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Se avete qualche annetto come il sottoscritto e fate fatica a trovare piacevoli molte delle produzioni moderne, non potete lasciarvi sfuggire questo "Run with the Wind", una piccola perla preziosa con molti punti a favore, nonostante alcuni cliché che sottolineerò.

I protagonisti sono dieci studenti universitari (questa è già una bella novità rispetto ai soliti spokon) di un club di atletica chiuso da tempo e senza fondi. Uno dei due protagonisti, Haiji, il ragazzo più maturo e avveduto (quasi un Gary Stu), coltiva il sogno di riaprire il club e anche di partecipare a una difficilissima gara in cui corrono tutte le università del Paese. Nel corso degli anni ha radunato sotto allo stesso tetto (la palazzina del club usata come dormitorio) otto ragazzi, e l'occasione arriva quando incontra Kakeru, un autentico fuoriclasse, ma che incarna lo stereotipo del protagonista di molti anime di successo: si esprime a monosillabi, ha un caratteraccio, ha un forte conflitto interiore e delle ombre oscure nel suo passato che emergeranno ben presto.
Haiji con le buone e con le cattive convincerà i coinquilini ad allenarsi e a partecipare alle gare di qualifica. L'obiettivo è ambizioso, poiché iniziano ad allenarsi ad aprile e la gara si disputerà ai primi di gennaio dell'anno successivo. L'obiettivo non sarà solo la preparazione fisica e le gare di qualifica, ma anche la preparazione mentale, anzi motivazionale.

"Che senso ha correre? Qual è il senso della nostra impresa?" Queste sono le domande che si pongono spesso i protagonisti impegnati in un'impresa impari contro squadre di atletica molto più allenate della loro. Chi pratica jogging in solitaria, anche senza pretese, sa che i pensieri viaggiano e si riflette molto. Non tutte le motivazioni che si daranno cadranno nell'abusato tema dell'amicizia, ma ognuno avrà le sue piccole sfaccettature. Questo è uno degli aspetti che ho apprezzato di più dell'opera.
I caratteri dei dieci protagonisti sono tagliati con l'accetta, del resto non si può dare ampio spazio a tutti in soli ventitré episodi. Nonostante ciò ho apprezzato molto il tempo dedicato ad ognuno di essi durante la "staffetta" degli episodi finali.
E non ho potuto che commuovermi ed esultare "Eureka!" per uno spokon con un finale finalmente maturo e per nulla scontato, e una narrazione leggera ma non superficiale.
Anche l'unica ragazza presente per una volta non si innamora dei due protagonisti, ma guarda altrove.

Tra i punti a favore della storia narrata metto: la narrazione leggera, la ricerca delle motivazioni, l'attenzione ai particolari, il senso della misura negli aspetti e risultati agonistici (niente 'giapponesate'), l'età dei protagonisti, il mix ben assemblato di caratteri, dialoghi quasi sempre abbastanza buoni.
Tra i cliché: il carattere di Kakeru, il suo vecchio compagno testimone delle sue ombre che capita sempre a fagiolo, Haiji un po' troppo perfetto.

Il reparto grafico è fenomenale, per uno stile asciutto, con qualche infarcitura 3D, ma senza mai strafare. Mentre per le sigle, le due ending sono nettamente superiori alle due opening.

Cosa aggiungere di più, lo consiglio a tutti!