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È innegabile, lo Studio Deen ha fatto un lavoro straordinario nel realizzare questo film. In quegli anni, questo studio di animazione lavorava anche alla fortunata serie animata di "Lamù", icona popolarissima nel Giappone di quel decennio, e alla quale aveva lavorato lo stesso Mamoru Oshii precedentemente. Lo stesso Studio Deen avrebbe di lì a poco intrapreso la produzione di titoli quali "Maison Ikkoku" e "Ranma 1/2".

In "Tenshi no Tamago", il character design di Amano è supportato da una cura maniacale nella realizzazione dei fondali, delle espressioni e delle animazioni, queste ultime definite con gran precisione nonostante la generale lentezza, intrinseca alla natura di questo film. Per non parlare delle musiche, la cui registrazione coinvolse un'orchestra estremamente preparata. La colonna sonora è assai ispirata e suggestiva all'ascolto.
Da un punto di vista puramente rappresentativo questo film è inattaccabile, si nota pressoché immediatamente quanto fosse ingente il budget investito. Da questo punto di vista non ha nulla da invidiare alle pietre miliari Disney come "Bambi" e "Fantasia". Sicuramente per alcune persone può essere un film noioso, ma non credo che sia quello il problema più grave di questo lungometraggio.

Per come concepisco io l'arte, il primo grave errore commesso in questo film è che "Tenshi no Tamago" non è fatto per nessuno. Oshii non ha pensato a questo film come a un racconto né come a un messaggio da esprimere e trasmettere nei confronti di qualcuno. Sembra uno schizzo su tela fatto solo per il pittore stesso, disorientato, il quale cerca di ritrovare la propria strada e guarda sé stesso allo specchio, esercitandosi qua e là in riflessioni esistenziali assai acute e profonde, ma senza mettere insieme i pezzi in alcun modo, o meglio senza far convergere tali riflessioni in una ben definita direzione e conferire alla sua creazione un senso compiuto. Arte significa esprimersi, ed esprimersi significa stabilire un contatto con chi ti ascolta. Ma in questo film, Mamoru Oshii sta balbettando tra sé e sé.
Quel che viene rappresentato è in due parole un futuro distopico. Ma "1984" di Orwell era un'opera di denuncia, ed era dotata di un carattere ben definito. Oshii invece sembra, con "Tenshi no Tamago", sprofondare a più riprese nel puro nichilismo, nell'anti-arte. Infatti l'arte distrugge per costruire, mentre l'anti-arte distrugge per distruggere. Ecco il secondo grave errore che a mio avviso è stato commesso, nel proporre un film come questo agli spettatori. Tra le altre cose il ruolo dell'artista consiste, a mio modo di vedere, nello stimolare sanamente e costruttivamente l'immaginazione delle persone. Perché non importa in cosa si creda o non si creda, la nostra necessità è quella di creare un futuro nel quale possiamo soffrire di meno e vivere più felici. Persino Leopardi, il poeta del "pessimismo cosmico", afferma - nel suo celebre componimento intitolato "La Ginestra" - la necessità di associazione tra esseri umani per potersi riscattare dalla nostra condizione misera e precaria. Persino Schopenhauer, impropriamente definito filosofo pessimista sia dal mondo cristiano della sua epoca che da quello contemporaneo, non considerava affatto il suicidio come una soluzione per l'uomo.

Forse chi ha vissuto le stesse esperienze di Oshii può in qualche modo entrare in sintonia con gli stati d'animo espressi in questo suo lungometraggio, ma allo spettatore non passerà alcun messaggio che lo stimoli a superare queste condizioni interiori. Non tutti se ne accorgono, ma "Galaxy Express 999" di Leiji Matsumoto, altro titolo dai toni fortemente distopici, è una storia di formazione e di crescita nella sua estrema drammaticità, per ammissione esplicita dell'autore. È questo che manca a "Tenshi no Tamago".
Il messaggio che passa a visione terminata è il non-sense, il dramma di vivere, di morire e di rinascere, ma soprattutto l'inquietudine esistenziale. Non basta. Gli esseri umani non possono continuare a vivere fermandosi a questo.
Ma certo è che "L'uovo dell'angelo" non ha avuto successo, era inevitabile, ed è un bene che sia andata così.