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Nel 1998 venne trasmesso in Giappone, tra inizio luglio e la fine di settembre, il controverso anime fantascientifico “serial experiments lain”. Diretto da Ryūtarō Nakamura, scritto da Chiaki J. Konaka con il soggetto di Yoshitoshi ABe, dallo studio Triangle Staff, la coraggiosa impresa di parlare di temi importanti e complicati come la comunicazione, l’identità e la realtà prese forma attraverso l’uso delle vie del cyberpunk, la storia dell’informatica, le teorie di cospirazione e la filosofia. In soli tredici episodi dal formato classico di circa venti minuti la storia di Lain Iwakura, la giovane protagonista della vicenda, si districherà in un complesso viaggio in un mondo moderno con inquietanti tecnologie alternative e futuristiche che adesso, a venti anni di distanza, sono già realtà.

Trama: durante una classica notte rumorosa, piena di luci lampeggianti, in un città che assume tutto un altro volto quando il sole cala, una giovane studentessa delle medie, con rassegnata felicità, decide di suicidarsi buttandosi dall’ultimo piano di un palazzo e scuotendo così, per un attimo, gli animi delle persone.
Siamo a Tokyo e la notizia di una strana email inviata dalla ragazza che è morta si diffonde presto nella scuola media che Lain Iwakura frequenta. Lei però resta all’oscuro di tutto: non accende mai il suo NAVI (personal computer altamente avanzati che permettono una vasta connessione al Wired, un’alternativa versione di Internet) e dice di non capire molto di tecnologia. Incitata però dalle proprie compagne di classe, un giorno anche lei controlla la casella email e trova un messaggio che non dovrebbe esistere in quanto è stato scritto, in tempo reale, da un ragazza ormai morta.
Le giornate di Lain erano grigie, monotone e vuote. Sempre uguali, anche se terribilmente rumorose. Questa scoperta, fuori dall’ordinario, sembra darle un appiglio a cui aggrapparsi. Intenzionata a scoprire cosa sta succedendo, più per sé stessa che per il bene di qualcosa di superiore che lei nemmeno percepisce, chiede al padre un nuovo NAVI. Questo sarà per Lain solo l’inizio di un tortuoso viaggio in cerca della risposta alla domanda più grande: chi è Lain Iwakura?

Pubblicato nei primi anni 2000 dalla Dynamic Italia e Dynit in quattro VHS e quattro DVD, con un’ottima trasposizione in italiano, quest’opera mette alla prova lo spettatore fin dal primo episodio. Infatti ci troviamo catapultati in un mondo moderno pieno di luci e rumori tra cui sovrasta ogni cosa il ronzio dei pali elettrici che si vedono ovunque; fanno sempre da sfondo con la loro scura e intricata silhouette. Lain Iwakura ci viene presentata subito come una normale ragazzina di quattordici anni che va a scuola. Osserviamo lei compiere le azioni che probabilmente caratterizzano ogni sua giornata: esce di casa, percorre il viale a piedi, prende la metropolitana, arriva a scuola e prende il suo posto in classe, in un banco posto in prima fila, al centro. Non parla con nessuno e la sua espressione non muta mai. Sembra solo infastidita dal ronzio dei pali elettrici e dal farfugliare delle persone: un mondo rumoroso da cui lei è quasi completamente dissociata.
In effetti il primo episodio è totalmente concentrato sulla sua dissociazione: il mondo sembra mutare intorno a lei mentre cammina o si sposta da un posto a un altro, assumendo fattezze irreali (derealizzazione: quando ciò che ci circonda sembra appartenente a un sogno o comunque irreale). Quando è in classe non riesce a prestare attenzione alla lezione, le si sfoca la vista e il corpo diventa come un oggetto staccato dal suo essere (depersonalizzazione: quando una persona non percepisce correttamente il proprio corpo o parti del corpo, non si riconosce allo specchio e si sente come un robot o comunque qualcosa di artificiale). Questo primo episodio sarà quasi totalmente onirico, dove il confine tra realtà e sogno non è tangibile. Questa è la realtà di Lain, la vita che ogni giorno lei conduce, un’esistenza sconnessa dal mondo.
Siamo in Giappone, quando non c’era spazio per la propria identità e bisognava omologarsi per andare avanti, sperando di trovare un via d’uscita nella vita notturna o tramite il web. Ma qui questa pesante atmosfera è resa ancora peggiore di quanto fosse in realtà in quel periodo. Lain vive sottovuoto, e questo ci viene trasmesso anche da paesaggi e sfondi, volutamente delineati da colori con forti contrasti tra chiaro e scuro, come se l’intera vicenda fosse vissuta in una realtà virtuale, un ologramma di qualcosa che a nessuno è permesso sperimentare.

E finora ho parlato solo del primo episodio.
Se sopravvivete a questo, allora correte fino alla fine dell’intera serie.
Se invece avete faticato a finirlo oppure avete interrotto ancora prima di arrivare ai titoli di coda, avete due strade: lasciate perdere, non fa per voi, e non lo dico con cattiveria, davvero questo anime non è per tutti, da una parte fatico anche a definirlo un anime; oppure aspettate un po’ di tempo e riprovate daccapo.

“serial experiments lain” è un’opera pessimista dove la protagonista è un’antieroina che agisce solo per il proprio interesse. Attraverso la storia dell’informatica, le teorie del complotto, uno strano concetto di religione, la psicologia e la filosofia, seguiremo le impronte lasciate dai romanzi di Philip K. Dick, specialmente “Ubik” e “Le tre stimmate di Palmer Eldritch”, dove il distacco dalla realtà, i problemi d’identità e l’Iperrealtà la fanno da padroni.
La colonna sonora particolare, a tratti ipnotica, completeranno l’immersione in questo abisso pregno di umanità.
E noi, che siamo qui a vent’anni di distanza, possiamo vedere come tutto ciò, grazie ai social network, alla connessione totale e alle informazioni che corrono veloci nei nostri cervelli, sia divenuto realtà.
Come, anche molti anni prima, nei romanzi del grande Philip K. Dick, si era già palesato.