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Intorno alla metà degli anni '70, il cosiddetto "Gruppo 24" (24年組, Nijūyo-nen Gumi), che annovera artiste nate attorno all'anno 24 del periodo Shōwa, rivoluzionò indubbiamente lo shōjo manga, introducendo temi avulsi dai riferimenti classici del fumetto destinato ad un pubblico femminile, dotati di una profondità e una radicalità fino ad allora inusitate (oserei dire per il manga tout court), non ultimi quelli legati alla sessualità e all'identità di genere. Tra le rappresentanti più insigni di questa élite di mangaka basti citare Yumiko Ōshima, Ryōko Yamagishi, Keiko Takemiya, Riyoko Ikeda e, forse prima inter pares, Moto Hagio (萩尾望都). Quest'ultima, al debutto con Ruru to Mimi nel 1969, ha conosciuto probabilmente il proprio apogeo verso la metà degli anni Settanta, con opere del calibro di Tōma no shinzō (1973-75, adattato recentemente in lingua inglese da Matt Thorn per Fantagraphics Books ー l'opera ha beneficiato di una trasposizione cinematografica nel 1988, Summer Vacation 1999, realizzata con un cast interamente al femminile, in perfetto stile Takarazuka) e di Pō no Ichizoku (altrimenti traslitterato come Poe no Ichizoku e traducibile come Il clan dei Poe).
Prima d'essere raccolto in volumi, Pō no Ichizoku (ポーの一族) era stato serializzato su Bessatsu Shoujo Comic della Shougakkan dal 1972 al 1976 (eccezion fatta per il racconto della collettanea intitolato Harukana Kuni no Hana ya Kotori, pubblicato su Weekly Shoujo Comic No.37 del 1975). Sono seguite dapprima l'edizione per l'etichetta Flower Comics (5 voll., dal 1974 al 1976), poi i quattro volumi all'interno della Sakuhin-shū (1977-78), infine le due edizioni in tre volumi (rispettivamente hard cover e paperback). Ad esse vanno aggiunti i due tomi della Moto Hagio Perfect Selection dedicati a Poe no Ichizoku nel 2007 (precisamente il sesto e settimo della raccolta). L'opera, la cui prima tiratura andò esaurita nel giro di ventiquattr'ore, fu insignita dello Shōgakukan Manga Award (ventunesima edizione, anno 1976: premio conferito per Poe no Ichizoku e Jūichinin Iru!, pubblicato in Italia per i tipi di Star Comics col titolo di Siamo in 11!).
L'ordine di presentazione delle complesissive quindici storie nel trittico di volumi editi da Ronin Manga con il titolo Edgar e Allan Poe - Il Clan dei Poe non segue la linearità cronologica degli eventi interni al microcosmo narrativo. Va detto che in ciascuna delle edizioni pubblicate in Giappone nel corso degli anni la successione dei capitoli venne mutata, senza tuttavia coordinarsi mai con lo svolgimento diacronico della vicenda (la linearità temporale non era stata rispettata d'altronde neppure all'epoca della serializzazione su Betsucomi). Nello specifico, l'edizione italiana ricalca la "bunkoban" (tascabile) pubblicata da Shōgakukan nel 1988 (小学館文庫『ポーの一族』). Volendo invece seguire l'ordine degli eventi, la storia andrebbe compilata come segue: Marybell e la rosa d'argento; Capelli d'argento trasparenti; Il testamento di Evans; Il villaggio dei Poe; Edgar e Allan Poe; Pioggerella; Ore sette a Piccadilly Circus; I fiori e gli uccellini di un paese lontano; Il cappello di Holmes; Una settimana; Il diario di Glenn Smith; Liddell nel bosco; Il nido di uccellini; Lambton racconta; Edith.

Al centro della vicenda narrata troviamo Edgar e la sorella Marybell, che, in seguito a un misterioso incidente occorso loro nel 1744, perdono tracce e memoria dei propri genitori, trasformandosi di fatto in orfanelli. Passati dalla tutela della vecchia Hannah Poe, una "vampanella" (vampiro nella terminologia di Poe no Ichizoku) molto vicina al Re Poe, alla sequela del barone Portsnell e della moglie Sheila (dapprima solo Edgar, poi anche la sorellina, di quattro anni più piccola di lui, inizialmente affidata ai baroni Art - dettaglio che permetterà di veder illustrata la storia familiare dei conti Evans, legata strettamente al destino di Marybell e del fratello, figli illegittimi dell'Earl), e dalla condizione umana a quella di immortali o di vivi senza vita, i due, costretti a continui trasferimenti allo scopo di non lasciar trapelare agli occhi degli uomini la propria condizione di eterni adolescenti, finiscono per incontrarsi, nell'episodio eponimo della raccolta, ambientato nel 1879, con Allan Twilight. Quest'ultimo, affascinato dai coetanei Marybell ed Edgar, la cui età è ferma per sempre rispettivamente a 13 e 14 anni, finisce per volerne condividere la sorte, entrando nel mondo delle creature eteree e maledette e fuggendo da un mondo divenuto per lui intollerabile. Persi ad un tempo Sheila, il barone e, soprattutto, l'amatissima Marybell, per non cadere nell'abisso di un'intollerabile solitudine, Edgar decide infatti di accogliere Allan nella famiglia. La narrazione segue dunque gli spostamenti dei due giovani, il loro pellegrinaggio senza requie.
Nel 1934, a Londra, Edgar fa la conoscenza di John Aubin, appassionato di misteri, che si interesserà al giovane e al suo segreto. Dopo una sortita nell'allora Germania Ovest del secondo dopoguerra, Edgar e Allan fanno ritorno a Londra, dove incontrano Edith Evans: è il 1976, ultimo anno nella cronologia di Poe no Ichizoku.

L'idea per la storia venne alla Hagio dalla lettura di un racconto breve di Ishinomori Shōtarō, Kiri to bara to hoshi to (きりとばらとほしと, Nebbia, rose e stelle), incentrato su una fanciulla-vampira bisognosa di accettazione. È quest'ultimo infatti il tema centrale della storia, legato anche alle vicende biografiche di una Hagio, ancora tutto sommato alle sue "opere giovanili", osteggiata dalla famiglia nella sua scelta di diventare una mangaka. Il motivo dominante dell'opera è senza dubbio una rappresentazione estetizzante e malinconica della figura del vampiro, affrancata dai toni orrorifici del romanzo gotico di un Bram Stoker o di un Le Fanu, pur mutuando in parte da esso le ambientazioni (castelli a picco su scogliere aguzze, chiese dalle alte vetrate, mura dirute avvinte dall'edera, sentieri smarriti tra foreste minacciose). Dalla letteratura dell'età vittoriana vengono presi a prestisto sia il razionalismo e il gusto sherlockiano per l'indagine, caratterizzante alcuni tra i personaggi venuti a contatto con l'inverosimile non-esistenza in vita dei Poe (si vedano i casi del dottor Clifford e del dottor Dodo), sia la sensibilità verso le passioni dell'anima di una Emily Brontë (si pensi ai monologhi interiori di Edgar, nella rievocazione del suo perduto amore, Marybell).
Se si può parlare, anche in questo caso, di romanzo di formazione (Bildungsroman), quella dei protagonisti è una parabola esistenziale anomala, che li vede fermarsi alla soglia della maturazione e li costringe per sempre nelle fattezze di adolescenti eterei e bellissimi, sottratti all'invecchiamento, ma, per contrappasso, anche alla comunione con gli altri uomini, dei quali non condividono più il destino di morte. L'esperienza pur maturata nei secoli dagli eterni fanciulli si configura immancabilmente come un ricorso: una ripetizione di primavere dell'amore (quella stagione in cui "le fanciulle sono più dolci che mai", come ben sa il Charles di Sukitootta Gin no Kami, ingenuamente innamorato di Marybell) o di estati nei boschi (come quelle trascorse dalla piccola Liddell, spostandosi assieme ad Edgar e ad Allan da un prato fiorito all'altro), senza mutamento, senza scopo, senza un reale futuro (in un tempo sempre interrotto dalla necessità di fuggire agli sguardi dei sospettosi mortali), dunque senza storia. Ecco che finisce per perdere di senso una qualsiasi idea di progresso, e i racconti, passati o futuri, si affastellano disordinatamente, come frammenti sparsi di stagioni lontane: è come se i vampanella, le creature di sogno, assistessero al nascere e al morire delle creature rientranti nell'ordine naturale. Ogni nuovo amore, ogni nuova esperienza, è per loro il rifiorire di un giardino di rose, dissomiglianti spesso solo per dettagli o minuzie. A confondersi non sono così solo i tempi, ma anche i volti e gli amori, e l'educazione sentimentale di Marybell, Edgar ed Allan si ripete più volte (anche assumendo declinazioni delicatamente shounen-ai).
I "vampanella" sono sottratti al divenire, al tempo biologico del loro corpo. Questa condizione impossibile è riservata solo alla bellezza, al regno del fantastico, delle rose e degli unicorni, cui Edgar, meditando, capisce di appartenere: è il dominio della letteratura romantica così amato dagli inglesi e rivisitato dalla Hagio con tale ricchezza di riferimenti che parlare di esotismo diventa quasi difficile, essendo più adeguata la definizione di "appropriazione consapevole del patrimonio della letteratura europea ottocentesca" (notevole il fatto che un'altra delle opere della Hagio, Un dio crudele governa, rechi per sottotitolo in caratteri latini "After us the savage god", un omaggio al grande poeta e letterato irlandese W. B. Yeats).
Dicevamo della pena del sentirsi esclusi dal mondo: la "vera solitudine" di cui parla Tamao Ariyoshi nel saggio posto a conclusione del volume III. Il dolore, la fatica, l'abbrutimento, la vecchiaia sono il regno delle cose soggette al tempo; eppure, chi "forse non è di questo mondo" sconta una nostalgia struggente per la condizione umana, per il contatto e il legame duraturo con le persone, unico rimedio alla fragilità inguaribile di ogni essere, che, nelle parole di Edgar, si rivela essere nient'altro che la solitudine. I vampiri, i "mostri" dalla terribile bellezza vengono scacciati con le croci, cacciati come assassini e trafitti al cuore come abominii indegni di esistere. Ecco perché l'amore assoluto è l'unico disperato rimedio a quest'eternità solitaria. Il vuoto incolmabile lasciato da Marybell sarebbe una ferita insostenibile per Edgar, se non ci fosse ancora Allan, proiezione del suo perduto amore. Il giovane Twilight è colui che, nei suoi giorni da mortale, aveva conosciuto e amato Marybell, ed è la persona che Edgar può amare, colui "senza il quale non avrebbe altro che ricordi". Eppure Edgar non smette mai di pensare a Marybell, e il trascorrere dei lustri, dei decenni e dei secoli fa del suo cuore una prigione di rimpianto e tormento: è questo il motivo per cui lo sforzo di Elizeli di sorridere comunque, anche di fronte all'abbandono da parte dell'amato (Harukana Kuni no Hana ya Kotori), appare al vampiro eternamente quattordicenne un assurdo. Edgar non riesce più a rifugiarsi nel sogno, eppure prova tenerezza per l'amore irremovibile di quella donna: in esso rilegge la propria umanità residua, il sentimento incancellabile che lo congiunge alla scomparsa Marybell. Umanità affermata da Edgar anche nella scelta, pur tragicamente sconfessata nell'epilogo del capitolo, di risparmiare alla sorella la condanna riservatagli dai Poe, di lasciarla libera di scegliere l'amore per Yushisu e l'esistenza transeunte dei mortali. Nel rimembrare la sorella, non mancano mai in Edgar i sentimenti di colpa, il rimorso per averla condotta a sé, consegnandola ad un destino che le sarebbe stato fatale. Per lei non avrebbe esitato a sacrificare persino Allan, che pure cominciava ad amare, eppure l'ha irrimediabilmente perduta.

Le persone che si accostano ai Poe sono colpite dalla bellezza, dalla leggerezza eterea delle loro figure. Marybell rappresenta l'età dell'innocenza, in essa Allan vede l'imago della perduta Rosetti. Scene come gli inseguimenti dell'amato all'amata di Sukitootta Gin no Kami, addirittura echeggianti il mito di Apollo e Dafne in Marybell to Gin no Bara, le letture di componimenti all'ombra degli alberi e il gusto per le canzoni tradizionali ("C'era una volta una ragazza con i capelli d'argento") richiamano il gusto di Gérard de Nerval; altrove fa invece capolino un immaginario intessuto di nonsense fanciulleso (si pensi alle canzoni di "Mamma Oca"). L'abbigliamento "greco" di Marybell, il suo vagare scalza per prati ed acquitrini sollevando l'orlo della veste (ancora in Marybell e la rosa d'argento, l'episodio dedicato all'amore della fanciulla per Yushisu, al "tempo della sua vita mortale"), sanno di Arcadia e quasi di letteratura pastorale. Tutto il libro è dunque pervaso di una fascinazione letteraria d'impronta europea ed ottocentesca.
Il tema delle somiglianze, cui già si è accennato, è un altro fil rouge dell'opera, siano esse narrative o semplicemente grafiche: da quella più palese e biologica tra Edgar e Marybell con il fratellastro Oswald e la madre Merryweather, a quelle più sfumate e misteriose (Marybell e Rosetti, Allan e Charles, i due innamorati che, in epoche lontane, attraverso cancelli e roseti, palpitano d'amore per la sorella di Edgar, sotto gli occhi gelidi di lui).
Alla fine della lettura, resta un senso di leggero stordimento: i personaggi si defilano sulla scena come ombre, passeggeri lampi offerti agli occhi profondissimi dei "vampanella". Il punto di vista non è quello di una narrazione classica, con un tempo lineare ed oggettivo, ma quello soggettivo delle memorie, che pescano di volta in volta la carta di un ricordo, sottraendola al rimescolamento dell'oblio. Ne viene fuori una struttura diegetica singolare, con piani temporali gestiti ad ogni nuovo capitolo secondo un principio d'imprevedibile alternanza, che lascia al lettore una duplice opzione: dipanare la matassa o lasciarsi avvolgere dalle linee temporali divergenti.
Gli umani rappresentati nella storia, dal canto loro, si affidano ai diari, cercando di far sopravvivere al tempo e all'incredulità della ragione la testimonianza di un'esperienza inaudita come l'incontro con un essere fatato o diabolico.
Per tutte queste ragioni, sembra perfetto l'appellativo dato a Poe no Ichizoku, di poco antecedente all'Intervista col vampiro di Anne Rice, da Giorgio Amitrano: si è di fronte a un "diamante nero".

Da un punto di vista tecnico, va sottolineata l'originalità della disposizione geometrica delle vignette nello spazio della tavola e quella degli elementi grafici, spesso espressivamente debordanti. I contorni della vignetta stessa sono più liberi e meno rigidamente definiti. Si noti anche la presenza di accentuati contrasti figura/sfondo, per esaltare la capacità del bianco/nero di trasmettere l'essenza di un personaggio o di un'espressione attraverso il gioco dei pieni e dei vuoti (le orbite oculari bianche o le figure assorbite dal buio).
Infine, vi è la piacevole sorpresa di tavole atipiche, con elementi in primo piano sovrapposti alle vignette senza appartenere strettamente ad alcuna di esse, ma piuttosto in modo da circolare, per così dire, tra le stesse, con un effetto insieme di grande dinamismo ed enfatizzazione della figura: si pensi alla corsa a cavallo di Oswald in Marybell e la rosa d'argento. Da un punto di vista più generale, domina in forma di rosa l'elemento floreale, caposaldo della futura estetica shoujo. I personaggi, leggeri ed aggraziati, sembrano usciti da un quadro preraffaellita di Dicksee o Rossetti.

L'edizione della Ronin Manga ha una confezione gradevole: sovraccoperta, carta dalla buona sfogliabilità e con una grammatura accettabile. La traduzione è effettuata da una vecchia conoscenza della Kappa Edizioni, Keiko Ichiguchi. Un appunto: sul retro di copertina è scritto che "Edgar Portsnell diventa uno dei Poe nel 1740", mentre l'evento sopraccitato si verifica nella storia nel 1754. Inoltre Poe no Ichizoku è indicato come "il primo shoujo manga della storia raccolto in volume", mentre è il primo solo per quanto riguarda i tipi di Shōgakukan. Il primo volume contiene una prefazione all'edizione italiana a cura di Giorgio Amitrano, noto orientalista e traduttore dal giapponese, nonché un saggio di Shuichiro Koike, regista della compagnia Takarazuka. Nel secondo e nel terzo due brevi saggi delle scrittrici Miyuki Miyabe e Tamao Ariyoshi. Il prezzo di copertina di ciascuno dei volumi Ronin è di 7.90€, congruo per albi di 300 pagine.