Le bizzarre avventure di JoJo: Stardust Crusaders
Sono passati diversi anni da quando il leggendario Joseph Joestar, in un susseguirsi di assurdi, iperbolici colpi di scena, accompagnato da improbabili, ed eccentrici compagni, finì per confrontarsi con la minaccia ultima e assoluta, i famigerati “uomini del Pilastro”. Dagli strascichi di quel duello micidiale prenderà forma una nuova, favolosa avventura che vedrà come protagonisti, ancora una volta, la famiglia Joestar e compagni.
Maschere che tramutano esseri umani in vampiri, antichi semidei che paiono spogliarellisti aztechi in gonnellini succinti e una mitologia folle e oscura: molto tempo è trascorso e tante cose sono cambiate, ma i pericoli non sono certo svaniti... forze nefaste e diaboliche covano in segreto, accrescendo il loro rancore e generando creature terribili e spaventose, invero note a pochi: è il 1987, e in Egitto, esattamente al Cairo, si sta per verificare qualcosa di davvero spaventoso.
Protagonista e nuovo “Jo-Jo” di questo terzo arco narrativo (seconda tranche animata) è Jotaro Kujo, diciassettenne duro, tenebroso, teppista spigoloso e inizialmente irrequieto, che per qualche strano motivo ha deciso di farsi rinchiudere in una delle celle nella centrale di polizia a Tokyo, e ora non vuole più andarsene! Sostiene di essere stato posseduto da un fantasma, o forse uno strano demone oscuro, capace di nuocere indistintamente alle persone che ha intorno. Il destino vuole che, proprio il giorno di questa singolare bizzarria, a Tokyo giunga niente poco di meno che Joseph Joestar, nonno di Jotaro (!), e, come ci si poteva immaginare, ben al corrente di ciò che sta passando il nipote.
Araki, dopo i primi due archi narrativi che sapevano di antico, intrisi d’un retrogusto gotico atipico e discordante, decide di aggiungere l’elemento che, da qui in avanti e in modo definitivo, distinguerà “Le bizzarre avventure di Jojo” più di ogni altro fattore: gli “Stand”, ovvero manifestazioni spirituali del carattere e della forza combattiva di chi li possiede. Essi possono assumere qualsiasi forma o aspetto, ma sovente hanno sembianze antropomorfe che ricordano bizzarri esseri umani, anche se in realtà non esiste una regola che li contraddistingua; uno “Stand” è strettamente collegato al proprio portatore e i suoi tratti distintivi si rifanno ad esso. Dotati talvolta di forza sovrumana o di peculiari poteri caratteristici, intraprendono direttamente gli scontri, le battaglie e le lotte all’ultimo sangue al posto dei protagonisti. Questo stretto legame spirituale fa sì che i “portatori” debbano manovrarli esercitando una volontà combattiva, condividendone per altro sensazioni, percezioni e danni subiti. Ebbene sì: un cambio di narrazione che rimescola le carte in tavola e trasforma il prodotto in qualcosa di più fresco e innovativo, una visione marziale ulteriormente evoluta e incredibilmente apprezzata dai fan di tutto il mondo.
“Stardust Crusaders” ricalca le epiche, scioccanti orme di “Battle Tendency”, raccogliendo senza vergogna quel retrogusto di trash sconsiderato e quasi imbarazzante che tanto abbiamo amato, rimodellandolo su nuovi standard e inasprendolo a livelli di una divertente vena demenziale mai vista prima. Hiroiko Araki rielabora il cattivo gusto e lo humor nonsense proposti precedentemente con ancor più disagio e follia, strappando allo spettatore genuine risate e un sincero disgusto per alcune situazioni che definire grottesche sarebbe ben poco.
Come le avventure di Jonathan e (soprattutto) Joseph ci hanno insegnato, gli elementi trash s’intrecciano benissimo con la trama principale e talvolta risultano addirittura funzionali ad essa. Molto più longeva delle precedenti, “Stardust Crusaders” rivela la sua vera natura sin dalle prime battute: non una storia compassata dove il male si focalizza ed emerge pian piano, bensì una corsa forsennata verso la meta, una sorta di “Giro del mondo” da completare in cinquanta giorni anziché ottanta. Dal Giappone all’Egitto, meta finale Il Cairo, attraversando praticamente tutta l’Asia meridionale. Una persona cara da salvare, una missione impossibile da compiere, una schiera di nemici grotteschi, pericolosissimi e imprevedibili: ecco che il mitico, eroico, intelligente Joseph Joestar, divenuto ormai anziano - più simile a un Indiana Jones fuori di testa che allo strafottente spaccone a cui eravamo abituati - organizza questa ardua, rischiosa traversata per giungere alla meta. Come in ogni viaggio che si rispetti, i comprimari si riveleranno elementi fondamentali e variegati, spesso di buon cuore e ricchi di sorprese: Polnareff, Avdol, Kakyoin e Iggy, personaggi che, se amate il trend e il gusto di Araki, rimarranno senza dubbio nel vostro cuore.
Durante lo scorrere dell’opera, due sostanziali differenze si evincono con naturale chiarezza: la prima è che il prodotto si sia definitivamente evoluto in uno “shonen beat’em up” a tutti gli effetti, ricco di colpi ad effetto e micidiali power up capaci di ribaltare la sorte dei duelli. Non che prima ne fosse esente, ma in “Stardust Crusaders” tali caratteristiche assumono contorni ben delineati, e con l’inserimento degli Stand la componente marziale si acuisce in maniera estrema. Il ritmo della storia è totalmente differente da quello dei due capitoli precedenti; spesso affannoso, un rapido susseguirsi di colpi di scena, avvenimenti inaspettati e stravolgimenti di fronte costellato di ben poche pause.
La seconda è, come accennato poc’anzi, la durata: addirittura quarantotto episodi. Tale costruzione permette di inserire numerosi avversari, molteplici flashback che parlino del passato dei protagonisti, una infinita quantità di gag demenziali e momenti comici, ma al tempo stesso è forse l’unico vero punto debole di tutta la struttura: a volte si ha l’impressione che ci si dilunghi troppo, e alcuni elementi - anche a caldo - rallentano eccessivamente la narrazione, quando invece il plot che l’autore ci comunica vuole essere incalzante e stringente, una vera e propria corsa contro il tempo. Tolti due o tre episodi anonimi e di misera attrattiva, il resto dell’opera risulta ad ogni modo eccellente.
La trasposizione animata del capolavoro di Araki riflette perfettamente le emozioni e il caotico mondo degli Stand cartacei, invisibile a chi non li possiede, potere che prende definitivamente il posto delle ormai desuete Onde Concentriche (Hamon), e che si rivelerà imprevedibile, devastante e sempre mutevole.
In “Stardust Crusaders”, “Le bizzarre avventure” divengono ancor più bizzarre. Per aver la meglio sui nemici, i cinque protagonisti dovranno dare fondo a tutte le loro risorse fisiche e mentali, ingegnandosi in strategie fra l’assurdo e l’audace, sia coraggiose che ridicole al tempo stesso (e sia Joseph, maestro di espedienti, che suo nipote Jotaro e compagni si dimostreranno molto abili in questo).
Tassative, anche stavolta, una gran quantità di citazioni e riferimenti a gruppi musicali, film di Hollywood e momenti storici: Araki non si tira indietro e dipinge un nuovo, mirabolante, esplosivo quadro di adrenalina e follia che inizialmente mostra alti e bassi, ma nella seconda metà si irrobustisce e sfoggia una granitica potenza narrativa, crescendo di episodio in episodio, stordendo lo spettatore in un finale spettacolare, tragico ed epico al tempo stesso. Un nemico tanto crudele quanto storico sta per tornare... come si potrà mai arginare il potere de “Il Mondo”?
Graficamente lo stile cambia ancora, provando ancor più ad attenersi all’originale manga, e, probabilmente, migliorando lo stile, meno confusionario e più nitido. Colori sgargianti, outfit privi di logica e pose fra l’imbarazzante e l’assurdo deliziano lo spettatore sin da subito, ma è la colonna sonora che vola altissima grazie a tracce indimenticabili, opening da paura e soprattutto ending celebri riprese dagli anni settanta (“Walking like an Egyptian” delizia, ma “Last Train Home” dei Pat Metheny non la potrete più dimenticare).
Ancora una volta “Jojo” si permette d’intrattenere lo spettatore in modo originale ed esaltante, suggerendo risate, stupore, emozionando e sconvolgendo: un altro tassello della storia dei Joestar, forse non il migliore, ma sicuramente di alto livello.
Che dire? Imperdibile, soprattutto per i fan di Araki.
Maschere che tramutano esseri umani in vampiri, antichi semidei che paiono spogliarellisti aztechi in gonnellini succinti e una mitologia folle e oscura: molto tempo è trascorso e tante cose sono cambiate, ma i pericoli non sono certo svaniti... forze nefaste e diaboliche covano in segreto, accrescendo il loro rancore e generando creature terribili e spaventose, invero note a pochi: è il 1987, e in Egitto, esattamente al Cairo, si sta per verificare qualcosa di davvero spaventoso.
Protagonista e nuovo “Jo-Jo” di questo terzo arco narrativo (seconda tranche animata) è Jotaro Kujo, diciassettenne duro, tenebroso, teppista spigoloso e inizialmente irrequieto, che per qualche strano motivo ha deciso di farsi rinchiudere in una delle celle nella centrale di polizia a Tokyo, e ora non vuole più andarsene! Sostiene di essere stato posseduto da un fantasma, o forse uno strano demone oscuro, capace di nuocere indistintamente alle persone che ha intorno. Il destino vuole che, proprio il giorno di questa singolare bizzarria, a Tokyo giunga niente poco di meno che Joseph Joestar, nonno di Jotaro (!), e, come ci si poteva immaginare, ben al corrente di ciò che sta passando il nipote.
Araki, dopo i primi due archi narrativi che sapevano di antico, intrisi d’un retrogusto gotico atipico e discordante, decide di aggiungere l’elemento che, da qui in avanti e in modo definitivo, distinguerà “Le bizzarre avventure di Jojo” più di ogni altro fattore: gli “Stand”, ovvero manifestazioni spirituali del carattere e della forza combattiva di chi li possiede. Essi possono assumere qualsiasi forma o aspetto, ma sovente hanno sembianze antropomorfe che ricordano bizzarri esseri umani, anche se in realtà non esiste una regola che li contraddistingua; uno “Stand” è strettamente collegato al proprio portatore e i suoi tratti distintivi si rifanno ad esso. Dotati talvolta di forza sovrumana o di peculiari poteri caratteristici, intraprendono direttamente gli scontri, le battaglie e le lotte all’ultimo sangue al posto dei protagonisti. Questo stretto legame spirituale fa sì che i “portatori” debbano manovrarli esercitando una volontà combattiva, condividendone per altro sensazioni, percezioni e danni subiti. Ebbene sì: un cambio di narrazione che rimescola le carte in tavola e trasforma il prodotto in qualcosa di più fresco e innovativo, una visione marziale ulteriormente evoluta e incredibilmente apprezzata dai fan di tutto il mondo.
“Stardust Crusaders” ricalca le epiche, scioccanti orme di “Battle Tendency”, raccogliendo senza vergogna quel retrogusto di trash sconsiderato e quasi imbarazzante che tanto abbiamo amato, rimodellandolo su nuovi standard e inasprendolo a livelli di una divertente vena demenziale mai vista prima. Hiroiko Araki rielabora il cattivo gusto e lo humor nonsense proposti precedentemente con ancor più disagio e follia, strappando allo spettatore genuine risate e un sincero disgusto per alcune situazioni che definire grottesche sarebbe ben poco.
Come le avventure di Jonathan e (soprattutto) Joseph ci hanno insegnato, gli elementi trash s’intrecciano benissimo con la trama principale e talvolta risultano addirittura funzionali ad essa. Molto più longeva delle precedenti, “Stardust Crusaders” rivela la sua vera natura sin dalle prime battute: non una storia compassata dove il male si focalizza ed emerge pian piano, bensì una corsa forsennata verso la meta, una sorta di “Giro del mondo” da completare in cinquanta giorni anziché ottanta. Dal Giappone all’Egitto, meta finale Il Cairo, attraversando praticamente tutta l’Asia meridionale. Una persona cara da salvare, una missione impossibile da compiere, una schiera di nemici grotteschi, pericolosissimi e imprevedibili: ecco che il mitico, eroico, intelligente Joseph Joestar, divenuto ormai anziano - più simile a un Indiana Jones fuori di testa che allo strafottente spaccone a cui eravamo abituati - organizza questa ardua, rischiosa traversata per giungere alla meta. Come in ogni viaggio che si rispetti, i comprimari si riveleranno elementi fondamentali e variegati, spesso di buon cuore e ricchi di sorprese: Polnareff, Avdol, Kakyoin e Iggy, personaggi che, se amate il trend e il gusto di Araki, rimarranno senza dubbio nel vostro cuore.
Durante lo scorrere dell’opera, due sostanziali differenze si evincono con naturale chiarezza: la prima è che il prodotto si sia definitivamente evoluto in uno “shonen beat’em up” a tutti gli effetti, ricco di colpi ad effetto e micidiali power up capaci di ribaltare la sorte dei duelli. Non che prima ne fosse esente, ma in “Stardust Crusaders” tali caratteristiche assumono contorni ben delineati, e con l’inserimento degli Stand la componente marziale si acuisce in maniera estrema. Il ritmo della storia è totalmente differente da quello dei due capitoli precedenti; spesso affannoso, un rapido susseguirsi di colpi di scena, avvenimenti inaspettati e stravolgimenti di fronte costellato di ben poche pause.
La seconda è, come accennato poc’anzi, la durata: addirittura quarantotto episodi. Tale costruzione permette di inserire numerosi avversari, molteplici flashback che parlino del passato dei protagonisti, una infinita quantità di gag demenziali e momenti comici, ma al tempo stesso è forse l’unico vero punto debole di tutta la struttura: a volte si ha l’impressione che ci si dilunghi troppo, e alcuni elementi - anche a caldo - rallentano eccessivamente la narrazione, quando invece il plot che l’autore ci comunica vuole essere incalzante e stringente, una vera e propria corsa contro il tempo. Tolti due o tre episodi anonimi e di misera attrattiva, il resto dell’opera risulta ad ogni modo eccellente.
La trasposizione animata del capolavoro di Araki riflette perfettamente le emozioni e il caotico mondo degli Stand cartacei, invisibile a chi non li possiede, potere che prende definitivamente il posto delle ormai desuete Onde Concentriche (Hamon), e che si rivelerà imprevedibile, devastante e sempre mutevole.
In “Stardust Crusaders”, “Le bizzarre avventure” divengono ancor più bizzarre. Per aver la meglio sui nemici, i cinque protagonisti dovranno dare fondo a tutte le loro risorse fisiche e mentali, ingegnandosi in strategie fra l’assurdo e l’audace, sia coraggiose che ridicole al tempo stesso (e sia Joseph, maestro di espedienti, che suo nipote Jotaro e compagni si dimostreranno molto abili in questo).
Tassative, anche stavolta, una gran quantità di citazioni e riferimenti a gruppi musicali, film di Hollywood e momenti storici: Araki non si tira indietro e dipinge un nuovo, mirabolante, esplosivo quadro di adrenalina e follia che inizialmente mostra alti e bassi, ma nella seconda metà si irrobustisce e sfoggia una granitica potenza narrativa, crescendo di episodio in episodio, stordendo lo spettatore in un finale spettacolare, tragico ed epico al tempo stesso. Un nemico tanto crudele quanto storico sta per tornare... come si potrà mai arginare il potere de “Il Mondo”?
Graficamente lo stile cambia ancora, provando ancor più ad attenersi all’originale manga, e, probabilmente, migliorando lo stile, meno confusionario e più nitido. Colori sgargianti, outfit privi di logica e pose fra l’imbarazzante e l’assurdo deliziano lo spettatore sin da subito, ma è la colonna sonora che vola altissima grazie a tracce indimenticabili, opening da paura e soprattutto ending celebri riprese dagli anni settanta (“Walking like an Egyptian” delizia, ma “Last Train Home” dei Pat Metheny non la potrete più dimenticare).
Ancora una volta “Jojo” si permette d’intrattenere lo spettatore in modo originale ed esaltante, suggerendo risate, stupore, emozionando e sconvolgendo: un altro tassello della storia dei Joestar, forse non il migliore, ma sicuramente di alto livello.
Che dire? Imperdibile, soprattutto per i fan di Araki.
Probabilmente, se non avessi già visto la quarta serie “Diamond is Unbreakable”, il mio voto e il mio giudizio su questa serie, folle e singolare, sarebbero più alti.
L’idea degli Stand è stata una ‘genialata’ di Hirohiko Araki, che si sbizzarrisce a creare nemici e poteri tanto folli quanto funzionali alla storia, in un viaggio dal Giappone all’Egitto con combattimenti lungo il tragitto, con nemici infidi come l’impiccato o l’imperatrice (sì, nella prima parte gli Stand - i poteri - prendono il nome dalle carte dei tarocchi, però in molti casi io non ho capito la corrispondenza; in altri il legame è abbastanza comprensibile, come la forza, gli amanti, la ruota).
La prima serie del fumetto de “Le bizzarre avventure di JoJo” (“Phantom Blood”) è del 1986, i capitoli del manga che hanno dato vita a questa terza serie sono del 1989, e la musica, gli atteggiamenti (soprattutto le pose), il glamour è tutto anni 1980, con tanti riferimenti a cantanti dell’epoca, da Vanilla Ice a Al Yankovic.
Le voci dei personaggi sono azzeccate, e devo ammettere che i duelli sono ben fatti, spesso vinti con l’ingegno più che con la sola forza; l’unico per cui non ho trovato simpatia (fino alla tragica fine) è la mascotte che si unisce nel primo episodio di “Battle in Egypht” al gruppo, del resto sia i cinque eroi che i cattivi (spesso mossi nella prima parte per avidità e nella seconda per fedeltà al malvagio Dio) sono interessanti, e il mistero sui poteri degli avversari e su come sconfiggerli ti incollano per più di un episodio.
L’idea degli Stand è stata una ‘genialata’ di Hirohiko Araki, che si sbizzarrisce a creare nemici e poteri tanto folli quanto funzionali alla storia, in un viaggio dal Giappone all’Egitto con combattimenti lungo il tragitto, con nemici infidi come l’impiccato o l’imperatrice (sì, nella prima parte gli Stand - i poteri - prendono il nome dalle carte dei tarocchi, però in molti casi io non ho capito la corrispondenza; in altri il legame è abbastanza comprensibile, come la forza, gli amanti, la ruota).
La prima serie del fumetto de “Le bizzarre avventure di JoJo” (“Phantom Blood”) è del 1986, i capitoli del manga che hanno dato vita a questa terza serie sono del 1989, e la musica, gli atteggiamenti (soprattutto le pose), il glamour è tutto anni 1980, con tanti riferimenti a cantanti dell’epoca, da Vanilla Ice a Al Yankovic.
Le voci dei personaggi sono azzeccate, e devo ammettere che i duelli sono ben fatti, spesso vinti con l’ingegno più che con la sola forza; l’unico per cui non ho trovato simpatia (fino alla tragica fine) è la mascotte che si unisce nel primo episodio di “Battle in Egypht” al gruppo, del resto sia i cinque eroi che i cattivi (spesso mossi nella prima parte per avidità e nella seconda per fedeltà al malvagio Dio) sono interessanti, e il mistero sui poteri degli avversari e su come sconfiggerli ti incollano per più di un episodio.
"Le bizzarre avventure di JoJo" è una serie che parla delle avventure della famiglia Joestar, iniziate alla fine del diciannovesimo secolo con Jonathan Joestar e suo fratello adottivo, nonché suo nemico, Dio Brando. Dio Brando, grazie alla sua immortalità dovuta all'essere vampiro, riesce a sopravvivere fino al 1987, anno in cui il nipote di Jonathan, Joseph, parte col nipote Jotaro Kujo per un viaggio fino in Egitto, dove si trova Dio, per sconfiggerlo una volte per tutte. Questa idea della trama basata sul viaggio mi ha fatto apprezzare questo anime, il quale vanta anche un ottimo cast di personaggi, sia buoni sia cattivi, animazioni buone e un buon reparto musicale.
Questi sono i miei giudizi sui vari reparti sopracitati.
Trama: essa è molto semplice (Jotaro e compagni partono per un viaggio e durante questo incontrano vari nemici mandati da Dio per fermarli, finché non arrivano a Il Cairo dove inizia lo scontro con Dio), ma è apprezzabile per l'idea del viaggio.
Personaggi: ognuno dei Crusaders trova spazio all'interno di quest'opera, ma anche i nemici che trovano sulla loro strada sono personaggi che hanno il loro specifico carattere, e anche Dio è un personaggio degno di nota, che si fa riconoscere per la sua voglia di essere il più forte e potente.
Animazioni: la serie ha animazioni molto belle, che presentano uno stile unico, fatto a volte di cambi di colore degli oggetti, dei personaggi, di tutto quello che è presente in un dato momento.
Musiche: sigle di apertura memorabili e sigle di chiusura anch'esse belle (che sono canzoni degli anni '80), ma anche le altre varie musiche che compaiono nell'opera sono degne di nota.
Questo "JoJo" ha segnato il successo dell'opera, dato anche dall'introduzione di poteri detti Stand, manifestazioni dello spirito di una persona, che all'interno dell'opera sono tutti differenti per aspetto e potere.
Insomma, quest'opera che ha avuto successo come manga si ripresenta in forma animata in modo eccellente.
Questi sono i miei giudizi sui vari reparti sopracitati.
Trama: essa è molto semplice (Jotaro e compagni partono per un viaggio e durante questo incontrano vari nemici mandati da Dio per fermarli, finché non arrivano a Il Cairo dove inizia lo scontro con Dio), ma è apprezzabile per l'idea del viaggio.
Personaggi: ognuno dei Crusaders trova spazio all'interno di quest'opera, ma anche i nemici che trovano sulla loro strada sono personaggi che hanno il loro specifico carattere, e anche Dio è un personaggio degno di nota, che si fa riconoscere per la sua voglia di essere il più forte e potente.
Animazioni: la serie ha animazioni molto belle, che presentano uno stile unico, fatto a volte di cambi di colore degli oggetti, dei personaggi, di tutto quello che è presente in un dato momento.
Musiche: sigle di apertura memorabili e sigle di chiusura anch'esse belle (che sono canzoni degli anni '80), ma anche le altre varie musiche che compaiono nell'opera sono degne di nota.
Questo "JoJo" ha segnato il successo dell'opera, dato anche dall'introduzione di poteri detti Stand, manifestazioni dello spirito di una persona, che all'interno dell'opera sono tutti differenti per aspetto e potere.
Insomma, quest'opera che ha avuto successo come manga si ripresenta in forma animata in modo eccellente.
E' una serie strampalata e originale.
Non si può fare a meno di affezionarsi al team di eroi che si dipana lungo avventure assurde, ma cariche di tensione e sempre con una nota più o meno esplicita di ironia. Escluso Dio e forse con qualche eccezione, tutti gli avversari prima o poi arrivano a mostrare il loro lato ridicolo, cosa che diventa ancora più evidente di fronte all'imperturbabilità di Jojo (cosa che rende ancora più eclatanti le poche concessioni all'ironia... immaginate un Kenshiro che una volta ogni tanto se ne esce con qualche nota sarcastica... senza mai cambiare l'espressione seria però!). Intorno a lui un gruppo di compagni che in qualche modo invece si avvicina di più alla comicità degli avversari, ma che nonostante o per questo, porta comunque ad affezionarcisi.
Lo schema della trama, è vero, è abbastanza ripetitivo, ma nonostante questa ripetitività diventa inutile cercare di capire cosa succederà, le trovate applicate dall'autore nei vari scontri e avversarsi sono inimmaginabili e probabilmente fanno parte della forza della storia.
Prima ho citato Kenshiro e, per quel che riguarda la grafica, il paragone mi si poneva continuamente durante la visione, e forse in questo rimando ci sta una parte dell'attrattiva di questo anime (l'impressione di guardare un "Hokuto no Ken" che lascia spazio alla comicità mi è rimasto).
Opening ed ending azzeccatissime e originali.
Non si può fare a meno di affezionarsi al team di eroi che si dipana lungo avventure assurde, ma cariche di tensione e sempre con una nota più o meno esplicita di ironia. Escluso Dio e forse con qualche eccezione, tutti gli avversari prima o poi arrivano a mostrare il loro lato ridicolo, cosa che diventa ancora più evidente di fronte all'imperturbabilità di Jojo (cosa che rende ancora più eclatanti le poche concessioni all'ironia... immaginate un Kenshiro che una volta ogni tanto se ne esce con qualche nota sarcastica... senza mai cambiare l'espressione seria però!). Intorno a lui un gruppo di compagni che in qualche modo invece si avvicina di più alla comicità degli avversari, ma che nonostante o per questo, porta comunque ad affezionarcisi.
Lo schema della trama, è vero, è abbastanza ripetitivo, ma nonostante questa ripetitività diventa inutile cercare di capire cosa succederà, le trovate applicate dall'autore nei vari scontri e avversarsi sono inimmaginabili e probabilmente fanno parte della forza della storia.
Prima ho citato Kenshiro e, per quel che riguarda la grafica, il paragone mi si poneva continuamente durante la visione, e forse in questo rimando ci sta una parte dell'attrattiva di questo anime (l'impressione di guardare un "Hokuto no Ken" che lascia spazio alla comicità mi è rimasto).
Opening ed ending azzeccatissime e originali.
L'anime di "JoJo: Stardust Crusaders" è migliorato di molto nel chara e nella regia rispetto alle due serie precedenti; rivalutando il tutto, l'ho trovato molto bello, peccato per il chara copia e incolla di qualità inferiore rispetto alla controparte cartacea. Le opening sono molto belle e le ending anche (soprattutto la seconda ending); avevo detto che "Walk Like an Egyptian" era ridicola come ending, invece mi sono ricreduto: ripensadoci, è molto azzeccata, come il resto dell'anime.
In fin dei conti, la DavidProduction offre un copia e incolla del manga in un anime di qualità media inferiore al manga; lo consiglierei a chi non ha voglia di leggere il manga.
In fin dei conti, la DavidProduction offre un copia e incolla del manga in un anime di qualità media inferiore al manga; lo consiglierei a chi non ha voglia di leggere il manga.
<i>Se un giorno ti ricorderai di me
Come un treno che parte e arriva al volo
In qualunque posto tu sarai
A casa, sì, ti sentirai
Il treno parte e va...
Il last train home...</i>
(Pat Metheny & Pino Daniele, "Last Train Home", 1995)
Tra le tante saghe di JoJo firmate da Hirohiko Araki, la terza, "Stardust Crusaders", si è rivelata essere senza dubbio quella più famosa, amata e iconica, al punto che, per molti anni, è stata l'unica ad essere trasposta in animazione, in due serie OVA che ne narravano la storia a grandi linee. Il successo del rilancio di JoJo per il venticinquesimo anniversario, tramite una serie televisiva di ventisei episodi che narrava la storia delle prime due saghe ha reso inevitabile l'adattamento della terza, in una serie di quarantotto episodi trasmessa fra la primavera 2014 e l'estate 2015, che ha restituito a "Stardust Crusaders" tutto il fascino che aveva su carta, mostrando in TV un adattamento fedelissimo del manga originale, comprensivo di tutte le vicende e i combattimenti tagliati dai vecchi OVA.
La vita dello studente Jotaro Kujo viene sconvolta dal ritorno di un antico nemico della sua famiglia e dal risveglio di un misterioso potere nel suo corpo. Questo darà il via a una rocambolesca avventura in cui verrà coinvolto da suo nonno Joseph, protagonista di una delle precedenti saghe. Accompagnati da un gruppo di bizzarri personaggi (uno studente giapponese, uno spadaccino francese, un saggio egiziano e un cane straordinariamente umano) che si uniranno a loro in una missione comune, nonno e nipote partono alla volta dell'Egitto, in un viaggio ricco di imprevisti, adrenalina e scontri all'ultimo sangue.
La trama di base è molto semplice, così come lo è la struttura della serie, che vede i nostri eroi combattere contro i vari emissari del loro nemico nel tentativo di raggiungerne il covo.
Nonostante la semplicità della storia, "Stardust Crusaders" ben motiva il suo grande successo e il forte amore che i fan di JoJo provano nei suoi confronti, grazie a diversi elementi di grande fascino.
E' una storia dal ritmo serrato, ricchissima di combattimenti e battaglie, che non annoia mai, presentando ad ogni episodio un nuovo potere bizzarro, un nuovo nemico, un nuovo impedimento. Gli scontri sono tutti diversi uno dall'altro, grazie alla grandissima varietà di poteri che spesso e volentieri cambiano le carte (dei tarocchi) in tavola e offrono diversi tipi di scontri e atmosfere a seconda dei personaggi coinvolti. Raramente è la forza fisica a fare la differenza, quanto l'ingegno, le intuizioni, la fortuna, al punto che molto spesso gli scontri in cui Jotaro e compagni sono coinvolti non sono scazzottate o combattimenti, ma fughe o sfide d'ingegno. Si pensi alla parte finale dell'opera, dove fanno capolino alcuni degli scontri più avvincenti... e si tratta di sfide a giochi d'azzardo o ai videogiochi del Super Nintendo!
Il nostro gruppo di eroi è composto da personaggi piuttosto semplici caratterialmente, che puntano quasi tutto sul loro carisma, sull'estetica, sulle frasi a effetto, sui vestiti assurdi che indossano, sulla specificità dei loro poteri, piuttosto che su storie personali piuttosto elaborate.
Ciò non toglie che a Jotaro e compagni ci si affezioni con gran facilità e non sarà difficile notare un progressivo cambiamento nel modo in cui si relazionano tra loro man mano che prosegue il loro viaggio. Molto diversi per scopi e background, i nostri eroi imparano a convivere, a lottare insieme per lo stesso obbiettivo, a sacrificarsi l'uno per l'altro, fino ad arrivare al bellissimo finale dell'opera, dove l'amicizia che hanno cementato fra viaggi e battaglie viene suggellata da un virile e commovente abbraccio.
L'umorismo un po' volgarotto tipico dell'autore aiuta a completare il quadro e a rendere i personaggi simpatici allo spettatore, inserendo qua e là gag e uscite ad effetto a metà fra il pacchiano e l'esaltante.
"Stardust Crusaders" è la storia di un viaggio, e questo elemento è perfettamente esaltato dalla versione animata, che tratteggia con gran cura tutte le ambientazioni toccate dai nostri eroi nel loro cammino, senza lesinare scenari esotici, spiegazioni su monumenti, cibi, elementi culturali, usi e costumi e persino qualche bonario luogo comune. Viaggeremo dal Giappone all'India, passando per villaggi, città, deserti, montagne, mari, fino ad arrivare a un Egitto straordinariamente affascinante a cui sarà dedicata ben metà della serie, con una particolare attenzione per la resa delle città, dei locali, dei templi, dei deserti e delle antiche divinità, che diventano un fondamentale elemento caratterizzante della storia.
La resa del manga originale è perfetta. Non sono state tagliate scene, personaggi o scontri, tutto è esattamente come Hirohiko Araki lo ha concepito. Anzi, l'adattamento animato è riuscito a impreziosire l'opera con qualche scenetta aggiuntiva che dona più calore ai personaggi o riesce a migliorare l'esperienza cartacea donando maggior divertimento o inquietudine allo spettatore.
Disturba un po', come fu per la serie precedente, la censura operata nell'edizione televisiva, che annerisce le scene più efferate o i momenti in cui il protagonista, che è minorenne anche se gli daresti almeno dieci anni in più, fuma la sigaretta. L'edizione home video ha ripristinato le scene originali togliendo la censura.
Un importante elemento caratterizzante del fascino e dell'essenza intrinseca di JoJo è il suo estremo citazionismo. Anche "Stardust Crusaders" non si risparmia citazioni cinematografiche ("Indiana Jones", "Duel, Christine: La macchina infernale", "Shining") ma soprattutto musicali: Enya, Oingo Boingo, Terence Trent D'Arby, Iggy Pop, Vanilla Ice, Mariah Carey, ZZTop sono solo alcuni dei moltissimi artisti, gruppi, album o titoli di canzoni citati più o meno esplicitamente nei nomi dei personaggi. Tanto stretto e importante è il rapporto fra questa serie e la musica che persino la trama e l'ambientazione sono state scelte perché Ronnie James Dio, il musicista che dà il nome al cattivo, ha nel suo repertorio una canzone chiamata "Egypt".
Come già per la serie precedente, anche stavolta l'adattamento televisivo di JoJo non si risparmia tutte le bizzarrie di cui l'estro di Hirohiko Araki ha dato prova, esasperandole con un ribaltamento di colori "in negativo" (che diventano quindi acidi o psichedelici) durante le scene clou, facendo un bizzarro contrasto coi colori vivaci e il realismo con cui sono dipinte le ambientazioni, coloratissime onomatopee svolazzanti di qua e di là e variopinti effetti di luce. Disturbano un po' gli innesti in computer grafica, che risaltano in negativo quando usati per creare oggetti, edifici o veicoli.
Lo stile di disegno ricalca quello, tipico degli shounen di combattimento degli anni '80, del manga originale, rendendolo più definito e gradevole: avremo quindi personaggi maschili dal fisico massiccio e dall'espressione arcigna e personaggi femminili il cui corpo è quello di una fascinosa top model.
Il doppiaggio tratteggia i personaggi in maniera molto efficace, senza risparmiarsi urla, gridolini, risate, tormentoni onomatopeici, parolacce. Un elogio particolare va al sempre bravissimo Unshou Ishizuka, che è riuscito, con la sua voce profonda e divertentissima, ad amplificare la simpatia di Joseph, il personaggio migliore della serie, rendendolo protagonista di siparietti esilaranti e indimenticabili.
Il rapporto di JoJo con la musica viene amplificato dall'adattamento animato, come già avvenuto con successo nella serie del 2012. Purtroppo, seppur piacevole, la colonna sonora orchestrata di "Stardust Crusaders" è un po' ripetitiva e non ha lo stile e la varietà di quella realizzata da Taku Iwasaki per la seconda saga. A parte qualche picco nelle ultime puntate, la colonna sonora strumentale di "Stardust Crusaders" fa il suo lavoro senza eccellere troppo.
Discorso diverso per le sigle. Le due opening sono canzoni adrenaliniche e ricche d'energia, a cui si accompagnano scene da videogioco (sono realizzate in 3D) che mostrano il viaggio dei nostri eroi, fra bivacchi notturni nel deserto e combattimenti con onomatopee svolazzanti.
La vera chicca della serie, sono, però, le due sigle finali. Se la serie del 2012 ci aveva incantato utilizzando "Roundabout" degli Yes, qui il palcoscenico viene ceduto alle Bangles e alla loro hit del 1986 "Walk like an Egyptian", che accompagnano la prima metà della serie. La scelta di questa canzone ha del geniale, data l'ambientazione della vicenda, e sentire, come sigla di un cartone animato, una canzone famosissima come questa fa un effetto strano e fantastico allo stesso tempo.
Per la seconda metà della serie, le musiciste americane lasciano il palcoscenico al chitarrista Pat Metheny e alla sua splendida "Last Train Home". Un celeberrimo brano del 1987, esclusivamente strumentale, i cui virtuosismi di chitarra elettrica evocano atmosfere malinconiche e suggestive, che si adattano in maniera straordinaria alle immagini del viaggio di Jotaro e compagni nella sigla finale, firmando uno splendido accompagnamento sonoro a una storia che, fra battaglie, combattimenti, fughe e drammi, è anche e soprattutto incentrata su una fortissima amicizia: si adattano stranamente bene all'opera e al suo finale le parole riportate in apertura, scritte dal compianto Pino Daniele per un'inedita versione con testo del brano di Pat Metheny, eseguito da entrambi i musicisti in una serie di concerti nel 1995.
La scelta di queste sigle particolari è stata accolta con grande entusiasmo, al punto che, nell'inverno 2015, è uscito, per il solo mercato giapponese, un disco che raccoglie "Last Train Home" e i maggiori successi di Pat Metheny, con Jotaro e compagni che campeggiano sulla copertina.
Una menzione speciale meritano, poi, le due ending a sorpresa che accompagnano alcuni episodi particolari: un vero spasso, sia come musica che come grafica.
Si può obbiettare a "Stardust Crusaders" che, dopo aver osato tantissimo nel corso del suo svolgimento, dopo aver giocato con la musica in più occasioni e aver esaltato lo spettatore con questi giochi come solo JoJo riesce a fare, si perda un po' proprio nelle ultimissime battute, senza una canzone particolare (eppure "Last Train Home", che ci sarebbe stata benissimo, l'avevano usata fino a un paio di puntate prima) ad accompagnare il bellissimo e simbolico finale.
Nella versione originale del manga l'elemento simbolico/musicale è evocato dalle note di "Get back" dei Beatles, canzone intrinsecamente legata alle origini e alla storia della serie ("Get back, Jojo. Go home. Get back to where you once belonged..."), che viene ascoltata al walkman da Joseph alla fine di ogni saga in cui compare. Mi è molto dispiaciuto non mantenere un elemento simbolico, o comunque non esaltare maggiormente l'elemento musicale, nel finale dell'anime, che, però, risulta splendido anche così come è stato raccontato, con l'unico dispiacere che non è ancora stata confermata o smentita una continuazione con l'adattamento della quarta saga del manga.
Quello proposto da "Stardust Crusaders" è un viaggio adrenalinico e bellissimo, che intrattiene, esalta e commuove, raccontandoci di avventure, di scontri, di eroi, di drammi, con un piglio totalmente folle. Fra paesaggi da sogno, combattimenti ricchi di trovate geniali, personaggi che bucano lo schermo col loro carisma e un continuo ed esaltante gioco alla citazione, che reinventa film, canzoni e artisti per creare una vicenda capace di inquietare, divertire, commuovere ed esaltare come poche altre al mondo, a "Stardust Crusaders" si perdonano anche i suoi difetti, come una struttura lineare e dei personaggi non troppo complessi.
Nella sua semplicità, "Stardust Crusaders" si dimostra una storia ancora molto attuale, capace di affascinare anche le generazioni che non hanno vissuto i testosteronici anni '80 e dunque non possono comprenderne le mille e più citazioni o la grande forza innovatrice che questa storia ebbe sulla cultura popolare del periodo della sua pubblicazione. Davanti alla potenza di scene come il fantastico scontro finale o a una serie che ancora una volta ci fa scoprire nuovi, bellissimi, brani musicali per ampliare la nostra collezione, però, tutto ciò non ha importanza.
La bizzarria e l'adrenalina di JoJo sono contagiose, e anche stavolta i loro colpi, rivolti al cuore di noi spettatori e scagliati con energia al grido di "Hora! Hora! Hora! Hora!", sono andati a segno.
Come un treno che parte e arriva al volo
In qualunque posto tu sarai
A casa, sì, ti sentirai
Il treno parte e va...
Il last train home...</i>
(Pat Metheny & Pino Daniele, "Last Train Home", 1995)
Tra le tante saghe di JoJo firmate da Hirohiko Araki, la terza, "Stardust Crusaders", si è rivelata essere senza dubbio quella più famosa, amata e iconica, al punto che, per molti anni, è stata l'unica ad essere trasposta in animazione, in due serie OVA che ne narravano la storia a grandi linee. Il successo del rilancio di JoJo per il venticinquesimo anniversario, tramite una serie televisiva di ventisei episodi che narrava la storia delle prime due saghe ha reso inevitabile l'adattamento della terza, in una serie di quarantotto episodi trasmessa fra la primavera 2014 e l'estate 2015, che ha restituito a "Stardust Crusaders" tutto il fascino che aveva su carta, mostrando in TV un adattamento fedelissimo del manga originale, comprensivo di tutte le vicende e i combattimenti tagliati dai vecchi OVA.
La vita dello studente Jotaro Kujo viene sconvolta dal ritorno di un antico nemico della sua famiglia e dal risveglio di un misterioso potere nel suo corpo. Questo darà il via a una rocambolesca avventura in cui verrà coinvolto da suo nonno Joseph, protagonista di una delle precedenti saghe. Accompagnati da un gruppo di bizzarri personaggi (uno studente giapponese, uno spadaccino francese, un saggio egiziano e un cane straordinariamente umano) che si uniranno a loro in una missione comune, nonno e nipote partono alla volta dell'Egitto, in un viaggio ricco di imprevisti, adrenalina e scontri all'ultimo sangue.
La trama di base è molto semplice, così come lo è la struttura della serie, che vede i nostri eroi combattere contro i vari emissari del loro nemico nel tentativo di raggiungerne il covo.
Nonostante la semplicità della storia, "Stardust Crusaders" ben motiva il suo grande successo e il forte amore che i fan di JoJo provano nei suoi confronti, grazie a diversi elementi di grande fascino.
E' una storia dal ritmo serrato, ricchissima di combattimenti e battaglie, che non annoia mai, presentando ad ogni episodio un nuovo potere bizzarro, un nuovo nemico, un nuovo impedimento. Gli scontri sono tutti diversi uno dall'altro, grazie alla grandissima varietà di poteri che spesso e volentieri cambiano le carte (dei tarocchi) in tavola e offrono diversi tipi di scontri e atmosfere a seconda dei personaggi coinvolti. Raramente è la forza fisica a fare la differenza, quanto l'ingegno, le intuizioni, la fortuna, al punto che molto spesso gli scontri in cui Jotaro e compagni sono coinvolti non sono scazzottate o combattimenti, ma fughe o sfide d'ingegno. Si pensi alla parte finale dell'opera, dove fanno capolino alcuni degli scontri più avvincenti... e si tratta di sfide a giochi d'azzardo o ai videogiochi del Super Nintendo!
Il nostro gruppo di eroi è composto da personaggi piuttosto semplici caratterialmente, che puntano quasi tutto sul loro carisma, sull'estetica, sulle frasi a effetto, sui vestiti assurdi che indossano, sulla specificità dei loro poteri, piuttosto che su storie personali piuttosto elaborate.
Ciò non toglie che a Jotaro e compagni ci si affezioni con gran facilità e non sarà difficile notare un progressivo cambiamento nel modo in cui si relazionano tra loro man mano che prosegue il loro viaggio. Molto diversi per scopi e background, i nostri eroi imparano a convivere, a lottare insieme per lo stesso obbiettivo, a sacrificarsi l'uno per l'altro, fino ad arrivare al bellissimo finale dell'opera, dove l'amicizia che hanno cementato fra viaggi e battaglie viene suggellata da un virile e commovente abbraccio.
L'umorismo un po' volgarotto tipico dell'autore aiuta a completare il quadro e a rendere i personaggi simpatici allo spettatore, inserendo qua e là gag e uscite ad effetto a metà fra il pacchiano e l'esaltante.
"Stardust Crusaders" è la storia di un viaggio, e questo elemento è perfettamente esaltato dalla versione animata, che tratteggia con gran cura tutte le ambientazioni toccate dai nostri eroi nel loro cammino, senza lesinare scenari esotici, spiegazioni su monumenti, cibi, elementi culturali, usi e costumi e persino qualche bonario luogo comune. Viaggeremo dal Giappone all'India, passando per villaggi, città, deserti, montagne, mari, fino ad arrivare a un Egitto straordinariamente affascinante a cui sarà dedicata ben metà della serie, con una particolare attenzione per la resa delle città, dei locali, dei templi, dei deserti e delle antiche divinità, che diventano un fondamentale elemento caratterizzante della storia.
La resa del manga originale è perfetta. Non sono state tagliate scene, personaggi o scontri, tutto è esattamente come Hirohiko Araki lo ha concepito. Anzi, l'adattamento animato è riuscito a impreziosire l'opera con qualche scenetta aggiuntiva che dona più calore ai personaggi o riesce a migliorare l'esperienza cartacea donando maggior divertimento o inquietudine allo spettatore.
Disturba un po', come fu per la serie precedente, la censura operata nell'edizione televisiva, che annerisce le scene più efferate o i momenti in cui il protagonista, che è minorenne anche se gli daresti almeno dieci anni in più, fuma la sigaretta. L'edizione home video ha ripristinato le scene originali togliendo la censura.
Un importante elemento caratterizzante del fascino e dell'essenza intrinseca di JoJo è il suo estremo citazionismo. Anche "Stardust Crusaders" non si risparmia citazioni cinematografiche ("Indiana Jones", "Duel, Christine: La macchina infernale", "Shining") ma soprattutto musicali: Enya, Oingo Boingo, Terence Trent D'Arby, Iggy Pop, Vanilla Ice, Mariah Carey, ZZTop sono solo alcuni dei moltissimi artisti, gruppi, album o titoli di canzoni citati più o meno esplicitamente nei nomi dei personaggi. Tanto stretto e importante è il rapporto fra questa serie e la musica che persino la trama e l'ambientazione sono state scelte perché Ronnie James Dio, il musicista che dà il nome al cattivo, ha nel suo repertorio una canzone chiamata "Egypt".
Come già per la serie precedente, anche stavolta l'adattamento televisivo di JoJo non si risparmia tutte le bizzarrie di cui l'estro di Hirohiko Araki ha dato prova, esasperandole con un ribaltamento di colori "in negativo" (che diventano quindi acidi o psichedelici) durante le scene clou, facendo un bizzarro contrasto coi colori vivaci e il realismo con cui sono dipinte le ambientazioni, coloratissime onomatopee svolazzanti di qua e di là e variopinti effetti di luce. Disturbano un po' gli innesti in computer grafica, che risaltano in negativo quando usati per creare oggetti, edifici o veicoli.
Lo stile di disegno ricalca quello, tipico degli shounen di combattimento degli anni '80, del manga originale, rendendolo più definito e gradevole: avremo quindi personaggi maschili dal fisico massiccio e dall'espressione arcigna e personaggi femminili il cui corpo è quello di una fascinosa top model.
Il doppiaggio tratteggia i personaggi in maniera molto efficace, senza risparmiarsi urla, gridolini, risate, tormentoni onomatopeici, parolacce. Un elogio particolare va al sempre bravissimo Unshou Ishizuka, che è riuscito, con la sua voce profonda e divertentissima, ad amplificare la simpatia di Joseph, il personaggio migliore della serie, rendendolo protagonista di siparietti esilaranti e indimenticabili.
Il rapporto di JoJo con la musica viene amplificato dall'adattamento animato, come già avvenuto con successo nella serie del 2012. Purtroppo, seppur piacevole, la colonna sonora orchestrata di "Stardust Crusaders" è un po' ripetitiva e non ha lo stile e la varietà di quella realizzata da Taku Iwasaki per la seconda saga. A parte qualche picco nelle ultime puntate, la colonna sonora strumentale di "Stardust Crusaders" fa il suo lavoro senza eccellere troppo.
Discorso diverso per le sigle. Le due opening sono canzoni adrenaliniche e ricche d'energia, a cui si accompagnano scene da videogioco (sono realizzate in 3D) che mostrano il viaggio dei nostri eroi, fra bivacchi notturni nel deserto e combattimenti con onomatopee svolazzanti.
La vera chicca della serie, sono, però, le due sigle finali. Se la serie del 2012 ci aveva incantato utilizzando "Roundabout" degli Yes, qui il palcoscenico viene ceduto alle Bangles e alla loro hit del 1986 "Walk like an Egyptian", che accompagnano la prima metà della serie. La scelta di questa canzone ha del geniale, data l'ambientazione della vicenda, e sentire, come sigla di un cartone animato, una canzone famosissima come questa fa un effetto strano e fantastico allo stesso tempo.
Per la seconda metà della serie, le musiciste americane lasciano il palcoscenico al chitarrista Pat Metheny e alla sua splendida "Last Train Home". Un celeberrimo brano del 1987, esclusivamente strumentale, i cui virtuosismi di chitarra elettrica evocano atmosfere malinconiche e suggestive, che si adattano in maniera straordinaria alle immagini del viaggio di Jotaro e compagni nella sigla finale, firmando uno splendido accompagnamento sonoro a una storia che, fra battaglie, combattimenti, fughe e drammi, è anche e soprattutto incentrata su una fortissima amicizia: si adattano stranamente bene all'opera e al suo finale le parole riportate in apertura, scritte dal compianto Pino Daniele per un'inedita versione con testo del brano di Pat Metheny, eseguito da entrambi i musicisti in una serie di concerti nel 1995.
La scelta di queste sigle particolari è stata accolta con grande entusiasmo, al punto che, nell'inverno 2015, è uscito, per il solo mercato giapponese, un disco che raccoglie "Last Train Home" e i maggiori successi di Pat Metheny, con Jotaro e compagni che campeggiano sulla copertina.
Una menzione speciale meritano, poi, le due ending a sorpresa che accompagnano alcuni episodi particolari: un vero spasso, sia come musica che come grafica.
Si può obbiettare a "Stardust Crusaders" che, dopo aver osato tantissimo nel corso del suo svolgimento, dopo aver giocato con la musica in più occasioni e aver esaltato lo spettatore con questi giochi come solo JoJo riesce a fare, si perda un po' proprio nelle ultimissime battute, senza una canzone particolare (eppure "Last Train Home", che ci sarebbe stata benissimo, l'avevano usata fino a un paio di puntate prima) ad accompagnare il bellissimo e simbolico finale.
Nella versione originale del manga l'elemento simbolico/musicale è evocato dalle note di "Get back" dei Beatles, canzone intrinsecamente legata alle origini e alla storia della serie ("Get back, Jojo. Go home. Get back to where you once belonged..."), che viene ascoltata al walkman da Joseph alla fine di ogni saga in cui compare. Mi è molto dispiaciuto non mantenere un elemento simbolico, o comunque non esaltare maggiormente l'elemento musicale, nel finale dell'anime, che, però, risulta splendido anche così come è stato raccontato, con l'unico dispiacere che non è ancora stata confermata o smentita una continuazione con l'adattamento della quarta saga del manga.
Quello proposto da "Stardust Crusaders" è un viaggio adrenalinico e bellissimo, che intrattiene, esalta e commuove, raccontandoci di avventure, di scontri, di eroi, di drammi, con un piglio totalmente folle. Fra paesaggi da sogno, combattimenti ricchi di trovate geniali, personaggi che bucano lo schermo col loro carisma e un continuo ed esaltante gioco alla citazione, che reinventa film, canzoni e artisti per creare una vicenda capace di inquietare, divertire, commuovere ed esaltare come poche altre al mondo, a "Stardust Crusaders" si perdonano anche i suoi difetti, come una struttura lineare e dei personaggi non troppo complessi.
Nella sua semplicità, "Stardust Crusaders" si dimostra una storia ancora molto attuale, capace di affascinare anche le generazioni che non hanno vissuto i testosteronici anni '80 e dunque non possono comprenderne le mille e più citazioni o la grande forza innovatrice che questa storia ebbe sulla cultura popolare del periodo della sua pubblicazione. Davanti alla potenza di scene come il fantastico scontro finale o a una serie che ancora una volta ci fa scoprire nuovi, bellissimi, brani musicali per ampliare la nostra collezione, però, tutto ciò non ha importanza.
La bizzarria e l'adrenalina di JoJo sono contagiose, e anche stavolta i loro colpi, rivolti al cuore di noi spettatori e scagliati con energia al grido di "Hora! Hora! Hora! Hora!", sono andati a segno.
Ci è voluto tanto, ma alla fine abbiamo avuto anche l'anime di "Stardust Crusaders", terza parte della saga della famiglia Joestar, protagonista de "Le bizzarre avventure di Jojo".
Oltre venticinque anni ci sono voluti. Infatti è stato per l'anniversario dei venticinque anni di pubblicazione del manga che è iniziata la trasposizione animata della storia dall'inizio fino a (per ora) questa terza serie. In verità, "Stardust Crusaders" aveva già ottenuto due adattamenti animati in formato OAV: il primo nel 1993, che raccontava solo il finale della saga, e poi nel 2000, con degli episodi che narravano solo l'inizio della suddetta saga.
I due anime, per quanto ben fatti e molto gradevoli, avevano il problema della breve durata e pertanto la narrazione era stata molto velocizzata e tagliuzzata. Ciò che veniva mostrato era appena un quarto di tutta la storia.
Per fortuna, con "Stardust Crusaders" del 2014 non c'è più questo problema.
Lo studio David Production, che aveva due anni prima realizzato l'anime relativo alle prime due saghe, torna con un budget evidentemente più sostanzioso per regalare ai fan di Jojo ben quarantotto episodi di anime. E il risultato è davvero soddisfacente sotto tutti i punti di vista.
Questa serie racconta del viaggio dal Giappone fino al Cairo, in Egitto, da parte di Joseph Joestar, l'indimenticato protagonista della seconda serie, e di suo nipote Jotaro Kujo, insieme ad altri alleati, con l'obbiettivo di eliminare definitivamente la minaccia rappresentata dal redivivo DIO.
Il punto di forza di "Stardust Crusaders" è che Araki ha abbandonato i combattimenti dove i personaggi si affrontavano con l'Hamon (Onde Concentriche nella versione italiana del manga) visti precedentemente, e ha invece creato gli "Stand", ovvero entità spirituali che combattono al fianco dei loro portatori, dotati di diversi poteri e legati alle loro anime, al punto che se vengono danneggiati, il colpo si ripercuote fisicamente sull'utilizzatore.
Lo staff aveva già dimostrato di avere una certa passione per il proprio lavoro, realizzando un anime che non potesse scontentare i fan, ma con "Stardust Crusaders" si sono superati. Ciò che hanno realizzato è quasi una trasposizione 1 a 1 da manga a anime. Stesse scene, stesse inquadrature, stesse angolazioni, stessi dialoghi.
Non per questo però hanno fatto un lavoro di copia e incolla, anzi. Ci hanno messo del proprio, come ad esempio le scene con colori diversi, direi quasi invertiti, usate per sottolineare le scene più importanti o di particolare tensione narrativa, o l'uso delle onomatopee visibili nell'immagine. Ciò che è venuto fuori rasenta quasi la perfezione per un fan di "Jojo". Guardare un episodio è quasi come sfogliare un volume del manga, con l'unica differenza che i personaggi si muovono per davvero e parlano!
I disegni sono molto simili a quelli di Araki del manga originale, ma forse in alcuni casi sono anche migliori, perché più moderni, con un chara design un po' più smussato rispetto all'originale, ma comunque molto fedele.
La storia è stata rispettata in tutte le sue parti e Jotaro e il gruppo di Crociati della Polvere di Stelle affrontano tutti i folli avversari partoriti dalla geniale mente di Hirohiko Araki.
Come detto all'inizio, è evidente che lo studio di produzione aveva a disposizione un budget più alto rispetto alla serie precedente, perciò la qualità visiva è davvero eccellente e la regia molto dinamica, dando il giusto risalto alle scene cariche di tensione emotiva dei protagonisti.
Questi personaggi, che sono carismatici come pochi, si muovono e parlano esattamente come nel manga, e il merito di questo è anche dei fantastici doppiatori che gli hanno prestato le voci. Tutti i doppiatori hanno svolto un lavoro egregio, donando grande forza e vitalità a tutti i personaggi, persino a quelli secondari come i nemici che vengono sconfitti in un solo episodio, ma sono da elogiare soprattutto le performance di Daisuke Ono (voce di Jotaro), Unshou Ishizuka (voce di Joseph) e Takehito Koyasu (voce di DIO). Gli "Oh my God!" di Joseph, gli "Horahorahora" di Jotaro e i "Mudamudamuda" di DIO sono esaltanti da ascoltare.
Altro grande punto a favore della serie è segnato dalle musiche usate come colonna sonora. Ogni scena è accompagnata da un brano che la esalta nel modo giusto, sia essa comica o drammatica. La colonna sonora è davvero azzeccata. Per non dire poi delle fantastiche canzoni usate come sigle, a partire dalle due energetiche opening, talmente cariche di testosterone da poter quasi provocare la crescita di un secondo paio di testicoli in chi le ascolta, per continuare con le due immense ending. Due brani diversi tra loro e che non fanno parte del mondo degli anime, ma che si sposano comunque benissimo a "Jojo" con la loro musica e che accompagnano in modo assolutamente perfetto le immagini dei video a cui sono abbinati, al punto che si potrebbe pensare siano state realizzate apposta per l'anime.
Insomma, per farla breve, per me "Stardust Crusaders" è uno dei migliori adattamenti da manga ad anime mai realizzati, e un ottimo anime in generale. Ha una bella storia che tiene lo spettatore incollato dall'inizio alla fine, dei grandissimi personaggi, ed è piena di momenti epici, emozionanti e commoventi o divertenti. Imperdibile.
Oltre venticinque anni ci sono voluti. Infatti è stato per l'anniversario dei venticinque anni di pubblicazione del manga che è iniziata la trasposizione animata della storia dall'inizio fino a (per ora) questa terza serie. In verità, "Stardust Crusaders" aveva già ottenuto due adattamenti animati in formato OAV: il primo nel 1993, che raccontava solo il finale della saga, e poi nel 2000, con degli episodi che narravano solo l'inizio della suddetta saga.
I due anime, per quanto ben fatti e molto gradevoli, avevano il problema della breve durata e pertanto la narrazione era stata molto velocizzata e tagliuzzata. Ciò che veniva mostrato era appena un quarto di tutta la storia.
Per fortuna, con "Stardust Crusaders" del 2014 non c'è più questo problema.
Lo studio David Production, che aveva due anni prima realizzato l'anime relativo alle prime due saghe, torna con un budget evidentemente più sostanzioso per regalare ai fan di Jojo ben quarantotto episodi di anime. E il risultato è davvero soddisfacente sotto tutti i punti di vista.
Questa serie racconta del viaggio dal Giappone fino al Cairo, in Egitto, da parte di Joseph Joestar, l'indimenticato protagonista della seconda serie, e di suo nipote Jotaro Kujo, insieme ad altri alleati, con l'obbiettivo di eliminare definitivamente la minaccia rappresentata dal redivivo DIO.
Il punto di forza di "Stardust Crusaders" è che Araki ha abbandonato i combattimenti dove i personaggi si affrontavano con l'Hamon (Onde Concentriche nella versione italiana del manga) visti precedentemente, e ha invece creato gli "Stand", ovvero entità spirituali che combattono al fianco dei loro portatori, dotati di diversi poteri e legati alle loro anime, al punto che se vengono danneggiati, il colpo si ripercuote fisicamente sull'utilizzatore.
Lo staff aveva già dimostrato di avere una certa passione per il proprio lavoro, realizzando un anime che non potesse scontentare i fan, ma con "Stardust Crusaders" si sono superati. Ciò che hanno realizzato è quasi una trasposizione 1 a 1 da manga a anime. Stesse scene, stesse inquadrature, stesse angolazioni, stessi dialoghi.
Non per questo però hanno fatto un lavoro di copia e incolla, anzi. Ci hanno messo del proprio, come ad esempio le scene con colori diversi, direi quasi invertiti, usate per sottolineare le scene più importanti o di particolare tensione narrativa, o l'uso delle onomatopee visibili nell'immagine. Ciò che è venuto fuori rasenta quasi la perfezione per un fan di "Jojo". Guardare un episodio è quasi come sfogliare un volume del manga, con l'unica differenza che i personaggi si muovono per davvero e parlano!
I disegni sono molto simili a quelli di Araki del manga originale, ma forse in alcuni casi sono anche migliori, perché più moderni, con un chara design un po' più smussato rispetto all'originale, ma comunque molto fedele.
La storia è stata rispettata in tutte le sue parti e Jotaro e il gruppo di Crociati della Polvere di Stelle affrontano tutti i folli avversari partoriti dalla geniale mente di Hirohiko Araki.
Come detto all'inizio, è evidente che lo studio di produzione aveva a disposizione un budget più alto rispetto alla serie precedente, perciò la qualità visiva è davvero eccellente e la regia molto dinamica, dando il giusto risalto alle scene cariche di tensione emotiva dei protagonisti.
Questi personaggi, che sono carismatici come pochi, si muovono e parlano esattamente come nel manga, e il merito di questo è anche dei fantastici doppiatori che gli hanno prestato le voci. Tutti i doppiatori hanno svolto un lavoro egregio, donando grande forza e vitalità a tutti i personaggi, persino a quelli secondari come i nemici che vengono sconfitti in un solo episodio, ma sono da elogiare soprattutto le performance di Daisuke Ono (voce di Jotaro), Unshou Ishizuka (voce di Joseph) e Takehito Koyasu (voce di DIO). Gli "Oh my God!" di Joseph, gli "Horahorahora" di Jotaro e i "Mudamudamuda" di DIO sono esaltanti da ascoltare.
Altro grande punto a favore della serie è segnato dalle musiche usate come colonna sonora. Ogni scena è accompagnata da un brano che la esalta nel modo giusto, sia essa comica o drammatica. La colonna sonora è davvero azzeccata. Per non dire poi delle fantastiche canzoni usate come sigle, a partire dalle due energetiche opening, talmente cariche di testosterone da poter quasi provocare la crescita di un secondo paio di testicoli in chi le ascolta, per continuare con le due immense ending. Due brani diversi tra loro e che non fanno parte del mondo degli anime, ma che si sposano comunque benissimo a "Jojo" con la loro musica e che accompagnano in modo assolutamente perfetto le immagini dei video a cui sono abbinati, al punto che si potrebbe pensare siano state realizzate apposta per l'anime.
Insomma, per farla breve, per me "Stardust Crusaders" è uno dei migliori adattamenti da manga ad anime mai realizzati, e un ottimo anime in generale. Ha una bella storia che tiene lo spettatore incollato dall'inizio alla fine, dei grandissimi personaggi, ed è piena di momenti epici, emozionanti e commoventi o divertenti. Imperdibile.
Caratteristica peculiare della serie è sicuramente lo stile grafico, fatto ad hoc per rispecchiare quello del manga: ciò potrebbe non piacere, ma è solo una questione di abitudine.
La serie può essere goduta appieno anche da chi non ha conoscenza delle serie anime e manga precedenti: gli archi narrativi de "Le Bizzarre avventure di JoJo" sono, per così dire, "auto-conclusivi", pur mantenendo richiami agli archi narrativi precedenti.
La trama effettivamente è abbastanza ripetitiva, rispecchiando in pieno i canoni del genere shounen: si arriva, si trova il nemico, lo si sconfigge e si prosegue. I combattimenti sono però tutt'altro che banali: potrei quasi dire che ogni incontro presenta una sorta di "elemento mistery" in cui i personaggi indagano sull'abilità del nemico e cercano un modo per sconfiggerlo, il che li rende molto appassionanti.
I personaggi sono tendenzialmente "flat", ossia non cambiano più di tanto la loro visione delle cose, tuttavia sono estremamente accattivanti e carismatici ed è impossibile non affezionarsi a loro.
L'atmosfera che si respira la definirei "stilosa e virile": c'è sempre quel colpo particolare, quella frase detta in quel preciso momento che danno un tono appunto "stiloso"; inoltre, benché di natura shounen, i personaggi si comportano da uomini adulti (nonostante le varie gag comiche, sempre ben riuscite, e che due dei personaggi principali, benché liceali, siano degli armadi a due ante di un metro e ottanta). Gli Stand sono decisamente una trovata ben riuscita e forniscono una della peculiarità dell'universo di JoJo.
Virilità, stile, sentimenti e combattimenti al cardiopalma vi aspettano in questa serie!
Coraggio, crociati della polvere di stelle! Tutti in marcia lungo la via della seta! Destinazione: Il Cairo!
Horahorahorahorahorahorahorahorrrrrraaaaaaa!
La serie può essere goduta appieno anche da chi non ha conoscenza delle serie anime e manga precedenti: gli archi narrativi de "Le Bizzarre avventure di JoJo" sono, per così dire, "auto-conclusivi", pur mantenendo richiami agli archi narrativi precedenti.
La trama effettivamente è abbastanza ripetitiva, rispecchiando in pieno i canoni del genere shounen: si arriva, si trova il nemico, lo si sconfigge e si prosegue. I combattimenti sono però tutt'altro che banali: potrei quasi dire che ogni incontro presenta una sorta di "elemento mistery" in cui i personaggi indagano sull'abilità del nemico e cercano un modo per sconfiggerlo, il che li rende molto appassionanti.
I personaggi sono tendenzialmente "flat", ossia non cambiano più di tanto la loro visione delle cose, tuttavia sono estremamente accattivanti e carismatici ed è impossibile non affezionarsi a loro.
L'atmosfera che si respira la definirei "stilosa e virile": c'è sempre quel colpo particolare, quella frase detta in quel preciso momento che danno un tono appunto "stiloso"; inoltre, benché di natura shounen, i personaggi si comportano da uomini adulti (nonostante le varie gag comiche, sempre ben riuscite, e che due dei personaggi principali, benché liceali, siano degli armadi a due ante di un metro e ottanta). Gli Stand sono decisamente una trovata ben riuscita e forniscono una della peculiarità dell'universo di JoJo.
Virilità, stile, sentimenti e combattimenti al cardiopalma vi aspettano in questa serie!
Coraggio, crociati della polvere di stelle! Tutti in marcia lungo la via della seta! Destinazione: Il Cairo!
Horahorahorahorahorahorahorahorrrrrraaaaaaa!
"Bigger, better, faster, more!" (4 Non Blondes, anyone?): un occhiello perfetto per questo secondo round made in David delle bizzarre avventure d(e)i Jojo dopo il più che riuscito adattamento congiunto delle prime due parti della luuuunga saga targata Hirohiko Araki, che proprio in "Stardust Crusaders" trova il suo... vogliamo chiamarlo Chemical X? E allora per l'occasione ho deciso di strutturare questa recensione in maniera un tantinello diversa dal solito, abbandonando cioè il canovaccio standard in favore di un ibrido tra una lista della spesa un bugiardino imperniato proprio su questi quattro parametri. Va da sé che trattandosi di una semplice trasposizione l'inevitabile raffronto con il manga non verterà che marginalmente su aspetti che competono soltanto a quest'ultimo.
Bigger
Tutte e tre le prime serie di "Jojo" hanno in comune il viaggio, con la differenza che mentre "Phantom Blood" e "Battle Tendency" avevano più un carattere formativo in "Stardust Crusaders" il focus si sposta dal Joestar di turno al racconto vero e proprio. Nella fattispecie per Jotaro Kujo, nipote di Joseph, la chiamata all'avventura scaturisce dall'esigenza di salvare la madre Holly dalla venefica influenza del redivivo Dio Brando sui discendenti di Jonathan, del cui corpo è riuscito a impossessarsi: un Grand Theft Me, per così dire, che ha determinato il risveglio quasi simultaneo in tutti i Joestar ancora in vita di uno Stand, ovvero un qualche tipo di abilità fuori del comune commisurata all'energia vitale del suo portatore. Jotaro è il possessore di Star Platinum, dotato di grande forza, velocità e precisione; Joseph di Hermit Purple, che gli consente di evocare l'immagine di obiettivi remoti e che pertanto può essere considerato la naturale evoluzione delle sue dilettantesche capacità divinatorie; quanto a Holly, qualunque sia il potere del suo è evidente che non è in grado di controllarlo, circostanza che rende necessario uccidere Dio (del cui Stand nessuno sa nulla) prima che il suo stesso spirito uccida lei [*]. Ma Dio è ben nascosto in Egitto, a diecimila e rotti chilometri di distanza dal Giappone, e come se non bastasse ha disseminato i suoi sgherri lungo tutta la via per impedire allo showdown di avere luogo - e c'è da scommettersi che questi ultimi faranno di tutto per aggiudicarsi la sua eterna riconoscenza. Se a ciò aggiungiamo che a ogni Stand corrisponde un arcano maggiore dei tarocchi (ventuno o ventidue in tutto a seconda delle varie scuole di pensiero) e che finiti questi ne subentreranno altri ispirati alle divinità egizie è facile comprendere perché si sia deciso di ricavare due serie soltanto da quest'arco.
Better
Dal punto di vista della narrazione non tanto, perché abbonda di ass pull (non avete bisogno che ve lo traduca, vero?) come al solito, ma gli Stand sono un win a prescindere: al contrario di quanto accade con le Onde Concentriche, che richiedono da parte di chi le esegue uno sforzo più fisico che spirituale, qui non importa quanto sei muscoloso, ma quanto conosci te stesso. (Per non saper né leggere né scrivere, comunque, sia Jotaro che i suoi compagni, compreso il sessantanovenne Joseph, possono apparire agli occhi del fruitore di anime contemporanei ridicolmente ben equipaggiati.) Diventa inoltre fondamentale essere il più duttili possibile dal momento che l'avversario, se non è un idiota - succede anche questo -, farà di tutto per spingerti al limite, e non certo per il gusto di combattere onorevolmente. (Nessuno fa il lavoro sporco per Dio Brando gratis et amore dei, per ricorrere a un non proprio brillante gioco di parole, perché egli stesso disprezza, o forse teme, la gratuità, così come non esistono veri sottoposti ma soltanto pedine più o meno tenute in considerazione.) Se la moralità di "Phantom Blood" e "Battle Tendency", dove praticamente chiunque vive - e muore - secondo un codice ben preciso, vi ha un po' nauseati, troverete senz'altro rigenerante la bassezza dei nemici di Jotaro e la sua crew: avidi, gretti, sociopatici, fanatici, individualisti, codardi, vanesi. Macchiette, certo, ma sarebbe assurdo pretendere di più data la loro obsolescenza programmata.
Dal punto di vista del comparto tecnico, infine, qualche passo avanti rispetto alla serie precedente l'abbiamo fatto: meno CGI alla carlona, meno "QUALITY" - altrimenti conosciuto come "derp" -, meno cali inspiegabili. Effetti visivi, sonoro e doppiaggio rimangono invece ottimi. Bella anche l'opening dal lieve sentore di shōnen d'annata e geniale l'idea di utilizzare "Walk like an Egyptian" della Bangles come ending. (Hail 2 U, David. E adesso per favore non calare la barra a gennaio.) La fedeltà al manga c'è, ma manca, fortunatamente, dell'imbarazzante pedissequità che in determinati frangenti aveva un po' funestato la serie precedente.
Faster
Paradossalmente sì, o meglio: l'avvicendarsi più o meno episodico dei vari nemici conferisce alla storia un passo bello elastico ma non esageratamente lungo, dimodoché l'attesa dello scontro finale tra Dio e Jotaro non pesi eccessivamente. Tra l'altro nel mezzo c'è anche un po' di character development, quantunque fisiologicamente in dosi minori rispetto ai due prequel, e anzi alcuni personaggi, come ad esempio Polnareff, rendono quasi meglio in questo formato piuttosto che su carta. E lo dice una a cui il francesino non è che abbia mai sfagiolato un granché.
More
Fermo restando che a livello di vibrazioni "Battle Tendency" rimane per me insuperabile (bella forza, c'è Joseph che è uno spettacolo dal primo all'ultimo pannello/frame... ), la "biodiversità" di "Stardust Crusaders", unita a questa sua atmosfera sempre molto bighellona e marantica, offre una varietà davvero incredibile di situazioni ancora più strampalate - pardon, bizzarre - rispetto a quelle a cui credevamo di esserci abituati. Per un fan della saga poterle gustare in movimento, a colori e col giusto sottofondo musicale - fenomenali a quest'ultimo proposito gli episodi 21 e 22 - è quanto di più gratificante possa esistere.
Per concludere
Chi legge "Jojo" sa che ogni serie è diversa dall'altra e che pertanto i vari raffronti, per quanto inevitabili, lasciano sempre un po' il tempo che trovano. "Stardust Crusaders" solitamente piace molto perché è la prima ad introdurre gli Stand e perché Jotaro è, per così dire, un eroe già pronto all'uso: è fortissimo, ha aplomb, sa sempre cosa fare, non si perde in smancerie col nemico... per contro, però, risulta piuttosto statico se paragonato ai suoi predecessori, cosa che i fan dell'introspezione - tipo io - potrebbero far fatica a mandar giù. Ebbene, prendetene atto: "Stardust Crusaders" è una serie blockbuster, e se sarete abbastanza onesti con voi stessi da accettarla così come vi viene presentata non vi deluderà. Non è un crimine avere contenuti limitati. Non è un crimine indulgere in un po' di trash. E d'altra parte se non siete disposti a mettervi in discussione assieme a(i) Jojo forse questa saga non fa per voi... ma nemmeno questo è un crimine.
[*] Attenzione, possibili spoiler relativi alla saga nel suo insieme Ebbene sì, questa donna ha meno combattività di un orangutan, un bebè, un cane e un uccello - questi ultimi due però li vedremo in azione a partire dal prossimo inverno -, e questo limitandoci soltanto all'arco in questione, perché altrimenti la lista comprenderebbe anche due ratti, una bambina invisibile, un gatto morto, una colonia di plancton, degli alberi, una tartaruga... e dire che è figlia di Joseph e nipote di Lisa Lisa, mica cotiche. Fine spoiler
Bigger
Tutte e tre le prime serie di "Jojo" hanno in comune il viaggio, con la differenza che mentre "Phantom Blood" e "Battle Tendency" avevano più un carattere formativo in "Stardust Crusaders" il focus si sposta dal Joestar di turno al racconto vero e proprio. Nella fattispecie per Jotaro Kujo, nipote di Joseph, la chiamata all'avventura scaturisce dall'esigenza di salvare la madre Holly dalla venefica influenza del redivivo Dio Brando sui discendenti di Jonathan, del cui corpo è riuscito a impossessarsi: un Grand Theft Me, per così dire, che ha determinato il risveglio quasi simultaneo in tutti i Joestar ancora in vita di uno Stand, ovvero un qualche tipo di abilità fuori del comune commisurata all'energia vitale del suo portatore. Jotaro è il possessore di Star Platinum, dotato di grande forza, velocità e precisione; Joseph di Hermit Purple, che gli consente di evocare l'immagine di obiettivi remoti e che pertanto può essere considerato la naturale evoluzione delle sue dilettantesche capacità divinatorie; quanto a Holly, qualunque sia il potere del suo è evidente che non è in grado di controllarlo, circostanza che rende necessario uccidere Dio (del cui Stand nessuno sa nulla) prima che il suo stesso spirito uccida lei [*]. Ma Dio è ben nascosto in Egitto, a diecimila e rotti chilometri di distanza dal Giappone, e come se non bastasse ha disseminato i suoi sgherri lungo tutta la via per impedire allo showdown di avere luogo - e c'è da scommettersi che questi ultimi faranno di tutto per aggiudicarsi la sua eterna riconoscenza. Se a ciò aggiungiamo che a ogni Stand corrisponde un arcano maggiore dei tarocchi (ventuno o ventidue in tutto a seconda delle varie scuole di pensiero) e che finiti questi ne subentreranno altri ispirati alle divinità egizie è facile comprendere perché si sia deciso di ricavare due serie soltanto da quest'arco.
Better
Dal punto di vista della narrazione non tanto, perché abbonda di ass pull (non avete bisogno che ve lo traduca, vero?) come al solito, ma gli Stand sono un win a prescindere: al contrario di quanto accade con le Onde Concentriche, che richiedono da parte di chi le esegue uno sforzo più fisico che spirituale, qui non importa quanto sei muscoloso, ma quanto conosci te stesso. (Per non saper né leggere né scrivere, comunque, sia Jotaro che i suoi compagni, compreso il sessantanovenne Joseph, possono apparire agli occhi del fruitore di anime contemporanei ridicolmente ben equipaggiati.) Diventa inoltre fondamentale essere il più duttili possibile dal momento che l'avversario, se non è un idiota - succede anche questo -, farà di tutto per spingerti al limite, e non certo per il gusto di combattere onorevolmente. (Nessuno fa il lavoro sporco per Dio Brando gratis et amore dei, per ricorrere a un non proprio brillante gioco di parole, perché egli stesso disprezza, o forse teme, la gratuità, così come non esistono veri sottoposti ma soltanto pedine più o meno tenute in considerazione.) Se la moralità di "Phantom Blood" e "Battle Tendency", dove praticamente chiunque vive - e muore - secondo un codice ben preciso, vi ha un po' nauseati, troverete senz'altro rigenerante la bassezza dei nemici di Jotaro e la sua crew: avidi, gretti, sociopatici, fanatici, individualisti, codardi, vanesi. Macchiette, certo, ma sarebbe assurdo pretendere di più data la loro obsolescenza programmata.
Dal punto di vista del comparto tecnico, infine, qualche passo avanti rispetto alla serie precedente l'abbiamo fatto: meno CGI alla carlona, meno "QUALITY" - altrimenti conosciuto come "derp" -, meno cali inspiegabili. Effetti visivi, sonoro e doppiaggio rimangono invece ottimi. Bella anche l'opening dal lieve sentore di shōnen d'annata e geniale l'idea di utilizzare "Walk like an Egyptian" della Bangles come ending. (Hail 2 U, David. E adesso per favore non calare la barra a gennaio.) La fedeltà al manga c'è, ma manca, fortunatamente, dell'imbarazzante pedissequità che in determinati frangenti aveva un po' funestato la serie precedente.
Faster
Paradossalmente sì, o meglio: l'avvicendarsi più o meno episodico dei vari nemici conferisce alla storia un passo bello elastico ma non esageratamente lungo, dimodoché l'attesa dello scontro finale tra Dio e Jotaro non pesi eccessivamente. Tra l'altro nel mezzo c'è anche un po' di character development, quantunque fisiologicamente in dosi minori rispetto ai due prequel, e anzi alcuni personaggi, come ad esempio Polnareff, rendono quasi meglio in questo formato piuttosto che su carta. E lo dice una a cui il francesino non è che abbia mai sfagiolato un granché.
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Fermo restando che a livello di vibrazioni "Battle Tendency" rimane per me insuperabile (bella forza, c'è Joseph che è uno spettacolo dal primo all'ultimo pannello/frame... ), la "biodiversità" di "Stardust Crusaders", unita a questa sua atmosfera sempre molto bighellona e marantica, offre una varietà davvero incredibile di situazioni ancora più strampalate - pardon, bizzarre - rispetto a quelle a cui credevamo di esserci abituati. Per un fan della saga poterle gustare in movimento, a colori e col giusto sottofondo musicale - fenomenali a quest'ultimo proposito gli episodi 21 e 22 - è quanto di più gratificante possa esistere.
Per concludere
Chi legge "Jojo" sa che ogni serie è diversa dall'altra e che pertanto i vari raffronti, per quanto inevitabili, lasciano sempre un po' il tempo che trovano. "Stardust Crusaders" solitamente piace molto perché è la prima ad introdurre gli Stand e perché Jotaro è, per così dire, un eroe già pronto all'uso: è fortissimo, ha aplomb, sa sempre cosa fare, non si perde in smancerie col nemico... per contro, però, risulta piuttosto statico se paragonato ai suoi predecessori, cosa che i fan dell'introspezione - tipo io - potrebbero far fatica a mandar giù. Ebbene, prendetene atto: "Stardust Crusaders" è una serie blockbuster, e se sarete abbastanza onesti con voi stessi da accettarla così come vi viene presentata non vi deluderà. Non è un crimine avere contenuti limitati. Non è un crimine indulgere in un po' di trash. E d'altra parte se non siete disposti a mettervi in discussione assieme a(i) Jojo forse questa saga non fa per voi... ma nemmeno questo è un crimine.
[*] Attenzione, possibili spoiler relativi alla saga nel suo insieme Ebbene sì, questa donna ha meno combattività di un orangutan, un bebè, un cane e un uccello - questi ultimi due però li vedremo in azione a partire dal prossimo inverno -, e questo limitandoci soltanto all'arco in questione, perché altrimenti la lista comprenderebbe anche due ratti, una bambina invisibile, un gatto morto, una colonia di plancton, degli alberi, una tartaruga... e dire che è figlia di Joseph e nipote di Lisa Lisa, mica cotiche. Fine spoiler
<b>Attenzione: la recensione contiene spoiler</b>
Ammiro e lodo Le Bizzarre Avventure di JoJo o, meglio, ammiro e lodo l'autore dell'opera, Hirohiko Araki, che è riuscito a sfornare tale 'genialata', seppur non si distacchi dai parametri shounen di un tempo (ricordo che l'opera originale, il manga, è iniziata nel 1993 ed è attualmente in corso, ma una trasposizione animata è arrivata solo nel 2012, con l'adattamento delle prime due serie), ma non posso dire lo stesso di questa terza serie, Stardust Crusaders. Sarà stata la grande aspettativa che mi ero creato, data dalle opinioni del pubblico medio che affermano che questa terza serie sia la migliore. Io, non seguendo il manga, non posso negare tutto ciò, visto che questi primi ventiquattro episodi adattano solo una parte della saga, fino allo sbarco in Egitto, ma devo ammettere che son rimasto abbastanza deluso da questi primi ventiquattro episodi, e sono dell'idea che le prime due serie (ripeto, da quel che ho visto in questi primi episodi) sono migliori. Ciò sta a significare che, almeno per il momento, non posso confermare l'eccellenza già data alle prime due serie. Spero migliori di gran lunga con la seconda parte di questa serie, che è stata già annunciata per gennaio del 2015.
Inizio col dire che la serie ruota attorno a cinque personaggi, tutti e cinque con la stessa importanza, tra cui il protagonista della seconda serie, Joseph Joestar, e suo nipote, Jotaro Kujo. Ruotando attorno a ben cinque protagonisti, la serie non riesce a dare lo stesso carisma ai personaggi principali come veniva dato ai protagonisti delle prime due serie, né riesce a ricalcarne la personalità, che per questa serie deve risultare forzata, bizzarra, geniale. Forse è anche la mancanza di un vero antagonista: il ritornato Dio Brando non compare in questi primi ventiquattro episodi, ma gestisce tutto dietro le quinte; compariranno solo subordinati che in uno o due episodi verranno sconfitti. Do per certo il fatto che nella seconda parte, quando si presume si scontreranno contro Dio, la serie migliorerà, proprio per la presenza di un antagonista forte e ben sviluppato, che è sicuramente uno dei motivi della scarsità di questa prima parte.
Devo dire che mi aspettavo di meglio da questa, credo, innovativa idea degli Stand - ho preferito più le bizzarrie degli scontri corpo a corpo con la normale tecnica delle onde concentriche -, credo si adattino meno alla serie. Oltretutto posso annoverare altri difetti, come gli innumerevoli scontri tra Stand, non sempre di buon livello, e la presenza della censura - in JoJo ci sta malissimo -, proprio difficile da digerire (poi, perché censurare la sigaretta di Jotaro, e non la sigaretta dello scimpanzé?!) e anche la falsa morte di Abdul, che, a differenza delle innumerevoli morti nelle prime due serie, non riesce a rattristare lo spettatore: è una morte banale e "senza sentimenti" (anche se da JoJo bisogna aspettarsi molte morti, anche "a caso").
Concludo dicendo che si parla pur sempre delle Bizzarre Avventure di JoJo, ma, come dire, non trovo la stessa bizzarria e genialità delle prime due serie. L'animazione è molto buona, pure il comparto sonoro è notevole. Terza serie con alti e bassi, aspettando la seconda parte.
Ammiro e lodo Le Bizzarre Avventure di JoJo o, meglio, ammiro e lodo l'autore dell'opera, Hirohiko Araki, che è riuscito a sfornare tale 'genialata', seppur non si distacchi dai parametri shounen di un tempo (ricordo che l'opera originale, il manga, è iniziata nel 1993 ed è attualmente in corso, ma una trasposizione animata è arrivata solo nel 2012, con l'adattamento delle prime due serie), ma non posso dire lo stesso di questa terza serie, Stardust Crusaders. Sarà stata la grande aspettativa che mi ero creato, data dalle opinioni del pubblico medio che affermano che questa terza serie sia la migliore. Io, non seguendo il manga, non posso negare tutto ciò, visto che questi primi ventiquattro episodi adattano solo una parte della saga, fino allo sbarco in Egitto, ma devo ammettere che son rimasto abbastanza deluso da questi primi ventiquattro episodi, e sono dell'idea che le prime due serie (ripeto, da quel che ho visto in questi primi episodi) sono migliori. Ciò sta a significare che, almeno per il momento, non posso confermare l'eccellenza già data alle prime due serie. Spero migliori di gran lunga con la seconda parte di questa serie, che è stata già annunciata per gennaio del 2015.
Inizio col dire che la serie ruota attorno a cinque personaggi, tutti e cinque con la stessa importanza, tra cui il protagonista della seconda serie, Joseph Joestar, e suo nipote, Jotaro Kujo. Ruotando attorno a ben cinque protagonisti, la serie non riesce a dare lo stesso carisma ai personaggi principali come veniva dato ai protagonisti delle prime due serie, né riesce a ricalcarne la personalità, che per questa serie deve risultare forzata, bizzarra, geniale. Forse è anche la mancanza di un vero antagonista: il ritornato Dio Brando non compare in questi primi ventiquattro episodi, ma gestisce tutto dietro le quinte; compariranno solo subordinati che in uno o due episodi verranno sconfitti. Do per certo il fatto che nella seconda parte, quando si presume si scontreranno contro Dio, la serie migliorerà, proprio per la presenza di un antagonista forte e ben sviluppato, che è sicuramente uno dei motivi della scarsità di questa prima parte.
Devo dire che mi aspettavo di meglio da questa, credo, innovativa idea degli Stand - ho preferito più le bizzarrie degli scontri corpo a corpo con la normale tecnica delle onde concentriche -, credo si adattino meno alla serie. Oltretutto posso annoverare altri difetti, come gli innumerevoli scontri tra Stand, non sempre di buon livello, e la presenza della censura - in JoJo ci sta malissimo -, proprio difficile da digerire (poi, perché censurare la sigaretta di Jotaro, e non la sigaretta dello scimpanzé?!) e anche la falsa morte di Abdul, che, a differenza delle innumerevoli morti nelle prime due serie, non riesce a rattristare lo spettatore: è una morte banale e "senza sentimenti" (anche se da JoJo bisogna aspettarsi molte morti, anche "a caso").
Concludo dicendo che si parla pur sempre delle Bizzarre Avventure di JoJo, ma, come dire, non trovo la stessa bizzarria e genialità delle prime due serie. L'animazione è molto buona, pure il comparto sonoro è notevole. Terza serie con alti e bassi, aspettando la seconda parte.
Noi tutti appassionati di anime e manga sappiamo che il genere che è andato e che tuttora va per la maggiore è lo shonen. Indirizzato per lo più agli adolescenti, grazie alla sua azione e allo sviluppo del personaggio/eroe della storia, riesce ad ammaliare il grande pubblico. Capostipiti di questo genere sono stati senza dubbio "Dragon Ball" e appunto il nostro "Le bizzarre avventure di Jojo". Sappiamo tutti che il primo ha avuto un successo di gran lunga superiore al secondo, il che è abbastanza strano visto le maggiori innovazioni apportate da "Jojo". La risposta è tanto semplice quanto immediata: la differenza è stata fatta sicuramente dall'adattamento animato. "Dragon Ball" infatti poteva vantare un anime sicuramente migliore di quello di "Jojo", più lungo e tecnicamente superiore. A dir la verità mi riempì di gioia la notizia dell'uscita di un anime dell'opera di Araki nel 2012. Finalmente un ampio progetto stava prendendo piede, quello di voler rappresentare tutte le serie di "Jojo" in maniera fedele e soprattutto completa. Adesso siamo arrivati al 2014 e, giunti alla terza serie, "Stardust Crusaders", possiamo sicuramente affermare di trovarci di fronte a uno dei migliori lavori degli ultimi anni.
"Stardust Crusaders" è un anime del 2014 composto da ventiquattro episodi ed è l'adattamento animato delle terza serie de "Le bizzarre avventure di Jojo" del mitico Hirohiko Araki. La vicenda, come i precedenti lavori, vede come protagonisti i membri della famiglia Joestar, nella fattispecie Janathan e il nipote Jotaro. I due, aiutatati da altri personaggi, dovranno vedersela con un'altra vecchia conoscenza, il terribile Dio Brando, già antagonista della prima serie "Phantom Blood".
Non è un caso che "Stardust Crusaders" venga considerata la serie meglio riuscita di Araki, in quanto le innovazioni e le novità apportate influenzeranno moltissimo l'intero genere shonen. In primis i combattimenti sono eccezionali, vera linfa vitale dell'opera, e vengono resi in maniera eccezionale dall'anime, favoriti anche da un'animazione degna di questo nome. Il character design è molto fedele al manga, i personaggi, i colori e i paesaggi rispecchiano e al tempo stesso rendono giustizia al tratto e alla penna dello stesso Araki.
In definitiva "Jojo" è sicuramente l'anime del momento e probabilmente, e secondo me giustamente, stupirà e intratterrà moltissimo generazioni di giovani d'ora in avanti. Finalmente molti curiosi inizieranno ad avvicinarsi al manga e al meraviglioso e fantastico mondo della famiglia Joestar.
Le vicende di questa serie sfortunatamente terminano con l'arrivo dei nostri protagonisti in Egitto, ma è già stato annunciato un seguito per gennaio 2015, per cui non ci resta che aspettare pazientemente.
In definitiva, mi sento di consigliare caldamente la visione di quest'anime a tutti quelli che come me sono cresciuti col manga, e soprattutto a chi non conosce quest'opera, affinché si renda conto di quello che si è perso finora.
"Stardust Crusaders" è un anime del 2014 composto da ventiquattro episodi ed è l'adattamento animato delle terza serie de "Le bizzarre avventure di Jojo" del mitico Hirohiko Araki. La vicenda, come i precedenti lavori, vede come protagonisti i membri della famiglia Joestar, nella fattispecie Janathan e il nipote Jotaro. I due, aiutatati da altri personaggi, dovranno vedersela con un'altra vecchia conoscenza, il terribile Dio Brando, già antagonista della prima serie "Phantom Blood".
Non è un caso che "Stardust Crusaders" venga considerata la serie meglio riuscita di Araki, in quanto le innovazioni e le novità apportate influenzeranno moltissimo l'intero genere shonen. In primis i combattimenti sono eccezionali, vera linfa vitale dell'opera, e vengono resi in maniera eccezionale dall'anime, favoriti anche da un'animazione degna di questo nome. Il character design è molto fedele al manga, i personaggi, i colori e i paesaggi rispecchiano e al tempo stesso rendono giustizia al tratto e alla penna dello stesso Araki.
In definitiva "Jojo" è sicuramente l'anime del momento e probabilmente, e secondo me giustamente, stupirà e intratterrà moltissimo generazioni di giovani d'ora in avanti. Finalmente molti curiosi inizieranno ad avvicinarsi al manga e al meraviglioso e fantastico mondo della famiglia Joestar.
Le vicende di questa serie sfortunatamente terminano con l'arrivo dei nostri protagonisti in Egitto, ma è già stato annunciato un seguito per gennaio 2015, per cui non ci resta che aspettare pazientemente.
In definitiva, mi sento di consigliare caldamente la visione di quest'anime a tutti quelli che come me sono cresciuti col manga, e soprattutto a chi non conosce quest'opera, affinché si renda conto di quello che si è perso finora.