Tanto stretto quanto conflittuale e ambivalente il rapporto che per circa un secolo ha legato il Giappone e gli Stati Uniti, dallo sbarco delle Navi Nere del Commodoro Perry nella baia di Tokyo alla fine dell'occupazione americana.
Un rapporto che si è manifestato nei fatti storici, ma anche in svariati campi della vita sociale, come, ad esempio, lo sport.Famoso ed emblematico l'esempio del baseball: sport americano introdotto in Giappone alla fine dell'Ottocento, ha goduto negli anni di una popolarità enorme nel Sol Levante, tanto da diventarne il secondo sport nazionale e da riempirne gli stadi di tifosi che con intensa passione seguono perfino un campionato studentesco.
Meno noto, probabilmente perché meno esplorato nell'universo dei fumetti e dei cartoni animati, è il caso del pro-wrestling.
Sin dalla fine dell'Ottocento, questo genere di lotta molto popolare negli Stati Uniti ha catturato l'attenzione dei lottatori nipponici, fossero essi dediti al sumo o al judo, che hanno intrapreso all'estero i loro allenamenti in questa disciplina.
I primi, svariati, tentativi di portare il pro-wrestling in Giappone si sono rivelati, tuttavia, infruttuosi. Troppo chiuso nelle sue tradizioni, il Giappone, per aprirsi ad uno stile di lotta proveniente dall'Occidente.
Eppure, anche in questo caso, l'ambivalenza che da sempre caratterizza il Giappone, desideroso di essere alla pari dell'Occidente e di rivaleggiare con lui nei suoi stessi campi senza dimenticare la propria identità culturale, ha fatto sì che, in seguito all'occupazione americana, fra gli anni '50 e '60, il pro-wrestling trovasse finalmente la sua personale strada anche nel Sol Levante.
Padre spirituale del pro-wrestling nipponico è Mitsuhiro "Rikidozan" Momota (1924 - 1963), un ex lottatore di sumo coreano naturalizzato giapponese che si diede al pro-wrestling a partire dai primi anni '50. Fu lui, con i suoi incontri in cui combatté e vinse avversari di tutto il mondo e la costituzione, nel 1953, della Japan Pro Wrestling Alliance, la prima federazione nipponica, a dare al pro-wrestling giapponese la spinta di cui aveva bisogno. Un vero e proprio eroe nazionale, che diede un nuovo risvolto al rapporto fra Giappone e Stati Uniti con la sua vittoria sul mitico lottatore statunitense Lou Thesz, legato a lui da una profonda rivalità e stima reciproca.
Alla sua morte, nel 1963, Rikidozan lasciò un pro-wrestling ormai riconosciuto e amato anche in Giappone, pronto a crescere e a migliorare ancor di più grazie anche all'opera di tre promettenti allievi destinati a diventare leggenda: Kintaro Ohki, Kanji "Antonio" Inoki, Shohei "Giant" Baba.
L'Uomo Tigre (Tiger Mask), firmato da Ikki Kajiwara (uno degli pseudonimi di Asao "Rocky Joe" Takamori) e Naoki Tsuji, fa la sua comparsa sulle riviste a fumetti nel 1968, cinque anni dopo la morte del maestro Rikidozan, la cui eredità pesa ancora sul mondo del pro-wrestling nipponico.
E' un wrestling diverso, crudo, spartano, ancora lontano dallo spettacolo pacchiano, colorato ed appariscente della "Gimmick Era" del wrestling a stelle e strisce di qualche anno più tardi, che sarà, invece, alla base del più scanzonato Kinnikuman, manga realizzato dal duo Yudetamago a partire dal 1979.
Un wrestling che, ancora, non riesce a trovar bene la sua identità e che, come spesso accade nei manga di genere sportivo, rappresenta il sogno e la speranza di riprendersi dalle difficili condizioni economiche degli anni Sessanta e di dar gloria al proprio paese che ancora sente su di sé il peso della sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale. Ma il wrestling, abbiam detto, è una disciplina americana, e quindi il rapporto dei giapponesi con esso è ambiguo e ambivalente: da un lato c'è la voglia di primeggiare sugli stranieri; dall'altro, sono quegli stessi stranieri ad averli instradati a quello sport...
E' in questo scenario che si consuma l'epopea di Naoto Date alias Uomo Tigre (Tiger Mask), orfano cresciuto sin da bambino allo scopo di diventare un wrestler esperto e crudele, che decide di tagliare definitivamente i ponti con l'organizzazione criminale che lo allevò e combattere per dar voce ai sogni di tutti i piccoli orfani che, come lui da bambino, desideravano una vita migliore.
Perfettamente inquadrato nel suo tempo, Naoto è un eroe tragico e solitario, che sceglie di ribellarsi al suo destino, anche se questo lo condurrà ad una vita irta di ostacoli e sofferenze. Nessuno conosce il volto dietro a quella minacciosa maschera di tigre, nessuno conosce i tormenti che affliggono Naoto e che egli tiene per sé, trasformandoli nella forza che gli permette di andare avanti.
La maschera di tigre è il volto di una leggenda, nata sulla carta e passata all'animazione, facendo il giro dei canali televisivi e delle librerie di tutto il mondo, per poi arrivare perfino al pro-wrestling vero e proprio, grazie a numerosi lottatori, giapponesi e non, che l'hanno indossata portando sul ring il personaggio di Tiger Mask in diverse incarnazioni.
Più che un personaggio, l'Uomo Tigre è un eroe, un simbolo, un'icona, proprio come i wrestler reali, noti dappertutto per il personaggio che interpretano sul ring e/o col nome fittizio a lui associato (in quanti, fra voi che leggete queste righe, sapete il nome di battesimo di Hulk Hogan, Superstar Billy Graham, Big Show o Triple H?).
Leggere L'Uomo Tigre è come guardare un incontro di wrestling: salvo il protagonista Naoto e rarissimi altri casi, gli autori presentano i molti lottatori che calcheranno il loro ring di carta unicamente col volto dei personaggi che interpretano, quasi sempre quello del wrestler scorretto, del cattivone senza scrupoli assetato di sangue, del demone talmente violento da sembrar uscito dall'Inferno. Anche questi lottatori hanno un nome proprio, una storia, una famiglia e sono atleti preparati e competenti che hanno sogni non meno forti di quello di Naoto, ma questo aspetto non verrà mai esplorato.
Escludendo il tragico e complesso protagonista, sicuramente annoverato fra i migliori eroi della narrativa giapponese per ragazzi, i personaggi saranno caratterizzati in maniera semplice e stereotipata, senza risparmiarsi qualche punta di nazionalismo perfettamente figlia del suo tempo.
I wrestlers giapponesi, infatti, sono sempre dipinti come degli atleti disciplinati e corretti, che seguono i principi del loro maestro Rikidozan e lottano con abnegazione e lealtà, mentre i lottatori stranieri sono sempre dei buzzurri violentissimi, dei selvaggi, dei demoni sanguinari, degli avanzi di galera. Se sui wrestler di fantasia questo difetto si sente meno, si fa decisamente più disturbante quando entrano in gioco lottatori realmente esistiti, qui dipinti in maniera esagerata e fuorviante. Dubito, infatti, che Dory Funk Sr. picchiasse i figlioli perché giocavano ai cowboy e non alla lotta o che Freddie Blassie fosse un vampiro assetato di sangue uscito direttamente da un romanzo dell'orrore.
Poche le eccezioni, guardacaso principalmente coincidenti con wrestler stranieri che hanno più avuto a che fare col Giappone e i suoi lottatori, come Bruno Sammartino o Lou Thesz, elogiati come mitici esempi di forza e correttezza.
Va bene così, però. In fondo, L'Uomo Tigre è un fumetto per i bambini di diversi decenni fa ed è un fumetto che dal wrestling prende non solo l'ambientazione, ma anche i meccanismi. Poco importa dei volti dietro alle maschere, dei nomi e cognomi dietro ai personaggi. Quel che conta è l'emozione provata durante gli spettacolari incontri di questi lottatori, che vanno visti con gli occhi sognanti di un bambino più che con quelli cinici e disillusi di un adulto.
Eroi, simboli, icone, si diceva.
Certo, L'Uomo Tigre è un manga che ha diversi anni sulle spalle e che, dunque, porta con sé uno stile ormai obsoleto nel disegno e nella narrazione. Un protagonista odierno non lotterebbe mai da solo fra mille sofferenze, come fa Naoto, ma le condividerebbe con i suoi amici e compagni, ricevendo il loro aiuto nella lotta, come accade a Kinnikuman, l'altro grande wrestler dell'universo manga, e come accade allo stesso Naoto in una delle parti finali dell'opera, inaspettatamente moderna per il suo tempo di pubblicazione e molto diversa dallo stile con cui è narrato il resto del fumetto.
Lo stile di disegno di Naoki Tsuji è molto semplice, altalenante, sgraziato: i suoi wrestler hanno tutti un fisico tozzo e mai particolarmente esagerato nelle muscolature, i volti sono bambineschi e poco espressivi. Una semplicità che, tuttavia, rende perfettamente chiari e comprensibili i combattimenti, privi di guizzi particolari o di inquadrature complesse.
Quanto allo stile narrativo, non mancano diverse ingenuità figlie del loro tempo e del fatto che si cerca sempre di esagerare in pathos e drammaticità. Il risultato è duplice: si creano scene di gran pathos, ricche di emozioni, ma si cade anche, a volte, nel trash e nel ridicolo involontario (si veda quando Ruriko paragona l'Uomo Tigre, che lotta a rischio della vita per il bene dei bambini, a Gesù Cristo, crocifisso per espiare i peccati degli uomini, e parte una ventina di pagine di racconto a fumetti del Nuovo Testamento).
L'uomo Tigre – Tiger Mask viene riproposto in volumi da 440 pagine, in bianco e nero, in formato 11,5 x 17,5 cm, brossurati con sovraccoperta. Si tratta della bunko uscita in Giappone che prevede 2 volumi in 1 per un totale di 7, al prezzo di 14,90 euro ciascuno. Ogni volume inoltre proporrà, oltre a delle nuove copertine, anche del materiali extra inediti nel nostro paese: nel primo numero a parlare è Satoru Sayama, ovvero il primo Tiger Mask reale a combattere su un ring di wrestling.
Altra nota positiva di questa edizione è il fatto che sia stata fatta realmente, almeno stando al primo volume, una discreta opera di revisione dei dialoghi e dei vari nomi di tecniche e colpi. A farci ben sperare nella riuscita è la presenza nel team di revisori di Manuel Majoli, che oltre a essere un appassionato di wrestling, lo ha praticato in prima persona e ha fatto esperienze in tal senso anche in Giappone.
L'Uomo Tigre è un manga inequivocabilmente "vintage". Quello che, al tempo della pubblicazione, era un fumetto per ragazzi anche un po' commerciale che voleva farli divertire mettendo in scena incontri fra lottatori che al tempo erano conosciuti e sulla cresta dell'onda, oggi rimane più il documento storico di un'epoca che una storia ancora apprezzabile da tutti.
E' un fumetto per i bambini di un tempo che oggi sono cresciuti e, soprattutto, per gli appassionati di wrestling, che saranno felicissimi di ritrovare in questo manga diversi volti molto noti a chi segue questo sport in maniera seria e competente o magari molti idoli della loro infanzia.
Non gli mancano le ingenuità e i difetti e, perciò, difficilmente potrà ancora piacere a tutti come faceva un tempo, ma L'Uomo Tigre riesce a mantenere ancora oggi un grandissimo fascino ed è riuscito a toccarci un po' nel profondo, nonostante i decenni che ci separano dai suoi anni Sessanta degli orfanotrofi poverissimi e dei grandi eroi tragici dei fumetti, di Umanosuke Ueda e di Abdullah The Butcher.
I motivi sono tanti, differenti e anche un po' inspiegabili.
Forse per l'epoca dura e lontana in cui è ambientato; forse per il suo protagonista solitario e incrollabile, tormentato e dal carisma straordinario, che ci insegna, rischiando la sua stessa vita su un ring insanguinato, a non mollare mai di fronte alle avversità.
Forse perché il fumetto e il wrestling da sempre regalano sogni e l'unione delle due cose genera un sogno ancora più grande.
O, chissà, forse perché, leggendo, ci sembra di essere lì a bordo ring anche noi, piccoli Kenta col cuore che batte e gli occhi che brillano alla vista di quell'eroica maschera di tigre che rappresenta il simbolo di ciò che vorremmo essere nella vita.
I motivi sono tanti, differenti e anche un po' inspiegabili.
Forse per l'epoca dura e lontana in cui è ambientato; forse per il suo protagonista solitario e incrollabile, tormentato e dal carisma straordinario, che ci insegna, rischiando la sua stessa vita su un ring insanguinato, a non mollare mai di fronte alle avversità.
Forse perché il fumetto e il wrestling da sempre regalano sogni e l'unione delle due cose genera un sogno ancora più grande.
O, chissà, forse perché, leggendo, ci sembra di essere lì a bordo ring anche noi, piccoli Kenta col cuore che batte e gli occhi che brillano alla vista di quell'eroica maschera di tigre che rappresenta il simbolo di ciò che vorremmo essere nella vita.
L'uomo Tigre - Tiger Mask New Edition 1
Dalla fine degli anni 60 è nel cuore degli appassionati di manga e anime e negli anni 80 grazie alla serie animata diventa un mito in Italia. Nuova edizione composta da sette maxi-volumi con extra inediti per un’autentica pietra miliare del fumetto giapponese. Indossate il mantello e gettatevi nella mischia!
Data pubblicazione: 21/11/2024
Prezzo: 14,90 €
Prezzo: 14,90 €
Totale voti: 2 1 0
Altri Voti
Titolo | Prezzo | Casa editrice |
---|---|---|
L'uomo Tigre 1 | € 4.50 | Panini Comics |
L'uomo Tigre 2 | € 4.50 | Panini Comics |
L'uomo Tigre 3 | € 4.50 | Panini Comics |
L'uomo Tigre 4 | € 4.50 | Panini Comics |
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L'uomo Tigre 1 | € 9.30 | Salda Press |
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L'uomo Tigre 2 | € 9.30 | Salda Press |
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L'uomo Tigre 4 | € 9.30 | Salda Press |
L'uomo Tigre 5 | € 10.00 | Salda Press |
L'uomo Tigre 6 | € 10.00 | Salda Press |
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L'uomo Tigre - Tiger Mask New Edition 1 | € 14.90 | Panini Comics |
L'uomo Tigre - Tiger Mask New Edition 2 | € 14.90 | Panini Comics |
L'uomo Tigre - Tiger Mask New Edition 3 | € 14.90 | Panini Comics |
L'uomo Tigre - Tiger Mask New Edition 4 | € 14.90 | Panini Comics |
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Imperator
Inizia così la vicenda dell'Uomo Tigre che, arrivato dall'America, comincia a lottare in maniera spietata per seguire la legge della Tana delle Tigri, la scuola di lotta dove ha imparato tutto. Ma l'incontro con i vecchi amici di un tempo cambia le cose.
21/12/2024