno apprezzato e amato il suo lavoro. In occasione dell’uscita italiana, Canicola ha raccolto le testimonianze di autori e personalità che in più occasioni hanno raccontato la loro ammirazione per il maestro giapponese.
Incontro tra Vincenzo Filosa (disegnatore e traduttore per Canicola), Mark Schilling (coordinatore FEFF per il Giappone) e Nobuhiro Yamashita (regista) alla proiezione di Ramblers (2004)
Vincenzo Filosa: Siamo molto felici di presentarvi la proiezione di questo film e si tratta di un’ottima occasione per noi, in quanto, dopo trent’anni dalla sua pubblicazione in Giappone e per la prima volta in Italia, abbiamo il piacere di presentare una grande opera scritta da Tsuge Yoshiharu: Muno no Hito, in italiano L’Uomo Senza Talento, da noi considerato uno dei migliori fumetti a livello internazionale. Tsuge Yoshiharu è una sorta di paradosso poiché, nonostante si tratti di uno dei più importanti e influenti artisti di sempre, pochissimi suoi titoli sono stati tradotti all’estero. Autori del calibro di Art Spiegelman e Chris Ware sono stati influenzati profondamente dalle sue opere; tuttavia, fatta eccezione per qualche titolo come Nejishiki e una versione francese di Muno no Hito, nessuno si è preoccupato di esportarlo all’estero. Esistono scanlation in giro per il web, fatto sta che quella de L’Uomo Senza Talento è una delle primissime edizioni ufficiali di un’opera di Tsuge Yoshiharu.
Siete, quindi, invitati a visitare la mostra dedicatale: abbiamo diviso la mostra in cinque aree che rappresentano i cinque grandi temi narrati nel testo; ogni area è caratterizzata da una serie di pagine selezionate dal libro, accompagnate da dei poster disegnati da alcuni artisti italiani e da uno argentino.
Avevo preparato un discorso molto lungo su Riarizumu no Yado/Ramblers, ma non voglio tediarvi oltre, quindi lascio la parola a Mark e al regista.
Mark Schilling: Prima di presentarvi il nostro ospite, farò una breve introduzione. Ramblers è il suo terzo film: il primo è Hazy Life, il secondo Nobody’s Ark. Quello di cui parleremo oggi, Ramblers, è stato distribuito nel 2004 e ricordo di averlo recensito per il Japan Times; ero riuscito a ottenerne una copia e quindi l’ho visto a casa. Col senno di poi, sono contento di averlo visto a casa, perché ho riso così tanto… Ho riso così forte dall’inizio alla fine del film che, se avessi dovuto vederlo al cinema, probabilmente mi avrebbero cacciato. Ho visto anche gli altri adattamenti delle opere di Tsuge: Nowhere Man, di Takenaka Naoto, è presente anche in questa mostra; il regista Ishii Teruo ha diretto alcuni film basati su opere di Tsuge, due dei quali sono anch’essi presenti qui, Master of the Gensenkan Inn e Wind-up Type. Oggi siamo orgogliosi di avere con noi il regista di Ramblers e di altri due film in concorso al festival, My Uncle e Over the Fence. Quindi, senza ulteriori indugi, lascio la parola a Yamashita Nobuhiro.
Mark Schilling: Cosa l’ha spinta a girare questo film?
Nobuhiro Yamashita: Quando ho iniziato a lavorare al progetto, il produttore mi ha detto che avrei potuto dirigere qualsiasi opera di Tsuge volessi e, quindi, di scegliere la mia preferita. All’epoca, molte delle opere più popolari di Tsuge erano già state adattate in film, tra cui i titoli che avete menzionato in precedenza. Quindi ho deciso di focalizzarmi su una serie di saggi di viaggio (travelling essays) e di trasporli in film.
Fino a quel momento, gli adattamenti cinematografici delle opere di Tsuge erano stati delle trasposizioni dirette di quanto era scritto nei libri. In Ramblers, abbiamo voluto aggiungere qualcosa in più: per come la vedo io, la generazione che mi ha preceduto nell’adattare opere di Tsuge, come Takenaka o Ishii, è stata influenzata profondamente dal suo operato; appartenendo a una generazione più giovane, mi è risultato più semplice fare qualcosa di diverso dai miei predecessori, permettendo al mio film di essere esportato all’estero.
Mark Schilling: Molto interessante in questa storia è il termine “realismo”, e questo realismo nella storia di Tsuge è rappresentato dal tanfo, dall’odore della vita, che è troppo per l’autore, il protagonista della storia. Nel periodo in cui l’opera fu pubblicata, nel 1973, in Giappone c’era una sorta di moda per i viaggi in giro per il Paese, alla scoperta delle tradizioni e del folklore.
Anche lo slogan delle ferrovie giapponesi diceva “scopri il Giappone”, invitando la gente a visitare le locande e i piccoli alberghi di campagna. Tsuge era molto critico riguardo a ciò, quindi nella sua storia ha usato questa parola, realismo, per esprimere questo tipo di emozione, il “troppo”. Questa storia segna un cambiamento nel tono delle sue storie, quindi vorrei sapere come questo realismo è stato reso nel film.
Nobuhiro Yamashita: È una domanda piuttosto difficile, ma credo che Tsuge, viaggiando per le campagne e visitando le locande scadenti, sia stato in grado di percepire e odorare il tanfo del realismo nella vita di tutti i giorni, il tanfo di una vita semplice. Credo che questo tipo di realismo sia presente anche nel film.
Domanda dal pubblico: Un aspetto interessante del film è che è possibile percepire il suo (del regista) carattere, il suo senso dell’umorismo, la sua personalità. Quindi, mi domando, quanto è importante per lei questo film?
Nobuhiro Yamashita: In realtà, l’opera originale è una specie di serie autobiografica in cui Tsuge, viaggiando, rappresenta se stesso come protagonista. Nell’originale, ovviamente, il protagonista è un fumettista, mentre nel film i protagonisti sono diventati un regista e uno sceneggiatore. Anche in questo caso, si tratta di una sorta di esperienza autobiografica, specialmente se si considera il fatto che ho girato il film quando ero giovane: fa parte della mia vita ed è un film speciale per me. Ho come l’impressione di essere entrato io stesso all’interno dell’opera di Tsuge.
(Traduzione dall'inglese a cura di lightorange)
Ramblers: Tsuboi e Kinoshita, un regista e uno sceneggiatore amatoriali, sono appena arrivati in una città desolata tentati dalle lusinghe di un attore che gli ha dato appuntamento lì ma che però si fa attendere e non riesce a raggiungerli.
Tsuboi e Kinoshita iniziano così a vagare senza meta per il posto finché non si imbattono in una giovane donna, Atsuko, dalla quale rimangono conturbati. Fra i tre nasce una certa complicità, diventano subito amici e continuano a viaggiare insieme nell’entroterra della campagna giapponese. Un bel giorno però la ragazza scompare nel nulla, lasciando interdetti e disorientati i due amici…
Nobuhiro Yamashita dipinge con il suo stile inconfondibile, impregnato di realismo e sottile ironia, una versione tutta personale e contemporanea dell’opera a fumetti di Yoshiharu Tsuge.
Tsuboi e Kinoshita iniziano così a vagare senza meta per il posto finché non si imbattono in una giovane donna, Atsuko, dalla quale rimangono conturbati. Fra i tre nasce una certa complicità, diventano subito amici e continuano a viaggiare insieme nell’entroterra della campagna giapponese. Un bel giorno però la ragazza scompare nel nulla, lasciando interdetti e disorientati i due amici…
Nobuhiro Yamashita dipinge con il suo stile inconfondibile, impregnato di realismo e sottile ironia, una versione tutta personale e contemporanea dell’opera a fumetti di Yoshiharu Tsuge.
Yamashita è sempre un piacere leggerlo.
Grazie per il focus ^^
Quanto alla notevole mostra su Tsuge non si possono non fare i complimenti a Canicola per aver editato L'uomo senza talento, una pubblicazione che colma una lacuna annosa e inspiegabile per un autore di tale portata.
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