Inizia con questa prima recensione una nuova collaborazione con Max Ciotola, professionista noto per i suoi incarichi nell'editoria italiana di manga, che è anche un grande appassionato di animazione
 
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Premessa: una recensione, quantomeno una recensione professionale, si basa su un accordo implicito tra l'autore e il lettore. Io recensore analizzerò quest'opera, ma il mio obiettivo non è -o quanto meno non dovrebbe essere- di influenzare l'opinione di chi la leggerà. Ne evidenzierò pregi e difetti, magari presentando una chiave di lettura più approfondita, possibilità di interpretazione diverse e così via. Ovviamente se dall'analisi emergono molti pregi, ne consegue che il giudizio complessivo sarà positivo. E viceversa: molti difetti uguale giudizio negativo. Ma questo "giudizio finale" è incidentale, non è il vero scopo di una recensione. Lo scopo di un recensore dovrebbe limitarsi, per così dire, alla descrizione e all'analisi grazie a cui fornire gli strumenti necessari a chi legge per farsi un'idea propria.

Ecco: ora prendete quello che ho scritto e... dimenticatevelo.

Lo scopo di questa simil-recensione sarà proprio di convincervi del fatto che Exception è una gran bella miniserie. E che, se siete appassionati del genere e non vi è piaciuta, o se l'avete proprio saltata a piè pari, con buona probabilità... dovreste rivedere il vostro giudizio, forse?
(O che è colpa di Netflix, ma a questo ci arriviamo dopo).


 
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Dopo una misteriosa invasione aliena l'umanità affida le sue speranze di sopravvivenza alla colonizzazione di un altro pianeta. Quando finalmente viene individuato un mondo con le giuste caratteristiche, denominato X-10, il progetto di trasferimento della razza umana può iniziare. Il problema, però, è che nessun umano può sopravvivere al viaggio interstellare a velocità superluminali, quindi il piano prevederà due fasi distinte. I coloni vengono messi in animazione sospesa su un'astronave che impiegherà un secolo e oltre per arrivare su X-10.
Nel frattempo un'altra astronave, con tutti i complessi macchinari necessari alla terraformazione necessaria per rendere il pianeta adatto all'umanità, farà il balzo iperspaziale per trasformare il nuovo mondo in tempo per l'arrivo della nave principale.
A bordo dell'astronave di terraformazione c'è un macchinario denominato Grembo (Womb, in originale), creato grazie alla tecnologia degli alieni che hanno schiavizzato l'umanità. Il Grembo è in grado di creare in poco tempo repliche perfette di una persona, usando una matrice genetica e un database di ricordi ed esperienze. Chi emerge dal Grembo è, in pratica, una replica: un clone dotato di tutti i ricordi e le memorie dell'originale, che nel frattempo è in sospensione criogenica sulla prima nave.
Cinque scienziati, ognuno con specializzazioni diverse, sono stati selezionati come responsabili della terraformazione e, uno alla volta, iniziano ad essere "stampati" dal grembo appena X-10 è in vista.
Purtroppo qualcosa va storto durante la stampa di uno degli scienziati e quello che emerge dal Grembo al posto di Lewis è un mostro terrificante, un ibrido inquietante e mortalmente pericoloso. Tra imprevisti, terribili conflitti morali e sempre meno tempo a disposizione, gli scienziati dovranno trovare un modo per non far fallire la missione da cui dipende la sopravvivenza dell'Umanità.
 


Quando Exception venne annunciata, nel 2021, gli appassionati di vecchia data (e non solo) di anime e cinema giapponese quasi non potevano credere ai propri occhi. Scorrendo la lista dei credits emergevano nomi di primissimo ordine, a partire dallo sceneggiatore Hirotaka Adachi (noto con lo pseudonimo di Otsuichi e "figlioccio" di Mamoru Oshii), già autore di Zoo e Summer Ghost; un cast di ottimi doppiatori, tra cui Chikahiro Kobayashi (Sugimoto in Golden Kamuy e Legoshi in Beastars), Yuuko Kaida (Tsukuyo in Gintama e Ryomou in Ikkitousen), Takahiro Sakurai (Reigen in Mob Psycho 100), Atsumi Tanezaki (Anya in Spy X Family) e Takanori Hoshino (Van in Gun X Sword), il tutto con la con la produzione della storica e gloriosa Tatsunoko.
Ma il vero colpo al cuore per gli appassionati fu l'annuncio che al character design era stato chiamato Sua Maestà Yoshitaka Amano, uno dei più importanti e influenti illustratori contemporanei, l'artista che ha reso indimenticabili i personaggi di Final Fantasy, di Vampire Hunter D e Amon Saga, giusto per citarne solo alcuni.
Ciliegina sulla torta: la colonna sonora affidata a Ryuichi Sakamoto, anche lui un vero e proprio monumento vivente, autore di colonne sonore indimenticabili tra cui Furyo, L'ultimo Imperatore e The Revenant.
Insomma, le premesse per aspettarsi un'opera di altissimo livello c'erano tutte. Ma questa promessa è poi stata rispettata? Prima di rispondere, dovete sapere che c'è un elefante nella stanza. Ma per il momento lo ignoreremo. Ci gireremo attorno e guarderemo prima tutto il resto. Assecondatemi.
 
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Iniziamo a collocare Exception in un genere specifico: la fantascienza, da sempre specchio più o meno distorto delle aspirazioni e delle paure della civiltà contemporanea. Ovviamente, non aspettatevi una serie d'azione. Le storie fantascientifiche più "hard", nel cui filone Exception si inserisce alla perfezione, sono basate sull'intreccio e sui dialoghi, sull'approfondimento delle psicologie dei personaggi più che sulle scazzottate. Prendono come pretesto lo spostamento nel futuro e l'introduzione di nuove tecnologie per raccontare la natura umana e le sue contraddizioni. In questo caso il tema principale, il dilemma attorno a cui tutto ruota, è legato all'identità, a ciò che definisce "vera" una persona.
Se voi sapeste di essere una "copia".... Prodotta, non nata. Se conservaste memoria di eventi passati (che, però, razionalmente, sapete di non aver vissuto voi), se provaste le stesse emozioni di "prima"... E ancora: se sapeste che la vostra esistenza può essere replicata, o resettata in ogni momento. Che basta "stamparvi" di nuovo, nel caso in cui doveste morire. Ecco, questo cosa farebbe di voi? Siete umani? Siete qualcosa di meno? Dov'è il confine?
Su quell'astronave dall'emblematica forma di pesce carico di uova, un animale tecnorganico immerso nel buio dello spazio profondo, tutti e cinque i personaggi devono confrontarsi con questo dubbio. Ognuno a suo modo, tutti cercano di trovare una risposta: chi sacrificandosi ciecamente alla Missione, chi mettendo in crisi la propria identità, chi decidendo di rimanere fedele ai propri ideali, per quanto freddi e crudeli possano sembrare. Su questo fronte, Exception funziona.

La storia non è particolarmente originale, ma lo sviluppo e la complessità dei temi vengono ben trattati nell'arco delle 8 puntate della miniserie, con il giusto ritmo e il giusto spazio concesso a ognuno dei personaggi, al suo passato e alle sue motivazioni e alla costruzione del mondo al di fuori delle paratie dell'astronave, che si svela poco alla volta. Ogni "rinascita" prevede l'ineluttabilità della morte, la consapevolezza dell'essere stati "stampati" solo per compiere una missione e poi sparire. Ma ogni morte, allo stesso tempo, porta con sé la possibilità di una nuova vita.
Un ciclo perpetuo ben reso dalla ricorrente presenza della farfalla, l'insetto che rinasce, trasformandosi, quando muore.

 
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Le musiche e il comparto sonoro sono l'accompagnamento perfetto della storia, il contrappunto perfetto alla vastità spaventosa dello spazio, con una qualità eterea e profonda che accarezza anche il lato più buio del cuore.
Il design dei personaggi è puro Amano al 100%: anatomie efebiche, distorte eppure aggraziate; volti affilati e sottilmente inquietanti; una sublime resa estetica con rimandi art noveau, nella palette di colori (tantissimo blu!), nell'abbigliamento e nelle scenografie, nei dettagli come nei campi lunghi (sì, amo lo stile di Amano, si capisce?).

E l'animazione? Toh, guarda: un elefante.

La tanto vituperata e osteggiata "animazione fatta col computer". Permettetemi una piccola digressione da boomer: quando gli anime arrivarono in Italia, tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 dello scorso secolo/millennio, tra i vari difetti che gli venivano imputati c'era "l'essere fatti al computer". Una falsità ridicola che, però, era un tentativo di razionalizzazione di un disagio più profondo. I cartoni animati giapponesi erano un'animazione diversa, tecnicamente molto limitata (per forza di cose) e in qualche modo percepita come "aliena", se non proprio "sbagliata" da chi era abituato in maniera diversa. Fatta da macchine senz'anima e sensibilità, appunto.
Passano i decenni, e il problema si ripropone. Eppure dovrebbe ormai essere evidente che il fulcro della questione non è se l'animazione è fatta "al computer", ma piuttosto se è fatta "bene".
Per ogni prodotto in grafica 3D che fa sanguinare gli occhi se ne può sempre citare un altro per cui si può gridare al capolavoro. Quello che questo vecchio barbagianni vuole dire a voi giovinastri è che non si dovrebbe giudicare un'animazione aprioristicamente perché "è fatta al computer", sempre che non si voglia fare lo stesso, identico errore che si faceva lo scorso secolo/millennio, con il risultato di fare la figura di quelli dalla visione un po' chiusa e retrograda.
Ciò detto: l'animazione in 3D di Exception è bellissima? No. Tutto sommato, risulta un po' lenta e ingessata, con movimenti e traslazioni a volte poco fluidi (ironia della sorte, vista a velocità aumentata guadagna diversi punti...). Ma questo rende Exception una storia meno valida e riuscita? Giustifica il fatto di evitare di guardarla a priori? Neanche per sogno!

 
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La storia è molto bella, se vi piace il genere. I personaggi sono affascinanti e complessi e il design è straordinario (per quanto molto autoriale). I dilemmi morali che vengono presentati sono strazianti, le musiche splendide e tutto il comparto artistico e narrativo fa egregiamente il suo lavoro.
Certo: un'animazione più fluida sarebbe stata preferibile, ma probabilmente -immagino- avrebbe fatto lievitare tempi e costi oltre quanto era nel target della produzione e, comunque, la resa finale rimane in linea con il tono della narrazione (non stiamo parlando di una serie d'azione, appunto).
Un difetto comunque Exception ce l'ha. O meglio: ce l'ha la versione resa disponibile in Italia su Netflix, e cioè l'assenza del doppiaggio italiano.
Personalmente non sono un fautore del doppiaggio a tutti i costi e mi rendo conto che, spesso, si tratta di una spesa che non trova riscontro in termini di rapporto con i benefici attesi.
Ma in questo caso è una mancanza abbastanza grave, soprattutto considerato che invece sia il doppiaggio giapponese sia quello inglese (abbastanza incredibilmente) sono di ottimo livello.
Considerato che si tratta di un'opera in cui i dialoghi sono fondamentali, limitarsi ai sottotitoli -e quindi, di fatto, limitare la visione al solo "zoccolo duro" degli appassionati- è stato un grosso, imperdonabile passo falso.