Se sei uno straniero e stai studiando giapponese, ti è consentito qualche margine di errore nel parlare la lingua; ma se invece sei il sovrintendente scolastico di Shibata City, nella prefettura di Niigata, allora le cose cambiano, e il giapponese parlato dev'essere impeccabile.
Non è stato così nel caso del signor Ryoichi Yamada, che nello svolgimento della sua funzione di sovrintendente si è recato a fare visita alla famiglia di uno studente tredicenne suicidatosi nel giugno dello scorso anno a causa di incessanti atti di bullismo nei suoi confronti. Quel che doveva essere un incontro particolarmente straziante, e teso ad operare cambiamenti nell'ottica di un miglior futuro nell'ambito dei rapporti tra studenti, si è invece ridotto ad una scelta piuttosto infelice delle parole usate dal signor Yamada.
Durante la conversazione che si è tenuta con il padre del ragazzo, infatti, il sovrintendente si è ritrovato a chiedergli: "Omae mo hogoshakai ni kuru ka?" (お前も保護者会に来るか)
Il significato della frase doveva essere all'incirca: "Verrà anche lei agli incontri della PTA?" Dove per PTA si intende il consiglio genitori-insegnanti, un organismo che riunisce i genitori degli studenti per discutere delle politiche scolastiche con lo staff degli istituti per l'appunto.
Tuttavia una traduzione più accurata delle esatte parole utilizzate dal signor Yamada suonerebbe come: "Ehi, ma pensi di venire agli incontri della PTA, brutta canaglia?"
Già, perché forse sarà capitato anche a voi di notare, attraverso il parlato negli anime, che la lingua giapponese utilizza tanti diversi modi di tradurre il "tu": essi variano a seconda del grado di confidenza che si ha nei confronti della persona a cui ci si rivolge, del contesto e del grado di gerarchia "sociale" che la situazione impone di rispettare.
Infine, il linguaggio cambia notevolmente anche se a parlare è un uomo piuttosto che una donna, o viceversa.
Un po' come può accadere a noi nel rivolgerci con il "Lei" al nostro superiore al lavoro o tramite il "Voi" a una persona che non conosciamo e alla quale teniamo a mostrare deferenza e rispetto, allo stesso modo la lingua giapponese si declina in tal senso, per tramite però di sfumature molto più varie e sicuramente curiose.
"Anata" è un modo neutrale di rivolgersi a uno sconosciuto in maniera educata, ma è anche la maniera con cui la moglie può chiamare intimamente e teneramente il marito, mostrandogli sempre il massimo rispetto.
In particolare, se non conoscete il nome o cognome della persona di fronte a voi, un modo cortese di rivolgervi a lei è proprio usando "anata", indipendentemente che a parlare sia un uomo o una donna.
Con "kimi" invece ci si rivolge a propri "pari in grado", colleghi più giovani (i cosiddetti "kohai"), compagni di scuola oppure amici, e sottintende un certo grado di familiarità nel rapporto oppure di frequenza nelle conversazioni.
"Kimi" differisce parecchio dunque dal maleducato "kisama", termine talmente volgare (si potrebbe tradurre come "tu, feccia") che difficilmente si udirà utilizzare nel giapponese di tutti i giorni, anche se ne viene fatto talvolta utilizzo nel parlato degli anime. A titolo di esempio citiamo Bleach, in cui gli Shinigami si rivolgono proprio in tale maniera nei confronti del protagonista Ichigo.
"Omae", infine, ha un'accezione piuttosto rude e spregiudicata: si può udire senz'altro tra ragazzi che cercano di darsi un tono, uomini adulti che discutono tra loro in maniera accesa finanche all'ambito della yakuza, oppure nel cercare di fermare un ladro dal fuggire, dei teppisti rubare le mele dall'albero o in similari situazioni incresciose, dove la formalità non è di casa.
Di certo non è con "omae" che ci si dovrebbe rivolgere al padre di un proprio alunno morto per suicidio.
Ciò che pare aver indotto il sovrintendente Yamada a farlo pare sia stato il fatto che l'uomo in passato era stato insegnante del padre dell'alunno quando quest'ultimo frequentava le scuole elementari.
Avrà forse pensato che l'uso di un'accezione più informale potesse farlo sentire più vicino al padre dell'alunno, o semplicemente si sarà trattato di un lapsus?
Quale che sia stata la ragione, il padre dell'alunno non si è detto felice di sentirsi chiamare "omae". "Non riuscivo a credere che avesse detto una cosa del genere, in quel momento. Pareva quasi che stesse facendo lo spiritoso circa il suicidio, sminuendo il gesto."
La vicenda ha suscitato talmente clamore da essere riportata anche dai notiziari, come possiamo vedere nel video sottostante:
In seguito il sovrintendente si è scusato per l'uso inappropriato delle sue parole, ma era già troppo tardi: il signor Yamada ha dato le due dimissioni qualche giorno dopo, e sospenderà ogni suo incarico a breve. Il padre del ragazzo ha riferito che se anche vi sarà una sostituzione nella sovrintendenza, intende proseguire nel lavorare sodo per fare in modo che il bullismo scolastico venga eradicato per sempre.
Via Twitter le reazioni dei giapponesi alla vicenda sono state le seguenti:
Insomma, il pensiero è univoco e l'opinione unanime.
Le parole contano, e il modo in cui si selezionano le parole quando si formula una frase conta ancora di più.
Altrettanto importanti sono le azioni, pertanto è auspicabile che unitamente al dovuto rispetto nei confronti di un ragazzo che ha dovuto soccombere alla vita, si portino avanti segni che mostrino il progresso nel sistema scolastico.
Fonte consultata:
Sora News 24
Non è stato così nel caso del signor Ryoichi Yamada, che nello svolgimento della sua funzione di sovrintendente si è recato a fare visita alla famiglia di uno studente tredicenne suicidatosi nel giugno dello scorso anno a causa di incessanti atti di bullismo nei suoi confronti. Quel che doveva essere un incontro particolarmente straziante, e teso ad operare cambiamenti nell'ottica di un miglior futuro nell'ambito dei rapporti tra studenti, si è invece ridotto ad una scelta piuttosto infelice delle parole usate dal signor Yamada.
Durante la conversazione che si è tenuta con il padre del ragazzo, infatti, il sovrintendente si è ritrovato a chiedergli: "Omae mo hogoshakai ni kuru ka?" (お前も保護者会に来るか)
Il significato della frase doveva essere all'incirca: "Verrà anche lei agli incontri della PTA?" Dove per PTA si intende il consiglio genitori-insegnanti, un organismo che riunisce i genitori degli studenti per discutere delle politiche scolastiche con lo staff degli istituti per l'appunto.
Tuttavia una traduzione più accurata delle esatte parole utilizzate dal signor Yamada suonerebbe come: "Ehi, ma pensi di venire agli incontri della PTA, brutta canaglia?"
Già, perché forse sarà capitato anche a voi di notare, attraverso il parlato negli anime, che la lingua giapponese utilizza tanti diversi modi di tradurre il "tu": essi variano a seconda del grado di confidenza che si ha nei confronti della persona a cui ci si rivolge, del contesto e del grado di gerarchia "sociale" che la situazione impone di rispettare.
Infine, il linguaggio cambia notevolmente anche se a parlare è un uomo piuttosto che una donna, o viceversa.
Un po' come può accadere a noi nel rivolgerci con il "Lei" al nostro superiore al lavoro o tramite il "Voi" a una persona che non conosciamo e alla quale teniamo a mostrare deferenza e rispetto, allo stesso modo la lingua giapponese si declina in tal senso, per tramite però di sfumature molto più varie e sicuramente curiose.
"Anata" è un modo neutrale di rivolgersi a uno sconosciuto in maniera educata, ma è anche la maniera con cui la moglie può chiamare intimamente e teneramente il marito, mostrandogli sempre il massimo rispetto.
In particolare, se non conoscete il nome o cognome della persona di fronte a voi, un modo cortese di rivolgervi a lei è proprio usando "anata", indipendentemente che a parlare sia un uomo o una donna.
Con "kimi" invece ci si rivolge a propri "pari in grado", colleghi più giovani (i cosiddetti "kohai"), compagni di scuola oppure amici, e sottintende un certo grado di familiarità nel rapporto oppure di frequenza nelle conversazioni.
"Kimi" differisce parecchio dunque dal maleducato "kisama", termine talmente volgare (si potrebbe tradurre come "tu, feccia") che difficilmente si udirà utilizzare nel giapponese di tutti i giorni, anche se ne viene fatto talvolta utilizzo nel parlato degli anime. A titolo di esempio citiamo Bleach, in cui gli Shinigami si rivolgono proprio in tale maniera nei confronti del protagonista Ichigo.
"Omae", infine, ha un'accezione piuttosto rude e spregiudicata: si può udire senz'altro tra ragazzi che cercano di darsi un tono, uomini adulti che discutono tra loro in maniera accesa finanche all'ambito della yakuza, oppure nel cercare di fermare un ladro dal fuggire, dei teppisti rubare le mele dall'albero o in similari situazioni incresciose, dove la formalità non è di casa.
Di certo non è con "omae" che ci si dovrebbe rivolgere al padre di un proprio alunno morto per suicidio.
Ciò che pare aver indotto il sovrintendente Yamada a farlo pare sia stato il fatto che l'uomo in passato era stato insegnante del padre dell'alunno quando quest'ultimo frequentava le scuole elementari.
Avrà forse pensato che l'uso di un'accezione più informale potesse farlo sentire più vicino al padre dell'alunno, o semplicemente si sarà trattato di un lapsus?
Quale che sia stata la ragione, il padre dell'alunno non si è detto felice di sentirsi chiamare "omae". "Non riuscivo a credere che avesse detto una cosa del genere, in quel momento. Pareva quasi che stesse facendo lo spiritoso circa il suicidio, sminuendo il gesto."
La vicenda ha suscitato talmente clamore da essere riportata anche dai notiziari, come possiamo vedere nel video sottostante:
Ann News
In seguito il sovrintendente si è scusato per l'uso inappropriato delle sue parole, ma era già troppo tardi: il signor Yamada ha dato le due dimissioni qualche giorno dopo, e sospenderà ogni suo incarico a breve. Il padre del ragazzo ha riferito che se anche vi sarà una sostituzione nella sovrintendenza, intende proseguire nel lavorare sodo per fare in modo che il bullismo scolastico venga eradicato per sempre.
Via Twitter le reazioni dei giapponesi alla vicenda sono state le seguenti:
- "Cosa gli sarà mai passato per la testa, per dire una cosa del genere?"
- "Come ha fatto uno come lui a diventare un sovrintendente?"
- "Non importa se fosse il suo insegnante o meno. Non si dovrebbe mai usare l' "omae" nei confronti di qualcuno con il quale ci si sta scusando."
- "Usare omae nei confronti di ragazzini chiassosi è un conto, ma farlo nell'ambito del lavoro è tutt'altra cosa."
- "Non ho mai avuto rispetto per chi usa omae nel rivolgersi ad altre persone."
Insomma, il pensiero è univoco e l'opinione unanime.
Le parole contano, e il modo in cui si selezionano le parole quando si formula una frase conta ancora di più.
Altrettanto importanti sono le azioni, pertanto è auspicabile che unitamente al dovuto rispetto nei confronti di un ragazzo che ha dovuto soccombere alla vita, si portino avanti segni che mostrino il progresso nel sistema scolastico.
Fonte consultata:
Sora News 24
Insomma è chiaro che le parole vanno dosate e scelte con estrema cura ma i giapponesi forse prendono queste cose ancora un un pelino troppo seriamente e dovrebbero ragionare in maniera più elastica. Senza contare che la lingua giapponese è parecchio complessa e molte parole possono confondere anche i madrelingua, non c'entra nulla il ruolo che si svolge.
Mi dispiace per il genitore ma francamente non mi sento di voler crocifiggere quest'uomo per un'errore del genere. Per me è più una guff in un contesto poco felice che un dramma come vogliono farla passare i giornali o chi per essi.
ESATTAMENTE. Guardate si può parlar di "voce dal sen sfuggita" ma invece si occuparsi di una mezza cacchiata avrebbero fatto meglio a prevenire la situazioni che ha portato questo ragazzino a suicidarsi a causa di incessanti atti di bullismo nei suoi confronti
Ma è più semplice alzare la voce per una sciocchezza. Spero però di non vedere più in giro - passano talora sui social - quei video che esaltano la scuola nipponica come esempio di "Ottima Scuola"....Gli piazerò davanti qeusto articolo.
Avrei preferito debellare il bullismo in quella scuola piuttosto che cacciare il dirigente scolastico per una parola infelice.
cioè dai cosa servirebbe a un politico qui per fargli lasciare la tanto amata poltrona ? XD credo nemmeno se gli dici che sotto c'è una bomba...
Forse sono io ad essere poco malizioso ma non credo che ci fosse cattiveria nelle intenzioni del sovrintendente, come riportato nell’articolo aveva insegnato al padre quando era bambino, quindi forse ha voluto usare un’espressione più informale per cercare di rincuorarlo almeno in parte per la perdita dovuta a un lutto così grave, forse pensava di mostrare di più la sua vicinanza e comprensione…….o almeno io la penso così……..
Poi va be, che i giapponesi siano infinitamente esagerati con le formalità e l’etichetta (anche nel parlare) in ogni modo e in ogni luogo lo trovo un po’ ridicolo sinceramente, potrei capire tre diversi gradi di formalità (dare del “tu”, dare del “lei”, dare del “lei in forma massima”) ma loro hanno davvero casistiche infinite……….io non ho mai studiato il giapponese ma so che addirittura esiste un “lei” particolare da usare solo nel caso in cui ci si rivolga direttamente all’Imperatore (cosa di per sé rarissima per un giapponese medio, quindi di fatto a cosa diamine dovrebbe servire saperlo??).
Ricordo di aver letto anni fa in un libro di Keiko Ichiguchi una situazione simile: si trovava a fare da traduttrice simultanea tra un gruppo di operai italiani in sciopero e un alto dirigente giapponese, il quale affermava che dovessero tornare subito a lavoro in quanto “era loro dovere morale”; il rappresentante degli operai disse in risposta “Sei un pollo”, ma la Ichiguchi dovette usare tutte le formalità possibili e inimmaginabili della lingua giapponese per riferirlo al dirigente perché, come disse lei, se l’avesse tradotto letteralmente al dirigente giapponese sarebbe venuto un infarto.
Comunque, che ipocrisia ragazzi...
In Giappone basta una parola sbagliata e ti devi dimettere.
È proprio vero che nel mondo non esiste la giusta misura, una via di mezzo.
Quoto,però in Giappone non è che sono così rigidi. Basti pensare che il "glande" Shinzo Abe si è ricandidato ed è stato rieletto nonostante avesse ,sia lui che alcuni suoi collaboratori,delle accuse di corruzione. Io penso che sono rigidi quando gli conviene,anche qui,sicuramente dopo questo fattaccio,grazie a questo pretesto,riusciranno a svincolarsi e a sbattersene del problema del bullismo
E' da 10 minuti che sto ridendo ahahahahha
Mi sa che hai proprio centrato il punto.
Per dire, io abito in un piccolo paesino circondato da altrettanti piccoli paesi. Come in tutte le piccole realtà abbiamo dei modi più o meno simpatici di insultarci fra i cittadini di diversi paesi (alle volte persino fra quartiere e quartiere). Se cercassi di spiegare a qualcuno "esterno" alcuni di questi termini probabilmente non capirebbero, o non ci troverebbero nulla di male, ma se provassi a rivolgermi con quelle parole ad una persona del luogo forse finirebbe in rissa ahahah
Condivido in parte però mi stupisco di più di gente che vota un mafioso o una banda di ladri, purtroppo una storia politica fatta di corruzione e collusione con la malavita organizzata ha reso il panorama politico così povero che ci si accontenta di quello che almeno si spaccia per nuovo o che urli più forte degli altri.
Detto questo non è che gli altri stiano poi tanto meglio di noi, ognuno nazione ha i propri scheletri negli armadi.
Effettivamente..
@Stay Night
Perche hai la soluzione? Risolvi tu domani con la bacchetta magica?
O te ne lavi le mani come tutti gli altri...che parlano e parlano e parlano
Piccola aggiunta - 'anata' è sì neutrale e sicuramente accettabile socialmente anche con estranei o gente con cui si ha poca confidenza, ma ci sono opzioni ancora migliori. Sempre meglio riferirsi all'interlocutore in terza persona, per cognome se lo si sa.
Viviamo in un mondo cattivo...
Rendiamoci conto si è suicidato in giovanissima età... Praticamente un bambino! Questo maggiormente mi sconvolge...
Sempre meglio di puttanieri, amici di mafiosi, razzisti, pistoleri, intascatori di 49 milioni di euro, non eletti amici delle banche e contro poveri e lavoratori, etc etc..
Ma se tu preferisci quelli, siamo in democrazia, votali a faccia alta.
Su Wikipedia( in inglese) c'è la lista completa dei pronomi con tanto di breve etimologia. È molto interessante ve ne consiglio la lettura.
Da un punto di vista logico la reazione del padre e di molti altri è perfettamente sensata.
Quello del sovrintendente è un ruolo ufficiale e formale.
Pertanto il suo gesto è grave perché non ha espletato le sue funzioni di ufficialità e formalità.
In Giappone la forma è tutto, così come le gerarchie.
Che il suo intento fosse quello di offendere o meno non ha alcuna importanza perché lui rappresentava una precisa figura sociale in quel momento.
E neanche il fatto che il padre fosse un suo ex alunno è una giustificazione.
Ma soprattutto, l'uso di un tono informale non si confà ad una situazione del genere.
La cosa viene giustamente percepita come un palese insulto in quanto corrisponde ad una negazione di responsabilità proprio nel momento in cui è prevista un figura di responsabilità.
Poiché il sistema scolastico (come tutto in Giappone) è regolato sulle formalità, questa è una palese violazione di questo costume, e quindi un palese insulto.
Se sei uno dei bulloni di un ingranaggio sociale che tritura le persone fino a spingerle al suicidio il minimo che puoi fare è seguire il copione previsto, così come è richiesto a tutti.
Se la società è basata sui ruoli, venire meno al ruolo è l'unico vero crimine.
Il sovrintendente non ha alcun diritto di uscire dai canoni del suo ruolo, soprattutto se non lo ha fatto prima, quando avrebbe potuto per prevenire una simile circostanza.
Fare uno strappo alle regole solo quando ti conviene o perché in quel momento sei distratto è troppo comodo. Un insulto.
Quello che si è dimesso in realtà voleva dire : Omaewa mou shindeiru
Non ho letto,gli altri commenti, immagino già i jappiskin..... “ah ma in Italia”..... vero?
Probabilmente qui ci sarebbe stata una discussione tra genitore e sovrintendente e qualche problema per quest'ultimo, ma niente di così eclatante.
Evidentemente è una cosa che loro percepiscono più sentitamente di noi, anche se effettivamente il sovrintendente avrebbe potuto essere meno "amichevole".
Normalmente quando si parla in forma cortese non si usa nemmeno anata, ma il cognome della persona con cui si parla seguito dal san, cioè si parla in terza persona.
Inoltre è tutta la frase a suonare scortese (perché è in forma piana, e oltretutto neanche in keigo, il linguaggio formale), non solo il pronome scelto. Quindi secondo me è riduttivo e sbagliato dire che è stato fatto fuori “per una parola”, bensí per una frase completamente fuori luogo.
Certi "gesti" simbolici suscitano clamore anche qui, non soltano nel rigidissimo giappone!
A me personalmente pare una stupidaggine, ma tant'è. Non sono mai stato un tipo particolarmente attaccato alle etichette, alle formalità e alle lotte "per principio" (anche se in realtà poi cerco di essere molto formale e in tanti si arrabbiano quando do loro del "lei" anziché il "tu"... Però non puoi mai sapere cosa pensi una persona, e io preferisco rimanere in "zona sicura" finché non sono certo di potermi permettere certe libertà).
Sembra leggere i commenti da ospizio dei miei nonni di chi giudica gli altri per banalità legate a usanze e tradizioni
Altra gente che vive nel 1918 e non 2018
Per quel che mi riguarda questo intervento spiega perfettamente l'incresciosa situazione, per quanto può farlo il nostro punto di vista straniero ed esterno alla vicenda, mi ha praticamente tolto le parole di bocca. Trovo anzi una strana e forse equa ironia nel fatto che il sovrintendente sia stato vittima dello stesso meccanismo che, in fin dei conti, ha spinto il suo alunno al suicidio. Purtroppo la questione del bullismo e dei suicidi ad esso legati credo sia terribilmente più comune in Giappone di quanto possa esserlo da noi, dunque fa più notiza l'errore di un sovrintendente che non il suicidio di un tredicenne.
Non voleva fare il simpatico, gli si è rivolto in un modo che è suonato come “sei feccia”.
È difficile da spiegare... ma il punto è che penso che per spingere il ragazzo a compiere il terribile gesto probabilmente molte volte altri studenti gli si sono rivolti in quel modo (o in maniera molto piú scortese).
E tu dirigente scolastico vai a scusarti perchè non hai protetto il ragazzo, non hai EDUCATO i suoi coetanei a dovere, non hai sorvegliato a dovere e usi lo stesso tono da bulletto??
Quello era il momento di porsi nella posizione piú umile possibile, e invece..
Tecnicamente il compito educare spetterebbe ai genitori, al limite avrebbe potuto mantenere la disciplina. Ciò non toglie che nel mentre si possa anche insegnare l'educazione nelle scuole, ovviamente.
Per il resto concordo, forse una maggiore sorveglianza avrebbe potuto aiutare.
Ora stiamo studiando il keigo (il linguaggio più formale) che va utilizzato per abbassare la propria posizione rispetto all'interlocutore, che comunque risponde sempre con la forma cortese (teineikei) detta anche "forma in masu".
C'è stata anche una professoressa che si arrabbiò da morire con uno studente che si presentò dicendo "Ore wa", quindi ci credo che abbia fatto scalpore questa forma molto "volgare" usata dal sovrintendente.
Ciò premesso, personalmente credo che sia abbastanza grave che il mancato rispetto della formalità nelle parole abbia 'offuscato' la vera tragedia, ovvero il suicidio del ragazzo causato dal bullismo. Tuttavia se siamo più o meno appassionati di Giappone sappiamo anche che la forma conta tantissimo e qui il gesto indica una scortesia purtroppo gravissima e poco scusabile visto soprattutto il contesto (fossero stati al bar, sarebbe stato forse diverso). Spero che comunque, al di là di questo, l'attenzione sui problemi del bullismo non scemi, anzi.
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