Recensione
Paranoia Agent
10.0/10
Paranoia Agent - in originale Moso dairinin ("Agente di delirio") -, anime di 13 episodi prodotto da Madhouse, è la prima ed ultima serie televisiva ideata e diretta da Satoshi Kon. Pur non avendo ottenuto alcun riconoscimento, né da parte della critica - forse fin troppo avvezza al formato cinematografico del regista - né da parte del pubblico, la serie divenne una vera propria pietra miliare dell'animazione giapponese.
<b>Contiene spoiler</b>
Basandosi su un reale episodio di cronaca giapponese, Kon crea la storia dell'aggressore seriale Shonen Bat.
Tutto comincia con Tsukiko Sagi, disegnatrice e ideatrice della mascotte-fenomeno del momento Maromi, che viene aggredita da un ragazzino con pattini e cappello rosso armato di mazza da baseball. La polizia sospetta che si tratti di una menzogna costruita dalla giovane donna per sfuggire ai meccanismi del suo lavoro, ma altre persone vengono aggredite dal menzionato Shonen Bat e il caso evita l'archivio per finire sulla bocca di tutti e diventare un'autentica leggenda metropolitana. Alcuni episodi dopo, i due detective incaricati trovano e conducono alla stazione di polizia quello che sembra essere il sospettato, ma che scoprono trattarsi di un imitatore ossessionato dal gioco di ruolo. L'interrogatorio del mitomane diviene quindi un pretesto, per il regista, atto a portare la narrazione su un piano a lui molto caro: quello surreale e onirico tipico dell'intera produzione di Kon, elemento fondante di lavori pluripremiati e acclamati come Millenium Actress, Paprika o, meglio, Perfect Blue - molto più vicino alla serie in questione sia per i temi trattati che per il genere (il thriller). Dal suddetto interrogatorio il regista dà adito alle sue tecniche cinematografiche e narrative per dare il via, nel pieno della libertà artistica, ad una trama complessa e originale quasi "costretta" - in realtà, liberata - in un intrico di piani di realtà affacciati su diverse dimensioni - sogno, ricordo e psicologia.
L'epilogo - una vera e propria matrioska di colpi di scena calati in un contesto apocalitticamente "otomiano" - fu ideato dal regista con il preciso scopo di criticare, attraverso la metafora e il soliloquio, la società contemporanea e il capitalismo imperante, che costringe all'alienazione, alla solitudine e alla pazzia i giapponesi come il mondo intero. La condizione di stress collettivo provocata dai ritmi e dalle esigenze del sistema economico attuale induce gli individui a cercare una via di fuga dalla realtà. Fuga dalla realtà che spesso e volentieri viene trovata nella fruizione degli anime e dei manga, concepiti tanto da Kon quanto da Tatsuhiko "NHK" Takimoto - prima o dopo Kon? - sia come causa che come tramite nella rappresentazione della degenerazione delle individualità.
La buona qualità grafica e gli adattissimi chara design - Masashi Ando - e musica - Susumu Hirasawa - rendono il prodotto ancora più apprezzabile.
Da vedere assolutamente.
<b>Contiene spoiler</b>
Basandosi su un reale episodio di cronaca giapponese, Kon crea la storia dell'aggressore seriale Shonen Bat.
Tutto comincia con Tsukiko Sagi, disegnatrice e ideatrice della mascotte-fenomeno del momento Maromi, che viene aggredita da un ragazzino con pattini e cappello rosso armato di mazza da baseball. La polizia sospetta che si tratti di una menzogna costruita dalla giovane donna per sfuggire ai meccanismi del suo lavoro, ma altre persone vengono aggredite dal menzionato Shonen Bat e il caso evita l'archivio per finire sulla bocca di tutti e diventare un'autentica leggenda metropolitana. Alcuni episodi dopo, i due detective incaricati trovano e conducono alla stazione di polizia quello che sembra essere il sospettato, ma che scoprono trattarsi di un imitatore ossessionato dal gioco di ruolo. L'interrogatorio del mitomane diviene quindi un pretesto, per il regista, atto a portare la narrazione su un piano a lui molto caro: quello surreale e onirico tipico dell'intera produzione di Kon, elemento fondante di lavori pluripremiati e acclamati come Millenium Actress, Paprika o, meglio, Perfect Blue - molto più vicino alla serie in questione sia per i temi trattati che per il genere (il thriller). Dal suddetto interrogatorio il regista dà adito alle sue tecniche cinematografiche e narrative per dare il via, nel pieno della libertà artistica, ad una trama complessa e originale quasi "costretta" - in realtà, liberata - in un intrico di piani di realtà affacciati su diverse dimensioni - sogno, ricordo e psicologia.
L'epilogo - una vera e propria matrioska di colpi di scena calati in un contesto apocalitticamente "otomiano" - fu ideato dal regista con il preciso scopo di criticare, attraverso la metafora e il soliloquio, la società contemporanea e il capitalismo imperante, che costringe all'alienazione, alla solitudine e alla pazzia i giapponesi come il mondo intero. La condizione di stress collettivo provocata dai ritmi e dalle esigenze del sistema economico attuale induce gli individui a cercare una via di fuga dalla realtà. Fuga dalla realtà che spesso e volentieri viene trovata nella fruizione degli anime e dei manga, concepiti tanto da Kon quanto da Tatsuhiko "NHK" Takimoto - prima o dopo Kon? - sia come causa che come tramite nella rappresentazione della degenerazione delle individualità.
La buona qualità grafica e gli adattissimi chara design - Masashi Ando - e musica - Susumu Hirasawa - rendono il prodotto ancora più apprezzabile.
Da vedere assolutamente.