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La filosofia degli anime e manga di genere harem è "meglius abbundare, quam deficere", in italiano meglio troppo che poco. Nel corso degli anni abbiamo assistito quindi a aborti partoriti dalle malate menti nipponiche, tutte con gli stessi personaggi, tutte con le stesse situazioni, tutte con le stesse perversioni, tutte uguali. Che se non si parla di hentai, si trova ben poco di decente o originale in queste produzioni. Sarà forse anche il caso di questo Bakemonogatari, che sembra partire con le stesse premesse, almeno a leggere la trama su Wikipedia? Affatto.
Che questa roba qua è per gente fuori come un balcone.

Plot iniziale: un ragazzo mezzo vampiro per caso scopre che una sua compagna di classe è priva di peso, poichè maledetta. Tenterà di aiutarla e con lei anche molte altre ragazze nel corso delle puntate, fino a formare ciò che potremmo definire un proto-harem (il che avrebbe senso, dato che si tratta comunque di una mezza satira al genere). Fin qui nulla di particolare che fa gridare al miracolo. Ma andando avanti peggiora pure!
I personaggi sono assolutamente impossibili, totalmente fuori dal mondo, a partire dal protagonista che pur essendo un mezzo vampiro è del tutto privo di spina dorsale. Quanto alle donne, sembra che debbano rispondere all'inevitabile stereotipizzazione "Tsundere-loli-moe-secchiona con gli occhiali": i loro comportamenti sono talmente calati nello stereotipo da diventare spesso e volentieri fastidiosi ed incomprensibili, con simbologie dal regno animale che spesso più palese non si può.
I disegni sono altalenanti: a fronte di un character design tutto sommato ispirato e piacevole, e a numerosi giochi di luce ben realizzati, fanno fronte delle animazioni zoppicanti e spigolose, soprattutto nelle scene di movimento veloce (per fortuna ridotte veramente all'osso). Già, perchè in parecchie puntate non ci saranno più di 30 inquadrature in campo largo o larghissimo, dato che i personaggi saranno troppo impegnati a parlare per fare alcunché.
Le musiche tutto sommato sono buone e si lasciano ascoltare, senza tuttavia rimanere davvero impresse.

E allora come si giustifica l'8 assegnato ad inizio recensione? Eh, niente. Capita alle volte che unendo scarti di ferraglia ed unendoli con un saldatore esca fuori un'opera d'arte moderna; questo è uno di quei casi. Il risultato è maggiore della somma delle parti che compongono questo Bakemonogatari, che utilizza come saldatore il linguaggio stesso. Non ho mai visto un anime in cui la sceneggiatura è così cruciale: ogni parola (anzi, ogni kanji) pronunciato dai personaggi ha un doppio, triplo, a volte quadruplo significato, spesso molto più importante dell'immagine che noi vediamo. Capita anche abbastanza frequentemente che appaiano schermate monocromatiche con una scritta in kanji mentre due personaggi stanno tranquillamente parlando, oppure che l'evolversi degli avvenimenti si interrompa bruscamente per spiegare un gioco di parole. Spesso la risoluzione dei problemi che affliggono le ragazze non è mai risolta con un atto pratico o un gesto, ma sempre dalle parole. Le parole sono in grado di (auto)infliggere maledizioni e di spezzarle, in un mondo in cui l'occhio è drammaticamente insufficente; la verità scorta con gli occhi è sempre inadeguata, parziale o falsa, quella raggiunta con le parole completa ed autosufficente.
Il linguaggio che scompone e possiede la realtà.

Non ho fatto un discorso approfondito, dato che dal mio punto di vista ci si potrebbe costruire una tesi universitaria sopra, ma spero di avervi almeno un pò incuriosito e di avervi fornito una chiave di lettura.
In conclusione, è indubbio che questo anime non sia per tutti, che a parecchi darà fastidio e che ad altrettanti non dirà nulla, proprio perchè come l'arte moderna è più un gioco di sensazioni, di impressioni ed emozioni, anche questo Bakemonogatari o lo si ama a pelle oppure lo si detesta razionalmente. In ogni caso guardatelo: dalla durata non eccessiva, è qualcosa di diverso, delicato e impegnativo del classico ed ammorbante shonen alla Naruto o shojo alla Special A.