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La Sezione 9 è un’unità anticrimine e antiterrorismo che opera nella Commissione Nazionale della Pubblica Sicurezza Giapponese; i suoi membri possono agire con o senza l’autorizzazione del governo, perché a parte le altissime sfere nessuno sa della loro esistenza; di norma si occupano soprattutto di crimini legati a internet, come l’hackeraggio e terrorismo informatico.
La Sezione 9 è composta da soli otto membri, ma sono i migliori nel loro campo: l’anziano ed espertissimo Aramaki, capo severo ma che tiene moltissimo ai suoi uomini, tanto da rischiare più volte la sua alta carica pur di salvare il resto della squadra; il maggiore Motoko Kusanagi, che oltre ad avere un fascino incredibile è un’abilissima combattente e hacker; Bato, un ex ranger; Ishikawa, specializzato nel raccogliere informazioni; Saito, un cecchino di prim’ordine; e infine Togusa, Paz e Boma.
Una caratteristica interessante è che quasi tutti i componenti sono dei cyborg completi, o comunque possiedono molte parti del corpo meccaniche; gli unici due che sono quasi del tutto “carne e ossa” sono il capo e Togusa. Quest’ultimo è uno dei personaggi più interessanti, perché ha una famiglia e dei forti valori morali, che spesso gli impediscono di agire impulsivamente, contrariamente a tutti gli altri membri, che non hanno quasi nulla da perdere perché anche se vengono feriti possono sostituire facilmente la parte danneggiata.

Ad affiancare gli agenti ci sono i Tachikoma, nove robot blu a forma di ragno dotati di Intelligenza Artificiale; sanno parlare ed esibiscono una personalità bambinesca, curiosa, gioiosa e sincera. Sono tra i personaggi più simpatici di tutta la serie, e hanno delle vocette squillantissime; però quando si mettono a combattere non c’è scampo per nessuno visto che sono velocissimi e armati fino ai denti. Hanno personalità diverse, ma sono molto uniti come gruppo, per questo condividono tutte le informazioni a loro disposizione. Un intero episodio è dedicato alle loro inizialmente strampalate discussioni, che poi si riveleranno invece estremamente profonde, perché verteranno su che cosa significa essere vivi, e se loro, in quanto robot, possano considerarsi tali.
Li reputo la cosa meglio riuscita di tutta la serie; penso proprio che GITS SAC perderebbe gran parte del suo fascino se non ci fossero loro; da segnalare i “Giorni da Tachikoma”, brevissimi e divertentissimi corti che seguono i titoli di coda, incentrati appunto sui suddetti robot.

La Sezione 9 dovrà risolvere molti casi differenti, ad esempio fermare robot impazziti, catturare terroristi internazionali, sventare traffici di organi, arrestare serial killer, proteggere personalità importanti…
Su uno in particolare verrà posta molta attenzione: quello su The Laughing Man, che occuperà ben 12 episodi; non saranno tutti consecutivi, ma saranno intervallati da puntate che trattano altri casi, così da permettere allo spettatore di assimilare e “digerire” bene quanto mostrato in precedenza.
Perché le tematiche saranno piuttosto complesse: si parte dalla morte di un agente che indagava su attività sospette degli alti ranghi della polizia, per arrivare a strani intrighi all’interno del Ministero della Salute e tanto altro. Ciò è molto bello ma altrettanto intricato in certi punti. Quando poi si entrava molto nel dettaglio con discorsi sulla rete e sull’informatica non ci capivo quasi niente, ma questo è un mio limite.
Nel complesso ho preferito i casi da un episodio ciascuno, un po’ perché meno complicati, un po’ perché sono affidati quasi sempre a un solo agente, così da analizzarne piuttosto in profondità il modo di pensare e di agire, e anche un pochino il passato. Purtroppo però di alcuni membri della Sezione 9 si sa veramente poco o nulla, l’attenzione è rivolta soprattutto su Motoko, Bato e Togusa.

Un pregio particolare va alla colonna sonora, su tutte la bellissima opening, Inner Universe, cantata in inglese, russo e latino.

Chi ama le serie poliziesche e le ambientazioni futuristiche troverà davvero un ottimo prodotto; ma GITS SAC non è solo questo, perché analizza nel profondo il confine (sempre meno evidente) fra l’uomo e le macchine da lui create.