Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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Recensione di Turboo Stefo
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In Giappone il mercato editoriale non è solo invaso dai libri e dai manga (fumetti giapponesi), ma c'è una foltissima presenza delle light novel: romanzi per ragazzi - soprattutto - che possono variare nei più disparati generi, come ogni altra opera d'intrattenimento. A confermare l'importanza di questa espansione culturale orientale non ci sono solo i dati di vendita e il numero sempre maggiore di opere, ma basta guardare alla loro espansione su diversi supporti, non è raro infatti che queste storie diventino anime e manga, con conseguente merchandise, spin-off, videogame e infinite altre cose.
In Italia stranamente questo settore non è stato mai avvicinato, nonostante la continua espansione della cultura d'intrattenimento orientale nel bel paese, fino al 2011 quando finalmente la J-Pop decide di pubblicare "La malinconia di Haruhi Suzumiya" uno dei prodotti più famosi e rappresentativi della categoria.
Spesso da piccoli si crede ad ogni fantasticheria, dagli alieni ai viaggi del tempo, qualsiasi cosa che pare divertente e fuori dal comune entra nella fantasia influenzabile della giovane mente facendola divagare in assurde speranze sul futuro, sperando proprio che venga influenzata da queste "follie". Poi si cresce e con triste ecinico realismo si smette di sognare, come succede al protagonista di questa serie: un ragazzo come tanti che si avvia al suo primo anno di liceo. Quello che non si immagina è l'incontro del destino con Haruhi Suzumiya, la bella quanto strana ragazza che siede nel banco dietro di lui, il cui unico interesse è quello di incontrare esper, alieni o altre creature fuori dal comune. Proprio per questo trascinerà il ragazzo nella fondazione della Brigata S.O.S., un club scolastico il cui scopo è trovare queste anomalie.
La lettura procede veloce e frizzante, catturando da subito l'attenzione del lettore. Inizialmente si inizia a formare la Brigata S.O.S. con l'arrivo dei pochi membri che la compongono, tutti carismatici (anche nella fredda apatia di Nagato) e ben amalgamati, dando così vita a numerose gag. Il tutto però passa quasi esclusivamente per l'eclettica Haruhi: con il suo carattere incostante, egoista, energico e spontaneo riesce a dare vita a situazioni assurde totalmente inaspettate, dal denudare la dolce Mikuru per vestirla con i cosplay più ricercati (indifferentemente dalla presenza maschile di Kyon), a sfruttare ancora quest'ultima per ricattare i club d'informatica per ottenere un computer. Anche se con sfumature comicamente crudeli il personaggio diventa in breve l'attrazione principale della lettura, ma appena il quintetto sembra trovare una stabilità iniziano una serie di sconvolgenti rivelazioni che complicheranno, e non poco, la storia andando a creare contorti paranormali con strane entità aliene, ragazzi dai poteri occulti e belle viaggiatrici del tempo! E in tutto questo il normalissimo Kyon con le sue normali pulsioni e le sue normali reazioni - inizialmente - cosa centra?
Una commedia divertente, dinamica e soprattutto frizzante, in ogni senso, grazie soprattutto ai divertentissimi e originali personaggi la cui punta di diamante è ovviamente l'eclettica Haruhi, e la piega Sci-Fi presa è tanto complessa (lasciando empatizzare al lettore la confusione del ragazzo) quanto semplice, in modo da non appesantire la scorrevolezza, promettendo così tante folli avventure sempre fresche.
Nonostante questo la storia abbozza già gradevoli sfumature e messaggi legati a questa "malinconia" legata alla crescita in diversi sensi.
Un primo volume veramente promettente.
In Italia stranamente questo settore non è stato mai avvicinato, nonostante la continua espansione della cultura d'intrattenimento orientale nel bel paese, fino al 2011 quando finalmente la J-Pop decide di pubblicare "La malinconia di Haruhi Suzumiya" uno dei prodotti più famosi e rappresentativi della categoria.
Spesso da piccoli si crede ad ogni fantasticheria, dagli alieni ai viaggi del tempo, qualsiasi cosa che pare divertente e fuori dal comune entra nella fantasia influenzabile della giovane mente facendola divagare in assurde speranze sul futuro, sperando proprio che venga influenzata da queste "follie". Poi si cresce e con triste ecinico realismo si smette di sognare, come succede al protagonista di questa serie: un ragazzo come tanti che si avvia al suo primo anno di liceo. Quello che non si immagina è l'incontro del destino con Haruhi Suzumiya, la bella quanto strana ragazza che siede nel banco dietro di lui, il cui unico interesse è quello di incontrare esper, alieni o altre creature fuori dal comune. Proprio per questo trascinerà il ragazzo nella fondazione della Brigata S.O.S., un club scolastico il cui scopo è trovare queste anomalie.
La lettura procede veloce e frizzante, catturando da subito l'attenzione del lettore. Inizialmente si inizia a formare la Brigata S.O.S. con l'arrivo dei pochi membri che la compongono, tutti carismatici (anche nella fredda apatia di Nagato) e ben amalgamati, dando così vita a numerose gag. Il tutto però passa quasi esclusivamente per l'eclettica Haruhi: con il suo carattere incostante, egoista, energico e spontaneo riesce a dare vita a situazioni assurde totalmente inaspettate, dal denudare la dolce Mikuru per vestirla con i cosplay più ricercati (indifferentemente dalla presenza maschile di Kyon), a sfruttare ancora quest'ultima per ricattare i club d'informatica per ottenere un computer. Anche se con sfumature comicamente crudeli il personaggio diventa in breve l'attrazione principale della lettura, ma appena il quintetto sembra trovare una stabilità iniziano una serie di sconvolgenti rivelazioni che complicheranno, e non poco, la storia andando a creare contorti paranormali con strane entità aliene, ragazzi dai poteri occulti e belle viaggiatrici del tempo! E in tutto questo il normalissimo Kyon con le sue normali pulsioni e le sue normali reazioni - inizialmente - cosa centra?
Una commedia divertente, dinamica e soprattutto frizzante, in ogni senso, grazie soprattutto ai divertentissimi e originali personaggi la cui punta di diamante è ovviamente l'eclettica Haruhi, e la piega Sci-Fi presa è tanto complessa (lasciando empatizzare al lettore la confusione del ragazzo) quanto semplice, in modo da non appesantire la scorrevolezza, promettendo così tante folli avventure sempre fresche.
Nonostante questo la storia abbozza già gradevoli sfumature e messaggi legati a questa "malinconia" legata alla crescita in diversi sensi.
Un primo volume veramente promettente.
Circlet Princess
5.0/10
In un futuro prossimo venturo, la tecnologia digitale ha fatto passi da gigante e messo alla disposizione della collettività tecnologie di realtà aumentata totalmente fuse con la realtà originale. I gusti della specie umana non sono, tuttavia, cambiati molto cosicché uno degli sport più in voga che riesce a sfruttare le nuove tecnologie risulta essere il Circlet Bout, ovvero vedere delle belle donzellette darsele di santa ragione nella realtà immersa (ma pare che ci sia anche la divisione maschile per cui sono contenti tutti).
In questo contesto, la campagnola Yuuka Sasaki arriva in città per frequentare la scuola e darsi al Circlet Bout nella speranza di darle ancora di santa ragione alla campionessa con cui per caso si era sfidata tre anni prima. L’unico problema è che il club della scuola che Yuuka ha scelto, nel frattempo, è caduto in disgrazia. Fortunatamente Yuuka sta al Circlet Bout come Oliver Hutton sta al pallone (infatti ha anche un oggetto di gioco come migliore amico) e di certo non si perderà d’animo per questo…
Impostato come uno dei molti progetti crossmediali in circolazione, Circlet Princess è una produzione animata leggera leggera dall’impostazione classica regolata il giusto necessario per porre attenzione sul gioco per cellulari che costituirebbe il cuore del brand. La storia non offre particolari spunti e si risolve in un regolare “raduna un pugno di amiche, risolleva il club sportivo, partecipa al torneo, sconfiggi la rivale”. Ciò che si rende evidente al primo sguardo è, comunque, la buona presenza di ragazze di bell’aspetto vestite in outfit da gara allusivi e/o attillati. E magari per molti, me compreso, potrebbe anche bastare.
Purtroppo non ci sono cose particolarmente memorabili da segnalare su quest’anime. Il problema principale è che come produzione risulta anche troppo leggera: non c’è un particolare approfondimento sulla stessa “disciplina sportiva” che poi dovrebbe far interessare al gioco originale; gli incontri sono brevi e hanno poco spazio a parte la finalissima; il fan-service stesso alla fine non è neanche tanto spinto o “servizievole”. Anche la storia, che a un certo punto poteva avere una svolta particolare, si risolve poi in un modo che lascia anche un po’ deluso lo spettatore e fa fare alla protagonista una figura da scemotta più di quanto non sia già di base.
È purtroppo onestamente difficile assegnare la sufficienza a questa produzione che è stata anche di un minimo intrattenimento. Per lo meno mi ha lasciato con una bella waifu (la Reina Kuroda) con la superba voce della Hitomi Nabatame.
In questo contesto, la campagnola Yuuka Sasaki arriva in città per frequentare la scuola e darsi al Circlet Bout nella speranza di darle ancora di santa ragione alla campionessa con cui per caso si era sfidata tre anni prima. L’unico problema è che il club della scuola che Yuuka ha scelto, nel frattempo, è caduto in disgrazia. Fortunatamente Yuuka sta al Circlet Bout come Oliver Hutton sta al pallone (infatti ha anche un oggetto di gioco come migliore amico) e di certo non si perderà d’animo per questo…
Impostato come uno dei molti progetti crossmediali in circolazione, Circlet Princess è una produzione animata leggera leggera dall’impostazione classica regolata il giusto necessario per porre attenzione sul gioco per cellulari che costituirebbe il cuore del brand. La storia non offre particolari spunti e si risolve in un regolare “raduna un pugno di amiche, risolleva il club sportivo, partecipa al torneo, sconfiggi la rivale”. Ciò che si rende evidente al primo sguardo è, comunque, la buona presenza di ragazze di bell’aspetto vestite in outfit da gara allusivi e/o attillati. E magari per molti, me compreso, potrebbe anche bastare.
Purtroppo non ci sono cose particolarmente memorabili da segnalare su quest’anime. Il problema principale è che come produzione risulta anche troppo leggera: non c’è un particolare approfondimento sulla stessa “disciplina sportiva” che poi dovrebbe far interessare al gioco originale; gli incontri sono brevi e hanno poco spazio a parte la finalissima; il fan-service stesso alla fine non è neanche tanto spinto o “servizievole”. Anche la storia, che a un certo punto poteva avere una svolta particolare, si risolve poi in un modo che lascia anche un po’ deluso lo spettatore e fa fare alla protagonista una figura da scemotta più di quanto non sia già di base.
È purtroppo onestamente difficile assegnare la sufficienza a questa produzione che è stata anche di un minimo intrattenimento. Per lo meno mi ha lasciato con una bella waifu (la Reina Kuroda) con la superba voce della Hitomi Nabatame.
Jinsei
4.0/10
“Jinsei” è un anime prodotto nel 2014 dallo studio feel e basato sull’omonima light novel scritta da Ougyo Kawagishi e illustrata da Meruchi Nanase.
Spinto dalla cugina Ayaka, Yuki Akamatsu si unisce al secondo club di giornalismo. In particolare, egli avrà il compito di occuparsi della rubrica sui consigli di vita affiancato da tre ragazze molto diverse tra loro: Rino Endou, specializzata in campo scientifico; Fumi Kujou, specializzata in campo umanistico; Ikumi Suzuki, specializzata in atletica.
“Jinsei” non è uno di quegli anime in cui il primo episodio stupisce lo spettatore e i seguenti lo deludono. Esso, infatti, mostre le sue carte fin dall’inizio: il ritmo si rivela noiosissimo e i personaggi appaiono fin da subito strambi e stereotipati. In pratica, una delle peggiori prime puntate che abbia mai visto. Il problema dell’opera è, però, che quelle a venire non sono da meno: fatta eccezione per due o tre, esse sono tutte uguali, tutte seguono lo stesso identico schema. E quest’ultimo, purtroppo, non è dei migliori: in sintesi, all’inizio Akamatsu legge una richiesta di uno studente; in seguito, le tre ragazze scrivono sui cartelli le loro risposte, ovviamente diversissime tra loro e per lo più strampalate; infine, si giunge (non si sa come) a un argomento o a una scenetta che non ha nulla a che fare con la richiesta sopraccitata. Occasionalmente, poi, si trova una soluzione decente e si dà un consiglio a cui si poteva arrivare benissimo senza ricorrere a determinati espedienti, che si rivelano dunque inutili. Tale tiritera, ovviamente noiosissima, arriva a ripetersi anche due o tre volte nella stessa puntata, e il ciclo si riavvolge all’infinito nel corso degli episodi. Questi ultimi, come detto prima, sembrano uno la copia dell’altro: infatti, anche quando si va al mare per un ritiro (evviva i cliché), i nostri si mettono a leggere le richieste degli studenti, oppure sciorinano i loro cosiddetti “consigli di vita” anche in mezzo alla strada. C’è da aggiungere, poi, che a volte le domande vengono lette alla velocità della luce, come se non fosse importante quello richiesto, ma solo lo spettacolino messo in atto dai personaggi. Ne deriva un drastico calo d’attenzione, tant’è che non mi ricordo il contenuto di nessuna delle richieste, vista la passività con cui seguivo gli episodi.
Concentriamoci ora sul genere a cui “Jinsei” appartiene: è una commedia, giusto? Quindi che importa se gli episodi son tutti uguali o le vicende strane, basta che faccia divertire, no? Ebbene, io non ho riso neanche una volta. Come se non bastasse, oltre ad annoiarmi, sono rimasta piuttosto infastidita dalle scene di fanservice ecchi, presenti in quantità non proprio esigue.
Sui personaggi non c’è molto da dire: sono tutti strani, fastidiosi e stereotipati. Per dirla con parole semplici, Rino è la classica meganekko tsundere, Fumi la ragazza dalle misure abbondanti utili per le suddette scene e Ikumi la tipa “tutta muscoli e niente cervello”. Quest’ultima, in particolare, è quella che irrita di più, complici la sua immensa stupidità e il fatto che sia protagonista di svariati episodi. Verso la fine, poi, per la nostra felicità si unisce al club un’altra ragazza, Emi Murakami, una schizofrenica che ogni tanto prende a denudarsi. Ayaka, che comunque appare più spesso solo nelle ultime puntate, è la meno peggio tra tutti, mentre Akamatsu è un protagonista insipido e di poco spessore.
Passiamo al lato tecnico, ovvero l’aspetto migliore di “Jinsei”. Il character design, anche se è molto moe, è ottimo e non subisce mai cali. Stessa cosa dicasi per le animazioni e i fondali, sempre ben realizzati. Le OST, al contrario, sono poco incisive: per lo più, viene ripetuta sempre la stessa traccia, ossia quella che accompagna la lettura delle richieste (della quale rimane, dunque, uno spiacevole ricordo). Sigle kawaii - che quindi per me si traduce con “fastidiose” - all’ennesima potenza. Pure il significato del testo, soprattutto quello dell’opening, è davvero banale.
In conclusione, “Jinsei” è una serie che non consiglierei a nessuno: ripetitiva, noiosa e piena di personaggi già visti. Proprio nulla a che fare con la profonda parola (che, per chi non lo sapesse, significa “vita”) presente nel suo titolo. Voto 4.
Spinto dalla cugina Ayaka, Yuki Akamatsu si unisce al secondo club di giornalismo. In particolare, egli avrà il compito di occuparsi della rubrica sui consigli di vita affiancato da tre ragazze molto diverse tra loro: Rino Endou, specializzata in campo scientifico; Fumi Kujou, specializzata in campo umanistico; Ikumi Suzuki, specializzata in atletica.
“Jinsei” non è uno di quegli anime in cui il primo episodio stupisce lo spettatore e i seguenti lo deludono. Esso, infatti, mostre le sue carte fin dall’inizio: il ritmo si rivela noiosissimo e i personaggi appaiono fin da subito strambi e stereotipati. In pratica, una delle peggiori prime puntate che abbia mai visto. Il problema dell’opera è, però, che quelle a venire non sono da meno: fatta eccezione per due o tre, esse sono tutte uguali, tutte seguono lo stesso identico schema. E quest’ultimo, purtroppo, non è dei migliori: in sintesi, all’inizio Akamatsu legge una richiesta di uno studente; in seguito, le tre ragazze scrivono sui cartelli le loro risposte, ovviamente diversissime tra loro e per lo più strampalate; infine, si giunge (non si sa come) a un argomento o a una scenetta che non ha nulla a che fare con la richiesta sopraccitata. Occasionalmente, poi, si trova una soluzione decente e si dà un consiglio a cui si poteva arrivare benissimo senza ricorrere a determinati espedienti, che si rivelano dunque inutili. Tale tiritera, ovviamente noiosissima, arriva a ripetersi anche due o tre volte nella stessa puntata, e il ciclo si riavvolge all’infinito nel corso degli episodi. Questi ultimi, come detto prima, sembrano uno la copia dell’altro: infatti, anche quando si va al mare per un ritiro (evviva i cliché), i nostri si mettono a leggere le richieste degli studenti, oppure sciorinano i loro cosiddetti “consigli di vita” anche in mezzo alla strada. C’è da aggiungere, poi, che a volte le domande vengono lette alla velocità della luce, come se non fosse importante quello richiesto, ma solo lo spettacolino messo in atto dai personaggi. Ne deriva un drastico calo d’attenzione, tant’è che non mi ricordo il contenuto di nessuna delle richieste, vista la passività con cui seguivo gli episodi.
Concentriamoci ora sul genere a cui “Jinsei” appartiene: è una commedia, giusto? Quindi che importa se gli episodi son tutti uguali o le vicende strane, basta che faccia divertire, no? Ebbene, io non ho riso neanche una volta. Come se non bastasse, oltre ad annoiarmi, sono rimasta piuttosto infastidita dalle scene di fanservice ecchi, presenti in quantità non proprio esigue.
Sui personaggi non c’è molto da dire: sono tutti strani, fastidiosi e stereotipati. Per dirla con parole semplici, Rino è la classica meganekko tsundere, Fumi la ragazza dalle misure abbondanti utili per le suddette scene e Ikumi la tipa “tutta muscoli e niente cervello”. Quest’ultima, in particolare, è quella che irrita di più, complici la sua immensa stupidità e il fatto che sia protagonista di svariati episodi. Verso la fine, poi, per la nostra felicità si unisce al club un’altra ragazza, Emi Murakami, una schizofrenica che ogni tanto prende a denudarsi. Ayaka, che comunque appare più spesso solo nelle ultime puntate, è la meno peggio tra tutti, mentre Akamatsu è un protagonista insipido e di poco spessore.
Passiamo al lato tecnico, ovvero l’aspetto migliore di “Jinsei”. Il character design, anche se è molto moe, è ottimo e non subisce mai cali. Stessa cosa dicasi per le animazioni e i fondali, sempre ben realizzati. Le OST, al contrario, sono poco incisive: per lo più, viene ripetuta sempre la stessa traccia, ossia quella che accompagna la lettura delle richieste (della quale rimane, dunque, uno spiacevole ricordo). Sigle kawaii - che quindi per me si traduce con “fastidiose” - all’ennesima potenza. Pure il significato del testo, soprattutto quello dell’opening, è davvero banale.
In conclusione, “Jinsei” è una serie che non consiglierei a nessuno: ripetitiva, noiosa e piena di personaggi già visti. Proprio nulla a che fare con la profonda parola (che, per chi non lo sapesse, significa “vita”) presente nel suo titolo. Voto 4.
Nonostante non sia un tipo di fan delle storie in cui il narratore è uno dei personaggi, la cosa funziona visto che Kyon è l'unico normale e spesso dotato di reale sale in zucca(almeno fino a quando non cede a suoi bassi istinti verso Asahina).
Devo però ammettere che Haruhi è proprio il personaggio che meno mi piace, mi ricorda sempre un Paperoga sotto effetto di droghe.
Ma in generale è una buona opera e credo che finirò tutta la saga
non so se è come dici tu, ma se così fosse sarebbe davvero deprimente. anche se in verità follie brillanti e improvvise le trovi uguale, nel marasma della mediocrità
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