Dororo nasce come manga di Osamu Tezuka, pubblicato da Akita Shoten nel periodo 1967-1968. È stato quasi subito trasposto in anime, prima con un pilot a colori nel 1968 e poi con una serie in bianco e nero nel 1969. In anni più recenti Dororo ha ispirato un videogioco (nel 2005) e un film live action (nel 2007). Oggi, mentre si festeggia il cinquantenario dell'anime, su Amazon Prime possiamo ancora assistere al remake del 2019.
Queste poche osservazioni dovrebbero far capire l'interesse che questo titolo è stato in grado di suscitare nel corso dei decenni, coprendo diverse generazioni di lettori e spettatori. Ironicamente, però, le versioni originali non hanno riscontrato un grande successo: il manga è stato troncato prematuramente su richiesta dell'editore e l'anime è stato concluso dopo sole 26 puntate, perché non stava andando molto bene come ascolti. Forse - è una mia illazione - perché si trattava dell'ultimo anime in bianco e nero in un periodo in cui tutti gli altri erano passati al colore. Non era stato possibile realizzarlo a colori, come si sarebbe voluto originariamente, per motivi di budget: bisogna ricordare che quelli erano anni di gravi ristrettezze economiche per la Mushi Productions, che di lì a poco fallirà.
Povertà di mezzi non significa però povertà di realizzazione, specialmente quando a dirigere la serie ci sono delle leggende del mondo dell'animazione: il direttore generale era Gisaburo Sugii mentre tra i direttori degli episodi troviamo dei giovani Osamu Dezaki, Ryosuke Takahashi, Tomino Yoshiyuki e Noboru Ishiguro, più molti altri che in seguito diventeranno affermati registi. La serie anime è stupenda nel suo evocativo bianco e nero e si ricorda soprattutto per l'incredibile opening di Isao Tomita.
Sulla genesi di Dororo abbiamo delle informazioni preziose ad opera dello stesso Tezuka, che scrive nella postfazione al quarto volume del manga (da noi edito dalla Goen):
Io sono una persona estremamente competitiva. Quando un autore fa furore con un certo titolo, non so perché ma ho questa strana abitudine di emularlo. [...] Dororo è nato nel tentativo di cavalcare l'onda del successo (?) del maestro Shigeru Mizuki. [...] Avrò aperto il frontespazio sei o sette volte, e confrontato i miei demoni con quelli ideati dal maestro Mizuki.
Questo spiega perché in Dororo ci siano così tanti mostri della tradizione giapponese. Il motivo dell'ambientazione nell'epoca Sengoku va da attribuirsi invece al tentativo di emulare Sanpei Shirato, come sappiamo da varie interviste. Scrive Tezuka, sempre nella postfazione a Dororo:
Per la prima volta, ho provato a cimentarmi con un'opera storica, ambientata durante il medioevo. [...] Sono venuto a scoprire una realtà che prima non conoscevo. Non avevo idea della sofferenza delle classi sociali sfruttate durante la crudele epoca Sengoku e questo mi ha intristito parecchio. È per questo che ho cominciato ad aggiungere ulteriore sangue alle vicende. Per essere pubblicata su una rivista per ragazzi quest'opera ha diversi aspetti che la rendono cupa e non idonea a un pubblico di minori.
Nella Biografia Manga della Coconino Press, all'inizio del secondo volume si racconta della prima volta in cui Tezuka si reca a Tokyo, nell'estate del 1947, quindi nell'immediato dopoguerra. Tezuka si era recato a piedi fino a Ueno, all'epoca quartiere poverissimo e abitato dagli stati più disperati della società. E lì vide per le strade decine di orfani di guerra, malnutriti e abbandonati a sé stessi, più simili a fantasmi che a bambini. L'ispirazione per Dororo gli venne da questa esperienza di vita.
Da queste premesse si capisce come il manga di Dororo sia importante e di grande valore. Eppure l'anime del 1969 gli è mio avviso superiore. In primo luogo è molto più cupo e drammatico, quasi del tutto privo delle scenette umoristiche tipiche di Tezuka che si trovano nel manga. Inoltre, grazie al maggiore spazio a disposizione, si ha più tempo per affezionarsi ai personaggi e ci vengono raccontate più storie. La conclusione dell'anime è assai più drammatica e d'effetto rispetto a quella affrettata del manga, voluta dall'editore. Probabilmente lo stesso Tezuka non sarà stato soddisfatto e avrà operato i cambi. Significativo è il dettaglio della spada di Hyakkimaru, che alla fine del manga viene donata a Dororo. In maniera del tutto opposta, nell'anime Hyakkimaru decide di non donare la spada a Dororo, con un effetto psicologico molto maggiore. Non dico di più perché chi è interessato più facilmente trovare l'anime originale su VVVVID.
Il film live action del 2007, come quasi tutti i Live Action, è meno interessante, quindi non ne parlerò molto. Si tratta di un filmone da 2h18m, a cavallo tra il tragico e il grottesco, con scene di combattimento contro demoni che sembrano usciti da un tokusatsu degli anni settanta e vari cambiamenti opinabili: Hyakkimaru diventa il mostro di Frankenstein, in grado di riattaccarsi arti di cadaveri (?), Dororo diventa una donna adulta, Tohomaru muore e resuscita e il finale può certamente essere tacciato di buonismo, per lo meno se paragonato a quello del 1969. Non è comunque da buttare via e merita la visione.
Vale la pena invece di parlare diffusamente della serie attualmente in corso è che è molto seguita dagli utenti di AnimeClick. Doversi confrontare con un mostro sacro come Tezuka è sempre molto difficile, come pure è difficile nel 2019 - sia per motivi di censura, sia per una mentalità più generalmente ottimista rispetta a quella del 1969, quando la memoria della guerra era ancora fresca - rendere bene un'opera drammatica come Dororo. A priori si poteva quindi essere scettici sulla resa finale, nonostante gli autori dell'anime siano di tutto rispetto.
Alla regia abbiamo Kazuhiro Furuhashi, celebre per Kenshin e quindi familiare con il genere storico, con un nutrito carnet di serie nel suo curriculum: cose come Hunter x Hunter, Le Chevalier d'Eon, Gundam Unicorn, il recente film di Mademoiselle Ann e molto altro. Sicuramente un regista d'esperienza. Alla sceneggiatura abbiamo la brava Yasuko Kobayashi, con molti titoli al suo attivo negli ultimi vent'anni, tra cui Shakugan no Shana, Witchblade, Claymore, Casshern Sins, L'attacco dei giganti e tutte le ultime serie di JoJo. Anche qui un'autrice competente. Il chara design è di Satoshi Iwataki, un po' meno famoso, ma comunque con una quindicina d'anni di esperienza nel mondo degli anime.
È difficile giudicare una serie ancora in corso, visto che al momento ho visto solo metà degli episodi (12 sui 24 annunciati): dirò solo che per quanto si è visto finora questa è la migliore versione di Dororo mai realizzata. Naturalmente mi riservo di rivedere il mio giudizio al momento della trasmissione dell'ultimo episodio, visto che è facilissimo sbagliare il finale in una serie di questo livello e lo stesso Tezuka lo ha sbagliato nel manga, ravvedendosi nell'anime del 1969. Ciò non toglie che finora l'anime moderno sia decisamente superiore a quello del passato sia nella sceneggiatura che nei personaggi.
Per quanto riguarda la sceneggiatura è vero che gli eventi narrati sono per lo più gli stessi, ma vengono narrati diversamente e meglio. Per esempio la storia di Mio nel manga è narrata come un flashback, mentre nell'anime è narrata in tempo reale, con un impatto molto maggiore sullo spettatore. Perfino su chi ha già letto/visto tutto e sa quello che deve succedere segue la serie con piacere, e questo è un risultato non da poco.
La serie recente è superiore anche per quanto riguarda i personaggi, in primo luogo Hyakkimaru: renderlo muto per buona parte degli episodi e taciturno per gli episodi restanti è stato un colpo da maestro. Nelle versioni precedenti Hyakkimaru parlava - Tezuka nel manga curiosamente ci spiega anche come: con lo stomaco, come un ventriloquo! - e questo lo rendeva molto più ordinario. Nella versione moderna la sua condizione di sordo-muto-cieco è sfruttata con grande merito.
Inoltre sono stati tratteggiati molto bene anche personaggi comprimari come il medico che ha allevato Hyakkimaru, a cui viene dedicata un puntata in cui si approfondisce il suo background, oppure come Mio, a cui si dedicano due episodi invece di un breve flashback. Inoltre è apprezzabile come non si provi neppure a nascondere la natura del suo lavoro, il più vecchio del mondo, cosa che nel manga viene comunque lasciata intendere. Da quanto si è visto è probabile che un buono spazio verrà dedicato anche al fratello di Hyakkimaru, Tahomaru, che era già interessante nell'anime originale ma qui è stato migliorato.
Soprattutto la serie moderna riesce ad essere commovente, addirittura più commovente delle versioni precedenti, ed è questo ciò che conta. Le altre cose sono secondarie, come per esempio il chara design. Può piacere o non piacere, per esempio lo Hyakkimaru del 2019 a me piace molto più dell'originale, mentre preferisco il chare del Dororo originale. La opening del 1969 è leggendaria, ma anche la opening del 2019 non è affatto male, a mio avviso superiore alla media delle opening moderne. L'anime del 1969 era più crudo, come tipico di quegli anni, ma quello del 2019 fa comunque il suo dovere. A chi è curioso di vedere le differenze consiglio questo video che mostra la stessa scena - il primo incontro tra Dororo e Hyakkimaru - nelle due versioni:
Lo stesso giorno 6 aprile 1969 in cui veniva trasmessa la prima puntata di Dororo, andava in onda anche il primo episodio di un altro anime ambientato poco dopo l'epoca Sengoku, quello che da noi in Italia è noto come L'invincibile ninja Kamui, dal manga di Sanpei Shirato. È per competere con Shirato che Tezuka iniziò impegnarsi nelle ambientazioni nel medioevo giapponese a partire da Dororo e con molti altri manga, in particolare con una metà dei libri del ciclo della Fenice, la risposta tezukiana alla Saga di Kamui. Sarebbe bello scrivere su Kamui, ma non sono in grado di rendere giustizia a quest'opera immensa. Preferisco quindi stare zitto e rimandare chi vuole saperne di più su questo autore e in generale sui ninja all'approfondimento sui cinquant'anni di Sasuke il Piccolo Ninja.
Queste poche osservazioni dovrebbero far capire l'interesse che questo titolo è stato in grado di suscitare nel corso dei decenni, coprendo diverse generazioni di lettori e spettatori. Ironicamente, però, le versioni originali non hanno riscontrato un grande successo: il manga è stato troncato prematuramente su richiesta dell'editore e l'anime è stato concluso dopo sole 26 puntate, perché non stava andando molto bene come ascolti. Forse - è una mia illazione - perché si trattava dell'ultimo anime in bianco e nero in un periodo in cui tutti gli altri erano passati al colore. Non era stato possibile realizzarlo a colori, come si sarebbe voluto originariamente, per motivi di budget: bisogna ricordare che quelli erano anni di gravi ristrettezze economiche per la Mushi Productions, che di lì a poco fallirà.
Povertà di mezzi non significa però povertà di realizzazione, specialmente quando a dirigere la serie ci sono delle leggende del mondo dell'animazione: il direttore generale era Gisaburo Sugii mentre tra i direttori degli episodi troviamo dei giovani Osamu Dezaki, Ryosuke Takahashi, Tomino Yoshiyuki e Noboru Ishiguro, più molti altri che in seguito diventeranno affermati registi. La serie anime è stupenda nel suo evocativo bianco e nero e si ricorda soprattutto per l'incredibile opening di Isao Tomita.
Sulla genesi di Dororo abbiamo delle informazioni preziose ad opera dello stesso Tezuka, che scrive nella postfazione al quarto volume del manga (da noi edito dalla Goen):
Io sono una persona estremamente competitiva. Quando un autore fa furore con un certo titolo, non so perché ma ho questa strana abitudine di emularlo. [...] Dororo è nato nel tentativo di cavalcare l'onda del successo (?) del maestro Shigeru Mizuki. [...] Avrò aperto il frontespazio sei o sette volte, e confrontato i miei demoni con quelli ideati dal maestro Mizuki.
Questo spiega perché in Dororo ci siano così tanti mostri della tradizione giapponese. Il motivo dell'ambientazione nell'epoca Sengoku va da attribuirsi invece al tentativo di emulare Sanpei Shirato, come sappiamo da varie interviste. Scrive Tezuka, sempre nella postfazione a Dororo:
Per la prima volta, ho provato a cimentarmi con un'opera storica, ambientata durante il medioevo. [...] Sono venuto a scoprire una realtà che prima non conoscevo. Non avevo idea della sofferenza delle classi sociali sfruttate durante la crudele epoca Sengoku e questo mi ha intristito parecchio. È per questo che ho cominciato ad aggiungere ulteriore sangue alle vicende. Per essere pubblicata su una rivista per ragazzi quest'opera ha diversi aspetti che la rendono cupa e non idonea a un pubblico di minori.
Nella Biografia Manga della Coconino Press, all'inizio del secondo volume si racconta della prima volta in cui Tezuka si reca a Tokyo, nell'estate del 1947, quindi nell'immediato dopoguerra. Tezuka si era recato a piedi fino a Ueno, all'epoca quartiere poverissimo e abitato dagli stati più disperati della società. E lì vide per le strade decine di orfani di guerra, malnutriti e abbandonati a sé stessi, più simili a fantasmi che a bambini. L'ispirazione per Dororo gli venne da questa esperienza di vita.
Da queste premesse si capisce come il manga di Dororo sia importante e di grande valore. Eppure l'anime del 1969 gli è mio avviso superiore. In primo luogo è molto più cupo e drammatico, quasi del tutto privo delle scenette umoristiche tipiche di Tezuka che si trovano nel manga. Inoltre, grazie al maggiore spazio a disposizione, si ha più tempo per affezionarsi ai personaggi e ci vengono raccontate più storie. La conclusione dell'anime è assai più drammatica e d'effetto rispetto a quella affrettata del manga, voluta dall'editore. Probabilmente lo stesso Tezuka non sarà stato soddisfatto e avrà operato i cambi. Significativo è il dettaglio della spada di Hyakkimaru, che alla fine del manga viene donata a Dororo. In maniera del tutto opposta, nell'anime Hyakkimaru decide di non donare la spada a Dororo, con un effetto psicologico molto maggiore. Non dico di più perché chi è interessato più facilmente trovare l'anime originale su VVVVID.
Il film live action del 2007, come quasi tutti i Live Action, è meno interessante, quindi non ne parlerò molto. Si tratta di un filmone da 2h18m, a cavallo tra il tragico e il grottesco, con scene di combattimento contro demoni che sembrano usciti da un tokusatsu degli anni settanta e vari cambiamenti opinabili: Hyakkimaru diventa il mostro di Frankenstein, in grado di riattaccarsi arti di cadaveri (?), Dororo diventa una donna adulta, Tohomaru muore e resuscita e il finale può certamente essere tacciato di buonismo, per lo meno se paragonato a quello del 1969. Non è comunque da buttare via e merita la visione.
Vale la pena invece di parlare diffusamente della serie attualmente in corso è che è molto seguita dagli utenti di AnimeClick. Doversi confrontare con un mostro sacro come Tezuka è sempre molto difficile, come pure è difficile nel 2019 - sia per motivi di censura, sia per una mentalità più generalmente ottimista rispetta a quella del 1969, quando la memoria della guerra era ancora fresca - rendere bene un'opera drammatica come Dororo. A priori si poteva quindi essere scettici sulla resa finale, nonostante gli autori dell'anime siano di tutto rispetto.
Alla regia abbiamo Kazuhiro Furuhashi, celebre per Kenshin e quindi familiare con il genere storico, con un nutrito carnet di serie nel suo curriculum: cose come Hunter x Hunter, Le Chevalier d'Eon, Gundam Unicorn, il recente film di Mademoiselle Ann e molto altro. Sicuramente un regista d'esperienza. Alla sceneggiatura abbiamo la brava Yasuko Kobayashi, con molti titoli al suo attivo negli ultimi vent'anni, tra cui Shakugan no Shana, Witchblade, Claymore, Casshern Sins, L'attacco dei giganti e tutte le ultime serie di JoJo. Anche qui un'autrice competente. Il chara design è di Satoshi Iwataki, un po' meno famoso, ma comunque con una quindicina d'anni di esperienza nel mondo degli anime.
È difficile giudicare una serie ancora in corso, visto che al momento ho visto solo metà degli episodi (12 sui 24 annunciati): dirò solo che per quanto si è visto finora questa è la migliore versione di Dororo mai realizzata. Naturalmente mi riservo di rivedere il mio giudizio al momento della trasmissione dell'ultimo episodio, visto che è facilissimo sbagliare il finale in una serie di questo livello e lo stesso Tezuka lo ha sbagliato nel manga, ravvedendosi nell'anime del 1969. Ciò non toglie che finora l'anime moderno sia decisamente superiore a quello del passato sia nella sceneggiatura che nei personaggi.
Per quanto riguarda la sceneggiatura è vero che gli eventi narrati sono per lo più gli stessi, ma vengono narrati diversamente e meglio. Per esempio la storia di Mio nel manga è narrata come un flashback, mentre nell'anime è narrata in tempo reale, con un impatto molto maggiore sullo spettatore. Perfino su chi ha già letto/visto tutto e sa quello che deve succedere segue la serie con piacere, e questo è un risultato non da poco.
La serie recente è superiore anche per quanto riguarda i personaggi, in primo luogo Hyakkimaru: renderlo muto per buona parte degli episodi e taciturno per gli episodi restanti è stato un colpo da maestro. Nelle versioni precedenti Hyakkimaru parlava - Tezuka nel manga curiosamente ci spiega anche come: con lo stomaco, come un ventriloquo! - e questo lo rendeva molto più ordinario. Nella versione moderna la sua condizione di sordo-muto-cieco è sfruttata con grande merito.
Inoltre sono stati tratteggiati molto bene anche personaggi comprimari come il medico che ha allevato Hyakkimaru, a cui viene dedicata un puntata in cui si approfondisce il suo background, oppure come Mio, a cui si dedicano due episodi invece di un breve flashback. Inoltre è apprezzabile come non si provi neppure a nascondere la natura del suo lavoro, il più vecchio del mondo, cosa che nel manga viene comunque lasciata intendere. Da quanto si è visto è probabile che un buono spazio verrà dedicato anche al fratello di Hyakkimaru, Tahomaru, che era già interessante nell'anime originale ma qui è stato migliorato.
Soprattutto la serie moderna riesce ad essere commovente, addirittura più commovente delle versioni precedenti, ed è questo ciò che conta. Le altre cose sono secondarie, come per esempio il chara design. Può piacere o non piacere, per esempio lo Hyakkimaru del 2019 a me piace molto più dell'originale, mentre preferisco il chare del Dororo originale. La opening del 1969 è leggendaria, ma anche la opening del 2019 non è affatto male, a mio avviso superiore alla media delle opening moderne. L'anime del 1969 era più crudo, come tipico di quegli anni, ma quello del 2019 fa comunque il suo dovere. A chi è curioso di vedere le differenze consiglio questo video che mostra la stessa scena - il primo incontro tra Dororo e Hyakkimaru - nelle due versioni:
Lo stesso giorno 6 aprile 1969 in cui veniva trasmessa la prima puntata di Dororo, andava in onda anche il primo episodio di un altro anime ambientato poco dopo l'epoca Sengoku, quello che da noi in Italia è noto come L'invincibile ninja Kamui, dal manga di Sanpei Shirato. È per competere con Shirato che Tezuka iniziò impegnarsi nelle ambientazioni nel medioevo giapponese a partire da Dororo e con molti altri manga, in particolare con una metà dei libri del ciclo della Fenice, la risposta tezukiana alla Saga di Kamui. Sarebbe bello scrivere su Kamui, ma non sono in grado di rendere giustizia a quest'opera immensa. Preferisco quindi stare zitto e rimandare chi vuole saperne di più su questo autore e in generale sui ninja all'approfondimento sui cinquant'anni di Sasuke il Piccolo Ninja.
L'anime del '69 è superbo. Si colgono perfettamente le grandi firme dietro, e il bianco e nero è un altro "deficit" che aumenta l'effetto nostalgico e tragico della narrazione, nonché l'impatto gotico e ansiogeno del tema soprannaturale. Un richiamo, voluto o meno, a grandi firme come Kurosawa, Kobayashi e Mizoguchi.
Il confronto con Mizuki e Shirato regge benissimo. Se si pensa al primo Kitaro (anch'esso in bianco e nero) o alle tragiche vicende dei ninja Sasuke e Kamui si coglie subito il peso di uno scontro di titani, nel quale non sfigurerebbe nemmeno un mostro sacro come Lone Wolf and Cub in relazione a Dororo.
La violenza e i sottotesti sociali esposti in queste forme sono elementi ormai pressoché scomparsi nel mondo manga/anime, spirito di quei tempi di mezzo secolo fa, più cangianti rispetto ad oggi sotto tutti i punti di vista.
Kentaro Miura ha affermato che Dororo è il suo manga di Tezuka preferito; e in effetti è difficile non cogliere la simbiosi tra Hyakkimaru e Guts, marionette tragiche e mutilate, cowboys/ronin in costante compagnia dei loro demoni (veri e interiori) e di esseri umani anche peggiori dei mostri e degli spettri.
Se la metà degli anime/manga di oggi avessero i difetti delle varie versioni di Dororo ogni giorno sarebbe un simposio tra Sergio Leone e Umberto Eco.
Queste cose sarebbero state fantascienza nei primi anni ottanta e poi il futuro e' arrivato!
Devo ammettere che l'idea di far partire Hyakkimaru completamente da zero (senza voce, senza pelle) è un'idea originale del remake che ho apprezzato molto.
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