Il 18 marzo del 1982, esattamente quarant'anni fa, fa il suo debutto su Tv Tokyo Mahou no princess Minky Momo (Minky Momo, la principessa della magia, da qui in poi solo Minky Momo per comodità), serie poco conosciuta in Italia ma fondamentale per l'evoluzione del genere delle "maghette". La serie è opera dello Studio Ashi (l'attuale Production Reed) e ha dietro nomi parecchio importanti, come lo sceneggiatore Takeshi Shudo e il regista Kunihiko Yuyama, che legheranno successivamente il loro nome alla serie Pokemon, di cui Shudo curerà le sceneggiature delle prime serie e Yuyama dirigerà i film cinematografici.
La serie, originariamente creata per spingere le vendite dei giocattoli prodotti da Bandai, era ovviamente diretta ad un pubblico di bambine. La base è, ovviamente, la fiaba giapponese di Momotaro, il bambino nato da una pesca (momo) che va a combattere i demoni accompagnato da un cane, da una scimmia e da un fagiano (più o meno gli stessi animali che accompagnano la ragazzina), ma il peculiare nome della serie è stato scelto come buon auspicio, essendo infatti assonante con "ninki mono" ("famoso", "popolare").
Lo studio di produzione ha avuto carta bianca nello sviluppo della storia, perciò hanno pensato di inserire nella serie l'idea di far trasformare Momo in adulta in modo da farle svolgere diversi mestieri, scelti in base alle risposte ricevute da un questionario che avevano distribuito ai bambini dell'asilo. All'epoca, le donne non erano ancora molto emancipate e non c'era molto altro che potevano fare da grandi a parte le casalinghe, quindi il fatto che Momo potesse svolgere diverse professioni fu da esempio per molte bambine, oggi madri, che ricordano con affetto quella simpatica maghetta. La serie non ha una trama particolarmente elaborata, dato che è composta da episodi autoconclusivi in cui Momo svolge di volta in volta varie buone azioni aiutando varie persone, perciò non ci sono neanche troppi personaggi ricorrenti a parte la protagonista, gli animaletti che la accompagnano, i suoi genitori terrestri e i suoi genitori biologici, che la guardano dal mondo della fantasia mettendo in scena diverse gag tra il re bambinone e la regina più coi piedi per terra. In compenso, nelle varie puntate succede di tutto e di più, sconfinando in parodie di ogni genere possibile: fiabe, azione, crime stories, romanticismo, fantascienza, orrore (sia pure a misura di bambino), parodie delle serie robotiche, dei film americani o delle fiabe europee, inseguimenti, mafiosi, ladri, sport di ogni genere, leggende, viaggi nel tempo e in posti esotici e fantastici. Non c'è limite ai poteri della nostra eroina, che, una volta adulta, può diventare qualsiasi cosa: cavallerizza, poliziotta, ladra mascherata, pilota, nuotatrice, reporter, cow girl, piratessa, principessa delle fiabe, spadaccina, giocatrice di tennis e chi più ne ha più ne metta.
Una bacchetta, un'iconica formula magica, un balletto e la trasformazione è servita, accendendo le fantasie delle piccole spettatrici. Ma, a quanto pare, inizialmente la serie non riscontrava particolare successo e i giocattoli non vendevano, tanto che si era a rischio cancellazione. Tuttavia, gli ascolti cominciarono a salire parecchio dopo circa sei mesi dall'inizio della trasmissione e per un fattore imprevedibile per le varie compagnie coinvolte nella produzione dell'anime: gli otaku.
In maniera totalmente inaspettata, venne fuori che la serie era seguitissima anche da un pubblico di studenti universitari di sesso maschile, con addirittura circoli di studio su Minky Momo, che producevano doujinshi a tema, alla prestigiosissima università di Tokyo. Del resto, era da poco uscito al cinema il film di Gundam, che stava aprendo una nuova era per l'animazione giapponese e la stava sdoganando presso gli otaku, ora interessatissimi a personaggi femminili a due dimensioni, mentre stava crescendo anche il fenomeno delle "loli", e non è difficile immaginare che la piccola Momo abbia aiutato molto in tal senso. Forse che il segreto del successo stava anche nella (castissima) scena di nudo durante la trasformazione di Momo da bambina ad adulta? Oppure nella sua doppiatrice, l'allora famosissima Mami Koyama (voce anche di Arale, Shaina di Saint Seiya o Esmeraude di Sailor Moon R), che cantava anche l'iconica sigla iniziale "Love Love Minky Momo", che già nelle sue parole ci svela tutto il senso più intimo della serie?
La serie, dunque, cominciò ad andare bene e veleggiava tranquillamente verso una trasmissione annuale, ma sorse dunque un ulteriore problema, ossia che Popy, una delle aziende di giocattoli che sponsorizzavano l'anime, non era contenta delle non esaltanti vendite dei prodotti, e smise di finanziare Minky Momo, lasciando così la produzione in difficoltà.
E' questo, apparentemente, il motivo che portò al famosissimo episodio 45, in cui la protagonista, privata dei suoi poteri perché il suo ciondolo magico è andato perso durante una sparatoria, viene investita da un camion e... muore!
Si tratta dell'ironica risposta dello staff a Popy, in quanto l'eroina viene uccisa da un camion di un'azienda di giocattoli. E' un importante punto di svolta per la serie, che ha scioccato i telespettatori ed è ancora oggi la prima cosa che viene ricordata da chiunque quando si parla di Minky Momo, tuttavia ha anche stabilito un precedente per affrontare tematiche più cupe nelle serie di maghette.
Ma niente paura. Minky Momo continuerà per un ulteriore cour, giungendo quindi a 63 puntate complessive. Dopo un paio di puntate riassuntive, l'eroina viene fatta reincarnare nella figlia biologica dei suoi genitori adottivi e si continua con un altro lotto di puntate, dove viene aggiunto al cast il draghetto Kajira e la storia si fà più onirica ma anche un po' pasticciata.
In generale, Minky Momo ha una storia non sempre chiarissima, molto abile nel creare episodi autoconclusivi estremamente vari e fantasiosi, ma che si perde un po' in un bicchiere d'acqua quando deve narrare i punti importanti della vicenda.
In ogni caso, l'eroina dai capelli rosa farà ancora parlare di sé per diverso tempo, già negli anni ottanta con diversi OAV, anche musicali, amatissimi dal pubblico otaku. E, soprattutto, il successo di Minky Momo aprirà le porte per il successo delle sue rivali, Creamy Mami e le altre serie dello Studio Pierrot, che inizieranno l'anno successivo e porteranno nuova linfa al genere delle maghette, riprendendo da Minky Momo diversi elementi sia estetici (i capelli di Creamy Mami), sia narrativi (Persha, la seconda eroina Pierrot, può altresì trasformarsi in un'adulta capace di svolgere qualsiasi professione e deve svolgere buone azioni sulla Terra per salvare un mondo fantastico ad essa collegato). Minky Momo e Creamy Mami si uniranno anche in un OAV speciale uscito in concomitanza con Il lungo addio, OAV di Creamy Mami.
Del 1991 è invece la seconda serie in 62 episodi più vari OAV, che si pone come un sequel dell'originale ma ne modifica un po' i personaggi e cambia il cast dei doppiatori. La nuova voce di Momo è, infatti, l'ancor più celebre Megumi Hayashibara (Rei in Evangelion, Lina in Slayers e migliaia di altre cose), e la nuova serie è stata accolta con gran fervore dal pubblico adulto che aveva amato la prima, anche perché la produzione si è premurata di curarne in maniera particolare l'aspetto grafico e di indirizzare l'anime anche verso un pubblico più adulto, inserendovi tematiche che potessero interessarli.
La storia di Minky Momo è poi continuata con manga e adattamenti teatrali, ma il progetto di continuarne l'anime sembra sia naufragato insieme alla morte del suo creatore Takeshi Shudo nel 2010. In Giappone, è comunque una serie amatissima dalla generazione che l'ha vista all'epoca, stranamente forse più dal pubblico maschile (oggi adulto) che da quello femminile, nonostante il consueto compendio di scettri, ciondoli e bambolotti che furono commercializzati all'epoca della trasmissione tv. I fan continuano ad amare entrambe le serie, distinguendole in "Momo del cielo" (la prima) e "Momo del mare" (la seconda), in base alla posizione del regno di Fenarinarsa, e oggi sono molto popolari sui social giapponesi i meme e le battute che vedono protagoniste Momo e "Momo adulta" o "Momo malvagia", ossia Haman Karn della serie Z Gundam.
In Italia, la serie è inizialmente stata trasmessa da Rete 4 nel 1983, ma soltanto la prima cinquantina di puntate. Il titolo scelto per l'edizione italiana, che ci è arrivata attraverso gli Stati Uniti, è Il magico mondo di Gigì, titolo condiviso anche in altri paesi come ad esempio America, Francia e Spagna. I nomi di tutti i personaggi sono stati cambiati o semplificati e ovviamente sono stati tolti i riferimenti al Giappone (comunque pochi, dato che la serie si svolge in una città che ha ben poco di giapponese), in qualche caso è stato anche censurato un po' il nudo durante la trasformazione, ci sono stati vari tagli qua e là e non è stato trasmesso un episodio, vista la tematica bellica. A questi primi episodi hanno lavorato pochi doppiatori che interpretavano più ruoli. La voce di Momo/Gigì è Paola Del Bosco (Nausicaa nella prima versione dell'omonimo film) e la sigla italiana è cantata dai Somrisi.
Nel 1990, dopo diverse ritrasmissioni su reti minori, è stata ricomprata da Mediaset, che ne ha cambiato il titolo in Benvenuta Gigì, come recita la nuova sigla cantata da Cristina D'Avena, e ha doppiato anche l'ultima tranche di episodi, cambiando tutti i doppiatori rispetto a quella della prima parte. La nuova voce della protagonista, ad esempio, è Donatella Fanfani (Licia in Kiss me Licia, Yu/Creamy in Creamy Mami).
Nel 1995, invece, è stata trasmessa, sempre su Mediaset, la seconda serie, col titolo Tanto tempo fa... Gigì. Donatella Fanfani torna a doppiare la protagonista, ma cambiano ancora una volta i doppiatori degli altri personaggi.
In generale, quello di "Gigì" è un nome non troppo noto in Italia, soppiantato dalle più popolari maghette del rivale Studio Pierrot. La trasmissione è sempre passata piuttosto in sordina, specialmente la serie anni novanta, e oggi è un anime totalmente dimenticato. Non essendoci da noi il pubblico degli otaku, la serie non ha mai avuto lo stesso slancio e la stessa importanza avuta in patria, ma è giusto ricordare questo piccolo pezzo di storia dell'animazione giapponese nel suo quarantesimo anniversario.
Un doveroso grazie ai numerosi amici giapponesi che mi hanno aiutato a recuperare informazioni sulla serie, in particolare ai membri dei gruppi Facebook Natsukashii Hiroba; Showa, bokutachi no hero; Showa Retro Zatsudan; Showa - Heisei - Reiwa! All Around The World!; Showa Paradise. Un ringraziamento grandissimo agli amici del gruppo Facebook Otona no tokusatsu & anime lounge, che l'anno scorso mi hanno convinto a recuperarla in vista di una chiacchierata a tema su Zoom (in particolare Hiroyuki Kobayashi, l'host della riunione, espertissimo di tutto ciò che riguarda la pop culture giapponese e abilissimo disegnatore), e a Masaru Matsumori, grandissimo esperto di vecchi anime e tokusatsu che ha condiviso con me importantissimo materiale riguardo alla produzione della serie.
La storia di Minky Momo ci parla del fantastico regno di Fenarinarsa, dal quale giunge sulla Terra la piccola Momo, accompagnata dal cane Shindobuk, dalla scimmietta Mocha e dal pulcino Pipil. La bambina ha il compito di riavvicinare il mondo della fantasia e quello degli umani, aiutando questi ultimi a tornare a sognare con buone azioni che permetteranno alle gemme della corona del re di Fenarinarsa di illuminarsi. Momo, che vive a casa dei suoi "genitori terreni" (una coppia che ha ipnotizzato per farsi passare per la loro figlia), comincia a compiere buone azioni nel mondo umano aiutandosi con una bacchetta magica che le permette di trasformarsi temporaneamente in una diciottenne bella e abilissima in qualsiasi mestiere.
La serie, originariamente creata per spingere le vendite dei giocattoli prodotti da Bandai, era ovviamente diretta ad un pubblico di bambine. La base è, ovviamente, la fiaba giapponese di Momotaro, il bambino nato da una pesca (momo) che va a combattere i demoni accompagnato da un cane, da una scimmia e da un fagiano (più o meno gli stessi animali che accompagnano la ragazzina), ma il peculiare nome della serie è stato scelto come buon auspicio, essendo infatti assonante con "ninki mono" ("famoso", "popolare").
Lo studio di produzione ha avuto carta bianca nello sviluppo della storia, perciò hanno pensato di inserire nella serie l'idea di far trasformare Momo in adulta in modo da farle svolgere diversi mestieri, scelti in base alle risposte ricevute da un questionario che avevano distribuito ai bambini dell'asilo. All'epoca, le donne non erano ancora molto emancipate e non c'era molto altro che potevano fare da grandi a parte le casalinghe, quindi il fatto che Momo potesse svolgere diverse professioni fu da esempio per molte bambine, oggi madri, che ricordano con affetto quella simpatica maghetta. La serie non ha una trama particolarmente elaborata, dato che è composta da episodi autoconclusivi in cui Momo svolge di volta in volta varie buone azioni aiutando varie persone, perciò non ci sono neanche troppi personaggi ricorrenti a parte la protagonista, gli animaletti che la accompagnano, i suoi genitori terrestri e i suoi genitori biologici, che la guardano dal mondo della fantasia mettendo in scena diverse gag tra il re bambinone e la regina più coi piedi per terra. In compenso, nelle varie puntate succede di tutto e di più, sconfinando in parodie di ogni genere possibile: fiabe, azione, crime stories, romanticismo, fantascienza, orrore (sia pure a misura di bambino), parodie delle serie robotiche, dei film americani o delle fiabe europee, inseguimenti, mafiosi, ladri, sport di ogni genere, leggende, viaggi nel tempo e in posti esotici e fantastici. Non c'è limite ai poteri della nostra eroina, che, una volta adulta, può diventare qualsiasi cosa: cavallerizza, poliziotta, ladra mascherata, pilota, nuotatrice, reporter, cow girl, piratessa, principessa delle fiabe, spadaccina, giocatrice di tennis e chi più ne ha più ne metta.
Una bacchetta, un'iconica formula magica, un balletto e la trasformazione è servita, accendendo le fantasie delle piccole spettatrici. Ma, a quanto pare, inizialmente la serie non riscontrava particolare successo e i giocattoli non vendevano, tanto che si era a rischio cancellazione. Tuttavia, gli ascolti cominciarono a salire parecchio dopo circa sei mesi dall'inizio della trasmissione e per un fattore imprevedibile per le varie compagnie coinvolte nella produzione dell'anime: gli otaku.
In maniera totalmente inaspettata, venne fuori che la serie era seguitissima anche da un pubblico di studenti universitari di sesso maschile, con addirittura circoli di studio su Minky Momo, che producevano doujinshi a tema, alla prestigiosissima università di Tokyo. Del resto, era da poco uscito al cinema il film di Gundam, che stava aprendo una nuova era per l'animazione giapponese e la stava sdoganando presso gli otaku, ora interessatissimi a personaggi femminili a due dimensioni, mentre stava crescendo anche il fenomeno delle "loli", e non è difficile immaginare che la piccola Momo abbia aiutato molto in tal senso. Forse che il segreto del successo stava anche nella (castissima) scena di nudo durante la trasformazione di Momo da bambina ad adulta? Oppure nella sua doppiatrice, l'allora famosissima Mami Koyama (voce anche di Arale, Shaina di Saint Seiya o Esmeraude di Sailor Moon R), che cantava anche l'iconica sigla iniziale "Love Love Minky Momo", che già nelle sue parole ci svela tutto il senso più intimo della serie?
Lo scorrere del tempo, l'avventura dei miei sogni
Mi chiedo cosa potrei mai diventare?
Una volta adulta, cosa potrei mai diventare?
Mi chiedo cosa potrei mai diventare?
Una volta adulta, cosa potrei mai diventare?
La serie, dunque, cominciò ad andare bene e veleggiava tranquillamente verso una trasmissione annuale, ma sorse dunque un ulteriore problema, ossia che Popy, una delle aziende di giocattoli che sponsorizzavano l'anime, non era contenta delle non esaltanti vendite dei prodotti, e smise di finanziare Minky Momo, lasciando così la produzione in difficoltà.
ATTENZIONE! SPOILER SU MINKY MOMO!
E' questo, apparentemente, il motivo che portò al famosissimo episodio 45, in cui la protagonista, privata dei suoi poteri perché il suo ciondolo magico è andato perso durante una sparatoria, viene investita da un camion e... muore!
Si tratta dell'ironica risposta dello staff a Popy, in quanto l'eroina viene uccisa da un camion di un'azienda di giocattoli. E' un importante punto di svolta per la serie, che ha scioccato i telespettatori ed è ancora oggi la prima cosa che viene ricordata da chiunque quando si parla di Minky Momo, tuttavia ha anche stabilito un precedente per affrontare tematiche più cupe nelle serie di maghette.
Ma niente paura. Minky Momo continuerà per un ulteriore cour, giungendo quindi a 63 puntate complessive. Dopo un paio di puntate riassuntive, l'eroina viene fatta reincarnare nella figlia biologica dei suoi genitori adottivi e si continua con un altro lotto di puntate, dove viene aggiunto al cast il draghetto Kajira e la storia si fà più onirica ma anche un po' pasticciata.
FINE SPOILER
In generale, Minky Momo ha una storia non sempre chiarissima, molto abile nel creare episodi autoconclusivi estremamente vari e fantasiosi, ma che si perde un po' in un bicchiere d'acqua quando deve narrare i punti importanti della vicenda.
In ogni caso, l'eroina dai capelli rosa farà ancora parlare di sé per diverso tempo, già negli anni ottanta con diversi OAV, anche musicali, amatissimi dal pubblico otaku. E, soprattutto, il successo di Minky Momo aprirà le porte per il successo delle sue rivali, Creamy Mami e le altre serie dello Studio Pierrot, che inizieranno l'anno successivo e porteranno nuova linfa al genere delle maghette, riprendendo da Minky Momo diversi elementi sia estetici (i capelli di Creamy Mami), sia narrativi (Persha, la seconda eroina Pierrot, può altresì trasformarsi in un'adulta capace di svolgere qualsiasi professione e deve svolgere buone azioni sulla Terra per salvare un mondo fantastico ad essa collegato). Minky Momo e Creamy Mami si uniranno anche in un OAV speciale uscito in concomitanza con Il lungo addio, OAV di Creamy Mami.
Del 1991 è invece la seconda serie in 62 episodi più vari OAV, che si pone come un sequel dell'originale ma ne modifica un po' i personaggi e cambia il cast dei doppiatori. La nuova voce di Momo è, infatti, l'ancor più celebre Megumi Hayashibara (Rei in Evangelion, Lina in Slayers e migliaia di altre cose), e la nuova serie è stata accolta con gran fervore dal pubblico adulto che aveva amato la prima, anche perché la produzione si è premurata di curarne in maniera particolare l'aspetto grafico e di indirizzare l'anime anche verso un pubblico più adulto, inserendovi tematiche che potessero interessarli.
La storia di Minky Momo è poi continuata con manga e adattamenti teatrali, ma il progetto di continuarne l'anime sembra sia naufragato insieme alla morte del suo creatore Takeshi Shudo nel 2010. In Giappone, è comunque una serie amatissima dalla generazione che l'ha vista all'epoca, stranamente forse più dal pubblico maschile (oggi adulto) che da quello femminile, nonostante il consueto compendio di scettri, ciondoli e bambolotti che furono commercializzati all'epoca della trasmissione tv. I fan continuano ad amare entrambe le serie, distinguendole in "Momo del cielo" (la prima) e "Momo del mare" (la seconda), in base alla posizione del regno di Fenarinarsa, e oggi sono molto popolari sui social giapponesi i meme e le battute che vedono protagoniste Momo e "Momo adulta" o "Momo malvagia", ossia Haman Karn della serie Z Gundam.
In Italia, la serie è inizialmente stata trasmessa da Rete 4 nel 1983, ma soltanto la prima cinquantina di puntate. Il titolo scelto per l'edizione italiana, che ci è arrivata attraverso gli Stati Uniti, è Il magico mondo di Gigì, titolo condiviso anche in altri paesi come ad esempio America, Francia e Spagna. I nomi di tutti i personaggi sono stati cambiati o semplificati e ovviamente sono stati tolti i riferimenti al Giappone (comunque pochi, dato che la serie si svolge in una città che ha ben poco di giapponese), in qualche caso è stato anche censurato un po' il nudo durante la trasformazione, ci sono stati vari tagli qua e là e non è stato trasmesso un episodio, vista la tematica bellica. A questi primi episodi hanno lavorato pochi doppiatori che interpretavano più ruoli. La voce di Momo/Gigì è Paola Del Bosco (Nausicaa nella prima versione dell'omonimo film) e la sigla italiana è cantata dai Somrisi.
Nel 1990, dopo diverse ritrasmissioni su reti minori, è stata ricomprata da Mediaset, che ne ha cambiato il titolo in Benvenuta Gigì, come recita la nuova sigla cantata da Cristina D'Avena, e ha doppiato anche l'ultima tranche di episodi, cambiando tutti i doppiatori rispetto a quella della prima parte. La nuova voce della protagonista, ad esempio, è Donatella Fanfani (Licia in Kiss me Licia, Yu/Creamy in Creamy Mami).
Nel 1995, invece, è stata trasmessa, sempre su Mediaset, la seconda serie, col titolo Tanto tempo fa... Gigì. Donatella Fanfani torna a doppiare la protagonista, ma cambiano ancora una volta i doppiatori degli altri personaggi.
In generale, quello di "Gigì" è un nome non troppo noto in Italia, soppiantato dalle più popolari maghette del rivale Studio Pierrot. La trasmissione è sempre passata piuttosto in sordina, specialmente la serie anni novanta, e oggi è un anime totalmente dimenticato. Non essendoci da noi il pubblico degli otaku, la serie non ha mai avuto lo stesso slancio e la stessa importanza avuta in patria, ma è giusto ricordare questo piccolo pezzo di storia dell'animazione giapponese nel suo quarantesimo anniversario.
Note dell'autore:
Un doveroso grazie ai numerosi amici giapponesi che mi hanno aiutato a recuperare informazioni sulla serie, in particolare ai membri dei gruppi Facebook Natsukashii Hiroba; Showa, bokutachi no hero; Showa Retro Zatsudan; Showa - Heisei - Reiwa! All Around The World!; Showa Paradise. Un ringraziamento grandissimo agli amici del gruppo Facebook Otona no tokusatsu & anime lounge, che l'anno scorso mi hanno convinto a recuperarla in vista di una chiacchierata a tema su Zoom (in particolare Hiroyuki Kobayashi, l'host della riunione, espertissimo di tutto ciò che riguarda la pop culture giapponese e abilissimo disegnatore), e a Masaru Matsumori, grandissimo esperto di vecchi anime e tokusatsu che ha condiviso con me importantissimo materiale riguardo alla produzione della serie.
Cioè.
Sbrigativa,come se passasse il camion per non pensarci più...
:(
Di sicuro ha avuto più visibilità (soprattutto negli anni 80 e fuori dalle reti Mediaset) di Luna, Principessa Argentata o Esper Mami.
Ora questa caratteristica sta rapidamente svanendo fino a giungere a livelli imbarazzanti (ogni riferimento a 86 è puramente casuale)
Comunque articolo molto interessante, grazie
Peccato non sia mai stata riproposta in TV o in edizione home video
Comunque articolo interessante!
Anzi, di sicuramente superiore ritengo ci sia solo Creamy.
https://www.youtube.com/watch?v=vnm6WKPzPsw
Minky Momo è una di quelle serie che ho visto senza interesse... allora guardavo proprio tutto!
Nel cartone animato "Star vs the forces of evil" (in Italiano "Marco e Star contro le forze del male") i genitori della protagonista sembrano ispirarsi a quelli di Momo, anche nel comportamento, più risoluta e con i piedi per terra la regina, più buffo e bambinone il re.
Può essere guardato anche senza conoscere la serie ed è molto bello e toccante.
Non sapevo niente dell'episodio 45!
Sono però curioso di vedere i vari OAV e la seconda serie, che magari saranno narrati un po' meglio, chissà.
(lei trasformata, in ogni caso, è bellissima)
Ho notato che quando è passata su Mediaset la scena della trasformazione non è stata risparmiata dalla censura, così non si vede più il corpo nudo (di spalle) della protagonista quando si trasforma, ma solo le stelle e le strisce colorate.
Ti avverto, tieni a portata di mano qualche pacco di fazzoletti per gli OVA.
Vero, da bambino ne restai traumatizzato, povera Gigì... se non sbaglio la prima tranche di episodi acquistati terminava proprio in quei momenti tragici, ma forse ricordo male.
Per quel che ne penso dovrebbero farlo con tutte quelle opere in cui ha lavorato il mitico Shingo Araki.
Per quel che ne penso dovrebbero farlo con tutte quelle opere in cui ha lavorato il mitico Shingo Araki.[/quote] Quoto anch’io la stessa cosa.Infatti Lulù l’angelo tra i fiori,secondo il mio modesto parere,alla stregua di Bia è un’anime che segna la storia non solo delle majokko nel nostro paese,ma dell’animazione nipponica,manca da parecchio sugli scaffali delle nostre videoteche.Potrebbe essere proposto in un’edizione da edicola per esempio,auspicabile poi,visto i prezzi ultimi delle edizioni colletion per l’Home Video.
Verissimo, Lulù all'epoca mi faceva impazzire, a livello tecnico decisamente superiore a molte alte majokko e a shoujo più di moda come Candy e Georgie, è una di quelle perle sottovalutate e messe da parte dalle tv nostrane a favore dei soliti titoli consumati a furia di repliche nei decenni successivi agli 80's.
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