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Eccomi a recensire un'opera dello Studio Ghibli, uno dei famosi capolavori tanto osannati dal pubblico medio: "Il castello errante di Howl", oppure "Hauru no Ugoku Shiro". La regia ha la firma del maestro Hayao Miyazaki (non mi dilungo nel rammentarlo, in quanto è quasi impossibile che non lo si conosca).
Va precisato che differisce da opere precedenti come "Laputa: il castello nel cielo" oppure "La città incantata", in quanto la sceneggiatura è tratta da un romanzo (omonimo dell'autrice britannica Diana Wynne Jones).

Come tutte le opere nate dal genio, summenzionato, Hayao Miyazaki, questa pellicola possiede un aspetto magico, quasi fiabesco, ma al contempo ha un retrogusto cupo ed esprime emozioni quasi opprimenti (come ad esempio ne "La città incantata").

Le immagini, tassativamente disegnate a mano, raccontano un mondo che, se non ci fossero i fatti a confermarlo, si penserebbe pensato e creato unicamente dal regista.

Come sempre non ci si perde in prologhi e noiose introduzioni, e ci si ritrova catapultati immediatamente nel tempo a cui appartiene la storia.
La storia ci racconta di Sophie, una giovane e dolce cappellaia, che in un giorno come tanti si ritrova a dover essere salvata da un misterioso e affascinante mago, meglio noto come Howl. Creduta una rivale in amore dall'orribile Strega delle lande desolate, viene maledetta ad essere un'anziana di novant'anni e a dover tener segreta la sua identità. Sophie, non potendo chiedere aiuto a nessuno e timorosa di non essere riconosciuta dalla sua famiglia, decide di scappare. Da qui vivrà una serie di rocamboleschi eventi che la porteranno a vivere nel castello dell'avvenente ma fin troppo narcisista Howl.

Bombe, magie, amori, gelosie e tanto altro in questi magici 119 minuti: ciò che entusiasma e che emoziona sono gli sviluppi psicologici dei vari personaggi, un frenetico e altalenante ritmo che denuderà alcune tra le più grandi debolezze umane.

Il reparto grafico è impeccabile. Il maestro non si smentisce mai.
La colonna sonora è curata da Youmi Kimura, ma soprattutto Joe Hisaishi, il cui nome è sinonimo di qualità ("Laputa: il castello nel cielo", "La città incantata" ecc.).

Il mio voto conclusivo è 8,5. Piacevole da vedere e rivedere, ma 119 minuti non raccolgono appieno l'essenza dell'opera originale.