Ripensando alla connotazione che il mese di giugno riveste nell'ambito della comunità LGBTQ+, AnimeClick.it ha optato per proporre una panoramica di alcuni dei titoli più famosi e apprezzati che trattano tematiche ad essa inerenti: possiamo così apprezzare e scoprire -o, perché no, ri-scoprire appieno- opere che hanno contribuito ad avvicinare universi che sembravano inconciliabili.
Per tendersi la mano, verso un mondo che possa essere contraddistinto dal rispetto nei confronti dei sentimenti di ogni possibile colore.

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Yaichi si prende cura da solo della figlioletta Kana, finché, un giorno, un ospite inatteso non bussa alla porta di casa sua: un omone straniero grande e grosso, con la barba, che indossa camicie di colori sgargianti e pantaloncini alla zuava. E’ Mike Flanagan, marito di Ryoji, il defunto fratello gemello di Yaichi.
Venuto dal Canada per visitare i luoghi del cuore del suo amato che non c’è più, Mike si trasferisce a casa di Yaichi e Kana per qualche tempo ed entra a far parte della loro vita familiare
La piccola Kana si affeziona immediatamente al suo “zio” straniero, mentre Yaichi dovrà fare i conti con quegli stessi pregiudizi che, anni addietro, lo avevano via via allontanato dal fratello.

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Il marito di mio fratello (titolo originale "Otouto no otto", "Il marito di mio fratello minore") rappresenta un fondamentale punto di svolta nella ormai più che trentennale carriera di Gengoroh Tagame, il maestro dell’omoerotismo giapponese, estremamente noto nell’ambito dei “gei comi” (i fumetti per un pubblico omosessuale) ma apprezzato anche da un pubblico estremamente vasto, in ogni parte del mondo, per via del suo stile elegante, debitore dell'arte occidentale, le complesse psicologie dei suoi personaggi, i disegni ricercatissimi e l'estrema varietà delle ambientazioni delle sue storie.
Il marito di mio fratello è una particolarissima eccezione all'interno del curriculum del sensei Tagame: è, infatti, un’opera per un pubblico generalista, che è stata pubblicata sulle pagine della rivista seinen Gekkan Action della casa editrice Futabasha (e non su quelle delle varie riviste dirette ad un pubblico gay che negli anni hanno ospitato i lavori del maestro) tra il 2014 e il 2017 e poi raccolta in quattro volumi (due maxi-volumi nell'edizione italiana di Panini Comics). Un'opera che fa eccezione anche e soprattutto perché, contrariamente a ciò per cui l'autore è stato famoso e conosciuto nel corso degli anni precedenti alla pubblicazione, non è di argomento erotico.


Di base, si tratta di un manga di genere “slice of life”, tranquillamente inseribile nel nutrito filone di storie che trattano di padri single con figlie piccole a carico. Tuttavia, la presenza di un personaggio esterno al quadretto familiare di padre e figlia si fa sentire sin da subito e arriva a rivoluzionare tutta la storia portandola a trattare tematiche nuove e decisamente interessanti.
Già il titolo del primo capitolo spiega perfettamente l’aria di novità di cui il manga si fa carico: “Kurofune ga yattekita!”, “Arrivano le navi nere!”, un geniale gioco di rimandi che riporta alle “navi nere” del Commodoro Perry, le navi dei primi occidentali a giungere ufficialmente in Giappone, convenzionalmente intese come inizio di un processo che portò il Giappone verso la modernità, rompendo un isolamento e una chiusura secolari.
E chi, come ci suggerisce la simpaticissima illustrazione che apre il capitolo, può essere il nostro “Commodoro Perry”, se non Mike, che arriva dal Canada abbattendo le barriere culturali e geografiche e portando con sé echi di una cultura nuova, diversa, e numerosi spunti di riflessione?

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Il marito di mio fratello è un manga adorabile, che si divide in episodi autoconclusivi narranti gli spaccati della vita della bizzarra famiglia formata all’improvviso da un padre, una figlioletta e uno “zio” straniero sui generis.
Vi è una grande attenzione a quelli che sono gli elementi più tipici dei manga di genere “slice of life”: la preparazione e consumazione dei pasti (buona parte dei capitoli hanno nomi di cibi nel titolo e contengono scene che li riguardano), le passeggiate per strade, templi e ristoranti di ramen alla ricerca di ricordi perduti, le attività di tutti i giorni come la colazione, il farsi la doccia, l’acconciarsi i capelli preparandosi per la scuola, il bucato. Chi apprezza questo tipo di narrazione molto calma, tranquilla e attenta ai dettagli, sicuramente si troverà ad apprezzare lo stile che il maestro Tagame ha scelto per questo manga.
Man mano che la storia va avanti, si rende più interessante da seguire per via di numerose questioni che vengono a galla e di cui il lettore attende con curiosità la risoluzione: il passato di Yaichi e suo fratello, l’enigmatica figura di Ryoji, la sua vita in Canada, il rapporto con Mike, la moglie di Yaichi.

La narrazione è incentrata su tre personaggi principali: Yaichi, Kana e Mike, con quest'ultimo che diventa ben presto il fulcro intorno a cui tutti i personaggi e le vicende si trovano a girare.
Mike è allegro, dolce, educato, gentile e conquista immediatamente il cuore della piccola Kana, con cui non manca di giocare e divertirsi, ma anche confidarsi, in scene di una tenerezza infinita.
Kana è una bambina molto vivace, allegra e curiosa, che rappresenta perfettamente l’innocenza dei bambini: per lei non c’è alcun problema ad accogliere in casa un uomo straniero, perché è suo “zio” e i parenti si ospitano a casa tranquillamente, per lei non c’è nessun problema se un uomo sposa un altro uomo, non capisce ancora il significato di parole come “gay”, “influenza negativa”, “pregiudizio”, è troppo felice di poter giocare col suo amato Mike, di toccargli i peli del petto come fosse un orsacchiottone gigante, di abbracciarlo alla maniera degli occidentali, per poter concepire il fatto che qualcuno possa definirlo una persona cattiva.
Yaichi, primo ed ultimo membro del terzetto, è forse quello meno attivo ma non per questo meno importante: è a lui che spettano i maggiori spunti di riflessione, è lui quello che cela dentro di sé i più grandi tormenti, per aver perso l’amore di un fratello a causa del pregiudizio, perché si trova in casa un omosessuale straniero che non riesce bene ancora a capire ma a cui pian piano si sta affezionando, perché è un padre single che deve capire quale sia il modo più giusto di crescere sua figlia.

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Come le “navi nere” del Commodoro Perry arrivarono e finirono per abbattere la tradizionale chiusura del Giappone, anche Il marito di mio fratello porta una ventata d’aria fresca all’interno del fumetto giapponese, raccontando una storia dolce, tenera, ora allegra e scanzonata, ora piacevolmente commovente, che, attraverso i gesti e le parole del suo simpatico terzetto di personaggi, offre spesso e volentieri l’occasione di riflettere e criticare molti pregiudizi e molte chiusure della società giapponese: nei confronti dei gay, degli stranieri, persino dei ragazzi tatuati che vengono insindacabilmente associati alla yakuza e perciò allontanati ingiustamente da terme, piscine e palestre.
Da sempre specializzato in racconti gay caratterizzati da un erotismo molto forte, il maestro Tagame è qui alle prese con un’esperienza nuova per lui e per i suoi lettori (come si è approcciato alla stesura di questo manga così diverso dai suoi standard ce lo racconta direttamente lui, nell'intervista che ci ha gentilmente concesso al NipPop del 2018), perciò anche lo stile con cui ha scelto di narrarla è diverso dal solito, ma non per questo meno curato o professionale, anzi.
Fra le pagine del manga, il maestro dà prova di riuscire a raffigurare personaggi di vario tipo e splendidi paesaggi, passando qua e là da disegni ricchi di dettagli e molto realistici a espressioni più “manga”, caricaturali, semplificate, con retini di vario tipo a decorare sfondi e capi di abbigliamento e un tratto più marcato, che ci riporta alla mente certe vecchie illustrazioni di Akira Toriyama.
Le illustrazioni che riguardano la piccola Kana sono tutte fanciullesche e spiritose, quasi non ci si crede che vengano dalla stessa penna che per anni ha disegnato quasi solo omaccioni nudi, e, in generale, il tono dei disegni è più leggero del solito.
L’impegno profuso dall’autore nel caratterizzare i suoi personaggi in modi differenti si nota anche dal tono dei dialoghi, laddove Kana, vista la giovane età, parla con dialoghi scritti quasi solo in hiragana, lo straniero Mike vede i suoi dialoghi riportati quasi sempre in katakana, mentre i dialoghi più complessi, infarciti di kanji complicati, sono esclusivo appannaggio di Yaichi, in quanto giapponese adulto.

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Non mancano, qua e là, certi piccoli, innocui, accenni di “fanservice” legati alla sfera dell’omosessualità e dei cosiddetti “muscle bears”, gli omosessuali di corporatura robusta e irsuta.
La muscolatura di Yaichi e, soprattutto, di Mike (provate a sollevare la sovraccopertina del primo volume…) è sempre ben messa in evidenza e qua e là per le tavole sono disseminate varie strizzatine d’occhio all'occasionale lettore gay: una scena in cui i personaggi, in canottiera, sollevano pesi in palestra, un paio di nudi maschili mentre i personaggi si fanno la doccia (senza mai inquadrare “lì”…).
In un passaggio particolare della trama l’autore gioca con i sentimenti dei suoi lettori e scherza sui topoi dei suoi manga precedenti, mostrando il gigantesco Mike che, ubriaco, salta addosso al povero Yaichi, in una scena che strizza palesemente l’occhio alle scene di sesso tipiche dell’autore, ma che, invece, finisce per trasformarsi in uno dei momenti più sensibili e toccanti della storia.
Ne Il marito di mio fratello, al di là di questi piccoli scherzi d’autore, di sesso non ce n’è, siamo ben lontani dalle atmosfere pesanti, violente e angosciose di altri lavori di Tagame, che può così concentrarsi su altri elementi e dare un maggior sviluppo alla storia.
Ulteriori strizzatine d’occhio al mondo omosessuale vengono dalle magliette indossate da Mike nelle varie illustrazioni, tutte decorate con simboli ben noti al pubblico LGBT. Fra un capitolo e l’altro, un trafiletto chiamato “Il prontuario di cultura gay di Mike” spiega qua e là il significato di questi simboli e di molti elementi trattati nella storia come il “coming out” o il matrimonio tra due persone dello stesso sesso.

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Il marito di mio fratello è una storia interessante, dolce, profonda e molto sensibile, che si legge con un sorriso gigantesco, sciocco e tenero perennemente dipinto sul volto, per poi, di quando in quando, trovarselo bagnato di lacrime di commozione, tanto si è rimasti coinvolti dalle vicende di questo trio di personaggi così vero e umano in tutte le sue caratteristiche.
Un manga bello, delicato, intelligente, che parla di omosessualità, pregiudizi, discriminazione e diversità, ma anche di famiglia, di legami, di amicizia, di rimorso e mette in scena l’amore e l’affetto nelle loro varie forme: non solo bianco o nero, ma in un bellissimo arcobaleno di varie sfumature di colore, come quello che campeggia sulla bandiera del Pride e che il buon Mike non manca di sfoggiare nella maglietta che indossa nella copertina del secondo volume.

 

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Nell'estate del 2014, poco prima che iniziasse la pubblicazione del manga su rivista (iniziata a settembre 2014), ho avuto l'occasione di intervistare il maestro Tagame, ospite del NipPop di Bologna, e mi aveva raccontato come il mondo dell’editoria giapponese fosse ancora, paradossalmente, un po’ chiuso verso gli autori omosessuali, che venivano un po’ messi da parte dalle riviste per un pubblico generalista e non erano liberi di poter raccontare l’omosessualità in maniera realistica o come vorrebbero davvero, mentre invece pullulavano le opere di tipo "boys' love" realizzate da autori (e autrici) etero o gli ammiccamenti omosessuali usati come efficace mezzo per vendere.

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Ho avuto modo di vedere coi miei occhi, durante il mio periodo trascorso in Giappone tra il 2015 e il 2017 (in contemporanea, dunque, alla pubblicazione del manga), come l'uscita de Il marito di mio fratello ha pian piano cambiato un po' le cose, in primis perché il manga ha riscontrato un successo incredibile. Lo si trovava pubblicizzato con installazioni dedicate in ogni libreria; ho trovato un sacco di gente (anche persone totalmente estranee al mondo dell'omosessualità) che mi ha detto di averlo letto e amato; sono stati organizzati numerosi eventi, talk show, firmacopie, incontri coi fan a Tokyo, durante una serie di eventi a tema LGBT+ organizzati durante la Golden Week del 2016 e 2017 ma anche sporadicamente, in occasione dell'uscita dei nuovi volumi; la rivista Gekkan Action metteva spesso in palio cartoline e gadget dedicati; l'ultimo volume è uscito in edizione speciale con gadget allegati, distribuiti presso la catena di librerie Tora no Ana; il manga comincia ad essere pubblicato con successo all'estero e comincia a vincere diversi premi: vince un premio al Japan Media Arts Festival nel 2015, ottiene la nomination per il miglior fumetto alla fiera di Angoulême nel 2016, la nomination per l'Eisner Award (che poi vincerà, come miglior edizione americana di un fumetto straniero) e vince il Premio Eccellenza al 47° Japan Cartoonists Association Award nel 2018.

Concluso il manga, con l'ultimo volume uscito nel luglio del 2017, il maestro si mette subito al lavoro su Bokura no shikisai ("I nostri colori"), un altro manga a tematica omosessuale per tutti, sempre pubblicato su Gekkan Action, che si è concluso nel 2020 in tre volumi, mentre sempre più editori mainstream cominciano a pubblicare opere sul tema per tutti, prive di fanservice, magari scritte proprio da autori gay che hanno pescato qua e là sulla rete (è il caso dell'oggi noto Okura, partito come autore di webcomics e oggi pubblicato da Square-Enix).

A pochi mesi dall’uscita del volume conclusivo, viene annunciata la trasposizione de Il marito di mio fratello in un drama televisivo prodotto dalla NHK, e già il solo annuncio basta a far schizzare le vendite del manga su Amazon Japan facendo esaurire immediatamente le copie disponibili (“Ora capisco perché alla Marvel sono così contenti, quando fanno i film tratti dai loro fumetti” ha commentato all'epoca, scherzando, il maestro Tagame), mentre interviste all’autore spuntano sui più disparati siti giapponesi, il tag “Otouto no otto” diventa all’istante uno dei più popolari su Twitter durante il periodo di programmazione, il drama viene visto da chiunque, vince un Premio di incoraggiamento al 55simo Galaxy Award e la NHK, che ha trasmesso il drama sul suo canale BS Premium dal 4 al 18 marzo 2018, ha ritrasmesso il 4 maggio dello stesso anno una maratona di tutti gli episodi sul suo canale pubblico, ed è uscito anche un cofanetto dvd con la serie completa. La trasmissione della serie televisiva viene accolta dal maestro Tagame con una gioia immensa, report sulle riprese, un nuovo capitolo extra del manga pubblicato su rivista e una mostra dedicata con annesso merchandising in vendita.

In tre episodi da 50 minuti l’uno, il drama televisivo de Il marito di mio fratello riesce perfettamente a coprire la storia dell’inizio alla fine e a restituire tutta l’atmosfera del fumetto originale, che, essendo uno “slice of life” tranquillissimo e privo di effetti particolari, dove buona parte del fascino è dovuta anche alla rappresentazione dettagliatissima di ambienti, cibi e paesaggi, ben si presta al formato del film dal vivo, piuttosto che quello a cartoni animati.
Pochissimi i tagli rispetto al manga: un paio di capitoli più “d’atmosfera”, qualche dialogo o qualche riflessione sono stati esclusi, tra cui un paio di sequenze che forse avrebbero dato un po’ più sostanza ai personaggi secondari, ma si tratta di tagli di poco conto.
Vi sono, al contrario, anche delle aggiunte alla storia del fumetto, che aiutano ad approfondire meglio le situazioni del cast principale e le loro vicende passate, prendendosi pure la briga di creare un personaggio originale che non compare nel manga. Le nuove aggiunte si inseriscono benissimo nella storia scritta dal maestro Tagame, creando un finale che acquista maggior definizione sui titoli di coda e dando maggior spessore alla figura di Ryoji, che nel manga rimane sempre piuttosto enigmatica.
Il più grande punto di distacco rispetto al fumetto è che l’unico, vero, colpo di scena del manga, nel drama viene annullato, sia dai primi trailer promozionali, sia dalla storia stessa, che non crea le condizioni affinché questo si verifichi. Non è una cosa gravissima in sé e per sé, ma da lettore che ci è rimasto sorpreso quanto e più dei personaggi, all’epoca, un po’ mi dispiace.

E’ l’unica, piccolissima (e assolutamente ininfluente per chi non ha letto il manga), pecca di un telefilm davvero straordinario, che racconta una storia bellissima in maniera intelligente, delicata e sensibile.
Privo di qualsiasi malizia o effetto speciale, Il marito di mio fratello è uno sceneggiato pacato, poetico e molto riflessivo, che manda avanti una storia fatta di tanti piccoli momenti quotidiani, scanditi dal reiterato “Sto uscendo” “Fai attenzione” “Sono a casa” “Bentornato/a” pronunciato dei personaggi, mentre pian piano, un piccolo ma importantissimo legame comincia ad instaurarsi tra di loro.

Esattamente come il fumetto, anche il drama televisivo è abilissimo nel passare con estrema naturalezza dalla commedia al dramma, dalla rappresentazione di scene di vita quotidiana alla riflessione interiore dei personaggi, da scene di una tenerezza infinita ad altre più intense. Con altrettanta naturalezza cambiano le emozioni sul volto dello spettatore, che passa da un sorriso enorme, un po’ sciocco ma sincero, a calde lacrime di commozione.

Nella sua pacatissima rappresentazione di vita quotidiana di una famiglia, Il marito di mio fratello riesce ad inanellare una sequela inaspettata di scene apparentemente tranquillissime, ma che risultano di un fortissimo impatto emotivo nel loro contesto, portandosi dietro importanti riflessioni e andando a costituire una seria minaccia per le ghiandole lacrimali degli spettatori, che potrebbero trovarsi a piangere dal minuto 1 al minuto 50 di ogni episodio.
Non è il tipo di storia che esaspera il dramma con pianti greci a tutti i costi, ma, del resto, a Il marito di mio fratello non servono chissà quali effetti speciali per arrivare al cuore dei suoi spettatori (e lettori, originariamente). Gli basta un sorriso dei suoi personaggi, un’inquadratura degli stessi intenti a consumare un pasto insieme o a scambiarsi battute scherzose, la messa in scena di tutti quei rituali, formule, piccoli gesti tipici della cultura giapponese e che, trasposti in uno sceneggiato dal vivo, aiutano a rendere ancor più veri questi personaggi a cui è così facile affezionarsi nonostante la breve durata della serie.

Merito della solidissima sceneggiatura originale, ma anche e soprattutto degli attori, che hanno dato una straordinaria tridimensionalità ai personaggi cartacei. Certo, è facile riuscirci quando si deve raccontare una storia di vita quotidiana priva di elementi troppo particolari, ma i personaggi del drama sembrano proprio usciti dalle pagine del fumetto.

La piccola Kana, interpretata dalla giovanissima Maharu Nemoto, è allegra, curiosa ed estremamente naturale. Ride, scherza, gioca, piange, si arrabbia, fa domande e commenti con estrema innocenza.
Sua madre, Natsuki, interpretata da una bellissima Yuri Nakamura (Sakuran), è un personaggio più secondario all’interno della narrazione, ma risulta comunque piacevolissimo e un pelo più approfondito rispetto al manga: una donna spigliata, acuta, intelligente, il cui rapporto col marito è sereno e fatto di battute scherzose e di una grande fiducia reciproca, nonostante la situazione non rosea vissuta in passato.
E’ lei, del resto, ad aprire gli occhi al protagonista su una delle più grandi verità raccontate da questa storia: l’importanza dei sentimenti e dei legami che intercorrono tra le persone sta nella loro semplice esistenza, non nel nome che viene dato loro.

Yaichi, interpretato da un grandissimo Ryuta Sato (Full Metal Alchemist), è praticamente identico a com’è nel manga. Il vero e proprio protagonista della storia, che accompagna lo spettatore per tutti e tre gli episodi con le sue riflessioni, i suoi dubbi, la sua crescita personale. E’ il personaggio che più si “racconta” con tutti i suoi problemi: ha perso l’affetto dell’amato fratello a causa dei suoi pregiudizi, ha perso la moglie e adesso si trova, da solo, a crescere una figlia piccola, interrogandosi su quale sia il modo più giusto per renderla un’adulta felice.
Yaichi è il tipico uomo giapponese, abituato a nascondere i propri sentimenti anche se magari si mostra cortese e discreto con tutti, ma è proprio questa sua mancanza di coraggio e sincerità la causa della sua sofferenza, e gli servirà un omaccione sorridente venuto dall’estero per farglielo capire. Un personaggio adulto, che guarda con tristezza al passato e ai tanti errori commessi, magistralmente interpretato da un attore adulto, che gli dà un’impronta riflessiva ma anche tenera ed assai naturale. Degna di nota anche la doppia interpretazione di Ryuta Sato come Ryoji, in poche ma significative scene: abbastanza per dimostrare che, come giustamente detto in una delle prime scene, “anche se da fuori sono identici, ciò che hanno dentro è totalmente diverso”.

L’interpretazione di Mike era lo scoglio più grande da superare per la buona riuscita del drama: serviva un interprete straniero, per rimanere fedeli al personaggio originale e far sì che tutto quadrasse.
La scelta è caduta su Baruto Kaito (al secolo Kaido Hoovelson), ex lottatore di sumo estone diventato poi lottatore di MMA (dal 2019, è tornato in Estonia ed è stato eletto come membro del Riigikogu, il parlamento estone, con la missione di rinforzare i legami tra l'Estonia e il Giappone). E, in barba (ah ah!) a chi non credeva che uno sportivo potesse recitare, la scelta si è rivelata incredibilmente azzeccatissima.
Si distingue da quello del fumetto solo per lievissime differenze nella capigliatura e nello stile di abbigliamento (camicie da boscaiolo, gilet e tute da ginnastica al posto di camicie a maniche corte, t-shirt e pantaloncini alla zuava, ma, del resto, con le riprese effettuate in inverno è più che giusto), ma l’orsone canadese dal cuore tenero uscito dalla matita del maestro Tagame ci è stato restituito alla perfezione anche nella sua versione in carne ed ossa.

Enorme (arriva quasi al tetto della casa di Yaichi e deve sempre abbassarsi per passare dalle porte), robusto e peloso come un orso, eppure gentile, educato, buffo e tenerissimo in ogni sua espressione, Mike non è un personaggio facile, diviso com’è tra un carattere buono e allegro e una grande sofferenza che si porta dentro senza poterla esternare. Baruto Kaito ci regala un personaggio adorabile quanto e più quello del manga: un’espressività incredibile e una parlata tipicamente “da straniero” fatta di un giapponese scolastico, estremamente formale e rispettoso, e saltuarie espressioni in inglese qua e là.
Come nel manga, anche nello sceneggiato, è Mike il motore della storia e delle nostre emozioni. Non potremo fare a meno di volergli bene, di sorridere o piangere (o, perché no, entrambe le cose) in tutte le scene che lo riguardano.

Quella di Il marito di mio fratello è una storia bellissima: delicata, tenera, buffa e commovente.
Fa davvero piacere che sia diventata un ottimo drama televisivo, che abbia racimolato enormi consensi. Serie come questa, a poco a poco, forse apriranno una breccia nella rigidissima società nipponica, dove si guarda ancora un po’ con sospetto al “diverso” e dove è ancora oggi molto difficile riuscire ad esprimere in maniera chiara i propri sentimenti.
Tuttavia, Il marito di mio fratello non si rivolge al solo Giappone e anzi parla abbastanza chiaramente a un pubblico di qualsiasi nazionalità, sesso, etnia, età, orientamento sessuale: non giudicare mai dalle apparenze, non chiuderti mai nei tuoi pregiudizi, perché la tua vita potrebbe cambiare, nei modi, tempi e luoghi che meno t’aspetteresti.

Il maestro Gengoroh Tagame racconta una storia che parla d’amore, d’affetto, di famiglia, di quelle persone che magari ne fanno parte solo per breve tempo ma che lasciano un segno indelebile nella nostra vita, in maniera del tutto imprevista.
Ed è una storia che val davvero la pena di leggere, guardare, ascoltare, e vivere in prima persona.
Con un'unica controindicazione. Giungeremo alle ultime tavole del fumetto e alle ultime scene del drama con un senso di incredibile serenità, un enorme e sciocco sorriso dipinto sul volto, gli occhi bagnati di lacrime, e un’immensa, incontrollabile, voglia di raggiungere TUTTE le persone a cui vogliamo bene e dar loro un grosso abbraccio.

 

“Si chiama hug. E’ un modo per salutare
le persone a cui vogliamo tanto bene”


Otouto no Otto: Trailer completo