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Tanto tempo fa ho letto altre storie di questo autore (Mohiro Kito): mi riferisco a Le ali di Vendermaire che ho trovato sufficiente e Narutaru che ho trovato molto buono.
Con queste premesse sentendo molto lodare Bokurano alla fine l’ho rintracciato e letto.
Bokurano: Il nostro gioco.
È un seinen i cui protagonisti sono dei bambini/ragazzini che vengono indotti a firmare un accordo, per loro è solo un gioco.. sarà il gioco della vita chi glielo ha proposto non gli ha detto niente delle regole: le regole sono due, se perdono il pianeta Terra e i suoi abitanti verranno spazzati via, la seconda è che si daranno il cambio al comando del robot perché dopo ogni combattimento il pilota muore: la macchina infatti si muove assorbendo la forza vitale di chi lo guida.
Le basi dunque sono ottime per una storia a tratti disturbante come Narutaru con dei personaggi posti davanti ad una morte che li può raggiungere fra poche ore o pochi giorni, per i più fortunati coloro che sono scelti per ultimi si parla di settimane…
E qui che mi tocca rimproverare Kito i personaggi accettano tutti di morire senza fare troppe storie e la loro vita all’inizio (finché non si saprà che sono i piloti del robot accusato di distruggere e uccidere nei combattimenti) sono sempre uguali.
Alla fine loro e i loro genitori diventano una sorta di nemici pubblici in quanto il governo non spiega ai giapponesi il perché della lotta.
La lotta è fra universi paralleli e nemmeno io ho capito bene il perché ma su tutte le Terre possibili si sono scatenati gli scontri fra due rappresentanze del pianeta e quelle di un altra dimensione: i terrestri del pianeta il cui robot viene sconfitto verranno uccisi.
Capite come può essere psicologicamente conturbante dunque indagare la mente e la vita dei personaggi che si trovano in questa situazione?
Il senso di soffocamento, la paura di perdere e condannare tutto un pianeta, la vergogna di vincere una sfida che comporta la fine per 10 miliardi di persone…
Pensate come si possono sondare i traumi famigliari dei personaggi coinvolti, il bullismo di cui qualcuno di questi tredicenni è vittima, la violenza sessuale su minori, le incomprensioni da ricucire prima della fine.
Insomma il potenziale è infinito e Kito che in Narutaru aveva creato un buon prodotto qui non rispetta tutte queste aspettative.
Forse io non capisco lo spirito giapponese del sacrificio ma mi suona strano vedere questi quindici ragazzini non ribellarsi. Certo poi sarebbero morti comunque ma il fatto che solo una di loro si decida a vendicarsi per gli abusi subiti mi sorprende. Il fatto che i genitori non piangano saputo della condanna che pende sui figli mi sembra irreale.
Il fatto che presi in custodia dall’esercito non chiedano ricompense e stanno li ad aspettare la morte… dì che vuoi andare a Disneyland!
Insomma da una buona base di partenza non si è andati molto lontano: storia caruccia che si differenza per l’assenza di dramma da Evangelion e in cui i robot (dal mecha tutt’altro che straordinario) sono solo una piccola appendice.
Voto? Sei.