Recensione
Shimoneta
6.0/10
Po#ca #acca che risate! Ecco ciò che avrei voluto scrivere di questo anime.
Ahimè, la nostra storia non ha funzionato, seppure i presupposti non mancassero.
Dunque, parliamo di una serie il cui livello di demenza è talmente alto che si rischia di incorrere in severi deficit cognitivi, ma io, intrepida, ero pronta a correre il rischio dopo la prima puntata.
Lo scenario è un Giappone sterile e puro (agh!), ripulito da qualsivoglia forma di oscenità, in cui il frigido governo controlla la virtù dei propri cittadini tramite dei collari elettronici che ne analizzano parole e gesti. Teatro delle vicende sarà l'istituto che primeggia a livello nazionale per i propri standard morali.
I protagonisti sono: Ayame, intraprendente e sfrontata, vicepresidentessa del consiglio studentesco, che nasconde (neanche troppo) uno spirito d'indomita perversione, figlia orgogliosa di un partigiano dell'oscenità; e poi Okuma, un povero ragazzo, vittima dell'esplosiva Ayame (in realtà è proprio una vittima designata, un agnello sacrificale direi), che lo costringerà a prender parte alle sue pruriginose azioni sovversive. Il nostro povero giovine è cotto della presidentessa del consiglio Anna, personaggio interessante nella sua ingenua focosità.
Chi approda a questo anime certo non stava puntando a dissertazioni filosofiche, quindi è ovvio che lo valuterò per quel che è. Sicuramente buona parte del punteggio è da attribuire all'originalità dell'idea di partenza, bella la grafica, divertente la sigla, innovativo anche il modo in cui l'autore spogli il genere ecchi dell'atmosfera conturbante che vi dovrebbe regnare.
Il problema è che, dopo le prime puntate, la trama diviene tremendamente ripetitiva, ci si accorge di quanto i personaggi siano del tutto statici, il finale sembra arrangiato alla buona e anche la bella Ayame dopo un po' stanca.
Facendo un bilancio complessivo, visto l'inizio a dir poco esplosivo, non si può che restare delusi nel doverlo classificare come uno dei tanti ecchi in circolazione.
Ahimè, la nostra storia non ha funzionato, seppure i presupposti non mancassero.
Dunque, parliamo di una serie il cui livello di demenza è talmente alto che si rischia di incorrere in severi deficit cognitivi, ma io, intrepida, ero pronta a correre il rischio dopo la prima puntata.
Lo scenario è un Giappone sterile e puro (agh!), ripulito da qualsivoglia forma di oscenità, in cui il frigido governo controlla la virtù dei propri cittadini tramite dei collari elettronici che ne analizzano parole e gesti. Teatro delle vicende sarà l'istituto che primeggia a livello nazionale per i propri standard morali.
I protagonisti sono: Ayame, intraprendente e sfrontata, vicepresidentessa del consiglio studentesco, che nasconde (neanche troppo) uno spirito d'indomita perversione, figlia orgogliosa di un partigiano dell'oscenità; e poi Okuma, un povero ragazzo, vittima dell'esplosiva Ayame (in realtà è proprio una vittima designata, un agnello sacrificale direi), che lo costringerà a prender parte alle sue pruriginose azioni sovversive. Il nostro povero giovine è cotto della presidentessa del consiglio Anna, personaggio interessante nella sua ingenua focosità.
Chi approda a questo anime certo non stava puntando a dissertazioni filosofiche, quindi è ovvio che lo valuterò per quel che è. Sicuramente buona parte del punteggio è da attribuire all'originalità dell'idea di partenza, bella la grafica, divertente la sigla, innovativo anche il modo in cui l'autore spogli il genere ecchi dell'atmosfera conturbante che vi dovrebbe regnare.
Il problema è che, dopo le prime puntate, la trama diviene tremendamente ripetitiva, ci si accorge di quanto i personaggi siano del tutto statici, il finale sembra arrangiato alla buona e anche la bella Ayame dopo un po' stanca.
Facendo un bilancio complessivo, visto l'inizio a dir poco esplosivo, non si può che restare delusi nel doverlo classificare come uno dei tanti ecchi in circolazione.