Le prime volte che lo abbiamo visto comparire sugli scaffali dei nostri supermercati abbiamo creduto di essere davanti ad un nuovo tipo di formaggio esotico. Vuoi per la collocazione (il banco frigo a fianco a caciotte, formaggio spalmabile e feta), vuoi per la consistenza e il colore, vuoi perché come vedremo si ricava dal latte di soia (e la parola latte può ingenerare un po' di confusione) in molti hanno creduto che potesse essere trattato come un prodotto caseario.
In realtà il tofu è tofu, non c'entra niente con i formaggi ed è uno degi ingredienti cardini della cucina nipponica. Vediamo perciò di fare chiarezza su come nasce e come si usa!
 

Il tofu è ottenuto coagulando il latte di soia (prodotto totalmente vegetale) e poi premendo la cagliata risultante in blocchi. Poichè il processo per fare il tofu è estremamente simile a quello per fare il formaggio, questo ha dato origine all'equivoco con cui questo prodotto si è presentato sulle nostre tavole.
Per favorire il formarsi della cagliata di solito si aggiungono sale, acidi o enzimi che a seconda della quantità di ciascuno possono influenzare notevolmente la consistenza così come il gusto del tofu. Esistono quindi diversi tipi di tofu, ma i principali sono due: Kinu e Momen.
 

Queste due grandi categorie hanno caratteristiche molto diverse e sono utilizzate in ricette diverse a seconda del risultato che si vuole ottenere.
Kinu detto anche kinugoshi significa seta, mentre momen significa cotone ma i due termini non si riferiscono al tessuto usato per filtrare il latte di soia dalla cagliata formatasi, ma alla loro consistenza.
Il tofu kinu è ottenuto senza porre pesi sul blocchetto per far fuoriuscire completamente l'acqua, quindi è molto morbido e liscio e si sbriciola facilmente. Non si può quindi utilizzare per piatti che prevedono una cottura in padella, ma di solito è consumato da solo come hiyakakko (tipico piatto da izakaya), oppure con l'aggiunta di condimenti come salsa di soia, katsuo, cipolle verdi e un po' di wasabi. È anche buono per fare purè o dessert e per altre preparazioni semi-liquide come i frullati. In occidente è spesso conosciuto come tofu morbido o di seta.
 

Il momen invece è pressato per far fuoriuscire la maggior parte dell'acqua e perciò presenta una struttura interna tipo spugna molto più solida. Questa texture lo rende ideale per ricette che prevedono la cottura in padella, nelle zuppe e stufati, ma può anche essere passato alla griglia oppure fritto. In occidente è quindi spesso conosciuto come tofu duro. Mentre il tofu kinu è ricco di potassio, il momen ha un contenuto maggiore di proteine, utile soprattutto per chi segue una dieta vegetariana o comunque povera di carne.
Uno dei modi per consumare il tofu è friggerlo; in alcuni supermercati si possono trovare anche preparati già pronti. Le due pietanze principali sono l'abura-age e l'atsu-age.
 

L'abura-age è spesso chiamato anche kitsune che vuol dire volpe: questo perché leggenda vuole che sia il piatto preferito della dea dell'agricoltura Inari, spesso raffigurata appunto come una volpe. Consiste di sottili fogli di tofu fritti e trasformati in piccole tasche che possono essere o riempite con altri ingredienti (come ad esempio il riso nell'inarizushi) oppure tagliati in sottili listarelle per guarnire altri piatti come il kitsune udon o la zuppa di miso.
Nell'atsu-age invece è l'intero blocco di tofu ad essere fritto: una leggera e fragrante pastella avvolgerà il nostro solido parallelepipedo di soffice bontà. Potrà essere servito da solo oppure essere guarnito con salse e cipollotto, o ancora essere usato all'interno di zuppe e stufati data la sua consistenza.
 

Ma non crediate che il fritto sia l'unica opzione (sento già le vocine degli scettici sentenziare che qualunque cosa è buona se viene fritta....).
Il tofu è un alimento davvero versatile e quelle che elencherò ora sono alcune delle varianti che potrete incontrare in un negozio molto fornito oppure direttamente nel Sol Levante.
Iniziamo con lo yakidofu che, come dice la radice yaki, è il tofu passato alla griglia; anche questo si trova facilmente già pronto nei negozi, anche perché non tutte le case hanno una cucina attrezzata per la griglia.
 

Un altro tipo di tofu è il koyadofu: si trova di solito nella sezione alimenti essiccati dei supermercati sotto forma di blocchetti secchi. Il suo nome deriva dal monte Koya, dove è stato inventato per soddisfare le esigenze dei monaci buddisti ed infatti è ancora un alimento base nella shojin ryori (la cucina vegetariana tradizionale buddista).
Il koyadofu è liofilizzato e per questo è possibile conservarlo molto a lungo; prima di usarlo però deve essere ricostituito con l'acqua. Grazie alla sua consistenza spugnosa, assorbe molto bene i liquidi ed è quindi fondamentale per zuppe e brodi.
 

Se invece sugli scaffali del super vedete piccoli contenitori cilindrici, siete in presenza dello yose tofu, detto anche oboro tofu: è confezionato ancora caldo, mantenendo così intatto tutto il suo sapore, anche perché la forma è data dall'aggiunta di un agente coagulante e non c'è acqua extra. Può essere consumato da solo oppure aggiunto alle zuppe.
Molto particolare e tipico di Okinawa è invece il tofuyo: servito come stuzzichino insieme alle bevande alcoliche, è preparato mettendo a fermentare insieme una varietà di tofu tipica di Okinawa chiamata tofu shima, la muffa koji classica e rossa e l'awamori (tipica bevanda alcolica di Okinawa simile allo shochu). Il risultato è un sapore molto forte e un colore rosso tipico.
Più comuni invece i tofu aromatizzati: dalle noccioline al sesamo, ma anche edamame e avocado, si consumano così come sono.
 

Esistono poi prodotti derivati dal tofu che meritano una menzione a parte: lo yuba e l'okara.
Il primo è una specialità di Kyoto. Si prende la pellicola che si forma sulla superficie del latte di soia quando bolle e si raccoglie con un bastoncino di bambù su cui è arrotolata per essere consumata fresca oppure per essere raccolta in fogli da essiccare sopra ad una brace di carbone. Lo yuba essiccato ha una consistenza morbida e sostituisce la carne nei piatti vegetariani e vegani, essendo costituito per un buon 50% da proteine. Quello fresco invece è considerato una vera prelibatezza e di solito è servito da solo, guarnito con semplice succo di agrumi yuzu o della salsa di soia.
 

L'obara invece è una sorta di sottoprodotto del tofu: infatti è ciò che resta dopo che la soia macinata viene filtrata per produrre latte di soia o tofu. Kara infatti significa guscio in giapponese e la "o" è un suffisso onorifico: questo potrebbe essere dovuto all'alto livello di nutrienti in questo prodotto, che include fibre, proteine ​​e minerali importanti come il ferro.
L'okara ha una consistenza polverosa senza alcun sapore particolarmente forte, il che lo rende un ingrediente versatile, spesso usato ad esempio per preparare gli hamburger di soia e l'unohana tipico piatto nipponico, in cui è cucinato con salsa di soia, mirin, carote, radice di bardana e funghi. Può anche essere usato in stufati o pappe o come aggiunta ai prodotti da forno come il pane.
 

Avete mai provato il tofu? Vi piace o vi piacerebbe provarlo?

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Fonte consultata:
AllAboutJapan