Recensione
Fa uno strano effetto quando ti trovi in mezzo a una folla che all’unisono incensa un’opera che invece ai tuoi occhi, al di la delle belle animazioni, appare normalissima o persino mediocre. E ancor più strano quando, a un certo punto, trovi inaspettatamente un aspetto interessante ma si tratta di qualcosa di totalmente diverso rispetto a ciò che sta facendo esaltare la folla.
(questa recensione contiene spoiler come se non ci fosse un domani)
Per spiegarmi, partirò dal titolo. Anzi, meglio ancora, dal sottotitolo.
“Troppe eroine sconfitte!”
(orig. “Too Many Losing Heroines!”)
In effetti è pertinente, ne convengo. Le protagoniste indiscusse di questa storia sono infatti tre ragazze accomunate dal fatto di venire via via rifiutate dal loro rispettivo ragazzo dei sogni. Questa circostanza, ben lungi dall’essere un mero antefatto, rappresenta il filo conduttore romance di tutta la serie fino alla fine, origine di pianti, confessioni accorate, corse a perdifiato, melodrammatici discorsi su come in fondo la vita continui e possa avere, forse, ancora un senso di essere vissuta nonostante questa immane tragedia le abbia afflitte.
Povere eroine! Meritereste un personaggio principale bello come il sole che vi asciughi le lacrime e vi consoli guardandovi negli occhi, facendovi arrossire le gote, con uno scontato suono Tu-Tum! in sottofondo. In effetti qualcuno accanto a voi ci sarebbe pure ma è ben lungi dall’essere il principe azzurro che meritate. Dovete infatti accontentarvi di Nukumizu.
“chicazzè Nukumizu?”
Niente… si, niente. E’ solo quel miserevole ragazzo beta sfigato, sempre disponibile e gentile, che vi offre la spalla su cui piangere, si sforza di trovare le giuste parole di conforto, ascolta i vostri sfoghi su quanto vi fa soffrire il fighetto che vi piace, vi offre cibo e favori, vi scarrozza ovunque, vi accompagna al parco all’incontro col fighetto e poi vi aspetta all’uscita per un’ora, zitto zitto, per riaccompagnarvi a casa, visto che ormai si è fatto buio. Insomma quell’essere insignificante li, che per voi non è neppure un essere umano.
Ora io non vorrei essere troppo pignolo però, se dobbiamo dirla tutta, l’intera storia viene vista prevalentemente dal suo punto di vista, e la voce interiore che ascoltiamo è la sua, dunque forse un minimo di accenno, un minimo, questo poveraccio se lo meriterebbe.
Allora direi di aggiungere, come secondo sottotitolo, il titolo dell’ultimo episodio:
“Non è che in realtà sono solo un personaggio piatto e di sfondo che compare nell'ultima puntata al fianco dell'eroina sconfitta?”
(orig. “Am I Actually Just Some Unseasoned Rando Who Drops in for the Last Episode with the Losing Heroine?”)
Ecco si, questo rende maggiore giustizia a Nukumizu. D’altra parte è la descrizione dell’immagine di copertina della serie: tre ragazze carine in primo piano che si fanno un selfie, eroine che vivono pienamente la propria adolescenza tra gioie e dolori, sogni d’amore e delusioni. E sullo sfondo, che le guarda da lontano, lui: fac-simile di uomo, emblema dello sfigato schiavetto, professione “friendzone”, inidoneo alla felicità.
Ok, così è più completo, ma onestamente non ho mai sopportato i titoli lunghissimi, fanno tanto Lina Wertmüller, per cui sintetizzerò il tutto in:
“Diario di uno zerbino”
E’ di questo che parliamo. Ed è questa l’unica cosa interessante che, a un certo punto, sono riuscito a trovare in questo cartone, fin li mediocre come storia e personaggi.
Il protagonista è uno zerbino.
Si, quel tappetino brutto, sporco, sgualcito che teniamo fuori dalla porta, incuranti del fatto che sia soggetto al vento, al gelo e alle intemperie. Quello su cui, qualche volta, il cane del vicino ci caga pure sopra. Quello che ci fa schifo toccare con le dita ma che imperterrito sta sempre li ad aspettarci, sulla soglia di casa, accogliendoci con un “welcome” quando torniamo e che sfruttiamo per pulirci alla buona la suola delle scarpe, prima di entrare in casa e dimenticarcene.
Ognuno di noi nella vita di tutti i giorni conosce qualche zerbino: a scuola, a lavoro, ce n’è sempre qualcuno. Il mondo vero ne è pieno, ma il mondo degli anime no. Solitamente infatti gli anime, le romcom in particolare, fanno dell’irrealtà, la norma. La storia classica di una romcom è quella in cui il protagonista è un ragazzo bruttarello ed emarginato che fa innamorare di sè la ragazza più figa e popolare della scuola (o addirittura, nel caso degli harem, più di una). Sappiamo tutti che si tratta di fantascienza pura, nella realtà una cosa del genere non succede MAI, ma continuiamo imperterriti a guardare le romcom perché in fondo ci piacciono le favole, è bello immedesimarsi e illudersi che, almeno nella fantasia, storie irreali come quella possano accadere.
Con Makeine ritroviamo tutte le solite coordinate di una romcom. La storia presenta infatti la solita preparazione di un tipico harem, con un improbabile protagonista introverso che improvvisamente, dopo una vita intera passata in solitaria senza uno straccio di amico (figuriamoci di una ragazza), si ritrova a frequentare tante belle ragazze contemporaneamente. Ovviamente il tutto scandito dai tipici topoi del genere, clichè a manetta, scene ecchi cringe e inverosimili, belle ragazze che gli cadono addosso con le tette sulla faccia, equivoci forzatissimi, adulti idioti più infantili dei ragazzini. E’ dunque alquanto banale, roba vista mille volte, ma bene infiocchettata da ottime animazioni.
La cosa strana, e in qualche modo originale, è che però l’harem a conti fatti non si concretizza mai. E’ vero che Nukumizu è li, in mezzo alle gnocche, ma nessuna di esse si interessa a lui in senso romantico. Noi ci aspettiamo che succeda, lo diamo per scontato essendo una romcom, eppure passano le puntate e i flirt non arrivano mai. Lui continua ad essere solo l’amico che le sostiene, il facchino che porta i loro fardelli, l’asessuato cui confidano i loro patemi d’amore, il pungiball con cui si sfogano, il beta provider che paga loro il pranzo, ma che se per caso si facesse strane idee facendosi avanti riceverebbe il classico “scusa ma per me sei solo un amico”, perché quelle saranno pure eroine ma solamente per i loro manzi, mentre Nukumizu... suvvia, siamo seri.
Ecco, quando verso la metà della serie ho cominciato a sospettare che si andasse in quella direzione ho soppresso le mie tentazioni di drop e mi è venuta la curiosità di scoprire come andava a finire, perché in effetti un cartone in cui il protagonista rimane zerbino fino alla fine, senza redenzione finale, non l’ho mai visto. E’ stato questo, e solo questo, a donargli un interesse.
Tuttavia in una situazione del genere te la giochi tutta nel finale, bisogna vedere se hai il coraggio di tenere il punto fino alla fine, e purtroppo qui mi pare che di coraggio non ce ne sia stato abbastanza. Innanzitutto perché il finale, seppur ambiguo, fa sospettare che in realtà alla fine della fiera Nukumizu una possibilità con la protagonista ce la possa avere, il che fa decadere tutto. Inoltre tutto il percorso manca di drama rispetto a Nukumizu: lui sembra troppo atarassico, come se fosse davvero disinteressato all’amore. Nel mondo reale, invece, gli zerbini delle illusioni se le fanno eccome, pur essendo palesemente senza speranza essi si convincono che la bella profumiera prima o poi dovrà pur notare la loro famigerata “bellezza interiore”, cosa che ovviamente non accadrà mai portandoli inevitabilmente a soffrire. Insomma, se il tema fosse stato davvero l’amara vita dello zerbino, si poteva fare molto di più, renderlo più realistico e drammatico rispetto a Nukumizu, farlo soffrire anziché mostrarcelo come una specie di monaco zen.
Al di la di tutta la faccenda zerbinaggio, non c’è tanto altro degno di nota in Makeine. L’ho trovato in generale abbastanza noioso e a tratti anche pretenzioso. Le scene, come detto, sono piene di clichè, quando cercano di essere divertenti non si ride mai, mentre quando virano sul drama sono così melodrammatiche da risultare patetiche.
Inoltre mi ha infastidito il modo pretestuoso con cui (specie nelle prime puntate) cercava di darsi un tono autoironico: capita infatti che a volte Nukumizu, con il suo dialogo interiore, sottolinei a noi spettatori che una certa scena o un certo personaggio sono un clichè del genere romcom. La sensazione che mi ha dato però è di una paraculata, un tentativo a buon mercato di sembrare più intelligente di quanto non sia, di fare effetto sugli spettatori inducendoli a pensare che pur mostrando dei clichè, lo si fa per fare ironia su di essi. Ma la vera ironia deve essere tagliente, colpire nel segno del suo obiettivo, mostrarne il ridicolo. Questa invece spara a salve, limitandosi a frasette del tipo “visto che non c’è un personaggio principale che ti insegua, dovrai accontentarti di uno secondario!” buttate li, e via di clichè. Insomma con la scusa di fare ironia sui clichè, seguono i clichè per filo e per segno.
Per quanto riguarda i personaggi, non sono riuscito a instaurare una connessione emotiva con nessuno di essi, mi sono stati tutti sulle scatole:
- Nukumizu in quanto insopportabile zerbino, come già detto.
- Anna, la main girl, è una fastidiosissima profumiera: la tipica ragazza svampita, stronzetta e scroccona che risulta però a tutti adorabile per il solo fatto che madre natura l’ha fatta nascere bella. La classica tipa che si circonda di galoppini a cui non gliela darà mai, gliela fa solo annusare, sicchè quei fessi inebriati dal profumo le faranno ogni genere di favore.
- Chika è una ragazza con ansia sociale. Come personaggio sarebbe anche discreto però il suo arco è stato esasperante a causa della sua autocommiserazione allucinante e quel suo modo di parlare a mugugni e balbettii continui che dava sui nervi.
- Lemon è in fondo la meno fastidiosa. Inizialmente mi irritava per la sua totale idiozia, nonché per la scena cringe del ripostiglio, ma l’arco dedicato a lei è stato alla fine quello più semplice e gradevole da seguire.
I personaggi secondari sono forse ancora più fastidiosi dei principali, in quanto totalmente irrealistici. Prendete ad esempio il personaggio di Yumeko, una delle componenti del consiglio studentesco: una specie di lobotomizzata che più o meno in ogni puntata compare a buffo per un minuto, seminuda, con le tette che quasi le escono dal vestito, gli occhi fuori dalle orbite e che dice frasi sconnesse a mò di zombie. Che mi rappresenta questo personaggio fuori da ogni logica? Cos’è, un simbolo? La personificazione dell’ecchi senza senso delle romcom?
Per non parlare delle due insegnanti che fanno sempre e solo allusioni sessuali, invitano i propri studenti minorenni a fare sesso in infermeria (!) o spiano gli alunni con cimici e microspie. Facessero almeno ridere…
Dal punto di vista tecnico invece, come detto, il lavoro è stato ottimo, nulla da dire. Bei disegni, bei fondali, belle animazioni. Giusto le sigle non sono granchè.
Conclusione: una romcom come tante altre, non merita assolutamente tutto il clamore che l’ha circondata.
Da un punto di vista oggettivo non è brutta ma neanche così bella o originale, e nemmeno divertente. Per apprezzarla bisogna guardarla così, senza eccessive aspettative. Tuttavia personalmente, per i vari aspetti menzionati, l’ho trovata pretenziosa e ipocrita pertanto il mio giudizio non può farle raggiungere la sufficienza.
(questa recensione contiene spoiler come se non ci fosse un domani)
Per spiegarmi, partirò dal titolo. Anzi, meglio ancora, dal sottotitolo.
“Troppe eroine sconfitte!”
(orig. “Too Many Losing Heroines!”)
In effetti è pertinente, ne convengo. Le protagoniste indiscusse di questa storia sono infatti tre ragazze accomunate dal fatto di venire via via rifiutate dal loro rispettivo ragazzo dei sogni. Questa circostanza, ben lungi dall’essere un mero antefatto, rappresenta il filo conduttore romance di tutta la serie fino alla fine, origine di pianti, confessioni accorate, corse a perdifiato, melodrammatici discorsi su come in fondo la vita continui e possa avere, forse, ancora un senso di essere vissuta nonostante questa immane tragedia le abbia afflitte.
Povere eroine! Meritereste un personaggio principale bello come il sole che vi asciughi le lacrime e vi consoli guardandovi negli occhi, facendovi arrossire le gote, con uno scontato suono Tu-Tum! in sottofondo. In effetti qualcuno accanto a voi ci sarebbe pure ma è ben lungi dall’essere il principe azzurro che meritate. Dovete infatti accontentarvi di Nukumizu.
“chicazzè Nukumizu?”
Niente… si, niente. E’ solo quel miserevole ragazzo beta sfigato, sempre disponibile e gentile, che vi offre la spalla su cui piangere, si sforza di trovare le giuste parole di conforto, ascolta i vostri sfoghi su quanto vi fa soffrire il fighetto che vi piace, vi offre cibo e favori, vi scarrozza ovunque, vi accompagna al parco all’incontro col fighetto e poi vi aspetta all’uscita per un’ora, zitto zitto, per riaccompagnarvi a casa, visto che ormai si è fatto buio. Insomma quell’essere insignificante li, che per voi non è neppure un essere umano.
Ora io non vorrei essere troppo pignolo però, se dobbiamo dirla tutta, l’intera storia viene vista prevalentemente dal suo punto di vista, e la voce interiore che ascoltiamo è la sua, dunque forse un minimo di accenno, un minimo, questo poveraccio se lo meriterebbe.
Allora direi di aggiungere, come secondo sottotitolo, il titolo dell’ultimo episodio:
“Non è che in realtà sono solo un personaggio piatto e di sfondo che compare nell'ultima puntata al fianco dell'eroina sconfitta?”
(orig. “Am I Actually Just Some Unseasoned Rando Who Drops in for the Last Episode with the Losing Heroine?”)
Ecco si, questo rende maggiore giustizia a Nukumizu. D’altra parte è la descrizione dell’immagine di copertina della serie: tre ragazze carine in primo piano che si fanno un selfie, eroine che vivono pienamente la propria adolescenza tra gioie e dolori, sogni d’amore e delusioni. E sullo sfondo, che le guarda da lontano, lui: fac-simile di uomo, emblema dello sfigato schiavetto, professione “friendzone”, inidoneo alla felicità.
Ok, così è più completo, ma onestamente non ho mai sopportato i titoli lunghissimi, fanno tanto Lina Wertmüller, per cui sintetizzerò il tutto in:
“Diario di uno zerbino”
E’ di questo che parliamo. Ed è questa l’unica cosa interessante che, a un certo punto, sono riuscito a trovare in questo cartone, fin li mediocre come storia e personaggi.
Il protagonista è uno zerbino.
Si, quel tappetino brutto, sporco, sgualcito che teniamo fuori dalla porta, incuranti del fatto che sia soggetto al vento, al gelo e alle intemperie. Quello su cui, qualche volta, il cane del vicino ci caga pure sopra. Quello che ci fa schifo toccare con le dita ma che imperterrito sta sempre li ad aspettarci, sulla soglia di casa, accogliendoci con un “welcome” quando torniamo e che sfruttiamo per pulirci alla buona la suola delle scarpe, prima di entrare in casa e dimenticarcene.
Ognuno di noi nella vita di tutti i giorni conosce qualche zerbino: a scuola, a lavoro, ce n’è sempre qualcuno. Il mondo vero ne è pieno, ma il mondo degli anime no. Solitamente infatti gli anime, le romcom in particolare, fanno dell’irrealtà, la norma. La storia classica di una romcom è quella in cui il protagonista è un ragazzo bruttarello ed emarginato che fa innamorare di sè la ragazza più figa e popolare della scuola (o addirittura, nel caso degli harem, più di una). Sappiamo tutti che si tratta di fantascienza pura, nella realtà una cosa del genere non succede MAI, ma continuiamo imperterriti a guardare le romcom perché in fondo ci piacciono le favole, è bello immedesimarsi e illudersi che, almeno nella fantasia, storie irreali come quella possano accadere.
Con Makeine ritroviamo tutte le solite coordinate di una romcom. La storia presenta infatti la solita preparazione di un tipico harem, con un improbabile protagonista introverso che improvvisamente, dopo una vita intera passata in solitaria senza uno straccio di amico (figuriamoci di una ragazza), si ritrova a frequentare tante belle ragazze contemporaneamente. Ovviamente il tutto scandito dai tipici topoi del genere, clichè a manetta, scene ecchi cringe e inverosimili, belle ragazze che gli cadono addosso con le tette sulla faccia, equivoci forzatissimi, adulti idioti più infantili dei ragazzini. E’ dunque alquanto banale, roba vista mille volte, ma bene infiocchettata da ottime animazioni.
La cosa strana, e in qualche modo originale, è che però l’harem a conti fatti non si concretizza mai. E’ vero che Nukumizu è li, in mezzo alle gnocche, ma nessuna di esse si interessa a lui in senso romantico. Noi ci aspettiamo che succeda, lo diamo per scontato essendo una romcom, eppure passano le puntate e i flirt non arrivano mai. Lui continua ad essere solo l’amico che le sostiene, il facchino che porta i loro fardelli, l’asessuato cui confidano i loro patemi d’amore, il pungiball con cui si sfogano, il beta provider che paga loro il pranzo, ma che se per caso si facesse strane idee facendosi avanti riceverebbe il classico “scusa ma per me sei solo un amico”, perché quelle saranno pure eroine ma solamente per i loro manzi, mentre Nukumizu... suvvia, siamo seri.
Ecco, quando verso la metà della serie ho cominciato a sospettare che si andasse in quella direzione ho soppresso le mie tentazioni di drop e mi è venuta la curiosità di scoprire come andava a finire, perché in effetti un cartone in cui il protagonista rimane zerbino fino alla fine, senza redenzione finale, non l’ho mai visto. E’ stato questo, e solo questo, a donargli un interesse.
Tuttavia in una situazione del genere te la giochi tutta nel finale, bisogna vedere se hai il coraggio di tenere il punto fino alla fine, e purtroppo qui mi pare che di coraggio non ce ne sia stato abbastanza. Innanzitutto perché il finale, seppur ambiguo, fa sospettare che in realtà alla fine della fiera Nukumizu una possibilità con la protagonista ce la possa avere, il che fa decadere tutto. Inoltre tutto il percorso manca di drama rispetto a Nukumizu: lui sembra troppo atarassico, come se fosse davvero disinteressato all’amore. Nel mondo reale, invece, gli zerbini delle illusioni se le fanno eccome, pur essendo palesemente senza speranza essi si convincono che la bella profumiera prima o poi dovrà pur notare la loro famigerata “bellezza interiore”, cosa che ovviamente non accadrà mai portandoli inevitabilmente a soffrire. Insomma, se il tema fosse stato davvero l’amara vita dello zerbino, si poteva fare molto di più, renderlo più realistico e drammatico rispetto a Nukumizu, farlo soffrire anziché mostrarcelo come una specie di monaco zen.
Al di la di tutta la faccenda zerbinaggio, non c’è tanto altro degno di nota in Makeine. L’ho trovato in generale abbastanza noioso e a tratti anche pretenzioso. Le scene, come detto, sono piene di clichè, quando cercano di essere divertenti non si ride mai, mentre quando virano sul drama sono così melodrammatiche da risultare patetiche.
Inoltre mi ha infastidito il modo pretestuoso con cui (specie nelle prime puntate) cercava di darsi un tono autoironico: capita infatti che a volte Nukumizu, con il suo dialogo interiore, sottolinei a noi spettatori che una certa scena o un certo personaggio sono un clichè del genere romcom. La sensazione che mi ha dato però è di una paraculata, un tentativo a buon mercato di sembrare più intelligente di quanto non sia, di fare effetto sugli spettatori inducendoli a pensare che pur mostrando dei clichè, lo si fa per fare ironia su di essi. Ma la vera ironia deve essere tagliente, colpire nel segno del suo obiettivo, mostrarne il ridicolo. Questa invece spara a salve, limitandosi a frasette del tipo “visto che non c’è un personaggio principale che ti insegua, dovrai accontentarti di uno secondario!” buttate li, e via di clichè. Insomma con la scusa di fare ironia sui clichè, seguono i clichè per filo e per segno.
Per quanto riguarda i personaggi, non sono riuscito a instaurare una connessione emotiva con nessuno di essi, mi sono stati tutti sulle scatole:
- Nukumizu in quanto insopportabile zerbino, come già detto.
- Anna, la main girl, è una fastidiosissima profumiera: la tipica ragazza svampita, stronzetta e scroccona che risulta però a tutti adorabile per il solo fatto che madre natura l’ha fatta nascere bella. La classica tipa che si circonda di galoppini a cui non gliela darà mai, gliela fa solo annusare, sicchè quei fessi inebriati dal profumo le faranno ogni genere di favore.
- Chika è una ragazza con ansia sociale. Come personaggio sarebbe anche discreto però il suo arco è stato esasperante a causa della sua autocommiserazione allucinante e quel suo modo di parlare a mugugni e balbettii continui che dava sui nervi.
- Lemon è in fondo la meno fastidiosa. Inizialmente mi irritava per la sua totale idiozia, nonché per la scena cringe del ripostiglio, ma l’arco dedicato a lei è stato alla fine quello più semplice e gradevole da seguire.
I personaggi secondari sono forse ancora più fastidiosi dei principali, in quanto totalmente irrealistici. Prendete ad esempio il personaggio di Yumeko, una delle componenti del consiglio studentesco: una specie di lobotomizzata che più o meno in ogni puntata compare a buffo per un minuto, seminuda, con le tette che quasi le escono dal vestito, gli occhi fuori dalle orbite e che dice frasi sconnesse a mò di zombie. Che mi rappresenta questo personaggio fuori da ogni logica? Cos’è, un simbolo? La personificazione dell’ecchi senza senso delle romcom?
Per non parlare delle due insegnanti che fanno sempre e solo allusioni sessuali, invitano i propri studenti minorenni a fare sesso in infermeria (!) o spiano gli alunni con cimici e microspie. Facessero almeno ridere…
Dal punto di vista tecnico invece, come detto, il lavoro è stato ottimo, nulla da dire. Bei disegni, bei fondali, belle animazioni. Giusto le sigle non sono granchè.
Conclusione: una romcom come tante altre, non merita assolutamente tutto il clamore che l’ha circondata.
Da un punto di vista oggettivo non è brutta ma neanche così bella o originale, e nemmeno divertente. Per apprezzarla bisogna guardarla così, senza eccessive aspettative. Tuttavia personalmente, per i vari aspetti menzionati, l’ho trovata pretenziosa e ipocrita pertanto il mio giudizio non può farle raggiungere la sufficienza.