Recensione
Il Marito di Mio Fratello
9.0/10
Yaichi si prende cura da solo della figlioletta Kana, finché, un giorno, un ospite inatteso non bussa alla porta di casa sua: un omone straniero grande e grosso, con la barba, che indossa camicie di colori sgargianti e pantaloncini alla zuava. E’ Mike Flanagan, marito di Ryoji, il defunto fratello gemello di Yaichi.
Venuto dal Canada per visitare i luoghi del cuore del suo amato che non c’è più, Mike si trasferisce a casa di Yaichi e Kana per qualche tempo ed entra a far parte della loro vita familiare
La piccola Kana si affeziona immediatamente al suo “zio” straniero, mentre Yaichi dovrà fare i conti con quegli stessi pregiudizi che, anni addietro, lo avevano via via allontanato dal fratello.
Otouto no otto (letteralmente “Il marito di mio fratello minore”, noto anche col titolo internazionale “My brother’s husband”) è la più recente fatica di Gengoroh Tagame, il maestro dell’omoerotismo giapponese, e rappresenta un importante punto di svolta per la carriera di questo artista già attivo da qualche decennio e molto noto nell’ambito dei “gei comi”, i fumetti per un pubblico omosessuale.
Otouto no otto è, infatti, un’opera per un pubblico generalista, pubblicata ogni mese sulle pagine della rivista seinen Gekkan Action della casa editrice Futabasha, e non su quelle delle varie riviste dirette ad un pubblico gay che negli anni hanno ospitato i lavori del maestro Tagame.
Il manga è ancora in corso e, al momento in cui scrivo, ne sono usciti due volumi.
Di base, si tratta di un manga di genere “slice of life”, tranquillamente inseribile nel nutrito filone di storie che trattano di padri single con figlie piccole a carico. Tuttavia, la presenza di un personaggio esterno al quadretto familiare di padre e figlia si fa sentire sin da subito e arriva a rivoluzionare tutta la storia portandola a trattare tematiche nuove e decisamente interessanti.
Già il titolo del primo capitolo spiega perfettamente l’aria di novità di cui il manga si fa carico: “Kuroi fune ga yattekita!”, “Arrivano le navi nere!”, un geniale gioco di rimandi che riporta alle “navi nere” del Commodoro Perry, le navi dei primi occidentali a giungere ufficialmente in Giappone, convenzionalmente intese come inizio di un processo che portò il Giappone verso la modernità, rompendo un isolamento e una chiusura secolari.
E chi, come ci suggerisce la simpaticissima illustrazione che apre il capitolo, può essere il nostro “Commodoro Perry”, se non Mike, che arriva dal Canada abbattendo le barriere culturali e geografiche e portando con sé echi di una cultura nuova, diversa, e numerosi spunti di riflessione?
Otouto no otto è un manga adorabile, che si divide in episodi autoconclusivi narranti gli spaccati della vita della bizzarra famiglia formata all’improvviso da un padre, una figlioletta e uno “zio” straniero sui generis.
Vi è una grande attenzione a quelli che sono gli elementi più tipici dei manga di genere “slice of life”: la preparazione e consumazione dei pasti (buona parte dei capitoli hanno nomi di cibi e contengono scene che li riguardano), le passeggiate per strade, templi e ristoranti di ramen alla ricerca di ricordi perduti, le attività di tutti i giorni come la colazione, il farsi la doccia, l’acconciarsi i capelli preparandosi per la scuola, il bucato. Chi apprezza questo tipo di narrazione molto calma, tranquilla e attenta ai dettagli, sicuramente si troverà ad apprezzare lo stile che il maestro Tagame ha scelto per questo manga.
Man mano che la storia va avanti, si rende più interessante da seguire per via di numerose questioni che vengono a galla e di cui il lettore attende con curiosità la risoluzione: il passato di Yaichi e suo fratello, l’enigmatica figura di Ryoji, la sua vita in Canada, il rapporto con Mike, la moglie di Yaichi.
La narrazione è incentrata su tre personaggi principali: Yaichi, Kana e Mike, con quest'ultimo che diventa ben presto il fulcro intorno a cui tutti i personaggi e le vicende si trovano a girare.
Mike è allegro, dolce, educato, gentile e conquista immediatamente il cuore della piccola Kana, con cui non manca di giocare e divertirsi, ma anche confidarsi, in scene di una tenerezza infinita.
Kana è una bambina molto vivace, allegra e curiosa, che rappresenta perfettamente l’innocenza dei bambini: per lei non c’è alcun problema ad accogliere in casa un uomo straniero, perché è suo “zio” e i parenti si ospitano a casa tranquillamente, per lei non c’è nessun problema se un uomo sposa un altro uomo, non capisce ancora il significato di parole come “gay”, “influenza negativa”, “pregiudizio”, è troppo felice di poter giocare col suo amato Mike, di toccargli i peli del petto come fosse un orsacchiottone gigante, di abbracciarlo alla maniera degli occidentali, per poter concepire il fatto che qualcuno possa definirlo una persona cattiva.
Yaichi, primo ed ultimo membro del terzetto, è forse quello meno attivo ma non per questo meno importante: è a lui che spettano i maggiori spunti di riflessione, è lui quello che cela dentro di sé i più grandi tormenti, per aver perso l’amore di un fratello a causa del pregiudizio, perché si trova in casa un omosessuale straniero che non riesce bene ancora a capire ma a cui pian piano si sta affezionando, perché è un padre single che deve capire quale sia il modo più giusto di crescere sua figlia.
Come le “navi nere” del Commodoro Perry arrivarono e finirono per abbattere la tradizionale chiusura del Giappone, anche Otouto no otto porta una ventata d’aria fresca all’interno del fumetto giapponese, raccontando una storia dolce, tenera, ora allegra e scanzonata, ora piacevolmente commovente, che, attraverso i gesti e le parole del suo simpatico terzetto di personaggi, offre spesso e volentieri l’occasione di riflettere e criticare molti pregiudizi e molte chiusure della società giapponese: nei confronti dei gay, degli stranieri, persino dei ragazzi tatuati che vengono insindacabilmente associati alla yakuza e perciò allontanati ingiustamente da terme, piscine e palestre.
Da sempre specializzato in racconti gay caratterizzati da un erotismo molto forte, il maestro Tagame è qui alle prese con un’esperienza nuova per lui e per i suoi lettori, perciò anche lo stile con cui ha scelto di narrarla è diverso dal solito, ma non per questo meno curato o professionale, anzi.
Fra le pagine del manga, il maestro dà prova di riuscire a raffigurare personaggi di vario tipo e splendidi paesaggi, passando qua e là da disegni ricchi di dettagli e molto realistici a espressioni più “manga”, caricaturali, semplificate, con retini di vario tipo a decorare sfondi e capi di abbigliamento e un tratto più marcato, che ci riporta alla mente certe vecchie illustrazioni di Akira Toriyama.
Le illustrazioni che riguardano la piccola Kana sono tutte fanciullesche e spiritose, quasi non ci si crede che vengano dalla stessa penna che per anni ha disegnato quasi solo omaccioni nudi, e, in generale, il tono dei disegni è più leggero del solito.
L’impegno profuso dall’autore nel caratterizzare i suoi personaggi in modi differenti si nota anche dal tono dei dialoghi, laddove Kana, vista la giovane età, parla con dialoghi scritti quasi solo in hiragana, lo straniero Mike vede i suoi dialoghi riportati quasi sempre in katakana, mentre i dialoghi più complessi, infarciti di kanji complicati, sono esclusivo appannaggio di Yaichi, in quanto giapponese adulto.
Non mancano, qua e là, certi piccoli, innocui, accenni di “fanservice” legati alla sfera dell’omosessualità e dei cosiddetti “muscle bears”, gli omosessuali di corporatura robusta e irsuta.
La muscolatura di Yaichi e, soprattutto, di Mike (provate a sollevare la sovraccopertina del primo volume…) è sempre ben messa in evidenza e qua e là per le tavole sono disseminate varie strizzatine d’occhio all'occasionale lettore gay: una scena in cui i personaggi, in canottiera, sollevano pesi in palestra, un paio di nudi maschili mentre i personaggi si fanno la doccia (senza mai inquadrare “lì”…).
In un passaggio particolare della trama l’autore gioca con i sentimenti dei suoi lettori e scherza sui topoi dei suoi manga precedenti, mostrando il gigantesco Mike che, ubriaco, salta addosso al povero Yaichi, in una scena che strizza palesemente l’occhio alle scene di sesso tipiche dell’autore, ma che, invece, finisce per trasformarsi in uno dei momenti più sensibili e toccanti della storia.
In Otouto no otto, aldilà di questi piccoli scherzi d’autore, di sesso non ce n’è, siamo ben lontani dalle atmosfere pesanti, violente e angosciose di altri lavori di Tagame, che può così concentrarsi su altri elementi e dare un maggior sviluppo alla storia.
Ulteriori strizzatine d’occhio al mondo omosessuale vengono dalle magliette indossate da Mike nelle varie illustrazioni, tutte decorate con simboli ben noti al pubblico LGBT. Fra un capitolo e l’altro, un trafiletto chiamato “Il prontuario di cultura gay di Mike” spiega qua e là il significato di questi simboli e di molti elementi trattati nella storia come il “coming out” o il matrimonio tra due persone dello stesso sesso.
Quando noi di AnimeClick.it lo avevamo intervistato in occasione del suo soggiorno in Italia, un paio d’anni fa, il maestro Tagame ci aveva raccontato come il mondo dell’editoria giapponese sia ancora, paradossalmente, un po’ chiuso verso gli autori omosessuali, che vengono un po’ messi da parte dalle riviste per un pubblico generalista e non sono liberi di poter raccontare l’omosessualità in maniera realistica o come vorrebbero davvero, mentre invece pullulano le opere di tipo "boy’s love" realizzate da autori (e autrici) etero o gli ammiccamenti omosessuali usati come efficace mezzo per vendere.
Fa piacere vedere come, piano piano, forse qualcosa stia cambiando e il maestro abbia avuto la possibilità di pubblicare su una rivista rivolta ad un pubblico generalista un racconto bello e ambizioso come questo, che racconta l’omosessualità in maniera nuova, delicata, dolceamara, allegra ma profonda, calata in un contesto più ampio, dove non ci sono solo personaggi gay e non sono tutti bellissimi ed efebici o tutti barbuti e muscolosi.
Otouto no otto è una storia interessante, dolce, profonda e molto sensibile, che si legge con un sorriso gigantesco, sciocco e tenero perennemente dipinto sul volto, per poi, di quando in quando, trovarselo bagnato di lacrime di commozione, tanto si è rimasti coinvolti dalle vicende di questo trio di personaggi così vero e umano in tutte le sue caratteristiche.
Un manga bello, delicato, intelligente, che parla di omosessualità, pregiudizi, discriminazione e diversità, ma anche di famiglia, di legami, di amicizia, di rimorso e mette in scena l’amore e l’affetto nelle loro varie forme: non solo bianco o nero, ma in un bellissimo arcobaleno di varie sfumature di colore, come quello che campeggia sulla bandiera del Pride LGBT e che il buon Mike non manca di sfoggiare nella maglietta che indossa nella copertina del secondo volume.
Al momento, Otouto no otto è inedito in Italia, ma una certa casa editrice si sta occupando pian piano di pubblicare tutte le opere di Gengoroh Tagame, dunque non è improbabile pensare che prima o poi ci porti anche questa, che è sicuramente fra le più appetibili anche per un pubblico più vasto.
Venuto dal Canada per visitare i luoghi del cuore del suo amato che non c’è più, Mike si trasferisce a casa di Yaichi e Kana per qualche tempo ed entra a far parte della loro vita familiare
La piccola Kana si affeziona immediatamente al suo “zio” straniero, mentre Yaichi dovrà fare i conti con quegli stessi pregiudizi che, anni addietro, lo avevano via via allontanato dal fratello.
Otouto no otto (letteralmente “Il marito di mio fratello minore”, noto anche col titolo internazionale “My brother’s husband”) è la più recente fatica di Gengoroh Tagame, il maestro dell’omoerotismo giapponese, e rappresenta un importante punto di svolta per la carriera di questo artista già attivo da qualche decennio e molto noto nell’ambito dei “gei comi”, i fumetti per un pubblico omosessuale.
Otouto no otto è, infatti, un’opera per un pubblico generalista, pubblicata ogni mese sulle pagine della rivista seinen Gekkan Action della casa editrice Futabasha, e non su quelle delle varie riviste dirette ad un pubblico gay che negli anni hanno ospitato i lavori del maestro Tagame.
Il manga è ancora in corso e, al momento in cui scrivo, ne sono usciti due volumi.
Di base, si tratta di un manga di genere “slice of life”, tranquillamente inseribile nel nutrito filone di storie che trattano di padri single con figlie piccole a carico. Tuttavia, la presenza di un personaggio esterno al quadretto familiare di padre e figlia si fa sentire sin da subito e arriva a rivoluzionare tutta la storia portandola a trattare tematiche nuove e decisamente interessanti.
Già il titolo del primo capitolo spiega perfettamente l’aria di novità di cui il manga si fa carico: “Kuroi fune ga yattekita!”, “Arrivano le navi nere!”, un geniale gioco di rimandi che riporta alle “navi nere” del Commodoro Perry, le navi dei primi occidentali a giungere ufficialmente in Giappone, convenzionalmente intese come inizio di un processo che portò il Giappone verso la modernità, rompendo un isolamento e una chiusura secolari.
E chi, come ci suggerisce la simpaticissima illustrazione che apre il capitolo, può essere il nostro “Commodoro Perry”, se non Mike, che arriva dal Canada abbattendo le barriere culturali e geografiche e portando con sé echi di una cultura nuova, diversa, e numerosi spunti di riflessione?
Otouto no otto è un manga adorabile, che si divide in episodi autoconclusivi narranti gli spaccati della vita della bizzarra famiglia formata all’improvviso da un padre, una figlioletta e uno “zio” straniero sui generis.
Vi è una grande attenzione a quelli che sono gli elementi più tipici dei manga di genere “slice of life”: la preparazione e consumazione dei pasti (buona parte dei capitoli hanno nomi di cibi e contengono scene che li riguardano), le passeggiate per strade, templi e ristoranti di ramen alla ricerca di ricordi perduti, le attività di tutti i giorni come la colazione, il farsi la doccia, l’acconciarsi i capelli preparandosi per la scuola, il bucato. Chi apprezza questo tipo di narrazione molto calma, tranquilla e attenta ai dettagli, sicuramente si troverà ad apprezzare lo stile che il maestro Tagame ha scelto per questo manga.
Man mano che la storia va avanti, si rende più interessante da seguire per via di numerose questioni che vengono a galla e di cui il lettore attende con curiosità la risoluzione: il passato di Yaichi e suo fratello, l’enigmatica figura di Ryoji, la sua vita in Canada, il rapporto con Mike, la moglie di Yaichi.
La narrazione è incentrata su tre personaggi principali: Yaichi, Kana e Mike, con quest'ultimo che diventa ben presto il fulcro intorno a cui tutti i personaggi e le vicende si trovano a girare.
Mike è allegro, dolce, educato, gentile e conquista immediatamente il cuore della piccola Kana, con cui non manca di giocare e divertirsi, ma anche confidarsi, in scene di una tenerezza infinita.
Kana è una bambina molto vivace, allegra e curiosa, che rappresenta perfettamente l’innocenza dei bambini: per lei non c’è alcun problema ad accogliere in casa un uomo straniero, perché è suo “zio” e i parenti si ospitano a casa tranquillamente, per lei non c’è nessun problema se un uomo sposa un altro uomo, non capisce ancora il significato di parole come “gay”, “influenza negativa”, “pregiudizio”, è troppo felice di poter giocare col suo amato Mike, di toccargli i peli del petto come fosse un orsacchiottone gigante, di abbracciarlo alla maniera degli occidentali, per poter concepire il fatto che qualcuno possa definirlo una persona cattiva.
Yaichi, primo ed ultimo membro del terzetto, è forse quello meno attivo ma non per questo meno importante: è a lui che spettano i maggiori spunti di riflessione, è lui quello che cela dentro di sé i più grandi tormenti, per aver perso l’amore di un fratello a causa del pregiudizio, perché si trova in casa un omosessuale straniero che non riesce bene ancora a capire ma a cui pian piano si sta affezionando, perché è un padre single che deve capire quale sia il modo più giusto di crescere sua figlia.
Come le “navi nere” del Commodoro Perry arrivarono e finirono per abbattere la tradizionale chiusura del Giappone, anche Otouto no otto porta una ventata d’aria fresca all’interno del fumetto giapponese, raccontando una storia dolce, tenera, ora allegra e scanzonata, ora piacevolmente commovente, che, attraverso i gesti e le parole del suo simpatico terzetto di personaggi, offre spesso e volentieri l’occasione di riflettere e criticare molti pregiudizi e molte chiusure della società giapponese: nei confronti dei gay, degli stranieri, persino dei ragazzi tatuati che vengono insindacabilmente associati alla yakuza e perciò allontanati ingiustamente da terme, piscine e palestre.
Da sempre specializzato in racconti gay caratterizzati da un erotismo molto forte, il maestro Tagame è qui alle prese con un’esperienza nuova per lui e per i suoi lettori, perciò anche lo stile con cui ha scelto di narrarla è diverso dal solito, ma non per questo meno curato o professionale, anzi.
Fra le pagine del manga, il maestro dà prova di riuscire a raffigurare personaggi di vario tipo e splendidi paesaggi, passando qua e là da disegni ricchi di dettagli e molto realistici a espressioni più “manga”, caricaturali, semplificate, con retini di vario tipo a decorare sfondi e capi di abbigliamento e un tratto più marcato, che ci riporta alla mente certe vecchie illustrazioni di Akira Toriyama.
Le illustrazioni che riguardano la piccola Kana sono tutte fanciullesche e spiritose, quasi non ci si crede che vengano dalla stessa penna che per anni ha disegnato quasi solo omaccioni nudi, e, in generale, il tono dei disegni è più leggero del solito.
L’impegno profuso dall’autore nel caratterizzare i suoi personaggi in modi differenti si nota anche dal tono dei dialoghi, laddove Kana, vista la giovane età, parla con dialoghi scritti quasi solo in hiragana, lo straniero Mike vede i suoi dialoghi riportati quasi sempre in katakana, mentre i dialoghi più complessi, infarciti di kanji complicati, sono esclusivo appannaggio di Yaichi, in quanto giapponese adulto.
Non mancano, qua e là, certi piccoli, innocui, accenni di “fanservice” legati alla sfera dell’omosessualità e dei cosiddetti “muscle bears”, gli omosessuali di corporatura robusta e irsuta.
La muscolatura di Yaichi e, soprattutto, di Mike (provate a sollevare la sovraccopertina del primo volume…) è sempre ben messa in evidenza e qua e là per le tavole sono disseminate varie strizzatine d’occhio all'occasionale lettore gay: una scena in cui i personaggi, in canottiera, sollevano pesi in palestra, un paio di nudi maschili mentre i personaggi si fanno la doccia (senza mai inquadrare “lì”…).
In un passaggio particolare della trama l’autore gioca con i sentimenti dei suoi lettori e scherza sui topoi dei suoi manga precedenti, mostrando il gigantesco Mike che, ubriaco, salta addosso al povero Yaichi, in una scena che strizza palesemente l’occhio alle scene di sesso tipiche dell’autore, ma che, invece, finisce per trasformarsi in uno dei momenti più sensibili e toccanti della storia.
In Otouto no otto, aldilà di questi piccoli scherzi d’autore, di sesso non ce n’è, siamo ben lontani dalle atmosfere pesanti, violente e angosciose di altri lavori di Tagame, che può così concentrarsi su altri elementi e dare un maggior sviluppo alla storia.
Ulteriori strizzatine d’occhio al mondo omosessuale vengono dalle magliette indossate da Mike nelle varie illustrazioni, tutte decorate con simboli ben noti al pubblico LGBT. Fra un capitolo e l’altro, un trafiletto chiamato “Il prontuario di cultura gay di Mike” spiega qua e là il significato di questi simboli e di molti elementi trattati nella storia come il “coming out” o il matrimonio tra due persone dello stesso sesso.
Quando noi di AnimeClick.it lo avevamo intervistato in occasione del suo soggiorno in Italia, un paio d’anni fa, il maestro Tagame ci aveva raccontato come il mondo dell’editoria giapponese sia ancora, paradossalmente, un po’ chiuso verso gli autori omosessuali, che vengono un po’ messi da parte dalle riviste per un pubblico generalista e non sono liberi di poter raccontare l’omosessualità in maniera realistica o come vorrebbero davvero, mentre invece pullulano le opere di tipo "boy’s love" realizzate da autori (e autrici) etero o gli ammiccamenti omosessuali usati come efficace mezzo per vendere.
Fa piacere vedere come, piano piano, forse qualcosa stia cambiando e il maestro abbia avuto la possibilità di pubblicare su una rivista rivolta ad un pubblico generalista un racconto bello e ambizioso come questo, che racconta l’omosessualità in maniera nuova, delicata, dolceamara, allegra ma profonda, calata in un contesto più ampio, dove non ci sono solo personaggi gay e non sono tutti bellissimi ed efebici o tutti barbuti e muscolosi.
Otouto no otto è una storia interessante, dolce, profonda e molto sensibile, che si legge con un sorriso gigantesco, sciocco e tenero perennemente dipinto sul volto, per poi, di quando in quando, trovarselo bagnato di lacrime di commozione, tanto si è rimasti coinvolti dalle vicende di questo trio di personaggi così vero e umano in tutte le sue caratteristiche.
Un manga bello, delicato, intelligente, che parla di omosessualità, pregiudizi, discriminazione e diversità, ma anche di famiglia, di legami, di amicizia, di rimorso e mette in scena l’amore e l’affetto nelle loro varie forme: non solo bianco o nero, ma in un bellissimo arcobaleno di varie sfumature di colore, come quello che campeggia sulla bandiera del Pride LGBT e che il buon Mike non manca di sfoggiare nella maglietta che indossa nella copertina del secondo volume.
Al momento, Otouto no otto è inedito in Italia, ma una certa casa editrice si sta occupando pian piano di pubblicare tutte le opere di Gengoroh Tagame, dunque non è improbabile pensare che prima o poi ci porti anche questa, che è sicuramente fra le più appetibili anche per un pubblico più vasto.