Recensione
Tenshi no Tamago
10.0/10
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Prima di procedere con la recensione, è necessaria una premessa fondamentale: "Tenshi no Tamago" non è un'opera d'intrattenimento. Chi si appresta alla visione di questo film non deve quindi aspettarsi né pretendere quelle che sono le tradizionali modalità di narrazione nel campo dell'animazione cinematografica: una trama c'è, ma non procede attraverso i classici metodi della narrazione. I colpi di scena sono del tutto assenti (sebbene si possa dire che, dopo tutto, non si sappia mai cosa aspettarsi dal film), non c'è azione, né alcuna tensione a livello narrativo, e i ritmi della narrazione sono estremamente lenti e dilatati, al punto che più di una volta determinate scene rimangono "congelate" anche per diversi minuti, quasi come fossero dei quadri. Ed è proprio di quadri che si parla: perché in fondo "Tenshi no Tamago" assomiglia di più a una galleria d'arte che a un film come lo si intende generalmente.
La sceneggiatura partorita dalla mente di Mamoru Oshii (successivamente regista di "Ghost in the Shell") si avvale di splendide illustrazioni di Yoshitaka Amano (che molti probabilmente conoscono come character designer della serie di videogiochi di ruolo "Final Fantasy"), illustrazioni che diventano l'unico vero e proprio fulcro e filo conduttore della vicenda.
La scarna trama è riassumibile in poche righe: un soldato armato di un'arma cruciforme osserva un'astronave a forma di occhio calarsi nelle acque. Una bambina che custodisce un uovo viaggia attraverso un mondo apocalittico e decaduto. Statue di uomini si animano per dare la caccia a ombre di giganteschi pesci senza riuscire a catturarli. L'uomo e la bambina si incontrano, e il primo mostra un'enorme curiosità per il tesoro della seconda. Nonostante gli asti iniziali, i due iniziano a fidarsi l'uno dell'altra e a viaggiare insieme, senza alcun tipo di destinazione. Il soldato racconta la vicenda biblica del diluvio universale, e la bambina gli svela che, a suo parere, il proprio uovo racchiude in sé un "angelo" ("Tenshi no Tamago" significa, letteralmente, "l'uovo dell'angelo"). Vinto dalla curiosità, l'uomo lo distrugge e la bambina, per la disperazione, si suicida. Infine un nuovo diluvio universale ricopre il mondo, mentre l'astronave vista nella scena iniziale emerge dalle acque e si eleva al cielo.
Sebbene a una primissima visione possa non apparire chiara alcuna precisa architettura della narrazione, che sembra quasi procedere senza parvenza di nessi o senso logico, questa è dettagliatamente costruita in precise sequenze.
La vicenda si apre con la bambina senza nome (come è a sua volta innominato il soldato; la totale assenza di nomenclature contribuisce a connotare il carattere favolistico del film) che si desta in una struttura oscura priva di punti di riferimento, al di fuori di una scala che conduce a un'apertura inondata di luce; attraverso questo percorso, metafora della nascita, la protagonista femminile inizia il proprio viaggio attraverso un itinerario fortemente caratterizzato da una commistione di colori cupi e di architetture desolate.
Si possono fondamentale individuare con una certa precisione tre paesaggi che definiscono (seppur vagamente) i caratteri dell'ambientazione:
1) una sconfinata pianura desertica, in cui gli unici elementi sono giganteschi monoliti, che incutono una vago senso di indeterminatezza "preistorica";
2) un'oscura foresta nel cui mezzo un lago permette alla bambina di riempire una delle innumerevoli ampolle che questa "colleziona";
3) una città-fantasma dalle tinte barocche.
Al termine del film, per la precisione nella penultima scena, la bambina commette il suicidio. A destare interesse non è tanto l'atto in sé, quanto piuttosto la modalità con cui l'evento è narrato: la bimba si desta, analogamente alla prima scena in cui compare, e questa volta getta un urlo terrificante che spezza l'opprimente silenzio che permea la quasi totalità del film. Adesso quel viaggio che ella ha compiuto viene replicato al contrario: dalla città si passa alla foresta, e quindi alla desolata pianura. Infine, in prossimità di un dirupo, questa si getta nelle acque e muore. La storia della bambina inizia con la metafora della sua nascita e si chiude, specularmente, con l'immagine della sua morte.
A fare da cornice a questa vicenda ci sono altre due scene, in apertura e chiusura del film. In entrambe viene mostrato il soldato osservare una misteriosa astronave a forma di occhio, costellata di statue classicheggianti. Nella prima scena il velivolo scende dal cielo, immergendosi nelle acque. Nell'ultima, poco prima che la superficie del mondo sia ricoperta dalle conseguenze del diluvio universale, essa riemerge e ascende nuovamente al cielo; fra le sue statue (definite dagli stessi protagonisti come una sorta di "riproduzione dei ricordi di gente morta") appare adesso anche quella della defunta bambina che, in una composizione triangolare dai richiami religiosi, tiene in grembo l'uovo.
Come è apparso dalle righe precedenti, è evidente che il film è costruito nelle sue singole componenti con una certa precisione e simmetria. Una nota che potrebbe stonare è costituita dall'esuberante quantità di riferimenti religiosi e biblici, ormai diventata una vera e propria moda nel campo dell'animazione giapponese (basti pensare, tanto per citare l'esempio più lampante, a "Neon Genesis Evangelion"). Segue un elenco approssimativo dei riferimenti biblici presenti nel film:
- l'arma cruciforme tenuta (ma mai impugnata, se non nella significativa scena della rottura dell'uovo) dal soldato;
- il racconto del diluvio universale;
- l'immagine ricorrente del pesce;
- la sequenza finale in cui la statua della bambina con in grembo l'uovo ascende al cielo a bordo dell'astronave, richiamo all'iconografia più classica della Madonna (significativo, a tale proposito, il fatto che la protagonista femminile, essendo una bambina, è inevitabilmente una vergine);
- la stessa astronave, vista da molti come metafora dell'arca di Noè o di Dio.
Indispensabile a questo punto una contestualizzazione del film: l'anno 1985. Confrontato con molti prodotti giapponesi dell'epoca (sebbene non sia effettivamente possibile individuare una produzione dalle caratteristiche analoghe a quelle di "Tenshi no Tamago"), questo film è uno dei primissimi lavori a presentare una tale ricchezza e complessità dei riferimenti.
Questa recensione si è limitata a una grossolana descrizione delle singolari modalità narrative del film, e all'elenco e interpretazione di parte delle immagini e scene più evocative, senza individuare un vero e proprio "senso di fondo" o significato dell'intero film. Questo perché, nonostante determinate sequenze sembrino suggerire un'interpretazione univoca (che è quella riportata in queste righe) delle stesse, l'intero film nel suo complesso è difficilmente riconducibile a un'unica e insindacabile allegoria. Ci sono numerosi significati nichilisti, evidenti riferimenti a un'inevitabile distruzione totale, ma altrettanti simboli di speranza e di rinascita (interessante è il fatto che non solo l'uovo custodito dalla bambina è vuoto, ma che i due animali ricorrenti, l'uccello come figura positiva e il pesce come immagine negativa, si riproducano ambedue per mezzo delle uova - e le numerose uova che emergono dall'acqua in seguito al suicidio finale ricordano molto più uova di pesce che non di uccello). L'interpretazione finale, dunque, è quasi totalmente a discrezione dello spettatore.
Prima di procedere con la recensione, è necessaria una premessa fondamentale: "Tenshi no Tamago" non è un'opera d'intrattenimento. Chi si appresta alla visione di questo film non deve quindi aspettarsi né pretendere quelle che sono le tradizionali modalità di narrazione nel campo dell'animazione cinematografica: una trama c'è, ma non procede attraverso i classici metodi della narrazione. I colpi di scena sono del tutto assenti (sebbene si possa dire che, dopo tutto, non si sappia mai cosa aspettarsi dal film), non c'è azione, né alcuna tensione a livello narrativo, e i ritmi della narrazione sono estremamente lenti e dilatati, al punto che più di una volta determinate scene rimangono "congelate" anche per diversi minuti, quasi come fossero dei quadri. Ed è proprio di quadri che si parla: perché in fondo "Tenshi no Tamago" assomiglia di più a una galleria d'arte che a un film come lo si intende generalmente.
La sceneggiatura partorita dalla mente di Mamoru Oshii (successivamente regista di "Ghost in the Shell") si avvale di splendide illustrazioni di Yoshitaka Amano (che molti probabilmente conoscono come character designer della serie di videogiochi di ruolo "Final Fantasy"), illustrazioni che diventano l'unico vero e proprio fulcro e filo conduttore della vicenda.
La scarna trama è riassumibile in poche righe: un soldato armato di un'arma cruciforme osserva un'astronave a forma di occhio calarsi nelle acque. Una bambina che custodisce un uovo viaggia attraverso un mondo apocalittico e decaduto. Statue di uomini si animano per dare la caccia a ombre di giganteschi pesci senza riuscire a catturarli. L'uomo e la bambina si incontrano, e il primo mostra un'enorme curiosità per il tesoro della seconda. Nonostante gli asti iniziali, i due iniziano a fidarsi l'uno dell'altra e a viaggiare insieme, senza alcun tipo di destinazione. Il soldato racconta la vicenda biblica del diluvio universale, e la bambina gli svela che, a suo parere, il proprio uovo racchiude in sé un "angelo" ("Tenshi no Tamago" significa, letteralmente, "l'uovo dell'angelo"). Vinto dalla curiosità, l'uomo lo distrugge e la bambina, per la disperazione, si suicida. Infine un nuovo diluvio universale ricopre il mondo, mentre l'astronave vista nella scena iniziale emerge dalle acque e si eleva al cielo.
Sebbene a una primissima visione possa non apparire chiara alcuna precisa architettura della narrazione, che sembra quasi procedere senza parvenza di nessi o senso logico, questa è dettagliatamente costruita in precise sequenze.
La vicenda si apre con la bambina senza nome (come è a sua volta innominato il soldato; la totale assenza di nomenclature contribuisce a connotare il carattere favolistico del film) che si desta in una struttura oscura priva di punti di riferimento, al di fuori di una scala che conduce a un'apertura inondata di luce; attraverso questo percorso, metafora della nascita, la protagonista femminile inizia il proprio viaggio attraverso un itinerario fortemente caratterizzato da una commistione di colori cupi e di architetture desolate.
Si possono fondamentale individuare con una certa precisione tre paesaggi che definiscono (seppur vagamente) i caratteri dell'ambientazione:
1) una sconfinata pianura desertica, in cui gli unici elementi sono giganteschi monoliti, che incutono una vago senso di indeterminatezza "preistorica";
2) un'oscura foresta nel cui mezzo un lago permette alla bambina di riempire una delle innumerevoli ampolle che questa "colleziona";
3) una città-fantasma dalle tinte barocche.
Al termine del film, per la precisione nella penultima scena, la bambina commette il suicidio. A destare interesse non è tanto l'atto in sé, quanto piuttosto la modalità con cui l'evento è narrato: la bimba si desta, analogamente alla prima scena in cui compare, e questa volta getta un urlo terrificante che spezza l'opprimente silenzio che permea la quasi totalità del film. Adesso quel viaggio che ella ha compiuto viene replicato al contrario: dalla città si passa alla foresta, e quindi alla desolata pianura. Infine, in prossimità di un dirupo, questa si getta nelle acque e muore. La storia della bambina inizia con la metafora della sua nascita e si chiude, specularmente, con l'immagine della sua morte.
A fare da cornice a questa vicenda ci sono altre due scene, in apertura e chiusura del film. In entrambe viene mostrato il soldato osservare una misteriosa astronave a forma di occhio, costellata di statue classicheggianti. Nella prima scena il velivolo scende dal cielo, immergendosi nelle acque. Nell'ultima, poco prima che la superficie del mondo sia ricoperta dalle conseguenze del diluvio universale, essa riemerge e ascende nuovamente al cielo; fra le sue statue (definite dagli stessi protagonisti come una sorta di "riproduzione dei ricordi di gente morta") appare adesso anche quella della defunta bambina che, in una composizione triangolare dai richiami religiosi, tiene in grembo l'uovo.
Come è apparso dalle righe precedenti, è evidente che il film è costruito nelle sue singole componenti con una certa precisione e simmetria. Una nota che potrebbe stonare è costituita dall'esuberante quantità di riferimenti religiosi e biblici, ormai diventata una vera e propria moda nel campo dell'animazione giapponese (basti pensare, tanto per citare l'esempio più lampante, a "Neon Genesis Evangelion"). Segue un elenco approssimativo dei riferimenti biblici presenti nel film:
- l'arma cruciforme tenuta (ma mai impugnata, se non nella significativa scena della rottura dell'uovo) dal soldato;
- il racconto del diluvio universale;
- l'immagine ricorrente del pesce;
- la sequenza finale in cui la statua della bambina con in grembo l'uovo ascende al cielo a bordo dell'astronave, richiamo all'iconografia più classica della Madonna (significativo, a tale proposito, il fatto che la protagonista femminile, essendo una bambina, è inevitabilmente una vergine);
- la stessa astronave, vista da molti come metafora dell'arca di Noè o di Dio.
Indispensabile a questo punto una contestualizzazione del film: l'anno 1985. Confrontato con molti prodotti giapponesi dell'epoca (sebbene non sia effettivamente possibile individuare una produzione dalle caratteristiche analoghe a quelle di "Tenshi no Tamago"), questo film è uno dei primissimi lavori a presentare una tale ricchezza e complessità dei riferimenti.
Questa recensione si è limitata a una grossolana descrizione delle singolari modalità narrative del film, e all'elenco e interpretazione di parte delle immagini e scene più evocative, senza individuare un vero e proprio "senso di fondo" o significato dell'intero film. Questo perché, nonostante determinate sequenze sembrino suggerire un'interpretazione univoca (che è quella riportata in queste righe) delle stesse, l'intero film nel suo complesso è difficilmente riconducibile a un'unica e insindacabile allegoria. Ci sono numerosi significati nichilisti, evidenti riferimenti a un'inevitabile distruzione totale, ma altrettanti simboli di speranza e di rinascita (interessante è il fatto che non solo l'uovo custodito dalla bambina è vuoto, ma che i due animali ricorrenti, l'uccello come figura positiva e il pesce come immagine negativa, si riproducano ambedue per mezzo delle uova - e le numerose uova che emergono dall'acqua in seguito al suicidio finale ricordano molto più uova di pesce che non di uccello). L'interpretazione finale, dunque, è quasi totalmente a discrezione dello spettatore.