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Attenzione la recensione contiene lievi spoiler

Senza ombra di dubbio ci troviamo di fronte al capolavoro assoluto di Isao Takahata.
Personalmente lo metto tra le prime cinque posizioni della mia classifica dei film anime più belli di sempre. Le tematiche affrontate dalla pellicola sono truci (la guerra vista e vissuta sulla pelle di un bambino) e Takahata le affronta senza la minima concessione alla mielosità, alla teatralità e all'happy ending, solo la realtà nuda e cruda, che si mostra nei grandi e piccoli particolari disseminati nella storia. Magnifico. Dal punto di vista tecnico, è in linea coi livelli standard dei film di animazione per sala cinematografica di quei tempi (1988), è inferiore non solo al successivo film dello Studio Ghibli del 1989 (Kiki), ma anche al precedente del 1986 (Laputa). Questo perché in quell'anno le risorse economiche e umane dello Studio furono divise in due per la produzione sia di questo film che di quello di Miyazaki (Totoro). Personalmente comunque questa è una cosa che si nota poco ed è totalmente secondaria alle vette artistiche raggiunte dalla storia, dalla sceneggiatura, dallo storyboard, dalla regia e dalla delineazione dei personaggi.